LIFESTYLE- Pagina 282

I parchi diventeranno palestre

Alcuni parchi di Torino, i più grandi,  si trasformeranno in palestre all’aperto nella tanto attesa Fase 2

Per la sindaca Chiara Appendino «i parchi saranno centrali». L’idea è di aprire i giardini pubblici ai cittadini per fare sport individuali e, soprattutto, farli diventare  palestre a cielo aperto in attesa che quelle tradizionali al coperto possano riaprire.

Saranno proprio le  piccole palestre private a tenere corsi e attività nei parchi comunali, nel rispetto delle norme di sicurezza contro il coronavirus. Nel frattempo il  Politecnico sta studiando il “modello cinese”: nei  grandi spazi all’aperto i  torinesi potranno un domani fare sport in gruppo (sempre con il dovuto distanziamento sociale).

Melita Toniolo spiega ai bambini come difendersi dal Coronavirus

Melita Toniolo spiega ai bambini come difendersi dal Coronavirus. Questo divertente e-book illustrato, nato da un’idea di Pietro Favorito e Fabio Bonini e pubblicato dalla casa editrice barese Les Flâneurs Edizioni, esorta i più piccoli a tenere alta la guardia contro la diffusione del Covid-19

Protagonisti della storia sono il tigrotto dj Gino Vox e il cagnolino Oronzo, già insieme nel video musicale contro l’abbandono degli animali, Micio Macho, e nel libro illustrato contro la violenza sugli stessi, Jack Gnocco Superstar. Al loro fianco una special guest d’eccezione, la showgirl, modella, attrice, conduttrice televisiva e radiofonica, ex star del Grande Fratello: Melita Toniolo.
Una testimonial tanto importante per dare un peso ancora maggiore a un’iniziativa a sfondo sociale che vuole ribadire la necessità di mantenere alta l’attenzione contro la diffusione del Coronavirus, soprattutto in questo momento in cui i casi di contagio sono in calo. Mai come ora bisogna tenere duro e continuare a rispettare le restrizioni imposte dal Governo a tutela della salute di tutti. Con le loro marachelle, Gino Vox e Oronzo fanno sì sorridere i bambini, ma danno anche lo spunto a Melita per richiamarli all’ordine e quindi ricordare come ci si comporta in questo difficile periodo.

L’ebook può essere scaricato gratuitamente a questo link:

Andrà tutto bene

Cronache della peste. Nostalgia del bar

Ti confesso che ho una grande nostalgia del bar…” mi dice un amico al telefono. Lo capisco perfettamente. La provo anch’io. E si fa struggente se, nella mezz’ora d’aria concessami per fare la spesa – stanno meglio gli ergastolani – passo davanti al bar che ero uso frequentare. Prima della tirannide pseudo – salutista.. Prima dello Stato teocratico virologico…

Mi si dirà: vabbe’ ma il caffè, o la birra, o l’aperitivo te li puoi bere tranquillamente a casa. E risparmi pure. E parecchio…
Ma chi parla così rivela, a mio avviso, gravi lacune culturali. E problemi nelle relazioni sociali. Perché bar, caffetterie, pub non sono solo spacci di bevande. Sono luoghi di aggregazione. E di cultura…

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Cronache della peste. Nostalgia del bar

Il Po mai così limpido

Chiare fresche dolci acque  Tra i pochi effetti positivi del coronavirus è da registrare come le acque del Po non siano mai state così limpide

Complici le industrie ferme per il lockdown, il Grande fiume si presenta cristallino e di un bel colore azzurro.  Gli scarichi delle aziende, infatti, sono ad oggi pressoché inesistenti.

Attenzione, però: ciò non significa che l’inquinamento sia del tutto sparito e che si possa bere l’acqua, magari ai Murazzi, come se si trattasse di una fonte di montagna. Comunque lo spettacolo è davvero inusuale. Godiamocelo finché sarà possibile.

 

(foto Mihai Bursuc)

Cronache della peste. Divagazioni di un sognatore

Ti monitorano all’ingresso dei supermercati con droni spia. Posti di blocco ovunque. Elicotteri che ti braccano se passeggi su una spiaggia deserta… Roba che neppure nel Cile del dopo golpe…

Roba da far sbiadire il 1984 di orwelliana memoria… E poi ti dicono di cantare alla finestra alle sei di sera, come un passero accecato in gabbia.. E di essere contento. Perché ti stanno salvando la vita… E magari ci credi…

E allora ti sta bene. Questo e peggio di questo. Solo che anche chi non abbocca, gli apoti che non se la bevono, devono subire… per ora, almeno. Ed anzi stanno peggio degli altri. Perché non hanno paura. Perché vedono le cose per come sono. E quindi sono reietti…

