POLITICA- Pagina 558

Proiezione Italia, assemblea generale

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Proiezione Italia, partito che intende la politica come “servizio civile” per il Paese, è focalizzato sui bisogni e sulla crescita

l’Assemblea Generale sarà l’occasione per presentare il modello e alcuni esempi concreti che permetteranno di analizzare le problematiche e le soluzioni alle principali tematiche e sfide che il nostro Paese dovrà affrontare: occupazione, tutela ambientale, sicurezza.  Per reperire le risorse necessarie e garantire un’economia in espansione, il turismo costituisce la nostra prima scelta. Durante l’Assemblea saranno presentati alcuni progetti in cui il turismo rappresenta l’elemento trainante nella crescita del Paese, nel rispetto dell’ambiente a tutela dei nostri asset e della qualità della vita. Osserveremo la rinascita di un antico borgo italiano, parleremo di inquinamento e di possibili soluzioni, di turismo slow, di biomateriali, auto a guida autonoma, dei recenti fatti di cronaca legati agli incendi nei depositi trattamento rifiuti e di sicurezza.

Grimaldi (SI-LeU): “Per la fecondazione assistita il Piemonte comprerà ovociti dall’estero”

“La storia di una giovane coppia dà voce a chi attende da anni una risposta dalla Sanità”

 

L’Assessore Saitta ha risposto all’interrogazione urgente del consigliere di LeU Marco Grimaldi su un caso di negazione dell’accesso e della copertura, da parte della Sanità Piemontese, per un intervento di fecondazione eterologa.

 

Marta e Giulio sono i nomi fittizi di una giovane coppia accomunata da una disabilità che, nel caso della donna, si accompagna a una patologia, la sindrome di Turner (ovaie nastriformi senza follicoli antrali), la quale non le consente di affrontare una gravidanza. La coppia ha dunque deciso di ricorrere alla fecondazione eterologa.

 

In Piemonte, tuttavia, non ci sono al momento centri pubblici che pratichino questo tipo di trattamento, a causa della mancanza di donatrici e donatori (i centri sarebbero il Sant’Anna di Torino, il Maria Vittoria di Torino e l’ospedale di Fossano). Nell’Italia centro settentrionale vi sono 2 o 3 centri con liste d’attesa chiuse e l’esiguità dei centri in tutta Italia ha come conseguenza liste d’attesa molto lunghe.

 

La scelta quasi obbligata della coppia è stata dunque quella di recarsi all’estero, presso il Centro FIV di Marbella, dove la presenza di una donatrice dedicata ha consentito ai coniugi di perseguire il loro obiettivo. La fecondazione eterologa è costata loro complessivamente 13mila euro.

 

Tuttavia, l’AslTO 5 ha rifiutato di coprire anche solo parzialmente questa spesa. L’Azienda sanitaria ha allegato la relazione del Centro di Riferimento Regionale per l’autorizzazione per cure all’estero del Sant’Anna, nella quale si adducono le motivazioni del diniego: in Italia è possibile fruire dell’eterologa fino a 43 anni e dunque la paziente “ha un sufficiente numero di anni per poter accedere alle prestazioni offerte da Ospedali italiani” che pratichino la fecondazione eterologa con donazione di ovociti; pertanto la prestazione sarebbe fruibile “in tempi sostenibili” per la richiedente.

 

L’Assessore ha aperto alle richieste del Capogruppo Grimaldi, dichiarando che da subito il Comitato Tecnico Scientifico per la PMA lavorerà per studiare le soluzioni messe in pratica da altri centri italiani (Toscana e Friuli) per l’approvvigionamento di gameti all’estero.

 

“Trovo inaccettabile la risposta data alla coppia: potete tranquillamente aspettare fino ai 43 anni, come se non fosse ovvio che per una donna, a maggior ragione se affetta da una patologia, con lo scorrere degli anni una gravidanza diventa sempre più difficile” – ha ribadito in aula il Segretario di Sinistra Italiana Grimaldi. – “Questa storia ha però almeno dato voce a chi attende da anni una risposta dalla Sanità e ha provocato una reazione positiva: il Piemonte comprerà ovociti dall’estero.

