CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 82

Scandaloso Pitigrilli

Si può dire che tra gli italiani più “scandalosi” della sua epoca, l’Europa fra le due guerre, ci sia stato lo scrittore e giornalista torinese Dino Segre, in arte Pitigrilli ( Torino, 9 maggio 1893-Torino, 8 maggio 1975).
Leggendo in questi giorni il saggio del semiologo Umberto Eco nel suo ” Il superuomo di massa Retorica e ideologia del romanzo popolare ” vado per curiosità al saggio intitolato “Pitigrilli: l’uomo che fece arrossire la mamma”. Lo sentivo citare da bambino, da mia nonna paterna e mi ha ingenerato una qualche curiosità.
E allora leggo e scopro che Pitigrilli, fu un anticipatore di “un Lenny Bruce alla amatriciana” o di un “Quentin Tarantino un po’ di maniera”, per lo stile trasgressivo e la denuncia dei vizi e del malcostume del suo tempo ( e del nostro previo adeguamento dei tempi ). Trasgressivo lui che scriveva. Trasgressivi gli altri, che leggevano.
Col regime fascista che storceva il naso, ma lo tollerava, perché in fondo i suoi libri erano scritti e ambientati a Parigi. Un po’ come dire a nuora, perché suocera intenda. O far degli sposi manzoniani, un dramma ispanico, per non disturbare il conducente: l’occupante austroungarico.Tanto che lo stesso Benito Mussolini, lo definì uno scrittore francese che scriveva in italiano. A Parigi infatti dedicò lunghe permanenze della sua vita, di scrittore e giornalista.
A chi ricorda la scena dell’overdose di cocaina di Uma Thurman in “Pulp fiction”,( ma anche per chi non la ricorda) cito dal testo, edito nel 1921:
« (…) L’ uomo, con una stretta vivace, si liberò e aspirò voluttuosamente il resto. Allora la donna gli prese il capo fra le palme (oh, quelle dita esangui incurvate come artigli su quei capelli neri!) e con le labbra bagnate, vibranti, palpitanti gli si gettò sopra la bocca e gli leccò ghiottamente il labbro superiore, gli introdusse la lingua nelle nari, per raccogliere le poche briciole trattenute sull’orifizio. “Mi soffochi!” mugolava l’uomo col capo arrovesciato all’indietro, tenendosi con le braccia distese alla spalliera (…) ».
(Cocaina 22-23)
Quanto alla “filosofia delle donne” Eco cita una non meglio precisata autobiografia’, e qui viene fuori la parola icastica e demolitrice, ‘alla Lenny Bruce’ e una marcata misoginia, per usare un eufemismo:
« tutte le donne sono prostitute, meno nostra madre e la donna che amiamo in questo momento. In ogni donna c’è una prostituta come in ogni uomo c’è un soldato. Le donne virtuose sono i casi sporadici come i riformati e i renitenti » .
Non fosse che il nostro fu l’ amante di Amalia Guglielminetti, una delle più belle donne della Torino del suo tempo, poetessa e intellettuale di fine e acutissima sensibilità, dal fascino e dalla sensualità infinitamente seducente e ingannatrice. Amico di Gozzano. Deuteroantagonista di Gabriele d’ Annunzio. Lui il vate, che lo vide da cronista il Pitigrilli, durante i moti di Fiume, dissentire dei suoi ideali irredentisti. Sempre in direzione ostinata e contraria.
Come e’ attuale oggi penso, questo personaggio trasformista e camaleontico, nell’Italia che combatte con i fumi del suo passato, melmoso e al contempo trasparente. E che come disse Woody Allen: “assomiglia a un film dei fratelli Marx”. O come scrisse Ennio Flaiano degli Italiani: “un popolo con i piedi ben piantati sulle nuvole”.
Se ne deduce che i concittadini (torinesi) cercavano di fargli una fama di pederasta, di mantenuto dalle donne e lui di risposta :
« la prima accusa è quella che mi offende di meno perché più conosco le donne più amo i pederasti ». E qui ci leggo in pieno, Oscar Wilde.
Riguardo alla politica il “credo” era:
« Non capisco niente di politica. Qualche volta leggo l’articolo di fondo del mio giornale, per sapere come la pensa il mio direttore, e quindi quale dev’essere la mia sincera e spontanea convinzione politica ».
Fu un epigono del decadentismo e del nichilismo, ma non si prendeva troppo sul serio. Non è vero che lo scettico non crede in nulla. Egli crede nelle capacità critiche della ragione.
Così era Dino Segre. E oggi dobbiamo esserlo anche un pò noi. Laicamente, spiritualmente, come vogliamo. Nell’interpretare e vivere questo tumultuoso presente storico sociale, un file compresso del secolo breve.
Capì presto fin da bambino di avere un buon talento per la scrittura e che poteva trasformare tutto ciò, in uno strumento per il successo e il denaro.
Collaborò con la “Gazzetta del Popolo” e fu inviato per L’epoca diretto da Tullio Giordana. Tradotto nei cinque continenti, letto di nascosto dalla media borghesia taurinense, benestante è un po’ bigotta.
Si fece eroe della dis-identitá, si direbbe oggi. Uno Zelig del suo tempo, tattico ed efficace, nel suo “fuggire da se” e dai rischi del vivere.
Antifascista temperato, ma talpa dell’Ovra, o almeno così si disse, senza prove certe.
Lo si ritenne delatore di Norberto Bobbio e Massimo Mila, azionisti di prima genesi.Seppe non inimicarsi il regime fascista. Con padre industriale ebreo e madre cattolica, che poco dalla nascita, lo fece battezzare di nascosto. Arrivarono le infami leggi razziali del 1938 a “metterlo con le spalle al muro” e a costringerlo all’errare, come un novello Ahasvero. A divenire magicamente, colui che combattè con Dio e rimase vivo: così significa la parola Israele.
Si convertí in tarda età al cattolicesimo, per amore e non per forza. Così si disse. Ma rimase tutta la vita un disincantato anarco-conservatore. Forse oggi si direbbe un
“eroe del pensiero debole”. La dove possono emergere per contrasto, ‘le verita forti’. Nel rispetto di tutti. In questa terza guerra mondiale a pezzetti.

