CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 691

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

Benedetta follia – Commedia. Regia di Carlo Verdone, con Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Lucrezia Lante della Rovere e Paola Minaccioni. Guglielmo, in depressione stabile, è il proprietario di un negozio di arredi sacri e abbigliamento d’eccellenza, per il piacere e l’eleganza della moltitudine di porporati romani. Depresso anche per il fatto che la moglie lo ha appena abbandonato perché innamorata proprio della commessa del suo negozio: quando come un ciclone entra nella sua vita una ragazza di borgata. Opera con un buon inizio se poi non prendesse la strada delle vogliose signore che in un modo o nell’altro vogliono accaparrarsi il misero quanto problematico single. Con una comicità che fa acqua da ogni parte (in sala piena ho contato un paio di risate davvero convinte), non priva di momenti quantomai imbarazzanti (oltrepassando di gran lunga, all’italiana, lo spudorato ma tranquillo divertimento della scena clou di “Harry, ti presento Sally”, la signora che nasconde il cellulare “nel posto più bello del mondo” finisce per ritrovarsi in una storiellina soltanto fuori dei limiti; l’attore/regista che si mette a fare il cicerone all’interno di palazzo Altemps a Roma denuncia tutta la sua odierna mancanza d’idee, lontanissimo dalle cose migliori; e poi le pasticche, i balletti, le cianfrusaglie tra colori e suoni…). La gieffina Pastorelli rimane se stessa in ogni occasione, immutabile se non fosse per i cambi d’abito (sempre più ristretto), alla ricerca dei begli effetti che una Ramazzotti ci ha dato in altre occasioni. Godetevi la manciata di minuti della Minaccioni. Un toccasana. Durata 109 minuti. (Uci)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 2, Uci)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi troppo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero, in corsa verso l’Oscar con quattro candidature. La sceneggiatura è firmata da James Ivory dal romanzo di André Aciman. Chissà come risponderà il pubblico italiano? Durata130 minuti. (Eliseo Blu, Massimo sala 1 (V.O.), Nazionale sala 1, The Space)

 

Cinquanta sfumature di rosso – Drammatico. Regia di James Foley, con Dakota Johnson e Jamie Dornan. Si cambia colore (ed è la terza e ultima volta), impaginazione dello stesso regista di “Cinquanta sfumature di nero”. L’ultimo dei romanzi di E.L. James in versione “oggi sposi”, con cerimonia nuziale, bella casa e viaggio di nozze in Europa, con qualche addolcimento per quel che riguarda la “padronanza” del bel tenebroso Christian verso la bella Anastasia, comunque – gli appassionati non disperino – nei dintorni del “bondage soft”. Uscendo un po’ di più dalla camera da letto e imboccando la via del thrilling, rapimenti e inseguimenti in auto si ricollegano ad un passato di gente che non molla, dall’ex datore di lavoro dell’ormai sposina fresca fresca alla Elena della sempre appetitosa e combattiva Kim Basinger, ancora una volta pronta a riconquistarsi il ragazzone che lei stessa ha avviato alle pratiche amorose tutte frustini in bella vista. Durata 104 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Coco – Animazione. Regia di Lee Unkrich e Adrian Molina. Fa parte di una famiglia che certo non stravede per la musica il piccolo Miguel e lui non ha altro sogno che diventare chitarrista. Questo il preambolo; e a dire quanto la Pixar guardi allo stesso tempo ad un pubblico di bambini (ma, per carità, senza nessun incubo) e di adulti, ecco che Miguel si ritrova catapultato nel Regno dei Morti a rendere omaggio ai tanti parenti che non sono più attorno a lui. Durata 125 minuti. (Ideal, Uci)

 

Corpo e anima – Drammatico. Regia di Ildiko Enyedi, con Alexandra Borbély e Géza Morcsànyi. Un film dove si mescolano realtà e sogno, immerso nella cruda realtà quotidiana (pur con qualche momento d’ironia) ancora più acida se si pensa all’ambientazione in un mattatoio. Una coppia “lontana”, lui direttore di quel luogo, lei addetta al controllo qualità, introversi entrambi, chiusa nelle proprie solitudini, scoprono di condividere ogni notte lo stesso sogno, essere una coppia di cervi in un bosco invernale. Orso d’oro all’ultima Berlinale, “Corpo e anima” è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani: “Un film capace di tracciare il racconto della storia d’amore che unisce due solitudini, sospendendolo con lucidità visiva tra la materialità della vita reale e l’impalpabile spiritualità del sentimento”. Durata 116 minuti. (Classico)

 

Ella & John – The Leisure Seeker – Drammatico. Regia di Paolo Virzì, con Donald Sutherland e Helen Mirren. Tratto dal romanzo americano di Michael Zadoorian, con alcune varianti apportate dalla sceneggiatura scritta dallo stesso regista in compagnia di Francesco Piccolo, Francesca Archibugi e Stephen Amidon (a lui già Virzì si rivolse per “Il capitale umano”), è la storia della coppia del titolo, svanito e smemorato ma forte John, fragile ma lucidissima Ella, è il racconto del loro viaggio, dai grattacieli di Boston ai climi di Key West, lungo la Old Route 1, anche per rivisitare con la (poca e povera) memoria il vecchio Hemingway – John è stato un professore di letteratura di successo che ha coltivato con passione lo scrittore del “Vecchio e il mare” -, un viaggio che ha la forma di una conclusiva ribellione ad una famiglia e soprattutto a un destino che ha riservato per lei il cancro all’ultimo stadio e a lui l’abisso dell’Alzheimer. Momenti di felicità e anche di paura in un’America che sembrano non riconoscere più, una storia attuale e un tuffo nella nostalgia (quella che guarda agli anni Settanta), a bordo del loro vecchio camper, mentre corpo e mente se ne vanno. Un’occasione, per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, regalando rivelazioni fino all’ultimo istante. Un film di emozioni per coppie vecchio stampo, due formidabili interpretazioni, due doppiaggi – Ludovica Modugno e Giannini – da ascoltare con attenzione: ma a me è sembrato di essere lontano anni luce dalla stratosferica follia e umanità della “Pazza gioia”. Durata 112 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Harpo, Romano sala 3)

 

Final portrait – Drammatico. Regia di Stanley Tucci, con Geoffrey Rush e Armie Hammer. Quinta prova dietro la macchina da presa (Big night, uno per tutti i titoli) di uno dei migliori caratteristi hollywoodiani (ricordiamo soltanto Il diavolo veste Prada e Shall we dance?), questa volta per raccontare l’incontro e l’amicizia (era il 1964) dell’artista Alberto Giacometti con il giovane scrittore e appassionato d’arte James Lord. L’invito dello scultore, il sì con la certezza che si tratterà di poche sedute: sarà l’inizio di un lungo percorso, l’attraversare da parte del ragazzo del mondo di insicurezze e frustrazioni dell’artista, delle sue fragilità e della sensibilità come della sua grandezza artistica. Grande successo all’ultimo TFF, un eccezionale ritratto nell’interpretazione di Rush (Shine, La migliore offerta di Tornatore), con la personalissima immedesimazione, con il suo calarsi appieno nella creatività come nelle zone d’ombra dell’uomo. Durata 90 minuti. (Romano sala 1)

 

Jumanji – Benvenuti nella giungla – Avventura. Regia di Jake Kasdan, con Dwayne Johnson, Karen Gillan e Jack Black. Un fenomeno che ha più di vent’anni (eravamo nel 1996) e che ricordiamo ancora oggi per il personaggio, Alan Parrish, interpretato dal compianto Robin Williams, attore al culmine del successo dopo la prova in “Mrs. Doubtfire”. Hollywood non dimentica e rispolvera un passato di ottimi botteghini. Messi in punizione nella scuola che frequentano, quattro ragazzi scoprono un vecchio videogame. Una volta dato il via al gioco, essi vengono catapultati all’interno del sorprendente meccanismo, ognuno con il proprio avatar. Assumeranno altre sembianze, entreranno nell’età adulta: ma che succederebbe se la loro missione fallisse e la vita di ognuno finisse intrappolata nel videogame? Durata 119 minuti. (Ideal, Uci)