Come diciamo da tempo” – prosegue Grimaldi – “in assenza di un reale sostegno anche economico per le donatrici, non saremo mai nelle condizioni di garantire di fatto a una coppia di avere un figlio attraverso la fecondazione eterologa. Oggi si apre una nuova stagione, speriamo che presto si esca dall’ipocrisia e si arrivi anche a campagne di sensibilizzazione e supporto per le donatrici e i donatori in Italia”.

 

Cattolici tra pensiero, azione e classe dirigente

Di Giorgio Merlo

Pensiero, azione e classe dirigente. Sono questi i 3 grandi appuntamenti che attendono oggi un rinnovato protagonismo politico dei cattolici democratici e dei cattolici popolari. 3 ingredienti che sono legati in modo inscindibile perché una presenza politica più incisiva non può e non deve prescindere da una nuova e qualificata costruzione di un pensiero; dalla capacità di saperla declinare con una feconda iniziativa politica; e, soprattutto, attraverso una casse dirigente che non si riduca ad essere una stanca riedizione dei “nominati” ormai tristemente famosi con le candidature imposte dall’alto dai vari capi partito. Ecco, solo con questi 3 tasselli sarà possibile qualificare l’area cattolica italiana nel momento in cui si appresta a considerare la politica non più come una dimensione importante ma lontana dalle proprie ambizioni e dai propri interessi ma, al contrario, come un terreno che va arato, frequentato e possibilmente cambiato. Non è un caso, del resto, che proprio dopo il voto del 4 marzo sta crescendo nel mondo un po’ elitario, ma comunque autorevole, dei commentatori e dei grandi opinionisti la necessità di ridare voce, fiducia e credibilità alla cultura che comunemente viene definita come cattolicesimo politico. Certo, una cultura che è stata credibile nel passato e che sarà credibile nel futuro solo se sarà capace di unire quei 3 elementi in un comune progetto politico. Non è un caso che la migliore stagione dei cattolici democratici nel nostro paese e’ sempre coincisa con l’autorevolezza di una classe dirigente che dispiegava un progetto politico attraverso una proposta capace di guidare i processi della società in quel determinato momento storico. Così è stato durante la fase che ha preceduto la nascita e il decollo della Democrazia Cristiana con il codice di Camaldoli; così con il centrismo degasperiano e la guida del paese in una fase drammatica; così con l’apertura e la stagione del primo centro sinistra di marca morotea; così durante la fase della solidarietà nazionale e così anche per la stagione controversa del’Ulivo. Dopodiché quel filone culturale ha iniziato a convivere con una stagione di progressivo indebolimento con l’esperienza del Partito democratico per poi scomparire del tutto con l’arrivo della gestione renziana del partito. Sul fronte del centro destra e dei 5 stelle il problema non si è quasi mai posto perché non rientra nell’interesse politico di quei due schieramenti. Il cosiddetto “centro”, purtroppo, non è mai riuscito a decollare come luogo politico capace di saper incidere nei rispettivi schieramenti o come soggetto autonomo. Oggi, dopo un voto che ha confermato un confronto tra opposti populismi e con culture politiche che prescindono radicalmente da qualsiasi riferimento al passato politico ed ideale del nostro paese e con scarsa, se non nulla, capacità di governo e di costruire alleanze, forse è arrivato il momento di invertire la rotta e di recuperare elementi e e metodi che per troppo tempo sono stati archiviati. Le mode tramontano rapidamente quando la politica langue. Adesso crescono gli inviti, interessati e singolari nonché curiosi, di commentatori notoriamente poco generosi nei confronti del cattolicesimo politico e di quello che ha rappresentato nel nostro paese, di “ridiscendere” nuovamente in campo da protagonisti. Al di là di questi “inviti” troppo interessati e speculari, c’è comunque il dovere morale, politico e culturale dei cattolici democratici e dei cattolici popolari di raccogliere un invito che si fa sempre più pressante. Soprattutto quando parte dalle file di quel mondo. In modo disinteressato e convincente una risposta comunque la si deve dare. Gli esempi e i modelli non mancano. E’ appena sufficiente non archiviare la storia concreta e vissuta del nostro paese per non commettere ulteriori errori.

