Dall Italia e dal Mondo- Pagina 35

Quando Salah ad-Din umiliò i crociati

Corni di Hattin, con vista sul lago di Tiberiade, 4 luglio 1187. Su queste modeste colline si consumò la disfatta dell’esercito crociato contro la cavalleria musulmana di Salah ad-Din, il Saladino, sultano di Egitto e Siria, che stava per conquistare Gerusalemme. Su queste alture della Galilea, senz’acqua, arse dal sole e dove non cresce nulla, i musulmani annientarono i cristiani, la tenda rossa di re Guido di  Lusignano lasciò il posto alla tenda verde del Saladino. Su queste rocce scorse molto sangue cristiano e al nobile crociato franco, avventuriero e razziatore senza scrupoli Rinaldo di Chatillon, venne mozzata la testa dal sultano curdo in persona, davanti alla sua tenda. La reliquia della Vera Croce, portata in battaglia, cadde nelle mani degli infedeli. Tutto ciò accadde su questa collina rocciosa alta una trentina di metri con due cime, passate alla storia con il nome di “Corni di Hattin”, dove si svolse la battaglia che precedette di tre mesi la presa della Città Santa, ovvero il trionfo dell’Islam sulla Cristianità. Un pezzo importante di tutta la storia delle Crociate. Mentre le truppe del Saladino guadavano il fiume Giordano, l’esercito crociato avanzava verso Tiberiade. Stanchi, appesantiti dalle armature, assetati e sfiniti da temperature che oscillavano tra 40 e 45 gradi, e mal consigliati dal Gran Maestro dei Templari, sistemarono l’accampamento ai Corni di Hattin, in un luogo privo di acqua, dove il sentiero scende verso il lago. Un pozzo in verità fu trovato ma era asciutto. Anche i guerrieri saraceni si fermarono nei dintorni di Hattin ma il Saladino, che ben conosceva il territorio, scelse una zona ricca di pascoli e acqua. L’errore commesso costerà molto caro ai crociati che passarono una notte tormentata mentre i musulmani, assaporando già il gusto della vittoria, diedero fuoco agli arbusti secchi affumicando il campo crociato. Fu un calvario per uomini e cavalli. Atterriti e fiaccati dall’aria irrespirabile e dalla sete, i cristiani cercarono di evitare l’accerchiamento nemico e di raggiungere il lago di Tiberiade ma pochi ci riuscirono. In quel torrido sabato 4 luglio l’esercito cristiano fu circondato, e “neppure un gatto avrebbe potuto sgusciare attraverso la rete” annotò il cronista dell’epoca. I cavalieri si radunarono in cima alla collina e combatterono eroicamente sperando in un miracolo. Vennero massacrati quasi tutti, altri si arresero e vennero risparmiati, tranne i prigionieri Templari e Ospitalieri che furono subito trucidati da un gruppo di fanatici sufi che non aspettavano altro. I cadaveri di cristiani e musulmani (almeno 15.000 morti tra i crociati) rimasero sulla collina trasformata in un campo di battaglia e i loro corpi furono straziati da iene e sciacalli. Tanti furono i crociati morti in combattimento e poi venerati nei secoli come martiri. Ai Corni di Hattin venne distrutto il più forte esercito che il regno di Gerusalemme avesse mai riunito e il vincitore era il condottiero più famoso di tutto il mondo islamico. Oggi, ad Hattin, è rimasta un’altura, con erba secca e giallastra, un caldo opprimente, un gran silenzio e la memoria di una storica e tragica battaglia. “Se ci va, non dimentichi l’acqua…” mi disse una donna di Tiberiade, a cui avevo chiesto di indicarmi la strada più breve per raggiungere la collina. Faceva molto caldo quel 4 luglio di 830 anni fa. Il nostro cammino per le fortezze della Terrasanta prosegue scendendo poco a sud del lago di Tiberiade per trovare ciò che resta del castello crociato di Belvoir collocato in una posizione ideale e strategica per controllare dall’alto la valle del Giordano. La fortezza, costruita in cima a una montagna dai Cavalieri ospitalieri di Gerusalemme nel 1168 e ammirata anche da Lawrence d’Arabia, rimase imprendibile per lungo tempo e resistette a tanti assedi prima di essere presa e distrutta da Saladino nel 1189, due anni dopo la sua vittoria nella non distante Hattin. Belvoir fu abbandonato dopo la conquista del sultano mamelucco Baibars. Risalendo a nord del “Mar di Galilea”, come veniva chiamato il lago di Tiberiade, raggiungiamo il “Guado di Giacobbe” (Vadum Jacob) dove sorgeva il castello templare di re Baldovino IV sul Giordano nell’alta Galilea. La roccaforte ebbe però vita breve tra il 1178 e il 1179: fu eretta dai crociati in pochi mesi e poi demolita dal Saladino che, dopo la conquista, si accanì in particolare contro i templari catturati facendoli uccidere immediatamente. Della fortificazione resta soltanto una parte del muro circostante insieme a resti di scheletri, punte di freccia, monete e utensili da lavoro. Sempre più a nord, arriviamo alle sorgenti del Giordano, e a pochi chilometri a nord-est di Banyas, ci accolgono, imponenti e maestose, le rovine di Nimrud (dal nome di un eroe biblico), forse il più grande dei castelli crociati in Israele che ancora oggi mantiene la grandiosità di spazi e strutture di un tempo. Libano e Siria sono lì, a pochi passi. Visto da sotto sembra un nido di aquile e da lassù il panorama è incantevole, si vede l’alta Galilea con le colline del Golan, il monte Hermon e la valle di Hula. L’eco della vicina guerra siriana sembra lontano più che mai. I crociati arrivarono fin qui dopo il 1130 e riedificarono un vecchio presidio arabo per proteggere Banyas e le sue antiche e preziose sorgenti. Caduto in mano islamica, i crociati non lo riconquistarono più e furono poi i Mamelucchi a occupare la fortezza, a consolidarla e a usarla come bastione strategico, palazzo principesco e come prigione. Era ancora talmente utile e discretamente conservata che nella Guerra del 1967 fu usata sia dagli israeliani che dai siriani.

