CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 670

“Artisti per Artom”, tre giorni di eventi

Casa nel Parco – presentazione della manifestazione Avevamo 20 anni. Artisti per Artom, promossa dal Consiglio regionale del Piemonte e dal Comitato Resistenza e Costituzione

Il partigiano ebreo Emanuele Artom combatté nelle formazioni di Giustizia e Libertà in Val Pellice, catturato, morì il 7 aprile del 1944 nel carcere ‘Le Nuove’ dopo orrende torture. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Probabilmente venne abbandonato nella zona dove oggi si trova il Parco Colonnetti, a Mirafiori sud. Qui una via è intitolata al suo nome e dal 28 al 30 giugno si svolgerà “Avevamo 20 anni. Artisti per Artom”, un grande evento organizzato dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte e dal Laboratorio – CTM. Una tre giorni di musica, incontri, letture, proiezioni, percorsi nel quartiere, eventi sportivi, momenti enogastronomici per riscoprire attraverso la figura di Artom – uomo, giovane partigiano, intellettuale, attento osservatore della realtà politica e culturale del suo tempo – l’immagine un quartiere che della diversità, come della continua rigenerazione, ha fatto i propri tratti distintivi di forza. Il culmine della manifestazione sarà venerdì 30 giugno, alla Casa nel Parco di via Panetti 1, con il concerto-evento “I Miller e una notte” che vedrà alternarsi sul palco Nada, i Virginiana Miller, Mauro Ermanno Giovanardi, Les Nuages Ensemble e i Liede.

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Dichiara il vice Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, delegato al Comitato Resistenza e Costituzione, Nino Boeti: “Lo scorso anno abbiamo voluto dedicare la Festa della Musica – che si tiene in tutta Europa ed è rivolta soprattutto ai giovani – a un giovane partigiano, Dante Di Nanni. Quest’anno, invece, abbiamo scelto di onorare la memoria di un altro giovane partigiano, Emanuele Artom. Lo faremo trasformando i prati dove Emanuele scomparve in un luogo di ricordo e di festa. Letture, dibattiti, ma anche musica perché servono modi nuovi per fare memoria e ricordare il sacrificio di quanti combatterono per la Libertà e mi auguro che questa iniziativa serva a far conoscere ai giovani della nostra città il valore morale di ragazzi della stessa età morti per difendere la democrazia”. Gigi Giancursi, Direttore Artistico di “Avevamo 20 anni. Artisti per Artom”: “Scriveva il ventinovenne Emanuele Artom che il taedium vitae può essere vinto in un’unica maniera: partecipando delle cose umane, vivendo delle soddisfazioni spirituali, fisiche e morali che ci arricchiscono, distraendoci, al contempo, da quello che egli chiama ‘il vuoto dell’Abisso’. Un ventenne, Emanuele Artom, che come i nostri contemporanei si appassiona alle cose del mondo, e come loro necessita di combattere contro il pericolo di non vivere abbastanza, non amare abbastanza, nell’esorcismo perpetuo del vuoto. E allora Artom, l’intellettuale, il partigiano ebreo torinese, l’uomo, vogliamo raccontarlo attraverso l’immediatezza della musica, della letteratura, dell’arte, e con gli stessi paradigmi di libertà individuale e collettiva vogliamo raccontare una via, la celebre via Artom a lui dedicata, che custodisce la memoria stratificata del cambiamento e della storia di un quartiere, Torino Mirafiori, e di un Paese, segnati in modo indelebile dai mille volti che li hanno abitati da ieri ad oggi”. “Avevamo 20 anni. Artisti per Artom” è un progetto realizzato da Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte e dal Laboratorio – CTM, in collaborazione con Arci Torino, Resistenza Elettrica, Cpg Torino, ANPI, Comunità ebraica di Torino, Fondazione della Comunità di Mirafiori, Istoreto-Istituto piemontese per la Storia della Resistenza, Città di Torino, Circoscrizione 2, Bollati Boringhieri Editore, Marsilio Editori, Associazione Nazionale Museo del Cinema, Biblioteche Civiche Torinesi.