PETIZIONE AL CONSIGLIO COMUNALE: SOSTA GRATUITA PER GLI STUDENTI DEL CAMPUS EINAUDI

Il movimento giovanile di Forza Italia ha avviato una raccolta firme per presentare una petizione al Consiglio Comunale di Torino per l’istituzione di permessi di sosta gratuiti per gli studenti del Campus “Luigi Einaudi” nell’area adiacente il polo universitario. I tre firmatari presentatori della petizione sono la Senatrice di Forza Italia Maria Rizzotti, il Coordinatore del movimento giovanile di Torino e Provincia Tommaso Varaldo e il Responsabile del comparto universitario torinese di Forza Italia Giovani Simone Massarenti. “L’attuale offerta di trasporto pubblico non garantisce un adeguato collegamento tra la sede universitaria e le due principali stazioni ferroviarie della città e le tariffe del’attuale sistema di sosta nell’area adiacente il Campus universitario “Luigi Einaudi” è oneroso e speculativo – esordisce Tommaso Varaldo, coordinatore del movimento giovanile di Forza Italia per la città di Torino – La tariffa oraria di 1 euro è uno “spot elettorale”, poiché la permanenza media di uno studente con impegno full-time all’interno della suddetta sede è di circa 8 ore (apertura aule studio e biblioteca ore 8:30, chiusura ore 19:30); ciò costringe conseguentemente lo studente che raggiunge il Campus con un proprio mezzo a sottoscrivere un abbonamento oppure ad acquistare un carnet settimanale, con costi che oscillano fino ad arrivare ai 70 euro per un abbonamento mensile. Un’ulteriore “tassa” a carico dello studente che si aggiunge al già oneroso impegno economico che gli universitari di Torino devono sobbarcarsi lungo il periodo di studi e, per chi proviene da fuori Torino, risulta essere un ulteriore disservizio che va ad aggiungersi alla scarsa efficienza dei servizi pubblici, da ottobre scorso addirittura soppressi nel caso della linea che collegava il Campus con la stazione Porta Susa”.“Con questa petizione chiediamo – conclude Varaldo – l’istituzione di un permesso di sosta gratuito per gli studenti, regolarmente iscritti a uno dei corsi di studio previsti dai tre dipartimenti presenti al Campus Einaudi, all’interno dell’area denominata sottozona E2. Tale esenzione potrà essere regolamentata mediante la creazione di un tagliando identificativo per ogni studente immatricolato che ne faccia formale richiesta, da esporre sul veicolo in sosta.”

 

