





Ho letto con attenzione la relazione dell’Assessore Rolando, il Bilancio di Previsione 2018-2020 e la relazione del Collegio dei Revisori. In sede di approvazione del Bilancio di Previsione 2017-2020 erano emerse alcune criticità nei rapporti tra l’amministrazione Cinque Stelle ed il Collegio dei Revisori.
In questa occasione mi pare che la relazione fra la Città ed il Collegio dei Revisori si sia svolta in modo istituzionalmente più corretto, anche se restano alcune zone d’ombra e di opacità e soprattutto mi pare che l’attività di controllo sia stata formale e superficiale, senza affrontare seriamente i problemi fondamentali. Lascio ad altri una critica puntuale e politica sulle scelte operate dalla Giunta Cinque Stelle in sede di predisposizione del Bilancio di Previsione e mi limito ad alcune brevi osservazioni e domande.
In data 10 Gennaio 2018 ho formulato una richiesta di Accesso agli Atti indirizzata tra gli altri al Dottor Calvano e al Dottor Pizzichetta finalizzata a conoscere lo stato dei conti delle tre principali fondazioni culturali partecipate dal Comune di Torino. In particolare ho richiesto:
Consistenza della cassa al 31/12/2017;
Dettaglio dei crediti (con indicazione di importo e soggetto debitore) esistenti al 31/12/2017;
Dettaglio dei debiti in essere (scaduti) alla data del 31/12/2017 con indicazione dell’importo, del creditore e della data in cui il debito è scaduto;
Importo dei contributi versati dal Comune di Torino nel 2017 e dei contributi tutt’ora dovuti dal Comune di Torino per l’anno 2017 e per gli anni precedenti e non ancora versati.
A questa richiesta ha dato risposta solo la Fondazione Torino Musei precisando con riferimento all’ultima domanda che il credito della Fondazione Torino Musei nei confronti del Comune di Torino alla data del 31 Dicembre 2017 ammontava ad Euro 5.726.894. Il Teatro Regio ha risposto in data 29 Gennaio 2018 testualmente: “Trattandosi di una elaborazione complessa che richiede l’ultimazione dei conti necessari per la chiusura del Bilancio 2017 riteniamo poter far pervenire quanto richiesto entro la data del 31 Marzo 2018”. Detta data è passata, nessuna informazione è stata fornita dal Teatro Regio e tantomeno dalla Città di Torino.
Analogamente in data 5 Febbraio 2018 il Direttore della Fondazione Teatro Stabile ha richiesto al Presidente del Teatro Stabile una proroga del termine in quanto l’amministrazione del Teatro Stabile stava effettuando le operazioni di chiusura del 2017 e nelle more alcuni dati contabili potevano subire sensibili variazioni.
La proroga non è stata concessa, ma nessuna informazione è stata fornita. Vale la pena sottolineare che nemmeno la Città di Torino ha fornito risposte in merito e ciò appare grave soprattutto per quanto attiene ai rapporti con le Fondazioni. Tralasciando il fatto che le risposte alle richieste di Accesso agli Atti devono essere fornite nel termine di 30 giorni, mi chiedo e chiedo all’Assessore al Bilancio, al Sindaco e al Collegio dei Revisori quale grado di attendibilità ha il Bilancio di Previsione Finanziaria 2018-2020 se non si ha conoscenza dei debiti della Città nei confronti delle fondazioni culturali?
Come avete determinato infatti i residui passivi presunti al 31 Dicembre 2017 se non siete stati in grado di rispondere ad una specifica domanda in merito? Un secondo punto che non appare chiaro è quello concernente i rapporti tra GTT, Infra.To e Comune di Torino. Ed infatti come più volte ho avuto modo di sottolineare o si salva GTT o salta l’intero sistema. Ma anche in questo caso qualcosa non torna nel Bilancio di Previsione 2018-2020.
Nel Piano Industriale di GTT approvato anche dalla Città di Torino si precisa, alla pagina 56, che il Canone dei Parcheggi 2018 dovuto da GTT al Comune pari a 17,4 milioni di Euro sarà pagato per Euro 10 milioni al termine del Piano Industriale e quindi nel 2022 e per Euro 7,4 milioni in dieci anni a partire dal 2021 al pari degli altri debiti di GTT nei confronti del Comune di Torino e di FCT ammontanti a complessivi 92 milioni di Euro.