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fmalagnino – www,cr.piemonte.it

Steve McCurry. Mountain Men

Bard (Aosta)

Volti che sembrano scavati a forza nella dura roccia. Senza fare sconti alla ruvidità del reale. Immagini senza tempo. O forse cariche all’inverosimile di tempo. Come l’intenso, emozionante primo piano del monaco tibetano che fa da immagine -simbolo (claim visivo di fortissimo impatto emozionale) alla mostra. Dall’Afghanistan al Pakistan, dall’India al Tibet al Nepal. E ancora dal Brasile all’Etiopia e al Myanmar; così come dalle Filippine al Marocco al Kashmir alla Slovenia e allo Yemen. Passa da queste lontane terre il lungo percorso, incardinato su 77 immagini di popolazioni di montagna, su cui s’incentra l’inedito progetto espositivo dedicato dal valdostano Forte di Bard, fino al 26 novembre prossimo, a Steve McCurry, certamente fra i più grandi maestri della fotografia contemporanea internazionale. Membro dell’Agenzia Magnum dal 1986, in quarant’anni di carriera un palmarés eccezionale (fra cui alcuni World Press Photo Awards) e autore del celeberrimo scatto “Ragazza afghana” – copertina del “National Geographic Magazine” del 1985 – divenuto icona del conflitto afghano e da subito entrato a far parte del nostro immaginario collettivo (come “Le baiser de l’Hotel de Ville” del grande Doisneau o il “Miliziano colpito a morte” fissato a Cordova dalla Leica di Robert Capa), è lo stesso fotoreporter americano a raccontare: “Solo viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse mi procura gioia e mi dà una carica inesauribile”. Una filosofia di vita e di lavoro che trova conferma anche negli scatti presentati da McCurry (nato a Philadelphia nel 1950) nelle Cantine del Forte valdostano, in una rassegna – “Steve McCurry. Mountain Men”– coprodotta da Forte di Bard, Steve McCurry Studio e Sudest 57, dove un’accurata selezione di paesaggi, ritratti e scene di vita quotidiana mette in evidenza il rapporto complesso fra uomo e terre di montagna: in ambienti estremi che segnano impietosamente corpi e volti e stili di vita o beneficiati dall’armonia di paesaggi incontaminati dove pastori e contadini si muovono in una sorta di magica e perfetta simbiosi con il mondo naturale e umano che gli sta intorno. A volte “specchio” di culture ataviche ( a noi molto distanti ) che McCurry racconta con nitida obiettività in immagini “da brivido”, come quelle raffiguranti le “donne-contadine al lavoro”, totalmente invisibili avvolte negli ampi mantelli neri e negli oblunghi cappelli di paglia, nel sud-est dello Yemen. Lo scatto viaggia con rapidità, ruba l’immagine e i colori, ma ci obbliga ad andare oltre. E a porci interrogativi che dribblano la mera bellezza del soggetto. Quella che troviamo, invece, a tutto campo nelle dieci fotografie inedite scattate da McCurry proprio in Valle d’Aosta fra il 2015 e il 2016, frutto di una campagna condotta in tre periodi di scouting e shooting, vero e proprio “mountain lab” a cielo aperto – documentato da un video – dove fra l’altro spiccano i quattro 4mila metri delle Alpi: Monte Bianco, Cervino, Gran Paradiso e Monte Rosa. Immagini che resteranno quale patrimonio della collezione del Forte di Bard che, ai visitatori, offre anche la possibilità di assistere alla proiezione in altissima risoluzione di oltre 290 scatti iconici del grande Maestro. Non solo. Il progetto espositivo prevede anche, per   gli appassionati, la possibilità di iscriversi ad un workshop con lo stesso McCurry, della durata di due giorni e mezzo, da venerdì 15 a domenica 17 settembre prossimi e con numero chiuso di 15 partecipanti: per info eventi@fortedibard.it

 

Gianni Milani

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“Steve McCurry. Mountain Men”

Cantine Forte di Bard (Aosta); tel. 0125/833811 – www.fortedibard.it

Fino al 26 novembre

Orari: da mart. a ven. 10-18; sab. dom. e festivi 10-19; lunedì chiuso

Foto:

– Steve McCurry: “Monk at Jokhang Temple, Tibet”, 2000
– Steve  McCurry:”Ladakh, India”, 2008
– Steve McCurry: “Wadi Hadhramaut, Yemen”, 1999
– Steve McCurry: “Litang, Tibet”, 2005
– Steve McCurry: “Saint-Pierre, Valle d’Aosta, Italia”, 2016
– Steve McCurry: “Colle del Gran San Bernardo, Valle d’Aosta, Italia”, 2016
– Steve McCurry: “Monte Bianco, Punta Helbronner, Valle d’Aosta, Italia”, 2016

 

Notturni al Sacro Monte

Per tre serate, l’1-2-3 luglio 2017, il Sacro Monte di Belmonte (TO), in occasione della ricorrenza del riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità UNESCO (3 luglio 2003), diventerà teatro di un’interpretazione artistica contemporanea del Sacro Monte, firmata dalla direzione artistica di Claudio Montagna. Attori, pittori, acrobati, cantanti a solo e in coro, beatboxer, danzatrici, musicisti, narratori: 55 tra artisti e performers del territorio e altri professionisti offriranno la possibilità di vivere un’esperienza “immersiva” nell’unicità della forma narrativa e artistica dei Sacri Monti. Come viandanti, tutti saranno invitati a camminare nel buio illuminato da rappresentazioni, arte, e racconti ispirati al significato del Sacro Monte, luogo di elevazione e riflessione, e percorso devozionale, insieme di metafore dell’esistenza umana. «Per dire al resto del mondo “cos’è” Belmonte – spiega il regista Claudio Montagna – utilizzeremo la meraviglia e lo stupore suscitati da una performance itinerante di teatro, danza contemporanea, pittura, artigianato, scultura, canto, musica e arti circensi. Lassù, le emozioni di uno spettacolo sotto le stelle, o sotto le fronde, inviteranno a riconquistare lo spirito del Sacro Monte o, meglio, dei sacri monti: luoghi in cui si viaggia verso altre terre, lontane oppure così vicine da farsi terre dello spirito».

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I “NOTTURNI AL SACRO MONTE” sono il frutto del laboratorio diffuso di creatività ed elaborazione culturale, curato da Teatro e Società, che ha raccolto, assimilato e restituito notizie, informazioni e racconti attraverso scuole e insegnanti, incontri con esperti. Un percorso di valorizzazione del Sacro Monte, avviato a settembre con le comunità che circondano Belmonte, e che ha proposto momenti di animazione e di formazione artistica, coinvolgendo e stimolando nuove sinergie tra artisti e con le numerose realtà culturali del territorio. La manifestazione è realizzata nell’ambito del progetto pilota “Belmonte, un Sacro Monte aperto al mondo” proposto dall’Ente di Gestione dei Sacri Monti e dall’Associazione Teatro e Società nell’insieme del piano di rilancio dei Sacri Monti del Piemonte, Patrimonio Unesco. Il progetto è sostenuto dalla Compagnia di San Paolo sul bando “Valorizzazione dei patrimoni culturali 2016” e realizzato in collaborazione dei Comuni dell’Unione Montana Val Gallenca – Canischio, Pertusio, Prascorsano, San Colombano Belmonte, Valperga – e di Cuorgnè. «Con i “Notturni al Sacro Monte” sperimentiamo una modalità innovativa per il rilancio del patrimonio dei Sacri Monti – spiega Renata Lodari Presidente dell’Ente di gestione dei Sacri Monti, Ente strumentale della Regione Piemonte – che ci vede impegnati nell’intervento di restauro della Cappella XII, per il mantenimento del patrimonio artistico di Belmonte. La scelta del Sacro Monte di Belmonte per il progetto pilota, sostenuto dalla Compagnia di San Paolo, si è rivelata di grande interesse per il coinvolgimento delle realtà culturali del territorio, che ha portato al percorso di elaborazione artistica che accenderà i riflettori sul Sacro Monte, confermando il legame forte con Belmonte». In occasione della manifestazione saranno proposte mostre, concerti e altre attività di animazione, sia al Sacro Monte di Belmonte che nei comuni coinvolti nel progetto, volte a far conoscere Belmonte e il suo territorio. Una performance itinerante di arte e cultura, uno spettacolo per riflettere al Sacro Monte di Belmonte, Patrimonio dell’Umanità UNESCO e uno dei simboli del Canavese.