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Cronache della peste. Divagazioni di un sognatore

A Torino il cibo per cani arriva a domicilio

Boom di richieste di pappa fresca “delivery” in quarantena: +300% durante il mese di marzo. La startup estende il servizio di consegna a domicilio a tutta l’Italia

 

Quarantena e delivery: l’associazione è ormai immediata e riguarda ormai qualsiasi bene di consumo, comprese le pappe per gli amici a quattro zampe. Al punto che Dog Heroes, la startup milanese che consegna a domicilio pappe fresche per cani, ha fatto registrare nel mese di marzo il +300% delle richieste e, vista l’esigenza dettata dall’emergenza, ha deciso di estendere il servizio di delivery a tutta Italia.

 

Con i supermercati presi d’assalto e i lunghi tempi d’attesa sugli e-commerce della GDO, infatti, anche reperire il cibo per gli animali domestici diventa più complesso: e così Dog Heroes, attiva prima dell’emergenza COVID-19 solo su Milano, ha deciso di anticipare i tempi e attrezzarsi per consegnare i suoi piani alimentari personalizzati nelle case – e nelle ciotole – dei cani di tutta Italia.

 

«Estendere il servizio a tutta Italia era già nei nostri piani di sviluppo, ma nel mese di marzo abbiamo fatto il +300% degli ordini, con oltre 20.000 mila utenti che si sono collegati a marzo sul nostro sito. Ci hanno scritto in molti, da tutta Italia, per chiedere se il servizio di delivery fosse disponibile anche per le lunghe distanze. Così, vista l’esigenza, abbiamo deciso di anticipare i tempi» – spiegano Pierluigi Consolandi e Marco Laganà, co-fondatori di Dog Heroes – «Le nostre pappe sono cucinate fresche e i piani alimentari sono personalizzati in base alle esigenze di ciascun cane: mantenere la qualità del prodotto nonostante la consegna sulla lunga distanza è una sfida, proprio come per il cibo fresco per gli umani. Nell’emergenza, però, ci siamo mossi subito per portare il servizio a più persone possibili: il cibo è cotto in forno e pastorizzato, già porzionato sulla base del fabbisogno del cane; le pappe vengono poi abbattute e surgelate, e spedite con ghiaccio e isolante termico compostabile ed ecofriendly».

 

Ordinare è semplice: basta andare sul sito www.dogheroes.it ed inserire i dati del proprio cane come razza, età, peso, abitudini e stile di vita. I veterinari Dog Heroes, quindi, elaborano un piano alimentare personalizzato sulle informazioni raccolte, che verrà consegnato a domicilio ogni due settimane, con porzioni giornaliere pronte per essere servite. Tutte le ricette sono, letteralmente, a prova di umano: sono realizzate con ingredienti di qualità e senza additivi chimici né conservanti, per dare al proprio cane un’alimentazione che sia il risultato di processi di selezione delle materie prime e processi produttivi identici a quelli della produzione alimentare per l’uomo, e contengono più del 60% di carne.

Dog Heroes sta Inoltre cercando di applicare il concetto della circular economy sul suo processo core – la produzione di pappe – rendendole a basso impatto, ottimizzando il surplus delle lavorazioni degli alimenti per uso umano, riducendo le eccedenze alimentari.

 

E per chi sta sfruttando il tempo libero per cucinare in casa le pappe per il proprio amico a quattro zampe? Dog Heroes mette in guardia: «E’ vero, adesso c’è più tempo per cucinare anche per il cane, ma la dieta casalinga ha delle insidie: tra queste, quella di realizzare una pappa che non rispetti il fabbisogno del cane e che non fornisca un apporto nutrizionale adeguato. Specialmente in questo periodo in cui la sedentarietà obbligata cambia anche il metabolismo dell’animale» – concludono Pierluigi Consolandi e Marco Laganà – «Con Dog Heroes vogliamo stare vicino ai padroni durante questo periodo: sui nostri canali social offriamo anche informazioni sul rapporto tra il virus e i nostri animali domestici, insieme a veterinari nutrizionisti e pet trainer».

Sorridere con le battute di Mister Fred Dura

“Le battute di Mister Fred Dura!”. Il nuovo libro di Franco Lana, Book Sprint edizioni

Senza fare lunghi giri di parole, è inutile sottolineare che viviamo in un’epoca dove regna, l’ipocrisia e la falsità, l’opportunismo e il menefreghismo.

