POLITICA- Pagina 638

Province e Città Metropolitana

provinciaA poco più di un anno dall’approvazione della legge regionale n.23/2015, che ha riordinato le funzioni amministrative conferite alle Province e alla Città Metropolitana in applicazione della Legge Delrio, si è tenuto a Palazzo Lascaris, su iniziativa dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea legislativa, un seminario sul tema: “Lo stato di applicazione della legge regionale 29 ottobre 2015, n.23 – Riordino delle funzioni amministrative conferite alle Province in attuazione della legge 7 aprile 2014,n.56 -Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province sulle unioni e fusioni di comuni, ad una anno dalla sua approvazione”. “Con l’approvazione della legge regionale – ha aperto i lavori Gabriele Molinari, consigliere segretario, che ha portato i saluti del presidente del Consiglio regionale Mauro Laus e dell’intero Ufficio di presidenza – la Regione Piemonte ha aperto un cantiere di riforme, disegnando enti di area vasta così come previsto dalla legge Delrio e costruendo una pista di atterraggio per la riforma costituzionale che proprio in quei giorni veniva approvata dal Parlamento. A maggior ragione oggi, alla luce dell’esito referendario, è necessario questo confronto per ragionare insieme, a partire dallo stato di attuazione della legge, e riprendere il percorso legislativo già intrapreso, un modello di confronto che potremo replicare anche sui territori”.

“La legge regionale piemontese – ha spiegato Rosario Ferrara, docente di Diritto con reg lascarisamministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino – è una buona legge, che si basa su alcuni importanti elementi, tra cui la scelta di riallocare alcune funzioni in capo alla Regione e l’enfatizzazione del ruolo giocato dalla Città metropolitana, prevista in Costituzione dal 2011, collocata al centro di un processo di riorganizzazione dei poteri locali, con funzioni vitali come ambiente, trasporti e servizi. Vi è poi un terzo aspetto, molto importante, che riguarda le relazioni tra Regione, Comuni e Città metropolitane, che apre la strada a modelli di accordi e intese, grazie ai quali si creano soluzioni non vincolanti che possono portare a soluzioni vincolanti. La politica e le scelte che si compiranno diranno se il modello è quello giusto, l’importante è che sia chiaro chi fa che cosa”.

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“L’esito referendario – è intervenuta Anna Maria Poggi, docente di Diritto pubblico alla facoltà di Giurisprudenza Università di Torino – apre molti scenari di riflessione sia a livello nazionale che locale, che la poltica dovrà sciogliere tenendo conto di molti elementi. Il primo: lo scenario costituzionale su cui ragioniamo è il titolo V, e segnatamente l’articolo 117, primo comma, che assegna allo Stato la competenza esclusiva sulla legislazione elettorale e sulle funzioni degli enti locali. Quindi, se lo scenario immaginato era quello di una Regione con funzioni più amministrative che legislative, quella che noi oggi continuiamo ad avere è invece una regione a forte competenza legislativa, che permane come elemento di governo, di snodo e di coordinamento. Secondo: la sentenza della Corte costituzionale che ha salvato la legge comune municipioDelrio dai numerosi rilievi di legittimità costituzionale è stata condizionata dall’esistenza della legge di revisione costituzionale, che aboliva le Province e alleggeriva le Regioni. Il governo che si sta formando in queste ore non credo sia così forte da poter rimettere mano alla legge Delrio, quindi bisogna capire cosa si può fare a livello locale, partendo da due riflessioni: se questa Città metropolitana sta funzionando dal punto vista dell’impalcatura della governance, e se strumenti come le Città metropolitane, inserite in Regioni come il Piemonte, possono servire, ricordando che tutte le altre Province non hanno più organi politici di indirizzo, fondamentali per lo sviluppo economico e produttivo”.

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Dopo le relazioni dei due giuristi, sono stati numerosi gli interventi dei presenti in sala, a partire dai consiglieri regionali. Andrea Appiano (Pd) ha sottolineato alcune perplessità rispetto alla legge Delrio, anche alla luce dei primi passi mossi dalla riforma e dai segnali che sono arrivati. “Ad esempio – ha evidenziato – uno dei temi su cui riflettere riguarda la coincidenza tra il presidente della Città metropolitana e il sindaco del comune capoluogo. Il rischio è che in questo modo i territori, indipendentemente dal colore politico, non si sentano coinvolti”. Per Mauro Campo (M5S) è necessario un quadro reale dello stato di attuazione della legge. “Quello che sappiamo – ha detto – è che siamo in ritardo, ad esempio, sulla stipula delle convenzioni e sulla definizione della legge per la gestione dei rifiuti. In più si sono ristretti gli spazi di democrazia per i cittadini a causa di una pessima legge nazionale, che la Regione ha dovuto approvare obtorto collo per salvare il personale e le importanti funzioni che le Province svolgevano” . Per il consigliere regionale Domenico Rossi (Pd) “si apre l’opportunità di una riflessione nuova. Se è vero che la Città metropolitana, nel nuovo disegno della Delrio e della 23, fa passi avanti nella logica europea, per gli altri territori, quelli che sono lontani da Torino, le difficoltà sono moltissime. La 23 è stata una buona legge ma è chiaro che qualunque disegno, senza risorse e personale, non sta in piedi”. Rossiha poi invitato a riflettere sul tema della gratuità delle cariche provinciali.

