“Ho partecipato in primis come cittadina poi come rappresentante del territorio a fianco delle istituzioni locali e delle migliaia di persone alla manifestazione di Mazzè per dire NO al deposito unico nazionale, in vista del seminario che dovrà svolgersi dal 15 al 17 novembre per il Piemonte. Durante le analisi compiute da tecnici e professionisti del Politecnico e dell’università di Torino sono emerse grandi criticità sul territorio del chivassese, basso canavese e carmagnolese che allertano ancora di più sui metodi di individuazione da parte di Sogin, l’ente preposto. Oltre a seguire da tempo in Parlamento la vicenda e ad aver discusso anche mozioni ed interrogazioni, ho predisposto un emendamento da depositare in legge di bilancio al Senato, che prevede dei ristori pari alla quota che ogni comune interessato dalla Cnapi ha dovuto sostenere da gennaio, cioè dalla desecretazione delle carte, fino a dicembre. Si tratta di spese aggiuntive che sono piovute improvvisamente addosso alle amministrazioni e che impattano parecchio sul bilancio di piccoli comuni. Mi sembrava corretto prevedere una norma che agisse a livello nazionale, dal momento che gli enti locali interessati sono dislocati su diverse regioni. Questo emendamento voglio che diventi trasversale e lo cederò volentieri alla maggioranza, l’obiettivo è che venga recepito, essendo una proposta necessaria e di buon senso”. Così in una nota la deputata torinese Jessica Costanzo.
“Il problema degli ungulati è ormai noto alle cronache nazionali.
Le notizie della loro indisturbata presenza, anche nelle città, fanno clamore, ma rappresentano solo parte di una cronaca quotidiana che coinvolge tutta la popolazione. Il settore agricolo, infatti, è in estrema difficoltà a causa dei danni provocati e gli incidenti stradali causati dall’attraversamento dei selvatici sono diventati ormai, purtroppo, una consuetudine” spiega il Consigliere regionale del Partito Democratico Domenico Ravetti.
“La tutela economica e la sicurezza dei cittadini sono i piani su cui vanno poste le soluzioni al problema – prosegue Ravetti – e l’esito del recente confronto tra Governo e Regioni, durante il quale sono stati proposti interventi per arginare la proliferazione della fauna selvatica, in particolare dei cinghiali, mi sembra un punto di partenza anche se parziale e, in alcuni versanti, non del tutto convincente”.
“Se le soluzioni – conclude il Consigliere regionale Pd – vengono ricercate principalmente, ponendo attenzione all’uccisione degli animali e al ristoro assicurativo, senza concentrarsi abbastanza sulla rimozione delle cause che hanno determinato e determinano la proliferazione degli ungulati, il rischio che si corre è quello di non cambiare nulla”.
Guardia medica, interrogazione di Avetta (Pd)
Il consigliere ha presentato un’Interrogazione sulle criticità del servizio di Guardia Medica e sulle scelte della Regione che rischiano di penalizzare gli abitanti delle valli.
«Sarebbe bene che alla retorica sulla centralità della montagna, delle terre alte, delle aree disagiate e dei piccoli comuni seguisse anche qualche azione concreta. Perché questa centralità, annunciata in ogni occasione dalla Giunta Cirio e della sua maggioranza, si registra solo nelle parole, non certo nelle politiche e negli atti concreti della Regione Piemonte. Lo conferma quanto sta avvenendo a proposito del servizio di Guardia Medica(continuità assistenziale). Un servizio prezioso per chi abita nelle valli. I medici hanno lanciato un allarme: c’è il rischio concreto che l’efficientamento di questo servizio si traduca nella sempre più radicale disaffezione dei medici di Guardia Medica, con le conseguenti ricadute negative per le nostre comunità, in particolare per quelle montane. L’accorpamento delle sedi risponde ad una logica precisa ma in certi territori – penso ad es. a Cuorgné e Castellamonte, alla chiusura della sede di Locana, etc.) – insieme alle altre condizioni evidenziate dai medici, rischia di trasformarsi in un pericoloso detonatore. Non c’è poi da stupirsi se è sempre più difficile trovare un medico disponibile ad affrontare tutte le difficoltà e i disagi che il servizio di Guardia Medica comporta. Per questo ho presentato un’Interrogazione chiedendo all’assessore alla Sanità Luigi Icardi di farci capire come pensa di ascoltare il grido d’allarme dei medici e di garantire l’assistenza sanitaria nelle valli, nei piccoli abitati e nelle frazioni. La medicina del territorio non basta invocarla, bisogna potenziarla. Nel caso della Guardia Medica le nobili intenzioni parrebbero smentite dai fatti».