L’opera omnia di Pitigrilli (al secolo Dino Segre) è pubblicata da Sonzogno (tranne l’ultimo romanzo, del 1974) e comprende una quarantina dí volumi tra romanzi, raccolte di novelle e articoli, memorie, aforismi, un poemetto. Le opere a cui si fa più sovente riferimento in questo saggio (citandole in forma abbreviata) sono: Cocaina, 1921; L’esperimento di Pott, 1929; I vegetariani dell’amore, 1931; Dolicocefala bionda, 1936; Mose e il cavalier Levi, 1948; La meravigliosa avventura, 1948; Lezioni di amore, 1948; Pítigrillí parla di Pítigrilli, 1949; Dizionario antiballistico, 1953.

Aldo Colonna

Metti che le antiche aie diventino teatri

Ritorna a Niella Tanaro “Musica sull’aia”, la rassegna musical-culturale organizzata da “Maestro Società Cooperativa” e da “Pro Niella Tanaro”

Si inizia domenica 3 agosto

Niella Tanaro (Cuneo)

L’edizione di quest’anno sarà la 31^. Organizzata, come sempre, da “Maestro Società Cooperativa” e da “Pro Niella Tanaro Aps”, da domenica 3 agosto ritorna “Musica sull’Aia”, la Rassegna musicale, a carattere culturale, che promuove e diffonde la musica dotta e popolare, portandola direttamente nelle caratteristiche langarole “aie” e nei vecchi “cortili” di Niella Tanaro, ai confini con le colline del Monregalese. Il cammino è lungo, da domenica 3 a martedì 26 agosto, con inizio degli spettacoli sempre alle 21 e sei, in totale, gli eventi programmati.

L’intero programma può essere visionato su www.musicasullaia.it

Il via, si diceva, domenica 3 agosto, , presso “Aia del Castello” (località Borgo). Sul “palco” (si fa per dire) l’Ensemble di voci femminili “Ring Around the Roses” (che nasce in continuità con la lunga storia artistica del “Ring Around Quartet”, per affrontare il repertorio medievale e rinascimentale a voci pari) con lo spettacolo inaugurale “Rosa fragrans”. La direzione musicale è di Vera Marenco.

Giovedì 7 agosto, sarà l’“Aia Beccaria”(località Poggio) ad animarsi con “Oiseaux de passage”, omaggio a Georges Brassens con le sue canzoni tradotte da Fausto Amodei ( il “Brassens sotto la Mole”, padre ispiratore di molti cantautori italiani). Il concerto fa da corona ad un recente omonimo lavoro discografico (“Nota editore”), presentato in anteprima al torinese “Folk Club” nell’aprile 2023 e segna il sodalizio tra il cantautore scrittore e musicista Carlo Pestelli ed il contrabbassista Federico Bagnasco, origini torinesi il primo e genovesi il secondo.

Da non perdere, giovedì 14 agosto, presso “Aia della Cascina Berzide” (località Berzide) “Flow” con Sonia Spinello ed Eugenia Canale. Nata dall’incontro fra la cantante pavese e la pianista novarese, l’esibizione “rappresenta un flusso continuo di suono che sfida le convenzioni e celebra la bellezza dell’improvvisazione”. In questo progetto, fra l’altro, vengono usati strumenti costruiti con materiali di riciclo cui viene data una seconda vita. “Musicisti, pubblico e ambiente si fondono per dare vita ad un suono unico e irripetibile”.