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Al seminario, hanno partecipato, oltre ad Appiano, Campo e Rossi, i consiglieri regionali Silvana Accossato, Paolo Allemano, Giorgio Bertola, Valentina Caputo, Giovanni Corgnati Francesca Frediani, Domenico Ravetti. Presenti in sala anche molti rappresentanti delle Province e delle autonomie locali. Il primo a prendere la parola è stato Stefano Costa, presidente del Cal, il Consiglio delle autonomie locali, e della provincia del Verbano Cusio Ossola, il quale ha ricordato che la legge regionale è stata pesantemente condizionata dalla necessità di adeguarsi a quella nazionale, pena gravi sanzioni, tra cui il commissariamento delle Regioni inadempienti e consiglio lascarisl’obbligo di coprire il costo delle funzioni non fondamentali. “La radicalizzazione – ha ragionato – ha costretto a un riordino incompleto e non paragonabile a passate stagioni di riforme. Dal canto suo, la Regione si è caricata sulle spalle il disagio causato dalla riduzione progressiva dei trasferimenti statali con tagli lineari e prelievi forzosi di tributi propri degli enti locali.  Ci siamo concentrati sulla difesa dei livelli occupazionali e sulla tenuta dei servizi minimi essenziali. Oggi dobbiamo cercare una soluzione nella logica di continuare a garantire i servizi ai cittadini”. Franca Biglio presidente di Anpci, associazione nazionale dei piccoli comuni, sindaco di Marsaglia (CN), ha invece criticato aspramente la legge Delrio, “che – ha detto – non ha tenuto conto della storia millenaria italiana fatta di tanti piccoli comuni, sentinelle del territorio, e neanche della geografia italiana, un territorio difficile che ha bisogno dei presidi comunali. È stata un errore gravissimo, che i cittadini hanno bocciato con il voto referendario. Adesso abbiamo bisogno di una legge organica, che però sia condivisa da tutte le organizzazioni dei comuni, non solo da Anci”. Marco Bussone (Uncem) ha invece posto l’accento sul fatto che la legge regionale è il frutto di una lunga concertazione in un tavolo che continua e che ha prodotto buoni risultati. “La nascita della Città metropolitana – ha aggiunto – può realizzare una felice sperimentazione di sinergie fra le aree urbane, la città, e quello che c’è fuori, le aree rurali e montane”. Critico l’intervento di Carlo Riva Vercellotti, presidente della Provincia di Vercelli, il quale ha affermato che “In Italia è avvenuto un fatto che è un pericoloso precedente, e cioè si è stravolto l’assetto istituzionale del paese sulla presunzione che la Costituzione sarebbe stata cambiata, un fatto certamente anomalo”. Riva Vercellotti ha sottolineato poi il problema del personale: “per quanto riguarda le funzioni delegate alle Province – ha spiegato – non c’è più il personale che le può gestire, e, contestualmente, il personale che dalle Province è passato alle Regione ha carichi di lavoro molto diversi e una professionalità che non è più ben spesa”. Cruciale anche il nodo dei finanziamenti: “non è chiaro – ha concluso – il finanziamento delle funzioni delegate e trasferite, così come non è chiaro a quanto ammonti il reale risparmio di questa riforma”. 

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Alberto Avetta, vicepresidente della Città metropolitana, ha poi sottolineato che la legge Delrio aveva due obiettivi, proiettare il sistema di governo degli enti locali nel contesto europeo e accorciare la catena di comando, mettendo nelle mani dei sindaci il governo degli enti locali. “Adesso – ha detto – sarebbe folle buttare tutto a mare. Il problema delle risorse esiste, oggi come ieri, quando c’erano le Province. Il lavoro fatto REGIONE PALAZZOin questi tre anni va riconosciuto e preservato per capire se i due obiettivi di partenza sono ancora validi”. Per Mauro Barisone, vicepresidente vicario di Anci, infine, “l’esito del referendum ha cambiato le carte ma noi dobbiamo guardare in casa nostra, in Piemonte, che è un territorio con oltre 1200 comuni. La Delrio è una buona legge, che può essere migliorata, ma non possiamo buttare via il bambino insieme all’acqua sporca”.Al seminario hanno partecipato anche le organizzazioni sindacali. Francesco Lo Grasso, della Uil Piemonte, ha sottolineato come la riforma delle Province non abbia ridotto i costi della politica ma il finanziamento delle strutture, evidenziando innanzitutto il problema delle risorse stanziate e dell’assenza di organi di governo. Francesco Candido (Cgil Città metropolitana) ha evidenziato i problemi dei centri per l’impiego, “la cui competenza – ha detto – è della Città metropolitana ma le cui funzioni sono state assegnate all’Agenzia Piemonte Lavoro. Esiste un problema di tenuta del sistema, solo l’anno scorso abbiamo vissuto il dramma occupazionale di venti precari ma i centri per l’impiego sono destinati a chiudere se non hanno il personale”. “La Regione Piemonte – ha aggiunto – deve essere in prima fila nel chiedere al governo di restituire le risorse a Regioni, Province e Città metropolitane”. Per Graziella Rogolino (Cgil) ”l’abolizione delle province era nei programmi elettorali di tutti i partiti, del resto avevamo troppi centri decisionali. La legge 23 è stata concertata in sede regionale e ha tutelato tutto il personale delle Province, adesso non si può pensare di smontare tutto”.

