Il Governo non può ignorarla
Giachino: perché le infrastrutture possono dare un contributo positivo in questa fase difficile

“Rassicuro i miei compagni di viaggio di maggioranza che gli obiettivi di sostenibilità dell’Unione europea sono raggiungibili da parte delle aziende produttrici di auto entro il 2035. Il tema è quanto le istituzioni e i corpi sociali svolgano il ruolo di facilitatori o di freno in questo processo” – dichiara il *Capogruppo Fissolo dei Moderati alla Città di Torino.
“Cartier a Torino ha dimostrato che la vera differenza per attrarre realtà a Torino la fa la velocità dell’amministrazione nel produrre le pratiche autorizzative” – continua Fissolo.
“Ho paura che il dibattito pubblico sul destino di Mirafiori sia un cavallo di Troia che porterà la comunità a farsi carico del destino di un’area privata”.
Riceviamo e pubblichiamo / Torino – Oggi, Igor Boni, Presidente di Radicali Italiani, Andrea Turi, Coordinatore dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta, e Chiara Squarcione della Direzione Nazionale di Radicali Italiani, hanno tenuto una conferenza stampa di fronte al Palazzo di Giustizia di Torino, distribuendo ai cittadini Cannabis light, lo stesso prodotto sequestrato il 1° giugno in 49 siti, dove sono stati requisiti 1800 kg di materiale, danneggiando parte dell’intera filiera.
I tre esponenti radicali hanno dichiarato: “La procura di Torino segue ‘gli ordini del governo.’ Quella del 1° giugno è stata un’azione senza alcun vero fondamento, se non quello di abbattere la filiera di Cannabis light. I prodotti che distribuiamo e che sono venduti nei tanti negozi sono del tutto legali. Eppure, nonostante ciò, il 1° giugno scorso la procura ha fatto ispezionare 49 siti tra magazzini, case private e aziende agricole, sequestrando computer, telefoni e 1800 kg di Cannabis Light. Si tratta di prodotti la cui composizione rispetta i limiti previsti dalla normativa, come dimostrano le analisi che abbiamo portato con noi. L’unico scopo è evidentemente distruggere una filiera che dà lavoro a 15.000 addetti in 3.000 aziende fondate da giovani under 35, e che ha un fatturato di 150 milioni all’anno. Altro che colpire la Cannabis light, servono soprattutto politiche differenti sulle droghe che aprano finalmente alla legalizzazione contro l’attuale legge criminogena. Invece, questo Governo, come dimostra il provvedimento proibizionista contro il cannabidiolo (CBD), va esattamente nel senso opposto. I migliori amici di mafie e criminalità sono i proibizionisti che, vietando e punendo, favoriscono la malavita che con il mercato nero incassa decine di miliardi di euro”
LO SCENARIO POLITICO Di Giorgio Merlo
Passano gli anni, scorrono le fasi stoiche e mutano le stagioni politiche eppure permangono vecchi vizi e antichi tic. È appena sufficiente osservare cosa dicono i cattolici attualmente militanti nel Pd – penso a vari parlamentari, ex ministri e dirigenti vari – su altri cattolici che militano o si riconoscono, legittimamente, in altri partiti e movimenti, per rendersi conto che c’è una straordinaria somiglianza tra ciò che sostenevano i cosiddetti “cattolici indipendenti” eletti nelle fila del Pci negli anni ‘70 e ‘80 con ciò che dicono oggi nel Pd della Schlein i cattolici popolari rimasti. Cioè in un partito di sinistra che, a differenza di quello storico e comunista, oggi si caratterizza per il suo indubbio ed oggettivo, nonchè platealmente sbandierato, profilo massimalista, estremista, radicale e libertario. Un profilo politico, culturale e valoriale, com’è evidente a quasi tutti, distinto, distante se non addirittura alternativo rispetto a tutto ciò che è riconducibile seppur lontanamente alla tradizione e al pensiero del cattolicesimo popolare e sociale. Ma, al di là di questo fatto, quello che colpisce maggiormente è la quasi identica valutazione che viene puntualmente sfornata nei confronti di tutti coloro – cioè i cattolici di varietà provenienza ed estrazione – che non aderiscono al progetto politico e culturale della sinistra. Nello specifico, dei moltissimi cattolici che non aderivano al Pci di Berlinguer ieri e al Pd della Schlein oggi. Ora, senza fare confronti impropri e del tutto fuori luogo e fuori tempo, è indubbio che il vizio della delegittimazione morale da un lato e della radicale svalutazione politica dall’altro campeggiano in modo persin enfatico nell’un come nell’altro caso. Due elementi che, se uniti, diventano un impasto nocivo e nefasto per la stessa correttezza dei rapporti politici. Non a caso, basta scorrere le dichiarazioni dei cosiddetti cattolici vicini alla Schlein, o comunque della sinistra radicale e massimalista contemporanea – legata a doppio filo con il populismo demagogico e qualunquista dei 5 stelle e i vari gruppi dell’estrema sinistra – per arrivare alla conclusione che tutto ciò che è presente nell’universo del centro o del centro destra è semplicemente squali fi cante, da contestare senza appello e da ridicolizzare. Sotto il profilo personale, cioè di tutti coloro che intraprendono altre strade rispetto alla sinistra e, sotto il versante politico, che viene dipinto come il regno del trasformismo o dell’ opportunismo o dell’ipocrisia o, nel migliore dei casi, della ingenuità. Insomma, politicamente, culturalmente e moralmente da bocciare senza appello. Del resto, la storica categoria del “catto comunismo” resta una delle peggiori derive della storia democratica del nostro paese. Un misto di moralismo di bassa lega coniugato con una sorta di permanente “tribunale della coerenza” che condanna all’irrilevanza e alla gogna chiunque si dissoci. Il, tutto, infine, viene riassunto con l’altro dogma laico della sinistra post ed ex comunista rappresentato dal cosiddetto “politicamente corretto” o, per essere più in sintonia, con il “politically correct”. Ecco perchè, malgrado le profonde trasformazioni che hanno caratterizzato la società italiana in questi ultimi decenni, tocca ancora una volta a tutti coloro che non hanno una concezione dogmatica della politica e deterministica della storia, far valere la bontà e l’importanza del pluralismo e della sincera e trasparente dialettica democratica. Categorie, queste, non sempre così frequenti dalle parti di coloro che pensano di incarnare, quasi in via ereditaria ed esclusiva, le categorie del progresso, della civiltà, della democrazia e della modernità.
Ruffino: “A Giaveno la maggioranza non c’è più”
Nel Consiglio Comunale a Giaveno, è andata in scena una delle pagine più patetiche della storia della politica giavenese.
Noi dell’opposizione, Daniela Ruffino, Carmela Casile e Alberto Portigliatti siamo rimasti in aula per la discussione di due importanti mozioni presentate dal nostro gruppo, Per Giaveno, riferite ai fondi del PNRR e alle problematiche di abbandono di Borgata Ponte Pietra.
Abbiamo anche dovuto assistere all’ennesimo irrispettoso teatrino di alcuni consiglieri di maggioranza, che denigravano la consigliera Carmela Casile durante l’illustrazione la di una nostra mozione sulla scarsità di risorse ottenute dal Comune di Giaveno sui bandi pnrr.
Giacone e’ come il Titanic che mentre affonda alcuni passeggeri continuano a brindare e festeggiare senza rendersi conto che la fine si avvicina. E così è stato. Il nostro gruppo ha ribadito che amministrare significa amare la comunità, significa saper ascoltare le istanze dei cittadini, soprattutto i più fragili ed anche creare momenti di condivisione con le opposizioni oltre all’indispensabile cpmpetenza. Tutte qualità che sono sempre mancate a questa maggioranza.
Dopo le mozioni presentate, anche noi dell’opposizione abbiamo deciso di lasciare l’aula. La maggioranza di Giacone si è ridotta a 4 consiglieri più il Sindaco. Un numero insufficiente per mantenere il numero legale. Il consiglio è stato sospeso.