 

Made in Italy – Commedia. Regia di Luciano Ligabue, con Stefano Accorsi, Kasia Smutniak e Filippo Dini. L’autore di “Radiofreccia” guarda al nostro paese tra malinconia rabbia e qualche speranza con il ritratto di Riko, fortunato per quel lavoro che possiede ma che gli consente con fatica di mantenere la propria famiglia. Una moglie e un figlio e un gruppo di amici che all’occorrenza lo aiutano: ma qualcosa s’inceppa e se Riko vorrà sottrarsi ad altre sconfitte dovrà necessariamente condurre la propria vita in maniera diversa. Durata 104 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

Maze Runner: la rivelazione – Fantasy. Regia di Wes Ball, con Dylan O’Brien e Aiden Gillen. Terzo appuntamento (già avevamo avuto “Il labirinto” e “La fuga”) con le avventure che già hanno coinvolto Thomas e i suoi amici. Adesso si tratta di dare l’assalto a un treno in puro stile western, di salvare a ogni istante la ragazza amata, di liberare i ragazzi che stanno per diventare le cavie di un grande laboratorio. E poi, si sa, il mondo è salvato dai ragazzini, specialmente quando a sconvolgerlo potrebbe essere un gruppo di adulti che aspira ad un pieno, feroce potere. Durata142 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Morto Stalin se ne fa un altro – Commedia. Regia di Armando Iannucci, con Steve Buscemi, Micael Palin, Olga Kurylenko, Simon Russel Beale. Scozzese di nascita ma napoletanissimo per origini paterne, Iannucci ci ha dato una delle opere più godibili degli ultimi anni, ricca di effetti sulfurei, di una sceneggiatura che supera con facilità la risata fine a se stessa per immergersi nella satira più corrosiva, per graffiare e far sanguinare un mondo ben sistemato sugli altari. Il vecchio castiga ridendo mores, in folclore politico. Ovvero la morte del baffuto Stalin, che ha appena impartito l’ordine che gli sia recapitata la registrazione di un concerto che però registrato non lo è stato. Orchestra, pubblico e pianista dissidente, tutti di nuovo al loro posto. Ma le preoccupazioni sono e saranno ben altre: quella sera stessa, era il 28 febbraio 1953, il dittatore è colpito da un ictus e le varie epurazioni delle vette sanitarie in odore di tradimento fanno sì che le cure non possano arrivare che in ritardo e infruttuose. Cinque giorni dopo, passato lui a miglior vita, può così cominciare l’arrembaggio alla poltrona tanto ambita da quanti tra i collaboratori l’hanno vistosamente sostenuto o tacitamente avversato, a cominciare da un atterrito Malenkov chiamato da un ridicolo Consiglio a reggere le sorti dei popoli. Senza dimenticare, tra il tragico e il ridicolo, le mosse dei tanti Mikoyan, Zukov, Bulganin, Molotov e Berija in atteggiamenti da vero macellaio sino a Nikita Kruscev (un impareggiabile Steve Buscemi, ma ogni personaggio si ritaglia un momento di gloria), astutissimo nel saper raccogliere le tante intenzioni, lotte, sospetti, accuse, sparizioni dei propri colleghi, e capace di afferrare il primo posto. Tutto questo sullo schermo, applaudito al recente TFF, risate e sberleffi come non mai: apprezzato, ma allo stesso temo ti chiedi quanto sia stato giusto cancellare la vena tragica di quelle giornate. E del poi. Durata 106 minuti. (Centrale)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è già visto per il ruolo assegnare un Globe, sta sopravanzando sugli altri papabili per quanto riguarda gli Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: gorse un altro Oscar assicurato. Durata 125 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Harpo, Lux sala 1, Massimo sala 2, Reposi, Uci)

 

Ore 15:17 assalto al treno – Drammatico. Regia di Clint Eastwood, con Spencer Stone, Alek Skarlatos e Anthony Sadler. Era il 21 agosto 2015 quando il mondo ricevette la notizia di un attentato, ad opera di un terrorista islamico, sventato sul treno che proveniva da Amsterdam ed era diretto a Parigi da tre ragazzoni californiani che già s’erano fatte le ossa sui vari fronti di guerra. Il film è il racconto delle loro vite sino a quel momento, del loro viaggio attraverso l’Europa, del loro atto di coraggio, di quell’essere in un momento preciso coraggiosi eroi per caso. Eastwood ha voluto che sullo schermo raccontassero la loro vicenda i diretti protagonisti, con i sogni, la realtà, lo spirito d’avventura e l’amicizia della loro età. Il film è il racconto di come quel giorno hanno salvato 500 vite, i buoni contro i cattivi o le avversità, come già avevano combattuto Bradley Cooper cecchino implacabile in “American Sniper” o Tom Hanks in “Sully” ammarando sull’Hudson. Durata 94 minuti. (Massaua, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 3, Massimo sala 1 V.O., Reposi, The Space, Uci)

 

Sono tornato – Commedia. Regia di Luca Miniero, con Massimo Popolizio, Stefania Rocca e Franck Matano. I tedeschi tre anni fa proposero “Lui è tornato” riaffacciando i baffetti di un tempo sul suolo germanico. Noi veniamo in scia (molto sbiadita) e immagine che il Duce dai tratti mascolini che ha il viso di Popolizio ricompaia a piazza Vittorio, multietnica, di Roma e venga scambiato per un discreto attore che ne fa discretamente l’imitazione. Trattandosi di pura realtà, il soggetto vuole raddrizzare la molliccia Patria e riprendere le cose là dove le ha lasciate. Un inesistente regista di documentari pregusta già il successo e lo prende sotto la sua ala protettrice: e se i risultati non sono quelli sperati, oggi i social aiutano per cui la buonanima, che ha visto il proprio nome sempre più pubblicizzato, si lascia catturare dalla ferrea vicedirettrice di un’emittente, pronta a spargerlo per l’intero palinsesto. Nell’Italia arrabbiata e indecisa di oggi lo share può salire alle stelle. Ci voleva tutt’altro approccio, altra regia e soprattutto una sceneggiatura che si potesse definire tale. È l’ennesimo esempio dell’insicurezza (o se volete, della pochezza, faciloneria, dabbenaggine, pressapochismo) di certo nostro cinema. Ed è chiara sempre più la rarefazione di quelli che un tempo (per carità, non è che dell’oggi si debba fare tabula rasa!) sapevano mettersi a tavolino e scrivere una vera storia. Con tutta l’intelligenza che serviva. E che servirebbe ancora. Durata 100 minuti. (Massaua, Greenwich sala 3, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

The Party – Drammatico. Regia di Sally Potter, con Timothy Spall, Kristin Scott Thomas, Emily Mortimer, Cillian Murph e Bruno Ganz.    Metti una sera a cena, una tavolata di amici, ambiente di sinistra, di quelli ci diciamo tutto in faccia e ancora di più, noi siamo per la schiettezza a qualunque costo, con una padrona di casa (siamo a Londra) che è appena stata nominata ministro ombra della sanità, un marito che sta a guardare e che fatto di tutto per appoggiare la carriera della moglie, anche a scapito della sua, due lesbiche che aspettano un figlio e altro ancora. Uno stile, l’amicizia, la cordialità. l’ideologia, che cosa rimarrà in piedi dopo che il paziente consorte avrà buttato lì sul tavolo un paio di rivelazione che porteranno lo sconquasso tra gli ospiti? Un po’ dalle parti di “Chi ha paura di Virginia Woolf”, un po’ “Carnage”, un po’ anche del nostro Paolo Genovese con il suo “Perfetti sconosciuti”. Durata 71 minuti. (Nazionale sala 2)