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Ha concluso i lavori il vicepresidente della Giunta regionale con delega agli Enti Locali Aldo Reschigna, il quale ha spiegato che “stiamo parlando di un sistema che faceva fatica da molti anni. Prima della legge regionale e dopo la riforma Delrio, le Province erano allo stremo, tanto è vero che tutti gli enti hanno adottato provvedimenti di riduzione del personale ben oltre la percentuale imposta dalla legge di stabilità del 2015, e questo ha certamente provocato la progressiva diminuzione della capacità tecnico professionale, uno dei problemi più grandi. In quel contesto, l’operazione della Regione non è stata centralista. Abbiamo sottoposto tutte le funzioni a una verifica di efficacia ed efficienza, stabilendo anche chi faceva che cosa ed eliminando le sovrapposizioni. Con la legge 23 abbiamo disegnato le aree vaste, attraverso le convenzioni, un obiettivo che rimane anche oggi, abbiamo valorizzato la Città metropolitana come vero motore di sviluppo di un’area, abbiamo riconosciuto la regione giuntaspecificità montana del Verbano Cusio Ossola e rivisitato le funzioni, riportandone in casa alcune su cui c’era una domanda forte da parte dei territori. La mancata modifica della Costituzione non impedisce che la Regione, nella sua attività di programmazione, individui ambiti territoriali ottimali per l’esercizio di alcune funzioni, e su questo stiamo lavorando. Penso che la scelta delle aree vaste e della gestione associata delle funzioni fosse una risposta a quella crisi e mantenga pienamente la sua utilità anche dopo la consultazione referendaria. Rimarranno dunque le Province, ma l’area vasta permetterà anche la costituzione di strutture tecnico-professionali efficaci, in grado di migliorare l’esercizio delle funzioni proprie. In questi giorni abbiamo definito di concerto con le Province un testo di convenzione per la gestione associata delle attività estrattive, della caccia e della pesca, e contiamo di concludere l’iter entro l’anno. E stiamo procedendo anche con la Provincia montana del  VCO alla definizione di una convenzione”. “Certo – ha concluso – ora restano aperti alcuni problemi. Primo fra tutti garantire alle Province, che sono rimaste in Costituzione, le risorse sulle funzioni fondamentali, definendone anche i costi di esercizio, per non tornare a un passato di sperequazioni. Resta aperto anche il tema delle funzioni, là dove sono state gestite centralmente in modo confuso, come nel caso dei centri per l’impiego e delle politiche attive sul lavoro, o sulla viabilità. L’esito referendario – ha concluso – non deve essere affrontato come un ritorno al passato, ma spingerci a trovare soluzioni per la nostra regione in un percorso che richiede costante confronto e aggiornamento“.

EM – www.cr.piemonte.it

(foto: il Torinese)

Cherio, dialogo con un liberale democratico

tosettoSTORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

Ho chiesto a Sandro come si definiva politicamente. Senza esitare ha risposto: liberale democratico  Poi sollecitato ha completato : liberale per uno Stato che regola ma non opprime , popolare visto che , in democrazia, un  voto vale quanto l’altro . 

“Ti confesso un certo fastidio per una certa sinistra che vede solo se stessa portatrice di un’idea politica, relegando chi come me fa politica nel centro desta il ruolo di portatore di propri interessi . 

A 18 anni giovane democristiano e segretario del circolo di San Mauro. Sandro Cherio ha accettato la proposta di Parisi di essere coordinatore locale del nuovo movimento .  Missione : unificare le forze politiche e sociali di un centrodestra oggi chiaramente in difficoltà . Consigliere Comunale per Forzacherio Italia quando il Berlusca era ” sceso in campo “.

Si vanta di essere sempre stato nelle retrovie . “Portatore di acqua ” del fratello Nino sindaco a San Mauro e parlamentare di Forza Italia . Fieramente sostiene : lui è il primogenito

Perché sei Presidente del Collegio costruttori ?

“Qui la politica non c’entra . Con cari amici e mio fratello sono imprenditore edile e sono al terzo mandato con delega, visto il limite di due . Qui ho cercato di rappresentare i piccoli e medi :  la Crisi per il nostro settore è stata devastante .

Vero che Berlusconi ti ha proposto di fare il candidato sindaco A Torino?

“Precisamente Pichetto, ma ho rifiutato perché non c’erano le condizioni di un unità politica”. 

La maggiore delusione ?

“Finita l’esperienza di consigliere comunale ho scritto una lettera al Sindaco e ai rappresentanti della maggioranza ringraziandoli per l’ esperienza umana e politica che mi aveva arricchito. Non  ho ricevuto risposta”.

Maggiore soddisfazione ?

“Quando mio Fratello è  diventato sindaco di San Mauro.I miei genitori immigrati dalla campagna hanno lavorato sodo per insegnarci l ‘impegno per raggiungere ed ottenere . Nulla è  regalato e deve essere condotto  correttamente . Mio fratello coronava tutto”.

