CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 704

“Un libro tira l’altro” ovvero il passaparola dei libri

NON E’ VERO CHE SUI SOCIAL NON SI LEGGE, QUESTO GRUPPO NE E’ UN ESEMPIO LAMPANTE !

Il gruppo è stato fondato nel Luglio del 2013 da Claudio Cantini, di Firenze, con il pallino dei libri che insieme a Valentina Leoni oggi gestisce una community di quasi 80.000 persone e Torino con i suoi 2.000 iscritti è la quinta città dopo Roma, Milano, Firenze e Napoli . 
“Cosa contraddistingue il gruppo”,   ci spiega il fondatore,  ”  E’ vietata la pubblicazione di ogni tipo di link; è vietato anche condividere post, immagini, bandi di concorsi, video e articoli provenienti dal web o da altre pagine Facebook compresi i profili personali. Sono vietate anche le promozioni e la pubblicità a eventi e iniziative di qualsiasi genere. Questo è un gruppo di lettori per i lettori: autori ed editori possono intervenire solo in qualità di lettori. E’ vietata l’auto-promozione. Tutti post devono essere scritti in diretta al momento della pubblicazione.  Depurato da tutto quello che è superfluo e pubblicitario il gruppo acquista una sua personalità subito riconoscibile e spero anche apprezzabile. La maggioranza degli iscritti sono donne. Gli insegnanti, oltre ad essere una delle categorie più numerose e attive si servono sempre più spesso del gruppo insieme ai loro alunni, per individuare i libri più stimolanti  da  condividere nelle loro classi, rendendo la lettura un piacere e non una imposizione. Vi posso assicurare che il metodo funziona. Il gruppo è pubblico ed è sempre attivo con i suoi 100 nuovi post e gli oltre 2.000 commenti giornalieri; alcuni iscritti addirittura chiedono aiuto mentre sono in libreria indecisi tra alcuni titoli e subito ricevono risposte utili per le loro scelte.      Siamo cresciuti nel corso di questi anni in maniera costante con il passaparola e siamo contenti di aver portato sui social la nostra passione per la lettura sperando che sia contagiosa specialmente per i giovani.” 
Questo è il Link per l’eventuale iscrizione:  

Kim Novak e Cagliostro volti del TFF

Gli occhi azzurri di una donna e gli occhi azzurri di un gatto: la strega innamorata Kim Novak e il suo Cagliostro fissano conturbanti, affascinano, catturano. Il Torino Film Festival ha scelto questa immagine come simbolo della 35° edizione perché riassume alla perfezione l’attrazione e il flusso seduttivo che il cinema esercita, un invito a lasciarsi andare, a immergersi in quegli occhi, in quei sogni, in quello schermo.

Il film da cui è tratta questa immagine è Una strega in paradiso (Bell, Book and Candle, 1958) di Richard Quine, uno dei titoli proposti nella sezione dedicata ai gatti con la quale il festival si salda con la mostra “Bestiale! Animal Film Stars” che, inaugurata il 14 giugno, prosegue fino all’8 gennaio al Museo Nazionale del Cinema.

Insieme a Una strega in Paradiso verranno presentati altri cinque film:

Il gatto milionario (Rhubarb, 1951), commedia demenziale di Arthur Lubin dove Orangey (Gatto in Colazione da Tiffany e vincitore di due PATSY Awards) eredita dall’affezionato padrone una fortuna e una squadra di baseball.

Alice nel Paese delle meraviglie (Alice in Wonderland, 1951), il più eccentrico e uno dei migliori classici di Walt Disney, segnato dalla presenza surreale e dispettosa dello Stregatto a strisce rosa e fucsia.

L’ombra del gatto (The Shadow of the Cat, 1961) dove una placida soriana si trasforma in spietata vendicatrice dopo aver assistito all’assassinio della sua padrona. Il film è diretto da John Gilling, piccolo maestro dell’horror britannico.

Black Cat (1981), horror di ambientazione britannica nel quale Lucio Fulci prende spunto dall’immortale racconto di Poe e dal suo felino minaccioso per costruire un thriller a sfondo parapsicologico. 

Chat écoutant la musique (1990), dove Chris Marker riprende Guillaume-en-Égypte, uno dei suoi amatissimi gatti, mentre ascolta assorto Pajaro triste di Federico Mompou.

La 35° edizione del Torino Film Festival si terrà dal 24 novembre al 2 dicembre 2017.

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

 A cura di Elio Rabbione

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alibi.ComCommedia. Regia di Philippe Lacheau, con Elodie Fontan, Didier Bourdon e Philippe Lacheau. Grande successo francese, un vademecum della vita bugiardosa moderna, un’agenzia gestita spavaldamente da tale Greg e rinforzata sommessamente da tal altro Augustin. Scappatelle, weekend per cui cercasi copertura, mariti e mogli fedifraghi da salvare da quei partner che ormai subodorano con quasi completa certezza incessanti tradimenti. Successo, s’è detto: e presto avremo la versione italiana. Farsaccia o elegante satira di costume, questo lo vedremo poi. Durata 90 minuti. (Uci)

 

Ammore e malavita – Commedia. Regia dei Manetti Bros, con Serena Rossi, Giampaolo Morelli, Carlo Buccirosso e Claudia Gerini. Applauditissimo a Venezia, ennesimo esempio in laguna dell’abbuffata – nel bene e nel male – napoletana, risate, musiche e canzoni (anche in prestito da “Flashdance”), sceneggiata fabbricata sui vecchi canoni ma rivista allegramente con l’occhio di oggi. L’infermiera Fatima ha visto qualcosa di troppo e il giovane cuoreduro Ciro, sicario nel libro paga di Don Vincenzo, viene comandato di farla sparire. Ma la dolce fanciulla canterina è il primo amore di Ciro e il primo “ammore” non si scorda mai. E allora il boss che fa? Decide di sparire, con tanto di funerale, sotto gli occhi che più lacrime non possono di della consorte donna Maria. Chi vincerà? Durata 134 minuti. (Eliseo Rosso, Reposi, The Space)

 

Appuntamento al parco – Commedia. Regia di Joel Hopkins, con Diane Keaton e Brendan Gleason. Una storia a due, un uomo e una donna di non più freschissima età, una di quelle storie che il cinema di oggi ha preso a inseguire. Lei, una vedova che arriva da oltreoceano, lui, un vecchio scorbutico e solitario, rintanato in spregio al mondo, nel folto di un parco londinese. Niente di più facile che quell’incontro, insperato e in un certo senso quasi surreale, porti ad un nuovo credere nella vita. Durata 102 minuti. (Romano sala 3)

 

