CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 733

Trame Emergenti e Colpi di Scena

La compagnia teatrale Quinta Tinta presenta TECS – Trame Emergenti e Colpi di Scena, due rassegne in una dedicate al teatro emergente e all’improvvisazione teatrale amatoriale. A partire dal 28 aprile e fino al 20 maggio, ogni venerdì e sabato sera alle ore 21 ci saranno spettacoli con biglietto unico al costo popolare di 5 euro. In particolare, la serata del venerdì sarà dedicata al teatro emergente di prosa, mentre il sabato sarà il turno dell’improvvisazione teatrale con uno spettacolo di una compagnia amatoriale ospite e un altro con gli attori di Quinta Tinta.

IL PROGRAMMA DEL PRIMO WEEK-END:

Venerdì 28 aprile
MALAGENTE – Compagnia Via le Sedie, PROSA

di e con la compagnia Via le Sedie

regia di Francesco Varano

coreografie di Chiara D’Ingeo

actor coach Anna Radici

In Malagente vengono rappresentati quattro quadri di “tipi umani”, caratteri della quotidianità che disturbano, che ci circondano nella vita di tutti i giorni. Sono gli altri ad essere così o anch’io ne faccio parte?

Sabato 29 aprile

DALTROCANTO – Compagnia Quinta Tinta, IMPROVVISAZIONE
Il Cantastorie è stato nel tempo una delle figure più vivaci della tradizione popolare. Aveva un compito poetico, era il propagatore della cultura orale, era una delle poche fonti che il popolo aveva per sapere ciò che accadeva altrove. Si esibiva ovunque e lanciava al pubblico, nobile, borghese, proletario che fosse, il suo canto e le sue storie. Daltrocanto è il cantastorie istantaneo di Quinta Tinta. Daltrocanto nasce, cresce e muore davanti agli occhi del pubblico. Daltrocanto è una storia cantata, raccontata, improvvisata.

AMNESIA – Compagnia Sumadai, IMPROVVISAZIONE
di e con Matteo Barbero, Nancy Citro, Chiara Dacomo, Erica Gattino, Roberto Tavella, Alessandro Monti, Ivano Zanchetta
Alcune persone si risvegliano in un luogo sconosciuto senza ricordare come ci sono arrivate. La loro memoria è ferma a un momento ben preciso, il resto è offuscato. Sarà il pubblico ad aiutarli a ricostruire la propria storia, attraverso suggerimenti che li porteranno fino al momento di quel black out inspiegabile.

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Info e prenotazioni: 3383588315 – teatro@cecchipoint.it

Teatro: Salone delle Arti, Hub multiculturale Cecchi Point – Via Antonio Cecchi, 17/21, Torino
Orario dello spettacolo: ore 21

Costo del biglietto: 5€ biglietto unico

Antonio Gramsci: Torino lo ricorda a 80 anni dalla scomparsa

Ottant’anni fa moriva Antonio Gramsci e Torino, sua città d’adozione, lo ricorda il 27 aprile, giorno della morte , con una no-stop al Polo del ‘900. Si inizia con un dibattito su “Gramsci e la crisi della politica”,  un aperitivo sardo e uno spettacolo teatrale. “Tutto tranne Gramsci”, ispirato a “Le donne di casa Gramsci” di Mimma Paulesi Quercioli, regia di Susanna Mameli, è invece un omaggio alla madre di Gramsci. Infine, il concorso per giovani artisti under 35 che saranno premiati a dicembre assieme ai vincitori del Premio Giuseppe Sormani. Mentre il 10 ottobre il Polo del ‘900 ospiterà la mostra “Antonio Gramsci e la Grande Guerra”.

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Antonio Gramsci e  la Torino dei primi del ‘900

di Marco Travaglini

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Nell’autunno del 1911, il Collegio Carlo Alberto di Torino bandì un concorso, riservato a tutti gli studenti poveri licenziati dai Licei del Regno, offrendo 39 borse di studio, ciascuna equivalente a 70 lire al mese per 10 mesi, per poter frequentare l’Università di Torino: Antonio Gramsci fu uno dei due studenti di Cagliari ammessi a sostenere gli esami a Torino. “Partii per Torino come se fossi in stato di sonnambulismo. Avevo 55 lire in tasca; avevo speso 45 lire per il viaggio in terza classe delle 100 avute da casa”. Il 27 ottobre dello stesso anno concluse gli esami, classificandosi nono e si iscrisse alla Facoltà di Lettere. Vivere a Torino era un’impresa: le 70 lire al mese non bastavano nemmeno per le spese di prima necessità: oltre alle tasse universitarie, dovette pagare 25 lire al mese per l’affitto della stanza al n.57 di Lungo Dora Firenze , a Porta Palazzo, oltre alle spese  di prima necessità , a partire dai pasti  ( “non meno di due lire alla più modesta trattoria”)  e da legna e carbone per il riscaldamento. Non aveva neppure un cappotto, al punto di scrivere nelle sue lettere  come  “la preoccupazione del freddo” non gli permetteva di studiare perché “ o passeggio nella camera per scaldarmi i piedi oppure devo stare imbacuccato perché non riesco a sostenere la prima gelata”. Eppure Antonio Gramsci, tenace e risoluto sardo nato ad Ales  il 22 gennaio 1891  (a quel tempo provincia di Cagliari, ora di Oristano) diventò uno dei più grandi e originali pensatori del ‘900,  studiando a Torino, svolgendo una fitta attività giornalistica, diventando un dirigente del movimento operaio e socialista.

