Termineranno domenica 13 (alle 20,45 e domenica alle 16), nello spazio Marcidofilm! di corso Brescia 4 bis, le repliche dell’ultimo spettacolo della stagione dei Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, un dittico che raccoglie Una relazione per l’Accademia da Kafka e La bella addormentata da Perrault, fiaba sì ma “in stile Marcido”. Performance di Paolo Orrico la prima parte, sotto la guida e nella drammaturgia di Marco Isidori (da più di trent’anni, familiarmente, l’Isi), è il frutto della “constatazione ‘tragica’ dell’indispensabile riduzione al grottesco di gran parte dell’istanza umana”, è il ritratto di una scimmia umana – o forse di un Uomo scimmiesco – e della “superiorità biologica delle forze istintuali che si spappola in caduta libera a contatto con le esigenze preponderanti delle leggi della galoppante Civiltà”. Fase animalesca e una nuova veste umana, un cambiamento che la statura della scena, al di là della pagina scritta, rende estremamente vitale e significativo, in un mostruoso e insopportabile divenire, dal momento
che “finché si è Scimmia, la temporalità è uno spazio che non si riesce, per fortuna!, a determinare, si galleggia sulla propria esistenzialità con troppa coazione istintuale per avere un “tempo” di pensiero, ma quando ci si ritrova umani, è proprio il rapporto che è d’obbligo instaurare col “Tempo” a formare la nostra più intima fibra psichica; ie allora i “guai” sono, è il caso di dire, all’ordine del giorno”, spiega ancora Isidori. La fiaba di Perrault, condotta dalla voce narrante di Maria Luisa Abate, affronta i temi classici della fiaba ma la sua realizzazione si pone di fronte ad uno speciale approccio critico, obbediente a quella saggia sperimentazione messa con coerenza e continuamente in campo in una storia che sa di vero palcoscenico. Manco a dirlo, il trucco i trucchi, i costumi e il “Sipario delle Metamorfosi” si devono anche qui all’arte di Daniela Dal Cin. Prenotazioni ai numeri 339 3926887 oppure 328 7023604. info.marcido@gmail.com – www.marcido.it
(e.rb.)

dei reperti del Museo Egizio».
Come e dove venivano portati i beni a rischio?
In mostra alla Paola Meliga Art Gallery il lavoro del fotoreporter Ugo Lucio Borga 


Roberto Travan e Paolo Siccardi; o ancora alla “Storia di un fotografo” che a Palazzo Chiablese assembla oltre 200 opere che ci portano nel mondo multiforme di uno dei più grandi fotografi contemporanei come Frank Horvat, per non dire delle due magiche mostre “Genesi” e “Architetture e Prospettive” dedicate proprio in questi giorni dalla Reggia della Venaria (appena fuori porta) al brasiliano Sebastiao Salgado e al fiorentino Massimo Listri. Mostre da sold out. Consacrate dal grande pubblico, dalla critica e dagli appassionati dell’ottava arte. Che anche a Torino sono sempre di più e sempre più esigenti. Proprio su queste basi e considerazioni prende il via “Fo.To – Fotografi a Torino”, che da giovedì 3 maggio a domenica 29 luglio trasformerà il capoluogo piemontese in un grande spazio collettivo chiamato a celebrare Sua Maestà la Fotografia. Tre mesi circa di programmazione con la messa in rete di oltre
70 strutture cittadine – dal centro alle periferie – pronte ad ospitare oltre 90 mostre e un fitto calendario di eventi legati al mondo fotografico, l’iniziativa è un progetto pilota che intende diventare appuntamento annuale a partire dal 2019 ed è promossa dal MEF – Museo Ettore Fico (che per l’occasione ospiterà nella casa-madre di via Cigna una vasta antologica dedicata a Duane Michals, fra i nomi più prestigiosi dell’avanguardia americana, e nei locali “Outside” di via Juvarra un’altrettanto importante retrospettiva del milanese Paolo Monti) in collaborazione con tutte le realtà artistico-culturali aderenti all’evento. “Fo.To – Fotografi a Torino” è un “treno in corsa, un grande contenitore di emozioni”: a dirlo é Andrea Busto, direttore del MEF che aggiunge: “Abbiamo colto l’esigenza degli operatori del