Filippo Re

(Fine / Le due puntate precedenti nell’archivio della sezione Cultura)

E’ meglio l’aria di Milano, Torino, Bologna o Potenza? Ce lo dicono le API

 BIOMONITORAGGIO AMBIENTALE CON LE API

Da due anni un vero e proprio esercito di piccole api raccoglie campioni a Milano, Bologna, Torino e Potenza per dirci dove la qualità dell’aria sia migliore

Nel biennio 2017-2018 si è svolto, in 4 città italiane, un lavoro di monitoraggio ambientale, condotto attraverso analisi sul miele e sulle api collocate in Orti Urbani posti nelle città o nelle immediate periferie. L’attività è iniziata nel 2017, con due distinti progetti (Bee-Kaeser e Api e Orti) che nel 2018 hanno unito le forze creando un unico progetto: Api&Orti Urbani 2018“Beekaeser”, realizzato da Kaeser Italia (https://it.kaeser.com), azienda produttrice di compressori industriali che insieme a Beeing, startup innovativa in campo apistico ha realizzato, con il coordinamento del Dipsa – Università di Bologna, un monitoraggio al fine di testare l’eventuale presenza di alcuni metalli pesanti nel miele e nelle api poste in prossimità di officine e punti vendita Kaeser Compressori in 20 provincie italiane: Bellante, Pandino, Telgate, Casalmaiocco, Calcinelli, Carini (Palermo), Prato, Alessandria, Paese (Treviso), Bologna, Fai della Paganella (Trento), Bolzano, Barge, Brisighella, Cuneo, Napoli, Lecce, Milano, Torino  Lo stesso anno ha inizio “Api e Orti”, realizzato da Mielizia-Conapi e Legambiente , che sempre in coordinamento con DISTAL-UNIBO, ha monitorato la presenza di 400 pesticidi e 10 metalli pesanti su api e mieli urbani. Teatro dei prelievi quattro Orti cittadini:

  • Milano, (Orti di Via Padova, circolo Legambiente Reteambiente)
  • Potenza (Orti del quartiere di Macchia Romana gestiti dal circolo Legambiente “Ken Saro Wiwa”)
  • Bologna (Orti CAAB , Centro AgroAlimentare Bolognese spostati successivamente presso il podere San Lodovico ( Agenzia di Sviluppo Pilastro)
  • Torino (Orti dell’associazione culturale ‘Variante Bunker’) .

Sotto l’egida di DISTAL UNIBO, nel 2018 i due progetti si fondono: Kaeser Italia, Beeing adottano e sostengono il protocollo di esami e le postazioni utilizzate da Mielizia-Conapi e Legambiente. Prende il via il monitoraggio 2018 “Api e Orti Urbani” che grazie al sostegno di Floramo Corporation SRL, l’azienda specializzata in Analisi di laboratorio di api, miele e prodotti dell’alveare, ha consentito di avere un riscontro scientifico sulla qualità ambientale delle aree indagate, confermando come le api siano insostituibili bioindicatori.

 

Tutti i risultati ed i grafici nel sito Api&Orti Urbani 2018

 

https://apieortiurbani.it/#section-1

 

Auto si schianta, muore ragazzo di 19 anni

DALLA LOMBARDIA 

Nuovo incidente mortale sulle strade italiane. Nella notte, in provincia di Bergamo, tra Dalmine e Treviolo, lungo l’ex statale Villa d’Almè-Dalmine, un’auto con a bordo quattro ragazzi è uscita di strada. Uno di loro, di 19 anni, è morto sul colpo nello schianto.  Gli altri tre giovani sono stati trasportati dal 118 negli ospedali della zona: si tratta di due ragazzi di 19 e 23 anni e di una ragazzina di 12 anni.