La ricchissima biografia dell’autore dei “Quaderni del carcere”, una delle pietre miliari della letteratura e della teoria politica del  “secolo breve” è nota. Contribuì alla fondazione del Partito comunista d’Italia (Livorno 1921) – diventandone nel 1926 segretario generale –  e de “l’Unità”, nel 1924. Deputato dal 1924, venne arrestato nel 1926 nonostante l’immunità parlamentare, processato dal regime fascista nel 1928 e imprigionato nel carcere di Turi (Bari) fino al 1933, quando, gravemente malato, viene trasferito presso una clinica di Formia e poi alla clinica Quisisana di Roma dove morì ottant’anni fa, il 27 aprile 1937. Il legame tra Gramsci e Torino risulta evidente e  fortissimo per tante ragioni. E i luoghi dove visse e operò nella città “dei quattro fiumi” fanno parte della “geografia” gramsciana, a partire dall’edificio al n.15 di Piazza Carlo Emanuele II , nota ai torinesi come “Piazza Carlina”. In questo stabile  nel cuore di Torino, oggi diventato il  lussuoso Hotel Carlina,  è ospitata “Casa Gramsci”, uno spazio di due vetrine, tra via Maria Vittoria e via San Massimo, aperto al pubblico nel luogo in cui  Gramsci  visse dal 1913 al 1922. C’è anche, da non dimenticare, il palazzo al n.7 di via dell’Arcivescovado. Quasi all’angolo con via XX Settembre, su uno dei muri dell’edificio che ospitò anche la casa editrice Einaudi, il 27 aprile del 1949 venne posata una lapide firmata  “Torino memore “ dove si rammenta che lì “la forte volontà/ e la mente luminosa/ di Antonio Gramsci/ stretti attorno a lui/ gli operai torinesi/ contro la barbarie/ fascista prorompente/ “L’Ordine Nuovo”/ stendardo di libertà/ qui nella bufera/levarono e tennero fermo”. In quel palazzo ebbe sede la redazione del giornale di Gramsci e degli altri futuri fondatori del Pcd’i, come prima l’aveva avuta l’edizione piemontese de “L’Avanti!” . Nei “due grandi camerini” di  via dell’Arcivescovado ( “in cui lavoravano tutti i redattori e i cronisti”, come ricordava uno di loro, Palmiro Togliatti ) nacque, visse e morì “L’Ordine Nuovo” di Gramsci. Un “luogo della memoria” dove si può immaginare il lavoro di quell’insieme di uomini e di cultura, il fervore delle idee, delle passioni e dei progetti che si addensarono in quegli spazi. E’ probabile che lì Gramsci  scrisse perLa città futura, numero unico pubblicato nel febbraio del 1917 a cura della Federazione giovanile piemontese del Partito Socialista, il suo “grido” contro l’indifferenza. Scrisse, tra l’altro: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti..L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza…Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti…Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. Un testo lucido, aspro che  – dopo cent’anni esatti-  fa ancora riflettere.

 

“Preso per il naso. Pinocchio e i Carabinieri”

Di Pier Franco Quaglieni

Rimarrà aperta fino al 13 maggio (orari di apertura:dal lunedì al sabato: 9,30 – 12/ 14 – 18; domenica: 9,30 – 12) presso la Scuola Allievi Carabinieri di Torino  nella storica caserma Cernaia(ingresso da via Valfrè 5) la mostra “Preso per il naso .Pinocchio e i Carabinieri” ,curata da Antonio Attini e Franco Balducci con la partecipazione della pittrice Teresita Terreno. Si tratta di opere pittoriche e grafiche, ma anche di  un’esposizione di cimeli e oggetti che faranno rivivere magicamente la stagione di quella che Asor Rosa definì l’”Italia bambina”. 

“Le avventure di Pinocchio “ di Carlo Collodi  appartengono, insieme al “Cuore” di De Amicis,  a quella letteratura per l’infanzia che contribuì ad educare più generazioni di italiani dopo l’Unità d’Italia.La grande opera di Alessandro Manzoni ,”I promessi sposi” era praticamente priva della presenza di bambini: lo scrittore lombardo pensava che la lettura fosse per i soli adulti. La storia dei Carabinieri, che affonda le sue radici nel Regno di Sardegna dopo la fine della dominazione napoleonica,è caratterizzata dalla partecipazione dei Carabinieri reali    al Risorgimento e al consolidamento dello Stato unitario. Il tricorno del carabiniere era il punto di riferimento del nuovo Stato più vicino ai cittadini. E Collodi inserisce naturalmente i Carabinieri nella  fiaba  di Pinocchio. Egli che  fu volontario  a Curtatone e Montanara nel 1848 e partecipò come ufficiale di cavalleria  anche alla II Guerra di indipendenza nel 1859,aveva altissimo il culto del Risorgimento e dello Stato unitario. Sentiva, con d’Azeglio, la necessità di “fare gli Italiani” anche se il suo apporto come scrittore seguirà una linea tutta sua. Il libro di Collodi è un libro per bambini,ma è anche un libro per gli adulti . E’ ambientato nella campagna toscana del paese di Collodi  dal quale  Carlo Lorenzini trae il suo pseudonimo,ma il suo valore è universale e può valere anche per i bambini di oggi . “Cuore”suscita pianto e commozione  e per questo è stato iniquamente deriso da Umberto Eco.“Pinocchio”è altra cosa: Collodi sembra stare sempre dalla parte del burattino-monello,sembra voler solo divertire i suoi lettori con storie fantastiche,limitandosi al piacere del racconto. Ma le parole del Grillo parlante e della Fata dai capelli turchini  sono di ammonimento a Pinocchio che, dopo mille avventure negative, diventa un bravo ragazzo in carne ed ossa.  Pinocchio non è cattivo,è superficiale,credulone,senza carattere.Oggi “Pinocchio” non è più letto. Io, invece, ricordo con una qualche nostalgia  la mia mamma quando mi leggeva “Pinocchio” e il “Cuore” e poi mi regalò due splendide edizioni di quei libri insieme al “Piccolo alpino” di Salvator Gotta, scrittore totalmente dimenticato.