FinPiemonte e i controlli della politica

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto

E’ difficile capire come sia possibile far “sparire” 11 milioni di euro e nessuno che se ne sia accorto. I bilanci sono stati approvati, certificati e revisionati. Prima dell’arrivo di Ambrosini tutto regolare. Una mia esperienza personale: 12 anni fa sono stato nominato amministratore delegato della Soprim, società controllata da FinPiemonte. Venni scelto dalla presidente Mercedes Bresso. Il presidente di FinPiemonte, Prof Mario Calderini, mi propose al cda. Un consigliere che mi conosceva obiettò: “nulla in contrario sulla persona, ma mi risulti essere presidente di una cooperativa. E’ incompatibile”. Mi dimisi e presentai il mio nuovo curriculum. Solo a questo punto venni eletto consigliere  Soprim e nominato amministratore delegato con poteri di firma cointestati con il presidente della società. Ogni mese ci riunivamo verbalizzando le riunioni che approvavamo la seduta successiva. Partecipavano a tutte le sedute i sindaci che ogni tre mesi verificavano prima nota ed atti amministrativi. A fine anno l’atto notarile per la vendita di un’ area edificabile industriale nel Torinese. L’impresa che voleva firmare avrebbe voluto saldare con assegni non circolari, beneficiando di agevolazioni fiscali firmando entro dicembre. Io mi rifiutai,  visto che gli assegni normali non garantiscono. Un mese dopo avremmo firmato. Sia i sindaci che gli amministratori, resi edotti del mio operato, lo approvarono, e nella relazione di bilancio fu annotato  tutto. Poi FinPiemonte si scorporò tra FinPiemonte finanziaria e FinPiemonte partecipate . FinPiemonte chiese autorizzazione a Banca d’ Italia di diventare Banca. Autorizzazione concessa.

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Oggi 11 milioni di euro l’ammanco, 5 derivati da operazioni finanziarie sbagliate riconducibili alla società intenzionale con sede in Svizzera. Qui la prima domanda: perché FinPiemonte non ha agito in proprio? Secondo, scrivono i giornali che sono stati trasferiti 50 milioni a questa finanziaria e Fabrizio Gatti non aveva i poteri di trasferite queste cifre. Terzo. 6 milioni sono stati pagati dalla finanziaria ad una società in liquidazione, Fabrizio Gatti liquidatore. Il bonifico richiesto ed autorizzato da Torino con firma del presidente che ora sostiene non essere la sua firma. Se ho capito bene della copia di questo bonifico non c’è  traccia a Torino  ma è esibita dagli svizzeri.  Stefano Ambrosini diventato presidente scopre il tutto denunciando anche in procura. E’ stato anche consulente di Gem, società beneficiaria dei 6 milioni . Società che ha gravitato nell’ area di un importante gruppo piemontese che si occupa del sistema autostradale piemontese. E’ noto che Fabrizio Gatti ha ventennali rapporti con questo gruppo. Ambrosini precisa che per la consulenza ha delegato un suo collega e di avere avuto una fattiva collaborazione dalla direttrice di FinPiemonte. Sembrerebbe comunque che il ventennale rapporto tra Gatti ed il gruppo si intersechi con il suo ruolo di presidente e prima di vicepresidente. Ora si difende sostenendo che le firme sul bonifico non sono sue e stabilirlo é compito della Magistratura.   E l’oggetto del contendere è la natura di queste firme . Siamo di fronte a rapporti consolidati nel tempo, almeno ventennali.  Gatti fu nominato dalla giunta Cota sicuramente su proposta del Gruppo regionale del PD, capogruppo Aldo Reschigna che ora è vice di Chiamparino.  Le dimissioni di Massimo Feira hanno fatto il resto e Chiampa conferma Gatti.  La domanda viene spontanea: solo nel mio caso si è posto il problema dell’incompatibilità? Ovviamente non è personale la considerazione ma penso che nel caso Finpiemonte  sia mancata  non solo una verifica sull’operato ma pure una verifica sulle compatibilità dei ruoli. Penso anche che le attuali polemiche in Consiglio regionale siano sterili e strumentali. E penso che la politica ed i politici nel dettare e decidere nuove regole debbano usare – se fino ad oggi non è accaduto – strumenti idonei di verifica.

+EUROPA CON EMMA BONINO” RIPARTE DA TORINO

Domenica 15 aprile, dalle ore 15.30 alle 19.00, a Torino, presso +SpazioQuattro, in via Saccarelli 18, pressi piazza Statuto, si riparte con “+EUROPA in Piemonte; +PIEMONTE in Europa“. Un appuntamento aperto a tutti, dove si può intervenire e parlare, per confrontarsi insieme sul futuro. Una assemblea regionale per parlare anche delle prossime scadenze elettorali.

