Dall Italia e dal Mondo- Pagina 24

Scontro fra auto: studente 19enne muore sul colpo. Ferito uomo e ragazzina di 14 anni

DALL’EMILIA ROMAGNA
Nuovo incidente mortale questa notte sulle strade italiane. E’ avvenuto  sulla  provinciale 15 a Lagosanto, in provincia di Ferrara. La vittima è uno  studente 19enne di Comacchio deceduto sul colpo nello scontro fra due auto .  Sull’altra auto c’erano due persone, padre e figlia di 14 anni che sono stati soccorsi e poi trasportati all’ospedale.

Dora Mittelbau, il lager “dimenticato” delle V2

In Turingia, presso Nordhausen, a sud dell’Harz, la più settentrionale delle catene montuose tedesche, dove si dice che in una grotta riposi Federico Barbarossa, si trova Dora Mittelbau, un lager nazista “dimenticato” per decenni. Ciò che appare a prima vista  – “Dora”- come un bel nome di donna, non deve trarre d’inganno:  in realtà, sono le iniziali dell’organizzazione del lavoro tedesca (Deutsche Organisation Reichs Arbeit). E corrispondono “fisicamente”, ad uno dei luoghi più terribili del sistema concentrazionario nazista.

La sua costruzione, nell’estate del 1943, fu voluta da Hitler in persona allo scopo di produrvi le Wunderwaffen tedesche, le armi segrete del Terzo Reich, dopo che la base usata prima di allora, quella di Peenemünde, era stata distrutta tra il 17 e il 18 agosto 1943 dai bombardieri della Royal Air Force britannica. Secondo varie testimonianze, Dora doveva essere l’estremo tentativo di cambiare le sorti della guerra, grazie ai missili che vi venivano costruiti come le micidiali V1 e V2. Le V2  – grandi razzi, alti 14 metri e larghi quasi due, pesanti circa 11 tonnellate ( 9 delle quali erano di combustibile), con un carico di una tonnellata d’esplosivo – venivano costruite nei due grandi tunnel sotterranei, lunghi circa tre chilometri e collegati fra loro da una quarantina di gallerie, al riparo dalle incursioni alleate. La sigla V2 stava per Veegeltungswaffe 2( traducibile in “arma di rappresaglia n. 2“, da un’idea del ministro della propaganda del Reich, Joseph Goebbels). All’interno del campo lavorarono anche importanti scienziati nazisti, tra i quali Wernher von Braun, il “padre” della V2, al quale, secondo molti, si deve in parte il progresso scientifico aerospaziale che ha permesso all’uomo di andare sulla Luna. Da quei lunghi tunnel uscirono 5.789 micidiali V2 che, in gran parte furono lanciate su Londra e Anversa. Un lavoro massacrante per i deportati, costretti a vivere in condizioni disumane nelle caverne, senza vedere la luce per mesi. Spesso perivano nelle gallerie per il troppo lavoro, per la cattiva alimentazione e per le percosse. Tra la fine dell’agosto 1943 e l’aprile del 1945 transitarono

da Dora 60 mila deportati, dei quali circa 20 mila vi persero la vita. Tra di essi vi furono 1.500 italiani, deportati politici e anche militari e quasi un terzo di loro vi  trovò la morte. Dopo la guerra, fatte saltare le gallerie e trasferiti negli Usa e nell’Urss  centinaia di scienziati, su Dora cadde il silenzio.I primi ad arrivare furono gli americani ai quali Von Braunl si consegnò con i suoi piani di costruzione delle V2 e con tutti i suoi ingegneri,  passando al servizio degli Usa, con la garanzia dell’ asilo e la cancellazione dei crimini di guerra. Di Mittelbau Dora si “dimenticarono” anche i processi di Norimberga, unico lager che non venne citato. Un oblio durato  fino a pcoh anni dalla caduta del muro di Berlino e della riunificazione tedesca. Ora le gallerie sono in parte visitabili e accanto c’è un memoriale. Il lungo silenzio, però, pesa come un macigno. Molte testimonianze sostengono che sia stata la conseguenza dell’invenzione delle V2 , antesignane dei missili balistici (nel 1969 l’uomo arrivò sulla Luna spinto dal razzo Saturno 5, progettato sotto la direzione di Wernher von Braun: di fatto, l’evoluzione della V2 ) . Questa tecnologia favorirà la conquista dello spazio da parte di americani e russi, ed entrambi non avevano nessun interesse a ricordare ciò che aveva tragicamente  preceduto le loro imprese. In quell’inferno sotterraneo, nel freddo umido di quelle gallerie fiocamente illuminate, tra i rottami dei razzi, si percepisce ancora l’enormità del dolore e della sofferenza di chi non vide più la luce nel più duro campo di lavoro forzato del regime delal svastica. Ed è questa la memoria che resta e che non può essere dimenticata.

Marco Travaglini

 

GLI IMAGINE DRAGONS PER LA CERIMONIA DI APERTURA DELLA FINALE UEFA CHAMPIONS LEAGUE

 #FORTHELOVEOFIT– UEFA and Pepsi® hanno annunciato che saranno gli Imagine Dragons ad esibirsi come artisti musicali durante l’edizione 2019 della Cerimonia di Apertura della Finale UEFA Champions League presentata da Pepsi. La rock band vincitrice di un Grammy Award, conosciuta per i grandi successi come ‘Radioactive’ e ‘Thunder’ salirà sul palco qualche minuto prima del calcio d’inizio, sabato 1 Giugno presso lo stadio Wanda Metropolitano di Madrid.

Nominati il gruppo più ascoltato in streaming su Spotify per il 2018 che vanta una fanbase di seguaci in tutto il mondo, gli Imagine Dragons, animeranno lo stadio con il loro sound imprimendo la loro firma e costruendo un’atmosfera elettrica che scalderà gli animi dei tifosi prima dell’inizio.
 