Con il quarto appuntamento, si arriva a domenica 17 agosto, sempre presso “Aia della Cascina Berzide”, dove Luca Falomi(chitarre), Alessandro Turchet (contrabbasso), Max Trabucco (batteria e percussioni), “special guest” Daniele Di Bonaventura(bandoneon) presentano “Naviganti e sognatori”, un disco “che trasporta l’ascoltatore in un viaggio immaginifico dove si sogna e ci si emoziona grazie ad un sound magistrale che darà gioia ai più fini palati audiofili”.

E, quasi in dirittura d’arrivo, giovedì 21 agosto, presso “Aia Borio/Camilla” (località Sant’Anna), è in programma “In fabula” con l’“Oscar del Barba-Ox Trio” composto da Oscar del Barba (pianoforte e composizione), Giacomo Papetti (contrabbasso), Andrea Ruggeri (batteria). La composizione segna un nuovo progetto del trio, ispirato al linguaggio immaginifico delle “Favole” di Esopo e agli archetipi che rappresentano. Jazz, classica e rock sono i riferimenti stilistici primari dei musicisti, ma in questo caso anche la musica popolare e per l’infanzia.

Gran finale, martedì 26 agosto, sempre presso “Aia Borio/Camilla” (località Sant’Anna) con Carlo Aonzo (mandolino) e Luca Zanetti(fisarmonica) in “Tra il classico e il profano – Storie di Famiglia”. Mandolinista di raffinata bravura, concertista e docente al “Conservatorio” di Bari, il savonese Aonzo collabora con tutte le principali orchestre mandolinistiche internazionali. Appassionato ricercatore, nel 2006 fonda e dirige l’“Accademia Internazionale Italiana di Mandolino” e cura la rassegna “Mandolini in Mostra” presso “Cremona Musica Exhibitions & Festival”. Tra le sue collaborazioni più recenti, quella con il leggendario pianista Bruno Canino, con il quale ha appena pubblicato un album incentrato sulle composizioni originali per mandolino e pianoforte di Ludwig van Beethoven.

Concertista di livello internazionale, anche il fisarmonicista e compositore torinese Luca Zanetti. Quanto mai ricco il suo palmarès: negli ultimi anni ha ricevuto l’onorificenza di “fisarmonicista” dell’Associazione “Piemontesi nel Mondo” e la “Stella C.E.A.”della “Comunità Europea” dal “Museo della fisarmonica” di Recoaro Terme. E’ stato anche premiato, sempre a Recoaro Terme, al “Museo internazionale delle impronte dei grandi fisarmonicisti” (fondato per volontà dei maestri Bio Boccosi, Gervasio Marcosignori ed Elio Bertolini) con il “Calco in oro” della sua mano destra.

Per ulteriori info sul programma nel dettaglio: tel. 347/3810902 (Emanuele Rovella) o www.musicasullaia.it . Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero.

g.m.

Nelle foto: “Musica sull’Aia” immagine di repertorio e Carlo Aonzo

Al Castello di Rivoli la donazione di due sculture di Aki Inomata

 

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea estende la collezione permanente con due opere dell’artista giapponese Aki Inomata, parte del percorso espositivo della mostra Mutual Aid. Arte in collaborazione con la natura (31 ottobre 2024 – 23 marzo 2025), curata da Francesco Manacorda e Marianna Vecellio per gli spazi della Manica Lunga del Museo.Realizzate nel 2018 e nel 2020, le due sculture in legno di Aki Inomata, How to Carve a Sculpture. Yuzu I e How to Carve a Sculpture. Genie I, esplorano la relazione tra natura e tecnologia, a partire dallo studio del comportamento del castoro eurasiatico. L’ingresso in collezione è stato reso possibile grazie alla donazione dell’imprenditore Hiroyuki Maki, fondatore del programma filantropico anonymous art project.

La forma delle sculture di Inomata ricorda le complesse architetture lignee costruite dal Castor fiber Linnaeus, una particolare specie di castoro diffuso in Eurasia che è solito masticare gli alberi per abbatterli e costruirvi delle dighe. Per la loro realizzazione, l’artista si è affidata allo scultore Takeno Yumi e all’azione di una macchina da taglio automatica (CNC): copie degli alberi rosicchiati dai castori, le sculture esplorano le possibilità umane e artificiali di riproduzione di un oggetto frutto dell’azione animale. Ad accompagnare i due lavori scultorei, documenti e video svelano al pubblico il processo creativo dietro la produzione dell’opera.  Ripensando la definizione di azione scultorea, l’artista suggerisce nuove e inaspettate possibilità di collaborazione e di dialogo con la natura.