Come mai questo rientro nella politica attiva?

“Passione e voglia di fare”.

Grazie del tuo tempo Sandro Cherio. Per me sei anche un amico.

Ex Moi, Grimaldi (SEL): sì al superamento, purché ci sia un’alternativa dignitosa

Riceviamo e pubblichiamo

A un primo censimento degli abitanti delle palazzine ex Moi, svolto dall’Anagrafe della città di Torino e risalente alla dichiarazione di residenza del 2014, si aggiunge la prima concreta ricognizione tra gli stabili occupati di via Giordano Bruno, effettuata e ultimata in questi giorni dalle forze dell’ordine. 

moi scontri1Per tutti gli occupanti, l’istituzione di un indirizzo virtuale presso il Moi è stata cruciale, perché consentiva l’iscrizione all’anagrafe e l’inserimento in progetti di sostegno. A quanto ne risulta, gli occupanti delle palazzine sono in larga maggioranza regolari per la legge (almeno mille dei 1190 censiti in questi giorni), perché hanno chiesto e ottenuto asilo «per motivi umanitari». Sono sbarcati in Italia col «Progetto Nord Africa» e poi sono stati trasferiti a Torino, in fuga dai conflitti armati tra il 2011 e il 2013. Per molti di loro, il permesso di soggiorno, vicino alla scadenza, sarà rinnovato l’anno prossimo. La notte del 23 novembre, dopo una situazione di tensione tra un gruppo di profughi e un piccolo gruppo di tifosi, vi sono stati scoppi di petardi contro una sala scommesse frequentata dagli stranieri e bombe carte contro le stesse palazzine. Centinaia di migranti hanno moi2protestato con forza, condannando il movente razzista del gesto e denunciando di non essere stati difesi. La Sindaca Appendino ha dichiarato di essere al lavoro per trovare una soluzione per le palazzine. Il piano di Torino per superare l’emergenza Moi dovrebbe essere giunto al Viminale, mentre 150 militari sono ancora attesi per l’inizio del pattugliamento del presidio della zona. Negli scorsi giorni, Amnesty International ha sollecitato le autorità a elaborare soluzioni rispettose degli standard internazionali sui diritti umani e a usare lo sgombero come un’opportunità per assicurare migliori condizioni abitative ai moimigranti ai richiedenti asilo. Oggi in aula l’Assessora Cerutti si è resa disponibile a favorire la realizzazione di azioni positive di inclusione socio-lavorativa delle persone in condizioni di particolare svantaggio, tramite servizi di orientamento, ricerca attiva e accompagnamento al lavoro, tutoraggio e contributi per l’indennità di tirocinio.   “Bisogna procedere al superamento dello stato di sovraffollamento del MOI, purché si individuino spazi alternativi adeguati e si coinvolgano servizi socio assistenziali, mediatori culturali, psicologi e – aggiungo – gli occupanti stessi” – dichiara Grimaldi. – “Al contempo condivido il punto di vista dell’Assessora: potrebbe essere importante il lavoro della Regione sull’inserimento lavorativo dei migranti”.

 

Tav e no Tav: qualche pensiero sulla bagarre in Comune

appendino fasciaIn attesa di conoscere i prossimi dictat della Giunta Appendino prima della pausa natalizia, anche durante il ponte dell’8 dicembre gli appassionati dei lavori in Sala Rossa hanno di che bagolare. L’ultima perla sciorinata dalla consigliera grillina Carlotta Tevere, nientepopodimeno che Presidente della Commissione  “Legalità e contrasto dei fenomeni mafiosi”, durante l’ultima seduta del Consiglio è stata: “ Esprimo solidarietà ai 38 cittadini recentemente condannati per gli scontri in Val di Susa”, affermazione seguita da interventi di indignazione delle opposizioni immediatamente repressi dal “Pippo Baudo di periferia”, come alcuni lo definiscono nei corridoi municipali,  che da qualche mese dirige le sedute, Fabio Versaci, con una sospensione del Consiglio Comunale per punire i consiglieri che non mostrano rispetto per i lavori dell’Aula. Punizione ovviamente rivolta ai consiglieri che hanno osato indignarsi. Ad aggravare la posizione dei Pentastellati è stata poi la replica del Capogruppo Alberto Unia avvalorando la dichiarazione della Tevere con il sostegno di tutto il gruppo grillino. 

“Affermazione grave e seria dare solidarietà politica ai delinquenti. La solidarietà umana si dà a tutticomune municipio quelli che hanno bisogno, ma dare solidarietà politica è grave perché si disconoscono principi e regole dello Stato” questo il commento del consigliere-notaio Alberto Morano che, insieme al capogruppo della Lega Fabrizio Ricca, Osvaldo Napoli di Forza Italia e Roberto Rosso hanno chiesto le immediate dimissioni di Carlotta Tevere in considerazione anche del suo ruolo di Presidente della Commissione Legalità.

