LIFESTYLE- Pagina 341

In volo sul lago


© Ti-Press / Carlo Reguzzi

Il giorno prima della partenza avevamo controllato per bene le previsioni meteorologiche. La mongolfiera non può staccarsi da terra in presenza di pioggia, temporali, vento troppo forte o gran caldo. Ma dal centro Geofisico Prealpino di Varese, nell’edizione mattutina della trasmissione radiofonica “Gazzettino padano“, garantirono che il tempo volgeva al bello. Era già più che una garanzia ma comunque, per scrupolo, verificammo anche sui vari siti meteo di internet, trovando conferma. Per il decollo avevamo scelto un ampio prato poco distante dal capannone. Era il luogo ideale: non c’erano ostacoli che potessero intralciare le manovre di volo. Posizionata la cesta iniziammo a stendere l’enorme pallone bianco e rosso e in meno di  mezz’ora era pronto per essere gonfiato con l’aria fredda di un ventilatore. Un lavoro che durò circa venti minuti, al termine del quale la mongolfiera era pronta per il decollo. Eravamo emozionati e non vi dico che sensazione provai quando ci staccammo da terra e iniziò l’ascensione. Il rumore del bruciatore e quella fiammata che ci scaldava le guance ci avevano distratti e quasi non ci rendemmo conto di essere già in volo. In meno di un quarto d’ora l’altimetro segnava 3600 piedi. “Quindi, amico mio, stiamo viaggiando a poco più di mille metri d’altezza“,disse Roland. L’apparecchio rilevava anche  la variazione della pressione atmosferica rispetto all’altezza sul livello del mare  e questa tendeva a diminuire aumentando la quota. Da terra, André Lacroix, uno degli amici di Roland, aveva il compito di comunicare con noi attraverso la radio aeronautica in VHF. Quest’ultima, dalle frequenze sempre aperte, ci  consentiva  di mantenere il contatto con l’assistenza. Una rapida occhiata alla sonda termica che misurava la temperatura interna dell’involucro ci confermò che tutto procedeva per il meglio.

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Il volume della nostra mongolfiera , come ho già ricordato, corrispondeva a quelle di medie dimensioni, capaci di portare tre o quattro persone. L’autonomia di volo poteva variare da un’ora e mezza a un paio d’ore,secondo la quantità di propano a disposizione per il bruciatore, dalle condizioni climatiche e dal peso trasportato. Nel nostro caso il carico di combustile, il bel tempo e il fatto che eravamo solo due e per di più longilinei, ci garantiva un ampio margine verso le due ore. Roland si confermò un provetto “pilota dell’aria“,controllando l’andamento dell’aerostato e manovrando il bruciatore. Quando apriva la valvola, aumentando la quantità di aria calda,il pallone tendeva a salire;viceversa, quando la diminuiva, tendeva a perdere quota lentamente e in modo graduale. La magia di volare in mongolfiera era indescrivibile. Il panorama non era per nulla paragonabile a quello che si può vedere dall’alto di una montagna. Era più completo, vario, mobile. Il lago pareva una creatura viva. La nostra ombra, in basso, sfiorava l’acqua e le terre che la circondavano. Da quassù le cose mutavano forma: i profili dei monti, il reticolo delle strade, le strutture di case e piazze, i corsi d’acqua,i battelli,la ferrovia. Roland, filosofando,disse: “E’ davvero un altro punto di vista,  molto probabilmente una visione diversa del  mondo“. Ero anch’io molto eccitato.“Guarda là, Roland. Guarda la statua del San Carlone!Impressionante!Domina la città di Arona e parte del Golfo Borromeo dall’alto dei suoi 35 metri”.Si vedevano il centro abitato,il lungolago e i resti della Rocca Borromea , la “Gibilterra del Lago Maggiore” che fu espugnata e distrutta da Napoleone nel 1800. Più a sud le macchie colorate dei campeggi di Dormelletto e il ponte di ferro sul Ticino che segna il confine tra Piemonte e Lombardia dove, da una sponda all’altra del fiume,Castelletto Ticino e Sesto Calende si guardano negli occhi.