Igor Boni, tra i promotori dell’iniziativa, ha dichiarato: “Nel disastro che ogni giorno è più vicino serve +Europa o chiudersi nelle piccole logiche opportunistiche di 27/28 staterelli? Noi lottiamo per la federazione europea perché in Ucraina, in Siria, nella gestione delle migrazioni, nelle politiche di sicurezza, nelle politiche del lavoro e del welfare, senza gli Stati Uniti d’Europa ci sarà solo quel che i nostri nonni purtroppo hanno già visto. Aiutaci a far crescere il progetto “+EUROPA con Emma Bonino” che abbiamo presentato alle scorse elezioni politiche e che in Piemonte ha superato la soglia del 4% e a Torino ha raggiunto il 6,6%. Un progetto che nasce con lo scopo di contrastare lo tsunami di odio, chiusura e sovranismo che si sta abbattendo su di noi, per aprire le porte a un Piemonte, un’Italia, un’Europa, un Mondo +Democratico+Tollerante+Umano+Libero. Vogliamo far vincere la speranza contro le illusioni e le paure. Non abbiamo la minima intenzione di fermarci perché gli Stati Uniti d’Europa sono il futuro di pace che auspichiamo; il Piemonte e Torino devono essere protagonisti in Europa e non possono permettersi di chiudersi nei propri confini”.

 

Di nuovo al voto?

L’Italia è come un malato terminale che non sa di esserlo e non si cura, oppure, sapendolo, ci rinuncia perché tanto tutto è inutile.

Veniamo ai giorni nostri e alle discussioni sul nuovo governo.Ricordo un brillante avvocato albese, ma altrettanto ironico che ad un suo cliente, che gli poneva una domanda stravagante, rispose : “bravo pirla”. L’avvocato non esercita più da alcuni anni, ma la sua frase, a me che cominciavo la professione   (poi abbandonata) rimase impressa, tanto che me la ricordo ancora adesso. L’altro giorno ho sentito uno sfegatato di politica dire la sua: torniamo al voto. Anche a lui si potrebbe rispondere utilizzando le stesse parole; ma a che servirebbero nuove elezioni, se non per arrivare alle stesse conclusioni?. La soluzione possibile sarebbe solo con una nuova legge elettorale che desse a chi vince, anche in termini relativi, la possibilità di governare (bene) senza alleanze, per esempio, anche con lo scarto   di un solo voto. Torniamo a voti ottenuti nelle elezioni appena trascorse. Per i Cinque stelle, forse, i voti sarebbero stati minori, ma è anche vero che chi non li ha votati si è spaventato di un programma tanto mirabolante. Per il Centro destra, invece, i voti sono stati condizionati da un Silvio Berlusconi che non ammalia più, mentre per il PD perché il risultato è stato addirittura migliore delle previsioni perché Matteo Renzi non si è fatto mancare niente per affossarlo. Eppure è stato il politico al quale gli italiani avevano dato un consenso immenso, successivamente sprecato e fautore di una riforma costituzionale, idealmente giusta, che è stata farcita da incongruenze vistose che l’hanno resa invisa alla Gente. Nel frattempo, gli italiani hanno smesso di votarsi a Sant’Arcore, ma anche a Santa Maria Goretti. In attesa che spunti qualche altro santo, gli italiani dovrebbero farsi un esame di coscienza (come per la 104 che è una legge giusta applicata in modo insano, incivile e scandaloso). Se gli italiani sono questi, i politici possono essere meglio? Ebbene sì, i politici, gli imprenditori dovrebbero dare l’esempio di equità, lungimiranza, di buona fede e correttezza e di meno furbizia. Come diceva Eleanor Roosevelt, “le grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone”. Se invece l’obiettivo è giocare al più furbo, come si uscirà dalla crisi che ci attanaglia e sta portando all’estinzione dell’Italia? C’è speranza? Concludiamo con un inno alla vita, facendo nostro l’aforisma di Karl Barth: “nessuno può tornare indietro e incominciare un nuovo inizio, ma chiunque può partire oggi e creare un nuovo finale”. Auguri Italia!