A condire di ulteriore indecenza politica  la posizione del Movimento Cinque Stelle in Comune, è stata poi la consigliera Maura Paoli, – non era forse “militante” del centro sociale Gabrio? – , che proprio durante la Commissione Legalità, sulla richiesta di dimissioni della benemerita Presidente Tevere ha dato sfogo al suo ardito pensiero arrivando a favoleggiare anche su Silvio Berlusconi e sugli eredi del Pci: “Noi non prendiamo lezioni di moralità da chi è legato alla storia di partiti come Forza Italia e Pd che hanno insabbiato la trattativa stato-mafia” . 

tav 222E probabilmente questa volta la consigliera pentastellata Paoli, prima di recarsi in sala dell’Orologio, avrà inalato una scia chimica per non rendersi conto che non era di fronte alle barricate di qualche malsana manifestazione di protesta con tanto di passamontagna e cori carichi di insulti sterili, bensì in un aula di Palazzo Civico in pieno svolgimento di un’attività istituzionale.  Parole irricevibili, secondo Osvaldo Napoli, Silvio Magliano, Francesco Tresso e la democratica Elide Tisi che hanno abbandonato la seduta.

Ora sia destra che sinistra, insieme, chiedono le pubbliche scuse, in assenza delle quali minacciano di non sedersi più ad un tavolo di Commissione Legalità con chi li accusa di mafia. Il PD ha dichiarato che chiederà il verbale della seduta di Commissione e la registrazione audio per avanzare eventuali azioni legali a tutela dell’immagine del partito, dei militanti e degli elettori.  Se come d’abitudine oramai, il sindaco Chiara Appendino soprassederà anche a queste ultime sortite dei suoi consiglieri, non si potrà più confutare l’analisi di chi sostiene che il Movimento Cinque Stelle è solo la nuova espressione della sinistra populista più estrema. 

(foto: il Torinese)

 

Sanità, accorpamento Asl To1 e To2. Dibattito in Consiglio regionale

con reg lascarisIl Consiglio regionale del Piemonte ha approvato l’accorpamento dell’ASL TO1 e dell’ASL TO2 in un’unica azienda sanitaria,  a partire dal prossimo 1° gennaio. Il documento, presentato per la Giunta regionale dall’assessore alla Sanità Antonio Saitta, è stato licenziato a maggioranza dalla IV Commissione. “Oggi la città è spaccata in due e serve un’omogeneizzazione dei servizi – ha spiegato l’assessore illustrando la delibera – e il nostro obiettivo è creare valore, individuare i punti del sistema che sono in grado di occuparsi meglio delle prestazioni. Il miglior utilizzo degli spazi comporterà la liberazione dei locali per sviluppare a Torino l’assistenza territoriale, oltre ad assicurare risparmi. Nessuno sarà licenziato, ma piuttosto saranno migliorati i servizi”.L’atto aziendale della nuova Asl unica – che prenderà il nome di Azienda sanitaria locale Città di Torino – sarà pronto entro giugno 2017 e sarà oggetto di un percorso di valutazione condivisa con il Comune di Torino e con le Circoscrizioni.”Si tratta di un percorso di riorganizzazione dei servizi sanitari che ritengo necessario – dice il vicepresidente del Consiglio regionale, Nino Boeti, Pd – e che sono certo potrà portare conseguenze utili e positive per i cittadini torinesi. Occorre, però, che la futura unica grande azienda sanitaria della Città di Torino abbia come obiettivo prioritario non solo quello del risparmio, bensì consiglio lascarisgarantire l’omogeneizzazione e l’ottimizzazione dei servizi affinché tutti i torinesi, che abitino a Barriera di Milano come a Mirafiori Sud, possano ricevere cure eguali, appropriate ed efficienti. Sull’azienda Sanitaria unica, interviene anche il consigliere Marco Grimaldi (SEL): “La creazione di un’unica Azienda Sanitaria per la città di Torino è  anche un’opportunità per riflettere sugli obiettivi della sanità regionale, in primo luogo l’accessibilità al servizio per tutte e per tutti. L’ampliamento del servizio di assistenza domiciliare e della sanità di prossimità, lo sviluppo delle politiche di Prevenzione e Promozione della Salute su tutto il territorio cittadino, l’integrazione ma anche la diffusione del servizio dovrebbero andare in questa direzione. Per questo il Gruppo SEL ha richiesto di partire dall’analisi di prossima pubblicazione a cura del Prof. Costa, sullo stato della salute e delle diseguaglianze nella sanità torinese, che verrà presentata in commissione giovedì prossimo”.  Stando alle previsioni a cura delle due Asl, la nuova Azienda coinvolgerà circa 900mila abitanti, di cui l’11,6% tra gli 0 e i 13 anni, l’11,5% tra i 65 e i 74 anni, il 13,9% ultrasettantacinquenne, nonché un 15,3% di stranieri residenti. Lottiamo contro le diseguaglianze in tutti i campi, vogliamo che questa sfida sia anche il primo obiettivo della sanità pubblica e dell’unione tra le due Asl torinesi” – aggiunge  Grimaldi. – “Facciamolo contro il lavoro povero, facciamolo garantendo la mutua ai migranti, leghiamo i risparmi prodotti dall’integrazione a maggiori investimenti per realizzare tutto ciò. Fuori dal piano di rientro è consiglio campanaora necessario unire gli investimenti a nuove assunzioni. Quello di oggi è solo un piccolo passo. Chiediamo da subito un confronto di un anno con città, operatori, medici, lavoratori e territori per realizzare un piano strategico per la salute”. In materia di sanità, polemiche le opposizioni: “Abbiamo nuovamente chiesto a questa giunta regionale di rivedere la propria posizione sulla chiusura dell’ospedale Oftalmico, e di fare un passo indietro per il bene dei cittadini. La risposta ricevuta è stata disarmante: l’assessore Saitta ha chiaramente detto che lui decide e non accetta suggerimenti, e gli stessi consiglieri di maggioranza che fino a ieri godevano dei flash per la tutela dell’oftalmico oggi hanno bocciato la nostra proposta” lo dichiara Gian Luca Vignale,consigliere regionale di Forza Italia e firmatario di un ordine del giorno bocciato oggi dal centrosinistra. Prima della votazione della delibera l’Assemblea ha discusso sette atti d’indirizzo collegati e ne ha approvati tre. Quello presentato dalla prima firmataria Valentina Caputo (Pd) impegna la Giunta regionale “a individuare, nell’ambito del processo di accorpamento delle Asl To1 e To2, gli strumenti più idonei a consentire il massimo coinvolgimento del Consiglio regionale affinchéASL tale processo sia improntato ai principi di partecipazione, condivisione e gradualità ed evitando, d’altro canto, l’adozione di semplici automatismi conseguenti a una mera fusione tra le due attuali Aziende”. I due presentati dal primo firmatario Davide Bono (M5S) impegnano rispettivamente la Giunta regionale “ad investire risorse per la manutenzione ordinaria e straordinaria del presidio Amedeo di Savoia, sulla base di un progetto dell’Azienda, per mantenere la sicurezza e il decoro delle strutture in cui vengono attualmente erogate le attività sanitarie sino a ricollocamento in strutture più idonee” e “a chiedere al direttore generale dell’Asl To la sollecita costituzione di un tavolo sindacale aziendale che segua tutte le questioni connesse alla nuova organizzazione al fine di garantire il mantenimento e il potenziamento dell’offerta sanitaria”.