Aki Inomata (Tokyo, 1983) vive e lavora a Tokyo. Concentrandosi sull’atto del “creare” come capacità non esclusiva degli esseri umani, Inomata realizza opere d’arte “in collaborazione” con diverse specie, esplorando le relazioni tra animali ed esseri umani e la creazione che ne deriva. Mostre recenti includono Broken Nature, MoMA, New York (2021); AKI INOMATA: Significant Otherness, Towada Art Center, Aomori, Giappone (2019); e Aki Inomata, Why Not Hand Over a “Shelter” to Hermit Crabs?, Musée d’arts de Nantes, Francia (2018). L’artista ha partecipato alla Triennale di Milano (2019) e alla Biennale di Thailandia, Krabi (2018). Le sue opere fanno parte delle collezioni di MoMA, New York; Art Gallery of South Australia, Adelaide SA; e 21st Century Museum of Contemporary Art, Kanazawa, Giappone.

 

Foto: sx: Aki Inomata, How to Carve a Sculpture – Yuzu I, 2018
dx: Aki Inomata, How to Carve a Sculpture – Genie I, 2020
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino, 2025
Donazione di Hiroyuki Maki. Foto Hayato Wakabayash

Gino Paoli, Mussolini e le pagine nere della Resistenza

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Ricordo che al famoso  Collegio “Filippin“ di Paderno del Grappa venivamo svegliati dalla canzone di Gino Paoli “Sapore di mare“. Era un collegio con le stanze singole gestito dai Fratelli delle Scuole Cristiane, dove c’era la piscina olimpionica e la possibilità di fare equitazione. Non so chi avesse scelto quella canzone estiva ascoltata tutte le mattine. Mi è tornato in mente questo episodio leggendo una interessante intervista di Paoli per i suoi prossimi 91 anni portati, sembrerebbe, egregiamente, malgrado la vita dissipat .  E ‘ quasi impossibile non apprezzare gran parte delle canzoni di Paoli, mentre detesto De Andre ‘ per una serie di ragioni che ci porterebbe distanti. Paoli fu deputato eletto nel Pci, a onor del vero per una sola legislatura ed è sempre stato uomo di sinistra anche quando ebbe qualche problema con la SIAE di cui fu presidente e venne accusato di aver sottratto  al fisco  2 milioni di euro , frutto delle sue esibizioni alle feste dell ‘“Unità”, trasferiti illegalmente in Svizzera. Nell’intervista ha dichiarato,  parlando dei repubblichini Tognazzi, Chari e Fo in modo sorprendente: “Il fascismo è stato anche un ideale come lo è stato l’anarchia. Non possiamo accanirci contro vent’anni di storia italiana perché Mussolini è  nella storia italiana. Il Duce era capace e furbo (…)”. Ed ancora: ” Sono consapevole delle pagine nere della Resistenza. Quando i partigiani aprirono le carceri, uscirono anche i criminali. Ci furono vendette private e delitti. A Genova la mia maestra fu additata come collaborazionista: le raparono i capelli, la portarono in giro con il cappio al collo, poi le spararono in testa e la gettarono nel laghetto di Villa Doria “. D’ora in poi ascolterò le canzoni di Paoli con più piacere, dimenticando  il fastidio  giovanile di dovermi svegliare quasi all’alba, ascoltando “ Sapore di sale “ a tutto volume.

Trifole. Le radici dimenticate: Cinema nel Parco del Castello di Miradolo

“Occit’amo”. Cinque vallate in festa

Entra nel vivo il Festival che abbraccia le valli del Cuneese, dalla Valle Stura alla Pianura del Saluzzese, diretto da Sergio Berardo

Da venerdì 1° a martedì 12 agosto

Piasco (Cuneo)

In attesa dell’“Uvernada” (“Invernata” o “Inverno”, anticipata dai grandi eventi autunnali delle “genti occitane”, all’orizzonte le veglie e i focolari del “Nové occitano”, la vigilia del Natale), i mesi di luglio e agosto rappresentano il cuore pulsante “a mille” di “Occit’amo”, il Festival, nato nel 2015 all’interno del Progetto di “Monviso Terres” a cura di Sergio Berardo, leader dei “Lou Dalfin”, che “abbraccia” cinque Vallate del Cuneese con un ricco calendario di concerti e proposte culturali “volte ad affermare la tradizione locale e a rivelarla al mondo, grazie alla sinergia con realtà del panorama nazionale ed internazionale”.