Mio padre mi portò, bambino, a Vernante a conoscere Attilio Mussino, il più celebre illustratore del libro di Collodi che Ernesto Caballo definì lo “zio di Pinocchio”. Erano i primi anni Cinquanta e mi immersi nelle tavole di Mussino che era un uomo che aveva molto sofferto(gli era morto un figlio in guerra ),ma che aveva mantenuto intatto il suo estro fantasioso  che l’aveva portato ad illustrare in modo diverso dagli altri “Pinocchio”: un mondo pieno di persone ben pasciute , un mondo che  viveva il primissimo benessere dell’Italietta giolittiana ,mentre l’Italia contadina  di Collodi soffriva  la fame ed una delle massime preoccupazioni di Pinocchio e di Geppetto era proprio la pancia vuota. Oggi i bambini, per farli stare calmi, vengono messi davanti ad un pc o un tablet dove smanettano fin dalla più tenera età .Diventeranno dei maghi informatici, ma forse il messaggio di quei libri ottocenteschi rimarrà del tutto sconosciuto ai più. E non è un messaggio obsoleto.I genitori non hanno più tempo neppure di parlare con i figli, figurarsi leggere  loro un libro. E’ cambiato tutto ,ma forse non sempre in meglio. Pinocchio si imbatte due volte nei Carabinieri: una volta, quando viene letteralmente preso per il naso da uno di loro perché era scappato di casa  ed accusa Geppetto di  violenza  nei suoi confronti, facendolo arrestare. Una seconda volta viene arrestato lui stesso per una lite  tra compagni di scuola: il libro del burattino colpisce un alunno, tutti scappano e Pinocchio viene considerato colpevole, ma riesce a sottrarsi ai carabinieri. Al di là dei due incontri ,Collodi vuole mettere in risalto che i Carabinieri rappresentano la Legge, lo Stato, la sicurezza. La storia dei Carabinieri lo dimostrerà in ogni circostanza. Il libro di Collodi non è un libro moralistico, ma contiene tante lezioni di vita. Il valore della scuola e dell’istruzione che deve formare i nuovi italiani, è incompatibile con il ”Paese dei balocchi”. La lealtà e la sincerità sono  valori importantissimi e le bugie non solo hanno le gambe corte -come mi ricordava spesso mio padre, citando proprio Collodi- ma fanno anche allungare il naso, come accade a Pinocchio. Questa parte è saltata, bisognerebbe aggiungerla : La nuova Italia doveva poter contare su cittadini laboriosi, pronti a sacrificarsi, in una parola,come è stato detto, aveva bisogno di buoni italiani. E’ un discorso laico, laicissimo in cui la Chiesa cattolica, fiera avversaria del Risorgimento, non aveva ruoli educativo, anche se il clero controllava una parte ingente di istituzioni scolastiche. La mostra dovrebbe essere visitata  soprattutto da chi ,magari, non riterrà di farlo. In particolare dovrebbero visitarla i genitori che si schierano sempre dalla parte dei loro figli e concedono loro anche ciò che non dovrebbero  ed a volte non possono concedere. Geppetto, nella sua infinita bontà e comprensione, è il modello sbagliato di padre:è la Fata  dai capelli turchini a  sostituire le funzioni della mamma che non c’è. Senza voler stiracchiare la favola di Collodi e renderla attuale ad ogni costo, molti genitori ,in primis, troverebbero motivi di riflessione e di insegnamento dalla sua lettura o rilettura. E molti bambini, se lasciassero il tablet e i videogiochi per quel libro forse si divertirebbero, scoprendo un mondo incantato che viene loro tenuto nascosto o sfigurato attraverso filmati che nulla hanno della grazia di Collodi. E forse imparerebbero ,divertendosi, che  la vita comporta studio e fatica. Lo affermo’ anche Gramsci, anche se molti gramsciani lo hanno dimenticato. I Carabinieri  eroicamente immolatisi sul Podgora nel 1915 e  quelli caduti nella battaglia di Culqualbert nel 1941 avevano letto sia “Pinocchio” sia il “Cuore”.Quei libri avevano loro insegnato ad “Obbedir tacendo e tacendo morir”. Ecco un altro legame tra Collodi e i Carabinieri.

 

 

Sui rami, nidi del soave suono

Le poesie di Alessia Savoini
In penombra
Al crepuscolo
Contro luce
Nervature sfiorite
Si diramano allontanandosi dalla radice
Lentamente
Senza far rumore
Al ciglio della strada
Nidi del soave suono
Che affollano in primavera
Quelle nervature ora fiorite
Contro luce
In penombra
Al crepuscolo.

Il Superfestival unisce l’Italia della cultura

67 festival da 18 Regioni per la kermesse al Salone del Libro

 

 

Sono 67, in rappresentanza di diciotto regioni, i festival culturali italiani che hanno risposto all’appello lanciato dal Salone Internazionale del Libro col progetto Superfestival nell’intento di riunire per la prima volta a Torino dal 18 al 22 maggio 2017, in occasione della sua trentesima edizione, il meglio delle manifestazioni che «producono cultura» in tutta la Penisola. Un vero e proprio «festival dei festival», un grande momento di partecipazione e condivisione: un’unica «casa comune» per dar vita a un’occasione di confronto fra addetti ai lavori – organizzatori, direttori artistici, sponsor, istituzioni, operatori culturali – ma al contempo aperta al pubblico generalista grazie a un palinsesto di appuntamenti ad hoc all’interno del programma complessivo del Salone Internazionale del Libro.

 

Nato da un’idea di Gianmario Pilo e Marco Cassini e coordinato dal festival della lettura di Ivrea La grande invasione, Superfestival propone una formula originale per la quale ciascun festival partner porterà in dote un incontro con un ospite di rilievo internazionale in base alle proprie peculiarità. Dai Dialoghi sull’uomo (Pistoia) a Pordenonelegge (Pordenone), daCaffeina (Viterbo) al Festival dell’Economia (Trento), dal Festival della Mente (Sarzana) aUn’altra Galassia (Napoli), passando per I Boreali e La Milanesiana (Milano), Women’s Fiction Festival (Matera) e Marina Cafè Noir (Cagliari), si darà vita a un itinerario geografico, lungo le provincie italiane, e culturale in cui trovano spazio ed espressione molteplici discipline, quali economia, letteratura, scienza, comunicazione, poesia, viaggio, cibo, illustrazione, storia e filosofia.