settore di raddoppiare l’appuntamento di Contemporary Art Torino Piemonte, che si svolge a novembre, e di fare rete con il tessuto urbano. Il progetto Fo.To è fatto di mostre, incontri, tavole rotonde, letture di approfondimento e si sviluppa in un arco di tempo lungo per dare la possibilità di viverlo ad un pubblico il più vasto possibile, compreso quello in arrivo da fuori
Torino”. Per quanto concerne i luoghi coinvolti, si va dagli spazi storici come il Museo del Cinema, il Museo del Risorgimento e Palazzo Chiablese, fino a quelli di più recente apertura come il Museo Ettore Fico; da quelli più innovativi e sperimentali a quelli più classici e consolidati, dalle Fondazioni più note, come la Sandretto Re Rebaudengo o l’Accorsi e la Merz, fino a realtà come la Fondazione 107 di via Sansovino, che si sono insediate nelle periferie o nei quartieri più multietnici cittadini per partecipare al processo di riqualificazione attraverso l’azione culturale. Il pacchetto completo delle mostre (con la durata e gli orari di apertura e chiusura delle location ospitanti), nonché gli appuntamenti con artisti, fotografi, critici e curatori comporranno un calendario cronologico consultabile sul sito della manifestazione:
In Kansas non andava violato Burnett’s Mound, che i nativi locali dicevano essere luogo leggendario dal potere apotropaico e di protezione per la città di Topeka dal passaggio dei tornados.
soprattutto per la loro predisposizione alla spontaneità e a dare il meglio di sé live. Tramite Mike Chapman, chitarrista degli ammirati The Blue Things, fu possibile registrare nel 1967 il primo (ed unico) 45 giri:“One Day Girl (Twenty-Four)” [M. West – G. Gucker] (Cavern 2207; side B: “Memories”), con etichetta Cavern records (di John Pearson), inciso ad Independence (Missouri) e prodotto dallo stesso Chapman. In seguito Blair Honeyman lasciò, sostituito da Bruce Lynn; l’onda post-incisione sembrava positiva a livello locale (anche se l’impatto sulle classifiche fuori Kansas fu mediocre) e l’apprezzamento per le esibizioni live dei Burlington Express cresceva; un ruolo importante nei concerti era giocato dal peculiare uso delle luci, con effetti inusuali e stroboscopici che Jim Nash definiva enfaticamente “Visual Act”. Il 22 agosto 1968 alla Municipal Auditorium Music Hall di Kansas City (Missouri), i Burlington Express aprirono con un’esibizione di mezz’ora il concerto dei The Who durante il tour nordamericano di promozione dell’album “The
Who Sell Out“. Poteva essere il trampolino di lancio definitivo ma paradossalmente fu il punto d’inizio di una frattura interna, con Gucker (anima rock e principale songwriter) che iniziò espressamente a non condividere la tendenza blues del resto del gruppo. La band sfornò ancora alcune demos su brani di Byrds e Yardbirds (“I’ll Feel A Whole Lot Better” e “Stroll On”) e tenne una veloce sessione di registrazione agli Audio House Studios di Lawrence; Gucker uscì e passò ai White Clover, band di orientamento progressive che in seguito a fusioni darà origine nei primi anni Settanta ai Kansas.
Prometeo di Mary Shelly, o, ancora, Lo strano caso del dottor Jeckill e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson.
percorrere le sue strade: una volta convintosi della nostra incondizionata sudditanza ci permette di proseguire.
a scorgere uno spiazzo erboso, forse un tratto di giardino interno, oltre il quale ci sono delle porte di dimensioni diverse, tutte ermeticamente chiuse. 