Ormai al quarto anno, la Cerimonia di Apertura della Finale UEFA Champions League presentata da Pepsi punta ad unire il mondo della musica, dell’intrattenimento e dello sport coinvolgendo i più importanti musicisti in una performance indimenticabile. Reduci dall’esibizione mozzafiato dello scorso anno della pop star Dua Lipa, l’attesissima Cerimonia di Apertura del 2019 riserverà agli spettatori un livello di produzione mai visto prima in una finale della UEFA Champions League. Con incredibili giochi pirotecnici ed effetti speciali, i fan saranno proiettati in una performance musicale visivamente spettacolare e coinvolgente.
 
Dan Reynolds, frontman degli Imagine Dragons, ha dichiarato: “Siamo onorati di prendere parte alla Cerimonia di Apertura della Finale UEFA Champions League insieme a Pepsi per alcuni dei fan sportivi più appassionati al mondo. Sarà uno spettacolo sensazionale quello a Madrid!”
 
Quest’anno la finale verrà disputata sabato 1 Giugno presso lo stadio Metropolitano di Madrid e verrà trasmessa in più di 220 Paesi nel mondo, mentre la Cerimonia di Apertura della Finale UEFA Champions League presentata da Pepsi si svolgerà poco più di 10 minuti prima che inizi la più grande partita del calcio europeo per club.
 
“Come marchio con una storia leggendaria sia nella musica che nel calcio, non c’è nulla di più importante o di più grande della cerimonia di apertura per la Finale di UEFA Champions League. Collaborare con la UEFA per portare l’intrattenimento dal vivo alla Finale è un modo epico per puntare tutto sulle passioni che noi – e i nostri fan – amiamo “, ha dichiarato Natalia Filippociants, Vice Presidente, Marketing, Global Beverages, PepsiCo. “Ogni anno, abbiamo alzato la barra delle prestazioni e incrementato l’energia nello stadio nei minuti prima del calcio d’inizio. E portando sul palco con noi l’ultima rock band di oggi, gli Imagine Dragons, la cosa certa è che sarà una Finale elettrizzante, una vera celebrazione dei risultati ottenuti da questa partnership – e di quelli che verranno”.
 
Guy-Laurent Epstein, UEFA Events SA Marketing Director, ha commentato: “Siamo entusiasti di collaborare con Pepsi alla realizzazione dell’edizione del 2019 della Cerimonia di Apertura della Finale UEFA Champions League. Per il quarto anno consecutivo, la Cerimonia di Apertura metterà insieme musica, intrattenimento e sport per un’esperienza epica per i tifosi– e Pepsi è il partner perfetto per collaborare in questo. La performance senza precedenti dell’anno scorso di Dua Lipa è stato un grande successo, diventando il nostro contenuto social più visto di sempre. Sappiamo che durante la perfomance della Cerimonia di Apertura gli Imagine Dragons faranno di tutto per innalzare l’emozione dei nostri fan con un rockshow che i tifosi non potranno mai dimenticare”.
 
Di fianco al continuo sostegno della UEFA Champions League, Pepsi all’inizio di quest’anno ha lanciato la sua nuova piattaforma e lo slogan internazionale FOR THE LOVE OF IT ™, con una campagna globale con protagonisti Leo Messi e Mohamed Salah che portano in scena la passione del marchio per il calcio e dimostrano quanto le persone apprezzino il delizioso gusto di Pepsi.
 
Inoltre, Pepsi ospiterà i tifosi al UEFA Champions Festival di Madrid e offrirà loro grandi emozioni prima della partita. Il festival è aperto al pubblico e presenterà una serie di eventi musicali durante quattro giorni: venerdì 31 maggio si esibirà il celebre duo di musica Dimitri Vegas & Like Mike, mentre sabato 1o giugno sarà la volta dei Now United, gruppo pop internazionale che ha ideato il nuovo jingle Pepsi di quest’anno.

APERTE LE CANDIDATURE PER GLI INNOVATION IN POLITICS AWARDS 2019

Il 2017 ha visto un vincitore italiano e, nel 2018, ben 10 progetti locali in finale

Ogni anno, gli Innovation in Politics Awards rendono merito ai progetti politici più coraggiosi e di impatto realizzati nei Paesi membri del Consiglio d’Europa. Una giuria di più di 1.000 cittadini europei provenienti da 40 Paesi seleziona gli 80 finalisti e nomina i vincitori nelle 8 categorie, fra tutte le candidature ricevute. Chiunque può candidare un progetto: nel 2017 sono stati più di 600 le iniziative presentate. La Cerimonia di Premiazione si svolgerà il 4 dicembre 2019 a Berlino.