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CAMMINARE NEL BUIO ILLUMINATO DA ARTE, RAPPRESENTAZIONI E RACCONTI Lo spettacolo itinerante “NOTTURNI AL SACRO MONTE” si sviluppa sul percorso devozionale del Sacro Monte di Belmonte, Patrimonio UNESCO. Dalle 20.30 il percorso, adeguatamente illuminato, si animerà in tredici “quadri” legati alle scene illustrate nelle Cappelle, che proporranno agli spettatori (partenze a piedi dei gruppi circa ogni quindici minuti) un’interpretazione artistica contemporanea del Sacro Monte. Performance di teatro, con la messa in rima di eventi storici di Belmonte o riferiti alla Passione, accompagnate da installazioni di danza contemporanea, pittura, scultura, canto, musica e arti acrobatiche, offriranno l’occasione di confrontare le esperienze della propria vita con una storia bimillenaria: si cade, ci si rialza, si cammina. Si cammina e si scopre che la meta da conquistare davvero non è la conclusione del viaggio ma la voglia di continuare a camminare. L’itinerario sarà guidato dai “Viandanti attori”, protagonisti in ogni tempo dei cammini devozionali, ritornati al Sacro Monte per invitare al viaggio e alla meditazione, sugli antichi sentieri. Per chi lo vorrà anche la salita a piedi al Sacro Monte, sul percorso da Valperga, sarà accompagnata, in due gruppi, da guide naturalistiche. Per tutti gli altri la salita sarà possibile con bus navetta con partenza da Cuorgnè e Pertusio. Interpreti del gruppo dei “Viandanti attori” – con i testi di Luca Scaglia, in collaborazione con Claudio Montagna, Chiara Bosco, Davide Simonetti, Fabio Caruso – sono i quattordici allievi del corso di teatro avviato a febbraio a Valperga da Claudio Montagna, nell’ambito del progetto “Belmonte, un Sacro Monte aperto al mondo” e gli attori di Teatro e Società. Presenti anche gli attori del Teatro del Noi del Gruppo Abele di Torino e la performance della Pro Loco di Cuorgnè. Le performances di pittura sono a cura del Centro Culturale Artistico Carlin Bergoglio di Cuorgnè, quelle danza del Nuovo teatro studio danza asd di Caluso e della Scuola La Fenice Ballet di Cuorgnè. Lo spettacolo itinerante propone interventi degli acrobati Diego Bertin, Luca Buccheri. Gloria Giraudo e Marcello Piras, del beatboxer Matteo Zulian, dei musicisti Giovanni Ruffino e Nicoletta Fiorina. Partecipa il falegname di Pertusio Stefano Lupano e saranno esposte tre opere dello scultore Simone Benedetto. Presente anche il gruppo di studenti del Liceo artistico “Felice Faccio” di Castellamonte che hanno partecipato al laboratorio video del progetto, condotto da Franco Carapelle.

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COME PARTECIPARE Per raggiungere il Sacro Monte saranno messe a disposizione navette (costo A/R 2 euro) con partenza da Cuorgnè e Pertusio alle ore 19.00 – 19.45 – 20.30 – 21.15. Dalle 19.00 alle 24.00 la strada verso il Sacro Monte sarà chiusa al traffico all’altezza della frazione Pemonte. Sarà possibile salire a piedi al Sacro Monte attraverso il percorso naturalistico da Valperga, con visita guidata in collaborazione con l’Associazione ScopriNatura. La partenza dei gruppi è alle ore 17.00 e alle 17.30. La partecipazione alle serate è aperta a tutti e gratuita. E’ richiesta la prenotazione con l’indicazione della modalità di salita al Sacro Monte (con il trasporto della navetta o a piedi da Valperga). Le prenotazioni si effuano tramite modulo dal sito: www.notturniteatrali.it o telelefonando al n.ro 392 290.67.60 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00. BUS da Torino. Domenica 2 luglio, su proposta del Consorzio Operatori Turistici Valli del Canavese. Partenza ore 14.30 da Torino Porta Susa, rientro entro mezzanotte; costo 15,00 euro

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Per prenotare: tel. 011/9833504 • e-mail: info@kubabaviaggi.it Le informazioni sul programma dei “Notturni al Sacro Monte” e sugli eventi sono reperibili sui siti: www.notturniteatrali.it – www.sacri-monti.com.