Barry Seals – Una storia americana – Azione. Regia di Doug Liman, con Tom Cruise e Domhnall Gleeson. Da una vicenda vera, quella di un uomo che molto disinvoltamente scelse di passare da attività ad attività, prima pilota di linea poi contrabbandiere della droga al servizio del cartello di Medellin come della Dea, più all’occasione dare una mano alla Cia in questioni poco chiare a Panama ai tempi di Noriega. Passaggi spregiudicati che lo fecero vittima nel 1986 di due sicari inviati dalla Colombia. Durata 107 minuti. (Massaua, Lux sala 3, Uci)

 

Blade Runner 2049 – Fantascienza. Regia di Denis Villeneuve, con Ryan Gosling, Harrison Ford, Jared Leto e Robin Wright. In un’epoca futura, l’agente K va alla ricerca di Rick Deckard, un tempo posto a caccia dei replicanti ribelli, ancora una volta nel desiderio di una vita vera, quella che non può non avere sentimenti e infelicità, sogni. Ma è anche il racconto della sua vita reale, in piena solitudine, senza ricordi o la fittizia ricostruzione di essi, è l’unione con una compagna virtuale che in qualsiasi momento può esser fatta scomparire, è il disordine e la violenza del cieco scienziato Wallace, che tende a eliminare i vecchi replicanti rimasti per poter creare nuovi esempi, è l’incontro con l’antico agente Harrison Ford, rinato dal cult di Ridley Scott, dall’ormai lontano 1982. Un film che occhieggia ancora verso l’autore Philip K. Dick, che s’impone nella grandezza dei propri ambienti scenografici, che non teme i tempi lunghi, che già le critiche inglesi e provenienti da oltre oceano definiscono come un capolavoro. Durata 163 minuti. (Ambrosio sala 1, Centrale V.O., Massaua, Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Groucho e Harpo, Ideal, Lux sala 1 e 2 e 3, Reposi, The Space anche in 3D e V.O., Uci anche in 3D e V.O.)

 

Cars 3 – Animazione. Regia di Brian Fee. Ancora un’avventura per Saetta McQueen, in piena depressione per la vittoria del giovane rivale Jackson Storm: ma l’idea di abbandonare le corse verrà immediatamente scacciata se all’orizzonte si mostrerà un’angelica Cruz, che ha cancellato l’idea di correre in pista per abbracciare quella di diventare una perfetta istruttrice. Durata109 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

 

Cattivissimo me 3 – Animazione. Regia di Kyle Balda e Pierre Coffin. Quando è ormai divenuto un importante membro della Lega Anti Cattivi, Gru viene avvertito di avere un fratello gemello, Dru: con lui andrà alla ricerca di Balthazar, il cattivo ossessionato dalla fama e fanatico degli anni Ottanta. Durata 96 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

120 battiti al minuto – Drammatico. Regia di Robin Campillo, con Nahuel Pérez Biscayart e Arnaud Valois. Gran premio della Giuria a Cannes e pronto a rappresentare la Francia nella corsa agli Oscar. Opera per larga parte autobiografica, a descrivere le imprese dell’Act Up nella Parigi dei primi anni Novanta per far conoscere non soltanto alla nazione francese ma al mondo intero il destino dei malati di Aids, a sensibilizzare una platea più vasta dinanzi all’indifferenza generale, riunioni e manifestazioni, storie private come il rapporto che nasce tra Nathan e Sean, sieropositivo. Durata 140 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Chi m’ha visto? – Commedia. Regia di Alessandro Pondi, con Beppe Fiorello, Pierfrancesco Favino e Dino Abbrescia. E’ il mondo di oggi. Tutto si basa sul culto della propria immagine, figuriamoci il mondo dello spettacolo. È quindi la mancanza di “immagine” a rattristare il chitarrista Martino/Fiorello, banda Jovanotti, che non si vede per nulla realizzato. C’è l’amico Favino a tentare di risollevare le risorse umane, pronto ad accogliere il disadattato nella tranquillità delle Murge, lasciando credere al mondo in un rapimento che potrebbe trovare spazio, ricerca e pubblicità soprattutto in una seguitissima trasmissione televisiva, c’è magari la prostituta dal cuore d’oro a rimettere a posto le cose. Durata 105. (Eliseo Blu, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Il colore nascosto delle cose – Drammatico. Regia di Silvio Soldini, con Valeria Golino e Adriano Giannini. Ancora due esistenze, diversissime, tratteggiate dall’autore di “Pane e tulipani”. Un giovane sciupafemmine, decisamente in carriera, una agenzia du pubblicità che riempie le sue giornate, dall’altro lato Emma, una ragazza cieca a rimettere in sesto corpi nella sua professione di osteopata: avranno l’occasione per incrociare le loro storie. Durata 112 minuti. (Romano sala 1)

 

Come ti ammazzo il bodyguard – Azione. Regia di Patrick Hughes, con Ryan Reynolds, Salma Hayek, Gary Oldman e Samuel L. Jackson. Prendete due tipi che hanno hanno il vizio dietro incarico altrui di far fuori la gente, prendete il fatto che per trascorsi non proprio del tutto felici non si vedano di buon occhio, prendete ancora il fatto che siano messi a proteggersi a vicenda per ripararsi dalle perfide intenzioni e dai fendenti di un rifaccio dell’Est che la corte dell’Aia dovrà processare per crimini di guerra. Aspettatevi battute al vetriolo, inseguimenti, scazzottate e spari a non finire, il tutto condito con quell’aria di scanzonata commedia che in fondo alla storia brinderà all’amicizia e al lieto fine. Durata 118 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Dunkirk – Bellico. Regia di Christopher Dolan, con Harry Styles, Cilian Murphy, Mark Rylance, Tom Hardy e Kenneth Branagh. “Un colossale disastro militare” definì Churchill la disfatta delle truppe alleate – francesi e inglesi uniti nella disfatta – sotto il fuoco tedesco che avanzava sul fronte Nord della Francia nel maggio 1940. Una trappola sulle spiagge di Dunkerque, una ritirata che coinvolse circa 350 mila uomini, qui raccontata da Nolan nello spazio di sette giorni, con un triplice sguardo pronto a posarsi sulle cronache e sugli eroismi accaduti tra mare e terra e cielo: i giovani soldati che su quella costa tentano di tutto per non essere travolti dalla guerra e morire, i civili che mettono a disposizione le loro imbarcazioni, un eroe del volo che combatte contro la furia della Luftwaffe. Durata 106 minuti. (Ambrosio sala 2, Lux sala 1, Uci)

 