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A nord di Arona, tra il lago e le verdi colline del Vergante, s’intravedevano le ville e i borghi di Dagnente, Meina, Ghevio, Lesa, Belgirate e – più in su -Colazza,Pisano,Nebbiuno,Massino Visconti, Brovello Carpugnino. ” Quel campanile è di Gignese e, più giù, c’è Vezzo. Vedi la strada che scende verso Baveno? Levo, Someraro, Campino e Loita sembrano messe in fila“. Stresa, la  “perla” del lago, nobile e un po’ fanè, si specchiava nel golfo borromeo proprio davanti all’Isola Bella e più in su, oltre Baveno, tra Feriolo e Fondotoce, la Toce sfociava nel lago.Ville e campanili, case e fabbriche da Pallanza a Intra sembravano cubetti delle costruzioni mentre la lingua d’asfalto della statale del lago Maggiore attraversava Ghiffa, Oggebbio, Cannero e Cannobio fino a incontrare la sbarra del confine con la Svizzera, tra Piaggio Valmara e Brissago. Sotto di noi, come su di una mappa in rilievo, vedevamo i laghi d’Orta e di Mergozzo e il lungo fondovalle ossolano dal quale partivano come lische di un pesce le strade che salivano verso le testate delle valli laterali, chiuse dalla corona delle alpi Pennine e Lepontine. Ma erano i colori del lago, le increspature dell’acqua mossa dalla brezza di superficie, a provocare una vera e propria vertigine. Galleggiavamo nell’aria e sotto di noi non c’era angolo che non contribuisse a comporre la grande suggestione del paesaggio. Le alture, il profilo dei poggi, i corsi d’acqua scintillanti che corrono tra le vallette verso il lago, la ricca vegetazione dei boschi, i giardini e i parchi, le serre delle aziende che coltivano camelie e azalee. Anche il tempo volava ed era giunto in momento di tornare con i piedi per terra. Ci dirigemmo sulla zona da cui eravamo partiti, scendendo poco alla volta per sondare il vento al suolo. In breve atterrammo nello spazioso prato ai margini della vecchia fabbrica di ceramiche. Scesi dalla mongolfiera ci abbracciammo forte. ” E’ stato un volo bellissimo. Mi era capitato altre volte di salire in mongolfiera ma qui, sul Maggiore, ho provato emozioni da brivido. Adesso io e André sgonfieremo il pallone, smontandolo. Dobbiamo rimetterlo nelle casse poiché, dopodomani, ci toccherà rispedirlo a Ginevra. Come ogni anno, il professor Guy De Marne organizza una gara di mongolfiere e ha bisogno di tutti i suoi aerostati per l’occasione“. Dopo le parole concitate di Roland, ci salutammo con un lungo abbraccio. Era stata davvero una giornata indimenticabile. Sul pontile dell’imbarcadero, nell’attesa di salire a bordo del San Cristoforo, il traghetto che collega Laveno con Intra, pensai che quell’esperienza doveva rimanere unica.  Non era il caso di ripetere quel volo  perché le grandi emozioni sono tali se non ci si fa l’abitudine. A Intra salii sulla motonave “Stambecco” e mezz’ora dopo scendevo al porto di Baveno. Andai a casa, sfinito dalla stanchezza ma contento. Dopo cena mi sdraiai sul letto, guardando fuori dalla finestra della stanza che dà sul lago. La luna, una mezza falce circondata dalle nubi, stava per essere ingoiata dalle stesse. S’annunciava una di quelle notti scure che si mangiano le stelle. Ero pronto a rivivere , in sogno , le gioie intense di questa memorabile giornata. Con un clik! spensi la luce dell’abat-jour. Buonanotte!

Terza e ultima puntata (Fine)