Dove la depressione non soltanto sembra ormai faccia parte della vita di ognuno di noi, ma che viene somministrata a grandi dosi, dalla società che ci troviamo a vivere, tramite notizie terribili (senz’altro reali), e tragedie a tutte le ore, come se il mondo avesse solo quell’aspetto lì. E allora, un po’ di buonumore, una risata, un sorriso per combattere le tristezze quotidiane. Quindi, vai di dentifricio, e sorridiamo dei guai, nella speranza che qualcosa possa cambiare, e che ognuno nel suo piccolo possa dare un contributo, perché ciò avvenga.

Per saperne di più:

Ecco dove trovare il libro

La Pasquetta di una volta. In attesa di tempi migliori

Pic nic, un classico per Pasquetta. Da tempo immemore. Oggi il ricordo ha più valore, visto le attuali difficoltà. Il ricordo ci da’ una mano nel sopportare questo presente

Sento molti amici e reciprocamente ci chiediamo come stiamo e come stanno le persone care, per dirci che abbiamo vissuto tempi migliori. Supereremo anche questo ed il ricordo ci darà una mano nel futuro.
Ricordando belle Pasquette. Naturalmente le prime che mi ricordo sono le più dolci, le più affabili. Proprio come il primo amore che non si scorda mai. Obiettivo  le Valli di Lanzo o le colline del torinese. Ingrediente indispensabile il sole. C’era sempre o perlomeno questo è ciò che mi ricordo. I miei non avevano l’auto, dunque aspettavo con trepidazione l’arrivo degli zii paterni. Aspettavo appollaiato sul balcone. Sarebbero arrivati verso le 10,30. Al più tardi le 11, ero già lì alle 9, dopo abbondante colazione e la notte nel fantasticare storie improbabili con annesse avventure improbabili dove, ovviamente io ero il capo dei buoni contro i soprusi dei cattivi. I compiti erano così suddivisi. Mio padre pensava al vino e alla scelta del luogo. Mia madre, deboluccia sulla cucina, solo  uova sode ed involtini di prosciutto in gelatina e comprava affettati vari con immancabile antipasto della Ghiotto: tonno con Funghi. Mio zio caricava la 1100 con tavolini e sedie da campeggio. La regina era mia zia Teresina. Ogni cosa che lei cucinava diventava un capolavoro. Dalle lasagne agli zucchini in carpione. Mangiava pochissimo solo assaggiando. La parte culinaria era il 50 % , il resto era la compagnia. Coppie di amici con relativi amici ed amiche. Più tavoli che avrebbero composto una tavolata unica. Un po’ sbilenca e posticcia, ma dava il senso dell’insieme, poi tre gruppi distinti:  donne, uomini e noi bimbetti. Le donne verso la cucina da campo e noi bimbi pronti per inabissarci nel bosco limitrofo. I primi caldi e le ginocchia sbucciate. La mini banda era formata e via fino  a sera. Grande libertà e grande spensieratezza. Cosa facessero i grandi lo si intuiva. Gli uomini giocavano a carte,  Tarocchi possibilmente, ed improvvisate partite a bocce. Le donne dopo aver riassettato a volte ricordavano di quando lavoravano in fabbrica sperando per la figlia o il figlio una laurea in qualcosa. La laurea più gettonata era quella di medicina. Del rientro poco ricordo visto che ci si appisolava. Normali storie di persone normali. Piccole storie riaccese da quella fotografia in bianco e nero trovata nel fondo di un cassetto dimenticato.
Foto che riaccendono memorie riposte in un cassetto della nostra mente. Oggi più che mai. Oggi costretti nello stare a casa e alla ricerca di un tempo che c’è stato. Il sole,  quello si è immutabile nel tempo. Nel ricordo, nella memoria, e nelle speranze di ieri e di oggi. Non ci arrendiamo, non è nella nostra indole, né nelle nostre possibilità. Convinti che il prossimo anno riprenderemo nel fare pic nic sui prati. Del resto se era un classico allora, sarà un classico domani. Poi che sarà mai saltare un turno? Il sole, il ricordo, queste piccole storie, queste piccole memorie ci servono per avere altre piccole storie e piccole memorie. Anzi, direi ci danno linfa vitale per superare questo momentaccio. Ancora una volta ce la faremo.
Patrizio Tosetto

Pasquetta virtuale al Castello di Pralormo

100 mila tulipani in fiore sui social e su www.castellodipralormo.it. Annullata anche la tradizionale caccia all’uovo di cioccolato

 Come ogni anno, nei giorni di Pasqua al Castello di Pralormo Messer Tulipano raggiunge il massimo splendore, con 100 mila tulipani in fiore. Causa Corona Virus non sarà possibile ammirarli di persona, ma collegandosi ai social o al sito www.castellodipralormo.it per effettuare una visita virtuale a parco e castello. A guidarla raccontando segreti e piccole grandi storie, sarà anche a Pasqua e Pasquetta Consolata Pralormo,  ideatrice della manifestazione.

