Dall Italia e dal Mondo- Pagina 45

Ciclista muore travolto da bus

DAL LAZIO

Un ciclista sessantenne è morto all’alba a Roma  in viale Manzoni, all’angolo con via Merulana. L’uomo è stato investito da un bus. la polizia municipale sta cercando di chiarire la dinamica dell’incidente.

 

(foto archivio)

Diciottenne ferisce la madre e si pianta il coltello nel collo. E’ gravissimo

DALLA LOMBARDIA

Ha accoltellato la madre e si è ferito con il coltello più volte nel  collo, la notte scorsa  nel loro appartamento a Broni, nel Pavese, al termine di una lite. Il ragazzo di 18 anni si trova  in condizioni gravissime nel reparto di Rianimazione del Policlinico San Matteo di Pavia. Lì si trova anche  la madre, di 43 anni, in gravi condizioni ma non  in pericolo di vita.

A Bologna vince Isola delle Reti: green, tecnologica e sicura

ReS On Network e il Comune di Stresa premiati a Illuminotronica con Award Ecohitech

ReS On Network Londra e il comune di Stresa (VB) si aggiudicano con il progetto Isola delle Reti la XIX edizione di Award Ecohitech, il riconoscimento istituito da Assodel, Associazione Distretti Elettronica Italia, che premia le smart cities. Lo scenario è quello di Illuminotronica, la mostra convegno dedicata alla digital transformation e alle nuove tecnologie in programma dal 29 novembre al 1° dicembre a BolognaFiere. Giovedì 29 novembre, Marco Santarelli, direttore scientifico di ReS On Network Londra è intervenuto al convegno “Smart City. Casi di eccellenza in ambito urbano” presentando il progetto e ha ritirato a nome dell’amministrazione di Stresa il prestigioso riconoscimento, dedicato ad aziende ed enti pubblici che hanno raggiunto grandi risultati in termini di eco-compatibilità e risparmio energetico attraverso l’uso di tecnologie innovative. Il sindaco del comune Giuseppe Bottini, che per impegni istituzionali non ha potuto prendere parte all’evento, ha mandato un messaggio di ringraziamento che è stato letto durante la premiazione: «Stresa è onorata di ricevere un premio così importante: la collaborazione fornita al progetto Isola delle Reti, tutt’ora “in progress” è indice di un interesse profondo per tutto ciò che costituisce una gestione “green” delle città e del territorio, in un’ottica di risparmio energetico e tutela dell’ambiente». (In allegato il testo completo).

Lampioni e panchine intelligenti per un’isola autosufficiente e sicura 

Isola delle Reti è un progetto del team di ricerca di ReS On Network, guidato da Marco Santarelli, che mira a trasformare l’Isola dei Pescatori del Lago Maggiore (Stresa, VB) in una località sicura, energeticamente indipendente e sostenibile. L’approvvigionamento energetico prevede lo sfruttamento combinato di diverse fonti di energia rinnovabile quali luce, vento e moto ondoso del lago. Sull’isola Wireless Street-lamp, WSL – speciali lampioni senza fili e non collegati alla rete elettrica – sono in grado di accendersi sfruttando fonti energetiche come quella eolica o solare, anche in combinazione fra loro. Durante il giorno il lampione accumula energia e al diminuire della luminosità dell’ambiente si attiva autonomamente. Dopo un numero di ore prefissato, la potenza della luce viene ridotta, in modo da potere risparmiare energia e permettere un’accensione prolungata nel tempo. Al sorgere del sole, quando la luminosità raggiunge un determinato valore prestabilito, WSL smette automaticamente di emanare luce.  Contribuiscono alla produzione energetica le panchine intelligenti, elementi di arredo urbano dotati di pannelli fotovoltaici e connessione internet, anch’esse totalmente indipendenti dalla rete elettrica. Dotate di porte USB permettono ai passanti di riposarsi e godere del paesaggio come comuni panchine, ma anche di ricaricare i propri device e di navigare grazie alla rete 4G LTE. Le panchine dispongono di sensori di temperatura e umidità oltre a sensori che in caso di pioggia fanno sì che si spengano automaticamente. Le panchine sono infine in grado di trasmettere la propria energia ai lampioni o a qualsiasi altro dispositivo installato sull’isola che richieda energia per il suo funzionamento. In fase di valutazione l’inserimento nel progetto di speciali boe ricoperte di una vernice fotovoltaica in grado di raccogliere energia solare e capaci di catturare l’energia generata dal moto ondoso del lago, trasmettendola ai dispositivi presenti sulla terraferma.

