FOCUS INTERNAZIONALE di Filippo Re
Il destino già segnato dei curdi infiamma di nuovo i toni dello scontro tra Erdogan e Trump che a colpi di tweet li attaccano e li difendono
Ankara considera i valorosi combattenti indo-europei pericolosi terroristi alla stregua dell’Isis mentre per gli americani restano alleati da proteggere nonostante il ritiro dei soldati dalla Siria che apre nuovi scenari geopolitici. Nel disordine levantino dove le alleanze si rovesciano facilmente e le frontiere si sfaldano, i curdi, abbandonati dagli Stati Uniti, chiedono aiuto al nemico Bashar al Assad per evitare di farsi schiacciare dai panzer del sultano di Ankara. Ma l’attenzione generale è in questi giorni puntata anche sulla città di Manbij, a nord-est di Aleppo, la città contesa tra turchi e curdi, e sulla base statunitense di Al Tanf, nel sud-est del Paese. Mercoledì 16 gennaio un kamikaze dell’Isis si è fatto esplodere davanti a un ristorante uccidendo quattro marines e quindici civili. Si è tratta di uno dei più gravi attentati contro i soldati statunitensi in Siria da parte dei jihadisti. Cosa cambierà nel teatro siriano dopo la partenza dei circa 2000 soldati americani? Illustrando la nuova strategia Usa per il Medio Oriente il segretario di Stato Pompeo ha affermato che la presenza degli Stati Uniti nella regione non è in discussione e che la missione anti-Isis continuerà con raid aerei dalle basi presenti nelle vicinanze e con azioni di commando. L’obiettivo centrale rimane però la sfida agli ayatollah che “tentano di trasformare la Siria in un altro Libano” e minacciano di riprendere la corsa all’atomica. Mentre gli anfibi a stelle e strisce lasciano le dodici basi militari nel Rojava, la regione curdo-siriana a nord-est, al confine con la Turchia, e quella di Al Tanf, la più importante, a sud-est, verso il confine con l’Iraq, ci si interroga sulle possibili conseguenze della scelta di Trump.
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Il Pentagono ha cercato di frenare fino all’ultimo la decisione della Casa Bianca paventando il rischio di lasciare troppo spazio a russi e iraniani, di offrire ai turchi la possibilità di scatenare pesanti offensive contro i curdi e di favorire nuovi attacchi da parte dei combattenti del Califfo. A subire l’ennesimo colpo letale sono invece i curdi che verrebbero travolti da un’offensiva, che sembra vicina, dell’esercito turco. Alleati degli americani che li hanno appoggiati per anni per combattere l’Isis, i curdi hanno perduto migliaia di combattenti nella lotta contro le bandiere nere di Al Baghdadi. Anche oggi vengono sacrificati dalla volontà delle grandi potenze, in particolare da Washington che cerca di riallacciare i rapporti con Ankara. Usati, abbandonati e annientati, come spesso è accaduto nella storia recente. Curdi traditi anche questa volta dagli alleati come accadde per i curdi iracheni, alleati dell’Occidente contro Saddam Hussein, che poi li sterminò con i gas nell’indifferenza del mondo intero. Gli occhi del mondo si posano su Manbij, la cittadina curda tra Aleppo e l’Eufrate, vicino al confine tra Siria e Turchia, dove da qualche giorno ci sono eserciti di mezzo mondo: truppe russe, americane, siriane e turche. Ankara pretende che i curdi si ritirino a est dell’Eufrate, vuole prendere il controllo della città di Manbij e creare una zona di sicurezza di 30 chilometri. Riflettori accesi anche sulla base americana di Al Tanf, nella parte sudorientale della Siria. Avamposto strategico e base operativa delle forze statunitensi, Al Tanf ha impedito finora ai Pasdaran di creare quel “corridoio sciita” tra l’Iran, l’Iraq, la Siria e il Libano temuto da americani e israeliani. Lo sgombero della base consentirebbe alle milizie di Teheran ampia libertà di movimento e il trasferimento di armi iraniane agli Hezbollah libanesi attraverso l’alleato siriano diventerebbe più semplice. Non a caso i giornali iraniani filo-governativi hanno festeggiato come una grande vittoria la notizia del disimpegno militare americano. Israele sarà costretto a raddoppiare la
sorveglianza e i bombardamenti contro depositi e basi iraniane in Siria saranno sempre più frequenti.
Toccherà a Putin frenare i generali iraniani e calmare gli animi israeliani. Mentre il nodo di Idlib è
ancora tutto da sciogliere, a Damasco riaprono le prime ambasciate e si cerca di tornare alla normalità.
Prove di distensione anche tra i due alleati Nato, Turchia e Stati Uniti, che, nonostante frizioni e
battibecchi, dovrebbero riprendere i contatti a Washington all’inizio di febbraio.