Basti osservare l’agenda degli eventi in programma nella prima decina di giorni del prossimo mese di agosto. Da venerdì 1° a martedì 12 agosto, non c’è che l’imbarazzo della scelta. L’intero programma su www.occitamo.it

Spiega Sergio Berardo, direttore artistico del Festival: “Gli appuntamenti di inizio agosto del calendario di ‘Occit’amo’ danno spazio a diverse forme espressive e, ancora una volta, alla musica e alla tradizione di tanti territori, offrendo esperienze diverse ma ugualmente arricchenti. In primis, l’incontro della musica occitana con l’elettronica, una scommessa iniziata con Madaski (co-leader storico di ‘Africa Unite’) ed oggi arricchita dai ‘Lindal’ e dai giovani ‘Lou Pitakass’, in formazione ‘loop’, in una location speciale ed inedita per il nostro Festival. Poi l’incredibile catalano Sergi Llena che ci incanterà prima sulle sponde del piccolo ‘lago verde’ appartato fra le montagne della Val Vermenagna per poi farci ballare in piazza in Val Maira a Canosio, anticipato dalle danze tradizionali con Daniela Mandrile. Ci penserà poi il ‘Trio dell’appennino’ a ricordarci che la musica oltrepassa ogni frontiera, portando a Barge canti e brani provenienti dal grande territorio di crocevia che divide quattro regioni italiane. Infine, il tradizionale gran ‘ballo occitano’ guidato dalla maestra Daniela Mandrile ed il folk rock intimo ed accogliente dei ‘Bistrò Dalfin’ chiuderanno una nuova settimana di festival”.

Si parte, dunque venerdì 1° agostoalle 21, a Piasco, in piazza Biandrate, con la “Notte elettro folk” che vedrà esibirsi il “Gran Bal Dub” costituito, tra gli altri, da Sergio Berardo e Madaski, i “Lindal” e i “Lou Pop Pitakass”. Una serata, davvero unica, da non perdere per un pubblico giovane, ma non solo, che guarda all’innovazione della musica occitana.

La conclusione della prima settimana agostana sarà affidata alla cultura e alla memoria con la possibilità di visitare, da giovedì 7 a martedì 12 agosto, presso il “Santuario” di Castelmagno, la mostra “La montagna custode di legami” che, attraverso i dipinti di Ivan Pellizzari e le fotografie di Dario Gribaudo, vuole ricordare Samuele, il “piccolo camoscio” della Valle Grana, uno dei cinque giovanissimi “ragazzi delle stelle” vittime del tragico incidente provocato dalla caduta del “Land Rover”, su cui viaggiavano, nella scarpata del monte “Crocette” a Castelmagno, proprio mentre si recavano ad assistere al fenomeno delle “stelle cadenti”, nella notte del 12 agosto 2020.

Eventi studiati con la massima attenzione e con la ferma volontà di raccontare a voce e in musica storie e tradizioni in cui si rispecchiano vite che fanno corpo unico, che fanno “roccia” con un vasto territorio che va dalle Valli Varaita e Grana fino alla Pianura del Saluzzese.

Eventi cui altri s’aggiungono e che, ricordandoli in estrema sintesi, si alterneranno nel bel mezzo del calendario di “Occit’amo”.

Sabato 2 agostoalle 12, arriverà ad esempio al “lago Terrasole” di Limone Piemonte , lo spettacolo “folk catalano” delle cornamuse di Graus Sergi Llena Mur, accompagnato da fisarmonica-chitarra e contrabbasso, con replica nel pomeriggio di domenica 3 agosto a Canosio; giovedì 7 agosto , alle 21,30, all’ex stazione di Barge , il “Trio dell’appennino” presenterà mazurche, valzer, ballate e alessandrine dalle terre tra Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia; infine sabato 9 agosto , dalle 17, nella piazza del Municipio di Brondello , ci sarà il “Gran Ballo” con le “danze occitane” di Daniela Mandrile e, alla sera, per chiudere in bellezza, è in programma il concerto dei “Bistrò Dalfin”, formazione più intima del noto gruppo “Lou Dalfin” . Tutti gli eventi sono ad ingresso libero.

Per info più dettagliate sul programma: www.occitamo.it

g.m.

Nelle foto: Sergio Berardo e Madaski ne “Il Gran Bal Dub”; “Il Trio dell’appennino”; la maestra Daniela Mandrile

I legami tra Fénis, Buttigliera Alta e Avigliana

Domenica 27 luglio a Fénis l’Associazione Internazionale Regina Elena Odv ha ricordato il legame del Comune valdostano con Buttigliera Alta e Avigliana