Questo è quanto scrive GTT, con l’approvazione del Comune di Torino (si veda lettera del Sindaco Appendino del 12/01/2018) ed è confermato anche dalla lettera inviata da Peat Marwick a Deloitte e GTT in data 11 Dicembre 2017, ma ciò non trova conferma nel Bilancio di Previsione ove si fa riferimento unicamente all’importo di 7,4 milioni di Euro (il cui pagamento avverrà peraltro in dieci rate annuali a partire dal 2021). Forse che il principio di competenza rafforzata utilizzato per giustificare la contabilizzazione del debito Ream non trova applicazione per i crediti?
Ed ancora, nel Bilancio di Previsione come sono contabilizzati i debiti del Comune nei confronti di GTT ed Infra.To per l’anno 2018 pari a complessivi 31 milioni di Euro (7 milioni GTT e 24 milioni Infra.To) oltre a 6,4 milioni dovuti a GTT ed Infra.To per i debiti pregressi (risultanti dalle bozze di accordo approvate dal Consiglio Comunale nel Settembre 2017 e confermati anche alle pagine 53-55 del Piano Industriale di GTT) per un totale di 37,4 milioni di Euro?
In particolare, sembrerebbe che nel Bilancio di Previsione manchino circa 18 milioni di Euro essendo stanziati solo 6 milioni di Euro per GTT e 13,5 milioni di Euro per Infra.To. Tutto ciò che impatto ha sul Piano di salvataggio di GTT? Ricordo al Sindaco e all’Assessore al Bilancio (ma anche al Collegio dei Revisori) che il Piano di Salvataggio di GTT è stato approvato dalla Città e deve essere riflesso nel Bilancio di Previsione.
Ed ancora perché nell’individuare il perimetro di consolidamento della Città di Torino, per quanto riguarda GTT si riporta il dato 2015(utili di 200.000 Euro) e non quello del 2016 risultante dalla bozza di Bilancio approvata dal Consiglio di Amministrazione (perdita di 63 milioni di Euro) come sarebbe stato più corretto? In ultimo, nella nota integrativa e nei dati di sintesi si parla di dismissioni di immobili per 42 milioni di Euro, di avvio della procedura di vendita delle partecipate e si dà per scontato l’esito positivo della vendita di azioni Iren. È vero che stiamo parlando di un Bilancio di Previsione e quindi il grado di attendibilità non deve essere alto, ma:
Quante possibilità concrete vi sono di vendere immobili per 42 milioni di Euro entro fine anno e qual è lo stato concreto delle procedure di vendita oggi in essere; Dopo la dilettantesca gestione della vendita del Caat di cui abbiamo avuto notizie ieri, quante possibilità vi sono che la partecipata più appetibile venga effettivamente venduta;
E per finire, Iren: cosa succederà se alcuni azionisti di minoranza (fondi o piccoli comuni) si rivolgeranno a Consob lamentando un cambio di controllo e la Consob formulerà osservazioni sulla Bozza del Patto Parasociale approvata qualche giorno fa dal Consiglio Comunale o attiveranno la procedura per fare accertare la violazione del Patto Parasociale oggi in essere; siete sicuri di dar corso alla scissione e alla vendita entro l’anno?
Alberto Morano
Lista Civica Morano
(INTERVENTO CONSIGLIO COMUNALE 10 APRILE 2018)
“Esprimo soddisfazione per la ripresa ufficiale con il primo intervento, dell’attività del reparto di Oftalmologia del San Luigi di Orbassano” ha dichiarato la Consigliera regionale del Partito Democratico Valentina Caputo.
“Il Gruppo del Partito Democratico – ha proseguito Valentina Caputo – si era impegnato, anche attraverso un ordine del giorno da me presentato e condiviso dall’Assessore Saitta, a fare in modo che venissero riprese, presso il nosocomio di Orbassano, sessioni di interventi chirurgici oculistici, un servizio importante per tutto il territorio e per i cittadini. Oggi, ottemperate le formalità burocratiche, l’impegno è stato mantenuto. Dal Pd e dalla Giunta Chiamparino fatti e non parole”.