 

(foto archivio – il Torinese)

Venezia armena

Cielo grigio e foschia avvolgono l’oasi armena davanti a Venezia, là dove anche Lord Byron soggiornò per studiare l’armeno. È l’isola di San Lazzaro degli Armeni, a venti minuti di vaporetto da San Marco, un pezzo d’Oriente trapiantato in laguna

È domenica: alle 11 del mattino nove monaci cattolici, siriani, libanesi e georgiani, negli abiti sacri orientali, celebrano la messa nel rito armeno cattolico. Sono i monaci discendenti degli armeni che fuggirono dalla propria terra all’inizio del Settecento a causa dell’invasione dei turchi ottomani. Giunti a Venezia, il doge donò loro un’isola di 7000 metri quadrati, un fazzoletto di terra che da tre secoli è l’isola degli armeni. Anticamente era un lebbrosario, un lazzaretto, da cui l’isola prese il nome e nel 1717 fu regalata dalla Repubblica di Venezia a un gruppo di religiosi fuggiti dall’Armenia a Modone in Morea (Peloponneso) che i turchi stavano strappando al dominio veneziano. Costretti a scappare anche dalla Morea raggiunsero Venezia. Per alcuni anni si sistemarono nei dintorni dell’Arsenale e in seguito ottennero l’isolotto davanti al Lido. Con l’abate Mechitar, fondatore della Congregazione mechitarista, dell’Ordine Benedettino, l’isola divenne un centro di cultura e di scienza con l’obiettivo di preservare la lingua, la letteratura e le tradizioni del popolo armeno. Furono costruiti un monastero, una chiesa, un chiostro, e poi sorsero una tipografia che stampa in 35 lingue diverse e una grande biblioteca che contiene oggi decine di migliaia di volumi, di cui 4.500 antichissimi manoscritti, quadri e arazzi fiamminghi, oggetti arabi, assiro-babilonesi, indiani ed egiziani, tra cui la mummia di Nehmeket del 10 secolo avanti Cristo. Un cortile interno, tappezzato di fotografie e diapositive, ricorda il terribile genocidio del 1915, quando un milione e mezzo di armeni furono deportati e sterminati dai turchi. Neppure Napoleone osò ferire l’oasi armena. Il complesso sopravvisse all’arrivo del generale francese che fece distruggere i monasteri veneziani ma salvò quello di San Lazzaro perchè lo considerò un’accademia di scienze. Venezia è molto legata alla cultura armena. Per esempio, l’albicocca è chiamata anche “armelin”, frutto armeno, e i frati isolani coltivano in giardino molte rose usate per produrre la “vartanush”, una marmellata di petali di rosa, tipica ricetta dell’Armenia. A Venezia c’è anche un altro luogo di culto armeno: è la chiesa di Santa Croce degli armeni (sestiere San Marco), con funzioni religiose celebrate solamente l’ultima domenica di ogni mese. Arrivare a San Lazzaro è facile, senza bisogno di prenotare. Dall’imbarco di San Zaccaria, lungo Riva degli Schiavoni, vicino a San Marco, si prende la linea 20. Ogni giorno alle 15,30 c’è la visita guidata al monastero, con partenza alle 15.00 da San Zaccaria. Chi vuole assistere alla messa della domenica in lingua armena, per curiosità e per scoprire il fascino della spiritualità di questi padri, deve prendere il vaporetto alle 10,30 (la funzione comincia alle 11.00). In quest’ultimo caso capita di essere soli sul vaporetto, insieme al comandante e ai gabbiani che ci accompagnano sull’isolotto. Soli anche in chiesa, tra le antiche e misteriose mura del monastero, insieme ai monaci arrivati dall’Oriente e all’infinito silenzio della laguna.

Filippo Re

 

Violentata e picchiata da quattro uomini

DALLA LIGURIA  E’ stata violentata da quattro persone e picchiata la notte di San Valentino nel quartiere popolare del Cep di Genova. La squadra mobile ha arrestato quattro persone, si tratta di un italiano di 50 anni e di tre marocchini di 25, 25 e 30 anni. La donna,  brasiliana, è stata trovata nella casa dell’ italiano dopo una telefonata al numero di emergenza da parte di un vicino. In ospedale ha raccontato di essere stata violentata dal gruppo dopo essere stata sequestrata e picchiata. Per evitare che fuggisse, le hanno legato polsi e caviglie con nastro  da pacchi. Ma lei è riuscita a citofonare a un vicino che ha avvisato le forze dell’ordine.