Easy – Un viaggio facile facile – Drammatico. Regia di Andrea Magnani, con Nicola Nocella, Libero De Renzo e Barbara Bouchet. Isidoro, detto Easy, è un ragazzone sovrappeso, solo e depresso. Il fratello Filo, che della furbizia e dell’arte di arrangiarsi ha fatto la sua ragione di vita, lo incarica di portare in Ucraina la bara con dentro il corpo di un suo operaio, vittima di un incidente sul lavoro. Un lavoro che dovrebbe andare liscio come l’olio: se Easy non incrociasse un cartello sbagliato e la strada sconosciuta non lo portasse al centro di un paese sconosciuto. Durata 91 minuti. (Massimo sala 2)

 

Emoji, accendi le emozioni – Animazioni. Regia di Tony Leondis. Protagonisti gli emoticon, ovvero quelle belle faccine gialle che vi compaiono sugli smartphone. I quali non riescono ad entrare nelle connessioni del giovane Alex con la propria ragazza; inoltre uno di questi emoji, Gene, non riesce a mantenere l’unica espressione che gli è consentita. Servono aggiustamenti. Durata 86 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

L’incredibile vita di Norman –Commedia. Regia di Joseph Cedar, con Richard Gere, Charlotte Gainsbourg, Steve Buscemi, Lior Ashkenazi e Michael Sheen. La professione di Norman Oppenheimer è quella di creare appetitosi contatti tra i mondi finanziario e politico newyorkesi, di mettersi in bella e lucrosa luce con quella comunità ebraica americana che tesse parecchi fili. Più o meno preso sul serio, più o meno veramente in relazione con tutti quelli con cui afferma di essere in contatto. E la vita andrebbe avanti così, se un giorno non s’imbattesse in un deputato israeliano in odore di divenire premier. Che cosa accadrà quando questi, raggiunta la carica, offrirà a Norman un caldo abbraccio proprio davanti a chi conta? Ancora il culto dell’”immagine” (e dei quattrini): ma siamo sicuri che il potere paga (e appaga) sino in fondo? Durata 112 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Romano sala 2, Uci)

 

L’inganno – Drammatico. Regia di Sofia Coppola, con Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst e Elle Fanning. L’autrice del “Giardino delle vergine suicide”, di “Lost in translation” e di “Marie Antoinette” traduce ancora per lo schermo The Beguiled, il romanzo scritto da Thomas Cullinan e trasposto da un vigoroso Don Siegel nel 1971, qui da noi “La notte brava del soldato Jonathan”, interprete Clint Eastwood. La storia di John McBurney, caporale dell’esercito dell’Unione, ferito e scovato in piena guerra di Secessione in Virginia, nella piantagione che è accanto ad un collegio di ragazze, dove Kidman è la direttrice, Dunst una delle insegnanti, Fanning una allieva, tutte colpite dal fascino del bel militare. Il nemico non verrà consegnato, ma curato e inserito nella piccola comunità: ma quando sarà l’uomo a voler guidare il gioco della seduzione che inevitabilmente s’inserisce tra lui e le donne della casa, ecco che ne uscirà vittima. Riproposta dell’autrice davvero inutile, a tratti persino ridicola e imbarazzante (salveremmo soltanto l’interpretazione della Dunst) cui una distratta giuria ha consegnato a Cannes un Premio per la regia. Durata 94 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Chico, Greenwich sala 2, Reposi, Uci)

 

L’intrusa – Drammatico. Regia di Leonardi di Costanzo, con Raffaella Giordano e Marcello Fonte. Uno dei tanti panorami cinematografici che tra malavita, camorra, musicarelli, drammi e commedie stando invadendo gli schermi, a metà tra tra pubblicità e voglia di riscatto. Venezia ultima docet. Qui solita periferia problematica, disadattati, una donna, Giovanna, venuta dal Nord a guidare un doposcuola per un gruppo di bambini che lì dovrebbero trovare un ambiente felice: la presenza della moglie di un camorrista e della sua bambina spinge le altre madri a ribellarsi mentre per Giovanna significa andare avanti con la propria lotta verso un generale inserimento. Durata 95 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Kingsman: il cerchio d’oro – Azione. Regia di Matthew Vaughn, con Colin Firth, Taron Egerton, Julienne Moore e Channing Tatum. Seconda puntata degli ironici agenti segreti sulla scia di James Bond 007, camuffati dietro una sartoria londinese che nasconde il gruppo capitanato da un molto british Harry Hart, decisamente redivivo se nella puntata precedente il cattivo di turno era riuscito a mandarlo a miglior vita. Questa volta, guerrescamente rimesso in sesto, se la deve vedere con la narcotrafficante Moore, feroce e sorridente, che ha delle soluzioni finali di tutto rispetto per i propri nemici. Una gran bella dose d’ironia, inseguimenti e lotte come raramente se ne vedono, un ritmo invidiabile, una ferocissima Moore troppo amante del tritacarne e di hamburger sui generis. Divertimento assicurato. Un po’ troppo lungo ma ti siedi poltrona e non pensi a nient’altro. Durata 141 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

madre! – Thriller. Regia di Darren Aronofsky, con Javier Bardem, Jennifer Lawrence, Ed Harris e Michelle Pfeiffer. Prova innegabile che il cinema dell’autore del “Cigno nero” e di “Noah” o lo si ama o lo si respinge. Gran guazzabuglio a Venezia, salvata la sola Jennifer ma i buuu non sono certo mancati. Nella casa solitaria in cui vivono uno scrittore in cerca d’ispirazione e la moglie entra un’intrigante e sconosciuta e misteriosissima coppia. La loro vita non sarà più quella di prima. Certo Aronofsky esce da ogni schema, rivoluziona, azzarda ma crea un film che spinge ancora alla discussione, e questo non è affatto male in questa nostra epoca quantomai piatta. Durata 117 minuti. (Ideal, Uci)

 

Noi siamo tutto – Commedia drammatica. Regia di Stella Meghie, con Nick Robinson e Amanda Stenberg. Al romanzo si è già appassionato un numero enorme di persone, ora sullo schermo l’incontro tra la diciottenne Maddy, che una malattia tiene rinchiusa tra le pareti della sua casa, impossibilitata ad avere alcun rapporto esterno, e il suo nuovo vicino Olly. Durata 96 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, The Space, Uci)

 

Renegades – Commando d’assalto – Azione. Regia di Steven Quale, con J.K. Simmons , Sullivan Stapleton e Sylvia Hoeks. Un gruppo di militari, una missione in Bosnia, la scoperta sul fondo di un lago di un carico di barre d’oro che possono valere intorno ai 300 milioni di dollari. Il recupero è una scommessa, il peso del bottino è enorme, bisogna fare in fretta dal momento che i serbi sono già troppo vicini. Durata 105 minuti. (The Space, Uci)