“Anche oggi da Nord a Sud fioccano le denunce per i furbetti del reddito di cittadinanza. Solo ieri una maxi operazione dei Carabinieri, in cinque Regioni, ha scoperto 5mila irregolarità. Sono segnali, più che eloquenti, che sul reddito di cittadinanza occorre un’inversione di rotta e un più serrato controllo per evitare gli abusi ed individuare così chi soffre realmente un disagio sociale e ha bisogno di sostegno perché non può accedere al mondo del lavoro”. Lo afferma Daniela Ruffino, deputata di Coraggio Italia. “Il rischio se si continua così è che gli unici a pagare le conseguenze di questa continua speculazione politica sul reddito di cittadinanza siano i poveri. Vanno corrette le storture che da tempo il reddito di cittadinanza si trascina dietro. Non è possibile soprattutto che a beneficiare dei soldi pubblici siano mafiosi e criminali. Per scongiurare le truffe di chi non avrebbe diritto a percepire il reddito a causa di condanne penali e appartenenza a organizzazioni criminali sarebbe sufficiente mettere in collegamento la banca dati dell’Inps con quelle dei Ministeri di Giustizia e Interno”.
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
La Repubblica presidenziale o semi presidenziale non è la panacea di tutti i mali della democrazia parlamentare. Tutto dipende da chi è il presidente. Trump o Macron o Hollande non sono certo dei grandi esempi di presidenzialismo.

L’Aula ha approvato, su questo urgente tema, un mio Ordine del Giorno.
C’è in tutto il Paese carenza di queste fondamentali e imprescindibili figure istituzionali: particolarmente penalizzati i Comuni di piccole dimensioni (numerosissimi in Piemonte), per i quali è proibitivo trovare aspiranti candidati. Il mio atto impegna la Giunta a intervenire, facendo prorogare di ulteriori 12 mesi la possibilità per i Vice Segretari Comunali di assumerne le funzioni dei Segretari e intraprendendo iniziative presso i Ministeri competenti affinché siano velocizzate le procedure di reclutamento. Misure necessarie sono necessarie per evitare la paralisi di molte Amministrazioni Civiche.
Ci sono, su tutto il territorio nazionale, più Comuni che Segretari Comunali: un gap che il Decreto Prefettizio del settembre 2019 ha quantificato in quasi 2.000 unità e che tende ad aggravarsi, con i ritiri, di circa 200 unità ogni anno. Risultato: per i Comuni è difficile, difficilissimo, trovare candidati a ricoprire il fondamentale ruolo del Segretario. Una difficoltà che aumenta, evidentemente, per i Comuni di piccole dimensioni: la situazione è dunque particolarmente grave in Piemonte, dove i Comuni con meno di 5.000 abitanti sono più di mille.
Sul tema, un mio Ordine del Giorno è stato appena approvato a Palazzo Lascaris: un buon risultato e una bella vittoria. Il mio documento impegna la Giunta a intraprendere iniziative nei confronti dei Ministeri competenti per velocizzare le procedure di reclutamento dei Segretari Comunali. Con il mio atto ho chiesto inoltre una proroga di ulteriori 12 mesi della possibilità di affidare ai Vice Segretari, ove non sia possibile reperire un Segretario Comunale di ruolo, le funzioni di quest’ultimo. Tale soluzione è attualmente consentita per 12 mesi al massimo e solo a determinate condizioni di inquadramento, formazione e anzianità.
Avere in organico un Segretario Comunale è un obbligo previsto dalla normativa in vigore. La funzione svolta dal Segretario Comunale – che sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei Dirigenti e dei Responsabili, coordinando la loro attività così da consentire l’attuazione del programma amministrativo del Comune – è centrale ed essenziale per una corretta gestione delle attività dell’Ente Pubblico. Per molti Sindaci, la situazione è attualmente insostenibile. La normativa, peraltro, rende difficoltoso un riconoscimento anche economico dei maggiori oneri e delle più gravose responsabilità in carico ai Vice Segretari che svolgono le funzioni dei Segretari.
Silvio Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.
“Ma per le sfide climatiche che dobbiamo affrontare la timidezza e le deroghe non servono”.