 

The Post – Drammatico. Regia di Steven Spielberg, con Meryl Streep e Tom Hanks. Ancora l’America descritta da Spielberg con gran senso dello spettacolo, segue candidatura a due Oscar, miglior film e migliore attrice protagonista. L’argomento è ormai noto, il New York Times aveva tra le mani nel 1971 un bel pacco di documenti comprovanti con estremo imbarazzo la cattiva politica di ben cinque presidenti per quel che riguardava il coinvolgimento degli States nella sporca guerra nel sud-est asiatico. Il governo proibì che fossero dati alle stampe. Se ne fece carico il direttore del Washington Post (Tom Hanks), sfidando comandi dall’alto e un non improbabile carcere: ma a nulla sarebbe valsa quella voce pure autorevole, se la voce ancora più forte non fosse venuta dall’editrice Katharine Graham, all’improvviso ritrovatasi a doversi porre in prima linea in un mondo esclusivamente maschile, buona amica di qualche rappresentante dello staff presidenziale (in primo luogo del segretario alla difesa McNamara) e pur tuttavia decisa a far conoscere a tutti quel mai chiarito pezzo di storia. L’autore del “Soldato Ryan” e di “Lincoln” si avvale di una sceneggiatura che porta la firma prestigiosa di Josh Singer (“Il caso Spotlight”), della fotografia di Janusz Kaminski (“Schindler’s list”), dei costumi di Ann Roth; con questo ultimo ritratto Meryl Streep si conquista la sua ventunesima nomination agli Oscar. Riuscirà la fantastica Frances McDormand di “Tre manifesti” a sbarrarle la strada? Durata 118 minuti. (Ambrosio sala 1, Centrale V.O., Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Da parte di molti “Tre manifesti” è già stato giudicato come il miglior film dell’anno, i quattro recenti Golden Globe spianano la strada verso gli Oscar. Durata 132 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Rosso, Greenwich sala 2)

 

Un sacchetto di biglie – Drammatico. Regia di Christian Duguay, con Dorian Le Clech, Batyste Fleurial e Christian Clavier. Joseph e Maurice hanno rispettivamente dieci e dodici anni, la loro famiglia è ebrea, abitano a Parigi. Quando la pressione delle persecuzioni diventa insostenibile, i genitori decidono di mandarli al sud, nella Francia libera, perché raggiungano i fratelli. Non è soltanto un viaggio attraverso il paese occupato, è anche un percorso per una crescita interiore. Incontri, difficoltà di ogni genere, sorprese inaspettate, il quotidiano aiuto reciproco per sfuggire alle truppe di occupazione, l’ingegno e il coraggio per sfuggire al nemico e ricongiungersi con la famiglia. Durata 110 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Slumber – Il demone del sonno – Horror. Regia di Jonathan Hopkins, con Lucas Bond e Maggie Q. La dottoressa Alice Arnolds, durante le proprie ricerche intorno alle varie componenti del sono, incontra un particolare caso che vede coinvolta una intera famiglia, in primo luogo il piccolo Daniel. Dovrà combattere sino all’ultimo con una agguerrita entità diabolica che cerca di distruggere vite e menti. Durata 84 minuti. (Uci)

 

L’ultima discesa – Drammatico. Regia di Scott Waugh, con Josh Hartnett e Mira Sorvino. La storia vera del campione olimpionico di hockey Eric LaMarque, il suo ritiro in montagna per spegnere il dolore dall’aver procurato un incidente automobilistico, il pericolo di una tempesta di neve che lo travolge. Nessuno sa dove lui si trovi, sarà necessario tutto il suo coraggio (e l’intuito di una madre quando le squadre di salvataggio hanno già abbandonato ogni ricerca) per tornare alla vita. Durata 98 minuti. (The Space, Uci)

 

L’uomo sul treno – Azione. Regia di Jaume Collet-Serra, con Liam Neeson, Vera Farmiga e Dean-Charles Chapman. Sul treno di pendolari che prende regolarmente da dieci anni, l’assicuratore Mc Cauley è avvicinato da una bella donna, una psicologa, che gli promette una bella quantità di soldi se lui vorrà fare con lei un gioco: su quel treno viaggia un tale che non ha proprio le caratteristiche di un normale pendolare, a lui scoprire di chi si tratta. Come nelle storie del maestro Hitchcock, l’uomo entrerà negli ingranaggi di un gioco più grande di lui, se volesse sottrarsene ne andrebbe della sua famiglia. Durata 105 minuti. (Massaua, Lux sala 1, The Space, Uci)

 

Il vegetale – Commedia. Regia di Gennaro Nunziante, con Fabio Rovazzi, Luca Zingaretti e Ninni Bruschetta. Fabio è laureato in scienze della comunicazione e all’improvviso si ritrova a gestire la società paterna, cresciuta a suon di malaffare. Lui è forte della propria onestà, lascia Milano e se ne va al sud, in cerca d’aria nuova: finirà a raccogliere frutta agli ordini di un caporale di colore, unico bianco in mezzo a cento immigrati. Dovrà tenere a bada una sorellina pestifera che per lui non ha nessuna considerazione, ma in compenso troverà anche una maestrina dal cuore tenero. Durata 90 minuti. (The Space, Uci)

 

Wonder – Drammatico. Regia di Stephen Chbosky, con Julia Roberts, Owen Wilson e Jacob Tremblay. Auggie è un bambino di dieci anni, una malformazione cranio facciale ha fatto sì che non abbia mai frequentato la scuola. Quando i genitori prendono la decisione che è venuta davvero l’ora di affrontare il mondo degli altri, per il ragazzino non sarà facile. Al tavolo di Auggie, in refettorio, nessuno prende posto, un gruppetto di compagni continua a divertirsi a prendere in giro il suo aspetto. Poi qualcuno comunicherà ad apprezzarlo e ad avvicinarsi a lui. Durata 113 minuti. (Uci)

 

“Scrittori e trincee”, la Grande Guerra degli intellettuali italiani

Scrittori e trincee” è un bel libro che racconta come gran parte degli intellettuali italiani prese posizione nei confronti della prima Guerra mondiale. Edito da SEB27 nella collana Laissez-passer , il volume ospita interventi degli storici Marco Brunazzi, Leonardo Casalino e  Alberto CavaglionE in appendice un testo teatrale, “Gaddus alla Guerra Grande. Monologo per un attore e un mimo“, ideato e scritto da Leonardo Casalino e Marco Gobetti, liberamente ispirato al “Giornale di guerra e di prigionia” di Carlo Emilio Gadda. Molti intellettuali maturarono la consapevolezza, in modo vario e non senza contraddizioni, che l’imminente conflitto avrebbe prodotto una svolta epocale e che quel presente che vivevano si sarebbe, nel giro di pochissimi anni, radicalmente trasformato. Nel volume vengono sintetizzate alcune di queste voci presenti nell’uno e nell’altro schieramento, interventisti o neutralisti, a partire naturalmente dalle posizioni di Carlo Emilio Gadda. Lo scrittore che segnò la narrativa del Novecento fu sottotenente degli Alpini durante la Prima Guerra Mondiale. “Giornale di guerra e di prigionia”, il diario che tenne fra il 24 agosto 1915 e il 31 dicembre 1919, racconta la sua vita di soldato, prima al fronte e poi prigioniero degli austriaci che lo catturarono sulle rive dell’Isonzo, nell’ottobre del 1917. Un documento straordinario, nel quale Gadda descrive i combattimenti, la morte e la fame, il dolore e la voglia di vivere accanto alle tante “coserelle interessanti”, dimostrando coraggio, sensibilità e intelligenza sorprendenti. “Con una lingua in cui già traspare la potenza evocativa delle sue opere future – scrivono Gobetti e Casalino –  Gadda restituisce, un attimo dopo l’altro,   insieme alla propria, la storia dell’Italia di quegli anni”. Nel conflitto, come scrisse il drammaturgo tedesco Ernst Toller, che combattè con la divisa dell’Impero, si sentivano “ tutti viti in una macchina che si scaglia avanti e nessuno sa dove, che si ributta indietro e che nessuno sa perché […]”. Lo stesso Ungaretti , anch’esso partito volontario per la grande guerra, conobbe l’esperienza traumatica della trincea e del fronte. E scrisse, riferendosi al fuoco delle le mitraglie tedesche che abbattevano i suoi compagni d’armi nel  bosco di Courton, l’indimenticabile “ Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie”. “Scrittori e trincee” è un libro utile per indagare su alcuni aspetti di quel tragico conflitto che il Papa di allora, Benedetto XV, definì una “inutile strage”, il “suicidio dell’Europa civile”.
 