 

Lo spazio occupato dal Superfestival all’interno del Salone nel Padiglione 2 del Lingotto sarà caratterizzato da un’ampia e accogliente area lounge aperta a tutti, con una sala incontridedicata agli appuntamenti della specifica programmazione e una sala business privata. Un luogo pensato per favorire incontri e panel tematici per figure professionali come direttori artistici dei festival, editori, autori, critici, musicisti, giornalisti, sponsor. Inoltre, il Salone offrirà a tutti i propri editori ed espositori la possibilità di relazionarsi con i referenti dei Festival coinvolti.

 

Il programma del Superfestival prevede una serie di panel in cui gli organizzatori dei diversi festival avranno l’opportunità di confrontarsi e scambiare esperienze su temi quali la sostenibilità economica, l’impatto sul territorio, le ricadute turistiche,  nonché attraverso focus tematici sulle varie professionalità e funzioni della «filiera»: autori, organizzatori, sponsor, volontari, scuole ecc. Un vero e proprio gemellaggio in grado di mettere a sistema esperienze, creatività e idee, stimolando l’interesse e il coinvolgimento degli organizzatori anche di manifestazioni più piccole, ma che, pur non inserendo propri eventi in calendario, saranno comunque ospiti delSuperfestival con la possibilità di utilizzare la sala dello spazio incontri per presentarsi e raccontarsi sia a un uditorio professionale sia al più ampio pubblico del Salone.

 

Inoltre, grazie alla collaborazione con Italiafestival e Efa -European Festival Association, qui saranno anche  presentati i festival italiani vincitori dell’Effe label, il marchio di qualità per i festival culturali europei che saranno annunciati a Wiesbaden in Germania nel mese di maggio.

 

Per il Superfestival è stato infine creato un apposito sito web consultabile all’indirizzo www.superfestival.it.

(foto: il Torinese)

Beppe Fenoglio raccontato dalla sorella Marisa

Fenoglio e il 25 aprile. Non ci potrebbe essere connubio più riuscito, considerando che Beppe Fenoglio, oltre a essere stato partigiano, fu, quale scrittore di Langa, l’autore dei più importanti e bei romanzi sulla Resistenza che il Novecento ci abbia dato, quali “Il Partigiano Johnny” e “Una questione privata”. Per questo il teatro Astra dedicherà la serata del 25 aprile alle 21, con il recital intitolato “Uno scrittore in famiglia” di Marisa Fenoglio, la sorella dell’autore, con cui si terrà un incontro al termine dello spettacolo. Voce narrante Elena Zegna, al pianoforte Giovanni Scotta.

Negli anni Trenta, quando vi erano ancora poche automobili ospiti delle vie cittadine albesi,  piazza Rossetti, adagiata lungo il fianco destro della cattedrale, appariva durante il giorno deserta e pigra. Uno dei negozietti che si affacciavano sulla piazza, una macelleria, apparteneva al padre di Fenoglio. E qui, al numero uno della piazza, si è svolta grande parte della vicenda umana dello scrittore, proveniente da una famiglia impreparata di fronte al suo talento letterario, con un rapporto intenso ma difficile con la madre, il passaggio da figlio di una piazza a grande esponente letterario. L’intimità familiare verrà narrata dalla sorella dello scrittore, la sola testimone rimasta. Si tratta di un percorso tematico e cronologico ricco di emozioni, in cui si intrecciano e alternano i motivi maggiormente amati da Fenoglio, intensamente legati all’atmosfera dell’epoca.

Mara Martellotta

Teatro Astra, 25 aprile 2017, ore 21, Uno scrittore in famiglia

Movie Tellers, Narrazioni cinematografiche

E’ una rassegna diffusa sull’intero territorio regionale che dal 4 al 31 maggio, in 13 diverse città e sale, propone 12 film realizzati in Piemonte in un cartellone di 28 giornate complessive di proiezioni.

L’iniziativa è la prima “prova sul campo” del progetto Piemonte Cinema Network – promosso da Regione Piemonte, Film Commission Torino Piemonte, Fip Film Investimenti Piemonte, Museo Nazionale del Cinema, Torino Film Festival e curato dall’Associazione Piemonte Movie – che punta alla promozione e diffusione della settima arte legata alla nostra regione, attraverso una rete che unisce cinema, associazioni culturali e diverse realtà pubbliche e private. Un progetto che punta al consolidamento di un circuito di Presìdi cinematografici locali dove promuovere film, eventi e festival di risonanza regionale e nazionale, ricevendo in cambio dalle comunità locali stimoli e proposte che possano rafforzare il sistema cinema piemontese.

 

“Con questo progetto abbiamo voluto rispondere ad alcune necessità emerse dagli operatori del settore cinematografico, dandoci due obiettivi: da una parte promuovere le pellicole prodotte sul nostro territorio e che, per questioni legate alla distribuzione, non sono valorizzate a sufficienza, dall’altra riattivare i presìdi cinematografici diffusi sul territorio, stimolando la creazione di un circuito sempre più forte e autonomo. Per questo Movie Tellers rappresenta per noi un’iniziativa importante, che dimostra ancora una volta la grande capacità di fare rete del sistema legato al cinema”, dichiara Antonella Parigi, Assessore alla Cultura e Turismo della Regione Piemonte.

Paolo Damilano, Presidente di Film Commission Torino Piemonte e del Museo Nazionale del Cinema dichiara: “Siamo orgogliosi di aver collaborato alla nascita di Movie Tellers, ulteriore conferma della nostra mission, condivisa con la Regione Piemonte, che prevede un coinvolgimento sempre più capillare dell’intero territorio piemontese, sia nella fase di produzione delle opere cinematografiche che nella fase di circuitazione e diffusione delle stesse”.

Paolo Tenna, AD di FIP Film Investimenti Piemonte dichiara: “Mi fa molto piacere che due lungometraggi su cui FIP ha lavorato in questi anni, realizzati in Piemonte grazie anche all’intervento di investitori privati mediante l’utilizzo del tax credit, possano oggi continuare il loro percorso distributivo. Sono inoltre convinto che Movie Tellers possa rappresentare un’ottima occasione per avvicinare imprenditori locali al mondo del cinema e alle relative opportunità di business.”

