CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 81

Vino e arte, connubio ideale alla Cantinetta Imarisio

Un interessante incontro interculturale sul connubio tra vino e arte è stato proposto a Mombello Monferrato nella Cantinetta Resort di Roberto Imarisio eclettico personaggio, enologo, musicista, appassionato e colto collezionista di dipinti, sculture, disegni e antichi reperti raccolti con fiuto di intenditore, in un piccolo ma preziosissimo vero e proprio museo, denominato, non a caso, “Gli Sguardi di Dioniso”.

Immediatamente, nel leggere l’intitolazione, si ha l’impressione di ritornare indietro nel tempo riportando alla mente i lirici greci e latini che esaltavano i poteri del mitico dio del vino, Alceo ritenendolo cura degli affanni  e rivelatore dell’animo di ognuno (in vino veritas), Orazio con il suo “Nunc est bibendum” invitando a ballare e brindare, con l’allora famoso vino Cecubo, la scomparsa di Cleopatra.

Come a quei tempi venivano cantati il Vinello Sabino, il Falerno, il Mareatico e il Caleno, così Imarisio decanta i grandi vini della sua cantina attraverso suggestive similitudini tra le caratteristiche delle singole bevande e il temperamento di famosi artisti.

La sfrenata irriverenza di Caravaggio non è forse paragonabile alla turbolenza del Grignolino causata dai tannini?

E che dire dell’incantevole Ipsum se non paragonarlo alla sognante fantasia creativa di Salvador Dalì.

 

Tra le innumerevoli opere, in un ambiente raffinato dove si è rispettato lo stile originale della casa secentesca, prevale il gusto del proprietario attraverso l’arte espressionista, simbolista e surreale.

Enrico Colombotto Rosso ci incanta con uno stile dai vari risvolti, un prisma dalle mille sfaccettature che coinvolge, oltre all’evidente surrealismo, anche le movenze liberty e persino il preromanticismo attraverso la poetica del sublime che desta attrazione e sgomento al tempo stesso.

Affascinano la trasfigurazione della realtà, le figure grottesche, le metamorfosi, gli incubi che escono dalla cosiddetta “Africa interiore” come venivano chiamati gli spazi profondi dell’inconscio. Accanto ad alcuni bellissimi quadri di Leonor Fini che molto  lo influenzò.

Tante le opere appartenenti all’espressionismo astratto di Maria Teresa Guaschino  allorchè abbandonò l’arte figurativa a favore dell’arte aniconica esprimendosi attraverso rabbiosi grumi di denso colore che, ricordando Fautrier, denunciano l’assurdità della violenza e dell’ingiustizia.

Non mancano importanti nomi di artisti,  perennemente fedeli al  figurativo, appartenenti al nostro territorio, come i grandi della ritrattistica Gino Mazzoli, dal virtuosismo ereditato da Giacomo Grosso, e Ambrogio Alciati con accenti scapigliati e boldiniani.

Inaspettatamente, dulcis in fundo, ci sono stati mostrati un olio di Dalì e un disegno a biro di Picasso rappresentante la colomba, offrendo una ulteriore splendida occasione di vivere la bellezza dell’Arte.

Giuliana Romano Bussola

Per l’ultimo concerto della stagione della RAI, sul podio DanielHarding, al violino Franz Zimmermann

 

 

Per l’ultimo concerto della stagione della RAI sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai torna uno dei più apprezzati direttori contemporanei Daniel Harding, con Franz Zimmermann al violino.

I due musicisti saranno protagonisti del concerto di venerdì 31 maggio alle 20 all’Auditorium RAI Arturo Toscanini di Torino. Per Harding si tratta del quinto impegno in pochi anni con la compagine RAI, a partire dal suo debutto, avvenuto il 13 dicembre del 2020.

In apertura di serata Harding e Zimmermann proporranno il Concerto gregoriano per violino e orchestra di Ottorino Respighi, composto nel 1921 utilizzando stilemi modali arcaizzanti propri del canto gregoriano, ma anche includendo aspetti timbrici tipici del XX secolo.