“Una notizia positiva – ha commentato il consigliere regionale Andrea Appiano – Ora ci sono gli spazi per implementare le attività del San Luigi e di altri ospedali, un altro segnale di rinascita dopo l’uscita dal commissariamento della nostra sanità regionale”
In Commissione Sanità si è svolta l’audizione dei rappresentanti sindacali della CGIL-Funzione Pubblica, per far luce sulle problematiche che hanno indotto lo stato di agitazione del personale di comparto dell’ASL TO3. Stato di agitazione che si è protratto dal gennaio scorso fino alla fine marzo, quando di direttore generale, dopo il secondo incontro in Prefettura, avrebbe promesso che nel 2018 investirà 4 milioni di euro per l’assunzione di personale sanitario. Tre gli argomenti posti sul tavolo della Commissione: il piano assunzioni, il partenariato pubblico-privato, la riorganizzazione della rete dei servizi territoriali con l’istituzione delle Case della Salute. I rappresentanti sindacali sostengono che l’Asl To3 nel 2016 abbia risparmiato 5 milioni di euro sull’assunzione del personale, in particolare quello di comparto. Un risparmio ingiustificato, sia perché ormai la sanità è uscita dal piano di rientro, ma soprattutto perché la pianta organica è molto al di sotto del previsto (3.222 unità il personale in servizio, a fronte di una pianta organica di 3.398 operatori). Altra criticità denunciata è il progressivo ricorso all’esternalizzazione dei servizi: non solo la fornitura di
apparecchiature biomedicali, ma anche la gestione delle stesse con personale “a noleggio”, al posto di dipendenti Asl. Un esempio eclatante è quello dell’apertura del punto di prenotazione esami e ritiro referti nel centro commerciale “Le Gru”: al posto di rinforzare i Cup dell’Asl To3, il servizio è stato esternalizzato, affidando a personale messo a diposizione dal centro commerciale il trattamento di dati sensibili. Infine, è stato denunciato il mancato confronto con la direzione aziendale sulla riorganizzazione dei servizi territoriali, in particolare le Case della Salute: l’unico incontro si è svolto nel febbraio 2017. Vorrebbero chiarezza sugli accordi con i medici di famiglia, le risorse, il personale, i servizi. In attesa dell’audizione in Commissione, su mia richiesta, del direttore generale dell’Asl To3, esprimo forte preoccupazione per la progressiva privatizzazione dei servizi sanitari, che devono rimanere pubblici: il privato può essere integrativo ma non sostitutivo.
Stefania Batzella
Consigliera Regionale Movimento Libero Indipendente
Di Giorgio Merlo
Il tramonto dei partiti plurali – nello specifico il tramonto del modello originario e del profilo politico del Partito democratico – ci pone di rivedere lo stesso modello di partecipazione politica nel nostro paese. Se la prima repubblica era caratterizzata dai cosiddetti “partiti identitari”, cioè da soggetti politici, popolari e di massa con una definita cultura politica, e’ pur vero che da tempo ormai assistiamo ad un confronto politico dove le categorie culturali del passato sono state definitivamente archiviate. E i “partiti plurali”, almeno nella loro intenzione originaria, dovevano essere funzionali a ridefinire la dialettica democratica superando le vecchie impostazioni. Ora, dopo la sconfitta storica del Partito democratico, dopo il fallimento politico ed elettorale del partito di Grasso – cioè della sinistra nel nostro paese – e il conseguente affermarsi dei 5 stelle e della Lega, noi abbiamo la conferma che si è chiusa una fase politica e se ne è aperta una nuova, ancora inedita e difficile da decifrare. Tranne su un punto: e cioè, se quasi il 33% degli italiani votano un partito che si definisce “oltre la sinistra e oltre