 

Attraverso un’offerta culturale ampia, diversificata e di qualità MOVIE TELLERS porta nelle sale cinematografiche film ‘a km zero’, con gli autori e i protagonisti che li accompagnano e li presentano, per avere più pubblico per i film e più spettatori nei cinema.

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www.piemontemovie.com

“Le voci del silenzio”, la Spoon River sulle sponde della Dora Baltea

Spoon River, la cittadina dell’Illinois nei pressi di Springfield con il suo piccolo cimitero sulla collina dove “tutti dormono, dormono”, resa immortale da Edgar Lee Masters, ha una consorella sulle sponde canavesane della Dora Baltea. Basta leggere “Le voci del silenzio” (Impremix, Torino) il bel libro di Barbara Castellaro, per rendersene conto. E’ lì che, tra i viali della memoria, si riallacciano le storie e le vite di persone straordinariamente normali per i più e del tutto speciali per la giovane scrittrice nata a Ivrea. Se c’è, scorrendo le pagine del libro, il bisogno di strappare dall’oblio i profili di alcuni protagonisti c’è anche, tanto prepotente quanto garbato, il desiderio di risarcire alcuni di loro che – in vita – non hanno avuto fortuna e – in alcuni casi – nemmeno la considerazione degli altri. O almeno non quanta, forse, ne avrebbero meritato. In quattordici capitoli si snoda una sorta di “lessico familiare”, dalla triste storia di Antonio – il nonno materno dell’autrice – all’orgogliosa e libera personalità di Lia, dal povero caldarrostaio Quasimodo allo zio Pierone e alla “nonna” Sila che costruiva zoccoli intagliandoli nel legno. E’ davvero una “Spoon River” molto personale ma forse proprio per questo non solo “sua” perché, come scrive nell’introduzione lo storico Gianni Oliva, si tratta del “recupero delle memorie passate che compongono una realtà emotiva presente”. Barbara Castellaro, pagina dopo pagina, mette a nudo le proprie insicurezze, i suoi punti di forza, il personale percorso formativo, i traguardi raggiunti al prezzo di piccole e grandi lotte: tutto ciò “passeggiando” tra i ricordi delle persone più care. Anche la storia, quella con la “esse” maiuscola, s’intreccia con quella dei protagonisti quando uno di loro perde la vita nella strage della stazione di Bologna, il 2 agosto del 1980. Le rievocazioni delle vite dei personaggi del libro offrono così al lettore l’occasione per intraprendere anch’esso una “passeggiata interiore” lungo i propri viali della memoria. In fondo, quelle narrate con grande sincerità  ne “Le voci del silenzio” potrebbero essere le storie di ognuno di noi. La morte viene affrontata e smitizzata, rendendola una cosa naturale, del tutto normale e in questo va dato merito all’autrice (con un suo personalissimo stile linguistico degno d’attenzione) di essersene cimentata con un certo coraggio. Un’ultima annotazione: dal tema trattato si potrebbe pensare ad un libro triste. Niente di più sbagliato: è un libro che, pur senza nascondere una vena di malinconia, è – per così dire – pieno di vita. E leggerlo può rivelarsi un vero piacere.

Marco Travaglini

Syntax Reflux

Ancora una prima europea alla “Privateview Gallery”, magistralmente diretta (in via Goito 16, a Torino) da Silvia Borella e Mauro Piredda. Dopo l’ospitata, nel gennaio scorso, del “Solo Show” di Ted Larsen – fra i massimi esponenti del moderno Minimalismo americano – la Galleria di San Salvario dedica oggi, e fino al 13 maggio, una personale davvero suggestiva (per qualità non meno che per intrigante forza attrattiva) ad Eric Shaw. Anche lui americano del Connecticut, ma operante a Brooklyn (NY), classe ’83, Shaw è infatti –come Larsen- alla sua prima esposizione europea, con una mostra, curata da Domenico De Chirico, dal criptico titolo di “SyntaxReflux”. “Criptico”, ma neanche troppo, se si pensa che nei quadri presentati in mostra -quasi tutti di grandi dimensioni- Eric intende trasmettere, attraverso un forte senso delle forme, “forme nelle forme”, abilmente giocate in solide, rigorose quasi scientifiche geometrie, una singolare ricerca stilistica che è per lui nuova sintassi-Sintax e “lingua specifica”, la sua e “solo” sua, fatta dal ripetersi maniacale di gesti carambolati sulla tela, in virtù di tecniche e processi assolutamente singolari legati alle magie della multimedialità e attingendo da realtà esterne-Reflux, di comune quotidianità: cose, oggetti, persone, architetture urbane, segnaletica stradale o pubblicitaria, immagini che si fanno concetti mentali, ma anche emozioni istinto empatia o sgarbi per l’occhio e per l’anima su cui val la pena fissare racconti di potente impatto cromatico. E c’è anche Torino (e perfino frammenti di Langa) nelle opere del giovane Shaw. La città va cercata – raccontano in Galleria- con occhio attento, ma c’è. E dalla tela ne emergono atmosfere e particolari (i ponti, lo scorrere del fiume) inaspettatamente decodificabili. Le opere, una decina in tutto, sono state infatti realizzate “site-specific” per la Galleria di San Salvario, durante un recente soggiorno dell’artista sotto la Mole. Soggiorno che certamente è servito a regalargli spunti tematici particolarmente utili e nuovi nel solco di quell’ “Hard edge painting” (“pittura a contrasti netti”) che fonda le sue radici negli Anni ’60 in forte reazione al dilagare dell’espressionismo astratto e dell’action painting e che Shaw ha fatto sua seguendo percorsi al passo coi tempi privilegiando l’assoluta “visività” alla mera “espressività”, attraverso un astrattismo “prodotto di un articolato procedimento pittorico che avanza su susseguenti gradi di stratificazione di forme e colori”. Punto di partenza è uno schizzo, realizzato con i tools di editing dello smartphone, che Shaw riporta sulla tela dipingendo a mano con l’uso di pittura vinilica e acrilica. Quotidianamente poi fotografa il lavoro svolto e ridisegna sull’immagine digitale acquisita, riportando quindi sulla tela le sagome inserite e, ripetendo più volte quest’operazione (che alterna passaggi di tecnica analogica con quella digitale), così da creare un’ingegnosa, impattante stratificazione di figure.“Il risultato è un intricato sistema di codici rappresentati da forme che, sebbene piatte e bidimensionali, rendono un sorprendente effetto di profondità, amplificato ulteriormente dal contrasto delle sagome sovrapposte e dei colori complementari”. Il tutto in certosini giochi astratti di elementare essenzialità o di più complessa strutturazione, come nella laboriosa e fitta all’inverosimile “Cornucopia” o in quell’“Ebb and Flow” (Flusso e Riflusso), omaggio forse all’omonimo brano dei Pink Floyd, dove il “fiume che corre senza fine” (“The Endless River”) è quello della musica, di una vita in note che continua oltre le leggi della vita. E, per Eric Shaw, della voglia incontenibile di fare arte. Comunque ovunque sempre. Le sue prossime personali sono già programmate a Sao Paulo in Brasile e a Tel Aviv, “capitali in grande fermento artistico– sottolinea Silvia Borella – nuovi riferimenti dell’arte contemporanea e del panorama culturale su scala mondiale”.