In questi 10 anni si sarebbe potuto cambiare la città dotandola di efficiente trasporto locale, marciapiedi, piste ciclabili, impianti sportivi, asili nido, centro giovani, residenze anziani, aree verdi, migliore gestione idrica e del territorio…
SI È PERSA UNA OCCASIONE UNICA E IRRIPETIBILE . Affermano i consiglieri comunali del gruppo Per Giaveno
Daniela Ruffino, Carmela Casile e Alberto Portigliatti
Ianno’: “Lo Russo faccia una revisione alla Giunta”
“Il Sindaco Lo Russo ha ritenuto di fare un “tagliando” a due anni dalla sua elezione, a mio avviso avrebbe dovuto fare una completa “revisione”.
Una revisione della sua Giunta e del suo operato, banalizzata con l’erba da “tagliare”, Tarzan è ormai di casa in questa giungla e con le buche, oserei dire le “voragini” stradali.
Un pregio riconosco al primo Cittadino, di essere intervistato quotidianamente sulle principali testate torinesi, per il resto un “vuoto cosmico”.
Una mancanza di programmazione e di visione del futuro della città, legata soltanto a parole, che sono diventate un ritornello “agenda digitale, innovazione urbana, sostenibilità ambientale, mobilità urbana sostenibile, servizi per l’inclusione e l’innovazione sociale e per la rigenerazione urbana.”
Torino avrebbe bisogno di un programma con azioni e strategie per ridare un nuovo impulso ad una città in decadenza, indebitata e senza prospettive di crescita economica e turistica.
I torinesi a due anni dalla sua elezione si sono ritrovati:
l’aumento di tutte le tasse possibili;
l’aumento dei biglietti GTT e delle strisce blu (intanto l’Azienda di trasporto pubblico è in profondo rosso;
richiedere un cambio di residenza o una carta d’identità sono una roulette russa, una situazione anagrafica che nonostante le promesse è da terzo mondo;
le Partecipate del Comune sono il proseguimento del “Sistema Torino”;
non è stata risolta la presenza dei senza tetto (solo inutili provvedimenti tampone) e non si è trovata una soluzione alternativa per ospitarli, siamo alle porte dell’inverno e la progettualità non esiste;
sono stati palesemente ignorati i problemi di sicurezza nei quartieri più a rischio (Barriera di Milano docet);
corso Belgio e parco del Meisino con le scelte fatte alquanto discutibili, che hanno provocato solo grande malumore;
il caos della viabilità tra cantieri e ciclabili che continuano a far discutere.
In tutto questo e molto altro, Lo Russo dovrebbe anche dare un valore alla classifica di gradimento dei sindaci, che lo aveva posizionato al 47° posto, di motivi ce ne sono, più di uno!”
Pino IANNO’ Torino Libero Pensiero
“La notizia della riattivazione a Gennaio 2024 del collegamento ferroviario da Torino all’aeroporto di Caselle è certamente una notizia positiva sia come servizio utile ai comuni del comprensorio servito dalla tratta che per le potenzialità di sviluppo dello scalo cittadino. Però, in tutto questo, a fianco delle luci, ci sono anche ombre da considerare e che lasciano perplessi per le scene di giubilo seguite all’annuncio”, così Claudio Desirò, Segretario di Italia Liberale e Popolare, commenta l’annunciata riapertura della tratta ferroviaria da e per l’aeroporto Pertini.
“Analizzando i tempi di percorrenza, ad esempio, si scopre che per percorrere la linea dalla stazione di Porta Susa allo scalo di Caselle, il treno impiegherà 30 minuti. Un tempo di percorrenza pressoché identico a quanto impiegava il treno 100 anni fa“, continua Desirò.
“Ai tempi di percorrenza “storici”, si affianca una frequenza di passaggi che, fino a sostituzione dei passaggi a livello ancora presenti a Ciriè, ed ancora in là dal venire, sarà limitato ad un convoglio ogni mezz’ora, prefigurando un servizio di trasporto carente sia per l’aeroporto che per gli abitanti dei comuni serviti che ancora attenderanno mesi, o forse più, per potersi servire di un servizio di collegamento adeguato agli standard moderni”, aggiunge Desirò.