 La nuova edizione del premio internazionale per la buona politica prende il via: tutti i politici eletti, a qualunque livello, e i comuni cittadini dei 47 paesi membri del Concilio d’Europa, sono invitati a candidare iniziative politiche e progetti che esplorano nuovi territori per la democrazia liberale. L’Italia ha già raggiunto la vittoria nel 2017 grazie al progetto Tariffa Puntuale, Verso Rifiuti Zero del comune di Capannori (LU), e nel 2018 ha visto in finale ben 10 esempi di eccellenza e innovazione provenienti da tutta Italia: Adotta un Nonno (Milano), Borgoalbergo (Ferla), Crowdfunding civico (Milano), Hopeificio (Chieuti, Serracapriola), La Banca del Riciclo (Latronico), Laboratori di Comunità (Bologna), Officine ON/OFF (Parma), Ragazzi Harraga (Palermo), Reddito di Cittadinanza Locale (Livorno), Torino City Lab (Torino). Gli Innovation in Politics Awards raccolgono ogni anno modelli di governo e amministrazione pubblica di alto valore, che cambiano in meglio la vita dei cittadini e pongono le basi per un futuro migliore, basato sui valori europei di Dignità della persona, Libertà, Democrazia, Uguaglianza, Diritti umani. Fra i recenti vincitori degli Innovation in Politics Awards ci sono state, ad esempio, iniziative ambiziose e di forte impatto come European Solidarity Corps del Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, che permette ai giovani di prendere parte ad attività di volontariato in tutta Europa, o Gdansk Immigrant Integration Model, che promuove progetti speciali per l’integrazione dei migranti e dei rom, presentata da Pawel Adamowicz, il sindaco di Danzica tragicamente scomparso lo scorso gennaio. “In una fase storica particolare per l’Italia e per l’Europa, è stata una grande soddisfazione nella scorsa edizione vedere ben dieci iniziative in finale, molte delle quali provenienti da piccoli borghi che con creatività ed energia hanno dimostrato che un cambiamento è possibile”, dichiara Martin Slater, Presidente di Noesis Group, rappresentante di The Innovation in Politics in Italia. “L’Italia è ricca di progetti politici straordinari, che mostrano l’impegno delle istituzioni locali per la comunità. Incoraggiamo dunque i cittadini del nostro Paese a partecipare, aiutandoci ad identificare queste iniziative per portarle oltre i nostri confini come esempi virtuosi di buona politica”. Questa iniziativa è dedicata allo sviluppo e al rafforzamento della politica democratica e della amministrazione pubblica innovativa in Europa. A questo fine, superando i confini geografici, si cercano e si riconoscono progetti politici esemplari in 8 categorie: Civiltà, Comunità, Democrazia, Ecologia, Diritti Umani, Lavoro, Prosperità, Qualità della Vita. Il know-how che viene condiviso da queste best practice può essere fatto proprio da altri attori della politica e dalla società civile, indipendentemente dal partito di appartenenza, dal livello di servizio o dalla regione. Tutti i progetti candidati saranno valutati da una giuria di più di 1.000 cittadini da tutta Europa il prossimo autunno. Chiunque, al di sopra dei 16 anni, può candidarsi per diventare un membro di questa giuria. Tutti i finalisti saranno invitati alla cerimonia di premiazione a Berlino, il 4 dicembre 2019: 500 ospiti da tutta Europa sono attesi alla serata di gala, che si svolgerà al TIPI, presso la Cancelleria Federale.

Candida un progetto suhttps://innovationinpolitics.eu/it/project-nominate

Diventa un membro della giuria suhttps://innovationinpolitics.eu/it/juror-submit

Gli Awards sono organizzati dall’Innovation in Politics Institute con sede a Vienna, assieme ai sui partner europei: Act.Now (Vienna), Arenaldé (Stoccolma), Dreamocracy (Bruxelles), Bulgarian School of Politics, EuropaNova (Parigi), European Forum Alpbach, assieme a Szkola Liderów e THINKTANK in Polonia.

Qui Alessandro Magno sconfisse Dario

FOCUS INTERNAZIONALE / STORIA di Filippo Re

Un team di archeologi italiani ha scoperto il mitico luogo in cui oltre 2300 anni fa Alessandro Magno sconfisse Dario, il re persiano. Chi ha visto anni fa il film kolossal “Alexander” di Oliver Stone ricorda certamente Colin Farrell nei panni di Alessandro Magno e Raz Degan in quelli di Dario III di Persia mentre si affrontano nella battaglia decisiva di Gaugamela, il 1 ottobre del 331 avanti Cristo. La potente cavalleria del re persiano con i famosi e veloci carri da combattimento si scontrò duramente contro le Falangi del Macedone, numericamente molto inferiori, mentre 15 elefanti da combattimento furono schierati a protezione di Dario e dei suoi generali da eventuali incursioni nemiche. Quel giorno il re persiano, sconfitto, perse l’Impero mentre Alessandro divenne Magno. Per secoli si è cercato il luogo della battaglia senza trovarlo con precisione. Oggi invece si sa che quella vasta area desertica, pianeggiante e terribilmente polverosa in cui avvenne il leggendario scontro tra 40.000 fanti macedoni e 400.000 persiani si trova tra il fiume Tigri e i monti Zagros, nell’Iraq nord-orientale. È stata identificata da un’equipe di archeologi dell’Università di Udine con il sostegno del Ministero degli Esteri il cui lavoro è stato assai complicato, reso difficile non solo dalle scarse fonti storiche disponibili ma dalla presenza dei miliziani dell’Isis. L’area in questione infatti si trova a poca distanza dalle rovine dell’antica Ninive, l’odierna Mosul, che fino a due anni fa era la “capitale” irachena del sedicente Stato islamico. Ora gli studiosi italiani hanno scoperto che il villaggio agricolo di Tel Gomel era chiamato dagli assiri Gammagara o Gamgamara, poi ribattezzato Gaugamela dagli storici greci. Non solo ma in paese sono stati trovati alcuni rilievi rocciosi in onore di Alessandro. Pertanto, non ad Erbil nel Kurdistan iracheno come si pensava inizialmente ma nella piana attorno al villaggio di Gaugamela avvenne il gigantesco urto tra l’esercito macedone e la cavalleria persiana. La terra di Ninive si trasformò in un immenso cimitero con 1200 morti macedoni e oltre 50.000 persiani. In questo angolo del Medio Oriente i soldati greci videro per la prima volta enormi elefanti corazzati, pronti a battersi contro cavalli e giavellotti, rimanendo impressionati e stupefatti del loro impiego in guerra. Alessandro li incontrò per la prima volta proprio a Gaugamela ma si trattava solo di 15 pachidermi. Ne vide molti di più alcuni anni dopo nella battaglia del fiume Idaspe (326 a. C). Nel tentativo di invadere l’India il conquistatore macedone si scontrò con il re indiano Poro che schierò ben 200 elefanti in prima linea e questa volta, diversamente da quel che accadde a Gaugamela, i macedoni subirono una spaventosa carica di elefanti, alti come torri d’assedio, che terrorizzarono i soldati di Alessandro schiacciandone un gran numero. Nonostante le alte perdite di combattenti e del suo amato cavallo Bucefalo colpito da una lancia scagliata dalla sommità di un elefante, lo scontro fu vinto da Alessandro che risparmiò la vita all’eroico re Poro e ai suoi 200 poderosi animali, tutti sopravvissuti alla battaglia.