 

Tommaso Lo Russo

 

Io, ex comunista (dalla parte di Silvio) nell’era degli apprendisti stregoni

Bertolt Brecht scriveva: beati quei popoli che non hanno bisogno di eroi. Noi popolo italiano ora abbiamo bisogno di eroi. Moderni e magari non con grande carisma, eroi moderni, eroi pacati ma pur sempre eroi. Dopo le consultazioni ci possiamo solo appellare al nostro presidente Mattarella. Sperabile che ” tiri fuori dal cilindro il coniglio” per poter fare questo governo. Le nuove elezioni riprodurrebbero una situazione di stallo come l’attuale. Vero che l insieme delle forze politiche non sta dando il meglio di sé… ammesso e non concesso che ci sia, questo meglio. Ora da ex comunista, da chi non ha mai votato e forse non voterà mai Forza Italia, io sto dalla parte di Silvio Berlusconi. Proprio cosi. Le sentenze che lo riguardano non gli impediscono di fare politica. Gli impediscono d essere eletto. E’ un’ altra cosa: non hanno puntato il fucile in testa agli italiani che lo hanno votato. Anche io, se per questo, non capisco quel 33 percento di italiani che vorrebbero Di Maio presidente del Consiglio. Ruolo destinato a chi “conosce” e Di Maio è molto famoso per non conoscere e non sapere. Non sapere di storia, di geografia e di grammatica. Ma e stato votato, tant’è. I pentastellati rischiano di buttate via questa loro maggioranza relativa, questa loro vittoria.  Liberissimi di fare accordi con chiunque ma ricordiamo che per sposarsi si deve essere in due per separarsi é sufficiente uno. La maggiore sfortuna e probabilmente il maggiore limite di Matteo Renzi è di essere un uomo politico non includente, di non accettare mediazioni. O si fa come dico io o tutti a casa. Appunto, é avvenuto questo e il Pd è passato da partito di governo a partito – almeno per ora – di non opposizione, dimezzando i voti in percentuale ed in valore assoluto. Qui non contano le diversità politiche. Fare politica, questo manca. Un sospetto: magari è voluto? Credo di no. Peggio, molto peggio, gli apprendisti stregoni colpiscono ancora. E un conto è far ridere la gente, un altro governare il paese. Prevedo le possibili critiche. La gente avendone le scatole piene ha votato Salvini e Di Maio  e la pochezza di Renzi ha reso tutto possibile. Verissimo. Sottoscrivo pienamente. E poi? Sempre un governo  si deve fare. Proprio perché è inutile rivotare. Ecco che ora abbiamo bisogno di eroi. Abbiamo bisogno di Mattarella.