 

Una famiglia – Regia di Sebastiano Riso, con Micaela Ramazzotti e Patrick Bruel. Altro arrivo dalla selezione ufficiale veneziana, successo pallido. Ambiente ancora romano, ancora una coppia, momenti drammatici, una qualche realtà di oggi, una giovane donna che il più che ambiguo compagno spinge a sfornare figli che poi verranno venduti a quelle ricche coppie che i figli non li possono avere. Durata 97 minuti. (Massaua sala 1)

 

L’uomo dai mille volti – Thriller. Regia di Roberto Rodriguez, con Eduard Fernandez, José Coronado e Marta Etura. Nella Spagna degli anni Novanta, Francisco Passa, ex agente segreto del governo spagnolo, è coinvolto in un caso di estorsione durante la crisi del Gruppo Armato di Liberazione ed è costretto a fuggire dal paese. Rientrato anni dopo, riceve la visita di Luis Roldàn, ex direttore della Guardia Civil, e di sua moglie che gli offrono una ingente somma in cambio dell’aiuto per salvare un miliardo e mezzo di pesetas sottratte ai fondi pubblici. Per Francisco è il momento di dare il via alla propria vendetta. Durata 122 minuti. (Classico)

 

Valerian e la città dei mille pianeti – Fantascienza. Regia di Lui Besson, con Dane DeHaan e Cara Delevingne. Una storia che vediamo soltanto oggi sugli schermi ma alla quale l’autore di “Nikita” pensava da almeno due decenni. In un lontanissimo futuro, Valerian e Loreline sono incaricati di una missione presso Alpha, metropoli immersa negli spazi galattici. Creature dai lunghi arti, con contorno di cattivi di vario genere e mostri famelici. Tecniche di ultimissima generazione, musiche assordanti, scenografie pronte a infiammare ogni immaginazione. Durata 140 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

Dall’arte rinasce la cultura politica di opposizione

Il titolo della mostra PolisGraphics è una dichiarazione di intenti: si vogliono infatti documentare alcuni lavori realizzati a partire dagli inizi del XXI secolo da ventisette grafici, artisti, artieri, illustratori, architetti, designer italiani di varie generazioni sul tema della polis intesa nell’ accezione ampia del termine: città, comunità, democrazia, autonomia, e come radice etimologica del termine politica. Politique d’abord e Art without Boundaries quindi, citando l’intestazione del seminale libro di Gerard Woods, Philip Thompson e John Williams (Thames and Hudson, 1972).

PolisGraphics però non è un’esposizione nostalgica di situazioni storiche precedenti di art engagé, e un po’ dépassé. È un florilegio più spregiudicato, irriverente e attuale, che vuole contraddire il luogo comune per cui oggi latiterebbe l’opposizione, soprattutto giovanile. Le installazioni e gli artefatti esposti, quasi tutti autoprodotti, sono espressioni di un pensiero eccentrico, davvero “laterale”. A esempio la coppia, formatasi per l’occasione, composta da Mauro Bubbico e Mario Cresci, invita a considerare “la tradizione come rivoluzione”, in una lettura diversa, persino “avanguardista” della cultura popolare, e del Sud come terra eletta per un nuovo tipo di progettazione, anche esistenziale. Claudio Calia invece celebra il Nord come terreno di coltura di nuove forme di contestazione, pratica e teorica, illustrando a fumetti le lotte contro la TAV, le ultime riflessioni di un “buon maestro” come Toni Negri e tracciando, a livello nazionale, una mappa dei centri sociali presentata da Zerocalcare. Accuse alla mercificazione dell’arte e del design sono avanzate da Ugo La Pietra che rende omaggio all’ Ezra Pound di Contro l’Usura e, in più “comiche” modalità, da Undesign. Tommaso Tozzi, tra i promotori delle culture cyberpunk in Italia, difensore dei diritti digitali, creatore di centri sociali virtuali, propone un quadro sinottico di suoi lavori riuniti sotto il titolo emblematico Hacker Art. Un trio formatosi per l’occasione, composto da Marco Calabrese, Alessandro Scali, Mauro Gottardo illustra prove di passaggio dal digitale all’analogico e al “pensiero manuale”, attraverso un apparecchio steampunk come il Giphoscope creato e fabbricato dai primi due e gli stupefacenti disegni a penna a sfera di Gottardo: per loro la polis è quella sovrappopolata e degradata, così come si è configurata dagli anni ’60, ed è destinata a essere occupata da nuove comunità di mosche, piccioni e topi. E ancora Mary Tremonte, attivista lesbica discepola della studiosa femminista Silvia Federici, turba e delizia con le sue risografie e serigrafie per Queer Scouts; Franco Ferrero ironizza su certo immaginario maschile e Andrea Vecera denuncia vere violenze sulle donne. Quattro autori rialzano bandiere: in quella rossa di Leandro Agostini della falce e del martello restano solo i manici, e l’inno diventa Avanti pop; nella stampa lenticolare di Jorrit Tornquist la vista del nostro stellone è turbata da un’ambigua percezione di emblemi rosso-neri; negli stendardi di Nicolò Tomaini e Andrea Mariscotti i simboli dei “nuovi regimi” social del web interferiscono con quelli totalitari di un tempo, del comunismo e del nazismo. Una simile direzione di ricerca è imboccata anche da Massimiliano Zoggia con un assemblage “omografico”. La FIAT poi, in una esposizione di questa natura allestita a Torino, non poteva mancare: così Mario Benvenuto celebra la vecchia cosiddetta Officina Stella Rossa nella quale erano concentrati i “sovversivi”, mentre i Diversi Associati ridisegnano la pianta, e indicano una futura e insieme antica destinazione a parco di Mirafiori. Di altri artieri si affiggeranno manifesti per partiti d’invenzione e polemici verso le politiche urbane e culturali correnti con i loro slogan, a partire dal non identificato “Banksy di Torino” che tra gli altri ha preso di mira la Sindaca Appendino con Pugn e mes, d’après Armando Testa; Sergio Cascavilla con Né a destra né a sinistra ma con i vincitori; Guerrilla Spam con Shit art fair, dedicato alla fiera Artissima e a Maurizio Cattelan; ed Elio Varuna con Per il ritorno delle barriere estetiche. Ecco, il rischio è forse, rinviando al Giorgio Bárberi Squarotti di Poesia e ideologia borghese (Liguori 1976), di confondere l’ingiustizia economica e sociale con l’insufficienza estetica e progettuale del mondo. Ma per i curatori della mostra, e per molti invitati più “disciplinati” principiando dalla giovane talentuosa Silvia Virgillo, dal rigoroso, architetturale artista e designer in bianconero Marcello Morandini e dal policromo, sofisticato “artiste décorateur” Alessandro Moreschini, si può teoricamente sostenere, in un ludo verbale maccheronico, che estetica etica est. La mostra PolisGraphics è stata concepita e organizzata nel contesto del programma culturale collaterale ai Torino Graphic Days, di Torino Design of the City, settimana di incontri, esposizioni e workshop dedicati al design e all’assemblea della World Design Organisation (WDO)™.

