“I dati dell’area OCSE, relativi al reddito delle famiglie nel primo trimestre, sono assolutamente incoraggianti per l’Italia, che registra l’incremento maggiore tra le 38 nazioni analizzate. Ciò è stato possibile grazie all’aumento della retribuzione dei lavoratori dipendenti e dei trasferimenti sociali, che hanno garantito alti standard di welfare e azioni efficaci in ottica socio-assistenziale. Negli ultimi vent’anni, in Italia, reddito e potere d’acquisto non hanno segnato particolari progressi: questa è una stortura che incide a 360 gradi sulla vita delle famiglie, delle imprese e, quindi, sulla salute dei conti pubblici. Dobbiamo continuare a lavorare affinché quello che è, ad oggi, un circolo vizioso si trasformi in una traiettoria socio-economica positiva, caratterizzata da crescita, benessere e occupazione. I numeri sono confortanti e la strada, pur ancora lunga e piena di insidie, pare sempre meno impervia: in meno di due anni, grazie al governo Meloni, ottenuti risultati straordinari”. Ad affermarlo Paola Ambrogio, Senatore di Fratelli d’Italia e componente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama.
POLITICA
Leggi l’articolo su “L’identità”:
Conte apre ma non troppo sulla costituente M5s e chiude a Renzi
La coalizione non è un pallottoliere
LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
La coalizione politica, o l’alleanza politica e di governo, non possono trasformarsi in semplici e
banali pallottolieri. E questo per una ragione molto semplice. E cioè, una coalizione è seria e
credibile e può ambire a svolgere un ruolo di governo solo se c’è una comune convergenza
politica e programmatica. Insomma, l’esatto opposto di ciò che sta facendo l’attuale cartello delle
sinistre. Se è vero, com’è vero, che c’è un comune quadro valoriale, culturale e politico delle tre
sinistre esistenti – cioè quella radicale e massimalista della Schlein, quella populista e demagogica
dei 5 stelle e quella fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis – è altrettanto
indubbio che tutto ciò che si aggiunge a questo campo appartiene alla sfera del trasformismo e
dell’opportunismo politico. Appunto, la logica del pallottoliere. Del resto, è quasi patetico leggere
ogni giorno le reazioni dei maggiori esponenti delle tre sinistre di fronte all’ultima piroetta politica
del capo di Italia Viva, Renzi. Una piroetta del tutto comprensibile per poter mantenere in
Parlamento una manciata di amici cari alle prossime elezioni politiche ma che prescinde, com’è
ormai evidente a tutti, da qualsiasi valutazione politica, culturale e programmatica. In attesa, è
solo questione di tempo, che la stessa operazione la faccia anche Calenda. Ovvero, e
sintetizzando, dire l’esatto contrario per anni e poi, d’incanto, cambiare radicalmente opinione
perchè, guarda caso e all’improvviso, c’è un nemico irriducibile alle porte che va combattuto con
tutte le forze e con tutti i mezzi a disposizione. E il nemico, almeno così pare di capire, sarebbe
quello che siamo ormai alla vigilia – cioè siamo sempre alla vigilia…- di una svolta illiberale, di una
deriva dittatoriale, di una torsione autoritaria, di una negazione delle libertà democratiche e di
espressione, di una sostanziale cancellazione dei valori e dei principi costituzionali. In sintesi,
siamo alla vigilia di una piena ed organica regressione fascista.
Ora, al di là di queste baggianate, è di tutta evidenza che ci troviamo di fronte ad una vera e
propria caduta di credibilità della politica e delle regole elementari della democrazia. E cioè, ci si
inventa un nemico mortale che ovviamente non esiste perchè è del tutto virtuale, si monta una
propaganda martellante attraverso il sistema mediatico amico – i soliti e notissimi quotidiani e gli
altrettanto noti talk televisivi – e il gioco è fatto. C’è solo un piccolo particolare, come la concreta
esperienza insegna. E cioè, la logica del pallottoliere – qualunque sia la stagione poltica in cui la
la pratica – è semplicemente incompatibile con la cultura di governo. Perchè, appunto, unendo il
diavolo e l’acqua santa, come si suol dire, tutto si può fare tranne una cosa: garantire un governo
serio e credibile al paese.