Gianni Milani

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“SintaxReflux”

“Privateview Gallery”, via Goito 16, Torino; tel. 011/6686878 – www.privateviewgallery.com

Fino al 13 maggio

Orari: mart. – sab. 15/19; al mattino su appuntamento


Nelle immagini:

I) Eric Shaw in studio

II)”Cornucopia”, acrilico su tela, 2017

III) “Ebb and Flow”, acrilico su tela, 2017
IV) Interno Galleria

Oggi al Cinema

LE TRAME DEI FILM

NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

L’accabadora – Drammatico. Regia di Enrico Pau, con Donatella Finocchiaro, Sara Serraiocco e Carolina Crescentini. Annetta arriva a Cagliari nei primi anni della guerra alla ricerca della nipote Tecla. È una donna solitaria e misteriosa come chi nasconde un segreto. Infatti al paese natale viveva isolata perché era “l’accabadora”, ovvero colei che dà la “buona morte” ai malati in agonia. Ma il rapporto con Tecla cambierà la sua vita, aprendola alla modernità, all’amicizia e all’amore. Durata 97 minuti. (Nazionale sala 2)

 

L’altro volto della speranza – Commedia drammatica. Regia di Aki Kaurismaki, con Sherwan Haji. Khaled ha perso la propria famiglia nella violenza di Aleppo. Fugge e arriva a Helsinki nascosto nella stiva di un cargo, ma al rifiuto delle autorità di prendersi cura di lui preferisce la clandestinità. Mentre si mette alla ricerca della sorella salvatasi da quegli eccidi, trova rifugio nel ristorante di uno sperduto paese, di cui un commesso viaggiatore è appena venuto in possesso. Orso d’argento al FilmFest di Berlino. Durata 91 minuti. (Eliseo blu, F.lli Marx sala Chico, Nazionale sala 1)

 

Baby Boss – Animazione. Regia di Tom McGrath. Rivisto e rimpolpato per lo schermo da un breve racconto di Maria Fraaze, è la storia di un neonato e dello scombussolamento che procura in una coppia; ma è anche il racconto del rapporto che si instaura tra il bebè e il fratellino maggiore, prima di invidia e piccola cattiveria quotidiana, poi di immancabile affetto e solidarietà quando ci si trova a dover combattere il cattivo di turno. Durata 98 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

 

La Bella e la Bestia – Fantasy. Regia di Bill Condon, con Emma Watson, Emma Thomson, Kevin Kline, Stanley Tucci e Dan Stevens. Bella finisce prigioniera nel castello governato da un giovane principe tramutato in bestia come punizione del suo cuore senza sentimenti e per il suo egoismo. Fa amicizia con i servitori anch’essi divenuti un candelabro, un pendolo, una teiera, un clavicembalo, uno spolverino. Insieme a loro, saprà guardare al di là dell’aspetto orribile del principe che a sua volta svelerà un animo gentile. Durata 129 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

Boston – Caccia all’uomo – Azione. Regia di Peter Bergs, con Mark Wahlberg e Kevin Bacon. La ricostruzione, tra immagini di repertorio e ricostruzioni perfette, dell’attentato che sconvolse la città di Boston il 15 aprile 2013, durante la 117ma Maratona, ad opera di due fratelli kirghizi e che fece tre vittime e più di duecento feriti. Durata 133 minuti. (Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Le cose che verranno – Commedia drammatica. Regia di Mia Hansen Love, con Isabelle Huppert e André Marcon. Una insegnante di filosofia di un liceo parigino, di quelle che più che affidarsi ai sacri testi “insegnano ai giovani a pensare con le proprie teste”, due figli, al giro di boa dei sessanta, si ritrova a fare i conti con un marito che ha deciso di abbandonarla per una più giovane amante, l’età avanzata della madre con il bisogno continuo di attenzioni, un editore che non ha più bisogno di lei e dei suoi saggi. Con la vicinanza e la complicità intellettuale di un giovane ex studente, dovrà reinventarsi un percorso per il futuro. Durata 102 minuti. (Centrale anche in V.O., Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Harpo, Romano sala 2)

 

Il diritto di contare – Drammatico. Regia di Theodore Melfi, con Octavia Spencer, Janelle Monàe, Taraji P. Hanson e Kevin Kostner. Una storia vera, tre donne di colore nella Virginia degli anni Sessanta, orgogliose e determinate, pronte a tutto pur di mostrare e dimostrare le proprie competenze in un mondo dove soltanto gli uomini sembrano poter entrare e dare un’immagine vittoriosa di sé. Una valente matematica, un’altra che guida un gruppo di “colored computers”, la terza aspirante ingegnere, senza il loro definitivo apporto l’astronauta John Glenn non avrebbe potuto portare a termine la propria spedizione nello spazio e gli Stati Uniti non avrebbero visto realizzarsi il proprio primato nei confronti dei russi. Durata 127 minuti. (Ambrosio sala 1)

