CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 96

Porte aperte a “SPA/Spazio Per Arte”

 

Ad Oleggio, apertura al pubblico con visite guidate e gratuite, in occasione della mostra di arte contemporanea “BIANCO”

Sabato 2 marzo

Oleggio (Novara)

L’appuntamento è ormai fissato ad ogni primo sabato del mese. Così, sabato 2 marzodalle 9 alle 13“SPA/Spazio Per Arte” aprirà le sue porte gratuitamente (ingresso gruppi ogni 30 minuti) ai visitatori che potranno scoprire e ammirare, oltre agli storici ambienti, la mostra “BIANCO”, a cura di Rischa Paterlini, che riunisce una selezione di opere della “Collezione Laura e Luigi Giordano”, alcune delle quali esposte al pubblico per la prima volta e in cui – manco a dirlo – il “Bianco” è proprio il colore dominante. La mostra è allestita nelle magnifiche stanze di “Palazzo Bellini”, origini quattrocentesche (500 metri quadri, distribuiti su due piani) nel centro storico di Oleggio, dove Laura Luigi Giordano, dopo averlo acquistato nel 2020 ed accuratamente restaurato, condividono con la città e il pubblico le opere della loro importante “Collezione di Arte Contemporanea”, comprendente circa 200 opere di diverse generazioni di artisti.

“È un grande motivo di orgoglio – sottolineano i coniugi Giordano – vedere che il nostro obiettivo di offrire un luogo dedicato alla cura e alla bellezza dell’anima stia riscuotendo così tanto successo. L’arte contemporanea all’interno di un palazzo d’epoca, situato in una località non vicina alle grandi città, sembra davvero aver reso il progetto unico e affascinante, attirando persone da ogni parte d’Italia e anche d’Europa. Vogliamo quindi condividere questa gioia con tutti coloro che hanno contribuito a rendere ‘SPA’ un luogo così speciale e che continuano a onorarci con la loro presenza”.

La mostra, attualmente in corso, è aperta (ogni primo sabato del mese) fino al prossimo 31 luglio. Perché il titolo “BIANCO”“Perché il ‘Bianco’ – afferma Laura Crola Giordano – è il colore che ci permette di osservare, senza distrazione, le bellezze del Palazzo. Bianco è il colore del latte ed è senza dubbio il colore più amato dalla nostra famiglia”.

“E ‘Bianco’ è il colore dominante nelle opere video, fotografiche, pittoriche e scultoree che sono state scelte per la mostra e che sono state raccolte negli anni dai collezionisti”, afferma Rischa Paterlini, curatrice della mostra e della “Collezione Laura e Luigi Giordano”. Particolarmente impegnativo e ricco di opere e di piacevoli “sorprese” è il percorso espositivo, studiato nei dettagli, con grande competenza e  saggezza, per riuscire a mixare nel giusto modo le opere esposte -attente ai valori e alle migliori cifre stilistiche delle avanguardie e post-avanguardie artistiche – agli spazi d’impronta neoclassica voluti dall’intervento (pitture, bassorilievi, stucchi e pregiati soffitti in legno) dell’architetto svizzero, novarese d’adozione, Stefano Ignazio Melchioni (1765 – 1837).

Da Wolfgang Laib a Mona Hatoum, da Anne Ihmof a Robin Rhode e all’americana Trisha Baga (con le sue “casuali” installazioni, giocate fra video, performance e oggetti di “curiosa” provenienza), fino a Vanessa Beecroft, al pop-neoespressionistico del tedesco Anselm Kiefer (narratore delle più scomode e buie realtà della storia tedesca in opere che gli hanno procurato non poche e forse esagerate critiche), al giovane varesotto di Busto Arsizio Diego Marcon: questi, in estrema sintesi, alcuni degli artisti presenti nel percorso espositivo di “BIANCO”, una mostra che invita a “sentire con gli occhi, sfruttando la versatilità del colore bianco e delle forme visive per comunicare emozioni e idee”“ ‘BIANCO’ vuole essere – conclude Risha Paterlini – una riflessione sulla natura effimera della vita, sulla purezza e sulla bellezza della semplicità”.

Le visite, coordinate dalla storica dell’arte Federica Mingozzi, responsabile “Educazione e rapporti con il territorio” di “SPA”, saranno guidate dagli studenti del Liceo Classico Linguistico “Carlo Alberto” di Novara.