Un modello per la sicurezza, autonomo e replicabile 

Il progetto Isola delle Reti vuole portare sull’Isola dei Pescatori una sperimentazione delle Reti circolanti proprie di intelligenza artificiale e Internet del Tutto. Idee mutuate anche dallo scienziato Tesla soprattutto per distribuire gratuitamente energia elettrica e garantire l’autosufficienza e la sicurezza della realtà approvvigionata. Esposta a erosione costiera, rischi idrogeologici e a un flusso turistico importante concentrato nei periodi di primavera ed estate, l’Isola dei Pescatori rappresenta un luogo strategico per testare soluzioni innovative, monitorare dati e controllare i flussi di persone. in una parola fare intelligence ambientale per la sicurezza e la sostenibilità. Essendo autonoma e slegata dalla rete elettrica, Isola delle Reti è in grado di assicurare la fornitura di energia anche in situazioni di emergenza e blackout. Esempi virtuosi analoghi sono già attivi in altre grandi e piccole isole dai mari del Nord all’Oceano Pacifico, come rivela Legambiente nel dossier “Undici isole in transizione verso 100% rinnovabili” citando El Hierro (Spagna), Samso (Danimarca), Eigg (Scozia), Bonaire (Paesi Bassi), Bornholm (Danimarca), Pellworm (Germania), Tokelau (Nuova Zelanda), Aruba (Paesi Bassi), Muck (Scozia), White (Inghilterra) e Gigha (Scozia). Il modello proposto da Isola delle Reti può essere replicato in qualsiasi luogo, fornendo una soluzione sostenibile in realtà a rischio o dove l’approvvigionamento energetico risulta difficoltoso. L’idea è quella di creare dei nuclei autonomi di produzione e stoccaggio di energia attraverso lo sfruttamento e l’integrazione di diverse fonti rinnovabili. Marco Santarelli, direttore scientifico di ReS On Network, ha sottolineato il valore simbolico che partire da un luogo come l’Isola dei Pescatori ha per lui e il suo team: «Noi ci occupiamo di reti e le soluzioni che proponiamo sono soluzioni di rete. Trovo quindi importante iniziare proprio da un’isola che porta il nome dei pescatori, ovvero coloro che da sempre utilizzano le reti e vivono delle loro reti». Con i suoi 0,034 chilometri quadrati e una popolazione residente tutto l’anno di soli 37 abitanti, l’Isola dei Pescatori si trasforma in un piccolo laboratorio a cielo aperto di innovazione energetica per dimostrare che è possibile puntare sulle rinnovabili per rispondere a tutti i fabbisogni energetici.

I dati

febbraio:

Abitanti residenti: 37

Superficie dell’isola: 0,034 kmq

Fabbisogno energetico mensile: 194.472,0185 KWh

Costo energetico: 2.722,47 euro

Durante il periodo primaverile ed estivo le presenze sull’isola aumentano e così i consumi energetici, il picco viene raggiunto ad agosto. A seguire le stime di fabbisogno e costo energetico nei mesi di aprile e agosto. I dati sono stati ottenuti incrociando open data di istat.it, piemonte-turismo.it e tripadvisor che hanno permesso di ricavare i dati relativi a: fabbisogno energetico; flusso turistico mensile (2012-2017) a livello provinciale e il flusso turistico annuale (2012-2017) a livello comunale (Stresa). Le recensioni mensili Tripadvisor sono state utilizzate per evidenziare la stagionalità dei flussi turistici.

aprile:

Fabbisogno energetico: 14.274.517 KWh

Costo energetico: 199.615 euro

Presenze sull’isola: 81.475

agosto:

Fabbisogno energetico: 27.464.970 KWh

Costo energetico: 384.071 euro

Presenze sull’isola: 157.000

Tra le schiave minorenni anche una ragazza incinta. Volevano venderle il bambino

DALLA PUGLIA

Tre ragazze  minorenni di nazionalità romena di 16 e 17 anni, una delle quali incinta al settimo mese, sarebbero state fatte prostituire da sei indagati dalla Dda di Bari e dalla Procura per i Minorenni. Si tratta di romeni di una stessa famiglia, che sono agli arresti per i reati di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile e sequestro di persona. I sei abitano in un campo nomadi  a Foggia. Sono una coppia, i loro tre figli e una donna compagna di uno dei ragazzi. Sembra che volessero vendere per 28 mila euro il bimbo in grembo a una delle minorenni romene  costrette a prostituirsi e segregate in baracche dove  venivano picchiate selvaggiamente.

Auto andata perduta per l’alluvione: tribunale condanna il Comune al risarcimento

DALLA LIGURIA

Il tribunale civile di Genova ha condannato il comune a risarcire un privato che aveva perso l’automobile nell a drammatica alluvione del 9 ottobre 2014. Si tratta di  “una negligente e imprudente inerzia da parte del Comune” poichè  il parcheggio di Corte Lambruschini,  nonostante fosse  in una zona alluvionabile non era stato adeguato con opportuni lavori. Per questo. Per  i giudici il parcheggio municipale interrato non è a norma ed è a rischio di totale allagamento. Si è inoltre appurato che il condominio era  stato costruito senza i sistemi antiallagamento prescritti. Una sentenza che potrebbe dare speranze ad altri danneggiati in situazioni analoghe.