La dotta, la grassa, la rossa

Bastano pochi giorni, o forse poche ore, per capire che Bologna è una città colta, dinamica e squisita. Percorrere le sue strade, perdersi nelle viuzze colorate e caratteristiche è una esperienza gioiosa, ma anche profonda e preziosa. Le sue molteplici qualità e predisposizioni sono state sintetizzate in tre aggettivi che ne riassumono la particolarità

Dotta per la sua tradizione accademica, è stata infatti la prima città in occidente, esattamente nel 1088, ad avere l’Università. La sua vocazione alla cultura però è tuttora intensa e diversificata, basta girare per le vie del centro, per esempio,   e leggere le numerose poesie lasciate dal Movimento per l’emancipazione della poesia, qualcuno giustamente ha detto: “I muri a Bologna parlano”. Le numerose iniziative poi legate all’arte, alla musica e ai ricordi come la celebrazione della vita di Lucio Dalla e delle sue melodie è così importante per i bolognesi da fare della sua abitazione, a Piazza dei Celestini, un museo, una rievocazione vibrante della storia e del talento di questo artista. Grassa, per la sua inclinazione alla cucina, florida e generosa. Ristoranti, antiche botteghe del cibo, veri e propri luoghi di culto fotografati da turisti estasiati da visioni meravigliose, sono in ogni angolo della città. Locali famosi, cantati e decantati come il Roxy Bar, e moltissimi altri dove fare aperitivi e celebrare l’amicizia deliziano allegramente Bologna. Rossa, infine, per i suoi tetti medievali vermigli che avvolgono tutta la città e ne fanno un posto unico, soprattutto se la osserviamo dall’alto da una delle due famose Torri, quella degli Asinelli, dopo aver risalito ben 498 scalini. Ovviamente, in questa “terra dei motori” non possiamo non ricordare il contributo scarlatto dato dalla più famosa casa automobilistica italiana: la Ferrari.A Bologna si percepisce inoltre una riguardosa atmosfera spirituale, le sue bellissime chiese infatti, imponenti e ricche di opere d’arte, conferiscono a questa splendida città un animo sacro soprattutto se pensiamo alla Basilica di Santo Stefano, conosciuta anche come Complesso delle Sette Chiese. All’interno troviamo la meravigliosa Chiesa del Santo Sepolcro, risalente al V secolo, che si ispira all’omonimo santuario di Gerusalemme, un bellissimo chiostro e un museo dedicato.Girovagando per Bologna, tra una visita e l’altra e dopo doverose e ghiotte pause, ci si può dedicare anche ad un piacevolissimo shopping. Per acquisti di pregio in botteghe storiche e tradizionali della città il posto giusto è il Quadrilatero, una zona del centro storico che va da Piazza Maggiore a Via Rizzoli, Piazza della Mercanzia, via Castiglione, via Farini, piazza Galvani e via dell’Archiginnasio. In questo quartiere molti negozi hanno mantenuto la tipologia merceologica e in molti sono stati conservati gli arredi e l’architettura storica, insomma dei veri e propri patrimoni artistici tramandati per generazioni. Bologna è una città affascinante, un luogo ospitale, colorato, spensierato e allegro, ma anche sofisticato dove storia e passato di fondono con modernità e freschezza.

 

Maria La Barbera

Farhad Bitani: “Pessimismo per il futuro dell’Afghanistan”

FOCUS INTERNAZIONALE     di Filippo Re

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L’Afghanistan ricadrà nella guerra civile, come già avvenuto in passato. Gli afghani non vogliono i talebani che hanno distrutto la popolazione per troppi anni e oggi sono più violenti di prima. Gli americani si ritirano perchè hanno perso la guerra già da tempo. Farhad Bitani, ex ufficiale dell’esercito afghano, condanna l’estremismo islamico e i talebani che in Afghanistan ha combattuto per anni rimanendo anche ferito in combattimento. Ma non è ottimista sul futuro del suo Paese. Dopo aver lasciato l’esercito si è trasferito in Italia come rifugiato politico. Ha raccontato la sua vita nel libro “L’ultimo lenzuolo bianco, l’inferno e il cuore dell’Afghanistan” in cui descrive gli eventi del suo Paese negli ultimi trent’anni. Farhad è oggi un mediatore culturale, un “volontario per la pace”, una persona che combatte la violenza nel mondo per cercare la verità.

D Farhad Bitani, se gli americani si ritirano davvero dall’Afghanistan i Talebani torneranno al potere a Kabul e con loro il burqa e il Medioevo? L’intesa talebani-americani per il ritiro delle truppe sembra vicina, come vede la situazione?