Per info: Palazzo Bellini, piazza Martiri della Libertà 10, Oleggio (Novara), www.spazioperarte.it

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Anselm Kiefer: “Cette obscure clarté qui tombe des etoils”, Tecnica mista, 1991-’92, ph. Mattia Micheli

–       Particolare dell’allestimento

–       Laura e Luigi Giordano, ph. Mattia Micheli

A Diagon Hall, nei Dialoghi tra prosa e poesia, protagoniste le isole

 

 

Diagon Hall ospiterà il 6 marzo prossimo alle ore 21.30 un evento letterario, il quarto appuntamento dei “Dialoghi tra prosa e poesia”incentrato sul tema delle isole, considerate gli antichi porti del mare, un’occasione di salvezza, in ognuna si scopre un diverso microcosmo a sé stante. Questo incontro chiude il trittico legato ai viaggi dell’uomo e alle connessioni di storie che mettono in relazione i diversi popoli. L’incontro è  tenuto da Gian  Giacomo Della porta e Jacopo Marenghi.

Partendo dal mito di Ulisse l’evento si dipanerà saltando tra le note isole dell’Odissea, ognuna di esse rappresentante un preciso simbolo, quali la solitudine, il pericolo,  il rifugio, la civiltà e la partenza.

Le isole protagoniste dell’incontro si avvolgono in un manto  mitico in cui la realtà si fonde e si confonde con l’immaginazionee diventa un sogno d’amore per Pablo Neruda o il rifugio onirico per il poeta Giuseppe Ungaretti, una storia di naufraghi che vedrà attivi grandi personaggi legati al mondo delle isole, come Robinson Crusoe di Defoe e il Morel di Bioy Casares.

Il prossimo ciclo di tre incontri  vedrà protagonisti i temi più  studiati e amati di scrittori e poeti tra i più importanti, da Kafka a Montale fino a Ginsberg.

 

Diagon Hall via San Domenico 47 Torino

 

Mara Martellotta

La nuova stagione concertistica dell’Accademia Stefano Tempia

 

“A tempo.” Questo il titolo della nuova stagione concertistica dell’Accademia Stefano Tempia, un invito alla riflessione del tempo della musica che può avere numerose chiavi di lettura. Il 2025 sarà anche l’anno del 150esimo anniversario della corale più antica d’Italia. L’Accademia Corale Stefano Tempia è la più antica d’Italia, fondata dal violinista e compositore Stefano Tempia nel 1875. Da allora le sue stagioni concertistiche hanno diffuso prestigiosi repertori corali e sinfonici da camera, da scoprire e riscoprire.

Nel 2024, alla vigilia di questa storica ricorrenza, la Stefano Tempia offre un percorso rivolto al futuro, suggerendo una definizione di tempo in musica: “A tempo” è, infatti, il titolo della stagione musicale che sarà inaugurata dal primo violino della Scala, il torinese Francesco Manara, lunedì 11 marzo prossimo all’oratorio San Filippo Neri. Il tema centrale del tempo e la musica sarà il protagonista del ciclo di tre narrazioni-concerto al Circolo dei Lettori, a cura del violoncellista Claudio Pasceri, dal 17 al 24 aprile e 8 maggio. Controllare il tempo non corrisponde a essere a tempo, piuttosto a gestire le sfaccettature del racconto che illuminano l’opera d’arte, esplorando dal di dentro la musica, attraverso sapienti parole e note su pagine di J.S. Bach, O. Messiaen e S. Sciarrino, tra barocco e contemporaneità, con cenni di musica elettronica. Primo vere, Chronos, Aíon e Kaíròs sono le quattro sezioni della stagione 2024, ispirata ai concetti greci di tempo e curata da Luigi Cociglio. “Inizio di primavera” è un inno ai talenti della musica da camera che stanno fiorendo nel panorama artistico nazionale e internazionale (16 marzo, 6 e 13 aprile). Seguiranno tre concerti di “Chronos”, il tempo dinamico della mortalità umana, vivace dialogo con le voci della modernità. L’appuntamento sarà il 27 maggio al teatro Vittoria. Quintetto Architorti e Coro Stefano Tempia con rivisitazione di musiche di Morricone, Capossela, Cohen, Sex Pistols, U2 e Coldplay, saranno protagonisti l’8 giugno a Spina 3-Scalo Valdocco, spazio postindustriale recuperato da Biesse Investment Spa, in cui si fonderà la voce del Coro Tempia, dell’Orchestra Filarmonica TRT e ritmi di tango con la Misa a Buenos Aires. Chiuderà in estate un concerto dedicato al repertorio francese del Novecento del Quintetto Contrametric, prodotto in partnership con il Festival Scenario Montagna in Val Chisone.