Marco Travaglini

Frecce sul lago

Come insegnante di Matematica, ora in pensione, mi è rimasta una certa
dimestichezza con la precisione numerica e geometrica. Ma lo spettacolo della
scorsa Domenica 20 maggio, sul Golfo Borromeo del Lago Maggiore, mi ha lasciato
stupito. Se osservate le foto, una di esse in particolare, date un’occhiata attenta
all’angolo retto formato dai nove aerei in formazione. Sì, d’accordo, è un angolo di
90°, tutti lo sanno: allora perché non provate voi, alla velocità di circa 700 km orari ?
Non avete il brevetto di pilota? Che ci vuole, molti lo hanno ottenuto. Sì, ma poi,
fareste quel numero? con le ali che quasi si toccano?  Ha detto  un pilota, a proposito di una figura “d’incrocio”: “Questa manovra  rappresenta la passione che anima gli uomini e le donne delle Frecce tricolori; è il  cuore della nostra Italia; ne sono orgoglioso e mi emoziono ogni volta che la vedo  disegnato in cielo”. Ha detto Mirco Caffelli, Comandante Frecce Tricolori “ Entusiasmo nel creare  qualcosa di nuovo e timore reverenziale di modificare un programma acrobatico di  per sé perfetto e geniale nell’essenza. Questi erano i due sentimenti principali che ci  hanno accompagnato nella creazione di una manovra che esaltasse l’estro e la
tecnica, ingredienti fondamentali che caratterizzano tutto il volo delle Frecce
Tricolori. Una manovra che vede la Formazione aprirsi col tricolore in nove direzioni
diverse di fronte al pubblico e ricongiungersi in pochissimo tempo”.
Qualche pilota ha insistito che andassi con loro: ho preferito restare a terra. Ma…. un
momento …. ero col Capitano Liberata D’Aniello, Ufficiale responsabile delle
Pubbliche Relazioni per parte delle Frecce Tricolori (vedi foto).
Scherzi a parte, è  stato un pomeriggio intenso, la gente si è divertita, ha scattato
milioni di foto. Si calcola che lo spettacolo (malgrado il tempo incerto) abbia
richiamato a Verbania circa 20 mila spettatori.
Elio Motella

I Millennial a tavola

Millennial è una parola che ho imparato da pochi mesi. Sta semplicemente ad indicare quelli che sono nati dal 1980 al 2000. Praticamente ancora giovani e fa coppia con un’altra definizione “nativi digitali”, le nuove generazioni che sanno tutto di internet, computer, telefonini e via di seguito. L’altra che viene in mente è “tardivi digitali”, vale a dire, quelli antichi come me, ma sempre molto curiosi di imparare, dalla fisica all’astronomia, passando per la storia, fino ad arrivare alla cultura del “buon bere” e “ben mangiare”.Per me che vengo dalla Scuola del compianto Cino Tortorella (Alias Mago Zurlì), grande gastronomo e conoscitore di mille piatti e altrettanti luoghi d’Italia, la ricerca di Polli Cooking Lab mi ha incuriosito. Scoprire le nuove tendenze alimentari altrettanto. Un campione di 500 donne torinesi e della Community si sono lasciare intervistare rivelando le loro preferenze e per le donne dai 25 ai 35 è emerso che amano sperimentare in cucina quando “lui” non c’è. Segno che quando c’è genera confusione. Le sorprese? Non solo più soltanto agnolotti al plin, ma linguine al tofu, millefoglie di verdure, involtini di crudité e sushi vegetariani. Il menù del terzo millennio è all’insegna della sperimentazione negli abbinamenti e nei sapori, ma con al centro ingredienti provenienti dall’orto: muffin ai peperoni (44%), millefoglie di verdure (38%) a base di cavolo cappuccio, cavolfiore e broccoli. Scende la carne rossa  (24%), sostituita persino dalla frutta tropicale che diventa protagonista di piatti unici come la tartare di avocado (32%), quinoa e verdure in agrodolce, mentre si mantiene stabile la posizione del pesce (28%). Fantasia in cucina che vede le donne, soprattutto le più giovani, dai 25 ai 35 anni, desiderose di sperimentare. Sperando che “lui” al ritorno sia soddisfatto degli esperimenti e non preferisca le “penne all’arrabbiata”. Per me, per contro, incuriosiscono la milanese di carciofo su trevigiana, la Saint Honoré di zucca con bignet alla toma Boscasso, oppure la millefoglie di zucchine con crema di parmigiana di melanzane o i ravioli di farina di riso proposti dalla chef piacentina (Val Tidone) Isa Mazzocchi, stella Michelin del ristorante La Palta (appalto ndr).