 

Elle – Drammatico. Regia di Paul Verhoeven, con Isabelle Huppert, Laurent Lafitte e Christian Berkel. Al centro della vicenda, tratta dal romanzo “Oh…” di Philippe Djian, è Michèle, interpretata da una Huppert che a detta di molti avrebbe ben avuto diritto a tenere per il ruolo un luccicante Oscar tra le mani. È una scalpitante imprenditrice di mezza età nel ramo videogiochi, obbligata a gestire una più che variopinta compagine familiare, a cominciare da un ex marito di poca fama nel campo letterario, da una madre che vede non di buon occhio l’età che avanza, da un figlio che non vive certo secondo le sue aspettative, di un amante che le è venuto a noia. Da un padre che in passato con un gesto sanguinoso ha cambiato la sua esistenza. Anche la sua vita ha un segreto, lo scopriamo fin dall’inizio: un uomo mascherato, una sera, si introduce nel suo appartamento e la violenta. Chi è quell’uomo? E perché la donna non va alla polizia per una denuncia, continuando la vita di sempre? Durata 140 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Fast&Furious 8 – Azione. Regia di F. Gary Grey, con Vin Diesel , Michelle Rodriguez, Helen Mirren e Charlize Theron. Arrivata all’ottavo episodio, lasagna sembra non voler assolutamente tirare i remi in barca. Il pubblico applaude e si va avanti. Panorami che si chiamano New York o L’Avana o la lontana e fredda Siberia, macchine di ogni tipo, velocità e corse a più non posso, l’immancabile cattivo che ha i tratti biondi e gentili della Theron. Durata 128 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Ucianche in V.O.)

 

Famiglia all’improvviso – Istruzioni non incluse – Commedia. Regia di Hugo Gélin, con Omar Sy e Clémence Poésy. Ancora un’avventura per l’interprete un po’ sballato e dal cuore d’oro di “Quasi amici”. Questa volta, in quattro e quattr’otto, abituato all’allegria dell’animatore turistico, si ritrova padre di una neonata, sua figlia, il frutto di una relazione improvvisa quanto frettolosa. Che sulle prime non vorrebbe, ma poi l’amore di un padre ha il sopravvento e con l’amore i piccoli gesti della vita di ogni giorno: fino a che mamma, dopo otto anni, non si ripresenta l’uscio a reclamare la creatura. Con la vecchia domanda: di chi sono i figli, di chi li alleva o di chi li mette al mondo? Con la modernissima massima secondo cui l’amore c’è dove c’è famiglia. Durata 118 minuti. (Massaua, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Ghost in the shell – Fantascienza. Regia di Rupert Sanders, con Scarlett Johansson, Juliette Binoche e Michael Pitt. Tratto dal manga di Masamune Shirow del 1989, è la storia del Maggiore Kusanagi – cyber-guerriera che non riesce che a ricordare pochi tratti del suo passato di umano – in lotta contro un terrorista in lotta con il mondo. Durata 120 minuti. (Uci)

 

Lasciami per sempre – Commedia. Regia di Simona Izzo, con Barbora Bobulova, Miriam Catania, Mariano Rigillo, Valentina Cervi e Max Gazzè. Una famiglia allargata, molto moderna, tre sorelle con i loro amori e loro separazioni, Viola e un figlio da festeggiare con una grande festa, il desiderio di raggruppare tutti, una ospitale villa all’Elba, arrivi e partenze, difetti e pregi, baccano e riflessioni, unioni civili e musica, affetti vecchi e nuovi, passioni sempre respinte, ex e attuali compagni, forse un po’ di autobiografia. Durata 92 minuti. Massara, Ideal, The Space, Uci)

 

Lasciati andare – Commedia. Regia di Francesco Amato, con Toni Servillo, Veronica Echequi e Carla Signoris. Costretto per problemi di salute a frequentare una palestra, lo psicanalista Elia. Qui incontra una petulante personal trainer e il di lei fidanzato piuttosto in debito con la legge, lasciata a casa la ex moglie che si è sempre presa cura di lui. Durata 102 minuti. Da saggiare Servillo, stranamente e inaspettatamente in veste divertente. (Ambrosio sala 2, Massara, Greenwich sala3, Reposi, The Space, Uci)

 

Libere, disobbedienti, innamorate – Commedia drammatica. Regia di Maysaloun Hamoud, con Sana Jammelieh, Shaden Kamboura e Mouna Hawa. Tre donne palestinesi, immigrate a Tel Aviv, Leila avvocato penalista single, Noor musulmana osservante, Salma per la sua omosessualità in contrasto con la famiglia cristiana. Tra idee, amori e vita sociale, tre esistenze che significano l’abbandono di una cultura per avvicinarsi ad un’altra, traducessi e sconfitte. Soltanto la solidarietà tutta femminile riuscirà a salvare le tre donne. Durata 96 minuti. (Massimo sala 2)

 

Mal di Pietre – Drammatico. Regia di Nicole Garcia, con Marion Cotillard e Louis Garrel. Tratto dal romanzo di Milena Agus, ambientato dalle terre di Sardegna alle pianure di lavanda della Provenza. Gabrielle è spinta dalla famiglia a sposare un operaio spagnolo, Juan, rifugiatosi in Francia a seguito della guerra civile, ma il matrimonio dopo il soggiorno della donna in una clinica per curare i calcoli renali da cui affetta naufraga: con la malattia ha incontrato un ufficiale reduce dall’Indocina e là ricoverato. Durata 116 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Manchester by the sea – Drammatico. Regia di Kenneth Lonergan, con Casey Affleck, Michelle Williams e Lucas Hedges. Film in corsa per gli Oscar, sei candidature (miglior film e regista, sceneggiatura originale e attore protagonista, attrice e attore non protagonista), un film condotto tra passato e presente, ambientato in una piccola del Massachusetts, un film che ruota attorno ad un uomo, tra ciò che ieri lo ha annientato e quello che oggi potrebbe farlo risorgere. La storia di Lee, uomo tuttofare in vari immobili alla periferia di Boston, scontroso e taciturno, rissoso, richiamato nel paese dove è nato alla morte del fratello con il compito di accudire all’adolescenza del nipote. Scritto e diretto da Lonergan, già sceneggiatore tra gli altri di “Gangs of New York”. Durata 135 minuti. (Lux sala 1)