L’Iran mostra i muscoli ma rischia il collasso

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

Gli Hezbollah sulle rive del lago di Tiberiade pronti a sferrare un attacco letale allo Stato ebraico. Milizie iraniane installate sul Golan sul punto di piombare sulla Galilea. Missili persiani puntati contro l’Arabia Saudita e contro le basi americane in Medio Oriente. Scenari catastrofici e inimmaginabili ma forse neanche tanto lontani dalla realtà. Lo scontro finale tra Israele e la Persia si avvicina? I generali iraniani soffiano sul fuoco delle tensioni con l’America e avvertono che le basi militari statunitensi situate nella regione sono facilmente raggiungibili dai missili persiani.

Al Udeid nel Qatar, la più grande base americana in Medio Oriente, Al Dhafra negli Emirati Arabi e Kandahar in Afghanistan si trovano a poche centinaia di chilometri di distanza dalle rampe di lancio iraniane. Nel Golfo e nel Mare dell’Oman le navi da guerra a stelle e strisce con decine di aerei da combattimento e migliaia di militari possono finire nel mirino dei Pasdaran. “Le strutture militari americane che spiano il nostro Paese sono ora sotto la copertura dei nostri missili, proprio come la carne sotto i nostri denti”. Le parole del comandante delle forze aeree delle Guardie della rivoluzione, il generale Amirali Hajizadeh, risuonano minacciose nei cieli del Levante. “Non saremo noi ad iniziare uno scontro ma ci difenderemo se attaccati”. Replica così il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif alle accuse dell’Occidente di alimentare il caos e l’instabilità nella regione e di sostenere il terrorismo. Resta però il fatto che dal Mediterraneo al Golfo Persico, da Beirut alla Mesopotamia, le ambizioni imperiali degli ayatollah non conoscono confini. Dalle basi iraniane in Siria si lanciano avvertimenti a Gerusalemme e da Teheran si minaccia l’Arabia Saudita rafforzando l’alleanza con il Qatar e sostenendo militarmente i ribelli yemeniti sciiti contro Riad. Teheran starebbe inoltre sviluppando nuovi missili balistici intercontinentali. Nel nord dell’Iran esisterebbe, secondo gli analisti militari, una struttura, forse nascosta all’interno di una montagna, in cui gli iraniani starebbero lavorando con sofisticate tecnologie belliche. Sul Golan, dalle torri di avvistamento con la stella di David si controllano i movimenti del nemico in uno stato di allerta continua come non accadeva da tempo. “Non vogliamo svegliarci al mattino e vedere gli Hezbollah sulle sponde del lago di Tiberiade. Non possiamo permettere alle milizie iraniane di mettere radici sul Golan che deve restare sotto la nostra sovranità. Continueremo a colpire le basi iraniane sul territorio siriano finchè ne rimarrà una in piedi”. È la risposta del premier israeliano alla strategia del nuovo impero persiano che mostra i muscoli in Medio Oriente ma così facendo rischia di incendiare l’intera regione. È infatti Teheran la principale minaccia alla sicurezza di Israele, non per i suoi piani atomici ma per la presenza degli iraniani a poche decine di chilometri dai suoi confini con milizie sciite, basi militari e depositi di missili, temendo che replichi in Siria quanto fatto con Hezbollah in Libano che sostiene e arma da decenni. Getta acqua sul braciere mediorientale il capo della diplomazia degli ayatollah: “non vogliamo ricostruire il nostro millenario impero ma non riconosciamo nessun altro impero e crediamo che la supremazia di una potenza non durerà”. L’odio reciproco tra gli Stati Uniti e l’Iran dura da 40 anni e Zarif non ha dubbi sul fatto che l’America, Israele e l’Arabia Saudita vogliano la caduta della Repubblica islamica: “è quello che hanno sempre voluto e non hanno mai abbandonato questa illusione“. Fragile all’interno, impoverito dalle sanzioni americane, nel mirino di separatisti arabi e curdi e colpito da gruppi jihadisti, il regime degli ayatollah minaccia tuoni e fulmini all’esterno. Ma fino a quando riuscirà a intimidire i suoi avversari? Sul fronte delle alleanze, mai molto durature in Medio Oriente, qualcosa scricchiola. Per Mosca la presenza militare iraniana in Siria comincia a essere piuttosto ingombrante. Fino a quando gli interessi strategici russi, turchi e siriani convergeranno? Nel recente vertice russo-turco sulla crisi siriana a Istanbul, con la Merkel e Macron, mancava proprio l’Iran, un attore fondamentale nel teatro siriano, oltre agli Stati Uniti. Teheran si sente sotto attacco e deve rispondere alle pressioni economiche che giungono da Washington impegnata a contenere l’influenza iraniana nel Siraq e nello Yemen. L’intesa sul nucleare si salverà senza gli Stati Uniti? I Paesi europei hanno assicurato più volte di voler conservare l’accordo sul nucleare e continuare i rapporti economici con la Repubblica Islamica ma il governo iraniano ha ribadito che non rispetterà l’intesa se non vedrà benefici economici per sé. Fa notare inoltre che i Paesi europei non hanno ancora istituito un meccanismo finanziario che consenta loro di continuare le transazioni con Teheran nonostante le sanzioni bancarie imposte dall’America. Se l’intesa del 2015 sul nucleare iraniano salterà del tutto, dopo l’uscita di Trump nel maggio scorso, la potenza persiana potrà riprendere ad arricchire l’uranio. Se da una parte l’Iran mostra fermezza nel duello con gli Stati Uniti e i Paesi della regione, dall’altra si prepara a difendersi dall’assalto americano che ha imposto a Teheran sanzioni molto dure per isolare il regime e impedirgli di ampliare la propria influenza fino al Mediterraneo. Le sanzioni introdotte dalla Casa Bianca ai primi di novembre sono le più dure della storia contro l’Iran perchè puntano ad azzerare le esportazioni di petrolio iraniano. Provocheranno un calo rilevante dell’economia iraniana come sostiene il Fondo monetario internazionale (Fmi) e soprattutto un netto calo nelle vendite di petrolio. Per il Fmi l’economia è destinata a calare dell’1,5% quest’anno e del 3,6% nel 2019. L’inflazione salirà a livelli molto alti superando il 30% il prossimo anno e la disoccupazione lascerà a casa molta gente, soprattutto giovani. L’Iran rischia il collasso anche se, come deciso dall’amministrazione americana, potrà continuare a vendere il greggio a otto Stati ancora per qualche mese ma nel frattempo le esportazioni sono già scese da 2,8 a 1,8 milioni di barili al giorno. Per non finire schiacciata dalle sanzioni la Repubblica islamica cerca alleati negli europei e nei Paesi della regione. Con l’Iraq vuole consolidare il commercio bilaterale con l’obiettivo di far passare il volume di affari complessivo con Baghdad dagli attuali 12 a 20 miliardi di dollari. L’Iraq è il secondo mercato più importante dopo quello cinese per i prodotti iraniani.