Ecco perchè, almeno questa è la speranza, mancando ancora un po’ di tempo in vista delle
prossime elezioni politiche, auguriamoci che il cartello delle sinistre impari la lezione. Del resto, è
appena sufficiente guardarsi indietro per evitare ulteriori figuracce.
POLITICA
Leggi l’articolo su “L’identità”:
E’ “Il Tempo” di Tommaso Cerno
Intervista a tutto campo con il direttore del quotidiano romano
“Negli anni ‘80 e ‘90 c’era un residuato intellettuale in questo Paese a cui ancora la gente poteva far riferimento, persone che parlavano col proprio cervello, adesso non c’è più”. “La Sinistra vede fascisti sotto tutti i tombini. Il Pd? E’ radicalmente schiacciato su temi che poco hanno a che fare con quello che ha detto il Pd negli ultimi 15 anni” “L’elettore moderato noi non sappiamo dov’è, non sappiamo se sta votando o se non sta votando, non sappiamo se la maggioranza di questi moderati si è turata il naso e invece che votare DC ha votato tutto il resto” “Destra e sinistra parlano solo a classi sociali che non sono le loro classi d’abitudine. La destra ormai parla con gli operai, con tutto quel mondo ex comunista che ha visto nella sinistra la fuga verso il potere”
Di Cristiano Bussola
È il momento – o meglio è “Il Tempo” – di Tommaso Cerno, il volto televisivo oggi forse più in voga nei telegiornali e nelle trasmissioni di approfondimento politico. Commentatore di rango (perché opinionista sarebbe riduttivo) e icona di stile, nelle sue analisi raffinate sa rendere elegante persino la politica. Giornalista, ha iniziato la carriera negli anni 2000 al Messaggero Veneto che ha anche diretto; all’Espresso caposervizio dell’attualità e successivamente direttore. Poi, dal 2017 al 2018, l’esperienza di condirettore del quotidiano la Repubblica. Alle elezioni politiche del 2018 viene eletto al Senato nel Partito democratico. Dal 2022 la direzione del quotidiano L’Identità fino al 2024, anno in cui diventa direttore de Il Tempo. Cerno ci ha ricevuti a Roma per una lunga intervista nello storico palazzo Wedekind, sede del giornale, a due passi dai “santuari” del potere, Chigi e Montecitorio.
D –Direttore, pochi giorni fa Matteo Renzi ha scritto una lunga lettera al “Tempo” nella quale spiega perché secondo lui il terzo polo è naufragato. Ma il passaggio a sinistra del leader di Italia Viva rappresenta un de profundis per il centro o, paradossalmente, è un nuovo stimolo per riaggregare tutti i centristi?
R – Il centro ha una caratteristica nella storia italiana, repubblicana, che viene sempre considerata poco. Nel senso che tutti pensano all’ispirazione moderata, ai valori cattolici più o meno laicizzati, ma nessuno pensa al fatto che il cosiddetto centro, nella Prima Repubblica, è stato sempre al governo. Tendenzialmente l’elettore moderato centrista consapevole, che quindi fa la scelta di un partito, magari piccolo, per ragioni che lo legano a una storia, vuole stare al governo. Vuole che il centro rappresenti quel filtro moderato, quell’elemento dialettico, che decide come cambiare l’Italia, non come gridare che gli altri sbagliano. Quindi in questo processo che Renzi aveva avviato, lui di fatto è rimasto con attorno a sé elettori, pochi o tanti, a seconda del giudizio che si dà di questo 3%, che non vogliono andare là dove sono stati cacciati e non vogliono investire sul governo di sinistra con Ilaria Salis, con Fratoianni e con questi 5Stelle: preferirebbero dare un proprio contributo alla riforma della giustizia, alla riforma fiscale e collocarsi nel centro destra. Renzi per ragioni personali o politiche, ritiene invece di aver fallito questa fuga dal Pd, ricordiamoci sempre che Renzi è di Firenze e per uno di Firenze il Pd è la DC: è questo il grande errore mentale che si fa in Emilia Romagna e in Toscana. Quindi è tornato indietro probabilmente trattando con Elly Schlein una collocazione che gli tolga il peso in questi mesi di dover spiegare sempre che non è d’accordo con nessuno.
D – Ma gli elettori – soprattutto quelli di Renzi – come reagiranno?