AÍon eternità, la terza sezione dedicata ai classici, partirà dopo l’equinozio autunnale con i Carmina Burana al Conservatorio di Torino in collaborazione con il Balletto di Torino.

Al Castello di Vinovo si terrà uno speciale su Puccini, occasione per celebrare il centenario della morte del Maestro. Canterà il coro di voci bianche del Convitto Umberto I, fondato dalla Tempia e accompagnato dagli archi Melos.

Presso la chiesa dei Santi Pietro e Paolo in San Salvario, il Coro Tempia si esibirà insieme a voci soliste nella “Petite messe solennelle”, capolavoro rossiniano della maturità.

L’ultima sezione intitolata Kaìros rappresenta l’attimo fuggente, il momento opportuno e propizio della creatività, che proporrà il disfarsi della musica barocca d’Anglebert, Couperin e Rameau, eseguiti dalla clavicembalista Elisabetta Guglielmin, l’ensemble Archicembalo nelle Quattro Stagioni di Vivaldi e, a completamento dell’opera “Bach Heute”. Tutti i concerti saranno arricchiti da gruppo di artisti di Artporter, la start up torinese a impatto sociale che connette arte contemporanea, spazi e aziende.

Mara Martellotta

Il museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano dedica una mostra a Ezio Gribaudo

 

 

Ezio Gribaudo sarà in mostra al Museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano nella esposizione dal titolo “The weight of the concrete”, a cura di Tom Engels e Lilou Vidal, in collaborazione con Leonie Radine, con la scenografia di Davide Stucchi.

La mostra si aprirà il 23 marzo per concludersi il 1 settembre 2024.

Museion, il Museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano, si è dichiarato soddisfatto di esplorare l’eredità culturale dell’artista ed editore Ezio Gribaudo (1929-1922), in una mostra dal titolo “The Weight of the concrete”, che rende omaggio alla sua opera multidisciplinare all’intersezione tra immagine e linguaggio.

Alla luce di una scenografia contemporanea, la sua poetica della materia entra anche in dialogo con voci della poesia sperimentale.

La mostra è prodotta da Grazer Kunstverein in collaborazione con l’archivio Gribaudo di Torino e con Museion.

Il titolo della mostra è preso in prestito da “Il peso del concreto”, libro del 1968 che presenta i primi lavori grafici dell’artista, insieme a un’antologia di poesia concreta a cura del poeta Adriano Spatola.

Al centro di questa pubblicazione e dell’esposizione c’è l’emblematica serie di Logogrifi che l’artista ha sviluppato a partire dagli anni Sessanta, passando dai rilievi su carta assorbente a rilievi in legno e polistirolo. Nel corso della sua vita i Logogrifi hanno costituito un rapporto strettamente personale e intrecciato con l’attività di creatore di libri, nonché con la sua fascinazione per i nuovi processi di stampa industriale, i caratteri tipografici, i giochi linguistici e le matrici di rilievo.

Basati su enigmi linguistici o visivi, i Logogrifi sono simili a puzzle o rompicapo, che prevedono la formazione di nuove parole cambiando la lettera iniziale. Nell’interpretazione di Gribaudo un logogrifo oscilla tra leggibilità e astrazione, a volte tendendo verso forme leggibili e altre volte scalando il mondo enigmatico in cui immagine e linguaggio si fondono comprendendo elementi tipografici (testuali, figurativi e topografici). ‘The Weight of the concrete’ annuncia l’emergere di una nuova grammatica e, di conseguenza, di nuove forme di lettura. Partendo da rilievi acrobatici su carta assorbente, trasformandosi in rilievi in legno e polistirolo e culminando infine in pezzi cromatici con inchiostro tipografico, le opere in mostra interrogano i modi in cui forma, linguaggio e materia continuano a modellarsi e ridefinirsi a vicenda.