 

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

 

Insegnante sospeso per molestie sessuali su alunne minorenni

DAL FRIULI-VENEZIA GIULIA

Un insegnante di una scuola superiore di Udine avrebbe più volte molestato e fatto apprezzamenti sconvenienti nei confronti di undici alunne minorenni. Il docente è stato sospeso dall’insegnamento con l’accusa di molestie e violenza sessuale. Come scrive il quotidiano Messaggero Veneto, la vicenda risale  allo scorso anno scolastico. Le indagini sono effettuate dalla Squadra Mobile della Polizia coordinate dalla Procura. Le  segnalazioni erano state fatte alla dirigenza scolastica dai coordinatori di classe e dagli insegnanti che avevano ascoltato  le confidenze delle ragazze.

Istanbul, il sogno dell’Oriente

REPORTAGE DI MARCO TRAVAGLINI

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Il premio Nobel Orhan Pamuk ha definito l’opera di De Amicis  “il miglior libro scritto su Istanbul nel diciannovesimo secolo”, mentre Umberto Eco ha più volte sottolineato come la descrizione offerta da De Amicis della città sia la più cinematografica

 

“L’emozione che provai entrando in Costantinopoli…”

L’emozione che provai entrando in Costantinopoli mi fece quasi dimenticare tutto quello che vidi in dieci giorni di navigazione dallo stretto di Messina all’imboccatura del Bosforo”. Così iniziò il suo “Costantinopoli” Edmondo De Amicis, pubblicato a Milano dai Fratelli Treves nel 1877, nove anni prima del suo più grande successo, il libro “Cuore”. Il premio Nobel Orhan Pamuk ha definito l’opera di De Amicis  “il miglior libro scritto su Istanbul nel diciannovesimo secolo”, mentre Umberto Eco ha più volte sottolineato come la descrizione offerta da De Amicis della città sia la più cinematografica. E come dar torto a De Amicis quando i suoi ricordi sbiadiscono nella mente dopo visto il Corno d’oro, al punto “ che se ora li volessi descrivere, dovrei lavorare più d’immaginazione che di memoria”. “Perché la prima pagina del mio libro m’esca viva e calda dall’anima – aggiungeva – debbo cominciare dall’ultima notte del viaggio, in mezzo al mare di Marmara, nel punto che il capitano del bastimento s’avvicinò a me e al mio amico Yunk, e mettendoci le mani sulle spalle, disse col suo schietto accento palermitano: – Signori! Domattina all’alba vedremo i primi minareti di Stambul”. Istanbul, approdo dell’Occidente e punto di partenza per l’Oriente, è l’incrocio di culture millenarie: la Bisanzio dei greci, la Costantinopoli dei romani, unica città al mondo a cavallo di due continenti. Città straordinaria, somma di scontri e fusioni di culture raffinate ed opposte, è stata capitale di tre imperi: quello romano, quello bizantino e quello ottomano. E già questo sarebbe sufficiente per descrivere i mille volti di una metropoli di 14 milioni di abitanti ( la più grande d’Europa, la terza al mondo) traboccante di storia, multietnica per vocazione e cultura, in bilico tra passato e futuro.