la destra”, e se il partito plurale per eccellenza, Il Pd, subisce una debacle di dimensione epocale, forse è arrivato anche il momento per riscoprire, seppur aggiornandole, le culture politiche del passato. Intendo quelle culture politiche costituzionali che hanno contribuito alla costruzione e al consolidamento della nostra democrazia. E questo non per un richiamo del passato o, peggio ancora, per una tentazione nostalgica. Ma per la semplice ragione che solo attraverso la riscoperta delle nostre radici culturali sarà possibile ridare dignità e qualità alla stessa politica. Uscendo dagli slogan, dalla pura demagogia e dal becero qualunquismo in cui siamo precipitati. A cominciare, appunto, dalla riscoperta della cultura “popolare di ispirazione cristiana”. Tocca ai cattolici democratici, ai cattolici popolari e ai cattolici sociali contemporanei il compito di non contribuire, seppur inconsapevolmente, ad archiviare un pezzo significativo della storia democratica del nostro paese. E questo non attraverso la riproposizione di un ennesimo partitino ma, al contrario, dando vita ad un movimento culturale che abbia come “ragione sociale” la riattualizzazione di un “pensiero” andato smarrito in questi anni di qualunquismo politico, di spietata personalizzazione della politica e di cancellazione radicale di tutto ciò che si richiamava al passato. Certo, poi verrà, e quasi sicuramente, il tempo della presenza politica organizzata. Del resto, le mode politiche nel nostro paese non durano a lungo. La stella renziana, per fermarsi al solo Pd, sembrava inarrestabile e
destinata a durare per almeno 20 anni. Dominava incontrastato il partito di riferimento e il paese. Nell’arco di un biennio questo dominio si è trasformato in un disastro elettorale prima e in una sconfitta storica e politica poi. Al punto che oggi in quel partito si parla già apertamente di “derenzizzazione”. E, come sempre capita in politica quando domina il contingente e il solo potere, i più scatenati in questa rimozione politica e personale sono proprio coloro che per 2/3 anni si spellavano le mani con un tifo da stadio in ogni pubblica occasione in cui appariva e parlava il “capo”. Ecco perché, forse, si tratta adesso di voltare pagina. Almeno da parte di coloro che non si sono mai rassegnati ad una semplice politica spettacolo e al partito del “capo” e, soprattutto, da parte di quelle persone che continuano a pensare che non esiste la politica senza un “pensiero”. Cioè senza una cultura politica di riferimento. Il tutto anche in un contesto dominato dal qualunquismo e dalla più squallida demagogia . Tocca, quindi, ai cattolici popolari e ai cattolici democratici adesso battere un colpo. E sono convinto che nelle prossime settimane partirà un segnale forse, coraggioso e determinato in questa direzione.
di Enzo Ghigo
Quando ero presidente della Regione, nel malaugurato caso di arresto di una persona da me nominata ai vertici di una importante società regionale, avrei tratto le mie conclusioni politiche. Mi sarei assunto la responsabilità di avere scelto una persona rivelatasi sbagliata: in politica anche le intuizioni errate costituiscono grave peccato. Che succederà ora, dopo l’arresto dell’ex presidente di FinPiemonte, scelto dalla Giunta di centrosinistra? Non oso immaginare cosa sarebbe accaduto se in questo guaio fosse incappato un governo regionale di centrodestra. Qui si parla dell’ammanco di milioni di euro di denaro pubblico, voglio ricordare che per molto meno – un paio di boxer verdi – il presidente Cota come Martin perse la cappa, con dosi abbondanti di gogna mediatica. Mi auguro che le attuali forze di opposizione in Regione ora facciano sentire la propria voce.
