Esportare un modello di Parco Tecnologico sostenibile e vincente nei paesi emergenti, proponendosi come guida per la crescita dell’imprenditoria locale e, nello stesso tempo, aprendo a nuove opportunità di business per le aziende piemontesi e italiane in mercati dal grande potenziale. Con questi obiettivi il Bioindustry Park di Colleretto Giacosa (Torino) ha intrapreso una serie di missioni internazionali, dalla Cina, alla Tunisia fino in Iran.

Proprio in Cina, in qualità di rappresentante di bioXclusters (l’alleanza strategica fra cluster europei sulla medicina personalizzata, di cui il Parco piemontese fa parte come gestore del Polo bioPmed), Bioindustry Park ha firmato un accordo triennale con il Fenglin Biomedical Center (BioFM), per promuovere la competitività delle PMI (acronimo che sta a significare piccole e medie imprese) biomedicali italiane ed europee, aprendo loro un canale privilegiato per il mercato cinese, per i finanziamenti privati e per l’identificazione di nuovi partner. L’accordo mette anche a disposizione delle imprese le infrastrutture per visite lavorative presso il Fenglin BioMedical Park di Shanghai, in cui sono insediati ospedali, centri di ricerca e imprese come Shanghai Pharm e Quintiles IMS.
Sinergie sono in corso anche in Iran. Proporsi come modello di riferimento, mettendo a disposizione la propria imprenditorialità tecnologica per lo sviluppo di progettualità comuni, è l’oggetto dell’intesa che il Parco di Colleretto Giacosa sta portando avanti con il proprio omologo iraniano, l’Isfahan Science and Technology Town, il più antico Parco Tecnologico del paese asiatico, che incuba al suo interno circa 150 aziende operanti in diversi settori di attività. Il Parco iraniano potrebbe diventare un’importante porta d’accesso per un mercato in grande fermento, che guarda all’Italia come possibile paese partner per uno scambio di pratiche tecnologiche. Se, infatti, il paese asiatico ha sviluppato una buona competenza nella realizzazione di prodotti hi-tech in diversi settori, ha la necessità di importare nuove tecnologie soprattutto in campo bio-medicale. Una comunanza di interessi che potrebbe tramutarsi, nei prossimi mesi, in un vero e proprio accordo di collaborazione, estendibile anche agli altri Paesi dell’Eco Science Foundation (tra cui Pakistan, Azerbaijan, Tajikistan e Turkmenistan), l’organizzazione intergovernativa che opera con l’obiettivo di stringere nuove partnership con imprese europee.
Dall’Asia alle coste del Mar Mediterraneo, in Tunisia, dove Bioindustry Park è coinvolto nel progetto triennale “Appui aux pôles de compétitivité tunisiens”, inserito nell’ambito del protocollo di accordo tra i governi italiano e tunisino per la realizzazione di un «Programma di sostegno al settore privato» del paese nord Africano. L’obiettivo è accompagnare i Poli tecnologici tunisini nel loro percorso di creazione e rinforzo delle competenze, nei settori del tessile e dell’abbigliamento (Monastir/El Fejja), della meccanica e meccatronica (Sousse), dell’agroalimentare (Bizerte) e della chimica (Gabès), grazie al coaching di un’Associazione Temporanea di Imprese che, oltre il Bioindustry Park, comprende l’altro Parco piemontese, l’Environment Park di Torino, Arthur D Little Italia e il tunisino Tema Consulting.