Patrizio Tosetto

Popolari, ora si scenda in campo

di Giorgio Merlo

Cresce il dibattito, e soprattutto la domanda, sul perché i cattolici democratici e i cattolici popolari siano di fatto scomparsi dalla geografia politica italiana dopo il voto del 4 marzo. Ma quello che incuriosisce maggiormente non sono le riflessioni che arrivano dall’area cattolica – il che è abbastanza naturale se non addirittura scontato – quanto dal mondo laico e culturalmente più lontano dalla galassia cattolica. Commentatori autorevoli, politologi di rango e opinionisti prestigiosi sostengono apertamente che senza una ripresa della “cultura di centro” da un lato e, soprattutto, senza un ritorno di una autorevole e qualificata classe dirigente cattolico democratica dall’altra la deriva autoritaria e qualunquistica della nostra democrazia e’ dietro l’angolo. Certo, il tutto avviene dimenticando che abbiamo ascoltato per anni la stanca litania della bontà e soprattutto della utilità della scomparsa del centro a favore della nuova religione bipolare che avrebbe dovuto bonificare il paese dal consociativismo e dall’ingovernabilita’. Come sia finita concretamente la situazione è sotto gli occhi di tutti. Ora, pero’, per tornare alla riflessione iniziale, e’ indubbio che il voto del 4 marzo ha cambiato profondamente la geografia politica italiana. Se da un lato occorre prendere atto che ci troviamo di fronte ad un nuovo bipolarismo, seppur definito “bipopulista”, dall’altro e’ indubbio che questo voto ha segnato la fine, almeno per il momento, della stagione dei “partiti plurali” da un lato e, come evidente, delle correnti cosiddette “identitarie” all’interno di quegli stessi partiti. La secca sconfitta politica ed elettorale del Partito democratico e il superamento di quella concezione di partito plurale che l’aveva più o meno caratterizzato – anche se con la gestione Renzi era diventato a tutti gli effetti un “partito personale” o “partito del capo” – spinge sempre di più quel campo politico adesso a riscoprire le ragioni della sinistra. Sinistra moderna, post ideologica e di governo ma sempre e comunque di sinistra. E il superamento dei partiti plurali si trascina dietro anche l’archiviazione definiva delle correnti o delle aree organizzate all’interno degli attuali partiti. Che ormai sono diventati a tutti gli effetti partiti personali, senza una precisa cultura politica e legati quasi esclusivamente alle fortune del “capo” di turno. Ecco perché sorge, allora, quasi spontanea la domanda: e cioè, se la destra ritorna forte e protagonista, se la sinistra – pur tra mille difficoltà e contraddizioni – si dovrà rimettere in cammino, se l’ideologia populista si sta affermando sempre di più, e’ gioco forza che anche una storica e significativa cultura politica che ha accompagnato lo sviluppo e il consolidamento della nostra democrazia come il cattolicesimo politico italiano si riorganizzi e ritorni in campo. Laicamente e senza arroganza ma con la consapevolezza che questo filone ideale non può più limitarsi a giocare un ruolo puramente testimoniale e politicamente periferico e marginale. Serve, cioè, riaffermare una presenza politica, culturale e programmatica che sappia dar voce e rappresentanza ad un mondo che e’ politicamente afono e che, soprattutto, oggi non è più rappresentato. Certo, e’ un mondo che vota, seppur stancamente e quasi con inerzia, i vari protagonisti in campo ma senza entusiasmo e senza convinzione. Ma per poter rispondere adeguatamente a questa domanda sono necessari alcuni elementi di fondo: va promossa una feconda seminagione culturale, va affinato un “pensiero” e, soprattutto, va favorito un processo di ricomposizione e di riaggregazione dell’area cattolico democratico, cattolico popolare e cattolico sociale attraverso il filo comune di una cultura e di un progetto di società aperti a tutti e capace di assecondare e costruire un vero “bene comune”. Solo cosi’ sara’ possibile rispondere a quella domanda iniziale sulla necessita’ di far ritornare in campo, nell’attuale situazione politica italiana, del pensiero popolare di ispirazione cristiana.