«Di fronte alle sfide climatiche che abbiamo di fronte, quelle sfide che durante la Cop26 hanno fatto dire al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres che con i nostri comportamenti ci stiamo scavando le nostre stesse tombe, il concetto di deroga a un piano di salvaguardia delle acque semplicemente non dovrebbe esistere, eppure dai banchi della maggioranza le uniche modifiche al testo, in attesa di approvazione dal 2018, chiedevano proprio questo. Tutte le volte che deroghiamo a delle norme che non sono già delle più stringenti stiamo facendo un altro passo verso le tombe di cui ha parlato Guterres» – è questo il commento di Marco Grimaldi, capogruppo di Liberi Uguali Verdi in Regione.
«D’altronde – ricorda Grimaldi – a partire dal voto negativo al nostro atto di indirizzo che chiedeva di riconoscere l’emergenza climatica del Piemonte, la Giunta di destra non ha mai cambiato idea: continua a parlare di ‘maltempo’ invece di chiamarlo ‘cambiamento climatico’ e tratta l’acqua solo come elemento da inquinare – magari solo leggermente meno di prima – o da sfruttare. La fiducia nei loro confronti già molto bassa – conclude Grimaldi – si è esaurita. Certamente speravamo che il Piano di Tutela delle Acque fosse più coraggioso ma ora il nostro compito è quello di controllare che sia almeno attuato velocemente e che non resti in gran parte lettera morta come quello del 2007».
“Lo scorso settembre si è tenuto un Consiglio regionale straordinario dedicato alla grave crisi della ex Embraco, seduta richiesta e fortemente voluta dal Partito Democratico. Questo momento è stato utile per poterci confrontare con i soggetti interessati per cercare di comprendere quali possano essere le soluzioni per il futuro dei lavoratori e delle loro famiglie.
Su questa linea si colloca l’atto di indirizzo approvato dal Consiglio regionale, sintesi di diversi atti di indirizzo, con il quale chiediamo che Il Presidente Cirio e il Consiglio regionale si facciano promotori direttamente presso il Premier Mario Draghi di un nuovo tavolo di concertazione tra parti sociali, che possa affrontare efficacemente la questione prima della data limite del 22 gennaio, data in cui termineranno gli ammortizzatori sociali” e ancora “di sostenere dinanzi al MISE la richiesta dei sindacati per l’utilizzo di ciò che resta del fondo ESCROW verso quei lavoratori che decidono di trovare altra strada per il loro futuro e o per gli imprenditori che vogliono assumere del nuovo personale” in ultimo “di avviare attraverso l’Assessorato al lavoro della Regione Piemonte, un percorso di politiche attive per il lavoro per trovare soluzioni occupazionali per gli ex lavoratori Embraco” dichiara il Consigliere regionale del Partito Democratico Diego Sarno, primo firmatario di uno degli ordini del giorno su ex Embraco.
“Sulla vicenda ex Embraco Il Ministro Giorgetti – prosegue l’esponente dem – non ha portato avanti gli impegni presi, non è riuscito neanche a convocare il tavolo di concertazione. Quello del 23 di aprile infatti è stato prima convocato e poi immediatamente sconvocato senza avere successivamente alcun tipo di nuova calendarizzazione da parte sua, (ultimo tavolo a Roma risale al mese di novembre) a questo si aggiunge il fatto che, nei mesi scorsi, il Ministro abbia dichiarato non perseguibile la proposta Italcomp ha pesato come un macigno sul futuro di quasi 400 dipendenti. La crisi deve essere affrontata e risolta e riteniamo che debba partire dal Piemonte la richiesta di riaprire con il Governo un dialogo finalizzato a vagliare tutte le possibili ipotesi e a individuare finalmente una soluzione che tuteli il lavoro”.
“Italcomp rappresentava una soluzione – conclude Sarno – e il fatto che sia stata bocciata senza una proposta alternativa ci lascia sgomenti. Ecco perché ci uniamo ai lavoratori per chiedere al Mise un’alternativa chiara e definitiva”.
Cattolici, la riscoperta dei “maestri” del passato
Il sostanziale fallimento del populismo, anche se persistono purtroppo, e ancora, gli ultimi colpi di coda, dovrebbe cedere il passo ad una nuova stagione politica nel nostro paese.