Artieri di tutto il mondo unitevi!

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Scheda di Mostra

PolisGraphics. Nuove arti applicate “impegnate”

Curatela: Enzo Biffi Gentili con Michele Bortolami, Tommaso Delmastro

e Lorenza Bessone per il Seminario Superiore di Arti Applicate/MIAAO

della Congregazione dell’Oratorio di Torino

con un apporto critico di Carlo Branzaglia

Sede: Galleria Sottana del MIAAO Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi

via Maria Vittoria 5. 10123 Torino Italia

Periodo di svolgimento: dal mercoledì 11 al martedì 31 ottobre 2017

Inaugurazione: mercoledì 11 ottobre ore 18. Finissage: martedì 31 ottobre, Halloween.

Giorni di apertura: dal martedì alla domenica, lunedì chiuso. Ore 15-20

INGRESSO LIBERO

Info: T +39 (0)11 561 11 61(ore 9-13) M miaao.museo@gmail.com S https://miaao.jimdo.com/

Riprende a Torino la stagione delle mostre d’autore

Mirò da oggi, 4 ottobre,è protagonista a Torino con la mostra di Palazzo Chiablese “ Mirò! Sogno e colore” e domani, 5 ottobre, alla Galleria Salomon con le sue litografie originali. La Galleria di via Torquato Tasso porta all’attenzione del pubblico un’altra produzione artistica del maestro catalano, proponendo, fino al 24 dicembre, una selezione di sue litografie originali : una quarantina circa, tutte realizzate nel periodo compreso tra gli Anni Cinquanta e gli Anni Ottanta, gli anni di Maiorca, gli stessi rappresentati nella mostra di Palazzo Chiablese attraverso le sue tele e sculture. Vi si ritrova infatti lo stesso linguaggio espressivo, vivace, colorato, surreale, visionario. I soggetti delle litografie sono soli, lune, stelle, occhi, figure femminili, uccelli. Figure stilizzate che però nascondono, come spiegano alla Galleria, “ dietro un’apparente semplicità e leggerezza, un’essenza più complessa, espressione di riflessioni profonde e costantemente in ricerca della dimensione surreale”. A questo proposito ci sovviene la frase di André Breton : “ Mirò è “ il più surreale di noi tutti”. E il rapporto con i suoi contemporanei è testimoniato ad esempio dall’influenza che esercitò su di lui Gaudì. Ma non solo l’arte contemporanea lo affascinò : basti pensare alla passione per la grandiosità delle manifestazioni artistiche delle culture preistoriche; per la pittura rupestre; per l’arte pre-colombiana; per gli affreschi romanici della Catalogna… I decenni conclusivi della sua attività rivelano collegamenti con la pittura astratta americana e il potere su di lui esercitato dall’estetica e dalla filosofia orientale ( nel 1966 è in Giappone, a Tokyo e a Kyoto) . Gli ultimi anni ( 1956-1981) sono gli anni della revisione e del rinnovamento, in cui intensifica il grado di espressività, approdando a nuove forme di scrittura , attraverso l’utilizzo della ceramica, del disegno, della realizzazione di arazzi, dell’illustrazione di libri. E’ in questa fase – quella rappresentata nella sezione della mostra di Palazzo Chiablese intitolata “ Metamorfosi plastica” che si rivela un Mirò ribelle e anticonformista, un Mirò sperimentatore e innovatore al di là degli schemi.  I visitatori della mostra potranno anche addentrarsi nel suo atelier, ricostruito scenograficamente con gli oggetti originali in una parte degli spazi di Palazzo Chiablese, introdotti dallo stesso artista, che rivive in un pannello sagomato. Proprio quell’atelier che rappresentò uno spazio tutto suo, dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli nel periodo dei suoi ultimi anni trascorsi nella sua amata Maiorca.

Mauro Reverberi

(foto di Elena Patria, in alto  con la direttrice del Polo Museale del Piemonte, Dalia Radeglia)

GPL, il nastro di memorie

Sono già diverse centinaia di persone che si sono immerse nell’incredibile progetto di GPL alla Cavallerizza Reale di Torino. Sui tre spazi di questo stupendo palazzo del regno sabaudo è stato srotolato un lungo nastro in foglio di alluminio che per oltre trecento metri attraversa i diversi luoghi dell’edificio, sia nell’interno che sulla facciata, creando così un anello che unisce diciotto oggetti, memorie di lontane presenze che abitarono questo edificio. Negli anni la stratificazione delle presenze nella maestosa Cavallerizza Reale è stata particolarmente varia, ora un lungo nastro argentato ne raccoglie diciotto presenze, selezionate ognuna attraverso un piccolo manufatto rappresentativo. Una spilla, un orsetto, un fiore di plastica sono alcuni degli oggetti che in forma archeologica ritornano presenze in questo luogo antico.

Ora questi articolati locali sono nuovamente vissuti attraverso il progetto GPL (Grandi Progetti Leggeri) che Anna Ippolito e Marzio Zorio hanno attivato in collaborazione con la sezione delle Arti Visive della Cavallerizza Irreale. Il progetto è il primo di una rassegna che si svilupperà nei prossimi mesi con iniziative uniche ed irripetibili. Un incredibile progetto dell’artista Domenico Olivero sui tre piani di questo maestoso palazzo. 300 metri di nastro in alluminio, che passano nelle decine di stanze, creando un percorso circolare. Le relazioni fra lo spazio e il progetto crea un’atmosfera diafana che sensibilizza le nostre memorie.

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Orario apertura Sabato e Domenica dalle 15,30 alle 18,30, dal Martedì al Venerdì GPL è aperto su richiesta telefonando ai numeri +39 338 142 6301 / +39 349 715 7404, ingresso libero, fino al 15 Ottobre 2017.