Sultanahmet, la città vecchia

ISTANBUL SPEZIEA Sultanahmet, la città vecchia, bastano pochi passi per incontrare la storia. Si staglia la bizantina Ayasofya, considerata  la chiesa più grande del mondo per la sua poderosa mole fino a quando ( nove secoli dopo) non fu costruita la cattedrale di Siviglia, trasformata in moschea da Maometto II a metà del 1400 e , nel 1935, in museo per volontà  del fondatore della Repubblica di Turchia, Mustafa Kemal Atatürk. Di fronte si erge l’elegante, Sultanahmet camii , meglio conosciuta come la Moschea Blu, che deve il suo nome  dalle 21.043 piastrelle di ceramica turchese inserite nelle pareti e nella cupola, facendone il colore dominante nel tempio. Pareti, colonne e archi sono ricoperti dalle maioliche di İznik (l’antica Nicea), con toni che variano dal blu al verde. La Moschea Blu, che risale ai primi anni del 1600, è anche l’unica a poter vantare ben sei minareti, superata in questo solo dalla moschea della Ka’ba, alla Mecca, che ne ha sette. Secondo una leggenda popolare, questa particolarità è stata il frutto di un fraintendimento: l’espressione delle manie di grandezza del sultano Ahmed I, non potendo eguagliare la magnificenza della moschea di Solimano né quella della prospiciente Santa Sofia, non trovò soluzione migliore per cercare di distinguerla che i minareti in oro; ma l’architetto interpretò male le parole del sultano, capendo “altı” (in turco “sei”) anziché “altın” (oro). E poi l’Ippodromo, con l’obelisco di Teodosio e  la colonna Serpentina in bronzo e la bizantina Basilica Cisterna, la Yerebatan Sarnici.  Scoperta sul finire del XIX secolo, la cisterna fu costruita sotto il regno Giustiniano I, il periodo più prospero dell’Impero romano d’Oriente, nel 532. Oggi , millecinquecento anni dopo, si presenta come un ambiente incredibile, suggestivo, unico; un enorme spazio sotterraneo, in cui si trovano dodici file di 28 colonne alte 9 metri e distanziate di quasi cinque metri l’una dall’altra.

 

L’Occidente e il sogno dell’Oriente

Istanbul , com’è stata chiamata fin dalla conquista ottomana del 1453, ma com’è denominata ufficialmente solo all’indomani della Prima guerra ISTANBUL LUSTRASCARPEmondiale, è una sorpresa continua. “Nèa Ryme”, Nuova Roma, secondo il suo nome ufficiale, per gli amanti della storia. Costantinopoli, il suo vero nome, da sempre e per sempre. Un nome che evoca immagini mirabili: il sogno dell’Oriente, le lontananze raggiungibili attraverso il Bosforo e l’Anatolia. Le moschee, gli harem, i sufi danzanti, gli aromi del bazar delle spezie, il caos dei commerci e delle contrattazioni ad alta voce del Gran Bazar, il cibo e le stoffe, le ceramiche colorate e l’artigianato che riserva mille sorprese.  Si dice che da  mezzo millennio l’Europa identifica in quella sola città il prezioso anello di congiunzione fra l’antichità perduta e la modernità mai davvero raggiunta, fra il Levante e l’Occidente. Ed oggi, dentro questa megalopoli brulicante di vita, piena di suoni e profumi,  è normale e per certi versi inevitabile cercare le tracce d’un passato che in fondo appartiene a noi tutti  e che tuttavia, come ha scritto uno storico famoso “inseguiamo nel sogno orientalistico attraverso il quale l’Occidente cerca da secoli di definire se stesso”.

 

Oltre il ponte di Galata

 

Se si attraversa il ponte di Galata si può raggiungere la celebre torre di pietra, alta più di sessanta metri, con mura spesse quasi quattro. Quando venne costruita,  nel 1348 dai “ceneviz” , dai genovesi)  che la battezzarono Christea Turris (Torre di Cristo). In origine la torre faceva parte delle fortificazioni che circondavano la cittadella di Galata e quando venne edificata era l’edificio più alto della città. Galata (o anche Pera) è il nucleo storico situato nella parte nord del Corno d’Oro, l’insenatura che lo separa dal centro storico cittadino. Il Corno d’Oro è attraversato da parecchi ponti e  il più importante è proprio quello di Galata che, a differenza di quando pensano alcuni, non attraversa il Bosforo, ma collega solo le due parti della città vecchia (sul lato europeo) di Istanbul, scavalcando appunto il Corno d’Oro. Stando a quanto affermato dallo scrittore ottomano Evliya Çelebi, tra il 1630 e il 1632 ci fu chi ( pare si chiamasse  Hezarfen Ahmet Çelebi),  utilizzando delle ali artificiali, spiccò il volo dalla torre per sorvolare il Bosforo e atterrare a Üsküdar, quartiere che sorge a sei chilometri, nella zona asiatica della città. Vera o falsa che sia, quella dell’Icaro ottomano, resta comunque una bella storia.