“Vi aspettiamo il prossimo anno per la caccia alle uova di Pasqua di cioccolato, un evento dedicato ai bambini. – dice Consolata Pralormo – Prende spunto dal fatto che in questo periodo le galline bianche del Parco depongono le uova tra i  muscari, fiori blu a forma di pannocchiette”.

Dal Piemonte alla conquista del mondo

“Lars dove sei ? Stai bene ?”. “Buonasera, professore, sono bloccato in Cambogia da 10 giorni e la situazione non è facile”. Questo scambio di battute su Messenger si è avuto tra il 24 ed il 26 marzo scorsi tra lo scrivente e Lars Orazzo, 23 anni appena compiuti, brillante studente dell’Istituto Artusi di Casale Monferrato, rimasto bloccato nel Sud Est asiatico dall’emergenza coronavirus.

La vicenda, che poteva assumere anche toni decisamente più critici ha avuto uno sblocco quando mi è arrivato un secondo messaggio il 28 marzo alle 6.44 del 28 marzo: “Sono giunto all’aeroporto di Oslo adesso. E’ una situazione assurda, aeroporto completamente vuoto”. Poi Lars, grazie ad uno scalo a Londra è riuscito a rientrare in Italia e adesso è a casa sua a Montemagno, nel Monferrato astigiano, con i familiari.

E la pandemia ha interrotto quella che è stata (sino al momento in cui le cose non sono precipitate) una bellissima esperienza di viaggio e di vita. Orazzo dopo il diploma all’alberghiero aveva lavorato in Inghilterra sino a settembre del 2018 poi era tornato in Italia in Alto Adige. “Il mio sogno – spiega, raggiunto telefonicamente – era fare il giro di mezzo mondo non usando l’aereo ma i mezzi di terra, partendo dall’Italia per arrivare sino all’Australia, dopo aver attraversato l’Est Europa, poi la Russia sul percorso della Transiberiana e l’Oriente sino a giungere appunto nel Nuovissimo Continente”. Così il 15 luglio del 2019, insieme ad un compagno di avventura, Sasha De Zordo di Auronzo di Cadore, è partito dalla stazione dei bus di Venezia Mestre. Le prime tappe dopo l’Italia sono state la Slovenia, l’Ungheria, la Slovacchia, la Repubblica Ceca, la Polonia (“qui abbiamo toccato Katowice, Cracovia, Varsavia, Auschwitz, la cui visita è stata una delle esperienze più forti di questo viaggio”), poi l’ingresso nei Paesi Baltici, Lituania, Lettonia, Estonia, con l’ingresso in Russia a San Pietroburgo e la spettacolare visione della Prospettiva Nevskij, con il passaggio a Mosca e la salita sul treno della Transiberiana, con fermate a Kazan, Ekaterinburg dove i due viaggiatori hanno passato a piedi il punto di confine tra l’Europa e l’Asia. Poi il viaggio è proseguito sino a Ulan Ude e qui i due novelli emuli di Marco Polo (o se si preferisce di Tiziano Terzani nel di ‘Buonanotte Signor Lenin’ o ‘Un indovino mi disse’) incappano in un imprevisto: “Dovevamo andare in Mongolia – dice Lars Orazzo – ma il nostro visto scadeva il 18 settembre e la burocrazia russa, rigorosa e disorganizzata non l’avrebbe rinnovato in tempo. Così siamo andati la mattina presto alla stazione dei treni ma non c’erano né treni, né bus. L’aiuto ci è arrivato insperato da un signore che ci ha dato un passaggio, previo un compenso, per duecento chilometri, sino al confine terrestre tra i due Stati. Siamo entrati chiedendo ad una famiglia mongola di farci entrare a bordo del loro Van. Poi, però, il problema non era ancora risolto e grazie ad un altro passaggio, a pagamento, abbiamo fatto 13 ore di auto nel deserto per percorrere i 300 chilometri più a Sud in direzione di Ulan Bator. E alle 21 circa una gomma si è afflosciata e pure la gomma di scorta era bucata. Poi, dopo aver spinto l’auto per un centinaio di metri, sino ad una pompa di benzina, si è riusciti a riparare la gomma e ad arrivare nella capitale, sfiniti, alle 4 del mattino. In Mongolia siamo rimasti un mese: dei sedici Paesi che abbiamo visitato è quello che mi è rimasto nel cuore: cultura, tradizioni, usanze popolari sono ancora vergini, non toccate dalla globalizzazione e dal turismo di massa.