Gli esperimenti associativi di Gribaudo con le tecnologie di stampa sono nati dalla sua dedizione per la pubblicazione di monografie di artisti suoi contemporanei, come Francis bacon, Giorgio de Chirico, Jean Dubuffet, Marcel Duchamps e Lucio fontana, nonché dal suo interesse per la stampa popolare, verso giornali, dizionari, atlanti e libri per bambini.

Per evidenziare questa relazione tra la sua attività artistica e quella editoriale, la mostra presenta una selezione unica di pubblicazioni rare e materiali d’archivio di Gribaudo.

La scenografia della mostra è stata realizzata dall’artista italiano Davide Stucchi, che opera nel campo delle arti visive, del design, della moda e della scenografia. L’approccio artistico e gli

interventi di stucchi riecheggiano e amplificano quelli di Gribaudo, utilizzando oggetti ready made e materiali prodotti industrialmente. L’esposizione comprende anche un programma sonoro che si concentra sulla vocalizzazione della poesia sperimentale, per esplorare da una nuova prospettiva le combinazioni di arte visiva, poesia, stampa e design di Gribaudo.

 

Mara Martellotta

Note di Classica: Tedor Currentzis, Mischa Maisky e Alexander Gadjiev le “stelle” di marzo

GLI APPUNTAMENTI DEL MESE

Sabato 2 alle 20 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, il Faccini Piano Duo eseguirà musiche di Cajkovskij, Ravel, Williams. Lunedì 4 alle 18 per Polincontri musica nell’aula magna del politecnico Anna Kravtchenko al pianoforte eseguirà musiche di Chopin. Martedì 5 alle 20 al teatro Vittoria, il Muzsikàs Folk Ensemble con Enrico Bronzi al violoncello, eseguirà musiche tradizionali, e di Muzsikàs Folk Ensemble , Ligeti e Bartòk.

Mercoledì 6 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Daniel Lozakovich violino e David Fray pianoforte, eseguiranno musiche di Schumann , Bach, Beethoven. Giovedì 7 alle 20.30 e venerdì 8 alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Alphes Chauhan e con Simone Lamsma violino, eseguirà musiche di Korngold e Bartòk. Lunedì 11per Polincontri Musica Luis Alberto Latorre al pianoforte eseguirà musiche di Beethoven. Mercoledì 13 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Alexander Gadjiev pianoforte eseguirà musiche di Chopin, Skrjabin e Musorgskij. Giovedì 14 alle 20.30 e venerdì alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Han-Na Chang e con Mischa Maisky al violoncello, eseguirà musiche di Sostakovic e Prokofev. Sabato 16 alle 20.30 per Lingottomusica all’ auditorium Agnelli, MusicAeterna orchestra e coro diretta da Teodor Currentzis, eseguirà musiche di Mozart. Sempre sabato 16 alle 18 al teatro Vittoria, dodicesimo episodio di “Libertà nell’Ordine” con Antonio Valentino pianoforte e relatore.

Lunedì 18 per Polincontri Musica Mauro Loguercio violino e Emanuela Piemonti pianoforte eseguirà musiche di beethoven. Mercoledì 20 alle 20.30 all’auditorium Toscanini concerto fuori abbonamento con l’Orchestra Rai diretta da Michele Gamba impegnata ad eseguire musiche di Puccini. Sempre mercoledì 20 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Andrei Ionita violoncello e Alexander Gadjiev pianoforte eseguiranno musiche di Janàcek, Brahms, Glazunov e Prokofev. Venerdì 22 alle alle 20 al teatro Regio debutto de “La Fanciulla del West” di Giacomo Puccini. Opera in 3 atti. L’orchestra del Regio sarà diretta da Francesco Ivan Ciampa. Repliche fino a venerdì 29. Lunedì 25 alle 20.30 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Zebo Zero Emission Baroque Orchestra eseguirà un programma intitolato “San Francesco Aulente Flore”. Sempre lunedì 25 per Polincontri musica il Quartetto Adorno eseguirà musiche di Beethoven e Schubert. Venerdì 29 alle 20.30 all’auditorium Toscanini concerto fuori abbonamento con l’Orchestra Rai diretta da Andrès Orozco-Estrada. Verranno eseguite musiche di Pergolesi e Beethoven.