Chiude il concerto la Sinfonia  n. 1 in re maggiore di Gustav Mahler nota con il soprannome del ‘Titano’. Il compositore le diede lo stesso nome di un romanzo di Jean Paul.

La pagina si accompagna all’infelice esperienza amorosa vissuta dal musicista con la cantante Johanna Richter a Lipsia, dove la composizione venne ultimata nel 1888. Tenacemente radicata nello spirito del Romanticismo tedesco, è  già proiettata oltre la realtà musicale del suo tempo. La partitura è  tutto un riecheggiaredi richiami alla natura, che mutano dalla serenità pasquale innocente all’inquietudine struggente della modernità.

In occasione dell’esecuzione ad Amburgo nel 1893, Mahler definì quest’opera  “Titano”, un poema sinfonico in forma di sinfonia. Diviso in due parti, comprende la prima parte intitolata “Dai giorni di gioventù: fiori, frutti e spine”, formata dai primi tre movimenti, e la seconda la ‘Comoedia humana’ dagli ultimi due movimenti. Quando Mahler ne diresse la prima esecuzione il 20 novembre 1889 a Budapest, questa sinfonia non aveva ancora raggiunto la sua forma definitiva . Tra i primi abbozzi del 1884 e gli ultimi ritocchi del 1909 trascorsero venticinque anni, l’intero arco creativo del compositore.

 

Mara  Martellotta

La nuova stagione di Lingotto Musica

Parte la nuova stagione di Lingotto Musica che presenta un nuovo logo che combina la iconica pista 500 del Lingotto con l’anfiteatro orchestrale, il tutto in un design moderno ed elegante.

“La stagione che si chiuderà giovedì prossimo ha prodotto un bilancio straordinario, gli ultimi tre anni sono stati un crescendo, dalle prospettive postcovid in cui il pubblico sembrava non tornare a questa stagione che ha co seguito numeri impressionanti – spiega il Direttore di Lingotto Musica Giuseppe Proto – siamo arrivati ad avere 1700 posti per concerto in media, quasi 900 abbonamenti e il ritorno dell’entusiasmo da parte del grande pubblico”.

Lingotto Musica si prepara a una importante novità, il compimento del suo 30esimo anno di attività, superati i tempi incerti della pandemia e il lutto per la scomparsa, nel 2022, della fondatrice Francesca Gentile Camerana: accanto alla consueta sinfonia di orchestre e star dei concerti del Lingotto all’Auditorium Agnelli, nella prossima stagione si affiancherà un nuovo ciclo, “I pianisti del Lingotto”, con solisti internazionali impegnati in recital nella Sala 500. Nella rassegna “I pianisti del Lingotto” saranno presenti cinque grandi solisti: Angela Hewitt, Fazil Say, Leif Ove Andsnes, Rafal Blechaz e Alexander Dovgan, nomi che andranno ad aggiungersi ad illustri acclamati e virtuose formazioni come Martha Argerich, un atteso ritorno al Lingotto l’11 febbraio per una serata tributo a Ravel nel 150esimo anniversario della nascita e in collaborazione con la Fondazione Ricerca Molinette, Grigory Sokolov, Yefim Bronfman, HélèneGrimaud, Bertrand Chamayou, Sergey Khachatryan, Sir Antonio Pappano e la Chamber Orchestra of Europe, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia con Myung-Whun Chung, che eseguirà la Settima Sinfonia di Beethoven il 10 gennaio 2025, Alan Gilbert, la Ndr Elbphilharmonie Orchester, cui è  affidata l’inaugurazione e che affronterà proprio il 18 ottobre il celebre Concerto n.3 di Rachmaninov con il musicista Yefim Bronfman,l’Orchester Philarmonique di Montecarlo con Charles Dutoit, la Amsterdam Baroque Orchestra diretta da Ton Koopman l’11 marzo all’Auditorium, la Camerata Salzburg, Les Musiciens duLouvre di Marc Minkovski.