R Qualora gli americani dovessero ritirarsi dall’Afghanistan scoppierà una guerra civile non solo a Kabul ma in tutto il Paese, perché i talebani non sono accettati dai cittadini afgani. Il popolo afgano sotto il loro regime ha subito tutte le violenze inimmaginabili (anche se ci si sforza di capire non si sarà mai in grado di concepirlo fino in fondo perché solo chi subisce ti può realmente capire) e una disumanità allarmante. I talebani non hanno più una posizione stabile, dopo il 2001 si sono frammentati in tre fazioni diverse, diventando mercenari per interessi economici. Gli americani hanno perso la guerra in Afghanistan già da tempo, il rapporto con i mujahidin nell’ultimo periodo si è interrotto; addirittura l’uomo più fedele degli americani, l’ex presidente afgano Hamid Karzai, ha stretto amicizia con i russi andando contro gli interessi americani e la loro presenza in Afghanistan. L’unica possibilità rimasta agli americani è quella di trovare un accordo con i talebani legittimando così l’uscita delle truppe americane come segno di “pace”, coprendo così la loro perdita in Afghanistan.

D I talebani sono proprio diversi da quelli di ieri, come sostengono gli americani? C’è da fidarsi di loro o sono peggio di prima?

R I talebani sono un gruppo di integralisti creati dai servizi segreti del Pakistan, l’ISI, con l’appoggio economico dell’Arabia Saudita per non dare mai stabilità e pace al territorio afgano. Come ben si sa l’Afghanistan strategicamente è un Paese importantissimo. Non avere la pace in Afghanistan significa dare una sicurezza ai Paesi in guerra fredda tra loro, come Arabia Saudita-Iran, Pakistan-India, America-Russia, Iran-Israele. L’Afghanistan è diventato una sorta di campo di calcio per queste potenze internazionali che inizialmente hanno usato i mujahidin e ora utilizzano i talebani diventando una ruota che gira nello stesso verso da anni, un ciclo che si ripete più volte. Attualmente i talebani sono diventati più crudeli di prima, perché a differenza del passato dove c’era un unico leader, il Mullah-Omar, ora ci sono molti leader ognuno dei quali cerca di tirare acqua al proprio mulino per interessi economici.

D Ci sono i talebani, c’è l’Isis, c’è un esercito incapace di difendersi….si aprono scenari inquietanti per l’Afghanistan, c’è il rischio di una nuova guerra civile?
R Dobbiamo ricordare che oltre allo scontro tra la popolazione civile e i talebani è in corso anche la guerra tra i talebani e l’Isis. L’Isis non è un rischio grande per l’Afghanistan perché non proviene dalla popolazione afgana, non potrà mai vincere in quanto non sono afgani e non conoscono bene il nostro territorio e ciò che riserva. Dal punto di vista culturale gli afgani non accetteranno mai il comando da persone straniere.

D Negli anni Novanta lei era in Afghanistan. Cosa voleva dire vivere sotto l l’oppressione dei talebani? Forse è bene ricordarlo..

R Come si evince dalla descrizione fatta nel mio libro “L’ultimo lenzuolo bianco”, vivere sotto il regime talebano significa passare le notti al buio, avere un cielo senza stelle. Crescere nel regime talebano significa tornare al Medioevo, dove la violenza faceva parte della tua vita, era all’ordine del giorno: attraverso i propri occhi si assisteva a vere e proprie esecuzioni (era una fortuna non avere la propria testa tagliata), donne picchiate se passeggiavano da sole. Le scuole normali vengono eliminate a favore di scuole coraniche dove viene insegnato ciò che faceva più comodo a loro, ossia l’odio e la violenza verso gli occidentali. L’uomo perde la propria identità vivendo nel nulla sotto questo terribile regime.

D Lei era costretto a imparare a memoria il Corano, poi qualcosa è cambiato fino alla decisione di abbandonare la carriera militare…
R La lingua madre della maggior parte del mondo musulmano non è quella araba. Come ben si sa la lingua del sacro libro è l’arabo. In Afghanistan, in cui la lingua predominante è quella del pashtu e dari, non avevamo il diritto di imparare la lingua araba. Da piccoli venivamo costretti a memorizzare le sure del Corano in arabo e ci veniva data una spiegazione fasulla del suo contenuto, facendoci credere che la violenza che usiamo è dettata dal sacro libro e che l’uccisione degli infedeli ci avrebbe garantito una vita migliore nell’aldilà. E’ attraverso l’incontro con il diverso che è nata in me la voglia di scoprire la verità che si è rivelata completamente opposta a ciò che ci facevano credere.

D E’ cambiato qualcosa negli ultimi 20 anni nel suo Paese? Ci sono stati concreti miglioramenti per la società afghana?