Massimo Iaretti

FOCUS
Siria e lo Stato ebraico arrivò a controllare l’intera Gerusalemme, la Cisgiordania, Gaza, il deserto del Sinai e il Golan. Da alcune settimane è festa nello Stato ebraico: la bandiera con la stella di David sventola ovunque, dai finestrini di centinaia di auto così come dai palazzi pubblici e dai balconi delle case per celebrare il trionfo del ’67 e la riunificazione di Gerusalemme che provocò rabbia e sgomento nei Paesi arabi. La crisi israelo-palestinese è un problema talmente complesso che oggi la comunità internazionale è più propensa a gestirla piuttosto che a tentare di risolverla in tutti i suoi molteplici aspetti, in un contesto mediorientale dove divampano altre crisi, ancora più gravi, dalla Siria all’Iraq, dallo Yemen alla Libia sullo sfondo di un scontro perenne tra il mondo sunnita guidato dai sauditi e quello sciita a guida iraniana. La guerra dei Sei Giorni in cui l’esercito israeliano sbaragliò le Forze armate di Egitto, Siria e Giordania fu uno dei conflitti più brevi della storia eppure è all’origine della maggior parte degli avvenimenti che si sono succeduti in Medio Oriente negli ultimi decenni. Dalla guerra del Kippur del 1973 a quella del Libano, dal Settembre Nero del 1970 allo scontro sugli insediamenti ebraici, il futuro di Gerusalemme, gli accordi di Camp David del 1978 tra Israele e l’Egitto con protagonisti Sadat, Begin e Carter, l’Intifada e i continui scontri tra israeliani e palestinesi nei Territori occupati. Due fatti importanti precedettero l’inizio della Guerra dei Sei giorni. Ad aprile l’aviazione israeliana abbattè sei aerei siriani di fabbricazione sovietica scatenando l’ira di Mosca e a maggio il leader egiziano Nasser decise di bloccare lo stretto di Tiran sul golfo di Aqaba dopo aver chiesto al segretario genereale dell’Onu U Thant di ritirare i caschi blu dal canale di Suez. 
giorno 22 aerei giordani e 55 siriani furono abbattuti. Gli storici sottolineano che si trattò dell’attacco aereo più imponente del dopoguerra, se non di tutti i tempi. Le forze israeliane avanzarono fino al canale di Suez mentre sul versante siriano e giordano raggiunsero con gravi perdite le alture del Golan e la Cisgiordania entrando nella Città Vecchia di Gerusalemme il 7 giugno per fermarsi a soli 40 chilometri da Damasco. Il 10 giugno Israele e gli Stati arabi posero fine alle ostilità accettando l’invito delle Nazioni Unite. Per lo Stato ebraico, che non si è mai ritirato dai Territori occupati respingendo tutte le risoluzioni dell’Onu, si trattò di una vittoria schiacciante sul nazionalismo arabo che uscì devastato dal conflitto che provocò una nuova ondata di rifugiati. Il solo Egitto pagò un prezzo altissimo in vite umane, i soldati uccisi furono circa 10.000 e 350 gli aerei distrutti.
Comprensivo “Niccolò Tommaseo” di via dei Mille 15, a Torino (tel. 011/8122190), fino al prossimo 8 giugno. L’esposizione è il frutto conclusivo di un laboratorio-pilota di storia eseguito dai 25 bimbi della classe III/D, basato sul racconto della propria storia individuale e famigliare. Un percorso attraverso il quale gli alunni, facendo uso dell’oralità e della visualità, sono andati alla ricerca delle loro radici culturali, studiando la propria genealogia di famiglia, la mobilità migratoria e la diversità delle proprie appartenenze socio-culturali. “Io sono stata felicissima – scrive Emma – quando ho scoperto che la mia bisnonna per lavoro si è dovuta spostare a New York”. E a lei fa eco Lorenzo: “Io mi sento italiano quando vado in pizzeria o quando sono a scuola con i miei amici. Mi sento molto messicano quando
mangio los tacos al pasto”. A guidare gli alunni nella ricerca e nell’elaborazione delle informazioni e dei dati acquisiti, l’insegnante Daniela Martinolich, supportata dalla ricercatrice e storica Leslie Hernandez Nova, che nel laboratorio didattico ha trasmesso il case-study della migrazione peruviana in Europa ( la più massiccia per quanto riguarda la comunità latino-americana) con fonti raccolte a partire dal 2001 e ad
oggi depositate nell’archivio di AREIA, l’“Audioarchivio delle migrazioni tra Europa e America Latina” con sede presso il DAFIST, il Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea dell’Università di Genova. “Con l’insegnante Martinolich – racconta Leslie – abbiamo cercato di tradurre il mio materiale raccolto nelle interviste autobiografiche ai peruviani: materiale visivo fra cui cartografie emotive, genealogie, rappresentazioni del luogo d’origine inteso non come luogo di nascita bensì come luogo di appartenenza culturale”. Dall’esame e dalla riflessione, collettiva e individuale, su tutta questa mole di materiale è nato pian piano il laboratorio messo in piedi con i ragazzi della “Tommaseo”, protagonisti centrali di una ricerca didattica che li ha visti impegnati nella ricostruzione di genealogie famigliari, così come nella realizzazione di disegni di viaggi e spostamenti che in vario modo hanno coinvolto nel passato e nel presente le loro famiglie, nonché di testi scritti relativi al loro modo di identificarsi in una specifica e ben chiara appartenenza culturale. 