 

La belle epoque del Pera Palace

Se si sale ancora non si può evitare una sosta al celeberrimo  Pera Palas , storico hotel costruito tra il 1892 e il 1895 allo scopo di ospitare i passeggeri dell’Orient Express, garantendo loro, nell’ultima tappa del viaggio iniziato dalla parigina Gare de l’Est, un alloggio paragonabile in eleganza e confort a quanto erano abituati in Europa.  Considerato “il più vecchio hotel europeo della Turchia”, dal taglio ibrido sospeso tra il neoclassico, l’art nouveau e lo stile orientale, tipico dell’architettura di Istanbul del diciannovesimo secolo, il  Pera Palas si presentò all’epoca come una meraviglia tecnologica: il primo edificio con alimentazione elettrica, dotato di acqua calda e del primo ascensore di tutta la città. Nelle sue stanze hanno alloggiato personalità e celebrità del mondo della cultura e dello spettacolo come Ernest Hemingway, Greta Garbo e Alfred Hitchcock, teste coronate, personaggi del jet set e donne misteriose come Mata Hari. La stanza 101, in cui era solito alloggiare Atatürk , il padre della Turchia moderna, laica e repubblicana, è stata adibita a museo in occasione del centesimo compleanno dello statista. In un’altra, la “411”, Agatha Christie scrisse il suo celebre romanzo  “Assassinio sull’Orient Express”. La “patisserie” del Pera Palace vale il prezzo del lusso di sedersi sui divanetti damascati, sorseggiare un tè nelle tazze di porcellana, accompagnandolo con prelibati dolci, dai macaron alla tarte tatin e alle varie leccornie della tradizione francese. E per sottofondo, musica d’altri tempi, soffusa, avvolgente come la nebbiolina sulla Senna nelle foto virate seppia d’inizio novecento.

I manifesti di Davutoğlu

 

Riattraversando il ponte di Galata, poco distante, c’è la stazione di Sirkeci, il terminale dell’Orient Express. “Istanbul Gar”, dice la scritta fuori all’ingresso. Dentro ci si può sedere nelle sale d’attesa con le loro panche di legno e le vetrate colorate attraverso le quali traspaiono le luci del porto; sulle pensiline di legno dipinto color crema si aspettava l’arrivo del treno più affascinante di tutti i tempi. Attesa che, oggigiorno, si protrae piuttosto a lungo, considerato che  nell’arco dei dodici mesi c’è un’unica corsa tra Parigi e Istanbul, a costi proibitivi. La cosa che colpiva, nella frenesia della vita di questa metropoli, era l’invadente, ossessiva,dilagante propaganda elettorale del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) del presidente Recep Tayyip Erdoğan. Ovunque campeggiava il volto di Ahmet Davutoğlu, il primo ministro turco. La Turchia si preparava ( l’appuntamento era fissato per il 7 giugno) ad andare alle urne per il rinnovo della Grande assemblea nazionale, il parlamento unicamerale del paese formato da 550 deputati eletti ogni 4 anni con un sistema proporzionale. La campagna elettorale molto spinta e quasi univoca, rendeva chiara la posta in gioco in un voto cruciale per le aspirazioni di Erdoğan, che voleva imprimere al paese una “svolta presidenziale” attraverso una riforma costituzionale. Per avere i voti necessari a far approvare la riforma, l’Akp doveva puntare a guadagnare almeno i tre quinti dei seggi. Nel sistema parlamentare turco, il presidente della repubblica ha un ruolo di garante, super partes e neutrale. Nei progetti di Erdoğan c’era invece una riforma presidenzialista in cui la divisione dei poteri fosse ridotta al minimo con un accentramento nelle mani del capo dello stato.

 

ISTANBUL MOSCHEA BLUIl tramonto dei sogni del “sultano”

Il voto dei cittadini ha però infranto i sogni  autoritari del “sultano” Recep Tayyip Erdoğan . A sbarrare il passo al presidente turco è stato il quarantenne Selahattin Demirtas, leader dell’Hdp, il partito filocurdo, definito lo “Tsipras turco”,  che è riuscito nell’ incredibile impresa di superare la soglia del 10% e sbarcare in Parlamento con una ottantina di  deputati (12,9%).  Per la prima volta dal 2002 il partito filoislamico  ( che ha perso quasi il 10%) non è in grado di formare un governo monocolore. Erdoğan aveva trasformato la contesa elettorale  in un referendum sulla sua riforma presidenziale , raccogliendo così un giudizio negativo.  Se le elezioni del 7 giugno hanno riconfermato la vitalità della democrazia turca, la sua  maturità democratica e un certo dinamismo della popolazione ( ha votato l’85 % degli aventi diritto) , chiudendo un’epoca , rimane l’incertezza della transizione che potrebbe rivelarsi un percorso accidentato. Ma questa è un’altra storia. Intanto, chi rischia il posto è proprio l’onnipresente primo ministro che, all’ombra del Presidente, non ha certo brillato e potrebbe essere “scaricato” quanto prima da Erdoğan.

