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CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 727

lo svago & il pensiero, rassegna a Collegno con Assemblea Teatro

tencoCon “L’ARIA TRISTE CHE TU AMAVI TANTO”,a 50 anni dalla sua scomparsa, Assemblea Teatro torna a rendere omaggio al grande autore Luigi Tenco. Dove? All’Auditorium “Giovanni Arpino”di Collegno, alle 21 di sabato 19 novembre, in uno spazio teatrale che da quattro anni si è aperto alla comunità, offrendo spettacoli. I titoli di questa quarta stagione de “LO SVAGO & IL PENSIERO” raccontano di giovani, donne, lavoro, felicità e fatica, di attualità ed emigrazione, di storia. In più, quest’anno, quattro spettacoli affronteranno il tema della “follia”: PAZZE ALL’OPERA, SUL MARE, ANGELINA, FABBRICHE DI FOLLIA. Nel 2017, infatti, saranno 40 anni dalla caduta del “muro del manicomio” di Collegno. Un’ulteriore occasione per riflettere e ricordarsi che l’abbandono e la solitudine, a volte, sono proprio sotto i nostri occhi e che la diversità non deve fare paura e, soprattutto, innalzare muri. Per aprire questa nuova stagione, Assemblea Teatro accompagnerà il pubblico alla riscoperta di Luigi Tenco, un personaggio, un grande autore e – soprattutto – un uomo sensibile. Lo spettacolo “L’ARIA TRISTE CHE TU AMAVI TANTO”, offrirà al pubblico l’occasione di riascoltare canzoni come Un giorno dopo l’altro; Ho capito che ti amo; Lontano, lontano; Angela; Vedrai, vedrai. Il loro apparire negli anni Sessanta fu una ventata di autenticità, ma anche una novità scandalosa che spazzava via vecchi moduli ripetitivi, per aprire ad un nuovo pathos, ad una diversa intensità nel dire. Secondo appuntamento, “LAS MARIPOSAS-LA STORIA DELLE SORELLE MIRABAL” – sempre alle 21 di Sabato 26 novembre -in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Una storia ambientata sull’isola di Santo Domingo, il 25 novembre 1960. In quel giorno, tre sorelle – Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal-  vengono trucidate dal generale Rafael Truiljo. Durante la sua dittatura le tre sorelle si arruolarono e sposarono la causa dei guerriglieri che intendevano liberare l’isola dal tiranno. Conosciute col nome di Mariposas, erano le  tre splendide farfalle che accompagnavano i mariti nella lotta. Quel giorno di novembre di ritorno dal carcere dove erano detenuti i rispettivi consorti, le tre donne vennero barbaramente uccise. Grazie ai ricordi di Dedè, la quarta delle sorelle, sopravissuta forse perché meno coinvolta politicamente, oggi è possibile conoscere la storia delle sorelle Mirabal. Poi,  a dicembre ( il 4 e il 17 del mese )  verranno rpoposti lavori tratti dalle opere di  Erri De Luca e Fabrizio De Andrè. Un calendario, insomma, per spaziare con la fantasia, riflettere, divertirsi, sempre con il cervello “ben acceso”.

“Ex Fabrica”, il lavoro nelle foto di Giorgio Scalenghe

S’intitola “Ex Fabrica” la mostra fotografica di Giorgio Scalenghe che verrà inaugurata alle 18,30 di venerdì 25 novembre al Circolo Operaio “Franco Ferraris” di Omegna, sul lago d’Orta.

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L’evento, presentato dallo storico Filippo Colombara, è organizzato dal locale Circolo Arci, dall’Istituto Ernesto De Martino e dal gruppo fotografico ossolano La cinefoto. Una ventina di foto in bianco e nero “raccontano”  la fatica e il lavoro in una fabbrica di Vogogna, località della bassa ossola,  chiusa nei primi anni duemila, dove venivano prodotti i bulloni per le traversine commissionati dalle ferrovie dello Stato. Gli oggetti, i macchinari, l’abbandono silenzioso di edifici e impianti rappresentano la “narrazione” per immagini del lavoro operaio, di una fabbrica e di un mondo in bianco e nero dove la fatica era il pane quotidiano di chi varcava quei cancelli per prestare la sua manodopera. Una serie d’immagini che , al giorno d’oggi, possono apparire lontane dalla quotidianità  ma che in realtà sono storia recente, contemporanea: una realtà che Giorgio Scalenghe fa “parlare” attraverso le sue fotografie. La mostra resterà aperta negli orari del Circolo “F.Ferraris” ( in via Manzoni, 63 a Omegna)  fino all’11 dicembre.

 

Marco Travaglini

Jasmine Trinca madrina del Tff

trinca-2Sarà l’attrice Jasmine Trinca a condurre la serata di apertura della 34a edizione del Torino Film Festival: l’inaugurazione si terrà il 18 novembre al Lingotto, con serata di gala e proiezione in anteprima del film Between Usdiretto da Rafael Palacio Illingworth.  “Sono felicissima di tornare a Torino – afferma Jasmine Trinca – per accompagnare un Festival libero come pochi altri, capace sempre di anticipare un’idea di cinema inedita con la curiosità e lo sguardo ancora più che di un Cinema Giovane, di un Cinema Bambino”. “Avere accanto a me Jasmine, attrice che ammiro e stimo da sempre, nella presentazione del programma del festival – dichiara la direttrice Emanuela Martini – mi rende particolarmente orgogliosa”.Jasmine Trinca esordisce a soli 19 anni nel film La stanza del figlio di Nanni Moretti. Torna davanti alla macchina da presa per La meglio gioventù, al quale seguono, tra gli altri, Romanzo criminale, diretto da Michele Placido, Il caimano di Nanni Moretti, Un giorno devi andare di Giorgio Diritti, Miele di Valeria Golino, Nessuno si salva da solo diretto da Sergio Castellitto. Inoltre recita nel film The Gunman accanto a Sean Penn e Javier Bardem. Tre Nastri d’argento, due Globi d’oro, il Premio Marcello Mastroianni alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, sono solo alcuni dei prestigiosi riconoscimenti che le sono stati attribuiti in questi anni. Nella prossima primavera la vedremo in Slam – Tutto per una ragazza*, di Andrea Molaioli, che verrà presentato in anteprima assoluta proprio durante il 34° Torino Film Festival.