Gli otto concerti all’Auditorium del Lingotto e i cinque recital in Sala 500, che sostituiranno la sezione Lingotto Giovani, si svilupperanno dal 18 ottobre 2024 al 20 maggio 2025. La rassegna “Natale in Reggia” avrà luogo alla Venaria Reale dal 27 al 30 dicembre, e a questa si aggiungerà un  uovo progetto diffuso in coproduzione con la Fondazione Sermig Arsenale della Pace dal titolo “Sotto lo stesso cielo-la musica che include”, dall’11 al 13 ottobre prossimi.

MARA MARTELLOTTA

L’atteso ritorno al teatro Alfieri dei Momix

Da oggi a domenica la compagnia di Moses Pendleton, con lo spettacolo “Back to Momix”

 

Con 43 anni di vita, la compagnia a stelle e strisce di danzatori e illusionisti fondata da Moses Pendleton ha mantenuto intatta la freschezza, la magia e l’incanto che ha saputo infondere in quasi mezzo secolo di attività artistica. Dopo anni difficili, che hanno allontanato la compagnia dal suo pubblico, complice il Covid, Momix torna con un desiderio di leggerezza, spensieratezza e uno sguardo teso al futuro. Il gioco di parole nel titolo, “Back to Momix”, nasce dal desiderio di tornare a calcare le scene dopo gli anni complicati della pandemia, richiamando un classico della cinematografia anni Ottanta. Momix, che di anni ormai ne ha 43, non sembra accorgersene e affronta le sfide della gravità, le acrobazie dei suoi incredibili ballerini e il trasformismo dei suoi personaggi che evocano sensazioni e colori sempre nuovi con l’occhio di un bambino un po’ cresciuto. Coadiuvato nella direzione artistica dalla moglie Cynthia Quinn, Pendleton ripercorrerà, con nove eccezionali ballerini e acrobati, i loro brani più famosi, e le coreografie che li hanno resi famosi nel mondo. Tra gli artisti figurano Lyvia Baldner, Blake Bellanger, Anthony Bocconi, Jared Bogart, Madeleine Dwyer, Adrienne Elion, TeddyFatscher, Aurelie Garcia e Piper Jo Whitt. Non è un caso che il titolo “Back to Momix” rimandi a quello del film di Robert Zemeckis “Back to the future”.

“Ci sono pezzi vecchi rivisti come fossero nuovi – spiega Pendleton – e abbiamo inserito elementi tecnici che hanno conferito loro una nuova veste”.

‘Botanica’ è la rappresentazione e che segue il ritmo delle quattro stagioni, ‘Opus Cactus’ è un viaggio visionario nei misteri del deserto e dei paesaggi dell’Arizona e del Texas. Atmosfere notturne rischiarate da qualche sprazzo di luce si percepiscono in ‘Sunflower Moon’. Una creazione ricca di fantasia e mistero è quella chiamata ‘Alchemy’, dedicata allo svelamento dei quattro elementi primordiali, terra, acqua, fuoco, aria. Seguiranno lo storico ‘Momix Calssics’, che ha conferito al gruppo fama internazionale, e ‘Baseball’, coreografia creata per la celebre squadra di San Francisco, i San Francisco Giants. Il tema principale di tutto lo spettacolo, il fil rouge, è l’amore verso la natura, da sempre ispiratrice dei lavori di Moses Pendleton, nato e cresciuto in una fattoria nel nord del Vermont.

 

Mara Martellotta

 

La “Grande Invasione” di Ivrea va al raddoppio ad Aosta

Per la sua dodicesima edizione l’eporediese “Festival della Lettura” arriva quest’anno anche nella Vallée

Dal 30/31 maggio al 2 giugno

Ivrea (Torino)

Una gran bell’accoppiata! Da giovedì 30 maggio a domenica 2 giugno si svolgeranno in parallelo la “dodicesima edizione” della “Grande Invasione”il tradizionale “Festival della Lettura” di Ivrea, e la “prima edizione” della “Grande Invasione” di Aosta. Il programma è curato da Marco Cassini e Gianmario Pilo (Associazione Culturale “Liberi di scegliere”), con Marianna Doria e Ludovica Giovine per la “Piccola invasione”, dedicata ai lettori più giovani.

Sarà una grande “festa della lettura” che raddoppia, preparandosi, come al solito, a invadere le strade delle due città, recentemente unite da un “protocollo di intesa” volto alla valorizzazione culturale e allo sviluppo turistico dei comuni di Aosta e di Ivrea.