Marco Travaglini

Le forme dell’attesa

FINO AL 3 MARZO

In parete scatti fotografici, un paio di disegni e videoarte. Complessivamente sono una ventina le opere esposte nelle Sale torinesi dello Spazio Don Chisciotte della Fondazione Bottari Lattes (via della Rocca, 37b) realizzate da cinque artisti internazionali, attraverso le tecniche più varie, fra il 2016 e il 2017, con l’obiettivo comune di indagare sotto vari aspetti il tema dell’“Attesa”. Tema che rimanda al titolo stesso della rassegna e a cui era dedicata la quarta edizione dell’“Art Prize CBM 2017/2018”, il Premio Internazionale organizzato dal 2001 da Areacreativa42 e dedicato al pittore piemontese Carlo Bonatto Minella (1855 – 1878), allievo virtuoso dell’Accademia Albertina di Torino, scomparso giovanissimo e autore di una bellissima “Donna ebrea” del 1877, conservata alla GAM di Torino. Selezionati dalla Fondazione Bottari Lattes e da Areacreativa42, i cinque artisti sono fra i vincitori e i finalisti del Premio – che ha visto la partecipazione di artisti da oltre quaranta Paesi, per le sezioni Under e   Over 30 – e allo Spazio Don Chisciotte portano opere inedite, mai esposte prima in città. Sono opere di sicuro interesse. Alcune assai coinvolgenti nell’artistica volontà di cristallizzare quel “tempo dell’attesa” che non è mai tempo immobile, ma cascata vorticosa (pur se silente) di passioni emozioni ansie inquietudini e ipotesi di futuro su cui grava l’incertezza del dolore o della gioia infinita. E’ infatti “nell’attesa stessa – suggerisce Karin Reisovà, presidente di Arecreativa42 e, insieme ad Antonio D’Amico, alla guida della giuria internazionale del Premio – che meditiamo, valutiamo possibilità, imbastiamo i semi del futuro, ci prepariamo per l’avvenire”. Concetti, riflessioni, interrogativi che, insieme a mille altri, avranno toccato le corde dell’animo e della mente dei cinque artisti in mostra. Ed ecco allora quello che è stato definito “l’analisi visiva parossistica dell’attesa”: il video proposto dal macedone (residente a Roma) Stefan Nestoroski che ripropone la scena chiave del film “Amleto” (1948) in cui un giovane Laurence Olivier, in mano un pugnale che pericolosamente titilla su e giù in quell’area del petto che sta dalle parti del cuore, si interroga a voce alta se farla finita una volta per tutte o soprassedere all’insano gesto. E la scena si ripete all’infinito, in attesa di qualcosa che mai avverrà. Oltre al video, di Nestoroski sono esposti anche due disegni, a inchiostro e matita su carta, forme minimali, “tracce dell’inconscio” di astratta gestualità, pittoricamente gradevoli. Così come lo sono i collages creati dalla portoricana (oggi residente a Milano) Patricia Fraser Silva, utilizzando il transfer polaroid e trasferendo – con effetti che paiono acquerellati – su supporto di carta il distacco dell’emulsione. Foto sequenze sospese fra memorie (di lei bambina, di affetti e luoghi lontani) e realtà. Il barlettano (anconetano d’adozione) Angelo Iodice, chimico di formazione, riversa invece sulla fotografia uno sguardo attento e particolare, artistico e scientifico insieme. E l’attesa (con tanto di matematica equazione a fianco dello scatto realizzato e a prova documentata dell’evento) può essere indifferentemente scandita dal passare del tempo nel processo di Nucleosintesi Stellare, così come dalle rovine di un terremoto su cui gravita pesante e immobile l’angoscia della ricostruzione o ancor più semplicemente da un lampione acceso affogato nel blu della notte. Calma piatta, appunto. Particolarmente toccanti le fotografie dell’israeliano (che oggi vive a Berlino) Ben Livne Weitzman che ha cercato di vedere Milano con gli occhi della nonna, scappata dopo la guerra dalla Germania verso la Palestina portandosi dietro il sogno – che riuscì a coronare – di passare a Milano per vedere La Scala. Le sue sono immagini volutamente opacizzate, in quanto vive e vissute nel ricordo e nell’attesa di un ricongiungimento con un qualcosa, un qualcuno e un passato che non può tornare. Dal fotoreportage arriva infine il moscovita oggi residente in Israele, Ilia Yefemovich, che in mostra porta scatti incentrati in particolare sul conflitto arabo-israeliano. Suggestiva l’immagine, di inquietante immobilità, fermata in “A girl”, dove la giovane donna fotografata a piedi nudi in una sorta di paesaggio fuori dal tempo e da spazi riconoscibili, appare sospesa fra il peso del passato e la ricerca di almeno un attimo di quiete. Il suo sguardo va lontano, in attesa di un qualcosa che verrà. O forse no. Proprio come per la “Donna ebrea” di Carlo Bonatto Minella.

Gianni Milani

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“Le forme dell’attesa”

Spazio Don Chisciotte – Fondazione Bottari Lattes, via della Rocca 37b, Torino, tel. 011/19771755-1; www.fondazionebottarilattes.it

Fino al 3 marzo. Orari: martedì – sabato, ore 10,30 – 12,30 e 15 – 19

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Le immagini:

– Patricia Fraser Silva: “Apnea”, Polaroid emulsion transfer, 2016

– Ilia Yefimovich: “A girl”, Fine art photography, 2016
– Stefan Nestoroski: “Untitled (eclipse)”, inchiostro e matita su carta, 2017
– Ben Livne Weitzman: “Milano 3”, stampa fotografica, 2017

“Cleonice”, una donna che seppe scegliere

Venerdì 9 febbraio, alle 21, sul palco dell’Auditorium “Borelli” di Boves (Cn) la compagnia “Il Teatrino al forno del pane “Giorgio Buridan presenterà lo spettacolo teatrale “Cleonice” a cura di Maria Silvia Caffari. L’evento è organizzato dalla Scuola di Pace di Boves. Il testo dello spettacolo è fedele al libro di Nino Chiovini “Classe III B: Cleonice Tomassetti, vita e morte” (Edizioni Tararà). In scena andranno Maria Silvia Caffari e Mario Cottura. Luci, proiezioni e suoni saranno curate da Claudio Berta, Gregory Gubbini e Teresio Marino mentre le fotografie e l’interpretazione visiva del percorso sono state scelte da Fabio Ranieri e dalla stessa Caffari utilizzando quelle di repertorio dell’archivio della Casa della Resistenza di Fondotoce  e di quello privato Tomassetti. Cleonice Tomassetti, detta Nice, venne fucilata dai nazisti il 20 giugno del ’44 a Fondotoce (Vb) . Aveva 33 anni e morì, unica donna, insieme ad altri 41 antifascisti. Penultima di sei fratelli, era nata il 4 novembre 1911 a Petrella Salto, nella frazione di Capradosso, un villaggio sulle montagne tra il Lazio e l’Abruzzo. Donna di straordinarie scelte, dal suo piccolo  paese andò  a Roma e in seguito a Milano e sulle sponde piemontesi del lago Maggiore, nell’ultima scelta che la condurrà alla morte: unirsi ai combattenti per la libertà. La fotografia del corteo dei martiri di Fondotoce la ritrae in prima fila. Sono 42 uomini e una donna che vanno a morire. I nazifascisti li fanno sfilare sul lungolago di Intra e poi, paese per paese, fino al luogo della fucilazione. Due prigionieri, davanti, reggono un cartello: “Sono questi i liberatori d’Italia oppure sono i banditi?”. Cleonice è in mezzo, sotto la scritta. Uno solo dei 43 si salverà, ferito. Carlo Suzzi, sopravvisse per miracolo,tornò a unirsi ai partigiani della divisione “Valdossola” e scelse il nome di battaglia “Quarantatré”; e poté testimoniare come questa donna straordinaria si comportò: “Bisognava vedere il coraggio di questa ragazza, che durante il percorso ripeteva a tutti: “Mostriamo a questi signori come noi sappiamo morire”. E lei per prima è caduta da eroe”. Carlo Suzzi, l’allora diciottenne sopravvissuto alla fucilazione, è scomparso all’età di 91 anni, nel luglio 2017.