 

(*Uscita italiana: 23 marzo 2017 – distribuito da Universal)

Al via il Tff con opere prime e seconde, Bolle e Sorrentino

Nelle tante sezioni anche Salvatores e Scamarcio, Eastwood e Branagh

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Il Torino Film Festival è già cominciato. Con la conferenza stampa di mercoledì 9 scorso quando ad introdurre la kermesse si sono visti e ascoltati alcuni allievi del Conservatorio alle prese con un mini concerto di “ciak”, sì proprio quegli oggetti bianconeri che servono a far scattare l’inizio di ogni ripresa, e quando sono apparse le immagini dello spot introduttivo ad ogni proiezione, di suggestivo sapore bladerunnerriano. Ufficialmente, dal 18 al 26 novembre, con il pubblico che invaderà le sale di Reposi, figli-notteLux, Classico e Massimo, direttrice per il terzo anno consecutivo Emanuela “Testarossa” Martini, guest director al suo fianco Gabriele Salvatores che snocciolerà con tanto di motivazioni i cinque film che hanno segnato la sua vita (e l’hanno spinto ad abbandonare una futura professione di avvocato tanto caldeggiata dal padre napoletano) ovvero Jules e Jim, If…, Blow-up, Fragole e sangue e Alice’s Restaurant, presidente di giuria Edward Lachman, direttore della fotografia, nato nel New Jersey sessantotto anni fa, eccellente collaboratore tra gli altri di Altman, Wim Wenders, Todd Solondz e Todd Haynes (per Lontano dal Paradiso ha ricevuto una candidatura all’Oscar), l’immagine di un David Bowie d’annata (“Absolute Beginners”) a benedire il tutto. Con un budget di 2 milioni 300 mila euro, niente red carpet come al solito ma l’ordine tassativo di puntare al free-tffsodo a differenza di tante paillettes in giro per l’Italia e per il mondo, Ministero Regione Comune Fondazione San Paolo e Fondazione CRT in primis a sostenere la succosa costruzione più una ventina di partner culturali e tecnici, 158 lungometraggi tra le 4000 pellicole visionate, suddivisi in 46 opere prime e seconde, 43 anteprime mondiali, 25 internazionali, 8 europee e 73 italiane. Racchiusi tra la proiezione inaugurale, lo statunitense Between us di Rafael Palacio Illingworth, un filmmaker in cerca di affermazione e una donna in carriera davanti ad un matrimonio e ai litigi, nella sala del Lingotto ormai sede ufficializzata d’apertura, e il film di chiusura, l’inglese Free Fire firmato da Ben Wheatley e interpretato dal premio Oscar Brie Larson, in una Boston del 1978 e uno sguardo a Tarantino, sfoderando sparatorie senza fine e battute fulminanti, al centro una delegazione dell’IRA e una banda di trafficanti con un carico di armi da vendere, i film del concorso – giunto in crescendo al numero 34 – in arrivo da 14 paesi per un totale di 15 titoli. Unico rappresentante per l’Italia un cognome palombella-tffcelebre, De Sica, con il figlio di Manuel e il nipote di Vittorio e di Maria Mercader, Andrea, a dirigere I figli della notte, un’opera prima che mescola suggestioni horror, ambizioni d’autore, analisi politica, cinefilia e postmoderno (“ho immaginato una favola nera – sottolinea ancora l’autore -, una storia di formazione o meglio di “deformazione”. I sentimenti più profondi dei protagonisti mi hanno portato nel mondo dei sogni, degli incubi”). E poi, per ora sulla carta, dovrebbero aprire tra gli altri a piaceri e discussioni Christine dello statunitense Antonio Campos, la vera storia di Christine Chubbuck, la conduttrice della tv americana degli anni Settanta che ispirò Quinto poteresully di Lumet, il francese Les derniers parisiens ovvero la storia di due fratelli di origini maghrebino che si contendono a Pigalle un bar e il loro diritto all’indipendenza, il ritratto di una Lady Macbeth nell’Inghilterra dell’Ottocento, Maquinaria panamericana, produzione Messico/Polonia, a raccontare di un gruppo di operai che alla morte del proprietario si barricano in azienda per affrontare un paio nuovo destino. Tra gli eventi speciali e di maggiore curiosità, sono attese, nelle sezioni di ormai comprovata solidità, “Festa mobile”, “After hours”, “TFFdoc” e via elencando, le proiezioni di film di cui si fa un gran parlare, di occasioni importate da altri festival, di sguardi appetitosi. Potremmo ricordare gli omaggi a David Bowie con Furyo di Nagisa Oshima e a Michael Cimino con la versione restaurata di The deerhunter, scomparsi ambedue quest’anno, la presenza di Nanni Moretti a riparlare di Palombella rossa, l’omaggio a Otto Preminger con Where the sidewalk ends (“Sui marciapiedi”) interpretato nel 1950 da Dana Andrews e Gene Tierney. E ancora l’ultimo Clint Eastwood Sully, per cui conosceremo l’autentico eroe Chesley Sullenberger che nel gennaio 2009 sul fiume Hudson portò in salvo 150 passeggeri, qui interpretato sullo roberto_bolle_2schermo da un incanutito Tom Hanks, Roberto Bolle idolo delle folle femminili e non verrà a presentare L’arte della danza di Francesca Pedroni, Matthew McConaughey in Free State of Jones di Gary Ross, a ricoprire le avventure di Newton Knight che sul finire della guerra civile americana, disertore, creò uno stato autonomo e combatti contro la segregazione e il razzismo. Benvenuta a Elle con una straordinaria Isabelle Huppert, benvenuta a Ma’ Rosa di Brillante Mendoza, Palmarès per la migliore interpretazione femminile a Jaclyn Jose a Cannes, al Terence Davies di A quiet passion intorno ai versi e alla vita di Emily Dickinson, al Branagh regista di un applaudissimo Romeo and Juliet. Secondo i desiderata della Martini e dei tanti appassionati, ancora una notte horror con tanto di mostri, vampiri e zombie più un’altra all’insegna del punk a festeggiare i quarant’anni dalla nascita del movimento. Per finire, a Costa-Gavras sarà consegnato il premio Prolo alla carriera e Riccardo Scamarcio ne reciterà la laudatio, mentre a Christopher Doyle, grande direttore della fotografia di Wong Kar-way, di Chen Kaige e di Zhang Yimou e non soltanto, verrà consegnato il Gran Premio Torino.