 

Tommaso Lo Russo

“Lasciano tracce impercettibili le traiettorie delle mongolfiere”…

Il bar del vecchio imbarcadero di Intra ,di fronte a Piazza Ranzoni, piaceva molto a Roland Duprè. Sedersi ai tavolini in quel salotto riparato dall’alto tetto in capriate di ferro sostenute da colonnine in ghisa di stile neo-classico, equivaleva a tuffarsi nelle atmosfere “liberty” di fine ottocento.Voi del lago siete stati bravi a mantenere intatte le linee dei vostri imbarcaderi. Guardati attorno, amico mio: è una delizia degli occhi vedere queste strutture, le vetrate, l’uso artistico del ferro. Il vostro ingegner Caramora, quando lo progettò, aveva avuto una felice intuizione per questo luogo che doveva diventare, come poi in effetti è stato per più di un secolo, uno dei crocevia più importanti della navigazione sul Verbano”. Del resto, bastava guardare gli imbarcaderi di Meina, Stresa, Baveno, Ghiffa, Cannero o Cannobio per rendersi conto che quello di Intra non era il solo “gioiello”. Roland, quel giorno, beveva lentamente il suo drink, allungando le gambe sotto il tavolino.Era visibilmente soddisfatto. Mi aveva poco prima confidato che la mia idea – costruire una mongolfiera per “galleggiare” nel cielo che sovrasta il lago Maggiore – lo intrigava. “E’ una sfida che mi attrae, amico mio. Una sfida alla quale non voglio sottrarmi. Ho un amico a Ginevra, direttore commerciale di un grande istituto di credito svizzero, che da molti decenni coltiva la passione per questo tipo di volo. Non ho dubbi che ci darà una mano. Anzi, sono certo che sarà felicissimo di prestarci una delle sue mongolfiere“. Mi spiegò che il professor Guy De Marne di palloni aerostatici  ne possedeva almeno una dozzina.

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Bastò una telefonata a cui fecero seguito altri contatti per fax e telegrafo ( Roland odiava la posta elettronica, i computer e internet ) e l’accordo si trovò. Il professore ginevrino era ben felice di prestare l’attrezzatura e noi lo eravamo ancor più di lui. Ci vollero meno di due settimane perché le quattro grandi casse, viaggiando per ferrovia, fossero recapitate a Baveno. Nel frattempo, per poter lavorare indisturbati, ci eravamo dati da fare nella ricerca di una struttura abbastanza grande per consentirci di montare i vari pezzi della mongolfiera. L’avevamo trovata. Anzi, l’aveva trovata Roland che aveva un’infinità di conoscenze. Non essendoci delle soluzioni idonee nella zona, aveva individuato un capannone a Laveno, proprio di fianco alla  vecchia fabbrica di ceramiche Richard Ginori. Certo, dover fare avanti e indietro con il battello tra le due sponde del lago non era il massimo ma non esitammo ad affittare quello che sarebbe diventato il nostro “hangar”. I viaggi tra le due sponde iniziarono, con una frequenza regolare. Quando mi presentavo davanti allo sportello della biglietteria dell’imbarcadero, il bigliettaio Ticchetti mi salutava con una domanda : “Il solito,

ragioniere?”.Alludendo al biglietto di andata e ritorno tra Baveno e Intra e tra quest’ultimo scalo e Laveno, usava la stessa espressione con cui Orlando Trezzi, il banconiere della Casa del Popolo si rivolgeva ai suoi clienti abituali. Le operazioni di montaggio ci occuparono più di un mese un po’ per l’inesperienza e perché l’attività si svolgeva a tempo perso,almeno per Roland che era la vera “mente” dell’operazione. Io, a dire il vero, essendo in pensione, di tempo ne avevo tanto ma non potevo certo inventarmi ingegnere aeronautico così, su due piedi. Occorre sapere che una mongolfiera è costituita da un ampio pallone, realizzato in tessuto monostrato di nylon, e ha un foro in basso, che in gergo viene chiamato “gola”. Al pallone è assicurato un cesto (o “gondola”) nel quale trovano posto il pilota ed i passeggeri. Installato sul cesto e posizionato sotto alla gola,  il bruciatore ha il compito di riscaldare l’aria, spingendola su nel pallone. L’aria riscaldata si raccoglie così nell’involucro rendendolo più leggero dell’aria circostante, determinando quella spinta ascensionale che fa volare la mongolfiera. Questi marchingegni sono in grado di raggiungere quote altissime, al punto che alcuni palloni ad aria calda per uso scientifico hanno raggiunto  e superato i 20mila metri di quota, ben al di sopra delle traiettorie degli aeroplani. Il tessuto sintetico che viene usato, dotato di leggerezza e grande resistenza meccanica, mette al riparo da spiacevoli guai.  Durante la costruzione, il tessuto viene tagliato in lunghi spicchi che vengono poi cuciti assieme fino a formare il pallone vero e proprio. Le cuciture sono quindi ricoperte da nastri ad alto carico, cui vengono fissate le funi che reggono il cesto. Il bruciatore, una specie di lanciafiamme, impiega il propano, un gas conservato, allo stato liquido, in apposite bombole. La spinta ascensionale fornita da una mongolfiera dipende principalmente dalla differenza tra la temperatura esterna e quella dell’aria contenuta nel pallone. Ad esempio, in una giornata afosa, la mongolfiera avrà meno spinta ascensionale rispetto a una giornata fresca o fredda  ed è per questa ragione che  i decolli delle mongolfiere avvengono solitamente durante le ore fredde , prima dell’alba o al sorgere del sole.