Cominciamo dalla “nuova” arrivata. Ad Aostavenerdì 31 maggio, la serata inaugurale si terrà al “Teatro Giacosa” (piazza Teatro, 1), ospite la Casa Editrice “Accento”, fondata a Milano, di recente, dal noto conduttore televisivo e radiofonico Alessandro Cattelan, che, dopo le presentazioni dei nuovi libri di Stefano Nazzi e Francesco Costa, racconterà della sua nuova esperienza come editore, seguito da Valentina Lodovini e dal “reading” tratto da “Manuale di caccia e pesca per ragazze” (primo romanzo del cosiddetto genere “chick lit”) della scrittrice americana Melissa Bank, scomparsa a New York nel 2022.

Il pubblico avrà varie occasioni per incontrare scrittori e scrittrici a go-go. Impossibile citarli tutti.

Per info sul programma e le varie locationwww.lagrandeinvasione.it

Sempre ad Aosta (come ad Ivrea) sono decine le iniziative adatte a lettori di ogni età e interesse, “favorendo il dialogo tra pubblico e autori, celebrando il valore intrinseco della parola, che sia scritta, letta o ascoltata”. Da segnalare l’incontro con lo statunitense Jim Lewis, edito in Italia da “SUR” con i suoi “Fantasmi di New York”, mentre la campana Valeria Parrella presenterà la raccolta di racconti “Piccoli miracoli e altri tradimenti” (Feltrinelli) e il torinese Fabio Geda parlerà del suo ultimo libro “Song of myself. Un viaggio nella varianza di genere” (Feltrinelli), nato dall’esperienza che l’autore ha vissuto con il gruppo di adolescenti che si sono rivolti all’ospedale “Regina Margherita” di Torino per affrontare la questione della propria identità di genere. Di indubbio interesse anche l’incontro con Francesca Pellas, che ad Aosta presenterà il suo “Tutto deve brillare. Vita e sogni di Moana Pozzi” (Blackie Edizioni), in cui si esplora la vita dell’attrice, una delle più famose pornostar di tutti i tempi, ma anche una delle poche a diventare un personaggio pubblico ben al di fuori dei “confini” del porno.

 

Ad Ivrea, si parte giovedì 30 maggio, nel “Cortile del Museo Garda”, in piazza Ottinetti. L’editore ospite di quest’anno è “People” con Giuseppe Civati (politico e saggista, oltreché editore) che dedicherà due lezioni alla politica. A seguire alcuni ritorni molto attesi, da quello di Marco Leona, direttore del Dipartimento di Ricerca Scientifica al “Metropolitan Museum of Art” di New York a quello con Matteo Saudino (BarbaSophia sui “social”) fino ad arrivare agli scrittori Bruno Arpaia e Iaia Caputo. Diversi saranno anche gli incontri dedicati alla Saggistica, con Paola Caridi, una delle più importanti studiose della storia politica contemporanea del mondo arabo, con Simone Pieranni, fra i massimi esperti italiani di Cina e Enzo Bianchi, fondatore e priore della “Comunità monastica di Bose”. Per il teatro, è in programma “HEROTHICO”, un “reading” dai libri di Philip Roth di Marco Rossari e Valeria Parrella, con “Antigone”, attraverso cui indagare il rapporto fra “contemporaneità” e “classico”.

Ospite per “La Piccola Invasione” (prevista anche per l’edizione 2024 e rivolta in entrambe le città al pubblico più giovane), sarà la Casa Editrice “Orecchio Acerbo”. Appuntamento clou (fra i numerosi) quello con la nota fumettista Cinzia Ghigliano che, con Daniela Almansi (traduttrice di libri per ragazzi) guiderà una passeggiata letteraria ispirata al poemetto d’avventura di Lewis Carroll “La caccia allo Squarlo”, in una divertente attività per famiglie. Tra gli altri ospiti in programma, Alessio Torino, finalista con “Passare il fiume”  del “Premio Andersen 2024” nella sezione “Albi Illustrati”, Mara Cerri, illustratrice di “Gianni Barba” di Alice Rohrwacher e co-autrice con Nadia Terranova di “Zia Nina” e de “Il Segreto”, quest’ultimo vincitore nel 2022 del “Premio Andersen” e del “Premio Strega Ragazzi”, per la Categoria 8+.

g. m.