A beautiful day – Drammatico. Regia di Lynne Ramsay, con Joaquin Phoenix e Judith Roberts. Un uomo nella cui mente trovano posto ricordi dolorosi, un passato di guerra, una infanzia di abusi, un figlio che si prende cura della madre anziana. Anche un sicario che entra nella vicenda sporca e infelice della figlioletta di un senatore, portata via per essere fatta sprofondare nel buio della prostituzione minorile. Con il viso dolente e con la robusta interpretazione di Phoenix premiato a Cannes quale migliore attore. Il film s’è anche aggiudicato il Palmarès per la migliore sceneggiatura. Durata 95 minuti. (Ambrosio sala 1, Uci)
Thanos (cattivissimo), che grazie al potere delle Gemme dell’Infinito vuole impadronirsi e distruggere circa la metà di questa nostra povera terra. Ecco che allora gli Avangers sentono la necessità di riunirsi e di chiedere pure l’aiuto dei Guardiani della Galassia, insomma tutti insieme appassionatamente per far fuori il fellone. Per la gioia di grandi e bambini ci sono proprio tutti nell’affollato pentolone, Capitan America e Spiderman, la Vedova Nera e Thor, Iron Man e Black Panter. Durata 149 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche 3D, Uci 3D)
Dopo la guerra – Drammatico. Regia di Annarita Zambrano, con Giuseppe Battiston e Barbora Bobulova. Presentato lo scorso anno a Cannes alla vetrina di Un certain regard, il film si riallaccia all’uccisione del giuslavorista Marco Biagi nella Bologna del 2002. Qui dell’omicidio di un professore universitario è accusato l’ex militante Marco, fuggito in Francia con la figlia grazie alla”dottrina Mitterand” e di cui lo stato italiano chiede l’estradizione. Intanto in Italia la madre, la sorella e il cognato sono al centro di sospetti e finiscono al centro dell’attenzione mediatica. Durata 95 minuti. (F.lli Marx sala Chico)
Eva – Drammatico. Regia di Benoît Jacquot, con Isabelle Huppert e Gaspard Ulliel. Bertrand è un giovane e promettente scrittore, ma il suo successo nasconde un terribile segreto. Quando incontra Eva, prostituta d’alto bordo con un passato altrettanto misterioso, decide di sedurla a ogni costo e usare la sua storia come ispirazione letterari, anche mettendo a rischio il fidanzamento con l’ingenua Caroline. Ma Eva non si lascia manipolare facilmente e trasvina presto Bertrand in una spirale di menzogne, violenza e tradimento. Durata 102 minuti. (Nazionale sala 1)
una città denominata Megasaki ha ordinato di rinchiudere in un isola deserta e adibita a discarica ogni cane esistente, causa un mistorioso virus che li colpirebbe tutti. Il motivo vero è poter fare affari alla faccia dei simpatici amici dell’uomo. Dovranno intervenire un bambino e la giovane giornalista in erba Tracy a svelare le reali mire del primo cittadino e di tutto quanto il governo. Orso d’argento a Berlino per la miglior regia. Durata 101 minuti. (Massaua, Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, The Space, Uci)
Rampage – Furia animale – Fantasy. Regia di Brad Peyton, con Dwaune Johnson e Naomie Harris. Il primatologo Davis Okoye ha instaurato un forte rapporto con un intelligente gorilla albino di nome George che, per un esperimento genetico, si tramuta in un pericoloso e feroce animale, impossibile a governare. Con lui hanno subito la stessa mutazione un lupo e un coccodrillo, seminando vittime e distruzione in tutto il nord America: spetterà a Davis e a un ingegnere genetico trovare un antidoto. Durata 107 minuti. (The Space, Uci)
preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Blu)
Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Greenwich sala 3)