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Il pallone di una mongolfiera ha bisogno di circa tre metri cubi di volume per ogni chilogrammo da sollevare. Per questa ragione le  dimensioni delle mongolfiere moderne  variano molto, a seconda del disegno e del modello: le mongolfiere monoposto (dette anche Hoppers), hanno un volume del pallone di poco inferiore ai mille metri cubi. All’estremo opposto abbiamo i palloni giganti da ottomila metri cubi, in grado di sollevare una dozzina di persone. La nostra, come la maggior parte delle mongolfiere, era di circa 2500 metri cubi , sufficienti per trasportare tre o quattro persone. Era stata prodotta nella fabbrica di mongolfiere più grande al mondo: la Cameron Balloons di Bristol, in Inghilterra. Per pilotarla si era offerto Roland, avendo partecipato a diverse imprese e sempre pronto a intraprendere nuove avventure.Tra l’altro, non è che il pilota potesse far molto: il volo della mongolfiera è totalmente passivo. Chi la guida non può fare altro che variare la quota di volo. Tuttavia, con un attento studio dei venti in quota e delle loro direzioni, si può ottenere una certa navigabilità e l’ingegner Duprè era pronto a giurare che, variando la quota fino a giungere all’interno di una corrente,poteva scegliere la  direzione desiderata. Si era documentato per bene. Mentre lavorava canticchiava sottovoce una canzone di Gianmaria Testa che pareva scritta apposta per celebrare l’impresa a cui c’accingevamo: ..”lasciano tracce impercettibili le traiettorie delle mongolfiere e l’uomo che sorveglia il cielo non scioglie la matassa del volo e non distingue più l’inizio di quando sono partite”.  2° puntata (continua)

Marco Travaglini

La regina delle erbe spontanee

Una chef donna, stella Michelin dal 2000, una vera passione per le erbe spontanee e una cucina che esprime felicità.

Caluso (TO) – Sabato 19 maggio – CORSO DI FORAGING IN VALCHIUSELLA

Caluso (TO)  –  Mercoledì 23 maggio – CORSO DI CUCINA CON LE ERBE SPONTANEE

Torino –  Giovedì 24 maggio – PRESENTAZIONE LIBRO “LA CUCINA DELLE ERBE SPONTANEE”

 

 Lei è Mariangela Susigan, padrona di casa del Ristorante Gardenia di Caluso (To), e “La cucina delle erbe spontanee” è il suo nuovo libro, risultato di anni di studi e passione che hanno eletto Mariangela “regina delle erbe spontanee”. Per festeggiarne l’uscita la chef ha organizzato una settimana di appuntamenti verdi e golosi da segnare in agenda:

 

CORSO DI FORAGING IN VALCHIUSELLA

Sabato 19 maggio dalle ore 9 – Ritrovo presso il Ristorante Gardenia Corso Torino 9, Caluso (TO)

Due ore nel verde delle nostre valli alpine per scoprire le specie selvatiche più particolari accompagnati da Mariangela Susigan (chef) e Mauro Vaglio (erbolaro). Pranzo con il Pic-nic stellato di Gardenia (insalata di gallina, asparagi, erbe spontanee- quiche di borragine – degustazione di formaggi- dolcino). Al ritorno visita ad una malga del posto.