L’Italia delle regioni a Slow Fish

Dalla Regione Liguria alla Calabria, che debutta alla manifestazione, e poi Puglia, Toscana, Campania e Sicilia
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Un dialogo tra terra e mare sempre più intenso in cui le ricadute, siano esse positive o negative, delle azioni dell’uomo sulla prima incidono sul secondo, che ce ne restituisce tutti i frutti, dolci e amari. Ed è con questa consapevolezza che le regioni italiane vengono a raccontare i loro progetti di tutela e promozione, i loro borghi marinari, le loro tradizioni e i loro prodotti a Slow Fish, nei chioschi di Piazza Caricamento, al Porto Antico di Genova dal 9 al 12 maggio. Dal Nord al Sud Italia, dai padroni di casa, la Liguria, alla Regione Calabria,che debutta alla manifestazione della Chiocciola, per finire con le presenze ormai consolidate, la Puglia, la Toscana, la Campania e la Sicilia. E quindi, pinne, forchette e occhiali… tutti pronti per un viaggio virtuale nelle regioni d’Italia a Slow Fish!

Scorci liguri di vita quotidiana

Partiamo dai padroni di casa, la Regione Liguria, che come organizzatore della manifestazione insieme a Slow Food, allestisce nel Porto Antico una piazza ligure ideale, dove si incontrano profumi e sapori delle diverse anime di tutta la regione, da Levante a Ponente: workshop, presentazioni e attività per le scuole, dimostrazioni di pesto al mortaio e degustazioni guidate di olio e vini in collaborazione con i consorzi liguri, i Gac locali e Liguria Gourmet per le proposte dell’area ristorazione. Per saperne di più vai su:https://slowfish.slowfood.it/piazzetta-la-mia-liguria/

Costa Toscana – Isole Toscane: tesori di mare, tesori di terra

Presenta al pubblico di Genova la propria idea di offerta turistica a misura di ambiente la Toscana, con i suoi 300 chilometri di costa interpretati come ponte tra mare ed entroterra, tra centri storici incastonati lungo le dolci colline e tratti di mare spesso ancora incontaminati, da promuovere con percorsi sostenibili lontani dai numeri e dall’approccio del turismo di massa. Raccontati da Toscana Promozione Turistica, i borghi della pesca – da Massa all’Argentario, per finire in mezzo al Tirreno, con l’Elba e le Isole dell’Arcipelago toscano – sono protagonisti a Genova. Toscana presente nel programma della Cucina del Mercato con l’appuntamento dedicato a una specialità del territorio livornese, domenica 12 alle 12: il cacciucco preparato dalla cuoca Olimpia Nocera del ristorante Porto di Mare.

Campania all’insegna della legalità e della contaminazione

Quattro giorni di programma incentrati sulla legalità (taglie minime e contrasto all’estrazione dei datteri di mare), sulla lotta al caporalato, anche in mare, e sul mare come ponte per ricostruire i legami millenari tra le sponde del Mediterraneo che hanno portato alla contaminazione di culture, anche gastronomiche, di cui godiamo oggi. Un esempio su tutti è il cuscus che dal Maghreb alla Liguria, dalla Sicilia alla Sardegna unisce il Mediterraneo intorno al cereale più importante. Il tutto, come sempre a partire dal piacere di scoprire nuovi gusti, di condividere assaggi e parole, spaziando dalla politica alla filosofia, dall’archeologia a… ovviamente il buon cibo! È lo spazio della Regione Campania a Slow Fish, gestito in collaborazione con Slow Food Campania nell’ambito del Feamp 2014-2020. Completamente plastic free, lo spazio della Campania racconta l’economia del territorio a partire dalla promozione dei Presìdi Slow Food e delle comunità della pesca grazie a chef che li sostengono acquistandone i prodotti, come Giuliano Donatantonio, Gena Iodice, Maurizio De Riggi, Luigi Russo e i panificatori Giovanni Civitillo e Aldo Pagliuca. E poi il tema delle microplastiche con un confronto tra le aree marine protette liguri e quelle campane. E ancora il tema del caporalato in mare, con Francesco Pascale, assessore all’ambiente e alla pesca di Castel Volturno, che con il Sindaco Dimitri Russo e con un gruppo di pescatori, ha avviato un progetto di ripristino della legalità e di promozione dell’attività di pesca costiera con la creazione di banchine volte alla vendita del pesce appena sbarcato.

Puglia: una terra tra due mari di sostenibilità

Il suo mare e la sua gente, la biodiversità, la cultura e le tradizioni. Ecco la proposta che la Regione Puglia presenta a Slow Fish 2019 insieme a Unioncamere Puglia e Slow Food Puglia in un itinerario esperienziale lungo il tacco d’Italia alla scoperta di Presìdi, Aree marine protette e Parchi terrestri. La Puglia si racconta attraverso le parole di pescatori, agricoltori, giovani ricercatori accomunati tutti dall’amore verso la propria terra. Slow Fish 2019 è il palcoscenico per presentare i risultati del progetto Cap Salento con i suoi tre Presìdi del mare di Torre Guaceto, Porto Cesareo e Litorale di Ugento. Tra le novità l’Ecomuseo del Mar Piccolo e della Palude la Vela (Ecopamar) che racchiude a Taranto e nel suo Mar Piccolo un autentico scrigno di biodiversità e di storie antiche e moderne, tra cui anche cozza nera tarantina. Il programma prevede anche excursus verso i laghi di Varano e Lesina e nelle Isole Tremiti e un focus sui molluschi e il pesce crudo, per rivivere sapori, profumi e suoni del porto dei pescatori di Bari. Da non dimenticare i numerosi appuntamenti gastronomici all’insegna della buona biodiversità pugliese come il focus sul crudo e sulle specialità apprezzate al porto di Bari, le cozze tarantine e le specie lacustri del Gargano.

Biodiversità, cambiamento climatico, opportunità: la Regione Calabria a Genova

Al debutto a Slow Fish la Regione Calabria che si presenta con tavoli tematici, guidati da un esperto, nei quali il pubblico può approfondire i temi principali della manifestazione: la biodiversità e le nostre abitudini alimentari, il mare bene comune e cambiamento climatico, l’economia dei mari della regione e le opportunità frutto di una buona gestione delle risorse. In programma anche degustazioni e laboratori con chef e pescatori sulle ricette calabresi di mare e di terra.