Marco Travaglini

Milena Milani a cento anni dalla nascita

I suoi romanzi rappresentano una delle più originali espressioni del 900 italiano

La nostra collaboratrice Giuliana Romano Bussola (nella foto a colori) ha tenuto una interessante conferenza, il 4 febbraio, alla fortezza del  Priamar di Savona dove prosegue la prestigiosa mostra dedicata a Milena Milani, nel centenario della nascita, a cura di Carla Bracco e di Renata Guga Zunino nipote ed erede della geniale scrittrice pittrice. La bella Mostra (dal 16 dicembre 2017 al 18 febbraio 2018) oltre alle opere della Milani ne offre molte dei grandissimi artisti che vissero con lei la stagione d’oro delle avanguardie ad Albisola, è quindi una straordinaria occasione per veder riuniti, tra i tanti, i nomi di Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, Roberto Crippa, Emilio Scanavino, Alexander Calder, Ernesto Treccani, Franco Gentilini, Roberto Bricalli, Francesco Petrollo, Antonio Sanfilippo, Remo Bianco, Galliano Mazzon e Arturo Martini. Giuliana Bussola ha trattato con competenza e passione l’aspetto di Milena scrittrice a partire dal romanzo “la ragazza di nome Giulio” che, trattando temi ritenuti scabrosi agli inizi degli anni 60, le costò una denuncia per oscenità, poi si capì che le pagine in cui domina l’Eros sono necessarie al dipanarsi del racconto per mettere a nudo il vissuto della protagonista destinata a trascinarsi ineluttabilmente in squallide situazioni.

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Intrisi di psicanalisi e di esistenzialismo, tanto che Sartre la definì “Scrittrice esistenzialista italiana” nonostante l’esistenzialismo della Milani non fosse quello ateo di Sartre poiché affine a Kierkegaard e a Gabriel Marcel, i suoi romanzi rappresentano una delle più originali espressioni del 900 italiano per il coraggio, la sincerità, la forma fluida e l’originalità stilistica. Bussola ha inoltre sottolineato l’amicizia sincera e costruttiva con Milena, nata sul finire degli anni 50 e proseguita fino a poco prima della sua scomparsa, ricordando quando ad Albisola passeggiavano sulla spiaggia parlando di pittura e poesia. La relatrice ha voluto ringraziare Milena e la sorella Ada Zunino, gallerista e madre di Guga, che le diedero la rara opportunità di conoscere e frequentare, ancora giovanissima, tutti i più importanti artisti, ormai mostri sacri, di molti dei quali divenne amica intervistandoli e scrivendo articoli su di loro iniziando così la bella avventura di critica d’arte. L’incontro è terminato con i commenti di Carla Bracco e di una spumeggiante Renata Guga Zunino al tavolo con Giuliana Bussola.

 

Il jazz secondo Gianni Basso

La storia del jazz secondo uno dei più grandi esponenti del jazz italiano, raccontata dalle parole di Sandra Scagliotti e dalle musiche del trio di Fulvio Albano

Gianni Basso è considerato uno dei più grandi esponenti del jazz italiano. A partire dagli anni ’60 è uno dei maggiori e più richiesti session man a livello mondiale: ha fatto parte di big band di primo piano come la Kenny Clarke/Francis Boland Big Band, la Maynard Ferguson Big Band e la Thad Jones Big Band e vanta collaborazioni illustri con Chet Baker, Gerry Mulligan, Lee Konitz, Phil Woods. È richiesto anche da grandi artisti pop – come Mina, ad esempio – e con la sua grande capacità di didatta è il “mentore” di molti jazzisti di oggi: Dado Moroni, Fabrizio Bosso, Flavio Boltro, ecc…   “Il jazz secondo Gianni Basso” è il libro di Sandra Scagliotti e Fulvio Albano dedicato al grande musicista astigiano morto nel 2009 a 78 anni. Il libro racconta le storie e la musica di Gianni Basso e dei grandi protagonisti del jazz degli ultimi 60 anni. Ad accompagnare i ricordi e i racconti di Sandra Scagliotti, la musica del trio del fondatore del Jazz Club Torino e direttore della Torino Jazz Orchestra, Fulvio Albano.

 

Formazione

Fulvio Albano, sax tenore

Eleonora Strino, chitarra

Enrico Ciampini, contrabbasso

 

Costo concerto e cena: 30 euro

Dopo le ore 22: 12 euro

 

 

Info e prenotazioni

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

TOO SHORT TO WAIT, Un festival dentro il festival

137 CORTOMETRAGGI in CONCORSO – Un festival dentro il festival, questo è TOO SHORT TO WAIT : anteprima Spazio Piemonte, la rassegna dedicata ai cortometraggi piemontesi che per il sesto anno consecutivo mette al centro la dimensione autentica e collettiva della visione cinematografica, invitando lo spettatore a condividere con il regista l’emozione di vedere il proprio film al cinema. Da mercoledì 7 a domenica 11 febbraio, TOO SHORT TO WAIT porta alla sala Il Movie (Via Cagliari 40/e, Torino) i 137 CORTOMETRAGGI (il 25% in più rispetto alla scorsa edizione) di cui 94 iscritti a SPAZIO PIEMONTE – sezione competitiva riservata alle opere piemontesi sotto i 30’ realizzate nel 2017 – e 43 hanno risposto alla call di TORINO FACTORY – contest che punta a fare scouting tra i talenti del videomaking under 30 e che fa il suo debutto quest’anno.

 

Anche quest’anno TSTW offre alle opere brevi in gara, che spesso faticano a trovare spazio nei canali distributivi e festivalieri, la possibilità di confrontarsi con il grande schermo e, al pubblico, l’occasione unica di essere parte attiva di quella che sarà la 17ª edizione del gLOCAL FILM FESTIVAL (7 – 11 marzo, Cinema Massimo) attraverso la consolidata formula che vedrà approdare alla finale i 5 corti più votati dal pubblico. Insieme ai 5 preferiti del pubblico, la rosa dei 20 finalisti che accederanno alla finale al 17° gLocal Film Festival, vedrà anche i 15 titoli selezionati dalle curatrici di Spazio Piemonte Chiara Pellegrini e Roberta Pozza; mentre Daniele Gaglianone sceglierà i migliori 8 video di Torino Factory che saranno proiettati a marzo.