 

Gallipoli,1915

Sui muri, campagna elettorale a parte,non era infrequente vedere affissi i  manifesti che ricordavano una mostra (ancora visitabile) o una celebrazione (appena svolta) del centenario dell’inizio della battaglia di Gallipoli – il 25 aprile 1915 – in cui l’Impero ottomano respinse l’offensiva della Triplice Intesa che puntava al controllo dello Stretto dei Dardanelli. La battaglia di Gallipoli durò nove mesi e causò 130 mila morti. Nove mesi di carneficina che non portarono ad alcun risultato sul terreno, ma che contribuirono a forgiare le identità nazionali di vari Stati. Infatti, in Turchia, questa battaglia costituì una svolta nella storia nazionale. Respingendo l’invasione occidentale, l’esercito dell’Impero Ottomano, alleato degli Imperi Centrali, forgiò il mito di Mustafa Kemal Atatürk, all’epoca giovane ufficiale, che pochi anni dopo fondò la Turchia moderna. Nessuno dubita che il secolare anniversario dello sbarco, ricordato come una delle peggiori sconfitte delle potenze occidentali durante il primo conflitto mondiale, è stato amplificata di molto anche per un altro scopo. Non occorre essere maliziosi per immaginare l’intenzione, del governo turco, di  mettere in ombra l’anniversario del genocidio armeno” riferendosi al massacro di circa un milione e mezzo di persone. Il fatto d’aver anticipato di un giorno le celebrazioni di Gallipoli ( al 24 aprile, anziché al giorno seguente)  non fa che confermare questa tesi.

 

L’altro centenario, “il grande crimine”

 

I massacri della popolazione cristiana  avvenuti in Turchia tra il 1915 e il 1916 sono ricordati dagli armeni come il Medz yeghern, “il grande crimine”. Le uccisioni cominciarono nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915, quando furono eseguiti i primi arresti tra l’élite armena di Costantinopoli. L’operazione continuò nei giorni successivi. In un mese più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e parlamentari furono deportati verso l’interno dell’Anatolia. Secondo lo storico polacco Raphael Lemkin ( l’uomo che ha coniato il termine genocidio) si è trattato del primo episodio in cui uno stato ha pianificato ed eseguito sistematicamente lo sterminio di un popolo. La Turchia però non ha mai accettato la definizione di genocidio, sostenendo che le uccisioni compiute dall’impero Ottomano erano una risposta all’insurrezione degli armeni e alla necessità di difendere le sue frontiere. Di fatto è la storia che non passa, anche se sono trascorsi cento anni. Lo si è visto dalle reazioni del Governo turco alle parole di papa Francesco sul “genocidio”, pronunciate a San Pietro. Lo si è visto, viceversa, nelle parole  delle autorità armene. Due posizioni differenti, contrapposte,ostili: gli armeni rivendicano il genocidio e i turchi parlano di un dramma tra tanti altri drammi dell`Impero ottomano in guerra. Alle spalle ci sono decenni di negazione, polemiche, dolori. Intanto le frontiere tra Armenia e Turchia sono chiuse. Ma perché è così difficile parlare di genocidio armeno? “Perché fissa l’orrore dell’annientamento sistematico di un intero popolo, rende visibili gli scomparsi, oltre un milione di persone mandate a morire secondo un progetto preciso. E ha tutto il peso di un crimine che non cade in prescrizione”. Le parole usate in un’intervista da Antonia Arslan, scrittrice di origine armena, autrice de “La masseria delle allodole” cadono come pietre e l’atteggiamento stizzito e negazionista di Erdogan e del suo governo fanno intendere quanto sia ancora lungo e periglioso il cammino di riconciliazione tra popolo armeno e popolo turco.

Il punto di partenza di tutte le strade

ISTANBUL CISTERNASi dice, proverbialmente, che “tutte le strade portano a Roma” e precisamente in un punto, nel Foro Romano, dove  nel  20 a.C. Augusto, con l’idea di organizzare e riordinare l’impero, fece costruire una colonna rivestita di bronzo dorato che indicava il punto di partenza di tutte le strade, il punto da cui ogni distanza da allora in poi si sarebbe misurata. Lo stesso vale per Costantinopoli-Istanbul dove, nei pressi della Cisterna e di Santa Sofia s’incontra  un modesto pilastro di pietra sbrecciato, seminascosto, sul quale di solito le guide turistiche sorvolano. Quel pilastro è il Milion o Miliarium, il Milliario d’Oro, tutto quel che rimane del Tetrastoon, il quadriportico dell’Augusteion costantiniano dal quale, come a Roma, iniziavano le strade e si misuravano le distanze per tutto l’impero. Una moderna cartellonistica, a fianco, indica le distanze delle principali città del mondo e con un po’ di fantasia ci si sente davvero al centro del vecchio mondo, dove Oriente e Occidente si uniscono in un mosaico di civiltà. Come direbbe Paolo Rumiz, evocando il nostro immaginario, l’Occidente e l’Oriente intesi come “un portale che schiudeva mondi nuovi”, rimpiazzato frettolosamente oggigiorno con dei freddi monosillabi astronomici: “Ovest” e “Est”.