Nelle foto: A Ivrea il pubblico de “La Grande Invasione”, 2023 (ph.Alessandro Franzetti); Alessandro Cattelan; Valentina Lodovini (ph. Luisa Ramussi); Valeria Parrella

Luisa Albert e “La forma della luce”

In mostra alla galleria d’arte torinese Pirra dal 30 maggio al 14 luglio prossimi

 

Giovedì 30 maggio prossimo inaugura alla galleria d’arte Pirra la mostra personale di Luisa Albert, intitolata “La forma della luce”. La galleria Pirra ha nuovamente il piacere di ospitare questa artista, dedicando un tributo alla luce e alle sue immense possibilità. Luisa Albert, torinese, allieva di Ottavio Mazzonis, nelle sue opere rivela il gusto per la tradizione, assimilata, rielaborata e trasferita nel presente attraverso un suggestivo linguaggio figurativo. La luce è l’elemento fondamentale per la creazione di un dipinto e rende possibile la percezione tridimensionale degli oggetti e degli ambienti, attribuendo qualità alle superfici, creando atmosfere e suoni o silenzi attraverso le dominanti cromatiche. La capacità di leggere la luce, darle forma, capirne le peculiarità e interpretarne le potenzialità è un elemento fondamentale per l’artista che, ben lontano dall’imitare la fotografia, in quanto tessuto pittorico delle sue tele, ben visibile all’occhio, mira a sedurre l’osservatore, restituendo immagini autentiche, la cui purezza si accompagna a un intenso realismo immaginifico. In tal senso anche i titoli delle opere si rivelano eloquenti.

“Parallelamente alla luce, i colori e la musica – dichiara Luisa Albert – mi accompagnano sempre mentre lavoro. I colori sono visibili, mentre la musica spero sia altrettanto percettibile nelle composizioni e nelle atmosfere dei quadri. Pausa, oggetto, pausa, pausa sono per me le note appoggiate alla tela”.

Gli interni domestici dipinti dall’artista sono carichi di intimità, quasi di raccoglimento, contraddistinti da un’atmosfera densa e sospesa, intrisi di vita nonostante la presenza umana non sia visibile, ma solo intuibile. Salotti accoglienti in cui luce e ombra comunicano sapientemente, ambienti che, silenziosamente, raccontano storie come nell’opera “Silenziosa Luna”. Le nature morte, invece, sono armoniose e raffinate composizioni dal perfetto equilibrio. Fra le tante è esemplare quella intitolata “And still”. In esse tutto è bilanciato, essenziale e nulla è superfluo; gli oggetti, le luci, i colori e gli spazi, come su un palco, vanno in scena evidenziando l’abilità dell’artista, che diventa interprete impeccabile di un gioco magistrale di contrappunto, nel coniugare la franchezza esecutiva con un raffinato talento espressivo.

Dedicare una mostra alla luce è ovvio quanto inevitabile. Secondo le parole dell’artista Luisa Albert “omaggiare la luce è il compito di ogni pittore”.

La mostra sarà visitabile fino al 14 luglio 2024.

Galleria Pirra – Corso Vittorio Emanuele II, 82, Torino – 011 543393

Da lunedì a sabato 10-12.30/15.30-19 – aperti domenica mattina

 

Mara Martellotta

Le Terre bianche di Davide Camisasca

Il “Museo delle Alpi”, al valdostano “Forte di Bard”, dedica una suggestiva personale al  grande fotografo di Gressoney e alle sue montagne

Dal 31 maggio al 28 settembre

Bard (Aosta)

No. Quello che vedete nella foto di apertura articolo non è uno stupendo dipinto astratto tutto giocato sui toni e sulle quasi impercettibili sfumature del “bianco”. E l’artista non è un contemporaneo pittore invaghito degli intrecci geometrici creati da una parca ma grandiosa e sensibile tavolozza. L’artista è, semplicemente (si fa per dire) la “Natura”.