Pier Luigi Fuggetta

Nicky Siano. La sua “prima volta” a Torino

“SEEYOUSOUND” porta in città, a “OFF TOPIC”, uno fra i più grandi pionieri della “cultura dance” degli anni ‘70

Venerdì 1 marzo, ore 23

Sessant’otto anni, da Brooklyn (ma origini italiane), fondatore nel ‘72 dell’iconico locale “The Gallery” di New York, per poi diventare nel ‘77 il primo “resident dj” dello “Studio 54”, la mitica discoteca di Manhattan, rifugio di icone del calibro di Andy Warhol, Grace Jones, Diana Ross e gli “Chic”, Nicky Siano interverrà, venerdì 1 marzo, alle 23, all’“after party” del film “Love is The Message” ( in proiezione al “Cinema Massimo” e di cui Siano è protagonista) che si terrà nella Sala “CUBO” di “OFF TOPIC”, in via Pallavicino 3, a Torino. Per gli appassionati, appuntamento di primissimo piano, immancabile, con la storia che vede ai piatti uno fra i primi “maghi” del “turntablism” (l’arte di “miscelare” i dischi”) inserito nel 2003 dal “New York Magazine” fra le “100 persone” che hanno cambiato il volto della “Grande mela”.

L’incontro è organizzato dall’“hub culturale” di via Pallavicino  insieme a “SEEYOUSOUND International Music Film Festival”, l’unico in Italia interamente dedicato al cinema a tematica musicale, iniziato lo scorso 23 febbraio e che fino a venerdì 1 marzo riempirà le sale del “Cinema Massimo” e di altre “venue” torinesi.

Parlare di Nicky Siano significa ripercorrere la storia della “dance culture” dalle sue origini nella New York anni ‘70 fino ai giorni nostri. A soli 16 anni Siano è già tra le figure centrali del “Loft”, il club fondato da David Mancuso nel 1970 – primo vero club di culto che segnò l’epoca della “disco music” degli albori – contribuendo a definire un nuovo modo di vivere la notte e il ballo. Nel 1973 apre a Soho “The Gallery”, dove ospita dj del calibro di Larry Levan e Frankie Knuckles, e fa esibire per la prima volta dal vivo alcuni cantanti di musica dance come Grace Jones e Loleatta Holloway, oltre a cantanti agli albori della propria carriera come Patti LaBelleDavid Bowie e Mick Jagger. Alla chiusura del “Gallery”, nel ’78 lo troviamo come “primo resident”, per un anno e mezzo, al mitico “Studio 54”.

Nel 1978 è il primo deejay a realizzare e a produrre un disco mixato: coproduce infatti con Arthur Russell il singolo “Kiss Me Again”, sotto lo pseudonimo di “Dinosaur”e vendendo circa 200mila copie. Altre sue hit sono “Pick It Up” e “Tiger Stripes”. La morte del suo caro amico David Rodriguez per AIDS lo spinge a scrivere il libro “No time to wait: a complete guide to treating, managing, and living with HIV infection”, un manuale sulla cura e il trattamento dell’AIDS. Nel luglio 1998 torna al turntablism per celebrare la ricorrenza del compleanno dello scomparso Larry Levan, dj statunitense, considerato l’inventore dello stile cosiddetto “garage house”.

Al “CUBO” di “OFF TOPIC”, venerdì 1 marzo, ad accompagnare Nichy Siano ci saranno in “consolle” Teo Lentini, dj produttore da oltre 30 anni di “musica house” ed elettronica, e Lele Sacchi, dal 1995 riconosciuto come una delle icone della scena musicale elettronica, house e alternativa italiana.

g.m.