Eyüp, a nord del Corno d’Oro

ISTANBUL CIMITEROInfine, Eyüp, il meraviglioso quartiere posizionato nella parte settentrionale del  Corno d’Oro. Ci si arriva da Eminönü con l’autobus o in alternativa con un taxi ( è raccomandabile contrattare la tariffa, per evitare sorprese). Si respira un’aria del tutto particolare in questo quartiere religioso che reclama rispetto. E’ a Eyüp che s’incontra una delle moschee più suggestive di Istanbul:  la più sacra di tutte, una di quelle che solitamente  i turisti ignorano, intenti a visitare le altre, più note e celebrate.  La moschea di Eyüp – per essere precisi, la Eyüp Sultan Camii – è tutt’altra cosa: una delle più antiche (se non la più antica, secondo molte fonti) della città, famosa perché sacra proprio in virtù della tomba di Eyyûb/Eyüp, porta-stendardo del Profeta Maometto morto durante l’assedio arabo del VII secolo e poi apparso in sogno per svelare il luogo della sua sepoltura e dare nuova carica nel corso dell’assedio vincente del 1453. Tutt’attorno si trovano le tombe di alti dignitari ottomani, ed era il luogo in cui i nuovi sultani venivano consacrati dal Gran maestro sufi. Da lì paret la teleferica che porta al Pierre Loti Cafè ( dedicato allo scrittore francese che amava Istanbul) da dove si può godere una meravigliosa vista sul Corno d’Oro e sulla città “delle mille e una notte”. Indimenticabile, unica, è una città che lascia il segno. Ci si può innamorare e Istanbul, a quel punto, rubata l’anima, non la lascerà più fuggire.

 

Marco Travaglini

Muore a 25 anni investito da auto e camion in autostrada

Cronache italiane

DALLA LIGURIA

Un ragazzo di 25 anni, originario del Brasile ma fino a pochi mesi fa residente a Carcare, nel Savonese, è morto  investito da alcune auto e da un camion sull’autostrada A6 tra i caselli di Millesimo e Altare, in Liguria. La polizia cerca di capire perché  il giovane stesse percorrendo a piedi quel tratto di autostrada. Tra le ipotesi al vaglio anche quella di un guasto all’automobile o che fosse stato fatto scendere da qualcuno per arrivare alla sua casa, proprio sotto il tratto in cui è morto.

Edelman, l’eroe della rivolta del ghetto di Varsavia

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Cercarono in ogni modo, dentro al ghetto, di continuare il filo della vita di prima, fino ad organizzare la resistenza che diede vita, in una smisurata sproporzione di forze, alla prima rivolta armata contro i tedeschi sul suolo dell’Europa occupata dai nazisti

Recentemente mi sono capitati tra le mani due volumi: C’era l’amore nel ghetto di Marek Edelman e Arrivare prima del signore Iddio, conversazione con Marek Edelman (nella foto)  di Hanna Krall. Edelman, poco più che ventenne, divenne il vicecomandante del Zob (Organizzazione ebraica di combattimento) e guidò la rivolta del ghetto di Varsavia che, con poche armi e qualche chilo di esplosivo, tenne in scacco la strapotenza nazista dal 19 aprile al 10 maggio 1943. La rivolta che provocò l’incendio e la distruzione del ghetto, sopraggiunse dopo che già 300 mila dei suoi residenti coatti erano stati uccisi nelle camere a gas di Treblinka. Non aspettarono passivamente di morire; non si avviarono alle camere a gas “come le pecore al macello”.Cercarono in ogni modo, dentro al ghetto, di continuare il filo della vita di prima, fino ad organizzare la resistenza che diede vita, in una smisurata sproporzione di forze, alla prima rivolta armata contro i tedeschi sul suolo dell’Europa occupata dai nazisti. Fra i pochi superstiti, Edelman combatté l’anno dopo nell’insurrezione della città. Cresciuto alla scuola del Bund, il partito socialista dei lavoratori ebrei, ai suoi ideali rimase fedele. Dopo la guerra, cardiologo all’ospedale di Lodz, è stato più volte licenziato e arrestato dal regime stalinista, fino alla vittoria di Solidarnosc. In nome degli ideali democratici che hanno caratterizzato tutta la sua esistenza, negli anni ’90 si è schierato al fianco della popolazione di Sarajevo durante l’assedio da parte dei serbi. Straordinaria anche la testimonianza che racconta a Hanna Krall, unendo l’esperienza di combattente a quella di cardiologo a guerra finita. Due vicende così distanti l’una dall’altra e invece paradossalmente vicine perché in entrambi i casi bisognava salvare delle vite avendo cura della dignità delle persone, e occorreva  “arrivare prima del Signore Iddio”.Marek Edelman, grezzo eroe  del ’900, ha sempre rifiutato di lasciare la Polonia e rifugiarsi in Israele. Si considerava il guardiano delle tombe si era dichiarato il guardiano. È morto, novantenne, il 2 ottobre del 2009. Ricordarlo è più che un dovere.

 

Marco Travaglini