(Foto: il Torinese)

 

DOPO IL REFERENDUM. LEGA:”DIRITTO DI VOTO ALLE PROVINCE”. PD: “RENZI RESTI SEGRETARIO”

QUI LEGA NORD

molinari-nuovaReferendum Costituzionale, il giorno dopo. Molinari “Questa notte ripaga di anni di sacrifici e lotte”. E aggiunge: “Si restituisca il diritto di voto per le Province. Il centralismo ha fallito”. All’indomani del Referendum Costituzionale, che ha visto una schiacciante vittoria del fronte del ‘no’, è tempo di ringraziamenti e bilanci. “Ha vinto il Popolo, contro tutto e tutti commenta Riccardo Molinari, segretario nazionale della Lega Nord Piemont – Questa notte ripaga di anni di sacrifici e lotte. Questa notte dimostra che la passione e battaglia politica, in questo mondo dominato dai media e dai soldi, ha ancora valore e senso. Grazie a tutti i compagni di viaggio di questa avventura, abbiamo fatto qualcosa di straordinario. Abbiamo salvato la democrazia e l’autonomismo nel nostro Paese”.La gioia, però, lascia spazio anche alle proposte per il domani e Molinari avanza una proposta concreta. “La consultazione ha visto la maggioranza schiacciante dei cittadini votare contro ad una riforma pesantemente centralista. La prima cosa da fare è riconsegnare ai cittadini il diritto di voto per le Province, dal momento che il progetto Renzi-Delrio-Boschi è stato respinto dal Popolo sovrano. Gli italiani si sono espressi e hanno dimostrato quanto stia loro a cuore la possibilità di decidere del proprio futuro: è ora di prenderne atto e di restituirci ciò che ci spetta di diritto”.

QUI PD

Davide-GariglioREFERENDUM; GARIGLIO (PD): RENZI RIMANGA SEGRETARIO, NON SI RIPETANO ESPERIENZE DI GOVERNI TECNICI  

“Credo che Renzi debba rimanere a guidare il PD, garantendo la continuità della nostra proposta riformatrice: dopo questa esperienza di Governo, non possiamo tornare alla vecchia politica, alle trattative infinite, alle coalizioni litigiose”. Lo dichiara il segretario regionale del Piemonte del PD, Davide Gariglio, commentando l’esito del voto sul referendum costituzionale di ieri. “Dobbiamo rafforzare il partito – prosegue Gariglio –  dedicare tempo alla sua riorganizzazione sul territorio, aprirne le porte a tutti coloro che si sono impegnati nei comitati per il SI, fare un congresso che si esprima sulla linea delle riforme da perseguire. Dobbiamo assicurarci che nel futuro – sottolinea -, salva la libertà di coscienza dei singoli, non sia più possibile che chi sta dentro il partito si allei con i peggiori avversari esterni per far cadere il proprio leader. Poiché siamo la forza di maggioranza relativa nei due rami del Parlamento – rimarca – abbiamo l’onere di garantire che venga approvato la legge di stabilità e che proseguano gli interventi a favore delle popolazioni colpite dai terremoti e dall’alluvione. Il prima possibile si torni però a dare voce agli elettori, che si devono esprimere per indicare chi debba guidare questo Paese nei prossimi cinque anni. Non si ripetano esperienze di anni di governi tecnici o di grandi coalizioni – conclude Gariglio – siano gli italiani a stabilire il loro destino”.