“Se a tutte queste criticità, aggiungiamo le quasi nulle ricadute sulle splendide Valli di Lanzo, che ancora non sanno quanto dovranno aspettare per avere un servizio minimamente all’altezza, viene da chiedersi se tutto questo entusiasmo non sia affrettato ed eccessivo o se non sia una manovra per distogliere l’attenzione dalle rilevanti problematiche che la Città ed il territorio dovranno ancora affrontare”, conclude Desirò.
Italia Liberale e Popolare
Coordinamento Regionale Piemonte
CANALIS, MAZZÙ E TAMIATTI (PD): NON VA MESSO A RISCHIO CON UN’APERTURA INDISCRIMINATA AD ENTI CON SCOPO DI LUCRO.
In un periodo storico in cui c’è un’inedita quantità di denaro per la formazione, ci preoccupa la volontà della Giunta Cirio di modificare un sistema che funziona (83.094 allievi nel 2022) e che è da sempre riservato agli enti no profit.
Il Piemonte ha una storia di successo per quanto riguarda la capacità di spendere le risorse del Fondo Sociale Europeo (FSE). Siamo primi in Italia, grazie alla capacità di programmazione della nostra classe politica e dei funzionari dell’assessorato regionale, ma anche grazie alle agenzie formative accreditate che, negli anni, hanno costruito un sistema efficiente e capace da un lato di far scendere la dispersione scolastica al di sotto del 10% e dall’altro di fare formazione per gli adulti, mentre la maggior parte delle Regioni italiane ne era priva.
Un sistema che solo nel 2022 ha coinvolto 83.094 allievi in Piemonte per più tipologie di corso (formazione iniziale, formazione superiore, apprendistato, formazione per l’inclusione, formazione per il lavoro, formazione continua e formazione socio-assistenziale) secondo la fonte IRES Piemonte.
Non si comprende, pertanto, la volontà della Giunta Cirio di “smontare” un sistema così serio, performante e caratterizzato dalla natura no profit, introducendo un forte elemento di discontinuità come l’apertura indiscriminata agli enti con scopo di lucro.
La formazione professionale è di esclusiva competenza regionale, quindi abbiamo il diritto di salvaguardare la nostra eccellenza, senza inseguire i modelli liberisti di altre Regioni.
Si coglie, sotto traccia, quasi un attacco alle realtà piemontesi, raccolte nelle associazioni FORMA e CENFOP, che in questi anni hanno retto e dato lustro al nostro sistema e che, in molti casi, hanno letteralmente “inventato” le tipologie di formazione (si pensi ad esempio all’apprendistato, nato proprio in Piemonte nell’800 grazie a soggetti no profit).
Il Fondo Sociale Europeo nel settennato 2021-2027 porterà in Piemonte 1 miliardo 318 milioni di euro, ampiamente destinati alla formazione. Nel settennato precedente erano molti meno, 872 milioni. Oltre al Fondo Sociale Europeo sono, inoltre, disponibili le ingenti risorse PNRR del programma GOL (Garanzia Occupabilità dei Lavoratori). Si tratta, quindi, di un periodo di “vacche grasse” per la formazione, che espone il sistema ad un rischio di assalto alla diligenza.
Basteranno gli stringenti criteri di accreditamento promessi dall’assessore Chiorino, per salvaguardare la formazione piemontese da manovre opportunistiche? Lo speriamo, ma restiamo convinti che i soggetti no profit diano più garanzie all’ente regionale erogatore dei fondi, in quanto reinvestono gli utili della loro attività e così facendo accrescono gli standards di qualità del servizio e il benessere di utenti e lavoratori.
La riserva no profit per gli ITS, gli IFTS, la IeFP e la formazione per persone svantaggiate non basta. Nel disegno di legge dell’assessore Chiorino, attualmente in discussione, bisogna estendere la riserva.
A fronte dei risultati eccezionali della formazione piemontese, ci aspettiamo una conferma dell’impianto e non una netta modifica con i relativi rischi.
Purtroppo, come sul gioco d’azzardo, sugli affidi e sulla sanità, la visione liberista e privatizzatrice della giunta Cirio sembra stia prevalendo su tutto il resto.
Monica CANALIS – vice presidente terza commissione consiliare regionale
Marcello MAZZÙ, segretario Pd Torino
Massimo TAMIATTI – responsabile lavoro e formazione professionale PD Torino