 

Elio Rabbione

 

Dall’alto in basso, immagini di “Between us”, “I figli della notte”, “Free state of Jones”, “Palombella rossa” e “Sully”; Roberto Bolle in un’immagine di repertorio.

Lehman Trilogy, l’ultima regia di Luca Ronconi, un capolavoro in palcoscenico

“Figlio di un mercante di bestiame,/ ebreo circonciso/ con una sola valigia al fianco/ fermo immobile/ come un palo del telegrafo/ sul molo number four del porto di New York”. E’ l’11 settembre 1848, sono le 7 e 25 come segna il grande orologio, è la prima immagine di Henry Lehman sbarcato dalla nave Burgundy dopo un lungo viaggio per terra e per mare, iniziato a “Rimpar, laggiù, in Baviera”:

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è l’inizio di una storia, di un grande film, è il respiro epico e naturalissimo, tra saggio e testimonianza, tra drammaticità e divertimento che Stefano Massini  (oggi sugli schermi con la vertenza sindacale di 7 minuti per la regia di Michele Placido, da un anno e mezzo circa nuovo consulente artistico del Piccolo Teatro milanese, a fine stagione sul palcoscenico del nostro Carignano in veste d’autore del Nome della rosa dalle pagine di Eco, produzione dello Stabile torinese) ha costruito, capitolo dopo capitolo, con i titoli che magicamente appaiono incisi su di una quinta, dove i personaggi raccontano e si raccontano, centosessantanni di industria e di capitalismo che a passi lenti s’avviano lungo le strade americane (e chiaramente non solo), mettendo una bandierina iniziale a Montgomery in Alabama, per spandersi, tra decisioni e colpi di furbizia, intelligenza e scommesse, vittorie e dure sconfitte, alleanze e contrasti. Una epopea che s’interromperà in un grande, impensato sfracello il 15 settembre del 2008, quando le immagini televisive ci hanno messo di fronte ai tanti uomini e donne che con i loro scatoloni tra le braccia scendevano le scale d’ingresso al grande palazzo newyorkese e alla tragedia che colpiva gli uffici di Wall Street sino a lambire le Borse del vecchio continente.

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A quella data ci si volta indietro e si scorge quanto sia lontano e piccolo il negozietto di Montgomery e ristretta e insignificante l’insegna “Henry Lehman” che reclamizza la vendita di stoffe e abiti. E vedi che con l’arrivo degli altri due fratelli, Emanuel e Mayer – nella terna Henry è la testa, Emanuel il braccio e Mayer colui che sta tra la testa e il braccio, detto “Bulbe” (ovvero patata), ovvero una di quelle superfici lisce che si pongono a far da imbottitura tra gli angoli ispidi dei primi due, a smussarne le asprezze -, gli affari prendano spazi maggiori, dall’acquisto del cotone grezzo alla rivendita dello stesso alle industrie, poi lo sviluppo delle ferrovie ed il sempre più ambito terreno del petrolio, su su sino ai mercati di New York e la banca, e comprare e rivendere in un continuo gioco in salita, tutto sotto lo sguardo della nuova insegna “Lehman Brothers”, “Lehman Brothers è un fiume,/ che porta acqua al mare./ Il mare è l’economia degli Stati Uniti”, mentre si cavalcano le pagine della Storia e s’attraversano le antiche piantagioni del Sud, la guerra di Secessione, la crisi del ’29 e due guerre mondiali, la discriminazione razziale, l’assassinio di un presidente. Ma ormai dei vecchi fratelli non è rimasto nessuno, tutti finiti, cancellati negli ingranaggi della Storia, nemmeno dei figli Philip e Herbert che s’è diversificato nella politica, nemmeno del nipote Robert che amava prima di ogni altra cosa l’arte e i cavalli. Ci sono altri nomi, s’affacciano altre nazionalità, ad occupare posizioni che scivolano poco a poco lungo la rovina. Non è rimasto neppure l’equilibrista Salomon Paprinskij, emblematico personaggio della sospensione, del passaggio leggero, della pericolosa instabilità, che per decenni ha steso il suo filo tra due grattacieli e alla fine (di tutto) una caviglia rotta ha costretto a scendere, definitivamente.

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Un grande poema Lehman Trilogy, prodotto dal Piccolo di Milano, visto e applaudito anche a scena aperta al Carignano (due parti, “Tre fratelli” e “Padri e figli”, due serate distinte o nei weekend tutte d’un fiato) per la stagione dello Stabile torinese, ultima regia di Luca Ronconi, un testamento grandioso, umano, meravigliosamente intelligente, coinvolgente anche per chi continua a scorgere in tutto ciò che riguarda le banche gli angoli bui dell’incomprensione (oltre che della sfiducia). E’ facile pensare che anche Ronconi abbia inizialmente pensato – lui che dentro i temi dell’economia c’era già passato, da La colpa è sempre del diavolo di Ruffolo a La compagnia degli uomini di Bond proprio a Torino sino al brechtiano Santa Giovanna dei macelli – al testo di Massini facile ad una lettura ma non troppo disponibile alla rappresentazione: e allora ecco la scommessa, stravinta, ecco la cifra e l’affresco giusti, il gioco immenso di caratteri e di voci e di movimenti che è riuscito a trarre da quelle pagine, nella cornice asettica, incline al grigio, pensata da Marco Rossi, dove tutto (come il denaro, come la vita) è in movimento, l’orologio a sottolineare precisi passaggi, le porte che s’aprono e si chiudono velocemente, i tavoli e le sedie portate qua e là o inghiottiti come certi personaggi. Una cornice entro cui si mostra tutta la bravura maiuscola, e la dedizione, degli attori (racchiusi nelle tute scure di Gianluca Sbicca) che contribuiscono alla grandezza dello spettacolo. Ognuno racchiude in sé il padre, il fratello, il figlio, il nipote, l’ha fatto suo, è diventato “lui” in un gioco d’immedesimazione che raramente s’è visto in questi ultimi anni su di un palcoscenico. Le prove di Massimo Popolizio e di Paolo Pierobon e di Fausto Cabra sono semplicemente eccezionali come lo sono quelle dei loro compagni Fabrizio Gifuni, Massimo De Francovich, Roberto Zibetti, Fabrizio Falco, Raffaele Esposito, Denis Fasolo senza dimenticare i ritratti femminili schizzati con gustosa ironia da Francesca Ciocchetti.