“In classe – sottolinea ancora Leslie– non c’erano bimbi stranieri, ma piuttosto bambini ‘portatori’ di identità molteplici e fra loro diverse:un italo-messicano, un italo-brasiliano, una bimba italo-spagnola e un’altra italo-marocchina”. Dall’analisi dei loro alberi genealogici appare ben chiara (a loro stessi, soprattutto) la molteplicità delle loro “appartenenze”: dei Paesi e degli infiniti Passaggi geografici che hanno coinvolto nel tempo gli spostamenti delle loro famiglie. Un laboratorio, dunque, per meglio conoscersi. E farsi conoscere ed “accettare” dagli altri. La rassegna prevede anche un video, realizzato da Andrea Bertola, dal titolo esemplare de “La storia della nostra vita”.



Ha suscitato clamore sui media nazionali l’annuncio di un’azienda torinese che offriva un posto di lavoro ad un ingegnere a 600 euro al mese
Lunedì 5 giugno, in occasione del World Orthoptic Day (Giornata Mondiale dell’Ortottica), l’ambulatorio di Ortottica dell’ospedale Mauriziano di Torino effettuerà screening gratuiti in età pediatrica dalle ore 9 alle ore 12,
Di Patrizia Polliotto*
cane, gatto o furetto devono avere già il microchip, essere iscritti all’anagrafe veterinaria dell’ASL di zona e avere effettuato la vaccinazione antirabbica.
«La finalità di Project MARTA – dichiara la fondatrice Benedetta Bodo di Albaretto – è quella di rendere accessibile a tutti uno strumento snello ma completo di tutela delle opere nella propria collezione, che per molti sono anche un investimento. Una “best practice” standardizzata ma definita nello specifico sul singolo caso, che costituisce un valore aggiunto come documentazione di un’opera, redatto in un momento in cui non c’è un’emergenza manutentiva ed in cui, quindi, si può operare più serenamente e lucidamente». L’incontro al Circolo dei Lettori, inserito nel calendario del circolo di via Bogino 9, sarà il primo appuntamento principalmente divulgativo. «Abbiamo voluto – spiega Benedetta – che il servizio per realizzare la scheda tecnica fosse legato solo alla consapevolezza dei collezionisti della necessità di dare qualche regola e informazione in più nell’ambito dell’arte contemporanea, spesso molto “fluido”. Non abbiamo quindi stabilito una quotazione minima per gli artisti, o le opere, da prendere in analisi e stiamo portando avanti un discorso che speriamo possa divenire un punto di riferimento per l’intero settore: anche per questo motivo, , abbiamo reso disponibile a tutti un archivio di abstract delle schede vere e proprie, un riassunto delle interviste che svolgiamo con gli artisti “ripulito” di tutti i dati sensibili o eccessivamente tecnici, che rimangono invece a disposizione solo dei diretti interessati». L’invito a partecipare è quindi rivolto a tutti, non solo a collezionisti, galleristi o esperti nel settore.