Costo 60 euro

Per info e prenotazioni Tel. 011/9832249 – info@gardeniacaluso.it

 

CORSO DI CUCINA CON LE ERBE SPONTANEE

Mercoledì 23 maggio dalle ore 19 alle 22 – Ristorante Gardenia Corso Torino 9, Caluso (TO)

Una serata dedicata alle erbe spontanee, riconoscimento, classificazione e naturalmente tante ricette wild!Durante le lezioni si prepareranno diversi piatti che verranno poi degustati dai partecipanti in abbinamento ad un calice di vino.

Costo 75 euro

Per info e prenotazioni Tel. 011/9832249 – info@gardeniacaluso.it

PRESENTAZIONE LIBRO “LA CUCINA DELLE ERBE SPONTANEE”

Giovedì 24 maggio ore 17,30 – Palazzo Madama (Sala delle Feste), Piazza Castello, Torino

Due chef stellati, Mariangela Susigan a Caluso in Piemonte e Alessandro Gilmozzi a Cavalese in Trentino, raccolgono 60 erbe selvatiche – illustrate dalla botanica Lucia Papponi – e le propongono in 40 ricette assolutamente sorprendenti. Non un semplice libro di cucina ma la storia della passione degli autori per le due valli alpine dove vivono e lavorano. Un viaggio sulle nostre montagne tra Canavese e Dolomiti per entrare nel mondo magico dei boschi e dei loro tesori culinari.

Mariangela Susigan e Lucia Papponi presentano il volume edito da Giunti e raccontano le erbe spontanee attraverso un’esposizione di oltre 50 specie di erbe della Valchiusella.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

È gradita la prenotazione scrivendo a: giardinomedievale@fondazionetorinomusei.it

Alla scoperta dei sensi con “The Experience”

Laboratorio Olfattivo in collaborazione con l’Associazione culturale Per Fumum presenta un percorso esperienziale 

 


Nella splendida cornice della Cappella di Sant’Uberto della Reggia di Venaria, Laboratorio Olfattivo organizza “The Experience”, un percorso esperienziale attraverso il quale mettere in gioco i sensi cercando di lasciare spazio al senso più condizionante, l’olfatto. I visitatori potranno partecipare a vari percorsi olfattivi: dalla scoperta delle materie prime iconiche, agli approfondimenti sulla rosa, come viene utilizzata in profumeria e quali sono i suoi costituenti odorosi, passando per Test Your Nose, spazio in cui sfidare la propria memoria olfattiva.  L’evento è realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale Per Fumum.

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Sabato 19 maggio  alle ore 11 e alle ore 15
Reggia di Venaria, Cappella di Sant’Uberto
“Ricostruire un profumo” 

Laboratorio a cura di Roberto Drago, Direttore Creativo di Laboratorio Olfattivo e Socio fondatore dell’Associazione Culturale Per Fumum.

I partecipanti  potranno ricostruire una delle fragranze di Laboratorio Olfattivo, partendo dalle singole materie prime che lo compongono.

Barolo boys… in fuorigioco

BAROLO, TAURASI, ALTO ADIGE, STEIERMARK 

 

Per il settimo anno i giorni della Pentecoste sono per i Barolo Boys di Monforte d’Alba l’occasione per aprire le porte del paese agli appassionati di cultura, di vino e di sport. Dal 17 al 20 maggio si terrà infatti BAROLO BOYS IN… FUORIGIOCO, la manifestazione organizzata dalla squadra di calcio di Monforte d’Alba, i Barolo Boys, e sponsorizzata dai vignaioli dello stesso paese: un incontro di una delle più raffinate produzioni vitivinicole italiane, quella del Barolo di Monforte d’Alba, con tre realtà produttive italiane e straniere. Dopo aver esplorato l’Italia e l’Europa, i tre territori invitati quest’anno sono l’Irpinia, l’Alto Adige e la regione austriaca della Stiria.Ma non solo: la quattro giorni monfortina sarà anche occasione per approfondire i temi della cultura del vino e dintorni.