 

Referendum, la vittoria del No: le reazioni sotto la Mole

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A Torino  l‘affluenza finale è stata del 71.49% (contro il 57.18% delle precedenti amministrative e il 56.85% del referendum costituzionale del 2006). I dati riportano la vittoria del NO con il 53,58% dei voti contro il SI al 46,42%.

I COMMENTI DELLA POLITICA

“La politica colga il segnale delle urne e torni a dare ai appendino tgcittadini le risposte che si attendono, mettendo al centro i valori della partecipazione e della condivisione.  Ci affidiamo al Presidente della Repubblica per  un percorso che consenta alle Istituzioni di tornare a comprendere gli italiani”. E’ il commento che la sindaca di Torino, Chiara Appendino, affida all’Ansa ringraziando i torinesi per una così alta partecipazione al voto.

chiampa lausAmareggiato il presidente della Regione, Sergio Chiamparino: “Ora, come sottolineato da più parti, – dichiara al quotidiano La Stampa –  occorre ricostruire  nel Paese e nel partito un terreno di confronto che non faccia arretrare l’Italia dai passi in avanti compiuti in questi ultimi anni sul piano delle riforme. Un errore personalizzare il referendum? Ne sentiremo di tutti i colori ma difficilmente il referendum poteva essere percepito diversamente da una consultazione pro o contro questo Governo».

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Stefano Esposito (Pd, parlamentare):

Gli italiani hanno scelto Presidente @matteorenzi come aveva detto si è dimesso. Discorso perfetto.comune municipio Ora ci penserà il Presidente Mattarella

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Davide Gariglio (Pd, segretario regionale)

È stata una battaglia difficile, ma siamo orgogliosi di averla combattuta. Lo abbiamo fatto con convinzione, non smetteremo di farlo.

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Fabio Versaci (M5S, presidente Consiglio comunale di Torino):

La Costituzione NON si tocca.

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Riccardo Molinari (Lega Nord, segretario regionale):

Ha vinto il Popolo, contro tutto e tutti. Questa BANDIERE REGIONEnotte ripaga di anni di sacrifici e lotte. Questa notte dimostra che la passione e battaglia politica, in questo mondo dominato dai media e dai soldi, ha ancora valore e senso. Grazie a tutti i compagni di viaggio di questa avventura, abbiamo fatto qualcosa di straordinario. Abbiamo salvato la democrazia e l’autonomismo nel nostro Paese.

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Gilberto Pichetto (Forza Italia, coordinatore regionale):

A proposito di Renzi inutile nascondere che questo è anche un voto con un grande valore politico ed è un voto contro il premier ed il suo governo che da domani dovrà fare i conti con la realtà: governare e cercare di cambiare le regole del gioco senza il consenso popolare porta inevitabilmente a cozzare contro quell’incredibile scudo chiamato democrazia.

Le ragioni del Sì, le ragioni del No. Ghigo e Placido in volata per il referendum

Domenica 4 dicembre gli italiani sono chiamati a esprimere la loro preferenza sul quesito proposto dal referendum costituzionale. Già da mesi il dibattito è stato molto acceso e, a differenza del solito, l’appartenenza a uno schieramento politico sembra influire relativamente poco sulla decisione in sede di voto.

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Due sono i personaggi intervistati dal “Torinese”. Un passato comune in Publitalia, una forteghigo-placido passione per il ciclismo (nella foto), ma diversi per formazione e ideologia. Da un lato abbiamo Enzo Ghigo, già proconsole di Berlusconi in Piemonte, “padre nobile” del centrodestra subalpino e Presidente della Regione dal 1995 al 2005; dall’altro Roberto Placido, da sempre uomo di sinistra e Pd spesso  “critico”, consigliere regionale in più legislature e vicepresidente di minoranza  dell’Assemblea piemontese nella precedente tornata amministrativa.

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LE RAGIONI DEL SI’ / ENZO GHIGO

  • Nonostante il suo percorso politico, perché lei voterà sì?

ghigo-istituzionale Il popolo italiano è chiamato a esprimersi su una riforma costituzionale, non su uno schieramento politico o un altro. Pur non essendo di sinistra mi esprimo sul contenuto della riforma. Benché non sia totalmente simile a quella che avevamo voluto noi di Forza Italia nel 2006, la quale era maggiormente spinta verso un presidenzialismo, questa è nella sostanza la riforma che avevamo voluto noi. Si tratta di una proposta più blanda, ma, se prima ero favorevole, perché non dovrei esserlo adesso?

  • Quali sono le sue personali ragioni che la spingono a votare sì?