R – Questa cosa può piacere al suo cerchio più vicino perché lascia intendere che ci sarà un accordo anche per il Parlamento, poi parliamoci chiaro – uno cosa vuole fare? Andare in Parlamento – però non va bene ai suoi elettori, perché quelli del Pd erano già andati via e quelli che sono rimasti vuol dire che non vogliono tornarci, tantomeno con un Pd così radicalmente schiacciato su temi che poco hanno a che fare con quello che ha detto il Pd negli ultimi 15 anni.
D – Questa sinistra: penso a Gian Paolo Pansa, venerato finché non ha denunciato i crimini di certi partigiani rossi e da allora è stato ostracizzato. Al contrario Montanelli da sempre additato come fascista è diventato l’idolo della sinistra quando ha lasciato Berlusconi. Perché la sinistra italiana è vittima del “complesso del migliore” e si sente così eticamente e moralmente superiore?
R – Ricordiamo anche Fini: la Sinistra che vede fascisti sotto tutti i tombini ha celebrato Gianfranco Fini perché aveva ritenuto che fosse il piede di porco per rompere lo schema del centro destra e tornare al governo e quindi di fatto ha portato, ascritto, per molto tempo, nel suo pantheon, il leader del Movimento Sociale Italiano che aveva fatto la svolta di Fiuggi per convenienza politica. Ora il tema è che negli anni ‘80 e ‘90 c’era un residuato intellettuale in questo Paese a cui ancora la gente poteva far riferimento, persone che parlavano col proprio cervello, adesso non c’è più, anche la sinistra fotocopia e twitta le stesse cose, quindi di fatto in questa assenza intellettuale si sta non radicalizzando, perché radicalizzare è un tema culturalmente forte, si sta spostando in un tifo che ha poco a che vedere col dubbio, quindi con un percorso democratico di un’alleanza, tanto la destra quanto la sinistra, basta vedere una cosa: la Seconda Repubblica nasce con due leader centristi che si sono addirittura scambiati il campo, Berlusconi, storico socialista vicino a Craxi diventa il leader della destra e Prodi, democristiano, cattolico sociale diventa il leader della sinistra. Quindi noi ci troviamo con i due leader centristi che sono di fatto rovesciati addirittura al centro, rispetto alla loro collocazione ideale.
D – E poi c’è Giorgia Meloni
R – Oggi Giorgia Meloni è il leader del centro-destra, di un partito che è quello più a destra della coalizione e quindi specularmente ha generato la risposta della sinistra che ha cacciato Bonaccini, scelto dal 90% dei dirigenti, per mettere una che sta esattamente nello stesso luogo, dall’altra parte. Quindi stiamo vivendo un bipolarismo che anziché partire dal centro e dover allargare ai lati, parte dai lati e deve allargare al centro, per cui la parola “centro” diventa fondamentale ma è chiaro che se il centro fa una scelta di campo, in qualche modo prepolitica, finisce subito e quindi crea in Forza Italia quello che stiamo vedendo: questa mutazione che Tajani è convinto di poter fare, lui parla di passare dal 10 al 20%, che sembra una cosa gigantesca, ma qualcuno questo sporco lavoro lo dovrà pur fare.
D – Chi?
R – C’e un pezzo di Paese che si aspetta che lo faccia la Meloni, cioè che dica “io vengo da una storia di destra ma ho fondato il mio partito – perché questo bisogna tenerlo in considerazione, l’unica differenza che c’è oggi nello schema è che la Meloni, come Berlusconi, ha fondato il suo partito mentre gli altri li hanno ereditati da storie differenti e quindi è differente che lei dica non il partito sono io, ma l’abbiamo fondato insieme. Parla al 30% degli italiani e ha la necessità di mostrarsi agli italiani un’entità conservatrice evoluta. O lo fa lei o Tajani o lo farà qualcun altro che non potrà più essere Renzi dopo questa scelta di sinistra probabilmente consapevole perché l’ultima prova non è andata bene. Anche se io mi domando come possa un democristiano immaginare di andare alle elezioni rompendo prima con i suoi alleati e non dopo, per cui c’è un assalto a questo elettorato moderato…
D – Elettorato piuttosto “mimetizzato”, non trova?