Una stagione ancora tutta da costruire e da definire ma su un punto, almeno così pare, dovremmo essere abbastanza certi. E cioè, l’indebolimento, progressivo ed irreversibile, politico ed elettorale del partito di Grillo e di Conte è la precondizione essenziale per poter invertire la rotta. Del resto, il ritorno della politica, della competenza, dei partiti possibilmente democratici e collegiali – o di ciò che resta di loro ormai – della centralità dei programmi e, soprattutto, delle culture politiche possono avvenire solo se il populismo giustizialista, manettaro, qualunquista e anti politico scompare definitivamente dalla scena pubblica. Certo, non sarà un processo nè facile e nè rapido. Anche perchè, per fare un solo esempio concreto, il Pd individua ancora nei 5 stelle – il partito populista per eccellenza – l’alleato decisivo e strategico con cui costruire un futuro progressista, democratico e di governo.
Ora, però, c’è un elemento positivo ed incoraggiante che può contribuire a far svoltare la nostra storia politica. Per fermarsi alla sola tradizione cattolico popolare, cattolico democratica e cattolico sociale, c’è una profonda attenzione ed attivismo nel riscoprire e, soprattutto, nel riattualizzare il magistero politico, sociale, culturale ed istituzionale di uomini e donne che, con la loro azione, hanno condizionato e guidato per molto tempo i maggiori processi politici del nostro paese e della nostra democrazia. Da Carlo Donat-Cattin a Franco Marini, da Mino Martinazzoli a Tina Anselmi a molti altri leader del passato. Si moltiplicano le pubblicazioni, i saggi, i convegni di approfondimento e gli studi sulle grandi conquiste politiche favorite dalla loro concreta azione legislativa. Del resto, è abbastanza naturale che quando tramonta l’antipolitica e un volgare e vuoto populismo, ritornano in campo le culture politiche riformiste e costituzionali. E, con esse, il ruolo giocato dai principali leader che li hanno incarnate ed inverate nella concreta dialettica politica italiana. E questo perchè, di norma, un grande magistero politico non si può storicizzare o qualunquisticamente archiviare. Gli esempi da citare sarebbero infiniti. Ne cito solo 2 su tutti. Lo “Statuto dei lavoratori” varato dall’allora “Ministro dei lavoratori”, Carlo Donat-Cattin, nel lontano maggio 1970, continua ad essere un faro che illumina chi non vuole umiliare la condizione dei lavoratori nei concreti luoghi di lavoro. Certo, come diceva lo stesso Donat-Cattin anni dopo quella straordinaria e unica riforma, anche quello “Statuto” era figlio del suo tempo e che doveva, prima o poi, essere inesorabilmente aggiornato e rivisto. Ma, comunque sia, quell’impianto legislativo era, e resta, il prodotto di una cultura e di un filone ideale che nessun populismo grillino o di altra natura può scalfire ed annullare. E, secondo, la straordinaria riforma sanitaria vergata da Tina Anselmi nel 1978, la famosa legge 388 che ha segnato una pietra miliare nel campo della sanità del nostro paese. Accanto a quella della riforma dell’assistenza psichiatrica. Due leggi ispirate da alcuni criteri di fondo, quali la dignità della persona umana anche nella malattia mentale e la salute come diritto e bene universale, indipendentemente dalle condizioni lavorative, sociali ed economiche. Gli esempi, come dicevo, si potrebbero moltiplicare ma quello che conta rilevare è che proprio il magistero politico, culturale e istituzionale di questi leader e statisti del passato diventano i punti di riferimento da cui partire per innovare e far decollare una nuova stagione politica nel nostro paese.
Ecco perchè siamo alla viglia di un nuovo, e profondo, cambiamento dello scenario politico italiano. E questo ancora al di là della necessità ed indispensabilità di rifare un “partito di centro” che sappia battere definitivamente la sub cultura del populismo grillino e, al contempo, la sempre più insopportabile radicalizzazione politica prodotta da un violento e ormai innaturale bipolarismo selvaggio. E una delle ragioni, peraltro decisive, che può spingere in questa direzione consiste proprio nella riscoperta del magistero dei nostri leader. Leader che certamente sono cresciuti e maturati nella lotta politica attraverso enormi sacrifici personali accompagnati, però, anche da uno studio costante e da una conoscenza diretta dei problemi della società. Altrochè la desertificazione culturale che caratterizza la politica contemporanea ormai da molto tempo. Ma le avvisaglie e i segnali positivi, comunque sia, ci sono. Adesso è necessario assecondarli e far sì che il magistero di questi grandi leader cattolico democratici, cattolico popolari e cattolico sociali venga sempre più valorizzato e riattualizzato. Per il bene della nostra democrazia e per la stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche.
Giorgio Merlo