 

Moglie e marito – Commedia. Regia di Simone Godano, con Kasia Smutniak e Pierfrancesco Favino. Sofia e Andrea, lei conduttrice tv lui neurochirurgo, sposati da dieci anni, un esperimento scientifico non proprio riuscito fa capitare lei nel corpo e nei panni di lui e viceversa. Due vite ormai interscambiabili, le abitudini che passano da uno all’altra, con i tic, le azioni quotidiane, le relazioni, gli affetti, le comprensioni, le ansie, le antipatie. Durata 100 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Il permesso – 48 ore fuori – Drammatico. Regia di Claudio Amendola, con Luca Argentero, Valentina Bellè, Giacomo Ferrara e Claudio Amendola. Un pezzo di vita fuori dal carcere da parte di quattro reclusi. C’è l’uomo che cercherà di sottrarre il figlio ai suoi stessi errori, la ragazza viziata di buona famiglia finita dentro per problemi di droga, il ragazzo di borgata dietro le sbarre per rapina e Donato, innocente, che ha qualche debito da regolare vendicando la donna che ha amato. L’autore firma la sceneggiatura con Giancarlo Di Cataldo e Roberto Iannone. Durata 92 minuti. (Uci)

 

Personal shopper – Drammatico. Regia di Olivier Assayas, con Kristen Stewart e Lars Eidinger. Maureen vive a Parigi e lavora come personal stopper, con il compito di scegliere gli abiti per una star esigente, a disposizione un budget da far girar la testa. Maureen comunica anche con gli spiriti, con la possibilità di poter “avvicinare” il gemello Lewis scomparso di recente e riappacificarsi con la sua perdita. Durata 105 minuti. (Eliseo Rosso, Romano sala 1)

 

Planetarium – Drammatico. Regia di Rebecca Zlotowski, con Natalie Portman e Lily-Rose Depp. Alla fine degli Trenta, le due sorelle Laura e Kate, sensitive, incontrano a Parigi un potente produttore cinematografico che le scritturerebbe per un film sui fantasmi. Ma Laura scoprirà ben presto che le intenzioni dell’uomo sono ben diverse. Durata 105 minuti. (Romano sala 3)

 

Power Rangers – Fantasy. Regia di Dean Israelite, con Naomi Scott, Becky G e Elizabeth Banks. Cinque studenti, tutti quanti con problemi di integrazione, diventano i Power Rangers, ovvero combattenti dotati di grandi poteri, dopo che hanno saputo chela loro città, Angel Grove, e il mondo intero sono sotto la minaccia di una forza aliena guidata dalla terribile strega Rita Repulsa. Durata 124 minuti. (Uci)

 

Il segreto – Drammatico. Regia di Jim Sheridan, con Rooney Mara, Eric Bana e Vanessa Redgrave. Tratto dal romanzo di Sebastian Berry, è il racconto della vita, tra passato e presente, di Rose, anziana ricoverata in una struttura psichiatrica e ragazza, nell’Irlanda degli anni Trenta e Quaranta colpiti dagli scontri tra protestanti e cattolici, fino allo scoppio della guerra, il suo amore per un aviatore inglese, l’odio del prete locale da sempre innamorato di lei. Durata 108 minuti. (Romano sala 3)

 

La vendetta di un uomo tranquillo – Thriller. regia di Raùl Arévalo, con Antonio de la Torre, Ruth Diaz e Luis Callejo. Nella capitale spagnola una rapina in una gioielleria finisce male, soltanto uno dei malviventi, Curro, è catturato. Dopo otto anni di carcere, l’uomo esce dal carcere per scoprire che la sua compagna ha intrapreso una relazione con José. Inevitabile per il passato e per il presente un regolamento di conti tra i due. Vincitore di quattro premi Goya, gli Oscar spagnoli. Durata 92 minuti. (Greenwich sala 1)

 

Victoria – Drammatico. Regia di Sebastian Schipper, con Laia Costa, Frederick Lau e Burak Yigit. Victoria, una ventenne spagnola che vive da qualche tempo a Berlino, incontro una sera fuori di un locale notturno Sono e i suoi amici. Sono berlinesi “veri”, così si definiscono e possono mostrarle la città che gli stranieri non conoscono. Victoria li segue divertita fino a quando qualcuno si fa vivo per esigere dal gruppo un credito: devono compiere una rapina all’alba in una banca. Cosa deciderà di fare la ragazza. Durata 93 minuti. (Classico)

 

Virgin Mountain – Commedia drammatica. Regia di Dabur Kari, con Gunnar Jonsson e Siguriòn Hjartansson. Fùsi è un quarantenne che deve ancora trovare il coraggio di entrare nel mondo degli adulti. Conduce una vita monotona, dominata dalla routine. Nel momento in cui una donna con la sua bambina di otto anni entrano inaspettatamente nella sua vita, Fùsi è costretto ad affrontare un grande cambiamento. Durata 94 minuti. (Classico)

 

Wilson – Commedia. Regia di Craig Johnson, con Woody Hallelson, Laura Der e Judy Greer. Un uomo solitario, di mezza età, nevrotico e misantropo, scopre un giorno di avere una figlia adolescente di cui non conosceva l’esistenza. Dovrà ricorrere all’aiuto della ex moglie Pippi per poter incontrare la ragazza per la prima volta. Durata 97 minuti. (Uci)