Poesia e trasgressione, il cammino di un maestro del Novecento

Ben 130 opere, quasi tutti olii di grande formato, prestate dalla Fundaciò Pilar i Joan Mirò di Maiorca per illustrare l’attività del maestro catalano in un lungo periodo che corre tra gli anni 1956 e 1983, l’anno della sua morte, novantenne. Un lungo periodo legato alla tranquillità della “sua” isola, l’isola della madre e dei nonni materni, una grande casa immersa in una natura protettiva, un luogo dove concretizzare il desiderio di dipingere in uno spazio tutto suo, nel silenzio, la compagnia dei soggetti che più il maestro aveva amato, le donne, gli uccelli, i paesaggi. Le ultime prove, sino ai colori abbandonati accanto alla tavolozza, quelle della pittura più materica, i quadri “fatti con le dita e dal colore steso con i pugni spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo”. Joan Mirò – una mostra cui con facilità s’avvicinato i termini “sogno e colore”, Mirò poeta e artefice della trasgressione.

130 opere, la dimostrazione dell’idea che l’artista portò avanti per tutta la vita circa la vitalità del proprio lavoro: ovvero una parte reclamata per se stesso, un soffio che s’avvicina ad un monologo interiore, ed una pubblica, forse persino più desiderata, colloquiante con il pubblico. Un percorso che attraversa le sale di palazzo Chiablese (sino al prossimo14 gennaio) suddividendosi in cinque sezioni, “Radici”, “Principali influenze artistiche di Mirò”, “Maiorca, gli ambienti in cui creava”, “La metamorfosi plastica (1956 – 1981)”, “Vocabolario di forme”. Partendo quindi da un legame spirituale che l’artista instaura con la natura, intravedendo l’importanza delle culture primitive e della pittura rupestre, la purezza di linee che affonda nei dipinti preistorici, la visione delle costruzioni dell’isola di Pasqua e le opere dell’arte precolombiana, il vasto campo degli affreschi romanici della sua Catalogna. Non ultima l’importanza della figura di Antonio Gaudì nel proprio universo artistico. E ancora lo spazio che la poesia viene ad occupare nell’intera produzione, il predominio delle parole, delle iscrizioni e dei segni utili a stabilire la magia che sfocia in complessi significati e in sorprendenti catene d’associazioni; o ancora quello occupato dalla pittura astratta americana, l’uso del colore inteso come esplosione è uno dei tanti legami.

Il tutto ricreato nell’ampio spazio – in mostra in parte rappresentato – affidato all’amico architetto Josep Lluis Sert o nella grande casa settecentesca, Son Poter, in cui possono anche trovar posto via via la ceramica, come l’incisione e la litografia, la scultura monumentale e le opere più grandi, o la sperimentazione che abbraccia graffiti, statuette di arte popolare, cartoline, ritagli di giornale, sassi, conchiglie e altro ancora. Un angolo di espressione e di tranquillità in cui ancora Mirò può dedicarsi a rivedere le proprie opere degli anni Quaranta e Cinquanta e a ricavarne nuove suggestioni, può confrontarsi con l’arte orientale, può sperimentare quel nuovo gesto innalzato e acuito nella propria espressività: per abbandonarsi, al termine di una vita, a cieli stellati, a nude linee femminili, a personaggi ibridi in opere costellate da teste, occhi e uccelli, ineguagliabili espressioni di libertà.

“Mirò. Sogno e colore”, che riapre forse a Torino la stagione delle grandi mostre – ricordando soltanto l’involucro di palazzo Chiablese ritornano alla memoria la Lempicka, Matisse e Toulouse-Lautrec -, vede la collaborazione del Gruppo Arthemisia e il sostegno della Regione Piemonte e della Città di Torino, “offrendosi come momento per rinnovare un confronto attivo tra i Musei Reali e le amministrazioni del territorio”, come ha sottolineato Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali torinesi.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini:

 

Mirò 1

Joan Mirò, Untitled, 1974 ca, acrylic on canvas, 162,5×130,5,  © Successiò Mirò by SIAE 2017, Archive Fundaciò Pilar i Joan Mirò a Mallorca, foto: Joan Ramòn Bonet & David Bonet

 

Mirò 3

Joan Mirò, Femme danno la rue, 1973, oil on canvas, 95×130,  © Successiò Mirò by SIAE 2017, Archive Fundaciò Pilar i Joan Mirò a Mallorca, foto: Joan Ramòn Bonet & David Bonet

 

Mirò 4

Joan Mirò, Maqueta para Gaudì X / Maquette for Gaudì X, 1975 ca, gouache, ink, pencil, pastel and collage on paper, 30,2×25,2,  © Successiò Mirò by SIAE 2017, Archive Fundaciò Pilar i Joan Mirò a Mallorca, foto: Joan Ramòn Bonet & David Bonet

 

 

Mirò 2

Joan Mirò, Untitled, 1968-72, oil, acrylic, charcoal and chalk on canvas, 130,6×195,5,  © Successiò Mirò by SIAE 2017, Archive Fundaciò Pilar i Joan Mirò a Mallorca, foto: Joan Ramòn Bonet & David Bonet

 

Drammaturgia n.1

Le poesie di Alessia Savoini
***
Odore di pioggia,
Di cielo che cola,
plana a gocce
Il dipinto astrale che si scioglie.
Lei leggeva Dostoevsky
Stringendo tra le dita una sigaretta spenta,
Alle sue spalle il mondo si sgretolava
Senza perdere i contorni.
S’affollavano i drammi tra quei capelli arancioni
Tanti
E l’amore che per ogni donna provò
Non trovò resistenza alla poesia.
Nella selva lacustre
Sullo specchio in cui s’annega,
Se troppo in largo lo sguardo si volge,
Spolveravamo i corpi dalle vecchie abitudini.

Regio, Noseda inaugura con “Tristano e Isotta”

 

Martedì 10 ottobre, alle ore 19, il Regio inaugura la Stagione 2017-2018 con Tristano e Isotta di Richard Wagner. Gianandrea Noseda, sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio, interpreta per la prima volta la partitura simbolo di tutta la produzione wagneriana. L’allestimento, proveniente dalla Opernhaus Zürich, ha la regia di Claus Guth, celebre Theaterregisseur tedesco che porta per la prima volta il suo Tristano in Italia.Anche per questa Stagione Intesa Sanpaolo – Socio Fondatore del Teatro – conferma il proprio impegno con il Regio assicurando la partnership alla produzione inaugurale, l’appuntamento più atteso della Stagione. Il sostegno di Intesa Sanpaolo al Regio rientra in un più ampio rapporto di collaborazione che vede la Banca al fianco del Teatro nella realizzazione delle sue grandi produzioni.