Giovedì 17 maggio alle 20,30 nella Chiesa di Sant’Agostinoche domina l’unicità dell’Auditorium Horszowski, la giornalista Claudia Apostolo incontra “L’altra metàd’ la crota” ovvero le donne delle aziende vinicole di Langa definite, parafrasando il capolavoro di Nuto Revelli,l’anello forte, capaci di unire, di innovare, di sperimentare, ma praticamente invisibili. Il convegno è organizzato in collaborazione con la Confederazione Italiana Agricoltori. (ingresso libero)

Tradizione di BAROLO BOYS IN… FUORIGIOCO è la celebrazione dello sport come momento di aggregazione e di crescita e non poteva mancare in un progetto che ha il cuore che batte sul rettangolo verde di un campo di calcio lo specialissimo incontro con un campione straordinario.Paolo Maldinisarà l’ospite –venerdì 18 maggio alle ore 18 all’interno dell’Oratorio di Sant’Agostino– del giornalista Gigi Garanzini, inserendosi di diritto nella galleria degliintramontabili,grandi protagonisti portatori non solo di titoli e vittorie conquistati ma anche di valori da diffondere e condividere che ha già visto arrivare a Monforte Marco Tardelli e il giornalista Gianni Mura. (ingresso libero) Sempre venerdì18 maggio, negli eleganti locali del Moda Ristorante Venueè in programma la cena dei Campioni che consentirà a tutti gli ospiti di sedere a tavola con ivignaioli presenti alla manifestazione. E assaporare insieme a loro i piatti della tradizione, cucinati daquattro chef, abbinati ai grandi vini protagonisti dell’evento.

Sabato 19 maggio dalle 11 alle 18nel borgo antico di Monforte d’Alba tra il Ristorante Moda eLe Case della Saracca il cuore della manifestazione. Sarà infatti possibile partecipare ad un percorso di degustazione dei grandi vini protagonisti di BAROLO BOYS IN… FUORIGIOCO accompagnato da un’accurata selezione di formaggi,salumi e altre specialità delle Langhe (il costo è di 40 euro). Accanto al Barolo dei produttori monfortini si degusterà il Taurasi, vino superbo dal colore intenso e dal profumo deciso, prima DOCG di tutto il centro-sud fino al 2003. Meno di due milioni di bottiglie l’anno prodotte con l’uva Aglianico, uno dei più antichi vitigni a bacca rossa, coltivata in 17 comuni della provincia di Avellino, nel cuore dell’appennino meridionale. E ancora l’Alto Adige – Südtirol, una delle aree vitate meno estese d’Italia ma più varie per altitudine, composizione dei terreni e condizioni climatiche. Venti vitigni differenti vengono coltivati tra i 200 e i 1.000 metri di altezza. Sono celebri e conosciuti in tutto il mondo i bianchi altoatesini ma le otto aziende che verranno a Monforte porteranno in degustazione anche i loro vini rossi. Infine sarà protagonista la Stiria(Steiermark in tedesco), Land del sud-est dell’Austria dove fra terme e dolci colline, poco più di mille ettari di vigneti producono vini bianchi di grandissima qualità, grazie anche ad un clima particolarmente mite. Sauvignon Blanc innanzitutto, poi il Furmint– vitigno conosciuto anche come Tokay –  e il Morillon, versione austriaca dello Chardonnay, tanto per citare i principali.

BAROLO BOYS IN… FUORIGIOCO è una piccola perla di passione e ricerca che nasce dall’impegno volontario e testardo degli abitanti di Monforte d’Alba innamorati del loro paese, dall’orgoglio dei produttori di alcuni fra i migliori vini del mondo che sperimentano l’incontro con altre eccellenze del mondo e vogliono condividerne l’emozione, dalla voglia di non esaurire nei 90 minuti di una partita di calcio il senso di appartenenza al territorio e alla sua bellezza. Ma nessuno dei Barolo Boys rinuncerebbe a scendere in campo e la manifestazione, anche quest’anno, si concluderà domenica 20 maggio con la sfida fra la squadra di casa e una selezione di ex calciatori professionisti danesi alle 15 sul campo di Gallo Grinzane.

Biscotti per celiaci

L’obiettivo di FiorNatura è quello di diventare un punto di riferimento dello star bene attraverso un’alimentazione naturale e una vita sana nel rispetto dell’ambiente: (come) mangiare cibi sani e saporiti, ricercati con cura e provenienti da agricoltura biologica italiana, preparandoli con ricette semplici, veloci e buone.                                                                              www.fiornatura.it

LA RICETTA: BISCOTTI PER CELIACI

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Difficoltà: Bassa

Preparazione: 20 minuti

Riposo: 60 minuti

Cottura: 10-15 minuti

Dosi: 25 Biscotti

Strumenti:

– Impastatrice

– Frusta K

– Frullatore o Minipimer

– Bilancia pesa alimenti

Ingredienti per 25 biscotti

  • 100 g di farina di miglio
  • 50 g di farina di riso finissima
  • 50 g di nocciole piemontesi precedentemente tostate
  • 40 g di zucchero di canna
  • 40 g di miele
  • 70m g di latte di riso
  • 1 Cucchiaio di olio EVO
  • 1 Cucchiaino di curcuma
  • 4 g di cremor tartaro
  • Sale q.b.