R – Noi non sappiamo dov’è, nel senso che non sappiamo se sta votando o se non sta votando, non sappiamo se la maggioranza di questi moderati si è turata il naso e invece che votare DC ha votato tutto il resto, quindi una specie di Montanelli al rovescio, oppure sta in quel pezzo di italiani che non votano non perché particolarmente arrabbiati ma perché ritengono di non avere ancora trovato il contenitore governativo che vanno cercando.
D – In questo clima (almeno apparentemente) sempre più bipolare cosa vuol dire destra e cosa vuol dire sinistra?
R – Diciamo che destra e sinistra si sono confuse abbastanza e non lo dimostrano le cose che dicono tanto è vero che si esaspera la differenza su temi che un tempo erano considerati i temi della libertà di coscienza in tempi democristiani, ci si scanna sull’aborto, sul divorzio, sui diritti civili, non rendendosi conto che il Paese va avanti da solo, nel senso che questi sono temi planetari, di percezione, i Partiti li fanno un po’ i leader e un po’ gli elettori e che c’è sempre un punto arriverai a contatto, quindi la libertà di coscienza che cos’era? Capire in che modo il Paese evolveva culturalmente rispetto a un tema, mentre noi abbiamo solo uno scontro su questo perché non abbiamo scontri su altro e quindi ci troviamo a vedere come destra e sinistra parlino solo a classi sociali che non sono le loro classi sociali d’abitudine. La destra ormai parla con gli operai, con tutto quel mondo ex comunista che ha visto nella sinistra la fuga verso il potere, verso l’altezza, verso il danaro, la scelta di D’Alema che fu: “io voglio diventare premier”, perché non era neanche “io voglio che la sinistra governi”, altrimenti avrebbe lasciato Prodi. “Io voglio diventare premier”, cioè “voglio che anche in Italia il leader del principale partito di governo esprima il premier”, una specie di versione british di quello che è il nostro sistema elettorale e in cambio di questo ha attribuito alla sinistra questa sorta di eterno docente di sostegno che era il sistema finanziario del grande potere italiano. Il messaggio era: “volete stare lì? Dovete fare le cose che interessano a noi”. Ed è stato talmente vero questo che il governo di Berlusconi che era comunque il governo di un imprenditore miliardario, che aveva a che fare con quei sistemi molto più di loro è stato fatto cadere nel nome di una riforma, che poi abbiamo visto di fatto mai attuata, per rimetterci quella sinistra che garantiva a quel sistema che certe cose sarebbero poi state fatte. Da quando la sinistra di fatto ha la museruola si canta Bella Ciao, si ripete ogni giorno che il 25 aprile può sembrare di sinistra ma per il resto non lo è più.
D – E la destra?
R – Una certa destra dovrebbe smettere di essere nostalgica di qualcosa che non conosce, perché quando sento parlare questi che fanno i saluti romani di Mussolini – che sono uno invece che è molto appassionato di storia romana – capisco che sono un pozzo di ignoranza assoluta e che dovrebbero andare a scuola. Mussolini li prenderebbe a sberle probabilmente, però questo loro non lo capiscono perché c’è un simbolismo semplice in questo momento. Ma la destra di oggi è di nuovo sociale, non perché è post fascista, ma perché nessun altro parla con quel pezzo di società che né per le banche né per i sistemi economici che oggi contano non vale niente e quindi oggi a nessuno frega nulla. I 5 Stelle li hanno tenuti un po’ vicini dandogli dei soldi, questi soldi non ci sono più e loro sono ritornati a parlare tra di loro e quindi in questa inversione, oggi è molto interessante partire dai temi, dai ragionamenti. Io credo che la destra sia in questo momento un’entità politica non troppo evoluta, con un pensiero non sufficientemente evoluto e costruito che avrebbe voglia di cambiare l’Italia e che va a sbattere con tutti gli spigoli di questa struttura Paese e di questa struttura Occidente. Tornando alla sinistra, è una forza che avrebbe potenzialmente cultura, visione e storia rivoluzionaria per poterla cambiare ma ha deciso di non volerla cambiare e quindi vuole dirci che è tutto giusto quello che ci dice la Von Der Leyen che è, onestamente, rispetto a quello che ci dicevano gli intellettuali di sinistra, una grandissima cazzata.