R Nonostante tutti i soldi impiegati per l’Afghanistan, i cambiamenti sono stati pochissimi se non addirittura nulli. L’unico miglioramento che si può constatare è l’uscita dall’epoca del Medioevo per vedere al di fuori della nostra porta il resto del mondo, ossia l’Occidente. E’ stata data la possibilità ai giovani come me di riflettere e conoscere la realtà del diverso. C’è ancora moltissimo lavoro da fare per l’Afghanistan, un Paese che soffre la guerra da circa 40 anni, dando i soldi non come sempre ai potenti e ai gruppi armati ma alla gente che ha realmente bisogno, attraverso la costruzione di scuole per educare i bambini e attraverso un insegnamento culturale, non solo il proprio ma anche quello altrui da cui si può imparare moltissimo.

D Che futuro vede per i giovani e le donne. C’è molta preoccupazione soprattutto tra le donne, se la situazione dovesse peggiorare…

R Se la situazione dovesse peggiorare a pagarne il prezzo saranno in primis le donne e i bambini. La situazione tornerà come lo era sotto il regime dei talebani se non peggio. Le donne pian piano stanno cercando di riacquisire la propria libertà e di conseguenza la libertà di educare in modo sano i propri figli. Il ritorno sotto ai talebani significa togliere anche questa piccola speranza. I giovani non avranno più un futuro se non un retrocedere al passato, sarà una continua regressione del Paese.

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Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

Farhad Bitani: "Pessimismo per il futuro dell'Afghanistan"

FOCUS INTERNAZIONALE     di Filippo Re
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L’Afghanistan ricadrà nella guerra civile, come già avvenuto in passato. Gli afghani non vogliono i talebani che hanno distrutto la popolazione per troppi anni e oggi sono più violenti di prima. Gli americani si ritirano perchè hanno perso la guerra già da tempo. Farhad Bitani, ex ufficiale dell’esercito afghano, condanna l’estremismo islamico e i talebani che in Afghanistan ha combattuto per anni rimanendo anche ferito in combattimento. Ma non è ottimista sul futuro del suo Paese. Dopo aver lasciato l’esercito si è trasferito in Italia come rifugiato politico. Ha raccontato la sua vita nel libro “L’ultimo lenzuolo bianco, l’inferno e il cuore dell’Afghanistan” in cui descrive gli eventi del suo Paese negli ultimi trent’anni. Farhad è oggi un mediatore culturale, un “volontario per la pace”, una persona che combatte la violenza nel mondo per cercare la verità.
D Farhad Bitani, se gli americani si ritirano davvero dall’Afghanistan i Talebani torneranno al potere a Kabul e con loro il burqa e il Medioevo? L’intesa talebani-americani per il ritiro delle truppe sembra vicina, come vede la situazione?
R Qualora gli americani dovessero ritirarsi dall’Afghanistan scoppierà una guerra civile non solo a Kabul ma in tutto il Paese, perché i talebani non sono accettati dai cittadini afgani. Il popolo afgano sotto il loro regime ha subito tutte le violenze inimmaginabili (anche se ci si sforza di capire non si sarà mai in grado di concepirlo fino in fondo perché solo chi subisce ti può realmente capire) e una disumanità allarmante. I talebani non hanno più una posizione stabile, dopo il 2001 si sono frammentati in tre fazioni diverse, diventando mercenari per interessi economici. Gli americani hanno perso la guerra in Afghanistan già da tempo, il rapporto con i mujahidin nell’ultimo periodo si è interrotto; addirittura l’uomo più fedele degli americani, l’ex presidente afgano Hamid Karzai, ha stretto amicizia con i russi andando contro gli interessi americani e la loro presenza in Afghanistan. L’unica possibilità rimasta agli americani è quella di trovare un accordo con i talebani legittimando così l’uscita delle truppe americane come segno di “pace”, coprendo così la loro perdita in Afghanistan.
D I talebani sono proprio diversi da quelli di ieri, come sostengono gli americani? C’è da fidarsi di loro o sono peggio di prima?