Abbiamo vissuto per otto giorni nel deserto del Gobi con i nomadi che vanno a caccia a procurarsi il cibo. Un ritorno all’indietro nel tempo di 1000/2000 anni”. Poi Lars ed il suo compagno di viaggio hanno deciso di saltare la Cina, per via degli alti costi del visto (all’epoca il coronavirus non era comparso sulla scena) volando nel Nepal dalle alte montagne incontaminate per passare poi per cinque settimane in India, visitata da Ovest ad Est, da Delhi a Calcutta, saltando il Bhutan per via di un visto decisamente caro (200 dollari americani al giorno). “Il nostro è stato – dice ancora Lars – un turismo zaino in spalla, abbiamo dormito negli ostelli, viaggiato il più possibile sui mezzi locali di trasporto, non sui pullman gran turismo, con un budget da rispettare”. Così è capitato, ad esempio in un centro a Sud del Nepal dove non c’erano ostelli ma solo stanze in condomini che venivano concesse dal proprietario a 2/3 euro a notte, umidissime, con letti di legno e materassi sottilissimi quasi inesistenti e una convivenza con ragni, mosche, zanzare oppure di affrontare una lunga tratta su un treno indiano (13/14 ore) in compagnia di topi che passeggiavano sotto il vagone. Dal subcontinente indiano il viaggio è proseguito attraverso il Laos, il Vietnam e la Cambogia dove Lars e Sasha si sono fermati un mese. Mancava soltanto la visita ad Angkor con i suoi templi prima di passare al prossimo Paese, con il visto quasi allo scadere, ma a questo punto sono insorti i problemi. “Si è diffusa la notizia di un gruppo di francesi che erano positivi al virus e si è creata quasi subito un’idea di discriminazione verso gli europei, specialmente gli italiani, anche per quanto stava accadendo in Italia. Nel frattempo la Thailandia ha effettuato un restringimento per quanto riguarda gli italiani e chiuso le sue frontiere via terra. Abbiamo pensato di andare direttamente in Malesia, ma anche questa ha chiuso, così come Indonesia ed Australia, Laos e Vietnam. A questo punto ci trovavamo in una situazione che stava diventando sempre più critica in un Paese con strutture ospedaliere precarie, dove non c’è un’ambasciata o un consolato italiano, con la scadenza del primo mese di visto. Abbiamo trovato altri ragazzi italiani nelle nostre condizioni: prima si è cercato di contattare la Farnesina, ma abbiamo avuto soltanto un contatto molto laconico dopo cento telefonate, ci siamo rivolti all’ambasciata di Francia ma ci hanno gentilmente detto di capire il nostro disagio ma prima avrebbero dovuto risolvere il problema dei cittadini francesi poi saremmo venuti noi. Siamo riusciti a contattare l’ambasciatore italiano ma nell’immediato non si è arrivati ad una soluzione.

Dopo quasi dieci giorni di contatti con uffici ed ambasciate la Thailandia si era resa disponibile a consentire un transito aereo da Pnom Penh a Bangkok e da lì all’Europa ma a condizione che producessimo un visto di transito, un foglio medico (tra l’altro di una clinica privata) ed il test che provasse che non avessimo il coronavirus. Con mille difficoltà siamo riusciti ad ottenere i documenti. Per fare un esempio: l’unica struttura abilitata ad effettuare i tamponi faceva due turni brevi al mattino ed al pomeriggio di quindici minuti ciascuno, per cui abbiamo dovuto andare alle 4.30 per passare per primi nella mattinata. Superati questi inconvenienti siamo riusciti a prendere un aereo per Oslo perché ci avevano detto che da lì sarebbe stato possibile prendere un volo per l’Italia, ma in realtà collegamenti dalla Norvegia non c’erano e la situazione in aeroporto era surreale, non c’era nessuno. Siamo riusciti a prendere letteralmente ‘al volo’ cinque minuti prima dell’imbarco un collegamento per Londra e da Londra raggiungere Roma”, terminando così l’Odissea. Adesso Lars è tornato a Montemagno, sulle colline del Monferrato, e ritiene quella appena lasciata alle spalle ‘un’esperienza di vita notevole’ e sotto sotto cova l’intenzione, ovviamente nei tempi congrui e passata questa emergenza sanitaria, di chiudere il cerchio del viaggio che si era prefissato inizialmente.

Poiché Lars ha esposto qui soltanto alcune delle sue esperienze e dei suoi ricordi di viaggio, torneremo nei prossimi giorni con alcuni approfondimenti sui vari Paesi visitati.

Massimo Iaretti