Isole di Sicilia: i pescatori a tutela dell’ambiente

Punta tutto sul ruolo dei pescatori a tutela dell’ambiente la Sicilia, presente a Slow Fish in Piazza Caricamento e nella Cucina del Mercato con il progetto Sicilia Seafood, del Dipartimento della Pesca Mediterranea della Regione Siciliana, che ha l’obiettivo di promuovere e valorizzare i prodotti ittici che esprimono qualità, cultura e territorio, ottenuti con sistemi produttivi sostenibili sotto l’aspetto ecologico, ambientale e socioeconomico. Uno dei progetti più importanti da un punto di vista ambientale del GAC Isole di Sicilia riguarda infatti quasi la totalità dei pescatori artigianali delle isole (130 imbarcazioni dalle Eolie a Ustica, dalle Egadi a Pantelleria). Coinvolti direttamente in attività di monitoraggio, non solo di specie protette ma soprattutto di marine litter, i membri degli equipaggi hanno “pescato” oltre mille sacchi da 115 litri di materiale plastico, poi consegnato nei porti e correttamente smaltito. Nella Cucina del Mercato sono pescatori e artigiani a trasformare il pescato più fresco per il pubblico genovese. Pronti ad assaggiarlo? Segnatevi venerdì 10 alle 11 e sabato 11 alle 15,30, l’ingresso è libero!

La Casa Libera del Burro e il Salotto di Slow Food Liguria

Slow Food Liguria con i suoi appuntamenti contamina più aree della manifestazione raccontando protagonisti, prodotti e progetti di questa stupenda lingua di terra contesa tra mare e montagna, contaminazioni saline e aromi inconfondibili. Ed è nella Casa Libera del Burro, il grande spazio di sperimentazione gastronomica con cui Inalpi si presenta a Slow Fish 2019, che la Chiocciola ligure, una delle più antiche associazioni regionali di Slow Food in Italia, organizza un ricco programma dedicato ai Presìdi Slow Food e alle osterie del territorio con presentazioni di libri e incontri a tema, accompagnati da libere degustazioni. Nove portate, create dalla sapienza culinaria di cinque locali della guida alle Osterie di Slow Food Editore del capoluogo che si mettono in gioco con il gustoso condimento, per esaltare pescato del Mar Ligure e vegetali degli orti genovesi, per un menù da leccarsi i baffi! Qualche esempio? Rosmarino si presenta con il suo panino al burro di acciughe con borragine, palamita in scabecciu e giardiniera; l’agriturismo Il Castagneto prepara una vellutata di ortiche e patate con totanetti alla santoreggia e crostini di pane alle olive; l’osteria Da O Colla serve lo scucuzzu ai frutti di mare e il bisque di crostacei mantecato con burro al timo limone; il Mangiabuono fa della semplicità la sua bandiera con gli gnocchi di patate al pesto; mentre la Forchetta Curiosa chiude con uno sformatino di acciughe alla camoglina. Protagonisti di tutti i piatti sono il burro piemontese e il burro chiarificato ottenuti da panna di centrifuga da latte 100% piemontese della filiera corta e certificata Inalpi. Tra gli appuntamenti del salotto di Slow Food Liguria, il laboratorio di Gyotaku, una tecnica di stampa naturale, e oggi un’apprezzata forma d’arte, con cui i pescatori giapponesi fin dall’Ottocento registravano le loro catture, gli incontri con gli autori di libri dedicati alla cultura gastronomica ligure, come quello con Sergio Rossi che presenta l’edizione originale del volume di Emanuele Rossi, datato 1865, tra i più antichi ricettari della cucina ligure e il libro che la biologa Nadia Repetto dedica alle acciughe, il pesce più pescato al mondo e anche il più versatile per la conservazione, di cui poco ancora si sa. Infine, Slow Food Liguria anima l’aula didattica di Eataly Genova organizzando cinque appuntamenti tra degustazioni, con abbinamenti tra vini e prodotti ittici da Levante a Ponente, prove di manualità per i più piccoli, dimostrazioni sulla salagione delle acciughe, e vere e proprie lezioni per gli studenti su come costruire un menù di pesce che faccia bene all’ambiente e alla nostra salute.

Ecco il focus su Slow Food Liguria a Slow Fish: https://slowfish.slowfood.it/la-casa-libera-del-burro-slow-food-liguria/

Ma non finisce qui. Oltre ai chioschi regionali di Piazza Caricamento, tutta la manifestazione racconta i sapori e le tradizioni delle regioni italiane, dagli espositori del Mercato ai cuochi dell’Alleanza nelle Scuole di Cucina e agli chef degli Appuntamenti a Tavola, dai pescatori e produttori dei Laboratori del Gusto ai panettieri e pizzaioli della Fucina Pizza e Pane. E poi ancora le birre, i vini e persino i cocktail rispecchiamo la stupenda diversità che attraversa l’intero Stivale.

Buon viaggio!

Riappare il Califfo: una nuova fase di terrore?

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

Può essere l’inizio di una nuova fase del terrore quella annunciata al mondo dal Califfo del deserto, Abu Bakr al Baghdadi, leader dell’Isis, riapparso in un video dopo cinque anni di silenzio


 