D – Lei è molto social. I suoi tweet stuzzicano spesso i classici leoni da tastiera…
R – Non leggo i commenti dei miei tweet perché ritengo che uno che scrive qualcosa su quello che io dico, di fatto abbia già dimostrato che gli interessava. Poi, il fatto che lui mi risponda battendomi le mani o dicendo che sono un idiota è solo il livello della sua rosicata per aver dovuto perdere del tempo che io non perderei.
D- Gli 80 anni de “Il Tempo”, lo storico quotidiano romano da lei diretto. Cosa è stato questo giornale fino ad oggi e come sarà ora sotto la direzione di Tommaso Cerno?
R- Il Tempo ha una storia unica nel giornalismo italiano: è il grande giornale della Capitale che nasce, come prima pagina nel giugno del ‘44, per annunciare festoso la liberazione della città di Roma, ma si assume un onere nei suoi anni di crescita, che è quello di rendersi conto, e forse solo Roma era la città in Italia dove questo poteva avvenire, che era vero che c’era stato un regime, che era vero che questo regime era finito in maniera drammatica ed era vero che l’Italia rifondava se stessa sulla sua nuova storia repubblicana. Ma non era colpa di tutti i singoli italiani, era colpa di un pezzo e quindi in qualche modo rinasce sul Tempo il tentativo di dialogo tra pezzi di italiani che sarebbero stati in qualche modo divisi dalla storia sulla base delle colpe di altri. Quindi tiene dentro di sé questa specie di unicità: la capacità di allargare da destra a sinistra il ragionamento fornendolo a una capitale che avendo 3mila anni di storia difficilmente si spaventa di fronte a un tema complesso e non ha invece la natura che hanno in questa fase alcuni quotidiani di parlare soltanto a chi ti dice che sei bravo. Se Il Tempo riesce a portare questo del suo giornalismo fa un grande lavoro di riapertura del dialogo in questo Paese. Dialogo che non vuol dire darsi ragione ma darsi torto, dialogo vuol dire dialettica. Sarebbe la base di quel processo politico che nasce da uno scontro per arrivare a un incontro, mentre oggi nasce tutto da un incontro, nel senso che poi s’è visto nella partita di calcio quanto questi si odiano veramente, nella grande pantomima del Palazzo dove io sono stato e ho visto com’è davvero, ho visto la verità.
D – E qual è la realtà?
R – Tutto diventa uno scontro in Parlamento, esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere il processo democratico decisionale dove la maggioranza vince ma ha anche ragione, sa che se è un po’ più larga vale di più e la minoranza sa che non tutto fa schifo quello che viene dagli altri, mentre oggi abbiamo l’impressione di Harry Potter: io sono Serpeverde e tu sei Grifondoro, quindi le nostre magie hanno effetti diversi, le nostre verità sono entrambe compiute, non esiste il tema galileiano, il dubbio, io posso avere ragione e torto insieme e quindi in questo incastro che la politica dovrebbe portare nel luogo sacro della democrazia, il Parlamento, dovrebbe per prima cosa dimostrarsi così. I toni del dibattito che io sento sono gli stessi che la Costituzione cercò di non riportare al centro del dibattito e loro invece agitano la Costituzione per dirci il contrario, cioè che la Repubblica è di uno solo, che la verità è di uno solo, che l’etica è di uno solo, che la morale è di uno solo, che è una scemenza gigantesca lo sanno anche loro ma gli piace dirlo.Ultima cosa, noi abbiamo in qualche modo la percezione che la Repubblica italiana sia fatta da fascisti e comunisti che litigano tra di loro. Allora ricordiamo a tutti, da Giorgia Meloni a Elly Schlein, che la Repubblica italiana è stata fatta residualmente dal Partito Comunista per scelta nulla del movimento sociale ma tutti gli altri che sono scomparti, democratici cristiani, socialisti, repubblicani, monarchici metteteci De Gasperi, La Malfa, Craxi in mezzo al dibattito, un po’ meno Berliguer e un po’ meno Mussolini.
D- Lei ormai è diventato un’icona non solo giornalistica, ma anche televisiva, di stile. Tommaso Cerno è libero e indipendente come il suo quotidiano anche nella moda? Chi sceglie i suoi outfit, i suoi occhiali?