Domenica 27 luglio 2025, nell’ambito del festival itinerante “Medioevo nella Terra degli Challant”, la rassegna culturale annuale volta alla valorizzazione della storia secolare della media e della bassa Valle d’Aosta, il Comitato per la tutela del patrimonio e delle tradizioni dell’Associazione Internazionale Regina Elena Odv ha celebrato a Fénis il 470° anniversario della Baronia: il 9 giugno 1555 Carlo di Challant-Fénis, che cinque anni prima era diventato Signore del paese succedendo al nipote Claudio, il quale aveva rinunciato al titolo, ottenne dal Duca di Savoia Emanuele Filiberto il titolo di Barone di Fénis, che passò poi a suo figlio Francesco, al nipote Giovanni Prospero e al bisnipote Claudio. Fu proprio il quarto Barone di Fénis a legare il destino del Comune a Buttigliera Alta, in Provincia di Torino: egli, il 4 ottobre 1631, sposò Caterina Carron di San Tommaso, figlia di Giovanni Carron, primo Conte di Buttigliera Alta e della seconda consorte Antonia Francesca du Marché dei Signori di Bozel. Il padre della sposa nel 1625 aveva ottenuto dal Duca di Savoia il titolo di Primo Segretario di Stato, che i suoi discendenti, caso quasi unico in Europa, si tramandarono per via ereditaria fino alle riforme volute dal primo Re di Sardegna Vittorio Amedeo II nel 1717.
Dall’unione tra Claudio di Challant-Fénis e Caterina Carron di San Tommaso nacque solo un figlio, Antonio che divenne il V Barone. Egli da Maria Anna Caterina Provana, figlia di Carlo Provana, III Conte di Collegno di questo casato e di Paola Orsini dei Conti di Rivalta, ebbe solo una figlia, la quale divenne Monaca Benedettina Cistercense nel Monastero dei Santi Maria e Michele di Ivrea. Alla morte di Antonio nel 1705 si estinse questo Ramo degli Challant, il cui capostipite era stato Aimone (1305 circa – 1387 circa), il quale fu anche Balivo della Val di Susa e Castellano di Avigliana, Ivrea, Lanzo e Susa.
Alla morte di Antonio il maniero di Fénis venne ereditato dal cugino Giorgio Francesco di Challant-Châtillon, XII Conte di Challant, il quale lo cedette nel 1716 al Conte Baldassare Saluzzo di Paesana. Il castello nel 1895 venne acquistato dal celebre architetto portoghese naturalizzato italiano Alfredo d’Andrade, che nel 1898 iniziò i lavori di restauro e nel 1906 lo donò allo Stato Italiano.
La commemorazione di domenica 27 luglio è iniziata alle ore 10 con una solenne cerimonia presso il Salone Tsanti de Bouva, durante la quale lo scrivente ha letto il messaggio di saluto inviato dal Sindaco di Avigliana Andrea Archinà e fatto scoprire ai numerosi presenti la storia degli Challant e un altro legame con Buttigliera Alta e Avigliana: il celebre pittore Giacomo Jaquerio, del quale quest’anno si ricorda il 650° anniversario dalla nascita. Egli a partire dal 1410 affrescò la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso e, tra il 1414 ed il 1420, su incarico di Bonifacio I di Challant-Fénis, realizzò i magnifici affreschi che decorano il cortile interno e la cappella del maniero di Fénis. Nel 1447 su incarico del Duca Ludovico di Savoia, avrebbe ridipinto l’affresco raffigurante la “Madonna del Latte” che orna il pilone attorno al quale tra il 1622 e il 1642 venne costruito il Santuario della Madonna dei Laghi di Avigliana.
Il Comitato per la tutela del patrimonio e delle tradizioni dell’Associazione Internazionale Regina Elena Odv ha quindi conferito uno speciale attestato al Comune e al Gruppo Storico Le Cors dou Heralt di Fénis.
E’ seguita una Santa Messa celebrata nella Chiesa Parrocchiale di San Maurizio, durante la quale si è pregato anche per la Regina Elena e i primi Baroni di Fénis: Carlo di Challant e la consorte Francesca di Gruyère.
Dopo la funzione religiosa i gruppi storici hanno sfilato fino al Salone Tsanti de Bouva.
Hanno partecipato all’evento numerose compagnie di rievocatori della Valle d’Aosta, tra le quali Le Cors dou Heralt di Fénis; Groupe Historique Châtel Argent; Château d’Issogne e Gruppo Carnevale Storico di Verrés.
La commemorazione è stata impreziosita dalla presenza anche di tre gruppi storici piemontesi: “La Gente di Nichilinum del medioevo”, impersonata dal Gruppo Storico Conte Occelli; i “Marchesi Paleologi” di Chivasso e il “Filo della Memoria” de “Il Colibrì Aps” di Buttigliera Alta, i cui rievocatori hanno impersonato Giovanni Carron di San Tommaso, la seconda consorte Antonia Francesca du Marché, la figlia Caterina, Baronessa di Fénis e due sue damigelle.
Il Presidente nazionale dell’Associazione Internazionale Regina Elena Odv è stato rappresentato dal Vice Segretario Amministrativo Nazionale.