 Esalta i suoi miliziani, minaccia vendetta per i suoi numerosi combattenti uccisi in Siria, lancia appelli a intensificare la guerra santa, gli attacchi contro i “crociati”, attentati e guerriglia, si compiace per le stragi nello Sri Lanka, per le operazioni a sud del Sahara e in Libia dove i suoi miliziani hanno attaccato la base aerea di Seba, nel sud-ovest, uccidendo nove soldati del generale Haftar. Tornato tra i vivi dalle macerie del Califfato levantino, non solo il Califfo è vivo nonostante sia stato dato più volte per morto ma rimane saldamente il capo indiscusso del gruppo jihadista. Nei covi dello Sri Lanka le bandiere nere dell’Isis, le uniformi militari, detonatori e bombe, come quelle delle stragi di Pasqua (253 morti) esplose nelle chiese e negli hotel di Colombo spuntano fuori un po’ ovunque con il sigillo di sangue dell’ex Stato islamico, che sconfitto militarmente nel teatro siro-iracheno, risorge come ideologia di morte nel nome di un islam violento e sanguinario. Si ramifica velocemente in altre aree asiatiche, dal Caucaso al Pakistan, dall’Afghanistan all’estremo oriente. Nessun Paese, islamico o occidentale che sia, può sentirsi sicuro e al riparo dalle minacce dei terroristi in grado di scatenare il panico nel cuore di qualsiasi città. Come è accaduto nella vecchia Ceylon dove una cellula dell’Isis, ben armata e ben addestrata, formata, secondo i servizi segreti, da almeno 130 jihadisti legati al califfo al-Baghdadi ha colpito in modo devastante l’isola dell’Oceano indiano. Sarebbero una trentina i cingalesi che hanno combattuto insieme ai miliziani dell’Isis in Siria e in Iraq. Kamikaze tornati in patria per continuare a colpire, uccidere e creare nuove cellule di terroristi seguendo gli ordini del Califfo. E neanche in Siria l’Isis è scomparso del tutto. Proprio alla vigilia di Pasqua 35 soldati siriani sono stati uccisi in una serie di scontri con i jihadisti di al Baghdadi nella provincia di Homs. Ma dopo i massacri di Pasqua altri kamikaze si sono immolati in Sri Lanka in nome del fanatismo religioso e decine di terroristi in fuga sono ricercati per una delle stragi di cristiani più sanguinose degli ultimi anni. Eccidi spaventosi per terrorizzare il mondo e cristiani scelti come bersaglio per la loro religione e anche perchè considerati colonialisti e oppressori per natura in quanto occidentali. Vittime di un odio arcaico, uccisi come i primi martiri dell’era cristiana. Lo Sri Lanka diventa terra di jihadisti da un giorno all’altro facendo risorgere l’estremismo islamico anche sulle sponde meridionali dell’Asia con una violenza ben superiore alle bombe che distrussero alla fine di gennaio la cattedrale cattolica di Jolo, nel sud-est delle Filippine, durante una funzione religiosa, in un attentato rivendicato dall’Isis (27 morti). La carneficina di Colombo è anche più sanguinosa dell’attacco avvenuto alla vigilia del Venerdì santo del 2015 in una scuola salesiana del Kenya quando un commando armato fece irruzione in un campus uccidendo 150 persone, in gran parte studenti cristiani che stavano dormendo. Poi i massacri a Lahore, in Pakistan, 72 morti il 28 marzo 2016, preceduti da quelli di Kaduna, in Nigeria, 50 morti nel 2012 ad opera dei terroristi di Boko Haram, e seguiti da quelli di Tanta e Alessandria in Egitto nella Domenica delle Palme del 2017 con 45 morti. Sono i più gravi massacri avvenuti negli anni recenti durante le funzioni religiose e nei giorni in cui i cristiani si riuniscono per celebrare la Settimana Santa. Le stragi di turisti negli alberghi di Colombo ricordano l’assalto armato a Mumbai nel 2008 con una serie sconvolgente di attacchi terroristici islamici (195 morti) avvenuti contemporaneamente nella città indiana e l’attacco terroristico in un ristorante di Dacca, capitale del Bangladesh, nell’estate 2016, quando furono uccise 23 persone tra cui nove italiani. L’Isis aveva armato e appoggiato il gruppo jihadista locale Jamaat-ul-Mujahideen e, anche in quel caso, alcuni dei terroristi appartenevano a famiglie agiate e benestanti come i kamikaze di Colombo. Per le autorità cingalesi gli autori dei massacri appartengono a un gruppo islamista isolano che voleva vendicarsi degli attacchi alle moschee in Nuova Zelanda, il National Tawheed Jamath (Ntj) che avrebbe agito col sostegno dell’Isis. In base ai dati raccolti dai rapporti sulla persecuzione anti-cristiana nel mondo pubblicati dalla Ong Open Doors (Porte Aperte) e dall’Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre) sono molte migliaia i cristiani uccisi per ragioni legate alla loro fede ogni anno. Oltre 4.300 nel 2018, in crescita rispetto ai 3.066 del 2017, di cui il maggior numero è stato registrato in Nigeria. Nel 2018 sono saliti a 245 milioni i cristiani perseguitati nel mondo e, sui 150 Paesi monitorati, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione definibile alta, molto alta o estrema, mentre l’anno scorso erano 58. Tra i Paesi che rivelano una persecuzione definibile estrema, lo Sri Lanka è in 46° posizione, l’Afghanistan al secondo posto, la Somalia al terzo, la Libia al quarto, tutti Paesi dove la vita per i cristiani è sempre più difficile, come anche nel Burkina Faso dove si moltiplicano gli attacchi contro le comunità cristiane. Sei persone sono morte nei giorni scorsi in un attacco ad una chiesa mentre era in corso la Messa. Hocine Drouiche, imam di Nimes e vicepresidente della Conferenza degli imam di Francia chiede ai musulmani di ribellarsi alla cristianofobia e commenta con queste parole gli attentati in Sri Lanka: “ i cristiani continuano a subire persecuzioni e pagano il conto di guerre che non hanno mai chiesto. Il massacro terrorista in Sri Lanka è molto significativo. Nel mondo l’odio contro i cristiani continua ad aumentare nonostante essi difendano la pace, sostengano i poveri, si prendano cura dei malati. Ogni anno i cattolici spendono miliardi per salvare vite e costruire scuole per bambini bisognosi. É tempo che il mondo musulmano ponga domande sull’aumento della cristianofobia all’interno del discorso islamista contemporaneo. Il massacro di Colombo non è il primo e sfortunatamente non sarà l’ultimo perché le autorità musulmane non vogliono affrontare il pensiero terrorista estremista in modo coraggioso e fermo. I musulmani devono agire, se vogliono proteggere l’islam da questa minoranza estremista che uccide in nome dell’odio e infanga gli islamici. La maggioranza silenziosa non avrà scuse perché sarà accusata di complicità se non dichiara una guerra santa contro l’estremismo e l’odio che quasi domina il discorso degli imam e dei predicatori musulmani”.