 

Elio Rabbione

 

 Foto di Attilio Marasco

 

Il Piemonte e Torino protagonisti della poetica del territorio al 34 ° TFF

TFF LOGO 2Mercoledì 9 novembre si è svolta al Cinema Massimo di Torino la conferenza stampa di presentazione del 34° TFF alla presenza della Direttrice Emanuela Martini, del Presidente del Museo del Cinema Paolo Damilano, dell’Assessore alla Cultura della Regione Piemonte Antonella Parigi e dell’Assessore alla Cultura della Città di Torino Francesca Léon. Antonella Parigi ha voluto in apertura segnalare l’importanza di due eventi che evidenziano la significativa correlazione tra cultura e turismo. Il primo avrà luogo domenica 20 novembre alle ore 18,30 presso il Teatro Sociale di Alba, nella Sala Storica ( Piazza Vittorio Veneto), organizzato dall’Alba Film Festival, che, inaugurando la sinergia con il TFF, ospiterà Gabriele Salvatores (Guest Director di questa 34^ edizione), Carlo Petrini ed Enrico Magrelli, conduttore di Hollywood Party in onda su Radiotre Rai. Il titolo dell’incontro “Il cinema e la poetica del teritorio”, prende le mosse dalla presenza costante, nei film di Salvatores, del territorio come insieme di elementi paesaggistici e culturali. Questo tema è particolarmente sentito in un contesto come quello di Alba, centro gravitazionale delle colline di Langhe-Roero e Monferrato. L’evento è organizzato in collaborazione con Poetica ( festival della poesia promosso dall’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, dalla Città di Alba e dal proprio Assessorato alla Cultura). ” L’incontro in programma con Gabriele Salvatores – ha sottolineato Emanuela Martini- è l’occasione per mettere in relazione il cinema e il territorio, evidenziando la necessità di un legame sempre più forte fra cultura e vocazione turistica della Regione Piemonte”. Il secondo evento è la prima edizione del Premio Langhe-Roero e Monferrato assegnato a Paolo Sorrentino, che si svolgerà venerdì 25 novembre alle ore 19.00 al Palazzo della Luce di Torino. Il Premio Langhe-Roero e Monferrato nasce all’insegna del legame profondo tra valorizzazione del patrimonio artistico, vocazione culturale della regione e i successi di quella cultura del vino che ha portato al riconoscimento del territorio quale parte integrante del Patrimonio Mondiale UNESCO. Per questo motivo il premio consisterà in 100 bottiglie dei migliori vini della zona.

Helen Alterio

(foto: il Torinese)

La Maschera di Amleto

amletoTesto e regia di Monica Luccisano Musiche di Hume, Holborne, Dowland, Locke, de Sainte Colombe, Marais, anonimi del XVI secolo

 

Da non perdere il nuovo spettacolo di teatro musicale La maschera di Amleto che l’Unione Musicale presenta lunedì 14 novembre 2016 al Teatro Vittoria (ore 20) per la serie l’altro suono. Lo spettacolo si concentra sulla figura del celeberrimo personaggio shakesperiano e ne offre una originale lettura: «La mia riflessione – afferma l’autrice e regista Monica Luccisano – si è focalizzata sull’interpretazione femminile del personaggio, già realizzata a teatro da Sarah Bernhardt e al cinema, nel primo Novecento, da Asta Nielsen nel film di Svend Gade. Poi mi ha folgorata la scoperta del libro di Edward Vining The Mystery of Hamlet apparso a fine Ottocento, secondo cui Amleto era in realtà una bambina travestita ed educata da maschio per ragioni dinastiche». Alla luce di questa inedita identità di genere tutto assume un nuovo significato e una nuova “maschera” per le inquietudini e le contraddizioni di Amleto, una stratificazione di significati sulla vicenda e sui rapporti con i diversi personaggi: la madre Gertrude, la donna che l’ama fino a impazzire Ofelia, l’amico o forse più che amico Orazio…Nella concezione dello spettacolo il ruolo della musica è centrale: «una costruzione parallela al soggetto e alla parola, un linguaggio – dichiara Monica Luccisano, pianista e musicologa– che mi permette di raccontare una vicenda con un continuo scambio di codici di comunicazione ma con un medesimo respiro». Il senso del dialogo si amplia musicalmente con l’incontro tra il repertorio rinascimentale e barocco (Hume, Dowland, Holborne), interpretato dalle quattro viole da gamba dell’Accademia Strumentale Italiana, e gli strumenti ritmici del percussionista Sbibu, che si nutrono di una pulsazione di assoluto presente. Veste i panni del moderno Amleto l’attrice Olivia Manescalchi (nota anche al pubblico televisivo per aver doppiato i personaggi di Olivia Pope in “Scandal”, Audrey Parker in “Haven”, Giulia Farnese in “I Borgia”, Ava Moore in “Nip/Tuck”) che restituisce un personaggio estremamente credibile, complesso e sfaccettato.