Vittorio Meloni, Direttore Relazioni Esterne Intesa Sanpaolo, commenta: «In questi dieci anni di storia, Intesa Sanpaolo ha mantenuto forte e saldo il legame con Torino, di cui il Teatro Regio è uno dei simboli. Il rapporto con il Regio rientra in un progetto strategico di promozione della cultura e del patrimonio artistico che ci rende non un semplice sostenitore esterno, ma partner attivo e presente della città dove il Gruppo è nato e dove ha sede».

L’allestimento di Zurigo, che richiede una complessa realizzazione scenica, viene presentato per la prima volta in Italia. Per questa speciale occasione Lavazza ha contribuito alla realizzazione dello spettacolo finanziando il girevole per il palcoscenico, appositamente progettato e realizzato per il Regio; un importante elemento scenotecnico che entrerà a far parte del patrimonio del Teatro.

Giuseppe Lavazza – Vice Presidente del Gruppo – dichiara: «Lavazza è da sempre impegnata nel sostegno all’arte e allo stesso tempo fortemente radicata al proprio territorio d’origine. È per noi importante sostenere i luoghi in cui la cultura prende vita, oltre che un grande motivo di orgoglio poter accrescere il patrimonio del Teatro Regio di Torino con un nuovo elemento in grado di rendere gli spettacoli ancora più coinvolgenti ed espressivi».

 

L’Orchestra e il Coro del Teatro Regio sono diretti da Gianandrea Noseda, attento interprete del repertorio tardoromantico. La lettura del Direttore musicale del Regio sottolinea l’immensa ricchezza che il Tristano porta con sé, partitura cardine della Storia della Musica che illumina l’alba del Novecento musicale. Per Noseda, l’imponente capolavoro di Wagner è il poema della passione e della notte, dell’amore e dell’assoluto, è, in definitiva, la musica del desiderio.

La regia è affidata a Claus Guth che immerge i tre protagonisti – Tristano, Isotta e Marke – in un lungo piano sequenza cinematografico, metafora del continuo fluire della musica di Wagner e dell’incrocio dei destini dei personaggi. Guth propone, oltretutto, un interessante parallelismo che unisce arte e vita: immagina che Tristano, Isotta e Marke siano Wagner, la sua amante Mathilde Wesendonck e suo marito Otto, in un gioco di rimandi e riflessi che invita a riflettere sul confine tra realtà e finzione. Per realizzare appunto questo continuo piano sequenza, il Regio avrà a disposizione, per la prima volta, un apposito girevole, realizzato con il sostegno di Lavazza. Le scene riproducono gli interni di Villa Wesendonck, situata a Zurigo, luogo nel quale Wagner e Mathilde si legarono sentimentalmente durante la genesi del Tristano.

In questa produzione, Tristano è il tenore Peter Seiffert, celebrato artista dalla carriera internazionale, riconosciuto oggi quale uno dei migliori heldentenor del repertorio wagneriano, artista di casa al Festival di Bayreuth e protagonista di indimenticabili incisioni con Barenboim, Tate, Sinopoli, Mehta. Isotta è il soprano Ricarda Merbeth, artista richiesta in tutti i principali teatri del mondo, dedita al repertorio tedesco con una invidiabile carriera al Festival di Bayreuth che, da più di un decennio, le affida i principali ruoli drammatici delle produzioni di punta. Steven Humes è il basso che interpreta re Marke. Già al Regio per la produzione inaugurale de L’Olandese volante, torna nel nostro teatro con uno dei personaggi che più ha saputo scolpire con la sua interpretazione plasmata da un declamato di altissima intensità teatrale. Completano il cast il baritono Martin Gantner nel ruolo di Kurnewal, il mezzosoprano Michelle Breedt nel ruolo di Brangäne, il tenore Jan Vacík nei panni di Melot, il tenore Joshua Sanders (artista residente al Regio per la Stagione 2017-2018, scelto da The Opera Foundation per una borsa di studio nel nostro Teatro) interpreta un pastore, mentre il marinaio è interpretato da Patrick Reiter. Durante le sette recite, ai protagonisti già citati si alterneranno, nei giorni 11, 14 e 17 ottobre, nel ruolo di Tristano Stefan Vinke, tenore dalla carriera internazionale è stato Tristano a Bayreuth, Siegfried al Metropolitan di New York, alla Wiener Staatsoper e alla Bayerische Staatsoper. Isotta sarà Rachel Nicholls, soprano inglese con all’attivo collaborazioni con Valery Gergiev, John Eliot Gardiner e Colin Davis. Scene e costumi di questo allestimento sono di Christian Schmidt e le luci di Jürgen Hoffmann. Assistente di Claus Guth è Arturo Gama. Il Coro del Teatro Regio è istruito da Claudio Fenoglio. 

Tristano e Isotta è la tormentata storia di due giovani che, stregati da un potente filtro, si uniranno in un inscindibile amore. Durante un’appassionata notte, nei giardini del castello di re Marke, i due vengono sorpresi. Il fatto scatena una violenta colluttazione, provocata dalla gelosia del re, nella quale Tristano cade ferito gravemente. In preda al dolore, Tristano troverà un’ultima grande consolazione nel rivedere Isotta e, nel suo abbraccio, abbandonarsi alla morte. Nel canto supremo di Isotta, il celebre Liebestod, anche lei si congeda dal mondo unendosi in un amore eterno a Tristano che, inevitabilmente, deve passare attraverso la morte; proprio sulle note del leitmotiv della “felicità” Isotta cade esanime sul corpo di Tristano. Il libretto, scritto dallo stesso Wagner, è rivestito da un fluire pressoché ininterrotto di musica, un flusso perpetuo che preannuncia l’eternità, aspetto particolarmente valorizzato in questo allestimento. L’indeterminatezza temporale, oltretutto, è rafforzata da una dimensione spaziale indefinita. L’ascoltatore viene immerso simultaneamente in due dimensioni: quella umana, appartenente al re Marke, sorretto da un linguaggio armonico tradizionale, e quella trascendentale, appartenente a Tristano e Isotta, avvolti da una musica profondamente cromatica, che rasenta l’atonalità. L’opera, in tre atti, avrà una durata complessiva di circa quattro ore e quarantacinque minuti, con due intervalli di circa trenta minuti dopo l’Atto I e dopo l’Atto II.

Anche per la Stagione 2017-2018 è stato confermato l’accordo tra il Teatro Regio e Rai-Radio3 per la trasmissione in diretta delle opere in programma. La diretta radio del Tristano e Isotta, curata da Susanna Franchi, sarà martedì 10 ottobre alle 19.

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Biglietti in vendita alla Biglietteria del Teatro Regio, piazza Castello 215 – Tel. 011.8815.241/242, presso Infopiemonte-Torinocultura, nei punti vendita Vivaticket, on line su www.vivaticket.it e telefonicamente al n. 011.8815.270. Info – Tel. 011.8815.557 e www.teatroregio.torino.it.