dal settimanale “La Voce e il Tempo”

Mantova, aperte le iscrizioni alla Scuola di Palazzo Te

Sono aperte fino al 15 maggio 2019 le iscrizioni alla Scuola di Palazzo Te, il percorso di ricerca residenziale della Fondazione Palazzo Te dedicato alle arti e alla progettualità culturale, in programma nel periodo estivo a Palazzo Te
I programmi didattici 2019, articolati nei due moduli “Studiare Arte” e “Fare Arte”, sono aperti a studenti, professionisti e mediatori della cultura italiani ed internazionali. La mission della Scuola di Palazzo Te è di accrescere le capacità di azione, di pensiero e di sviluppo nel campo della produzione culturale contemporanea. L’intervento si concentra in particolare sulla relazione tra patrimonio, tradizione, linguaggi ereditati, cultura contemporanea e capacità di progetto, con l’intento di ispirare visione, nuove prospettive di ricerca, nuovi progetti culturali e formare alle capacità necessarie alla loro attuazione.
Studiare Arte
È un percorso residenziale di 5 giorni dal 17 al 21 giugno 2019. Organizzato in collaborazione con il Courtauld Institute of Art di Londra, il corso è dedicato agli studenti interessati a sviluppare le proprie competenze visive e analitiche attraverso il contatto diretto con un monumento complesso come Palazzo Te di Giulio Romano (1525-1535). Insieme al Prof. Guido Rebecchini, gli studenti spenderanno cinque giorni esplorando il Palazzo, con pieno accesso ai suoi spazi. Durante la residenza del gruppo a Mantova, gli studenti esamineranno in modo innovativo questa straordinaria villa cinquecentesca in cui architettura, pittura e scultura convivono e si relazionano in maniera profonda.  La classe sarà formata da circa 15 studenti, dottorandi di ricerca e studiosi.
Fare Arte
È un percorso residenziale di 9 giorni dal 25 giugno al 3 luglio 2019, quest’anno alla seconda edizione. Si terrà a Palazzo Te sotto la guida di tre esperti di arte contemporanea e produzioni culturali: Stefano ArientiMariangela Gualtieri e Stefano Baia Curioni. Il corso prevede 2 seminari monografici condotti dai due artisti, e una sessione comune pomeridiana sull’implementazione e lo sviluppo progettuale guidata dal Direttore della Fondazione Baia Curioni.
Il corso si rivolge a un gruppo di 35 artisti, operatori e mediatori culturali.

Stefanik, il ministro-astronomo-aviatore slovacco

Il 4 maggio del 1919, esattamente cento anni fa, un aereo italiano, Caproni 450, decollato poco dopo le 8 della stessa mattina dall’aeroporto friulano di Campoformido, nella fase di atterraggio aviosuperficie di Vainorj, vicino a Bratislava, in vista del castello e del campanili della città slovacca (diventata dal 1 gennaio 1993 capitale della Repubblica di Slovacchia, Stato aderente all’Unione Europea), dopo aver sorvolato il Danubio e compiuto un ampio giro sulla città si schiantava al suolo

I soccorritori non potevano fare altro che costatare il decesso immediato delle quattro persone a bordo: il tenente pilota Gioiotto Mancinelli Scotti, il sergente Umberto Merlin, il motorista Umberto Aggiusti, tutti in forza alla Regia Aviazione Italiana e Milan Ratislav Stefanik, ministro della Guerra della prima repubblica Cecoslovacca, oltre che astronomo ed aviatore provetto, naturalizzato francese e per il Paese d’Oltralpe aveva raggiunto il grado di generale proprio durante il conflitto mondiale. La sua figura in Italia, nonostante il legame che ebbe con il nostro Paese durante la ‘Grande Guerra’ non è abbastanza nota, anzi è caduta quasi nell’obblio, eppure fu lui l’animatore del progetto che prese corpo con la costituzione della Legione Czeco-Slovacca (come si diceva allora) che fu il primo vero embrione del futuro stato cecoslovacco nato sulle ceneri della dissoluzione dell’Impero Asburgico. Fu lui che il 6 marzo 1918, ricevuto da Vittorio Emanuele Orlando, il docente di diritto che divenne il ‘Presidente della Vittoria’ (poi buttata alle ortiche a Versailles) disse “Io non voglio nulla. Vi sciolgo da qualsiasi vincolo morale. Non vi domando altro, se non che la mia gente muoia per il suo ideale”. E Orlando ricordo che “In quel momento io ero il presidente del consiglio d’un grande stato di 36 milioni di liberi cittadini e davanti a me c’era un esule, un uomo ramingo senza casa, senza patria, ma in quel momento sentìì l’animo mio inchinarsi per riverenza di fronte a quell’uomo di tanta grandezza morale, da rappresentare la forza più potente che v’era al mondo: la forza dell’idea”. Stefanik era legato anche sentimentalmente ad un’italiana, la marchesina Giuliana Benzoni, nipote prediletta di Ferdinando Martini, il ‘letterato prestato alla politica’, già governatore dell’Eritrea e ministro regio delle Colonie. Di questo legame ne parla pure, sia pure sommariamente, Giovani Amendola in un suo libro di memorie, nel quale ricorda come l’amica Giuliana avesse perso il suo compagno per quel tragico indicente. La sua morte, nonostante i rapporti ufficiali, anche italiani, lo escludessero, generò da subito sospetti e teorie di complotti, complice il fatto che il neonato governo cecoslovacco di Tomas Masaryk impose il segreto di Stato. Negli anni vi è stato chi ha visto come una delle possibili teorie complottiste il fatto che Stefanik, slovacco di nascita ed etnia, avrebbe chiesto, in sintonia con il protocollo firmato da Masaryk il 30 maggio 1918, una maggiore autonomia per gli slovacchi. Ma è altrettanto vero che con Masaryk ebbe sempre vicinanza. Al di là di teorie che possono essere più o meno fondate, potrebbe essere interessante vedere cosa disse il Re d’Italia, Vttiorio Emanuele III all’ambasciatore dello Stato slovacco costituito nel 1939 al momento della presentazione delle credenziali. Si dice che il sovrano avrebbe pronunciato una frase del tipo ‘Eh, il vostro Stefanik, le cose non sarebbero andate come è stato scritto’. Ma anche questo è un indizio troppo labile, da verificare nei verbali del protocollo diplomatico. Il generale-ministro venne seppellito nel memoriale nazionale a lui dedicato (come oggi gli è dedicato l’aeroporto di Bratislava) sulla collina di Bradlo che ammirava nella casa paterna da ragazzo, nella regione di Trencin. Con lui sono sepolti Merlin ed Aggiusti mentre le spoglie di Mancinelli Soctti vennero riportate in Italia dalla famiglia. Tra le opere che parlano di lui in italiano ci sono ‘La vita ribelle. Le memorie di un’aristocratica italiana tra belle epoque e repubblica’, di Giuliana Benzoni, raccolte da Viva Tedesco (il Mulino, 1985), il bel libro ‘Banditi o eroi ? Milan Ratislav Stefanik e la Legione Ceco-Slovacca’ di Sergio Tazzer (Kellerman, 2013) e ‘Milan Ratislav Stefanik, un breve profilo biografico’ (Associazione Tre Venezie-Slovacchia, 1995) di Milan Durica. Ed è proprio a quest’ultimo autore che voglio dedicare due parole. Teologo e docente all’Università di Padova, rientrato nel 1998 a vivere nel Paese natio, sul quale vorrei soffermarmi. Fu un colloquio avuto con lui in un pomeriggio di fine agosto del 2003, nella sua casa di Bratislava, ad aprirmi gli occhi sulla grandezza del ministro-astronomo-aviatore slovacco e a lui devo l’interesse, dopo aver letto proprio il profilo che ne aveva tracciato nel suo libro e l’interesse nell’approfondirne la figura.