Preparazione

Scaldate il forno a 150° C. rivestite una teglia rettangolare con carta da forno e sistemare le nocciole nella teglia e tostatele in forno per una decina di minuti, mescolandole di tanto in tanto. Togliete la teglia dal forno, fate raffreddare le nocciole e strofinatele con un canovaccio pulito per eliminare le pellicine. Trasferite nel bicchiere del frullatore e tritate finemente. Setacciate accuratamente la farina in modo che non crei fastidiosi grumi nell’impasto. Versate la farina nella ciotola della Planetaria, unite le farine, lo zucchero, le nocciole tostate ed i liquidi a filo per rendere omogeneo l’impasto a velocità 1 per 5 minuti con il gancio a Kappa. Aggiungete al composto il latte di Riso tiepido e impastate fino ad ottenere una palla soda. 

Coprite la ciotola della planetaria con della pellicola trasparente e mettete l’impasto nel frigo per 1 ora. Dopo il tempo di riposo, stendete la pasta in una sfoglia sottile. Usate la sfoglia di pasta sfoglia per tutte le preparazioni di biscotti. Potete anche utilizzare la pistola per realizzare dei favolosi biscotti.

Cottura

Ora foderate una teglia con la carta da forno e appoggiateci sopra la i biscotti. Infornate per 10 – 15 minuti a 170° C con forno statico e poi togliete dal forno.

Conservazione

I biscotti sono pronti per essere consumati, possono essere conservati 9 – 10 giorni in un contenitore ermetico. Non consiglio di congelarli.

 

Il galateo si impara al corso

Oggi più che mai risulta vincente e determinante la capacità di sapersi comportare con correttezza, educazione e stile, è senza dubbio più importante di quanto a prima vista non sembri. I gomiti non si appoggiano sul tavolo, il piattino del pane si trova alla nostra sinistra, conoscere l’arte delle buone maniere non significa soltanto questo ma tutt’altro. Significa avere le conoscenze necessarie per destreggiarsi in ogni situazione e allo stesso tempo avere la possibilità di rovesciare le situazioni scomode a nostro favore. Avere le buone maniere vuol dire trovarsi a proprio agio in qualsiasi ambiente sociale, riuscire ad essere disinvolti e sicuri di sé nei rapporti con gli altri. In una definizione, significa sapere cosa fare, come farlo e quando farlo.  In questo corso, seguendo quelli che saranno semplici e pratici consigli, apprenderete le armi vincenti del moderno saper vivere, imparando a destreggiarvi con eleganza e disinvoltura in ogni situazione, evitando lo stress dell’improvvisazione e le cadute di stile. Il corso si svolgerà il 31 maggio presso la Fondazione Accorsi – Ometto (Via Po 55) dalle 10.00 alle 18.00, la Fondazione omaggerà gli iscritti con una visita al Museo e alla splendida mostra “Da Piffetti a Ladatte”.Il secondo giorno gli iscritti saranno ospiti nel cuore delle buone maniere, lo storico negozio Prochet (Via P. Micca 6) che metterà a disposizione i suoi tesori per aiutarci a capire l’apparecchiatura e la gestione della tavola. 

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L’alberghiero Giolitti si fa onore nelle Marche

L’Istituto Alberghiero GIOLITTI di Torino ha ottenuto ottimi risultati nella Finale Nazionale tra Istituti Alberghieri.
Dal 9 all’11 maggio gli Istituti Alberghieri provenienti da tutta Italia si sono dati appuntamento a Loreto per tre giorni dedicati alla cultura e alla formazione.
Ospiti durante le serate CHEF RUBIO insieme allo CHEF MATTEO BERTI che hanno incantato i ragazzi con aneddoti, consigli e suggerimenti per il loro futuro