R I talebani sono un gruppo di integralisti creati dai servizi segreti del Pakistan, l’ISI, con l’appoggio economico dell’Arabia Saudita per non dare mai stabilità e pace al territorio afgano. Come ben si sa l’Afghanistan strategicamente è un Paese importantissimo. Non avere la pace in Afghanistan significa dare una sicurezza ai Paesi in guerra fredda tra loro, come Arabia Saudita-Iran, Pakistan-India, America-Russia, Iran-Israele. L’Afghanistan è diventato una sorta di campo di calcio per queste potenze internazionali che inizialmente hanno usato i mujahidin e ora utilizzano i talebani diventando una ruota che gira nello stesso verso da anni, un ciclo che si ripete più volte. Attualmente i talebani sono diventati più crudeli di prima, perché a differenza del passato dove c’era un unico leader, il Mullah-Omar, ora ci sono molti leader ognuno dei quali cerca di tirare acqua al proprio mulino per interessi economici.
D Ci sono i talebani, c’è l’Isis, c’è un esercito incapace di difendersi….si aprono scenari inquietanti per l’Afghanistan, c’è il rischio di una nuova guerra civile?
R Dobbiamo ricordare che oltre allo scontro tra la popolazione civile e i talebani è in corso anche la guerra tra i talebani e l’Isis. L’Isis non è un rischio grande per l’Afghanistan perché non proviene dalla popolazione afgana, non potrà mai vincere in quanto non sono afgani e non conoscono bene il nostro territorio e ciò che riserva. Dal punto di vista culturale gli afgani non accetteranno mai il comando da persone straniere.
D Negli anni Novanta lei era in Afghanistan. Cosa voleva dire vivere sotto l l’oppressione dei talebani? Forse è bene ricordarlo..
R Come si evince dalla descrizione fatta nel mio libro “L’ultimo lenzuolo bianco”, vivere sotto il regime talebano significa passare le notti al buio, avere un cielo senza stelle. Crescere nel regime talebano significa tornare al Medioevo, dove la violenza faceva parte della tua vita, era all’ordine del giorno: attraverso i propri occhi si assisteva a vere e proprie esecuzioni (era una fortuna non avere la propria testa tagliata), donne picchiate se passeggiavano da sole. Le scuole normali vengono eliminate a favore di scuole coraniche dove viene insegnato ciò che faceva più comodo a loro, ossia l’odio e la violenza verso gli occidentali. L’uomo perde la propria identità vivendo nel nulla sotto questo terribile regime.
D Lei era costretto a imparare a memoria il Corano, poi qualcosa è cambiato fino alla decisione di abbandonare la carriera militare…
R La lingua madre della maggior parte del mondo musulmano non è quella araba. Come ben si sa la lingua del sacro libro è l’arabo. In Afghanistan, in cui la lingua predominante è quella del pashtu e dari, non avevamo il diritto di imparare la lingua araba. Da piccoli venivamo costretti a memorizzare le sure del Corano in arabo e ci veniva data una spiegazione fasulla del suo contenuto, facendoci credere che la violenza che usiamo è dettata dal sacro libro e che l’uccisione degli infedeli ci avrebbe garantito una vita migliore nell’aldilà. E’ attraverso l’incontro con il diverso che è nata in me la voglia di scoprire la verità che si è rivelata completamente opposta a ciò che ci facevano credere.
D E’ cambiato qualcosa negli ultimi 20 anni nel suo Paese? Ci sono stati concreti miglioramenti per la società afghana?
R Nonostante tutti i soldi impiegati per l’Afghanistan, i cambiamenti sono stati pochissimi se non addirittura nulli. L’unico miglioramento che si può constatare è l’uscita dall’epoca del Medioevo per vedere al di fuori della nostra porta il resto del mondo, ossia l’Occidente. E’ stata data la possibilità ai giovani come me di riflettere e conoscere la realtà del diverso. C’è ancora moltissimo lavoro da fare per l’Afghanistan, un Paese che soffre la guerra da circa 40 anni, dando i soldi non come sempre ai potenti e ai gruppi armati ma alla gente che ha realmente bisogno, attraverso la costruzione di scuole per educare i bambini e attraverso un insegnamento culturale, non solo il proprio ma anche quello altrui da cui si può imparare moltissimo.
D Che futuro vede per i giovani e le donne. C’è molta preoccupazione soprattutto tra le donne, se la situazione dovesse peggiorare…
R Se la situazione dovesse peggiorare a pagarne il prezzo saranno in primis le donne e i bambini. La situazione tornerà come lo era sotto il regime dei talebani se non peggio. Le donne pian piano stanno cercando di riacquisire la propria libertà e di conseguenza la libertà di educare in modo sano i propri figli. Il ritorno sotto ai talebani significa togliere anche questa piccola speranza. I giovani non avranno più un futuro se non un retrocedere al passato, sarà una continua regressione del Paese.
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Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