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poltrone numerate, euro 20

in vendita presso la biglietteria dell’Unione Musicale e online su www.unionemusicale.it

ingressi, euro 12

ingressi under 21, euro 5

in vendita il giorno del concerto presso il teatro Vittoria dalle ore 18.15

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BIGLIETTERIA E INFORMAZIONI:

Unione Musicale – tel. 011 566 98 11 – info@unionemusicale.itwww.unionemusicale.it

martedì e mercoledì 12.30-17 – giovedì e venerdì 10.30-14.30

Torino e il crimine: tre giorni all’insegna del giallo

lombrosoIn occasione del 181esimo compleanno di Cesare Lombroso, (nella foto) si è tenuto a Torino, dal 4 al 6 Novembre, il Festival della Criminologia. Nella città più misteriosa d’Italia, professionisti italiani ed internazionali hanno cercato di spiegare al grande pubblico cosa si nasconde dietro al “male”, in che modo esso si manifesta e quali sono le tecniche d’investigazione attualmente esistenti. Partendo dal presupposto che la criminologia è una scienza che abbraccia vari aspetti, si è tentato di fornire la più esaustiva inquadratura al concetto di crimine: il modo in cui è possibile prevederlo, analizzarlo, controllarlo. Una discussione culturale, ampia e stimolante, durata tre giorni, in cui esperti, appartenenti ad ambiti diversi, si sono interrogati, confrontati e supportati. Tutto ciò utilizzando un linguaggio chiaro e privo di tecnicismi, alla portata di tutti. Personalmente, dacri4 “addetta al settore”, ho trovato davvero interessante e ben delineata l’idea di creare una lente d’ingrandimento su quegli aspetti legati al crimine tanto osannati dai media, che spesso, presi dalla foga dello scoop momentaneo, tendono a veicolare false informazioni. Vivere in periferia può condurre con più probabilità alla messa in atto di condotte criminali? Com’è possibile tutelare i beni culturali ed artistici della nostra Nazione? Quanto la criminalità organizzata si è infiltrata sul territorio piemontese? In che modo la psicologia può essere impiegata nell’investigazione dei crimini violenti e non? Questi ed altri quesiti hanno trovato risposta attraverso gli interventi di insegnanti, esperti dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato, criminologi, psicologi, medici, giornalisti, avvocati, giuristi, filosofi, artisti. Un bravissimo Picozzi, attraverso una chiacchierata intervallata dalla proiezione di spezzoni di film, ha spiegato cosa si intende per profiler, fornendo dettagli della sua vita personale e professione che hanno certamente arricchito il dibattito.

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La bravura del team organizzativo e delle figure professionali che hanno dato voce a quest’evento, trovo che si sia vista, particolarmente, nella capacità di trattazione di temi estremamente specifici e tecnici, con una semplicità e leggerezza esemplare. Ad esempio è stato spiegato al pubblico il modo in cui attualmente dal DNA è possibile risalire, con precisione e accuratezza abbastanza elevate, addirittura alle caratteristiche del volto del criminale; quindi oltre a sapere il sesso si può arrivare a scoprire il colore degli occhi, dei capelli, ecc. Si è parlato di progresso, sviluppo.

cri1Di come, attualmente, esistono strumenti che permettono di combattere, con un’altissima percentuale di vittoria, il cybercrime; delle nuove macchine della verità e dei nuovi algoritmi che rappresentano la vera sfida del futuro perché attraverso il loro utilizzo sarebbe possibile prevedere il crimine. Minority report non è più fantascienza. Questi momenti di discussione si sono alternati con una rassegna cinematografica a cura dell’associazione Museo nazionale del Cinema e una mostra fotografica, estremamente suggestiva, intitolata “Torino nera: crimini e criminali d’altri tempi” in collaborazione con La Stampa e l’Archivio di Stato di Torino. Eventi culturali che arricchiscono ancora di più il popolo sabaudo, sempre incline ad assorbire nuove conoscenze. Anche le location che facevano da sfondo sono state scelte con cura. Ad esempio, nella Cornice di Palazzo Ceriana Mayneri, a contrapporsi cri3allo stile ottocentesco delle sale immense e adorne, ci si è interrogati,tra le varie cose, su come curare il male, donando un alone di mistero ed inquietudine ad un argomento che già di per sé ne era ricco. Sul sito del festival, http://www.festivaldellacriminologia.it , è possibile guardare l’intero programma e sono già presenti dei video di approfondimento, anche per coloro che non sono stati presenti alle giornate del Festival. Una pecca organizzativa credo sia stata la mancanza di una pubblicità adeguata, il ché ha condotto ad un’affluenza ridotta di persone ai vari eventi. Il pubblico era costituito principalmente da studenti universitari e da persone che lavorano in settori affini agli argomenti esposti. Probabilmente con una maggior promozione di queste giornate sarebbe stato possibile ampliare ad un pubblico più vasto, permettendo all’intera popolazione torinese di far parte di questa grande e ingegnosa idea.

Teresa De Magistris

Corsi e ricorsi, narrati, vissuti in “Dove finisce il mare”

COPERTINA DOVE FINICE IL MARE.inddGrande affluenza di pubblico, domenica scorsa 6 novembre a Villa Giulia di Pallanza (VB), per la presentazione del romanzo di Felice Iracà “Dove finisce il mare”, edito da PUNTOLINEA. Il Comandante dei Vigili del Fuoco di Verbania (questo l’incarico ricoperto attualmente dall’autore), ha deciso che i proventi delle vendite saranno devoluti al Comprensorio Scolastico di Amatrice, il comune laziale più colpito dal recente sisma del 24 agosto che, come sappiamo, ha coinvolto anche buona parte dei comuni dell’Umbria e delle Marche. L’incontro, arricchito dal contributo musicale di due giovani artisti e dalle letture “in diretta” motella-librodi alcuni brani del libro, è stato presentato dal direttore del settimanale Eco Risveglio, Andrea Dalla Pina, e dalla professoressa Silvia Magistrini. Dopo una breve introduzione del Prefetto del VCO Iginio Olita e di Monica Abbiati, Assessore alla Cultura del Comune di Verbania:” Ho ritrovato la freschezza espressiva di un libro precedente” ha detto Magistrini ” e la sua persona intrisa di umanità; tre sono i verbi che mi hanno colpito e si ricollegano al terremoto: resistere, sperare, rinascere”. Dal canto suo, Dalla Pina aveva sottolineato il fatto che “ ….il romanzo è composto da tanti piccoli quadri, che delineano un tipo di psicologia umana”. Gli stessi quadri, richiamano alla mente personaggi e situazioni de “i Promessi Sposi”, quasi a sottolineare corsi e ricorsi storici che si perpetuano nel tempo. “Un romanzo di mare e di cielo, che esplora l’eterno duello tra il bene e il male, la legalità e il malaffare…”. Felice Iracà, ingegnere e giornalista pubblicista, vive a Verbania dove è Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco del Verbano Cusio Ossola. Ha già scritto “Le Campane di San Leonardo”, dove si descrivono avventure di pompieri a Intra e Pallanza e, nel 2006 ,“Io ce l’ho un’anima – 10 storie di quotidiana anormalità “. Come ha detto lo stesso autore, l’idea di scrivere quest’ultimo romanzo, è “scoccata” circa 3 anni fa.