 

Grazie all’attenzione sempre maggiore verso l’aspetto formativo di questa rassegna, così come di altre realizzate dall’Associazione Piemonte Movie, anche in questa edizione prosegue la collaborazione con il CNC – Centro Nazionale del Cortometraggio con gli appuntamenti Corsi Corti. Piccole Storie di Cinema.Brevi masterclass tenute da registi affermati che, in apertura delle proiezioni serali, dialogheranno con il pubblico raccontando la propria esperienza tra consigli e aneddoti: Rossella Schillaci, che lo scorso anno ha emozionato il pubblico del gLocal con l’anteprima di Ninna Nanna Prigioniera (giovedì 8), Giacomo Ferrante, documentarista autore di Real Falchera F.C. di cui è in progetto il sequel (venerdì 9), Massimo Ottoni, autore del gioiello di animazione Lo Steinway (sabato 10) e la giovane regista Irene Dionisio (domenica 11).

 

: IL PROGRAMMA : 137 CORTI IN 5 GIORNI :

 

Ogni giorno dal 7 al 11 febbraio, la rassegna di corti propone 3 appuntamenti – alle ore 17.30, 19.30 e 21.30 – guidando il pubblico attraverso un totale di 15 blocchi di proiezioni in calendario dai nomi eloquenti come Doc, Comedy, Thrills & Nightmares, Drama, Cartoon & Art, Young & School che identificheranno i macro temi dei corti in visione, a cui si aggiunge la categoria Torino Factory, riservata al nuovo contest di film brevissimi (entro i 3’) incentrato proprio sulla città.

: TEMI e ispirazioni – tra realtà e fantasia :

 

Questa per TOO SHORT TO WAIT è l’edizione che più si fa specchio della società attuale accogliendo nel proprio programma una disincantata visione della realtà restituendola al pubblico sotto forma di immagine. Una società in profondo cambiamento che, nel disfarsi delle sicurezze consolidate nel tempo, trova difficoltà ad adattarsi, ma scorge anche possibilità inattese e costruttive. Ed è così che, se da una parte i temi affrontati dai corti riguardano temi sociali (integrazione, bullismo, violenza sulle donne, disagio giovanile), dall’altra scopriamo come la partecipazione dei giovani a TSTW sia in continuo aumento (86 partecipanti sono under 30, il 63% di tutti gli iscritti) e che questi scelgano spesso come interlocutore i propri coetanei non delegando più agli adulti il compito di raccogliere una richiesta di aiuto, ma fornendo strumenti e chiavi di lettura a chi questa società la vive ed è destinato a cambiarla. È l’esempio di Giovanni Scarpa, classe 2004, che con il suo Storie quadrate cap.1 – Non nominare il mio nome invano, affronta il difficile tema del bullismo; di Stefano Gabbiani ed Elisa Michienzi che affrontano l’integrazione con C’est pas grave – Ci sono una siriana, una keniota ed una mongola o Federico Gasca e Federico Silvano che con il loro La linea parlano di omosessualità e muri culturali.

 

Dalla realtà alla fantasia, anche la voglia di evadere è forte e le ispirazioni alla letteratura non mancano. Codice Parsifal di Francesco Fracchioni, liberamente ispirato al romanzo scritto da Marino Fracchioni “I Servi Del Silenzio”, è un thriller che omaggia le personalità che hanno combattuto per estirpare la mafia dal territorio siciliano; Lo sol poder es que de dire, intervista alla scrittrice Fausta Garavini, di Andrea Fantino; Sancho Panza e Don Chisciotte di Fiorenza Adriano; Ad Una Ad Una di Francesca Cottafavi che prende ispirazione da Guido Gozzano e la sua celebre poesia Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie e Aiace di Paolo Cravero.

L’onirico è di scena grazie allo storico concorso 100 Ore Torino che nel 2017 ha prodotto otto corti a tema: Deriva di Sharif Meghdoud, Love story di Enza Lasalandra, L’imprevedibile vita di un fattorino qualunque di Matilde Capello e Nicola Zanelli, Spinacio e il malvagio Alchimista di Gianluca Notarrigo, Il signor Montpilier e l’orribile Natale di Elisa Zucca Nigra, La tela di Morfeo di Giulia De Francesco, Silvia De Gattis e Marco Serra, Dreammates di Alessandro Valbonesi e Compro Sogni di Alessandra Ravelli e Martina Cofano.

Anche La Danza in 1 minuto, contest video dedicato alla danza organizzato da COORPI con cui Piemonte Movie ha una storica collaborazione, ha contribuito alla ricchezza di proposte di TSTW con cinque opere brevi e suggestive che sapranno trasmettere l’armonia visiva della danza: Vivarium di Gruppo TrasFormAzioni, Devoti Scheletri di Valentina Corrado, Rodolfo Colombara e Giulia Ceolin, Diem di Gabriele Bortolato, #WOMANSHO(r)T di Albert Stray e Cariddi. Mari non ci n’è cchiù di Stellario Di Blasi.

 

L’animazione poi è il terreno più fertile dove spaziare e dare forma alle immagini più ardite e quest’anno TOO SHORT TO WAIT presenta in concorso 3 corti animati di professionisti affermati (Dandelion di Elisa Talentino, Framed di Marco Jemolo e Robhot di Donato Sansone) e 5 lavori degli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia – Dipartimento di Animazione (Eva di Chiara Tessera, Humus di Simone Cirillo, Simone Di Rocco, Dario Livietti, Alice Tagliapietra, La cabina di Ginevra Lanaro, Federica De Leonardo, La luna rubata di Vittorio Massai e Dario Lo Verme e Azzurra e Midori di Elena Garofalo, Marta Giuliani e Laura Piunti).

 

: TSTW IN ROSA :

 

TSTW quest’anno vede una forte presenza femminile con 36 donne donne alla regia che si sono dedicate a temi differenti tra loro come Adonella Marena con il suo LUNE STORTE, storie dal manicomio di Collegno, che parte dall’omonimo spettacolo teatrale allestito nell’ex ospedale psichiatrico; Alessandra Cataleta con Il futuro non me lo ricordo e l’incontro con la disabilità; Elisa Zucca con la commedia Il signor Montpilier e l’orribile Natale; Enza Lasalandra con le sue atmosfere oniriche in Love Story e i corti di animazione di Elena Garofalo, Marta Giuliani e Laura Piunti che ci portano in Giappone con Azzurra e Midori e Chiara Tessera con Eva tra erotismo e inaspettati giochi di potere.

 

: GLOCAL SHORTS :

 

Anche quest’anno non mancano brevi deviazioni su altri panorami, luoghi e culture, grazie ai registi di TSTW.

Lo sguardo volge all’estero con Y. di Gabriele Nugara, regista moncalierese che da anni vive a Berlino dove continua la propria professione cinematografica, mentre Music in mind di Matt Gorelli e Ten Mysteries di Riccardo Maffucci e Ruben De March ci portano nella capitale inglese, Il dipinto liquido della natura di Sergio Loppel è un viaggio tra le acque del Mar Rosso; prospettive d’Oltralpe sono quelle di C’est pas grave – Ci sono una siriana, una keniota ed una mongola di Stefano Gabbiani, Elisabetta Michienzi, girato a Bordeaux, e l’ultimo lavoro del quotato animatore Donato Sansone Robhot, realizzato a Parigi.

Troviamo anche brevi escursioni fuori regione, come Roma in Califà di Mario Bonaventura e Curzio Torresi; Firenze in Lo sol poder es que de dire. Intervista a Fausta Garavini di Andrea Fantino; Como in Inimicus di Alessandro Gessaga, e la Valle d’Aosta in Brutalide di Niccolò Buttigliero e in Il tratto di Alessandro Stevanon.