E con Lei, il grande fotografo che ne ha colto i prodigi e li ha cristallizzati per noi in uno scatto “da lode” che, da venerdì 31 maggio e fino a sabato 28 settembre – in fantastica compagnia di molti altri – possiamo ammirare nelle Sale degli Alloggiamenti del “Museo delle Alpi” al valdostano “Forte di Bard”. Il nome dell’artista-fotografo è Davide Camisasca, milanese di nascita ma, dal ’72, residente nella Vallée a Gressoney-Saint-Jean e il misterioso soggetto ritratto nient’altro è che una naturale “composizione di seracchi” (blocchi di ghiaccio di grande taglia spontaneamente formatisi per fatturazione di un corpo glaciale) sul Monte Rosa. Fotografo ed esperta guida alpina, Camisasca, com’è ovvio, ha due (forse anche di più, ma due di sicuro!) grandi amori: la fotografia e la montagna. E due grandi anime: quella del fotoreporter e quella dell’alpinista. Anime che ritroviamo, mai disgiunte e con risultati di una creatività e di un lirismo davvero singolari, nelle immagini raccolte al “Forte” sotto il titolo di “Terre bianche” e che documentano il ricco percorso di ricerca effettuato dall’artista nell’ambito della fotografia di montagna e del reportage. Oltre sessanta gli scatti esposti (di cui dodici di grande formato), in un iter che abbraccia un ampio arco temporale, dagli anni ’80 (con lo scatto “Monte Rosa, incroci di tracce al colle del Felik”, del 1985) sino alle candide panoramiche ‘astratte’ (“Cordate al colle del Felik” o “sulla cresta della Punta Parrot”), punteggiate da gruppi di minuscoli alpinisti allineati in cordata e in tratti quasi grafici, che datano agli anni 2012-2018.

Secondo massiccio montuoso più esteso delle Alpi (spartiacque fra Italia e Svizzera), è il “Rosa”, con i suoi 4634 metri slm di “Cima Rosa” (“Dufour” per gli Svizzeri), la montagna “di casa” che Camisasca ha percorso e ritratto da sempre ed in ogni sua particolare prospettiva. Del “Bianco” sono presenti in mostra spettacolari vedute in bianco e nero, “fortemente contrastate, di effetto quasi drammatico”. A chiudere infine l’esposizione, sono i reportage dei viaggi nelle terre lontane del “Mustang” e del “Tibet”, di cui il fotografo descrive le popolazioni, la sacralità dei luoghi e gli sconfinati orizzonti, in un allestimento d’effetto che vale per tutta la rassegna, rafforzato ancor di più dalla scelta stilistica della stampa in bianco e nero insieme ai formati di immagini a grandi dimensioni.

Un’appendice della mostra (accompagnata da una lucida narrazione di Enrico Camanni, studioso della montagna e anche lui alpinista, e di Giulia Ticozzi, fotografa e storica della fotografia) è presente anche all’interno della “Cappella del Forte” con quattro gigantografie dedicate sempre all’amato “Monte Rosa”. La montagna del cuore, su cui Camisasca riversa – con una cifra stilistica di assoluta perfezione – tutto il potere della sua creatività e del suo costante vagare per “terre bianche”, dove spesso l’immaginario supera abbondantemente il reale. E lì sta tutto il bello e l’immensa poesia dei suoi scatti!

Gianni Milani

“Davide Camisasca. Terre bianche”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Dal 31 maggio al 28 settembre

Orari: mart. – ven. 10/18; sab. – dom. e festivi 10/19

Nelle foto:

–       “Monte Rosa, composizione di seracchi”, Digitale, 2013

–       Davide Camisasca

–       “Mustang, incontro lungo la Kaligandaki”, Analogica, 1996

–       “Monte Rosa, cordate impegnate sulla cresta della Punta Parrot”, Digitale, 2012

“Je t’appartiens…dans l’image”, suggestioni artistiche e poetiche

L’ Accademia di cultura nicese “L’Erca” ha organizzato una serata dal titolo “Je t’appartiens…dans l’image” nella giornata di mercoledì 29 maggio alle ore 21, presso l’auditorium Trinità in via Pistone a Nizza Monferrato.

La serata, promossa dalla prof.ssa Elisa Piana, ci offrirà suggestioni artistiche e poetiche tratte dagli scatti fotografici di Maria Luisa Stepanek. L’evento verterà intorno al concetto di donna attraverso le diverse sfaccettature, con spunti poetici, filosofici, artistici e letterari, La serata sarà accompagnata dalla musica al pianoforte suonata da Nino Caprì e da profondi momenti di lettura.

Da martedì 2 giugno ‘Il codice del volo’ con Flavio Albanese

Spettacolo dell’attore e autore barese Flavio Albanese, nell’ambito del Fringe Festival

 

Ai Musei Reali di Torino prosegue la mostra dedicata al genio di Leonardo e al suo Autoritratto, nella biblioteca Reale con due percorsi collaterali alla galleria Sabauda, che espone fino al 30 giugno il Codice sul volo degli uccelli. Nello stesso periodoTorino ospita uno spettacolo ispirato a quel codice che si intitola “Il codice del volo” dell’attore e autore barese Flavio Albanese.Sarà in scena al Lombroso 16 nell’ambito del Torino Fringe Festival da martedì 2 giugno.

L’opera è nata quindici anni fa al Piccolo Teatro di Milano, ha all’attivo ben 450 replich3 e approda per la prima volta sotto la Mole. L’attore si è  documentato con numerosi libri e f9nti dirette per elaborare il testo relativo al percorso che fece Leonardo da quando intuì che si poteva costruire una macchina per volare con il primo presunto tentativo di volo di Tommaso Masini che fu un insuccesso.

“Vedendo una foglia – aggiunge l’attore –  si dice che Leonardo abbia intuito come planare”. Da questa intuizione nacque quello che noi chiamiamo aliante.

“Leonardo era uomo di poche lettere ed è stato autodidatta – precisa Albanese – ma  cercava di andare oltre i limiti ispirandosi alla natura. Come per tutte le grandi cose, non sempre riusciva al primo tentativo. Racconto di un grande fallimento dimostrando che anche attraverso gli errori si possono compiere associazioni mentali geniali”.

Nel testo teatrale vengono anche narrate vicende poco note, come l’apertura di una trattoria a Firenze da parte di Leonardo da Vinci e Sandro Botticelli, poi chiusa, forse perché vi furono degli intossicati.

“Quando avrete imparato a volare, è  la frase conclusiva dello spettacolo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché è lì che siete stati e che volete stare”.

 

Mara Martellotta

Sabine Salamé per Tradui/zioni d’Eurasia Reloaded

 

Performance nell’ambito del public program di Tradui/zioni d’Eurasia Reloaded

a cura di Chiara Lee e freddie Murphy

Mercoledì 29 maggio ore 18.30

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

Il secondo appuntamento musicale del public program di Tradu/izioni d’Eurasia Reloaded porta al MAO la rapper libanese Sabine Salamé che, all’interno del dinamico panorama dell’hip hop in lingua araba, rappresenta una voce unica, capace di riportare il genere alla sua essenza.

Sabine Salamé, rapper e poetessa libanese, con il suo ultimo lavoro “Taffe Daw…”, composto insieme al produttore libanese Jawad Nawfal (Munma), accompagna gli ascoltatori in un viaggio attraverso le fasi emotive della sua migrazione. Miscelando vari stili musicali e una narrazione sincera, “Taffe Daw…” va oltre la semplice raccolta di canzoni, diventando un riflesso delle esperienze di Salamé e delle sue complesse emozioni.

Usando il potere della vulnerabilità per affrontare questioni politiche e personali da una prospettiva non convenzionale, Salamé costruisce una testimonianza per il futuro con l’obiettivo di far sentire meno soli tutti coloro che attraversano un simile tumulto.

Costo: 15 € intero – 10 € ridotto studenti (disponibile solo in museo).

I biglietti sono acquistabili il giorno del concerto presso la biglietteria del museo e in prevendita sul nostro sito e su Ticketone.