 Questa riforma vale per tutti: non solo per Renzi, ma anche per quelli che saranno i suoi successori. Andare verso un monocameralismo significa snellire l’iter legislativo, al di là di un risparmio sui costi della politica, quello che cambia è il tempo più rapido di approvazione delle leggi, perché avremo una Camera sola. Questo è il vero senso di questa riforma. Inoltre, si mette mano al Titolo V, facendo sì che alcune materie ritornino in mano in modo esclusivo allo Stato. Perché, ad esempio, non è possibile pensare che un’autostrada non venga fatta perché una Regione è contraria. Se vincesse il sì, Renzi dovrebbe capitalizzare il successo nell’ottica del percorso delle riforme per il Paese e, inoltre, potrebbe sedersi ai tavoli europei con una maggior capacità di trattare, dal momento che ha dalla sua parte un governo più credibile.

  • Se vincesse il no, che cosa succederebbe a suo avviso?

 Non cambia nulla, nessun elemento di novità. Se vincesse il no, si perde l’ennesima occasione di cambiare le cose. E, soprattutto, prima che le forze politiche mettano insieme una riforma passerà un bel po’ di tempo. Se vince il no è un segnale che gli italiani non ce la fanno ad andare verso la modernità.

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LE RAGIONI DEL NO / ROBERTO PLACIDO

  • Nonostante il suo percorso politico, perché lei voterà no?

placido Voto no nel merito di una riforma confusa, sbagliata, sgangherata che afferma di voler cambiare il Paese, ma non si sa bene come nei fatti. Se dovesse passare, creerebbe più problemi e confusione di quello che già è adesso. Ci sarà ancora il bicameralismo, ma sarà più confuso: ci saranno materie su cui il Senato deve intervenire, altre ancora su cui può decidere intervenire, alcune per cui si deve verificare se deve intervenire. Il risparmio sui costi della politica è irrisorio: il documento della Ragioneria dello Stato, a firma del Ministro Boschi, parla di 49 milioni di risparmio che, a conti fatti, sarebbero 0,79 centesimi a testa, se suddiviso per il numero di italiani.Lo snellimento del processo legislativo è solo virtuale: attualmente una legge viene approvata in media in cinquanta giorni. Ci sono problemi politici: facciamo troppe leggi e le facciamo anche male.

  • Quali sono le sue personali ragioni che la spingono a votare no?

Non ho ragioni personali, ma sono contrario nel merito della questione. Infatti, se passa la riforma, si creeranno due Italie: una, quella delle Regioni a statuto ordinario, compreso il Piemonte, a cui verranno tolti molti poteri e un’altra, quella delle Regioni a statuto speciale, che li manterranno, dato che per loro la riforma non vale. Questa riforma straordinaria si fermerebbe al Gran Paradiso e a Villa San Giovanni. Inoltre, è una riforma che azzera i contrappesi politici. Se la riforma passasse, si creerebbe una sorta di semi-presidenzialismo cialtrone, dove il governante ha la maggioranza assoluta di fare quello che vuole.

  • Se vincesse il sì, che cosa succederebbe a suo avviso?

Ci sono due possibili scenari, a mio avviso. Potrebbe essere che si vada subito a votare, dal momento che Renzi non vedrebbe l’ora di incassare la vittoria, oppure la situazione potrebbe favorire molto il Movimento Cinque Stelle che alle politiche potrebbe raccogliere il senso di protesta e insofferenza diffuso nel Paese. Il no non sconfigge il populismo, ma sarebbe un segnale che sottolinea che le cose si fanno bene.

Elisa Speroni

SEDI PD IMBRATTATE, GIORGIS: “UN GESTO INDEGNO CONTRO TUTTO IL PD”.

LEO PD“Un gesto indegno da condannare senza riserve, che reca offesa a tutto il PD”: così l’On. Andrea Giorgis, deputato del Partito Democratico, commenta gli atti vandalici a danno dei circoli di via Colautti e via Assisi a Torino. “Ancora una volta il nostro partito è stato preso di mira da chi non sa che cosa sia il confronto democratico, ma conosce solo l’insulto e l’intolleranza. Per questi vandali ogni pretesto è buono per imbrattare le nostre sedi ed attaccare il Partito Democratico, i suoi dirigenti, militanti ed elettori.”

Regione, approvato l’Assestamento al bilancio 2016-2018

Nella seduta del 29 novembre l’Assemblea di Palazzo Lascaris ha approvato a maggioranza (con 30 voti favorevoli e 16 contrari) il disegno di legge n. 222 “Assestamento del bilancio di previsione finanziario 2016 – 2018 e disposizioni finanziarie”.

consiglio X 1

L’esame era iniziato nella seduta del 22 novembre con gli interventi dei tre relatori esponenti dei gruppi Pd, M5S e FI ed era proseguito nella seduta del 24 novembre con la conclusione del dibattito generale e l’inizio dell’esame dell’articolato. Nel corso delle tre giornate sono stati esaminati 210 emendamenti presentati dai vari gruppi di maggioranza ed opposizione e dall’Esecutivo. Tra questi ne sono stati approvati alcune decine, compresi alcuni delle opposizioni, quattro del gruppo FI e un paio di quello M5S. A differenza del testo approdato in Aula, risultano così diversi articoli aggiuntivi rispetto ai 14 iniziali. di pochi giorni fa. Con un emendamento tecnico l’esame degli ordini del giorno collegati al testo è stato rinviato alla seduta del 30 novembre.

 

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