Sapere è potere. Quando c’erano i partiti e la politica

Raffronti tra la realtà politica del 1976 e quella attuale. Similitudini: instabilità politica e crisi economica. Finite le similitudini. Tante le diversità. A cominciare dai partiti e dai politici. Allora i partiti esistevano con regole interne . Chi più chi meno ma, appunto esistevano. E poi si correlavano tra loro. Erano un sistema. Sia ben chiaro, erano pieni di difetti. Clientelismo o centralismo democratico erano premessa di voto di scambio o di mancanza di democrazia. Nel Pci erano vietate le correnti. Negli altri le correnti come elementi fondanti. Ex democristiani scrivono tra ricordo e rimpianto sulla storia della Dc. Ex socialisti sul Psi, come ex comunisti sul Pci rimpiangendo e orgogliosamente rivendicano ciò che è stato. Ma confrontare Andreotti, Moro, Craxi, Spadolini o Berlinguer come Ingrao con Renzi, Salvini, Di Maio Berlusconi appare una “bestemmia”. Sacro e profano. Quando fu rapito Aldo Moro votarono il secondo governo Andreotti. Secondo perché il PCI mise in crisi il governo delle astensioni.  I terroristi rossi “portavano l’attacco al cuore dello Stato” ed  Enrico Berlinquer non ebbe esitazione nel votate a favore. Prima volta nella storia repubblicana dopo il ’46. Stragismo fascista e terrorismo rosso erano nemici delle istituzioni. Lo stato borghese si abbatte e non si cambia: stupidaggini pericolosissime. Ed ora desidero raccontarvi come un giovane comunista ha partecipato al congresso della Dc, ovviamente come invitato. Debbo l invito ad una carissima amica giovane democristiana. Siamo nel 1979. Collaboravamo con la  Consulta giovanile del Comune di Torino. Iscritto a Palazzo Nuovo, esame con Gian Mario Bravo. Storia delle dottrine politiche. Pci e Dc a confronto sulle reciproche dialettiche interne. Contrasti tra il centro e le periferie. Nel Pci sempre si affermava il centro. Nella dc esattamente il contrario. Con Donatella mi ero lamentato di non trovare materiale idoneo sulla Dc. Subito mi disse: se riesco a trovarti un invito vieni al congresso nazionale? Assolutamente si. Lei era della corrente di sinistra. Dopo Carlo Donat-Cattin Bodrato e Zaccagnini erano stati i suoi punti di  riferimento. Dunque Roma, pala Eur. Tacquino alla fine fitto d appunti. Un solo indicativo aneddoto. Donatella delegata mi porge un piccolo cannocchiale. Osserva Giulio Andreotti. In tribuna stava scrivendo per il suo intervento. Un delegato voleva parlargli. Lo fece spostare d’orecchio. Voleva sentire chi stava parlando al microfono.
Metto a fuoco e osservo: sta leggendo, scrive e sente in contemporanea due persone. Accidenti, ma è sempre cosi? Sì,  sempre così. Pensa: dorme solo tre ore per notte. Ho assistito a qualcosa di eccezionale. E ho capito la differenza tra avversario politico e nemico politico. Poco più di un anno prima era stato ucciso Aldo Moro.  Massacrata la sua scorta. Prima di quel congresso la Dc e Giulio Andreotti erano nel mio immaginario sopratutto uomini di potere.  Con qualche eccezione, come Benigno Zaccagnigni o Tina Anselmi. Finalmente capivo che erano uomini e donne come eravamo e sono stati nel partito comunista come negli altrui partiti. Che il giusto o l’ingiusto sta in ogni dove.Conoscevo e attraverso la conoscenza imparavo il valore della tolleranza instillando in me il valore del dubbio. Oltre che affrontare l’esame affrontavo facendoli miei questi valori. Crescevo anche in questo e maturavo. Maturità che non vedo oggi in questa classe politica e in parti di società civile. Chi da sinistra sponsorizza un accordo  tra i pentastellati e Pd parla con ammirazione di come si è comportato Enrico Berlinguer nel 1976. Assoluta stima verso il capo del PCI. E’ noto che non agiva ” in un deserto politico”: gli interlocutori erano insomma all’altezza. Sia ben chiaro, ripeto,  non tutto era lineare. Non tutto era perfetto.  Ma sapevano da dove provenivano e dove volevano andare. Discussioni e conflitti. E il conflitto e la contraddizione trovano la sintesi, che per dirla alla Hegel (scuserete la erudita citazione) sintesi come tesi arricchita dalla antitesi.  Non mi sbaglio se sostengo che la media dei parlamentari o senatori non conosce l’esistenza del filosofo idealista tedesco. Mentre sono certissimo che la media dei parlamentari e senatori di una volta la conosceva. Sapere, come si diceva una volta,  è potere.
Patrizio Tosetto