 

L’aumento dei giovani rende questa edizione di Too Short To Wait una delle più glocal essendo il territorio piemontese il luogo più immediato dove sperimentaro e scovare angoli inediti, così come per i veterani del cinema breve a volte sono le location familiari a non smettere mai di esercitare il proprio fascino: il Museo Nazionale del Cinema in Amapola di Tino Dell’Erba; il quartiere di Borgo Dora in Lola Split di Alessandro Garelli; la Mole e il Monte dei Cappuccini in Torino, luci di scena di Lorenzo Attardo; Porta Palazzo e Superga in My City, My Home di Samir; la Cavallerizza Reale in L’inquilina di Sandra Assandri; il Castello Sopra Ticino (Novara) in Visita allo studio di un Artista di Mario Ferdeghini; l’alessandrino illustrato in Sam Body di Davide Morando; il quartiere multietnico e popolare di Via Monti a Chieri in cui è ambientato Tutto può cambiare di Antonio Palese; le Valli di Lanzo e Balme ne La Montanara di Aldo Gaido; Pinerolo in 6 scatti di separazione di Raju Mensa e molto altro Piemonte.

 

: FESTIVAL E ANTEPRIME :
Anche quest’anno TSTW vanta numerose anteprime assolute: ben 63 film brevi arriveranno al pubblico in sala per la prima volta, di questi, la metà sono produzioni realizzate dai giovani videomaker appositamente per partecipare a Torino Factory.

Molti sono anche i lavori che hanno già riscosso successo in festival nazionali e internazionali, vincendo anche premi prestigiosi. È il caso di Dandelion, l’animazione di Elisa Talentino che ha vinto il premio come Miglior Colonna Sonora al Lago Film Festival; festival che ha visto partecipare anche il road movie sperimentale Makhno di Sandro Bozzolo; Birthday di Alberto Viavattene vanta un’anteprima assoluta in South Korea al Bucheon International Fantastic Film Festival​, è stato selezionato al ​New York Film Festival (USA), Helsinki International Film Festival – Love & Anarchy (Finland) e insieme a Framed (Giffoni Film Festival 2017) è in lizza per i David di Donatello 2018. Un altro horror nostrano ha girato festival internazionali, We Know di Nicolò Fumero ha vinto come Best Horror al Los Angeles Film Awards ed è stato selezionato al Dracula Film Festival in Romania e Sin City Horror Film Fest in Las Vegas. The Appointment di Daniele Nicolosi ha concorso ai David di Donatello 2017 e al Los Angeles CineFest 2017. Il Tratto di Alessandro Stevanon è stato selezionato alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia per il premio “MigrArti Venezia”. Un trascurabile errore di Andrea Murchio è stato premiato come Best Director al Galà del Cinema Internazionale – Venezia 2017.

 

: TORINO FACTORY, GLOCAL VIDEO verso il TFF :

 

Torino Factory è una delle novità di questa nuova edizione del gLocal Film Festival e farà il suo debutto ufficiale durante il TSTW. Con questo progetto, Piemonte Movie si spinge ancora più a fondo in quella che da sempre è la propria mission: sostenere la vocazione cinematografica della regione. L’idea nasce con l’intento di sviluppare e accogliere la creatività dei filmmaker under 30 e metterli in rapporto con la città. Articolato su più fasi, Torino Factory, è composto da due momenti principali: il contest per lo scouting di giovani talenti del videomaking e l’esperienza diretta sul campo, in cui i selezionati saranno messi alla prova in un percorso produttivo che prenderà forma parallelamente all’azione di reperimento fondi in atto con enti pubblici e privati.

 

Sono 43 i lavori proposti da giovani registi e registe che hanno risposto alla chiamata di Torino Factory presentando un’opera a tema libero della durata massima di 3 minuti, ambientata per almeno l’80% in una o più delle 8 circoscrizioni torinesi e la quasi totalità delle opere presentate è stata realizzata appositamente per il contest. Anche in questa sezione si conferma la tendenza che vede un aumento della presenza femminile dietro la macchina da presa con 16 registe che hanno accolto la sfida.

Tutti i video ricevuti verranno proiettati sullo schermo di Too Short To Wait e sarà Daniele Gaglianone – il regista e direttore artistico di Torino Factory – a selezionare tra questi gli 8 video che entreranno a far parte del programma principale del gLocal Film Festival, ma che soprattutto dovranno cimentarsi in quella che è la fase più ambiziosa, ovvero la realizzazione di cortometraggi girati nei quartieri torinesi, affiancati da tutor esperti (registi professionisti della scena torinese) che li accompagneranno fino alla proiezione in anteprima in una nuova sezione del Torino Film Festival 2018.

 

: PREMI E GIURIE :

 

Delle 137 opere brevi di TSTW le 5 più votate dal pubblico e 15 selezionate da Chiara Pellegrini e Roberta Pozza (curatrici di Spazio Piemonte) comporranno la rosa dei 20 che accederanno alla fase finale del gLocal Film Festival (7-11 marzo) e gareggeranno per i premi del concorso Spazio Piemonte, mentre saranno 8 i video selezionati da Daniele Gaglianone che, per Torino Factory, entreranno a far parte del programma del Festival.

 

In palio il PREMIO TORÈT MIGLIOR CORTOMETRAGGIO (1.500 €), oltre a Premio ODS – Miglior Attore, Premio ODS – Miglior Attrice e Miglior Corto d’Animazione assegnati dalla giuria presieduta dall’attore Flavio Bucci (a cui il gLocal Film Festival dedica l’omaggio 2018), Carla Signoris (attrice), Francesco Ghiaccio (regista), Mirna Muscas (Skepto Film Festival) e Stefano Di Polito (regista).

I finalisti potranno gareggiare anche per i premi assegnati dalle giurie speciali partner del festival: Premio Machiavelli Music – Miglior Colonna Sonora, Premio Cinemaitaliano.Info – Miglior Corto Documentario, Premio Scuola Holden – Miglior Sceneggiatura assegnato dal Primo Anno di Filmaking del Biennio in Storytelling & Performing Arts della Scuola Holden e il Premio del Pubblico.

 

: CORSI CORTI – Piccole Storie di Cinema :

La collaborazione con il CNC – Centro Nazionale del Cortometraggio si concretizza anche quest’anno con degli appuntamenti imperdibili per gli amanti della settima arte e i giovani che ambiscono a cimentarsi con riprese e videomaking. Con Corsi Corti. Piccole Storie di Cinema, TSTW proporrà 4 brevi masterclass durante le quali affermati registi introdurranno le proiezioni serali addentrandosi nel. Prima delle proiezioni delle ore 21.30 nelle giornate da giovedì 8 a domenica 11 febbraio i registi dialogheranno con il pubblico sulla professione e sulla propria personale esperienza in quello che vuole essere prima di tutto un momento di stimolo creativo.

Il primo appuntamento è giovedì 8 con la documentarista torinese Rossella Schillaci che porterà sullo schermo di TSTW il suo corto Solo questo mare (2009), che segue la storia di un gruppo di rifugiati nel loro difficile percorso dall’approdo sulle coste siciliane fino a Torino.

Venerdì 9 sarà la volta di Giacomo Ferrante, regista profondamente legato a Torino, ai suoi personaggi e alle periferie, con una lunga esperienza nel cortometraggio iniziata alla fine degli anni ’80 e che per TSTW propone il suo lavoro Stranamore. Attenti a quei due (1996), un breve documentario in cui i protagonisti sono due ragazzi di Falchera, Claudio e Massimo, che si raccontano.

Sabato 10 toccherà a Massimo Ottoni con il suo corto d’animazione Lo Steinway (2016) del 2016 che racconta come la musica possa ridurre le distanze anche tra chi su fronti opposti sarebbe destinato solo a combattere.

Domenica 11 infine sarà Irene Dionisio, giovane regista e direttrice di Lovers Film Festival, a incontrare il pubblico con Memento Mori (2011), L’ultimo uomo sulla terra (2014) realizzato durante i suoi viaggi di ricerca nel sud dellla Tunisia, a Zarzis, luogo chiave dell’emigrazione tunisina pre e post Rivoluzione del Gelsomino e For your Safety (2017) corto che fa parte del progetto Dress Like a Miracle.

