Tra questi sono da annoverare i Riti della Settimana Santa.

Proprio a Matera, con “Mater Sacra”, si ambienta nei Sassi la struggente rievocazione della passione di Cristo. Momento di grande coinvolgimento emotivo che vede protagonista la Murgia e l’intera Gravina con la riproposizione della crocifissione di Gesù e dei due ladroni. Un evento che regala al visitatore lo stupore di una narrazione raccontando la resurrezione del Signore. Sulla murgia materana andrà in scena lo spettacolo della morte, della deposizione sino all’annunciazione di una nuova vita portata dal Figlio dell’Uomo.

Nel resto della regione, nella giornata del Venerdì Santo vi sono manifestazioni religiose esterne, fuori dalla Liturgia Ufficiale.A farla da padrone, sono le cosiddette Sacre Rappresentazioni con personaggi viventi. bDa segnalare sono quelle che si svolgono nel comprensorio Vulture-Melfese a Barile, Rapolla, Rionero, Atella, Maschito e Venosa. Particolarmente importante è la “Via Crucis” che si svolge a Barile, centro di origine “arbëreshë”, cioè albanese, come Maschito, Ginestra, S. Costantino Albanese e S. Paolo Albanese.
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A Barile, coerentemente con l’origine albanese della rappresentazione, uno dei principali figuranti nella Via Crucis è infatti la “Zingara”, una bella ragazza del paese che veste un abito tradizionale albanese ed è ricoperta da gioielli prestati dalle famiglie più abbienti (un chiaro richiamo quindi al popolo fondatore della cittadina). Nel solco del richiamo alle origini, il personaggio della “Zingara” è presente anche nella Via Crucis vivente che si svolge a Maschito; ma anche a Rapolla, Rionero e Ripacandida, pur non avendo la stessa origine, la “Zingara” è uno dei personaggi chiave delle Sacre Rappresentazioni lucane.


Corni di Hattin, con vista sul lago di Tiberiade, 4 luglio 1187. Su queste modeste colline si consumò la disfatta dell’esercito crociato contro la cavalleria musulmana di Salah ad-Din
rocciosa alta una trentina di metri con due cime, passate alla storia con il nome di “Corni di Hattin”, dove si svolse la battaglia che precedette di tre mesi la presa della Città Santa, ovvero il trionfo dell’Islam sulla Cristianità. Un pezzo importante di tutta la storia delle Crociate. Mentre le truppe del Saladino guadavano il fiume Giordano, l’esercito crociato avanzava verso Tiberiade. Stanchi, appesantiti dalle armature, assetati e sfiniti da temperature che oscillavano tra 40 e 45 gradi, e mal consigliati dal Gran Maestro dei Templari, sistemarono l’accampamento ai Corni di Hattin, in un luogo privo di acqua, dove il sentiero scende verso il lago. Un pozzo in verità fu
trovato ma era asciutto. Anche i guerrieri saraceni si fermarono nei dintorni di Hattin ma il Saladino, che ben conosceva il territorio, scelse una zona ricca di pascoli e acqua. L’errore commesso costerà molto caro ai crociati che passarono una notte tormentata mentre i musulmani, assaporando già il gusto della vittoria, diedero fuoco agli arbusti secchi affumicando il campo crociato. Fu un calvario per uomini e cavalli. Atterriti e fiaccati dall’aria irrespirabile e dalla sete, i cristiani cercarono di evitare l’accerchiamento nemico e di raggiungere il lago di Tiberiade ma pochi ci riuscirono. In quel torrido sabato 4 luglio l’esercito cristiano fu circondato, e “neppure un gatto avrebbe potuto sgusciare attraverso la rete” annotò il cronista dell’epoca. I cavalieri si radunarono in cima alla collina e combatterono eroicamente sperando in un miracolo. Vennero massacrati quasi tutti, altri si arresero e vennero risparmiati, tranne i prigionieri Templari e Ospitalieri che furono subito trucidati da un gruppo di fanatici sufi che non aspettavano altro. I cadaveri di cristiani e musulmani (almeno 15.000 morti tra i crociati) rimasero sulla collina trasformata in un campo di battaglia e i loro corpi furono straziati da iene e sciacalli. Tanti furono i crociati morti in
combattimento e poi venerati nei secoli come martiri. Ai Corni di Hattin venne distrutto il più forte esercito che il regno di Gerusalemme avesse mai riunito e il vincitore era il condottiero più famoso di tutto il mondo islamico. Oggi, ad Hattin, è rimasta un’altura, con erba secca e giallastra, un caldo opprimente, un gran silenzio e la memoria di una storica e tragica battaglia. “Se ci va, non dimentichi l’acqua…” mi disse una donna di Tiberiade, a cui avevo chiesto di indicarmi la strada più breve per raggiungere la collina. Faceva molto caldo quel 4 luglio di 830 anni fa. Il nostro cammino per le fortezze della Terrasanta prosegue scendendo poco a sud del
lago di Tiberiade per trovare ciò che resta del castello crociato di Belvoir collocato in una posizione ideale e strategica per controllare dall’alto la valle del Giordano. La fortezza, costruita in cima a una montagna dai Cavalieri ospitalieri di Gerusalemme nel 1168 e ammirata anche da Lawrence d’Arabia, rimase imprendibile per lungo tempo e resistette a tanti assedi prima di essere presa e distrutta da Saladino nel 1189, due anni dopo la sua vittoria nella non distante Hattin. Belvoir fu abbandonato dopo la conquista del sultano mamelucco Baibars. Risalendo a nord del “Mar di Galilea”, come veniva chiamato il lago di Tiberiade, raggiungiamo il “Guado di Giacobbe” (Vadum Jacob) dove sorgeva il castello templare di re Baldovino IV sul Giordano nell’alta Galilea. La roccaforte ebbe però vita breve tra il 1178 e il 1179: fu eretta dai crociati in pochi mesi e poi demolita dal Saladino che, dopo la conquista, si accanì in particolare contro i templari catturati facendoli uccidere immediatamente. Della fortificazione resta soltanto una parte del muro circostante insieme a resti di scheletri, punte di freccia, monete e utensili da lavoro. Sempre più a nord, arriviamo alle sorgenti del Giordano, e a pochi chilometri a nord-est di Banyas, ci accolgono, imponenti e maestose, le rovine di Nimrud (dal nome di un eroe biblico), forse il più grande dei
castelli crociati in Israele che ancora oggi mantiene la grandiosità di spazi e strutture di un tempo. Libano e Siria sono lì, a pochi passi. Visto da sotto sembra un nido di aquile e da lassù il panorama è incantevole, si vede l’alta Galilea con le colline del Golan, il monte Hermon e la valle di Hula. L’eco della vicina guerra siriana sembra lontano più che mai. I crociati arrivarono fin qui dopo il 1130 e riedificarono un vecchio presidio arabo per proteggere Banyas e le sue antiche e preziose sorgenti. Caduto in mano islamica, i crociati non lo riconquistarono più e furono poi i Mamelucchi a occupare la fortezza, a consolidarla e a usarla come bastione strategico, palazzo principesco e come prigione. Era ancora talmente utile e discretamente conservata che nella Guerra del 1967 fu usata sia dagli israeliani che