ANDREA CARNINO

Una riflessione storica sul colonialismo italiano. Contro le vulgate

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
.
Credo che sia necessario avviare una riflessione storica sul colonialismo italiano in Africa che non sia succubo delle grossolane pagine di  Angelo del Boca. A 90 dall’inizio della guerra d’Etiopia (1935 ) Annamaria Guadagni sul “Foglio“ dedica un ampio articolo al colonialismo italiano in Africa iniziato nel 1882 con l’acquisizione della baia di Assab.  Nell’articolo vengono ripercorse le “nefandezze“ e le “atrocità  coloniali italiane”, rimettendo, in modo solo apparentemente sorprendente  in circolazione  le cose scritte con livore anti- italiano da un non storico come Angelo del Boca. Quindi viene evidenziato, come è giusto che sia, l’uso dei gas da parte del viceré di Etiopia Rodolfo Graziani e  viene persino esaltato il comunista Ilio Barontini, definito “leggendario  antifascista”, mandato da Mosca  ad addestrare partigiani in Etiopia  e organizzare un governo provvisorio riconosciuto dall’imperatore etiope in esilio. Viene invece  ignorato il massacro di soldati italiani ad Adua  del 1896 dopo la sfortunata ed improvvida campagna d’Africa, voluta da Crispi, che creò in Italia grande  scalpore e un ricordo destinato a restare nei decenni, sul quale fece leva 40 anni dopo Mussolini per giustificare a suo modo l’aggressione all’Etiopia come sostennero le maggiori potenze coloniali a Ginevra che condannò l’Italia alle “inique  sanzioni“, come venne detto allora.
.
Non c’è parola in quasi due pagine di articolo della campagna di Libia del 1911, impresa iniziata  e conclusa durante l’età giolittiana che ebbe il favore degli Italiani, se si escludono Salvemini (che  definì la Libia “uno scatolone di sabbia”) e Mussolini che, allora socialista rivoluzionario, si sdraiava sui binari delle tradotte per impedire ai soldati di partire per la guerra. L’Italia giunse ultima a cercare un “posto al sole“, dovendosi accontentare di territori che non avevano attratto l’ingordigia coloniale inglese, francese e tedesca. Anche il Belgio e il Portogallo erano potenze coloniali e quindi la tesi in base alla quale l’Italia avrebbe dovuto astenersi, come sostiene Giorgio Rochat , uno degli storici più faziosi succeduto in cattedra al grande Piero Pieri, risulta essere viziata da un pregiudizio ideologico e da un anacronismo antistorico che giudica il passato con gli occhi del presente. Le imprese coloniali italiane furono la logica e inevitabile  conseguenza di una Nazione italiana nata con ritardo di secoli che seppe durante la Grande Guerra dare un apporto alla vittoria alleata  che la mise tra le grandi Nazioni europee. Non era più l’Italietta giolittiana il paese che aveva battuto l’impero austroungarico, provocandone la fine che segnò una svolta nella storia Europea carica di conseguenze per lo più non positive, come colse subito Croce già nel 1918.
.
Si può discutere se nel 1935 avesse senso imbarcarsi in una nuova impresa coloniale fuori tempo massimo, ma non può essere dimenticato che l’impero africano dell’Italia fu anche quello volto a portare strade, scuole, ospedali in terre incolte e in paesi arretrati in cui vigeva addirittura la schiavitù. L’impero coincise con quelli che De Felice definì gli “anni del consenso”. Andrebbe anche evidenziato che forse l’Italia diede alle Colonie molto più di quanto ne  ricavò. E mi riferisco a Somalia, Libia, Etiopia in cui l’impronta italiana in parte rimane ancora oggi. L’Italia lasciò di sé un ottimo ricordo. Molti coloni italiani rimasero in Libia fino alla cacciata di Gheddafi  e in Etiopia il Negus, tornato al potere dopo la sconfitta dell’Italia in Africa, si circondò di Italiani in posti di responsabilità. L’azienda idroelettrica abissina rimase addirittura di proprietà di una famiglia italiana. Quindi un discorso storico non può fermarsi al livore ideologico di del Boca; anche le vicende dopo la fine del colonialismo italiano non rappresentarono maggiore civiltà e progresso, come dimostra la storia delle ex colonie italiane divenute preda di lotte tribali senza fine.
Ovviamente nell’articolo in questione  viene ignorato il sacrificio del domenicano padre Reginaldo Giuliani caduto nella compagna d’Etiopia ancora oggi venerato dai suoi confratelli  e viene, a maggior ragione,  ignorato il Vice Re di Etiopia e governatore dell’Africa orientale italiana Amedeo di Savoia duca d’Aosta che aveva una storia personale  di contatti e di vita in terra africana: in Somalia insieme allo zio Duca degli Abruzzi e nel Congo belga  come operaio sotto falso nome. Amedeo d’Aosta si era laureato in Giurisprudenza con una tesi  in diritto coloniale in cui si sosteneva che un dominio straniero sugli indigeni poteva trovare giustificazione solo  nel miglioramento delle condizioni  di vita delle popolazioni colonizzate.
.
E come vice Re dal 1937 al 1941 il duca  fu promotore di grandi opere pubbliche destinate a durare nel tempo. Certo la dominazione fascista in Africa Orientale si fece sentire, come ebbe rilievo positivo in Libia la presenza  del  governatore Italo Balbo. Nella storia, come anche nella vita, non tutto è da gettar via. Come si dice volgarmente, va almeno distinto il bambino dall’acqua sporca . Come disse Carlo Delcroix che conobbe il principe sabaudo, Amedeo “visse da santo e morì da eroe“. Forse Delcroix esagerava, ma certo la sua figura studiata in modo esemplare da Gianni Oliva, non può essere ignorata. La sua resistenza sull’Amba Alagi  che ottenne l’onore delle armi inglesi e la sua morte in prigionia a Nairobi per restare con i suoi soldati sono una delle pagine più alte insieme alla strenua resistenza dei soldati italiani ad El Alamein a cui rese onore il presidente della Repubblica Ciampi che sentì la complessità della storia ,andando oltre la politica che “giudica e manda”, senza mai  tentare una sintesi storica, neppure a distanza di 90 anni. L’articolo del “Foglio “ non fa che riprendere le vulgate antistoriche del passato. Ed è un peccato che non deve sorprendere perché il giornale di Cerasa è in realtà molto conformista.