Elio Motella

Oggi al cinema

Le trame dei film nei cinema di Torino / A cura di Elio Rabbione

 

america-pastor-filmAmerican Pastoral – Drammatico. Regia di Ewan McGregor, con Ewan McGregor, Jennifer Connelly e Dakota Fenning. Tratto dal romanzo di Philip Roth, è la storia di Seymour Levov, detto “lo svedese”, un uomo cui la vita ha regalato tutto, il successo non soltanto sportivo, una fortunata carriera come imprenditore, una moglie ex reginetta di bellezza, una famiglia di cui andare fieri. Il classico americano self-made man. Fino al giorno in cui questo mondo perfetto – siamo nel 1968 – scoppia e va in frantumi, allorché la figlia sedicenne, che appartiene ad un gruppo terroristico, fa esplodere un ufficio governativo procurando la morte di un uomo. Durata 108 minuti. (Centrale, anche V.O.)

 

I babysitter – Commedia. Regia di Giovanni Bognetti, con Diego Abatantuono, Francesco Mandelli e Paolo Ruffini. L’ex sceneggiatore di “Belli di papà” si cimenta adesso con la notte brava del giovane Andrea, cui un padre dai troppi impegni affida il proprio ragazzino piuttosto vivace. Ma che succede se la villa di famiglia si può prestare benissimo a fare da sfondo alla festa di compleanno di Andrea? Durata 90 minuti. (Uci)

Café Society – Commedia. Regia di Woody Allen, con Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve allen woodyCarrell e Blake Lively. Bobby, trentenne neyworkese e rampollo di una squinternata famiglia ebraica, dove circolano pure componenti malavitosi, corre a Hollywood per entrare a servizio dello zio, apprezzato agente di divi e divette. Si innamorerà della giovane segretaria di studio. Ma c’è già un altro nel suo cuore e le cose inevitabilmente si ingarbuglieranno. Uno sguardo al vecchio cinema, gli amori, le battute di Woody a raffica, tutto secondo i canoni di un autore giunto bulimicamente al suo 47° film. Durata 97 minuti. (Romano sala 3)

 

Che vuoi che sia – Commedia. Diretto e interpretato da Edoardo Leo, con Anna Foglietta e Rocco Papaleo. Una coppia come tante nell’Italia di oggi, le difficoltà economiche non permettono la decisione di un figlio. L’ideona è di proporre al grande popolo della rete una raccolta fondi che venga a ricoprire le spese per un amplesso con la moglie. Grande successo dell’iniziativa: e poi? Durata 104 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Doctor Strange – Fantastico. Regia di Scott Derrickson, con Benedict Cumberbacht, Tilda Swinton e Mad Mikkelsen. Un medico newyorkese, all’apice del successo, vede compromessa la propria professione da un incidente d’auto, per cui la forza e l’abilità delle sue mani non sono più quelle di un tempo. In un antico monastero del Nepal, dove decide di recarsi, l’uomo di scienza convertito ad un ruolo del tutto mistico, fa il suo incontro con un Maestro, detto l’Antico, cui sta a cuore la protezione della Terra da forze negative. Alla nuova scuola prevarranno arti marziali e autocontrollo, per una lotta comune contro il Male. Un vecchio eroe dei fumetti Marvel rispolverato per l’occasione. Durata 115 minuti. (Ideal, Lux sala 1, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Fai bei sogni – Drammatico. Regia di Marco Bellocchio, con Valerio Mastandrea, Roberto Herlitzka, Piera Degli Esposti e Berenice Bejo. Dal bestseller di Massimo Gramellini, giornalista tra i più sogni-filmapprezzati in Italia, celebre per il suo “Buongiorno” lanciato dalla prima pagina della “Stampa”, volto televisivo del Circo Barnum firmato Fazio e oggi pure in autonomia (riempitiva da rimpicciolimento spazi). Un romanzo che è la perdita della madre da parte di un bambino di soli nove anni, una perdita che ha condizionato la vita di un uomo oltre i quarant’anni. Durata 134 minuti. (Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Lux sala 2, Massimo 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Frantz – Drammatico. Regia di François Ozon, con Pierre Niney e Paula Beer. All’origine un testo teatrale, cui seguì nel ’32 un film di Lubitsch; oggi l’autore di “8 donne e un mistero” e di “Potiche” riprende il tema sottolineando le pagine del pacifismo. In un piccolo villaggio della Germania appena uscita dalla Grande Guerra, il giovane Adrien si reca in visita alla famiglia del ragazzo del titolo per chiedere a tutti il perdono per la morte che lui stesso ha causato in guerra. Non ne ha il coraggio, ma la presenza della fidanzata del defunto (la Beer è stata premiata a Venezia con il “Mastroianni” per questa interpretazione) lo spingerà verso una confessione: spetterà ad Anna accettare o no un nuovo futuro. Anche un omaggio all’antico bianco e nero. Eccellente la prova degli attori, ma sono soprattutto la delicatezza e l’esattezza che Ozon mette in ogni momento della storia a incantare. Durata 113 minuti. (Romano sala 3)

 

genius-filmGenius – Drammatico. Regia di Michael Grandage, con Colin Firth, Jude Law, Laura Linney e Nicole Kidman. Nella New York della fine degli anni Venti, l’incontro e l’amicizia tra lo scrittore Thomas Wolfe e l’editor Maxwell Perkins, che già aveva fiutato giusto tra le pagine di Scott Fitzgerald e di Hemingway grazie ad un talento non comune. Tanto lo scrittore è stravolto di esuberanza nel carattere e in una scrittura che si porta appresso numeri impensabili di pagine, quanto Max è di poche parole, amante della vita familiare, di calmi sguardi paterni, di aggiustamenti, di desiderio di sfrondare quel troppo scrivere. Wolfe morì appena trentottenne, e i rapporti tra i due alla fine s’incrinarono parecchio, accusato l’editor di aver stravolto con tutte le rigacce lanciate sul foglio quel che più di impetuosamente genuino c’era nello scrittore. Bello il soggetto, interessante per quanto scarnifica di quel rapporto, ma la passione è altra cosa, sia quella delle immagini e dei dialoghi sia quanto quella che lo spettatore vede crescere in sé. Il tutto scardinato da una sempre più incartapecorita Kidman, che non riesce più a costruire uno straccio di personaggio, anche soltanto per brevi tocchi. Durata 104 minuti. (Massaua, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

