Abdelghani Rhalmi, presidente del centro culturale, padre di tre figli, lavora in una fabbrica alle Vallette e ogni giorno, al tramonto, attraversa la città e arriva in moschea per la preghiera della sera. Per il momento è un tempio “invisibile” perché sulla via c’è un anonimo portone di ferro
E’ una moschea di confine, tra Torino e Moncalieri, e forse verrà intitolata al re del Marocco, anche se da Rabat non si è fatto molto per far nascere il luogo di culto dei musulmani che gravitano attorno alla zona del Lingotto. Per il momento è una moschea “invisibile” perchè sulla via c’è un anonimo portone di ferro, di fronte al cartello stradale che segna il limite tra le due città,con un citofono altrettanto anonimo,che può essere l’ingresso di un qualunque condominio. Per rendersi conto che siamo in una moschea bisogna scendere una cinquantina di scalini e trovarsi finalmente nella sala di preghiera(era una discoteca) abbellita da splendidi lampadari marocchini ma la prima impressione è quella di scendere in una catacomba del XXI secolo. Per fortuna non si scende più in basso anche perchè l’aria in questo locale è già piuttosto scarsa e rarefatta. Siamo comunque nella prima moschea di Torino, o meglio nel Centro culturale islamico di Moncalieri affiliato alla Moschea di Roma e riconosciuto dallo Stato italiano.
Non solo ma la moschea di via Genova 268 ha anche un altro primato, quello di aver visto la luce prima di quella di via Urbino 5 nel quartiere Aurora che,sulla carta, avrebbe dovuto diventare la prima moschea di Torino,con i favori del governo marocchino e invece si è dissolta nel nulla. Abdelghani Rhalmi, presidente del centro culturale e responsabile della moschea,padre di tre figli, lavora in una fabbrica alle Vallette e ogni giorno,al tramonto,attraversa la città e arriva in moschea per la preghiera della sera. “Nelle ore serali,racconta Abdelghani, finito il lavoro,viene più gente in moschea ma negli altri momenti dedicati alla preghiera ci sono poche persone mentre il venerdì,giorno sacro per i musulmani,la sala si riempie di fedeli,alcune centinaia”. Il tempio di via Genova si anima durante le tradizionali cinque preghiere islamiche che un buon musulmano deve osservare ogni giorno. Si comincia all’alba per continuare dopo le 13.00, replicare alle 16,30 e al tramonto mentre l’ultima preghiera è prevista poco dopo le 21.00. I rapporti con il governo del Marocco sono buoni ma le torbide vicende della moschea di via Urbino,mai nata anche se gran parte del denaro da investire nella ristrutturazione dei locali è arrivato a Torino dal Ministero degli Affari Religiosi,hanno bloccato nuovi finanziamenti governativi verso la comunità marocchina torinese. Una pioggia di denaro che avrebbe fatto comodo ai nuovi proprietari dell’ex discoteca poichè la moschea di via Genova (non è una onlus e non può contare su sgravi fiscali) costa 500.000 euro e per il momento i nuovi proprietari dell’ex discoteca hanno sborsato solo 75.000 euro mentre i lavori di restauro, durati tre anni, sono costati 100.000 euro e sono stati pagati con una raccolta fondi nella comunità marocchina.
“La nostra moschea,spiega il responsabile della sala di preghiera propone un Islam moderato e aperto, qui non si parla di politica ma piuttosto del comportamento che un buon musulmano deve tenere nella vita di tutti i giorni. Bisogna imparare ad essere solidali con gli altri,ad aiutarsi reciprocamente,a dare l’esempio seguendo un Islam tradizionale,lontano da estremismi e forzature”. In via Genova non c’è ancora un imam ufficiale ma,assicura Abdelghani,”lo stiamo cercando nella nostra comunità torinese. Per il momento il sermone della preghiera viene recitato in arabo e qualche volta in italiano ma presto verrà sempre tradotto nella vostra lingua,come già accadeva nella vecchia moschea di via Pininfarina a Moncalieri”.In via Genova 268 si va anche a scuola.
Il Centro culturale islamico promuove corsi di italiano e di arabo per le donne mentre i bambini hanno l’opportunità di studiare l’arabo perchè l’italiano lo sanno già e lo parlano con gli amici e a scuola. La donna araba,fa presente Abdelghani,che vive qui è cambiata molto negli ultimi anni e si comporta come le donne italiane,alcune lavorano,altre no e in moschea viene con il velo tradizionale”. Novità invece sul fronte delle conversioni.”Abbiamo cinque o sei ragazzi convertiti all’Islam e vengono qui da noi a pregare. Sono trentenni,lavorano e abitano in zona. C’è anche un musulmano sposato con una donna italiana che frequenta il nostro Centro”. E i rapporti con i residenti del quartiere? Per Abdelghani tutto fila liscio,nessun grosso problema tranne qualche lamentela durante il Ramadan estivo per il massiccio afflusso di fedeli in moschea ma nulla di più. (Foto Città di Torino)
Filippo Re