Nelle foto: Nicky Siano

“La zona di interesse”, la tranquilla esistenza di Höss all’ombra di Auschwitz

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Da un lato la banalità del male, dall’altro il Male, la divisione tra due mondi opposti è un alto muro grigio, le luci, il filo spinato. “La zona di interesse”, che in maniera straordinaria Jonathan Glazer ha liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Martin Amis (scomparso lo scorso maggio mentre la Giuria di Cannes segnalava il film con il proprio Grand Prix speciale; e oggi sta forse per salire sul podio degli Oscar forte di cinque candidature), è il film della fredda, tranquilla, lineare quotidianità – un fuori scena nell’anno centrale del conflitto – di Rudolf Höss, comandante del campo di Auschwitz (sullo schermo, Christian Friedel; trasmise ai posteri il proprio “lavoro” con l’autobiografia “Comandante ad Auschwitz”, verrà processato e morirà impiccato nell’aprile del ’47), e di sua moglie Hedwig (sullo schermo, Sandra Hüller, l’oscarizzabile protagonista di “Anatomia di una caduta”; arrivò a definirsi “la regina di Auschwitz”, per mesi negò l’identità e l’esistenza del marito, morirà nell’89 negli Stati Uniti, in casa della figlia) con i loro cinque bambini, una quotidianità rallegrata nella loro casa (a ridosso del luogo dell’orrore: una quotidianità dove si va “indisturbati” da una stanza all’altra, dove la sera si spendono metodicamente le luci, le une dopo le altre), una decina di stanze senza una troppo ostentata ricchezza ma certo dignitosa mentre un esiguo esercito di cameriere e operai opera diligentemente, il piccolo orto da sorvegliare e dove magari portare il più piccolo della prole a sentire il profumo delle rose e delle dalie in un bellissimo giorno di sole, la piscina e il grande giardino con i piccoli alberi e le aiuole ben curati in cui accogliere gli amici in visita, le amiche venute per il tè. E poi le gite al lago, tra il verde degli alberi, tutti insieme, una scampagnata felice (immagini che sono il capolavoro del direttore della fotografia Lukasz Zal). E la elegante camera da letto dove la signora può specchiarsi per guardare quanto sia bella e importante quella pelliccia che arriva da qualche prigioniera che non la userà ormai più.

All’inizio lo schermo nero (come a delineare i capitoli Glazer ne dipingerà poi uno rosso – dopo una lunga carrellata che di lontano abbraccia i fiori e il muro – e uno bianco), una manciata di interminabili secondi a reggere come una ouverture il tessuto sonoro di Mica Levi, contraltare di rumori disordinati, di grida, di colpi di pistola, di comandi urlati, dell’attività incessante dei forni, di ogni cosa che è cancellata al nostro sguardo, unicamente poche inquadrature a circoscrivere due alte ciminiere che spuntano e sputano fuoco e fumo con la ingombrante cenere che invade ogni luogo intorno e che può all’occasione servire da concimante. Una comfort zone, la chiameremmo oggi, un giardino delle delizie da preservare: da ribellarsi, Hedwig innanzitutto, se dall’alto arriva la decisione di uno spostamento ad altro incarico, benché assai più prestigioso, per Rudolf. Si dovrebbe anche disturbare Hitler pur di non muoversi da quel paradiso, suggerisce Hedwig, ma non è possibile. Prevalgono le assenze da casa e le riunioni d’ufficio, prevalgono i resoconti dei morti prodotti, gli studi perché la gasazione dei deportati sia sempre più efficace, il buon uso dello Zyklon B.

Se uno squarcio verso il bene ci può essere , sono le scene della ragazzina che lascia dei frutti per chi riuscirà a impossessarsene, scene che paiono notturne, riprese in negativo e sbilanciate di fronte alla luce che inonda ogni altro istante della storia (Glazer ha impiegato dieci telecamere a circuito chiuso per riprendere da più angolazioni gli attori sul set, una sorta di grande fratello che ha prodotto una quantità inverosimile di materiale prodotto). Correndo verso il finale, il regista – non certo quale segno di rimorso -, in una discesa vorticosa di scale, sempre più nell’abisso, sempre più verso la zona del buio, fa vomitare il suo comandante: facendolo guardare da un lato dove, in un salto temporale di decenni, in cui noi stessi siamo coinvolti, un paio di inservienti sono addette a quello che è diventato il museo del campo di concentramento, pronto a ricevere i tanti visitatori, davanti a teche stracolme di scarpe e di occhiali e di divise a righe. Finale aperto, forse apertissimo a molte letture: io sceglierei quella che vuol essere l’invito da parte del regista a non far sì che quel luogo, sacro, diventi unicamente un luogo da tener pulito, in ordine, ma continui a registrare, per noi, quei rumori e quelle urla di morte e quei colpi di pistola, magari quei ripugnanti odori che lo hanno inondato ottant’anni fa.