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In occasione del titolo inaugurale, è previsto un ricco programma di iniziative e incontri:

Intorno a Tristano e Isotta

Mercoledì 4 ottobre ore 17.30, Piccolo Regio Puccini

Conferenza: Tristano e Isotta. Un viaggio rivoluzionario verso la trasfigurazione

Mercoledì 11 ottobre ore 17.30, Piccolo Regio Puccini

Incontro: Opera e Dramma. Wagner e l’opera d’arte totale

Lunedì 16 ottobre ore 17.30, Goethe-Institut Turin, Piazza San Carlo 206

Conferenza: Richard Wagner e Franz Liszt. I rapporti fra due colossi della musica tedesca

Mercoledì 18 ottobre ore 17.30, Piccolo Regio Puccini

Conferenza-spettacolo: Intervista impossibile a Richard Wagner

Ingresso € 5

Giovedì 19 ottobre ore 14.30, Università degli Studi di Torino, Sala Laurea Scienze Umanistiche, Via Sant’Ottavio 20, Torino 

Convegno: Wagner e la passione

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5 domande a Gianandrea Noseda

di Susanna Franchi

www.sistemamusica.it

Maestro Noseda, è la prima volta che dirige Tristano e Isotta, ma si ricorda la prima volta che l’ha ascoltato in teatro?

«Me lo ricordo. A Bayreuth con Daniel Barenboim che dirigeva e le voci di Siegfried Jerusalem e Waltraud Meier: spettacolare! La magia di sentire il Tristano quando non vedi né direttore né orchestra e quindi il suono nasce dal niente… Quando ho iniziato a dirigere Preludio e morte di Isotta, inizio e fine dell’opera, in forma di concerto, continuavo a pensare a quell’immagine della sala che diventa buia, a quel suono che nasce dal nulla che mi ha stregato, perché non si può riprodurre».

Se Tristano e Isotta non esistesse, la storia della musica sarebbe diversa?

«È difficile ragionare con i se e con i ma, ma sono convinto che sarebbe andata in un’altra direzione, anche se non so dire quale! È incredibile il cambio di marcia che Wagner compie con Tristano. Io adoro Lohengrin, penso che sia un’opera stupenda, poi arriva Tristano e pensi: ma il Lohengrin non faceva percepire il Tristano! Da dove salta fuori? Sì, è vero, Wagner aveva già iniziato il Ring e lo interrompe per scrivere Tristano, però… Nel Tristano c’è una facilita di mano, di scrittura incredibile per una pagina così nuova».

Quindi è più un’opera di amore o di morte?

«Di entrambe, perché l’amore non può esistere senza la morte. Tristano è il tentativo spasmodico di un essere umano, di Wagner, di creare, di ricreare una continua situazione di estasi. E ci riesce: dove tutto è bello, dove l’estasi si prolunga, dove il momento del godimento e dell’amore si può prolungare nel tempo. E quando arriva al suo acme tu muori, è una musica dove amore e morte si abbracciano e si baciano intensamente».

In quest’opera la notte quanto è importante?

«La notte ti permette di essere te stesso, di giorno devi assumere il tuo ruolo formale, quello che la società ti ha dato. Di giorno sei Il cavaliere al servizio del re, nella notte sei Tristano, sei il vero te stesso».

Quali sono le difficoltà per l’orchestra? La concentrazione? La tenuta?

«Sicuramente, perché è un’opera lunga, però la tenuta di per sé è una questione di resistenza. Quello che bisogna ottenere è di trattarla come se fosse una grande opera di musica da camera, cosa che ovviamente non è perché ci sono tante masse che suonano: ma tutto deve essere intelligibile».

 

 

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Attraverso gli autori antichi nascono i sentimenti e il divertimento di oggi

Edizione numero 19 per il Festival di cultura classica che anche quest’anno suona la campanella d’inizio al teatro Erba per le varie stagioni di Torino Spettacoli. Caldeggiato e guidato in anni ormai lontani da due donne un po’ davvero speciali come Germana Erba e Adriana Innocenti – e oggi svolto sotto il lavoro appassionato di Piero Nuti -, il festival vuole essere la testimonianza di come certa letteratura antica, certi titoli di autori latini e greci non siano certo, come a volte ci costringono a credere i programmi scolastici, bauli pieni di polvere e di messaggi ormai troppo slabbrati, ma al contrario possano riportare all’oggi la concretezza di certi sviluppi drammaturgici, il divertimento che ne nasce, l’attualità che concetti e avventure, sentimenti e ritrovamenti, personaggi appartenuti a classi sociali diverse si portano appresso, non esclusa una serpeggiante carica erotica che rientra appieno nel nostro quotidiano. Primo appuntamento questa sera con lo spettacolo-conferenza Ciò che uno ama, dedicato ai poeti lirici greci (alle ore 21). Si entrerà nel vivo giovedì 5, con repliche fino a lunedì 16 ottobre, con Rudens/Ridens… tutto in una tempesta!!, che Gian Mesturino e Girolamo Angione (a questi è affidata anche la regia) hanno tratto da Plauto, una divertente commedia di rapimenti e di agnizioni, di lenoni che rapiscono ragazze e di innamorati che s’inguaiano pur di salvarle, di naufragi e di funi che riportano a galla scrigni miracolosi e preziosissimi. Seguiranno Cicerone (“Pro Coelio” è oggi “Processo a un seduttore”, “De senectute” è “L’arte di saper invecchiare”, grazie a Nuti), Aristofane con Gli Acarnesi, ancora Plauto con i comicissimi Pseudolus e Miles gloriosus, tutti spettacoli che passano attraverso gli attori affermati e quelli giovanissimi di Torino Spettacoli. Alla compagnia della Strigide è affidato L’isola perduta, un percorso che corre tra Tucidide ed il poeta Ritsos, tra l’egemonia di ieri e i profughi di oggi, mentre il Teatro Libero di Palermo proporrà Manhattan Medea, testo della drammaturga tedesca Dea Loher, che pone il dramma della antica maga tra le strade americane del ventesimo secolo, una nuova fuga degli amanti e una nuova vendetta, con un epilogo ripensato oggi che spetterà al pubblico scoprire. Il festival terminerà il 30 ottobre.

Elio Rabbione

 

Nella foto. Elia Tedesco in “Rudens” di Plauto, drammaturgia di Gian Mesturino e Girolamo Angione, regia di Girolamo Angione, prod. Torino Spettacoli (teatro Erba, dal 5 ottobre)