Grave bimba di 22 mesi picchiata dal compagno della mamma

DAL LAZIO

“E’ stato un raptus. Non volevo”. Questa la giustificazione del 24enne arrestato per avere picchiato la bambina di 22 mesi della propria compagna a Genzano, nei pressi  di Roma. La piccola è ricoverata in prognosi riservata in terapia intensiva all’ospedale Bambino Gesù. Il giovane,  italiano, è stato arrestato per tentato omicidio. Si trovava da solo in casa con i quattro figli della donna, tra cui la bambina e la sua gemellina.

I CONSIGLI DI ASSOSALUTE PER UN SAN VALENTINO PERFETTO

La festa più romantica dell’anno. Secondo i dati ISTAT, sono quasi 14 milioni le coppie registrate in Italia, a cui vanno ad aggiungersi giovani coppiette e nuovi fidanzati. Potenzialmente quindi, quasi la metà della popolazione italiana si prepara a festeggiare San Valentino.

Immancabili saranno le cene a due, sorprese, cinema e, perché no, relax in casa. Comunque si decida di festeggiare, è importante che nulla rovini la serata, tanto meno i piccoli disturbi di salute che potrebbero insorgere proprio in occasione di questa romantica ricorrenza.

Per venire in soccorso degli innamorati, ASSOSALUTE (Associazione nazionale farmaci di automedicazione che fa parte di Federchimica) ha stilato una serie di consigli utili per un San Valentino perfetto:

1.    Nervosismo in vista della serata? Non lasciare che tensioni muscolari e mal di testa ti impediscano di viverla al meglio. La sera di San Valentino è per molti un momento di emozioni. Tuttavia, far sì che tutto sia perfetto può essere fonte di stress, ancor più se la serata è preceduta da una giornata impegnativa e stancante. Per questo è importante fare attenzione agli effetti dell’ansia sul fisico e sull’umore ed evitare i piccoli disturbi correlati, come mal di testa e tensioni muscolari. Nel caso però il mal di testa ci accompagni a cena, è possibile ricorrere a farmaci di automedicazione come gli antinfiammatori e gli analgesici per uso orale. Meglio agire ai primi segnali per evitare che il dolore aumenti e il fastidio diventi più difficile da gestire. Se invece tensioni cervicali e lombari dovessero impedire di muoverci in libertà, è possibile fare ricorso a farmaci ad azione antinfiammatoria per uso topico.

2.    Cena a due? Occhio alle porzioni. Quando si tratta di una cena romantica fuori casa, la scelta del ristorante e la bontà delle pietanze sono fondamentali per la riuscita della serata. Attenzione però a non esagerare con le porzioni. Cibi pesanti o quantità eccessive, unite a qualche bicchiere di alcol, possono infatti rallentare la digestione provocando senso di pesantezza, nausea, sonnolenza, acidità. Se non si riesce a resistere a una cena ricca e abbondante, farmaci di automedicazione come procinetici e antiacidi possono alleviare i fastidi di una cattiva digestione e dell’acidità, evitando che questi rovinino il dopocena.

 

3.    Se scegli cibi afrodisiaci, modera il piccante. San Valentino è spesso l’occasione per fare nuove esperienze, anche in cucina. In caso si optasse per una cena esotica o afrodisiaca, a base di cibi piccanti, è importante fare attenzione a non esagerare. Disturbi come diarrea, bruciore di stomaco e gonfiore possono infatti incorrere repentinamente. Per evitare spiacevoli inconvenienti, è possibile far ricorso a farmaci di automedicazione capaci di assorbire i gas in eccesso e agire contro il gonfiore, e ad antidiarroici. In questo modo anche le esperienze culinariamente più estreme non avranno conseguenze.

4.    Baci. Che pericoli possono insidiarsi? Baciarsi non solo è ottimo per l’umore ma è anche un vero e proprio toccasana per la salute. Tuttavia, alcune insidie possono nascondersi anche nel più tenero dei gesti. Una su tutte, l’herpes labiale. Facile da trasmettere con il bacio quanto impossibile da debellare totalmente, un utile rimedio per il ripresentarsi dell’herpes è quello di trattarlo con farmaci di automedicazione che contengano sostanze antivirali da applicare direttamente sulle labbra al fine di alleviare prurito e bruciore.

5.    Opzione cinema? Goditi il film, evita gli occhi secchi. Per gli amanti del cinema un buon film rappresenta la scelta più naturale anche a San Valentino. Ma se il cinema è il traguardo di una giornata passata al pc o sui libri, non trascurate la stanchezza oculare e il fastidio degli occhi secchi. L’antipatica sensazione di avere qualcosa all’interno dell’occhio, bruciore, prurito, a volte fotofobia, possono infatti rendere la visione cinematografica una tortura e rovinare l’atmosfera della serata. In questo caso, farmaci di automedicazione come colliri gel o pomate oculari posso aiutare a lubrificare l’occhio e ad alleviare il senso di fastidio grazie a una azione decongestionante e antisettica. Inoltre, se l’occhio secco è una condizione ricorrente, è importante ricordarsi di ammiccare spesso, cioè aprire e chiudere gli occhi per “lubrificarli”, in particolare quando si utilizzano dispositivi elettronici. Mediamente, infatti, davanti a PC o device, gli ammiccamenti si riducono di un terzo rispetto al normale e sono inferiori alla metà quando si legge un libro.

 

Infine, un ultimo, fondamentale, consiglio: anche se fervono i preparativi per San Valentino, è importante riconoscere i farmaci di automedicazione. Come? Grazie al bollino rosso che sorride sulla confezione. Questi medicinali sono autorizzati dalle Autorità Sanitarie a essere dispensati senza ricetta medica perché contengono principi attivi, o loro associazioni, di cui sono già state approfondite l’efficacia e la sicurezza e sono di impiego medico ben noto e largamente utilizzati in terapia.

Per maggiori informazioni: www.semplicementesalute.it