In guerra per amore – Commedia. Diretto e interpretato da Pif, con Miriam Leone e Andrea Di Stefano. L’autore/interprete di “La mafia uccide solo d’estate” immagina questa volta che Arturo, un candido ragazzo newyorkese di origini siciliano, per chiedere la mano dell’innamorata Flora al padre debba catapultarsi nella terra d’origine: dove, siamo in pieno 1943, c’è la guerra e lo sbarco delle truppe a stelle e strisce ampiamente appoggiato dai boss mafiosi. Durata 99 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Lux sala 3, Massimo sala 1, Reposi, The Space, Uci)

Io, Daniel Blake – Drammatico. Regia di Ken Loach, con Dave Johnson, Hayley Squires, Natalie Ann Jamieson. Un carpentiere di Newcastle, ormai sessantenne, è costretto un giorno a chiedere un sussidio statale per una grave crisi cardiaca. Il medico gli ha proibito di lavorare e Daniel si ritrova a rivolgersi all’assistenza pubblica, ormai privatizzata, per un riconoscimento di invalidità. La macchina burocratica inglese lo costringerà a cercare lavoro, per aprirgli una lunga strada di umiliazioni e di ricorsi. Ancora un esempio del cinema politico e della rabbia di Loach, un “teorema” svolto dal regista con l’abituale metodica professionalità, la dimostrazione che c’è sempre l’occasione per trovare qualcosa nel mondo britannico, e non solo, che ti manda il sangue alla testa: ma questa volta Loach, forse per una sceneggiatura troppo “lineare” e “inevitabile”, non soddisfa come in tante altre prove del passato. Premiato a Cannes con la Palma d’oro. Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Chico e Harpo, Romano sala 1)

 

Inferno – Azione. Regia di Ron Howard, con Tom Hanks, Felicity Jones e Omar Sy. Arrivati alla terza inferno-filmpuntata, ormai gli intrighi di Dan Brown, la spettacolarizzazione di Howard e il faccione di Hanks/Robert Langdon, prezioso professore di simbologia ad Harvard che invecchia con saggezza sono una vera garanzia. A tutto questo s’aggiungano le cornici di Firenze Venezia Istanbul, gli enigmi che hanno inizio con la Sala dei Cinquecento e con l’affresco del Vasari, il capolavoro del Poeta, gli amici e i nemici che indossano differenti maschere, un virus letale di cui vorrebbe servirsi un pazzo per dare un taglio netto alla sovrappopolazione: molto, moltissimo materiale perché il pubblico, già prodigo verso il “Codice da Vinci” e “Angeli e demoni”, corra al cinema. Durata 121 minuti. (Greenwich sala 1, The Space, Uci)

 

Knight of cups – Drammatico. Regia di Terrence Malick, con Christian Bale, Cate Blanchett, Natalie Portman e Jude Law. Tra i set di Hollywood e le strade di Los Angeles e le luci di Las Vegas, la storia di Rick suddivisa in capitoli che prendono il titolo dalle carte dei tarocchi, uno sceneggiatore alla ricerca di se stesso, della propria famiglia, di un amore autentico facendo soprattutto i conti con le relazioni femminili che hanno occupato la sua vita. Riuscirà a mettere ordine in se stesso o sarà un continuo ricominciare nelle sacche di un tempo? Durata 118 minuti. (Eliseo blu)

 

Kubo e la spada magica – Animazione. Regia di Travis Knight. Kubo nasconde sotto la benda nera kubouna cicatrice e un occhio che non ha più e accudisce la madre malata. Ogni giorno scene in città a raccontare storie fantastiche, come quella di suo padre, un eroico samurai di cui nessuno ha più avuto notizie, e a guadagnare qualche soldo. Il ritorno a casa, alle prime ombre della notte, nasconde le insidie che gli tendono il vecchio nonno che con le odiose zie vorrebbe cavargli l’altro occhio: Kubo dovrà difendersi, mentre andrà alla ricerca della spada magica di suo padre come del proprio passato. Durata 101 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Lettere da Berlino – Drammatico. Regia di Vincent Perez, con Emma Thomson, Daniel Bruhl e Brendan Gleeson. Tratto dal romanzo “Ognuno muore solo” di Hans Fallada, viene narrata la vicenda vera di Anna e Otto Hampel e della loro rivolta, silenziosa e pressoché anonima, al regime hitleriano, della loro esecuzione nel 1943. Hanno perso il loro unico figlio sul fronte francese e da quel giorno disseminano per le strade di Berlino cartoline che chiedono ai concittadini di ribellarsi. L’interpretazione di un massiccio Gleason vale da sola il prezzo del biglietto, per il resto una trasposizione diligentemente corretta e poco più. Durata 97 minuti. (Eliseo Grande)

 

Masterminds – I geni della truffa – Commedia. Regia di Jared Hess, con Zach Galifianakis. Progetto inizialmente offerto a Jim Carrey, è il resoconto in chiave comica di una rapina, tra le strade degli States, che vede coinvolto David dalla vita monotona e desideroso di darle una spinta più che clamorosa, la sua collega Kelly per cui nutre una vera e propria cotta più un gruppo di (divertenti) balordi con cui dare l’assalto a 17 milioni di dollari. Durata 94 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Non si ruba a casa dei ladri – Commedia. Regia di Carlo Vanzina, con Massimo Ghini, Vincenzo Salemme, Manuela Arcuri e Stefania Rocca. La guerra di un comune cittadino contro un politico disonesto, Antonio contro Simone. Una denuncia non servirebbe a nulla, si sa, la burocrazia, gli intrallazzi, gli appoggi: allora Antonio mette su una piccola banda di cittadini fregati come lui ed escogita, una volta scoperto il conto in Svizzera dell’avversario, una bella truffa ai suoi danni. Durata 93 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