Massimo Iaretti

 
 

James Joyce, l’Ulisse e Trieste

 
 
La prima edizione venne stampata nella capitale francese da Sylvia Beach, fondatrice della leggendaria libreria “Shakespeare and Company”, uno dei principali centri della vita culturale parigina degli anni Venti, frequentato da artisti e romanzieri come Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald
 

Il 2 febbraio del 1922 cadeva di giovedì e a Parigi veniva pubblicato l’Ulisse, uno dei romanzi più importanti del Novecento e capolavoro del modernismo, scritto dall’irlandese James Joyce tra il 1914 e il 1921. Ad onore del vero, dal marzo 1919 al dicembre 1920, l’Ulisse uscì a puntate sulla rivista letteraria americana The Little Review, dedicata all’arte e alla letteratura sperimentale internazionale. Non senza suscitare clamori. Infatti, alcuni episodi vennero accusati di oscenità e indecenza, tanto che il romanzo fu bandito nel Regno Unito fino agli anni Trenta e lo stesso accadde anche negli Stati Uniti, finché nel 1933 un tribunale stabilì che il libro non era pornografico né osceno. La prima edizione venne stampata nella capitale francese da Sylvia Beach, fondatrice della leggendaria libreria “Shakespeare and Company”, uno dei principali centri della vita culturale parigina degli anni Venti, frequentato da artisti e romanzieri come Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. Per risalire ad una edizione italiana bisogna invece arrivare al 1960 quando, per la prima volta, venne pubblicato da Mondadori nella collana della Medusa, diretta da Elio Vittorini. Il libro, piuttosto complesso e non esattamente di facile lettura, ambientato a Dublino, in Irlanda, racconta le vicende e il girovagare nella città di Leopold Bloom – una sorta di eroe moderno – in un’unica giornata, il 16 giugno del 1904. Giornata importante per l’autore che in  quella data conobbe la donna della sua vita, Nora Barnacle (divenuta ufficialmente sua moglie ventisette anni dopo,nel 1931).

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Insofferente al provincialismo bigotto di Dublino, Joyce lasciò la città nell’ottobre del 1904 con Nora. La città in cui James Joyce visse fino al 1919 (seppur con diverse interruzioni per soggiorni a Pola, Roma e in Irlanda)fu l’austera, elegante e mitteleuropea Trieste. Città di carattere del tutto particolare ( come la descrisse Umberto Saba: “Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace. Con gli occhi azzurri e le mani troppo grandi per regalare un fiore;come un amore, con gelosia”), affascinò l’irlandese Joyce. Durante il suo lungo  soggiorno triestino, oltre ad insegnare inglese alla Berlitz School, lo scrittore della “terra del trifoglio” completò la raccolta di racconti Gente di Dublino, pubblicando una seconda stesura della raccolta di poesie Musica da camera, scrisse il poema in prosa autobiografico Giacomo Joyce, ed iniziò, oltre al dramma Esuli, i primi tre capitoli del lavoro che gli diede fama internazionale: l’Ulisse, appunto. Dopo Trieste, Joyce visse per vent’anni a Parigi e morì in Svizzera, a Zurigo, a metà gennaio del 1941. A Trieste, oltre al museo a lui dedicato, si può ammirare la sua statua che si trova in uno dei luoghi più belli della città, il Ponterosso che attraversa il Canal Grande, nel quartiere teresiano. Il monumento in bronzo, raffigura lo scrittore mentre cammina sul ponte, assorto nei suoi pensieri, con un libro sottobraccio e il cappello in testa. La targa, riprendendo la “Lettera a Nora” del 1909, recita: “…la mia anima è a Trieste”. Alcune curiosità, tra le tante. Il 16 giugno è celebrato nelle maggiori città del mondo occidentale come “Bloomsday”. In occasione del centenario della giornata narrata nell’ Ulisse (il 16 giugno del 2004), a Dublino venne organizzato un pranzo per diecimila persone nella via principale. In Italia, a Genova, dal 2006 si celebra il “giorno di Bloom” con la lettura quasi integrale in italiano e brani in inglese dell’opera, dalle nove del mattino alla mezzanotte e in luoghi analoghi a quelli del romanzo. Chissà cosa ne penserebbe Joyce?!

Marco Travaglini