Dal settimanale “La Voce e il Tempo”


Nella sua biografia, prima di morire nel 2005, scrisse: “Molti dissero che quel giorno non mi alzai perché ero stanca. Ma non è vero. Ero invece stanca di cedere”. La sua storia ispirò, tra gli altri, il film La lunga strada verso casa (1990) con Whoopi Goldberg
della città. Il gesto della donna innescò un moto di sdegno e indignazione nelle comunità afroamericane che portò ad un boicottaggio dei mezzi pubblici, durato ben 381 giorni. A guidare la protesta c’era il pastore protestante Martin Luther King, che individuò nell’atto di ribellione della Parks la molla che diede vita al movimento dei diritti civili americani. L’anno seguente arrivò la prima importante vittoria: la Corte Suprema stabilì l’incostituzionalità delle discriminazioni razziali sugli autobus. Altre ne seguirono, come l’approvazione del Civil Rights Act del 1964. Il gesto coraggioso di Rosa Parks, diventata la figura-simbolo del movimento dei diritti civili, venne premiato, nel 1999, con la Medaglia d’oro del Congresso. Nella sua biografia, prima di morire nel 2005, scrisse: “Molti dissero che quel giorno non mi alzai perché ero stanca. Ma non è vero. Ero invece stanca di cedere”.La sua storia ispirò, tra gli altri, il film La lunga strada verso casa (1990) con Whoopi Goldberg.

All’esterno, la facciata in stile neoclassico e, all’interno, l’influenza ottomana a dar tono agli ambienti, fino a far sentire nell’aria stessa la sensazione lieve di essere quasi sospesi sul crinale tra oriente e occidente, tra due continenti.
all’epoca viaggiava sulla tratta ferroviaria più famosa del mondo, nell’ultima tappa, doveva trovare in quest’albergo di gran classe un alloggio paragonabile in eleganza e confort a quanto offerto nelle prestigiose dimore delle capitali del vecchio continente. delle Europa. I lavori di costruzione durarono tre anni e l’architetto Vallaury, un noto professionista franco-turco, diede all’edificio quel taglio ibrido tipico dell’architettura dell’Istanbul del XIX secolo. Ma il Pera Palas doveva meravigliare tutti anche sotto il profilo tecnologico; così divenne il primo edificio con alimentazione elettrica, dotato di acqua calda e del primo ascensore della città che un tempo fu Bisanzio e Costantinopoli. Acquisato dagli investitori greci nel 1918, Il Pera Palas diventò – cinque anni più tardi – proprietà della Turchia e il presidente Mustafa Kemal Atatürk amava soggiornarvi tant’è che la stanza numero 101, la preferita dal padre della Turchia moderna, nel 1981 è stata trasformata in un vero e proprio museo. La “perla di Istanbul”, nel corsodella sua più che centenaria storia, ha ospitato personaggi misteriosi come Mata Hari, pseudonimo di Margaretha Geertruida Zelle, danzatrice e agente segreto
olandese, che negli anni della Belle Epoque provocò scompiglio in tutta Europa e di personalità del mondo del cinema come la “divina” Greta Garbo , Alfred Hitchcock, il maestro del brivido, o la grande attrice di teatro Sarah Bernhardt. Le “teste coronate” e gli uomini di stato che sono passati dal Pera non si contano, così come gli scrittori come Pierre Loti ed Ernest Hemingway. Un discorso a parte va fatto per la regina del giallo, Agatha Christie, dalla cui penna hanno preso corpo le investigazioni di Hercule Poirot e le indagini di Miss Marple. Nella camera 411 dell’albergo la prolifica scrittrice britannica ( con all’attivo 66 romanzi gialli e un infinità di racconti e altri testi) scrisse buona parte di uno dei suoi capolavori, quell’ “Assassinio sull’Orient Express” che, a ben riflettere, non poteva trovare atmosfera più adatta del Pera Palas per catturare l’espirazione giusta. Ora la stanza è un piccolo museo in onore della scrittrice e anche questo contribuisce al fascino dell’ albergo, mentre nel ristorante “Agatha”, chiamato così in onore della famosa scrittrice , vengono servite le specialità della cucina turca
contemporanea. Oltre all’Orient Bar & Terrace e alla sala da tè, dove un sottofondo di musica di pianoforte dal vivo contribuisce a rendere magica l’atmosfera, vale la pena frequentare – anche solo per una colazione – la classica “Patisserie de Pera” dove una gentile signora con tanto di veletta serve deliziosi dolci artigianali d’ispirazione turca e francese, amaretti, torte farcite e cioccolatini fatti in casa. E, q questo punto, non credo si debba aggiungere altro se non il caldo suggerimento a chi si reca in questa meravigliosa città di fare una puntata al Pera Palas per rivivere le atmosfere del sogno, del mistero e della storia.