“La zona di interesse” è un film che produce ribrezzo, che ti mette di fronte a una realtà brutale, che ti sbatte in faccia la colpa di tutti, in ogni latitudine del mondo e che ti insegna il segno orribile della convivenza sotterranea e malvagia, che usa la descrizione della calma per metterti di fronte a una tragica parte della Storia: ma un film necessario. Da vedere e da analizzare. In tutta la sua assurdità. “La zona di interesse” è una grande pagina di cinema, orribile in quella imperturbabilità che pervade ogni attimo e ogni inquadratura (gli attori come assorbiti, mai un primo piano, campi lunghi, facce in secondo piano, di spalle, di sghembo) che supera di gran lunga l’orrore che Spielberg aveva descritto in “Schindler’s List” e che tanti autori avevano mostrato nelle loro opere rivolte all’Olocausto. “La zona di interesse” è quella banalità del male che fa rabbrividire ancora oggi, che ci fa rabbrividire.

“CASSANDRA o l’inganno” Elisabetta Pozzi al Baretti

CENTRO TEATRALE BRESCIANO

Un grande nome del teatro italiano per la prima volta sul piccolo palcoscenico del Baretti: Elisabetta Pozzi.  Amatissima dal pubblico torinese e premiata a livello nazionale per le sue interpretazioni cinematografiche e teatrali. Un’artista che siamo onorati di ospitare, giovedì 29 febbraio e venerdì 1 marzo ne CASSANDRA o l’inganno, e che ha accolto con grande entusiasmo l’idea di far parte di una stagione teatrale al femminile.

Elisabetta Pozzi, tra le maggiori artiste della scena italiana, infatti da molti anni lavora intorno ai grandi temi e archetipi del Mito: Elektra di Hoffmansthal, Medea, Ippolito e Ecuba di Euripide, Elena e Fedra di Ghiannis Ritsos, sono soltanto alcuni dei testi che ha affrontato nel corso della sua carriera.
Tra i personaggi più frequentati in questo lungo dialogo con le radici del teatro occidentale c’è Cassandra, oggetto di numerosi studi e spettacoli di cui questo Cassandra o dell’inganno è l’ultima tappa.

Elisabetta Pozzi ha costruito una drammaturgia originale che, partendo dalle tragedie di Eschilo ed Euripide, compie un affascinante percorso intorno alla profetessa troiana cui Apollo ha dato il dono di prevedere il futuro e insieme la condanna di non essere creduta, raccogliendo liberamente suggestioni e riletture da grandi testi e autori di ogni tempo, da Seneca a Christa Wolf, da Omero a Ghiannis Ritsos fino a Wislawa Szymborska e Pier Paolo Pasolini.

In un montaggio serrato e avvincente emerge un ritratto originale di una delle figure femminili di più profonda tragicità, per l’impotenza e la tremenda solitudine che la connotano nel sostenere il peso della conoscenza.
Dispiegando il suo immenso e magnetico talento, Elisabetta Pozzi porta in scena una figura di strabiliante modernità, in cui convivono forza e fragilità, dando corpo e voce a un personaggio indimenticabile.

In questo emozionante spettacolo il mito di Cassandra prende nuovamente vita sotto i nostri occhi, attraversando le epoche con la sua dolorosa e inascoltata capacità di preveggenza, fino a prefigurare, nel potente epilogo scritto a quattro mani con Massimo Fini, un futuro incerto per la nostra civiltà orfana di identità, in cui l’uomo moderno – con la sua incapacità di porsi dei limiti – “è ormai diventato un minuscolo ragno al centro d’una immensa tela che si tesse ormai da sola, e di cui è l’unico prigioniero”.
Il compositore Daniele D’angelo ha creato una partitura musicale e sonora originale e raffinata, un filo rosso che attraversa lo spettacolo intrecciandosi alle parole alte, ipnotiche ed attualissime di Cassandra.

CASSANDRA o dell’inganno fa parte della stagione “Regine”
“il titolo della stagione contiene la parola regine in minuscolo, a simboleggiare uno status personale di consapevolezza, una regalità che proviene dalla coscienza di sé e non concessa da altri, la virgola e lo spazio vuoto suggeriscono poi un elenco potenzialmente infinito di declinazioni, ruoli, condizioni possibili del genere femminile. Esplorare, sfidare e celebrare il femminino in tutte le sue molteplici sfaccettature: ecco il cuore di questa nuova stagione teatrale, che mi vede nell’inedita veste di direttore artistico.” Sax Nicosia

Una stagione speciale resa possibile grazie alla collaborazione con Piemonte Dal Vivo nell’ambito del bando CortoCircuito, e con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo.