Il programma di Attraverso Festival dal 28 luglio al 1 agosto

Attraverso Festival 2025 presenta lunedì 28 luglio alle ore 21,  a Rocca Grimalda, nell’Alessandrino, presso il Belvedere Marconi, lo spettacolo intitolato “Doppia coppia” di Neri Marcorè, con la partecipazione di Anaïs Drago, Domenico Mariorenzi e Chiara Di Benedetto.

La passione per la musica di Neri Marcorè ha fatto sì che alla sua attività di attore si affiancasse via via quella di cantante e chitarrista, dando vita negli anni a tantissimi concerti e spettacoli. Tra questi ricordiamo “Un certo signor G.” , basato sul repertorio di Gaber, ”Quello che non ho”, “Come una specie di sorriso” e “La buona novella”, tratto da De André,  “Di mare e di vento”, tratto da Testa, “Le mie canzoni altrui” e “Duo di tutto”, che spaziano nel cantaurato italiano e straniero.
In “Doppia Coppia” per Attraverso Festival, a Rocca Grimalda il 28 luglio, si propone un’inedita formazione composta dall’inseparabile amico Domenico Mariorenzi, polistrumentista, Anaïs Drago, violinista, e Chiara Di Benedetto, violoncellista, per reinterpretare una serie di canzoni note e meno note che andranno a formare una colonna sonora nella quale gli spettatori potranno riconoscersi.
Martedì 29 luglio a Serravalle Scrivia, ad Alessandria, alle 21, nella tenuta La Bollina, si esibirà  Manuel Agnelli, nello spettacolo “La scomparsa del mistero. Tra parole e musica”.
Mercoledì 30 luglio nell’area verde di Gamalero, alle 18, a ingresso gratuito, si esibirà Fabio Geda, proponendo un reportage sull’Angola, in collaborazione con Medici per l’Africa Cuamm. Sempre mercoledì 30 luglio, a Cassano Spinola, nell’Alessandrino, al Belvedere San Martino di Gavazzana, alle 21 Turbopaolo proporrà uno show dal titolo “Solo show”.
Mercoledì 30 luglio  ad Alba, nel Cuneese, al teatro Sociale Busca, Arena Guido Sacerdote, alle 21, si esibirà Andrea Pennacchi in “Una piccola Odissea”, con musiche dal vivo di Giorgio Gobbo, Gianluca Segato, Annamaria Moro. Lo spettacolo sarà  replicato venerdì 1 agosto alle 18 presso Bosio, nell’Alessandrino, all’ Ecomuseo Cascina Moglioni, nel parco Naturale Capanne di Mercarolo, con musiche dal vivo  di Giorgio Gobbo , Gianluca Segato e Annamaria Moro.

Attraverso Festival presenta questi appuntamenti fra il 28 luglio e il 1 agosto prima della pausa estiva del programma della decima edizione, che riprenderà  a partire dal 28 agosto. Da Rocca Grimalda a Serravalle Scrivia, passando per Gamalero, Alba e Cassano Spinola, le colline piemontesi diventano palcoscenici naturali per concerti, spettacoli e racconti. Un festival diffuso che non smette di sorprendere per un settimana estremamente ricca, che testimonia ancora una volta l’identità molteplice e coraggiosa di Attraverso Festival, un intreccio di suoni, pensieri e bellezza che attraversa i territori.

Mara Martellotta