Il Partito Democratico ad un anno dalle elezioni regionali, a fronte di un centrodestra che ha già individuato un suo candidato, correva il rischio di rimanere aggrappato alla speranza di una ricandidatura di Sergio Chiamparino, ipotesi che peraltro l’interessato ha sempre smentito. Finalmente si comincia a discutere. E se il primo ad aver dato la propria disponibilità è un chirurgo di fama internazionale, una persona apprezzata e amata dai cittadini, un uomo di sinistra per il quale la politica ha sempre rappresentato un modo di stare nella società, allora dove sta il problema? Certo: bisogna ripartire dai programmi, dobbiamo capire quale coalizione costruire ma sappiano tutti bene che nel tempo della personalizzazione della politica quello che farà la differenza sarà il nome del candidato con il quale ci presenteremo ai cittadini piemontesi. E il Pd dovrebbe apprezzare il fatto che Mauro Salizzoni, come primo segno concreto della propria disponibilità, abbia scelto di candidarsi alle elezioni comunali di Ivrea. Una dimostrazione di serietà ed umiltà. Alla luce di quanto accaduto il 4 marzo, davvero il Pd pensa di potercela fare da solo alle prossime elezioni regionali? La scelta di persone che, come Mauro Salizzoni, decidono di avvicinarsi al Pd, non dovrebbe essere considerata come un’occasione per aprire una nuova fase, ristabilire un rapporto con mondi e settori della società, ritrovare sintonia con il pensare e il sentire dei piemontesi? Cosa serve per fare il Presidente della Regione? Credo serva l’onestà, la condivisione di valori ed orizzonti, la capacità organizzativa, il saper fare squadra, un livello culturale adeguato pur senza dover essere un premio Nobel, e, soprattutto la capacità di comprendere la società e le sue trasformazioni. Credo che Mauro Salizzoni corrisponda a questo profilo e così certamente altre donne e altri uomini che possono legittimamente aspirare a guidare il centrosinistra nella competizione elettorale. Diamo il benvenuto a Mauro Salizzoni. Sono certo che scoprirà che il Pd è migliore di quanto talvolta appare.
Sabato 7 Aprile alle ore 12 davanti all’ingresso del Campus Einaudi, Corso Regina Margherita 60, il movimento giovanile di Forza Italia ha organizzato un ritrovo di protesta contro il progetto dell’asilo nido gender all’interno dell’Università degli Studi di Torino.
“Da quanto abbiamo appreso all’interno dell’Università degli Studi di Torino sta per nascere un primo progetto di scuola dell’infanzia senza bambina e bambino, dove non si useranno più i grembiuli azzurri o rosa e dove la così detta “educazione alle differenze” sarà la regola educativa – esordisce Tommaso Varaldo, coordinatore del movimento giovanile di Forza Italia a Torino – E’ una notizia allarmante e chiediamo al Sindaco e all’Assessore competente maggiore chiarezza su questo progetto. Questa struttura accoglierà i bambini di età compresa tra i tre mesi e i tre anni, una fascia di età all’interno della quale le figure di riferimento per i bambini sono gli insegnanti e i genitori. L’indirizzo educativo è prezioso e molto delicato” “Siamo pronti a sostenere proposte a sostegno della famiglia e della natalità, progetti che possano dar vita a nuove strutture per accogliere i tantissimi bambini che ad oggi non hanno accesso alle strutture per mancanza di posti e assurde graduatorie, iniziative volte ad avviare percorsi capaci di sanare le problematiche mondo del lavoro-maternità. Ma non siamo disponibili – conclude Varaldo – a mettere in alcun modo in discussione la famiglia, le figure dalla mamma e del papà, le naturali ed oggettive differenze tra le bambine e i bambini”
Una scelta che significa mancato rispetto del lutto, che prescinde dalle decisioni della Capigruppo e che di fatto scavalca il Presidente del Consiglio Comunale
Condivido senza mezzi termini le parole del Presidente della Circoscrizione I, Massimo Guerrini. La Sindaca ignora le giuste e sensate scelte della Capigruppo (e di fatto fa suo un evento che, come tutte le inaugurazioni, dovrebbe essere appannaggio del Consiglio Comunale). Avremmo ritenuto più opportuno e delicato attendere, nel rispetto del lutto e dei familiari della ragazza che ha perso la vita. Ma evidentemente altri ragionamenti hanno avuto la meglio. Ci troviamo di fronte all’ennesima caduta di stile di una Sindaca per la quale, ancora una volta, la visibilità sembra essere una priorità più urgente rispetto al bene della città. Esprimo inoltre il mio imbarazzo per il Presidente del Consiglio Comunale, che – non mi sfugge – si è visto scavalcato dal Gabinetto della sua stessa Sindaca.
Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale