CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 75

“Contrasti. Racconti di un mondo in bilico” in mostra al “Forte di Bard”

La nuova rassegna fotografica realizzata in collaborazione con l’“Agence France-Press”

Da sabato 8 marzo a domenica 20 luglio

Bard (Aosta)

Tanto audace da imbambolarti e tanto bella e geniale da apparirti impossibile! Il “Salto dell’atleta paralimpico francese Arnaud Assoumani davanti alla Piramide del Louvre, in vista delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Parigi 2024”, opera del fotografo parigino Franck Fife, è solo una delle 84 fotografie ospitate, fino a domenica 20 luglio, nelle Sale dell’“Opera Mortai” del “Forte di Bard”, che con questa rassegna torna a rinnovare la stretta collaborazione con l’“Agence France-Press”, una delle principali e più autorevoli e pluripremiate “Agenzie di Stampa” al mondo, fondata a Parigi nel 1835 (con la denominazione di “Agence des feuilles politiques, correspondance générale”) dal banchiere Charles-Louis Havas e oggi rappresentata da una rete di oltre 450 fotografi sparsi in tutto il mondo e completata dalle produzioni di oltre 70 Agenzie partner.

La mostra dal titolo “Contrasti. Racconti di un mondo in bilico”, segue (e di sicuro è destinata ad ottenere non minor successo) la precedente “Non c’è più tempo”, realizzata, dal 29 marzo al 21 luglio del 2024, sempre in collaborazione con l’“AFP” (curata dal giornalista, responsabile della promozione dei contenuti multimediali dell’Agenzia, Pierre Fernandez) e rivolta ad indagare, anche in quel caso attraverso un’ottantina di mirabili scatti, le conseguenze disastrose dei cambiamenti climatici sul Pianeta, nostra “Casa comune”. Obiettivo di entrambe le rassegne, scuotere le coscienze ed offrire spunti di riflessione sulle vicende che tendono a ‘mortificare’ o, in qualche modo, a ‘creare speranze’ rispetto all’attualità e alle attese future del mondo contemporaneo, evidenziandone le contrapposizioni e le diseguaglianze che ne segnano a fondo, dalle Americhe all’Europa all’Asia e all’Africa, le varie società.

Ecco allora, accanto alla succitata – pagina aperta a svolazzi di gioia e speranza – foto di Franck Fife, quella del messicano di Puebla, Pedro Pardo, con la toccante dolorosa immagine della “Famiglia di migranti che attraversa il muro di confine fra Messico e Stati Uniti”. Scatto del 25 novembre del 2018. C’è un padre, una madre e un piccolo che, con aria incredula, neppur tanto impaurita, passa a fatica di braccia in braccia. “Contrasti”, per l’appunto. E altri bimbi troviamo nelle foto del nigeriano Benson Ibeabuchi, di Sergei Chuzavkov e di Bashar Taleb. A firma del primo, la struggente delicata poetica immagine di una “fanciulla che si allena nelle povere, terrose strade di Ajangbadi, sobborgo di Lagos, in Nigeria”; non meno capace di prenderti il cuore e l’anima, l’immagine di Chuzavkov, con quella “bimba in monopattino, ancora l’incredulità negli occhi, tra le case del villaggio di Horenka, nella regione di Kiev, colpito dai bombardamenti russi”. E che dire, ancora, del “gruppo di bambini che corre tra le case distrutte lungo una strada di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza”, immagine fermata nel tempo e nella parte più amara dei ricordi dal fotoreporter Bashar Taleb? “Racconti di un mondo in bilico”, come ci ricorda e ci palesa davanti agli occhi, il sottotitolo della rassegna.

Mostra che t’inchioda al soggetto. Che ti impone la domanda, domanda d’obbligo Ma come farà un fotoreporter a scattare tali fotografie? A trovarsi nel posto giusto al momento giusto? Sempre. E, soprattutto, intuire che quello, proprio quello, è il posto giusto e il momento giusto. E riuscire a raccontare e a trasmettere emozioni, gioie, sogni, illusioni e disillusioni in un semplice sguardo rubato in un nanosecondo. E cristallizzato a vita! E poi, piccole storie, a raccontare tutto un mondo.

 

Nei suoi molteplici aspetti. Dall’economia alla guerra, dalle tradizioni culturali al mondo dell’arte, dello sport e dello spettacolo, senza tralasciare l’emergenza climatica e l’inarrestabile urbanizzazione. Temi, tutti quanti, che ritroviamo raccontati per immagini nel “progetto espositivo” oggi realizzato al “Forte” valdostano, vero “Polo Culturale” delle Alpi occidentali. Temi comuni, in fondo, in piccola o in grande parte, a realtà sociali assai diverse e assai lontane tra loro. Pedine di un grande gioco, spesso “gioco al massacro” simile ad “un grande affresco di un mondo sempre più in bilico: il nostro”.

Gianni Milani

“Contrasti. Racconti di un mondo in bilico”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/83381 o www.fortedibard.it

Fino al 20 luglio

Orari: mart. – ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19

Nelle foto: France Fife “Un salto dell’atleta paralimpico Arnaud Assoumani davanti alla Piramide del Louvre”; Pedro Pardo “Una famiglia di migranti attraversa il muro di confine Messico – USA”; Benson Ibeabuchi “Una ballerina nelle strada di Ajangbadi , un sobborgo di Lagos”; Sergei Chuzavkov “Una bambina in monopattino tra le case di Horenka – Kiev, colpita dai bombardamenti russi”; Bashar Taleb “Bambini che corrono tra le case distrutte di Khan Yunis, nel Striscia di Gaza”

L’isola del libro. Gialli a firma italiana

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Gabriella Genisi “Una questione di soldi” -Sonzogno- euro 16,00

Ormai quando pensiamo alla protagonista dei gialli della scrittrice Gabriella Genisi, automaticamente, la commissaria barese Lolita Lobosco assume le splendide e fascinose sembianze di Luisa Ranieri, e aspettiamo di ammirarla nelle prossime puntate della Fiction Rai di successo.

Nell’attesa questo è l’ultimo romanzo fresco di stampa in cui la Genisi dedica -ancora più del solito- attenzione e spazio alla vita privata e sentimentale della bella poliziotta che sa come esaltare la sua considerevole femminilità.

La morte su cui si trova ad indagare è particolarmente inquietante, in particolare, proprio per lei. Una dirigente di banca sembra essere caduta in circostanze poco limpide dal balcone di un palazzo. In un primo tempo si potrebbe pensare a un suicidio, poi invece si parlerà di delitto. Il punto è che la donna morta, tal Margherita Colonna, assomiglia in modo impressionante a Lolita, che rimane -a dir poco- sconcertata.

Nelle pagine che seguono emergono dettagli sulla vittima. Separata da un marito che mal la sopportava, poco amata da parenti e colleghi perché considerata avida, egoista e per nulla empatica.

Inoltre pare fosse ossessionata dai soldi e dal lusso, spendacciona in modo smodato e compulsivo, amante soprattutto di rinomate e costosissime griffe. E, quel che è peggio… artefice di operazioni bancarie avventate e, per non tralasciare nulla, anche parecchio indebitata.

Mentre Lolita Lobosco mette in luce e riordina i dettagli che potrebbero condurre alla soluzione del caso, anche la sua vita sentimentale subisce qualche cambiamento che, però, non va anticipato.

 

 

Alessia Gazzola, nata a Messina nel 1982, medico legale diventata scrittrice di crescente successo, continua a non sbagliare un colpo ed ogni protagonista che mette al mondo “letterario e televisivo” si incammina sulla via maestra verso il trionfo.

Gazzola di strada ne ha percorsa parecchia da quando ha fatto scendere in campo la sua prima creatura Alice Allevi (portata sugli schermi televisivi da Alessandra Mastronardi nella fiction “L’allieva” dallo share piglia tutto).

Ora, invece, in libreria ci sono i primi 3 volumi della serie che ha al centro la giovane Miss Bee, divertente ed elegante nuovissima protagonista immersa nell’Inghilterra degli Anni ’20.

 

Miss Bee & il cadavere in Biblioteca” -Longanesi- euro 14,90

Beatrice Bernabò, detta Miss Bee, è una brillante 20enne, da poco trasferita dall’Italia a Londra, insieme alle due sorelle, tutte al seguito del padre Leonida, professore di Italianistica.

Beatrice è decisamente una ragazza sveglia, che riesce velocemente e con una certa facilità ad essere accettata nel cerchio magico dell’aristocrazia londinese, notoriamente elitaria, molto chiusa ed esclusiva.

Si dà il caso che si ritrovi suo malgrado -e per pura coincidenza- sulla scena di un misterioso omicidio e coinvolta anche in un intricato triangolo amoroso.

Le atmosfere sono quelle di altri tempi. Londra nel 1924, dopo l’incubo della Grande Guerra, città elegante e in rapida trasformazione.

Il mondo aristocratico della capitale (ma non solo) sta cercando di riprendersi e superare il dramma del conflitto; rinsalda così tutta una serie di convenzioni sociali su cui poggia anche il ruolo autorevole delle stirpi blasonate.

Al giallo e al viaggio storico un po’ nostalgico si aggiunge la trama rosa che vede Miss Bee non solo sospesa tra i due mondi

-quello della sua classe e generazione e quello della società londinese altolocata- ma anche tra uomini molto diversi tra loro che l’attraggono.

 

 

Miss Bee & il principe d’inverno” -Longanesi- euro 14,90

Le avventure di Miss Bee proseguono e si spostano nel Derbyshire dove si rifugia per allontanarsi da Londra e dallo scandalo di essere stata quasi incolpata di un delitto (quello del cadavere rinvenuto nella biblioteca al centro del mistero del libro precedente).

La giovane si trova nella gelida e nobile storica dimora di campagna di Alconbury Hall, in piena atmosfera pre-natalizia. Magnifica tenuta dalle atmosfere sontuose, i cui ritmi quotidiani sono scanditi in base alle ataviche tradizioni. Tra cene eleganti e invitati affascinanti.

Miss Bee è stata assunta come assistente e segretaria personale di Lady Millicent Carmichael che le detta le sue memorie, da pubblicare in forma anonima, con l’intento di colpire chi di dovere, tra lo scandaloso e una sottile perfidia.

L’eccentrica Lady Carmichael non sopporta nessuno, ma ha un debole per la scimmietta Fanny che gli ha portato dall’India l’adorato nipote Julian Lennox.

Proprio lui, XI visconte di Warthmore e proprietario di Alconbury Hall, (due anni più di Beatrice) le aveva procurato l’incarico presso la zia.

Sempre veleggiante tra toni romance, romanzo storico e un pizzico di mistery, la storia prosegue.

Ad ingarbugliare la trama e gli stati d’animo c’è poi l’arrivo del bellissimo e tenebroso cugino di Julian.

E’ il nobile russo, autentico “principe d’inverno”, Alexander.

Ma non finisce certo qui….prepararsi a colpi di scena continui, tra tentati omicidi, sparizioni e….tantissimo altro…

 

 

Miss Bee & il fantasma dell’ambasciata” Longanesi- euro 14,90

Siamo di nuovo a Londra nel 1925 e il padre di Beatrice le ha procurato un impiego in qualità di segretaria all’ambasciata italiana, nella speranza che finalmente si tenga lontana da guai e misteri.

Ovviamente non sarà così, perché nei corridoi e nelle sale dell’ambasciata non solo serpeggiano intrighi e complotti, rivalità, trame occulte e scorretti giochi di potere.

In occasione di un importante ricevimento Beatrice rivede, tra gli illustri e selezionatissimi invitati, il visconte Julian Lennox. E’ accompagnato dalla sua promessa sposa, Lady Octavia, e questo aumenta ulteriormente le palpitazioni di Mis Bee, i cui sentimenti verso il giovane continuano ad essere contrastanti.

A complicare la scena poi, strani fenomeni di inspiegabile natura: sussurri nell’ombra, rumori sinistri, ombre che si muovono in modo misterioso ed inquietante. Che sia un fantasma? E inutile dire che la situazione non potrà che precipitare ulteriormente.

Chiara Tagliaferri commuove il Salone: Michela Murgia e l’ultima “Morgana”

Chiara Tagliaferri ha presentato al Salone del Libro di Torino “Morgana. Il corpo della madre”, terzo e ultimo volume del progetto editoriale ideato con Michela Murgia, pubblicato da Mondadori.
 L’incontro, denso di emozione, è stato un omaggio autentico alla scrittrice sarda, scomparsa nell’agosto 2023, e al legame intellettuale e affettivo tra le due autrici.
Nel libro, che affronta il tema della maternità attraverso figure femminili fuori dai canoni, Tagliaferri riconosce l’eredità lasciata da Murgia: “Lei è ancora nei nostri libri, nelle nostre parole. I libri sono templi, le parole possono vincere la morte.”  Consapevoli di non poter concludere insieme il progetto, le due autrici hanno firmato questo ultimo capitolo con piena coscienza della sua portata definitiva.
Morgana” è nata come podcast — oggi tra i più ascoltati in Italia — dopo che la Rai rifiutò il format, ritenendolo inadatto al pubblico maschile. Durante l’incontro la Tagliaferri ha ricordato le discussioni con Murgia sulla scelta delle protagoniste: “Michela diceva che le mie erano troppo disperate. Ma volevamo raccontare donne in frantumi, per ritrovarci.” Il corpo della madre è il più politico dei volumi: esplora maternità non convenzionali, smontando stereotipi biologici e sociali. “Famiglia è dove c’è amore, non dove c’è un uomo e una donna” . Il ricordo di Murgia è vivo anche negli aneddoti personali: “Mi ha insegnato che siamo tutte clippate, addomesticate in qualche modo. Come i fenicotteri di Villa Invernizzi, a cui tagliano le ali per non farli volare. Ma le nostre Morgane non hanno mai rinunciato a rivendicare la loro diversità” . Alla fine dell’incontro, Tagliaferri ha rivelato la sua Morgana del cuore: le sorelle Brontë.
Valeria Rombolá
 Roberta Mariani

Willie Peyote e Rick DuFeru al Salone del Libro: “l’arte ci salva, anche dalla melma umana”

Un dialogo autentico, viscerale, che ha lasciato il pubblico del Salone del Libro con il fiato sospeso e il cuore pieno di domande quello che è andato adesso in scena sul palco live della kermesse torinese si sono incontrati due mondi solo apparentemente distanti: quello del filosofo e divulgatore Rick DuFer, in occasione della presentazione del suo ultimo libro Nessuno parla a nessuno, e quello dell’artista Willie Peyote, rapper e voce critica della contemporaneità.

Tra parole sferzanti, ironia pungente e confessioni intime, i due hanno scavato a fondo nell’anima dell’arte e nelle sue contraddizioni, affrontando con coraggio temi come il senso del fallimento, il dolore della perdita, il valore dei legami umani e la responsabilità di lasciare una traccia. Non un talk, ma un incontro che ha sfiorato la dimensione del rito.
“Scrivo da quando avevo nove anni – racconta DuFer dal palco – poi ho fatto un lavoro che mi ha spento. Quando ho smesso di scrivere, è come se avessi smesso di vivere. L’arte, per me, non è mai stata una scelta: è l’unica cosa che potevo fare per restare integro.”
Willie Peyote, con la sua cifra schietta e disincantata, rilancia: “Non puoi fare arte se non ne hai bisogno. Se non è qualcosa che ti salva, che ti tiene a galla quando tutto affonda, non vale la pena nemmeno iniziare. Io l’ho capito il giorno in cui mi sono licenziato: o scrivevo, o impazzivo.”
Ma è nel ricordo della perdita di un amico che il discorso si fa commovente. Rick condivide una riflessione struggente: “Siamo qui non per intensificare il nostro io, ma per lasciare qualcosa negli altri. Mio amico è diventato un buon fantasma,un motore per vivere anche per lui”
Il confronto tocca poi uno dei temi più spinosi dell’arte contemporanea: è possibile separare l’opera dall’artista? La risposta, come sempre, non è semplice.
Non credo alla separazione netta,” dice DuFer. “Ma l’arte è un setaccio: trattiene il meglio, lascia colare via la melma. Céline, Bukowski, anche chi nella vita ha mostrato lati oscuri… se da quella melma esce qualcosa che può salvarmi, allora quell’arte ha valore.”
Peyote aggiunge: “La differenza va fatta tra azione e pensiero. Le opere sono la parte migliore dell’umanità. Sono la nostra occasione per essere migliori di ciò che siamo.” Nelle domande del pubblico ne viene fuori una che mette a nudo l’anima dei due protagonisti: è possibile sconfiggere l’ipocrisia sociale? Esiste una verità, un modo migliore di vivere?
Willie sorride, poi risponde: “È questione di energia. Se metti in circolo qualcosa di buono, qualcosa tornerà. Magari non subito, magari non come ti aspetti. Ma torna.”
Rick conclude con una riflessione filosofica che sa di verità: “La maschera non è finzione, è strumento. Serve per arrivare meglio all’altro. Nella ricerca del carattere farai errori, è inevitabile. Ma se un percorso non è accidentato… allora non è un vero percorso.”
 
Valeria Rombolá 

Rock Jazz e dintorni a Torino: Mahmood e Chiello

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Lunedì. Al teatro Concordia di Venaria si esibisce Chiello.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suona Lil Darling Quartet. Al Jazz Club: The Chicago Blues Jam!

Giovedì. Al Blah Blah sono di scena i Weird Bloom. Allo Spazio 211 si esibisce Diego Random. Al Jazz Club suonano i Train Power Blues. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Cajo Redivivo. Al Cafè Neruda suona l’Oiseaux Trio.

Venerdì. Al Blah Blah si esibisce la cantautrice Claudia Buzzetti. Allo Spazio 211 sono di scena i Fasti + Le Schiene di Shiele+ Calantha. Al Jazz Club suonano i Sp4rkles. Alla Divina Commedia si esibisce la Marconi Blues Band. All’Hiroshima è di scena Comete + Lato B. Al Circolino suona Valentina Nicolotti 4 tet.

Sabato. All’Inalpi Arena arriva Mahmood Allo Ziggy si esibiscono i Necrodeath + Nerocapra. Al Blah Blah suonano i Madbeat + Bad Frog. Al Jazz Club Growing The Blues. Alla Divina Commedia si esibisce la Lucky Phoenix Band.

Domenica. Al Jazz Club sono di scena Terry e Lucia.

Pier Luigi Fuggetta

Pannunzio e il suo “Mondo” raccontati da Quaglieni al Salone del Libro

La presentazione lunedì alle 17,15 al Lingotto

Nel libro di Quaglieni, oltre ad alcuni testi “canonici” per conoscere Mario Pannunzio giornalista e scrittore (Lucca 1910 – Roma 1968), ci sono oltre 60 testimonianze e ricordi che costituiscono una preziosa novità. A volte anche solo in una battuta fulminante, quasi un tweet ante litteram, viene condensato un ricordo su Pannunzio e “Il Mondo” del tutto inedito.

Il prof. Quaglieni

In appendice il libro pubblica per la prima volta il carteggio intercorso tra Benedetto Croce e Mario Pannunzio, rivelatore del rapporto strettissimo tra i due. Uno strumento utile per capire il crocianesimo di Pannunzio. Particolare interesse ha lo scambio di idee sui temi della Resistenza che potrebbe stupire e merita da solo la lettura del libro.

Inaugurate le nuove sale  della Pinacoteca “Raissa Maksimovna Gorbaciova” a Torre Canavese

Bartoli: “Torre è un paese d’arte, ogni strada racconta la sua bellezza”

Torre Canavese (TO), 17 maggio 2025
Si è tenuta a Torre Canavese l’inaugurazione ufficiale delle nuove sale espositive della Pinacoteca “Raissa Maksimovna Gorbaciova”, in un evento molto partecipato che ha visto la presenza di numerose autorità civili e militari, rappresentanti istituzionali e cittadini.
A rappresentare il Consiglio Regionale del Piemonte è intervenuto il Consigliere Sergio Bartoli, Presidente della V Commissione (Ambiente), che ha voluto sottolineare l’importanza dell’iniziativa per la valorizzazione culturale del territorio:
“Torre è un paese d’arte. Basta camminare tra le sue strade per rendersi conto del patrimonio che custodisce: ogni muro, ogni angolo, ogni quadro esposto lungo le vie racconta una storia. Questa inaugurazione è un segnale forte di attenzione verso l’identità, la memoria e la bellezza del nostro territorio.”
Nel suo intervento, Bartoli ha portato anche i saluti ufficiali del Consiglio Regionale del Piemonte e del Presidente Alberto Cirio, sottolineando il sostegno della Regione a iniziative che rafforzano la coesione culturale e la promozione delle eccellenze locali.
Durante la cerimonia, le nuove sale sono state intitolate alla famiglia Datrino, con un omaggio speciale a Marco Datrino, figura storica del mondo artistico e antiquario, che con passione e visione ha contribuito a trasformare Torre Canavese in un riferimento per l’arte e la creatività a livello locale e nazionale.
Presenti anche l’Onorevole Daniela Ruffino, che ha portato i saluti del Parlamento Italiano, la Consigliera Regionale Paola Antonetto, il Sindaco di Torre Canavese Giampiero Cavallo, i Sindaci di Bairo e Agliè, e il Comandante della caserma dei Carabinieri di Agliè Angelo Pilia.
L’inaugurazione si inserisce in un progetto più ampio di rilancio culturale e turistico del Canavese, che trova nella sinergia tra istituzioni e comunità locali un modello virtuoso per la valorizzazione del territorio.

Se Odifreddi imita Scalfari

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
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Eugenio Scalfari intrattenne un fitto dialogo iniziale con Papa Francesco. Ne uscì anche un libro che oggi, dopo il pontificato di Francesco, si rivela poco più che aria fritta.  Facemmo anche discussione su Papa Francesco da poco eletto e il clericalismo e il  conseguente anticlericalismo. Approdammo alla conclusione che con Francesco non aveva senso un anticlericalismo astioso ed obsoleto come quello del venerato Bruno Segre, violentemente contrario ad ogni religione. Infatti Segre, annebbiato dal suo settarismo, fu l’unico che non colse la novità rappresentata da Francesco. Sembra che Odifreddi, che non ha neppure frequentato un liceo, ma un istituto per geometri in cui è assente lo studio della filosofia, voglia imitare Scalfari, tentando il colpaccio, lui ateo dichiarato e irridente in modo volgare  nei confronti di ogni religione come lo fu Segre,  di entrare in rapporti diretti con Leone XIV. Papa Bergoglio, pur apertissimo verso i non credenti, non volle avere rapporti con Odifreddi che alla morte del Papa, scrisse un necrologio offensivo  e volgarissimo anche  nel linguaggio  che rivelò come il geometra-matematico non abbia avuto rispetto neppure per la morte. Apparirebbe davvero una follia demagogica assurda che il nuovo Papa intrattenesse un rapporto   con Odifreddi che pontifica su Agostino e Pascal, forse per rendersi simpatico al Papa. Il Cardinale di Torino dovrebbe informare il Papa su chi è davvero Odifreddi che non è neppure una pecorella smarrita, ma un lupo superbo che, se dipendesse da lui, forse azzannerebbe tutti i credenti come privi di ragione.

Emma Strada, la prima donna ingegnere in Italia si laureò a Torino

Era il 5 settembre 1908 quando una torinese, Emma Strada di 24 anni con il numero di matricola n.36, divento la prima ingegnera d’Italia.

Classe 1884, figlia d’arte, suo padre fu ingegnere civile con un suo studio in citta’, si iscrisse al Regio Politecnico, che una volta aveva la sede al Valentino, dopo aver conseguito il diploma di liceo classico presso la scuola Massimo D’Azeglio.

In Italia le donne furono ammesse all’universita’ solo nel 1874 e la prima donna in assoluto a laurearsi, in medicina, fu Ernestina Paper a cui ne seguirono altre alle facolta’ di Lettere o Giurisprudenza, ma fino a quel momento nessuna si era avventurata nel mondo maschile dell’ ingegneria.

L’ardimentosa Emma si classifico terza su 62 studenti (61 uomini) ottenendo il massimo dei voti e, dopo la discussione della tesi, la camera di consiglio ci mise piu’ di un ora per decidere se il titolo dovesse essere “ingegnere” o ingegneressa”.

Si interessarono a lei anche i media di allora come La Stampa che scrisse orgogliosamente: “Emma Strada, sabato scorso, al nostro Istituto Superiore Politecnico ha conseguito a pieni voti la laurea in ingegneria civile. La signorina Strada è così la prima donna-ingegnere che si conti in Italia e ha appena altre due o tre colleghe all’estero”.

Emma lavoro’ come assistente all’Universita’ fino alla morte del padre e successivamente esercito’ nello studio dello defunto genitore insieme al fratello (anche lui ingegnere), e si occupo’ della realizzazione di acquedotti, gallerie, miniere; non poteva firmare i documenti perche’ non era iscritta all’Albo, ma si recava regolarmente e di buon grado presso i cantieri.

Il primo progetto dell’ing. Emma Strada fu la realizzazione di una galleria di accesso ad una miniera di Ollomont in Val d’Aosta, si occupò, inoltre, della progettazione dell´automotofunicolare di Catanzaro e della costruzione del ramo calabrese dell’acquedotto pugliese. Per promuovere il lavoro delle donne nel campo della scienza e della tecnologia, fondò con altre colleghe, nel 1957, l’Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetti (AIDIA), di cui diventò la prima presidente.

Emma Strada fu una fervente monarchica e per molti anni trascorse le mattine nella sede dell’Associazione Monarchica Torinese come organizzatrice e animatrice. Era molto legata al Re Umberto II, in quel periodo in esilio, che a sua volta la apprezzava e stimava e la insignini’ di importanti onorificenze sabaude.

Fu l’artefice del suo sogno e delle sue ambizioni, ma anche una donna coraggiosa che demoli’ lo stereotipo secondo cui le donne non potevano accedere ai molti mondi allora dedicati solo agli uomini, come l’ingegneria appunto. Grazie anche a lei e alla sua determinazione, al giorno d’ oggi essere una donna ingegnere non fa piu’ notizia.

MARIA LA BARBERA

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Ricordi di un ex allievo del “ San Gip” – Antisemitismo e  violenza al Salone  e al Campus Einaudi – Lettere

Ricordi di un ex allievo del “ San Gip”
Il Collegio “San Giuseppe” di Torino, il “ San Gip”, festeggia  150 anni di vita. I Fratelli delle Scuole Cristiane, ordine fondato in Francia da San Giovanni Battista de la Salle, furono chiamati in Piemonte da re  Carlo Felice che fece anche cose buone, come si dice oggi. Papa Leone  ha ricevuto i Fratelli solennemente in udienza e l’anniversario è stato festeggiato a Torino in Duomo e al Collegio, oggi diretto in maniera incomparabile da Fr. Alfredo Centra , uomo coltissimo, preside  e capace manager .Il direttore ha fatto del Collegio una libera Agorà  aperta al confronto con tutti coloro che privilegiano la cultura senza settarismi.
Fra gli ex allievi illustri pubblicati sul sito del Collegio c’è la “crema” di Torino in tutti i settori . Essere passati attraverso l’educazione dei fratelli è un viatico che non si dimentica. Ne ho scritto sul “Corriere”, ricordando anche quando mi accompagnarono in gita scolastica in Egitto e andai ad El Alamein in anni in cui quei Caduti erano da ignorare. Un’esperienza indimenticabile  che raccontai anche al presidente Ciampi quando andammo insieme al Sacrario in Egitto per ricordare i caduti di una battaglia importante, totalmente ostracizzata in cui agli italiani mancò  la fortuna, ma non difettò certo  l’onore, come dimostrò Paolo Caccia Dominioni che costruì il Sacrario, raccogliendo le salme dei soldati caduti in battaglia.
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Antisemitismo e  violenza al Salone  e al Campus Einaudi
Giovedì ci sono stati minuti  di violenza agli ingressi del Salone del libro per colpa  di estremisti invasati che volevano impedire un incontro al Salone con la presenza del presidente della Comunità ebraica di Torino. La Polizia ha scongiurato il peggio. La Stampa ha scritto incredibilmente   soprattutto delle manganellate della Polizia. Ma andrebbe segnalato anche quanto accaduto al Campus Einaudi in cui gli estremisti pro Palestina hanno ancora una volta dimostrato di essere una minaccia alla democrazia e al confronto civile di opinioni.
Il rettore Geuna ancora una volta si è rivelato inadeguato e alcuni professori indegni del ruolo da essi ricoperto. Va ribadito ancora una volta che gli Atenei esistono per studiare e non per fare politica settaria che inquina la serenità degli studi, degenerando in brutale  violenza.  Questi signori sono l’esempio nostrano del fanatismo palestinese a Gaza che ha mietuto tante vittime innocenti. Il presidente israeliano può essere discutibile, ma non c’è confronto con i capi di Hamas assetati di sangue e solo desiderosi di vendetta. L’antisemitismo peggiore ormai da troppo tempo imperversa un po’ dappertutto.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Brigitte Bardot
Cosa pensa di Brigitte Bardot che a 91 anni  prende posizione contro il femminismo francese?  A me sembra come sempre molto coraggiosa. Non è un peccato dire che a lei piacciono gli uomini. Questo è un piacere naturale di cui secondo alcuni bisognerebbe  oggi perfino giustificarsi. Giulia Ferro
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Concordo con lei. Pannunzio con Flaiano l’aveva incontrata a Roma e ne rimase colpito per la sua capacità di andare controcorrente in anni di bigottismo provinciale, quello  che “Il mondo” aveva combattuto con ironia raffinata. Ancor più  della “Dolce vita” di Fellini B.B . aveva rivelato un volto e un corpo  capace di capovolgere il perbenismo senza noiosi  discorsi sociali , ma con il fascino della bellezza femminile. I suoi nudi, i suoi topless entrarono nei sogni di tutti. Il far l’amore senza inibizioni e senza freni è un qualcosa  di unico che molte donne ancora oggi riescono a raggiungere con fatica, magari  impasticcandosi.  Fu una vera femminista che seppe anticipare i tempi senza mai ricorrere agli slogan delle femministe rancorose e spesso oggettivamente sgradevoli come quelle italiane e francesi in particolare.
Non attese il movimento di liberazione della donna e i suoi cortei.  Andò in pantaloni attillati a visitare all’Eliseo il Presidente De  Gaulle che viveva nel culto di Santa Giovanna d’Arco. L’amico Mughini ha scritto : “Lo scandalo e il fascino della Bardot non derivano  tanto dall’ aver vinto  consapevolmente dei tabù, quanto dalla naturalezza con cui li infrangeva”. Ogni  volta  che si pensa a Bb, l’adolescente che sonnecchia in noi, si risveglia. Me lo diceva Soldati che la incontrava al Festival di Cannes, ma avrebbe desiderato incontrarla da vicino tra le lenzuola, come mi disse senza giri di parole  una volta. Volli passare una settimana a Saint – Tropez (oggi totalmente decaduta)  ed ebbi modo con i buoni uffici di un  autorevole amico francese di parlare mezz’ora con B. B. che mi intrattenne sulle sue belle battaglie per gli animali. Pur anziana, aveva sempre lo sguardo e la vivacità dei vecchi tempi.
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Da Alassio
Ho appreso che l’ex sindaco Avogadro, prima leghista e attuale renziano, a suo tempo sfiduciato dalla sua stessa maggioranza, stia cercando di rientrare in gioco alla scadenza del secondo decennio di sindaco di Marco Melgrati. Cosa ne pensa?      Vittorio de Angeli
Tutto il male possibile. Avogadro  nel suo mandato portò  al governo della Città degli improvvisatori  incapaci e lui stesso si rivelò poco avveduto. Sarebbe una gravissima jattura per Alassio ritrovarsi di nuovo alle prese con questo personaggio e soprattutto con alcuni dei suoi sostenitori. Il successore di Melgrati dovrà indicarlo lo stesso sindaco quando non potrà più essere candidato.
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Il cardinale Zuppi
Non ho mai avuto simpatia per i vescovi cardinali di Bologna a partire dal filocomunista  Lercaro, salvo che per il cardinale Biffi che ebbe parole illuminate sui pericoli dell’immigrazione extracomunitaria. Ma adesso Zuppi  al Salone del libro supera se’ stesso, dicendo che, se eletto, avrebbe fatto come nel film di Nanni Moretti. Intendeva scherzare sul papato, una cosa molto seria per un cardinale papa mancato, per grazia dello Spirito Santo.   Giovanni Ramelli
Ha detto che, affacciatosi davanti a tanta gente come nuovo Papa, avrebbe rinchiuso  la finestra perché consapevole di “non farcela”. Può essere singolare la citazione di Moretti, ma in fondo ha detto la verità: Zuppi sarebbe stato inadeguato. Sempre alla ricerca di una battuta come Papa Francesco, dell’ultimo Papa ha solo la propensione alla battuta.