R- Io ho la sindrome di Braccio di Ferro quindi ho tutti i vestiti uguali, tanto che mio marito mi dice “ti vesti sempre uguale, diranno che non ti cambi mai!”, ho tutte camicie bianche, poi le ho messe azzurre quando Renzi le aveva sempre bianche. Gli occhiali li ho sempre avuti ma poi ultimamente mi hanno spiegato che alle persone piacciono gli occhiali che ho che sono semplicissimi, abbastanza grandi da vederci attraverso. Non credevo di essere fashion però se lo sono potrei farci due conti…
D – Torino, la città del nostro giornale, “Il Torinese”. Cosa le viene in mente quando le dico Torino?
R – Mi ha sempre affascinato, è una città magica. Quando la visito, ancora oggi, mi inquieta sempre l’idea che ad un certo punto, soprattutto di notte mentre passeggi, improvvisamente si scorga la Mole, è questo cuneo planetario molto strano. È una città storica, misteriosa.
(Ha collaborato Daniela Roselli)
“Il nuovo piano socio sanitario da costruire politicamente insieme per il futuro del Piemonte
sarebbe un risultato politico importante per tutta la Regione. Sia per la maggioranza che ha
stravinto le recenti elezioni e sia per l’opposizione delle sinistre. Purchè il tutto avvenga, se ciò si
rende possibile, nella trasparenza e con un briciolo di coerenza poltica. E cioè, ogniqualvolta si
lavora insieme sui grandi temi – e la sanità, indubbiamente, è uno di questi – si deve anche
prendere atto che l’interlocutore non è da distruggere politicamente ogni giorno. Detto con altre
parole, la sinistra non può accusare la maggioranza di governo regionale di ogni nefandezza e poi
lavorare tranquillamente insieme. E questo perchè una vera e credibile democrazia dell’alternanza
si basa anche e soprattutto sul rispetto dell’avversario politico senza trascorrere il tempo a
delegittimarlo radicalmente. Più che una questione politica è un fatto di buon senso”.
Giorgio Merlo, Dirigente nazionale Tempi Nuovi Popolari uniti.
Commercianti e cittadini in seria difficoltà. Otto episodi questa notte
Caro direttore, Torino sta vivendo un’escalation allarmante di episodi di spaccate furti e rapine già da diversi mesi, ma, come prevedibile, con un significativo aumento già dai primi di agosto che ha raggiunto un nuovo picco la scorsa notte, quando si sono verificati ben otto episodi tra negozi, uffici e attività commerciali nella sola zona della crocetta. Tra le vittime di questa recrudescenza di atti criminosi figurano un’attività commerciale nota in zona, per la seconda volta nel giro di pochi giorni, una banca, diversi uffici, oltre a due tentativi di furto sventati, e chissà quanti altri che al momento stanno facendo la conta dei danni.
La situazione, già preoccupante, era stata oggetto di discussione durante la Commissione sulla Sicurezza della Circoscrizione 1, tenutasi il 25 luglio scorso. In quell’occasione, l’assessore Porcedda aveva accennato a un inasprimento del pattugliamento durante il mese di vacanza, ma con una leggerezza che oggi si rivela drammaticamente inadeguata rispetto alla gravità della situazione.
Le misure proposte, infatti, si stanno dimostrando insufficienti, e i fatti delle ultime ore non fanno altro che confermare l’inefficacia degli interventi messi in campo.
Questo comunicato vuole essere un richiamo all’urgenza di una risposta concreta e tempestiva. La crescente ondata di criminalità sta mettendo in ginocchio i commercianti e alimentando un clima di paura e sfiducia tra i cittadini, che vedono minacciata la loro sicurezza in una zona che dovrebbe rappresentare il cuore pulsante della città.
Non si tratta di una questione politica, ma di una preoccupazione reale e condivisa per la sicurezza del nostro centro cittadino. Ci si aspetta che le istituzioni agiscano con decisione per arginare questo degrado e riportare serenità e protezione nelle strade della nostra città. I cittadini e i commercianti non possono più attendere: è il momento di passare dalle parole ai fatti.
Pietro Ruspa – consigliere Circoscrizione 1 Fratelli d’Italia
Giachino: Piemonte, sveglia o sarà troppo tardi
POLITICA
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PRIMA PAGINA-Toti riapre la questione delle ingerenza della magistratura in politica