Per avere altre informazioni sulla stagione è sufficiente cliccare qui

BIGLIETTERIA:
INTERO 12€
RIDOTTO 10€ (studenti/over65/anpi)
ABBONAMENTO 5 SPETTACOLI 45€
BIGLIETTERIA ONLINE:
È consigliato l’acquisto dei biglietti online su anyticket.it | L’acquisto prevede il diritto di prevendita di 0,70€. | Non sono possibili prenotazioni telefoniche o via mail.
PREVENDITA IN CASSA:
Qualora fossero ancora disponibili dei posti in sala è possibile acquistare i biglietti degli spettacoli teatrali prima dell’inizio dell’evento.

Peppe Servillo approda al cinema teatro Gobetti di San Mauro

Con un racconto di Maurizio De Giovanni venerdì 1 marzo

 

Al cinema teatro Gobetti di San Mauro Torinese, la stagione teatrale prosegue venerdì 1 marzo, alle ore 21:00, con Peppe Servillo, accompagnato alla chitarra da Cristiano Califano in “La presa di Torino”, un racconto di Maurizio De Giovanni tratto dal libro “Il resto della settimana”. Un film poetico, un viaggio esilarante, una trasferta da sogno verso un’insperata vittoria del Napoli che culminerà con la conquista del suo primo scudetto, di un eterogeneo gruppo di tifosi malati per la propria di squadra, acciecati da una passione sfrenata e sfacciata, il tutto contornato da orde di uomini che si agitano nello stadio e non solo. Si tratta di un ambiente osservato con ironia, acume e amore. Personaggi che sembrano inventati, ma che esistono davvero, uno spaccato sul calcio a 360⁰, ma anche uno spaccato della vita.

La stagione teatrale del cinema teatro Gobetti di San Mauro Torinese riprenderà venerdì 15 marzo con “Romeo e Giulietta stanno bene!”, liberamente ispirato al Romeo e Giulietta di Shakespeare e interpretato da Andrea Kaemerle, Anna Di Maggio e Silvia Rubes. Romeo e Giulietta stanno bene, non sono morti, anzi, hanno dovuto vivere per tantissimi anni affrontando gli ostacoli della convivenza, del lavoro, della vecchiaia e della contemporaneità. Lo spettacolo è molto divertente e ricorda diversi capolavori del teatro del Novecento, da “Giorni felici” a “Rumori fuori scena”. Il testo è un omaggio dolcissimo all’amore lento, quello che dura, quello che sa trasformarsi da passione in esperienza, l’amore dei nostri nonni, l’amore dei resistenti. Un gioiello di comicità poetica e di ottimismo.

Sabato 13 aprile approda al teatro Gobetti “Old Fools”, un intenso testo di Tristan Bernais, diretto da Silvio Peroni e interpretato da Marianna De Pinto e Marco Grossi. “Old Fools” racconta di Tom e Viv, del loro amore e della vita condivisa, dalla prima scintilla alla luce che si affievolisce, fino alla morte. Non necessariamente una storia d’amore deve essere raccontata in quest’ordine. L’unicità del testo consiste nella sua struttura, una narrazione che, senza soluzione di continuità, mescola e confonde il tempo, facendo passare dal primo incontro alla senilità dei protagonisti, per poi ritrovarli sposati, o al secondo appuntamento, o alle prese con la crescita di un figlio o vederli nello sforzo di tenere insieme la loro relazione.

Sabato 11 maggio gran chiusura di stagione con il classico “Miseria e nobiltà” di Eduardo Scarpetta, portato in scena da Alfonso Rinaldi, Francesco Di Monda e la talentuosa compagnia Masaniello. Questo classico di Scarpetta narra della povertà napoletana che si ingegna per tirare a campare. L’adattamento del regista Alfonso Rinaldi rimane fino al finale un vortice di comicità crescente e travolgente, che risucchia il pubblico in una spirale di trovate alle quali diventa impossibile opporre resistenza.

 

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Mara Martellotta