Ouija – L’origine del male – Regia di Mike Flanagan, con Elizabeth Reaser, Henry Thomas e Doug Jones. Metà degli anni Sessanta, una madre con le sue due figlie attira nella propria casa di Los Angeles uno spirito maligno. Quando la ragazza più giovane verrà posseduta dall’implacabile entità, la famiglia dovrà ostacolare i suoi poteri pur di ricacciare lo spirito e riguadagnare la propria salvezza. Durata 98 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Pets – Vita da animali – Animazione. Regia di Chris Renaud e Yarrow Cheney. Dai realizzatori di “Cattivissimo me”, per dare una risposta a quel dubbio più che possibile che può colpire i proprietari di animali: che cosa fanno gli animali domestici quando i padroni sono fuori casa? E inoltre. la tranquillità di un terrier sconvolta dall’arrivo di un enorme cagnone dal pelo arruffato, la vita e le insidie per le stravedi New York, un coniglio feroce che guida un drappello di animali in rivolta, un amore pronto a guidare tutti verso la salvezza. Durata 87 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

La ragazza del mondo – Drammatico. Regia di Marco Danieli, con Michele Riondino e Sara ragazza-mondo-filmSerraiocco. Libero è appena uscito di prigione per spaccio, crede in una propria riabilitazione e incontra Giulia, giovane testimone di Geova. L’amore che nascerà tra i due ragazzi porterà la ragazza a rompere ogni rapporto con tutti. Durata 104 minuti. (Nazionale 2)

 

La ragazza del treno – Thriller. Regia di Tate Taylor, con Emily Blunt, Justin Theroux, Haley Bennett e Rebecca Ferguson. Ricavato dal bestseller di Paula Hawkins, mutato il panorama di periferia essendoci trasportati da Londra a New York, come chi ha letto l’avvincente romanzo ben sa (con la propria diversa triplice visuale femminile, con la sua bella dose di andirivieni temporali che ingarbugliano all’inizio ma che poi spianano una felice – per il lettore – strada alla conclusione) è la storia di Rachel, divorziata e alcolista, che ogni mattina, nella finzione di continuare ad avere un lavoro, passa con il treno dinanzi ad una casa in cui vive una coppia, da lei subito idealizzata. Poi c’è Anna, per cui Rachel è stata lasciata, che ora vive con Tom, l’ex di Rachel, non lontano da quella casa, e ancora Megan, la donna idealizzata ma forse da riconsiderare, che un giorno scompare. Rachel è legata a quella vicenda di tradimenti, amnesie, sparizioni e crudeltà più di quanto non immagini. Durata 112 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, F.lli Mark sala Chico, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

La ragazza senza nome – Drammatico. Regia di Jean-Pierre e Luc Dardenne, con Adele Haenel, Olivier Gourmet e Jérémie Renier. In un sobborgo di Liegi, la giovane Jenny Lavin svolge la propria attività di medico. Una sera, oltre un’ora l’orario di chiusura, qualcuno bussa alla sua porta ma lei decide di non aprire. Poche ore dopo, nelle vicinanze, viene ritrovato il corpo di una donna di colore, un’immigrata: Jenny si sente colpevole di quella morte e, nonostante tutti quanti si rifiutino di pensare ad un suo più debole coinvolgimento morale, Jenny prende a indagare in prima persona, rendendosi impopolare e coinvolgendo carriera e incolumità. Durata 113 minuti. (Nazionale 1)

 

Saint Amour – Commedia. Regia di Benoit Delepine e Gustave Kervern, con Gérard Depardieu, Benoit Poelvoorde e Chiara Mastroianni. Bruno, allevatore di bestiame, partecipa al Salone dell’Agricoltura a Parigi, accompagnato dal padre. Anche il vino rientra tra i loro interessi: decidono di fare un vero tour, attraverso la campagna francese. Sarà l’occasione per andare alla scoperta delle strade del vino come pure di riscoprire se stessi, iniziando da ciò che li accomuna. Durata 101 minuti. (Classico, Uci)

 

Sing Street – Commedia musicale. Regia di John Carney. Nella Dublino degli anni Ottanta, la vita, l’amore, la band, il successo del giovane Conor. Durata 104 minuti. (Ambrosio sala 2)

 

Sausage Party – Vita segreta di una salsiccia – Animazione. Regia di Greg Tiernan e Conrad Vernon. In un supermercato, gli alimenti esposti sono ben felici se la clientela li acquisterà, ben lontani dal sapere quel che sta loro per succedere… Abbiamo come è giusto catalogato il film nel settore “animazione” ma certe notizie del web stanno lì ad avvisarci che questa volta non è proprio pane per i denti dei più piccoli, abituali fruitori del genere. Durata 89 minuti. (The Space, Uci)

 

sette-minuti-film7 minuti – Drammatico. Regia di Michele Placido, con Ottavia Piccolo, Ambra Angiolini, Violante Placido e Fiorella Mannoia. Tratto dal testo teatrale di Stefano Massini, il film narra del passaggio di un’azienda tessile italiana nelle mani di una nuova proprietà estera, che esclude i licenziamenti ma pone un’unica richiesta: quanti lavorano all’interno della fabbrica dovranno rinunciare a sette minuti della pausa pranzo. Toccherà al consiglio di fabbrica avallare o no la richiesta. Durata 92 minuti. (Eliseo rosso, Greenwich sala 2, Uci)

 

accountent-filmThe Accountant – Thriller. Regia di Gavin O’Connor, con Ben Affleck, Anna Kendrich e J.K. Simmons. Christian Wolff, genio matematico, lavora sotto copertura in un piccolo studio come contabile per il crimine organizzato. Accetta di seguire gli affari di un nuovo cliente, una società di robotica dove si sono scoperti ammanchi per milioni di dollari. Non appena Christian inizia a intravedere i responsabili e la soluzione, parecchie persone sono tragicamente coinvolte. Durata 128 minuti. (Greenwich sala 2, Uci)

 

Trolls – Animazione. Regia di Mike Mitchell e Walt Dorn. Poppy (qui con la voce di Elisa) a fianco di Branch partirà per un’avventura oltre il mondo a lei conosciuto, ovvero una missione alquanto rischiosa per salvare i suoi amici dal cattivissimo Bergen. Ancora un avventura dai creatori di Shrek per le creature animati dai coloratissimi capelli. Durata 96 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)