 

TOO SHORT TO WAIT : anteprima Spazio Piemonte : gLocal Film Festival

7 – 11 febbraio 2018 : Il Movie (via Cagliari 40/e – Torino)

Ingresso 4 € – Gratuito per i soci Piemonte Movie

INFO: www.piemontemovie.com – info@piemontemovie.com – 328.845.82.81

facebook.com/PiemonteMoviegLocal – twitter.com/piemontemovie

 

TSTW – gLocal Film Festival 2018 è organizzato da Associazione Piemonte Movie in stretta sinergia con le più importanti realtà cinematografiche: Film Commission Torino Piemonte, Museo Nazionale del Cinema, Torino Film Festival, con il contributo di Regione Piemonte e Fondazione Crt, con il patrocinio di Mibact, Città di Torino Città Metropolitana di Torino e la collaborazione del Centro Nazionale del Cortometraggio e GTT. Main Partner ODS. Main Sponsor Compagnia dei Caraibi.

 

Il progetto Torino Factory è promosso da Città di Torino – Direzione Servizi Culturali e Amministrativi nell’ambito di Tutta mia la città con il sostegno di Fondazione per la Cultura Torino, realizzato da Associazione Piemonte Movie in collaborazione con Film Commission Torino Piemonte, Torino Film Festival, Moving TFF – Associazione Altera, Rete delle Case di Quartiere e con il patrocinio di GAI –  Associazione per il Circuito Giovani Artisti Italiani.

 

 

[ Ufficio Stampa gLocal Film Festival ] Letizia Caspani – 3276815401

in collaborazione con Mariapaola Gillio 3476984425

 

L’energia delle parole

Iren, azienda da sempre impegnata a sostenere progetti in ambito culturale, presenta il suo primo contest letterario intitolato L’energia delle parole, una competizione a tema “energetico e green” che si prefigge l’obiettivo di scovare talentuosi scrittori tra i cittadini, contribuire a divulgare l’educazione alla sostenibilità e valorizzare il patrimonio delle idee.

Il 5 febbraio verrà lanciato il sito web del contest, www.energiadelleparole.it, una piattaforma dove i partecipanti potranno, gratuitamente e previa registrazione, caricare il proprio racconto breve di max 10.000 battute.Il termine ultimo per l’invio degli inediti è il 28 marzo 2018. I primi tre classificati, eletti da una giuria d’eccezione presieduta dallo scrittore Giuseppe Culicchia, verranno proclamati alla 31° edizione del Salone Internazionale del libro di Torino. Inoltre i migliori venti racconti saranno pubblicati in una raccolta commissionata da Iren a un editore specializzato nel settore narrativa che realizzerà copie cartacee e una versione e-book scaricabile gratuitamente. Contestualmente partirà una campagna di comunicazione, sia on-line che off-line, volta a promuovere il contest in tutta Italia con particolare riferimento alle aree di appartenenza del Gruppo. Questa iniziativa rappresenta un ulteriore esempio concreto dell’impegno profuso da Iren nel campo della valorizzazione delle persone incentivandole all’uso della scrittura creativa per raccontare un futuro sostenibile.

Per informazioni sul regolamento e sulle modalità di partecipazione si può consultare il sito www.energiadelleparole.it.

Cristicchi il cant’attore conquista Moncalvo

Cant’attore: così ama definirsi Simone Cristicchi perché, come lui stesso spiega “il termine unisce due aspetti della mia personalità artistica che ho sviluppato negli anni”. L’artista romano è stato protagonista domenica 4 febbraio,   al   Teatro   Civico   di   Moncalvo   di   uno   spettacolo   inserito   nel cartellone della “Fondazione Piemonte dal Vivo”. Ne “Il secondo figlio di
Dio – Vita, morte e miracoli di David Lazzaretti”, scritto con Manfredi
Rutelli per la regia di Antonio Calenda, narra la stoia del barrocciaio che
nella Toscana dei primi anni del Regno d’Italia, diede vita ad un proto
socialismo   ispirato   alle   comunità   cristiane.   Quello   che   fu   il   “Cristo
dell’Amiata”,   e   che   ispirò   studi   a   Gramsci,   Pascoli,   Tolstoj,   Pascoli,
terminò la sua vita colpito a morte da una guardia regia, mentre stava
guidando una processione pacifica. “”Sono venuto a conoscenza della vita
di Lazzeretti leggendo un libro comprato su una bancarella una decina di
anni fa – ha detto Cristicchi alla fine dello spettacolo, un monologo durato
un’ora   e   mezza   durante   il   quale   ha   tenuto   splendidamente   la   scena,
affrontando con grande capacità un argomento certamente difficile quale
era la vita dell’ultimo eretico – ho voluto approfondirne la vicenda e la
figura ed è nato questo spettacolo”.   E lui, direttore artistico del Teatro
Stabile   dell’Abruzzo,   da   questa   vicenda   ne   ha   tratto   anche   un   libro.
Cristicchi non è un artista scontato, anzi, nelle sue canzoni, come nelle sue
opere racconta un’Italia che magari si vorrebbe scordare, come è stato nel
caso del bellissimo “Magazzino 18”, sugli esuli dell’Istria, della Dalmazia
e della Venezia Giulia, riproposto con una decina di repliche programmate
sotto il titolo di “Esodo”. E intanto è pronto il suo nuovo lavoro, “Manuale
di volo per l’uomo”.
Massimo Iaretti
(nella foto: Simone Cristicchi, a sinistra, con il nostro Massimo Iaretti)

Not&Sipari 2018, apre il bando

Entro il 28 febbraio la presentazione delle domande

 

Al via Not&Sipari 2018, l’iniziativa della Fondazione CRT per la diffusione della musica, del teatro e della danza in Piemonte e Valle d’Aosta. Il bando, che prevede l’erogazione di contributi fino a 40 mila euro per ogni evento selezionato, è aperto sino al 28 febbraio sul sito www.fondazionecrt.it: possono partecipare associazioni non profit, enti locali e istituti didattici di alta formazione che promuovono grandi rassegne o eventi di rilevanza locale.

 

Not&Sipari contribuisce a ‘mettere in scena’ spettacoli dal vivo di musica, teatro, danza, arricchendo l’offerta culturale in modo capillare sul territorio – spiega il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia –. Il bando, che incoraggia una progettualità giovane e inclusiva, guarda con particolare attenzione allavalorizzazione dei luoghi, allo sviluppo di ‘reti’ con enti locali e non profit, allacreazione di aggregazione, secondo le linee di indirizzo tracciate dal Consiglio della Fondazione, da sempre attento alle esigenze e ai mutamenti del territorio”.

 

“L’obiettivo di Not&Sipari è promuovere iniziative culturali innovative, capaci di coniugare qualità delle produzioni e audience engagement, ampliando le fasce di pubblico cui si rivolgono – afferma il Segretario Generale Massimo Lapucci –. In un momento in cui il mondo della cultura richiede ‘skills’ non solo performative, ma anche operative e manageriali, cerchiamo di selezionare idee nuove e sostenibili, basate sul coinvolgimento di giovani artisti professionisti e sulla trasversalità delle forme e dei linguaggi dello spettacolo, per fare del territorio una vera e propria fucina creativa”.

 

Gli eventi, in programma da maggio a ottobre, potranno riguardare rappresentazioni dal vivo, stagioni, premi, concorsi in ambito teatrale, musicale o coreutico che non prevedano alcuna quota di iscrizione, nonché forme di spettacolo interdisciplinari.

Nella passata edizione hanno potuto contare sul sostegno della Fondazione CRT numerosissime iniziative tra cui il festival agri-rock “Collisioni” a Barolo, il festival valdostano di musica “CHAMOISic”, le settimane musicali dello Stresa Festival, la rassegna “Teatro sull’Acqua” di Novara, l’evento internazionale gratuito di musica, arte e teatro di strada “Ratataplan” a Biella.

 

Not&Sipari ha sostenuto negli ultimi anni circa 1.200 iniziative – dai grandi festival alle piccole rassegne – per oltre 12 milioni di euro.