Rodotà il “laico furioso”

di Pier Franco Quaglieni

E’ mancato ad 84 anni il prof. Stefano Rodotà ,enfant prodige della cultura giuridica italiana che ad appena 22 anni iniziò a collaborare al “Mondo “di Pannunzio. Si è subito alzato un coro volto a fare “santo subito”(sia pure santo laico) Stefano Rodotà che ha cavalcato la politica e il giornalismo italiani per molti decenni. Sicuramente fu un uomo di rara intelligenza e di indiscutibile cultura. Ebbi modo di conoscerlo dopo una sua conferenza ai “Venerdì letterari” torinesi. Irma Antonetto me lo presentò, ricordando che Rodotà era stato un collaboratore del “Mondo “di Pannunzio.  Mi bastò poco per capire che il suo modo di essere laico non era il mio e che soprattutto il suo radicalismo era diventato un radicalismo di sinistra con tendenza predominante a non avere nemici a sinistra. Un po’ come accadde al torinese  Franco Antonicelli che passò da liberale a sostenitore indulgente di “Lotta Continua” in un crescendo di spostamenti a sinistra che stupirono gli stessi comunisti che lo elessero senatore nel ’68 e nel ’72.Per Antonicelli valeva il mito di Gobetti e del suo rapporto con Gramsci che finiva per legittimare  i suoi spostamenti graduali a sinistra, fino a giungere a quella più estrema, ignorando i pericoli stessi del terrorismo che stava nascendo.  Una scelta rispettabile, quella di Rodotà, ma certo  molto lontana da Pannunzio di cui egli, al contrario di Scalfari, non si considerò mai continuatore. Anzi ,ebbe ben chiara la sua cesura definitiva con il mondo liberale a cui forse non appartenne mai, neppure quando scriveva sul “Mondo”.

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In quella cena organizzata da Irma Antonetto avemmo modo di constatare che ambedue amavamo la buona cucina, un lato che non avrei mai pensato di trovare in Rodotà che appariva ,nella sua figura snella, quasi un asceta. Quello gastronomico  finì di essere il discorso predominante della serata, salvata dalla presenza di altri ospiti. Nel 1979, quando Marco Pannella convinse Leonardo Sciascia a candidarsi nel partito radicale ,lui si candidò come indipendente nelle liste del PCI. Una volta Lucio Libertini, che non disdegnava la sincerità e anche la battuta cattiva ,mi disse che la “Sinistra indipendente “ era indipendente da tutto fuorché dal Pci che eleggeva i suoi candidati con preferenze certe e collegi blindati. In effetti qualche indipendenza Rodotà seppe mantenerla perché non si può dire che si sia sempre allineato con il Pci. Nello stesso PDS non si sentì mai a casa sua. Eletto presidente del partito con Occhetto segretario, si dimise dalla presidenza di un partito in cui la conflittualità tra il vecchio e il nuovo apparve subito ingovernabile. Al Salone del libro  del 2009 mi capitò di ascoltarlo quando presentò il suo libro “Perché laico” edito da Laterza e tenne una lezione magistrale  sulla laicità che meriterebbe di essere riletta. Il suo non fu un discorso laico ,ma laicista o, se vogliamo ,da ” laico furioso” per dirla con  la celebre definizione di  Gianfranco Bosetti. Rodotà non aveva assolutamente recepito la distinzione fatta da Bobbio in modo molto lucido tra laicità e laicismo, due modi di pensare che possono giungere all’incompatibilità . Il laico è aperto al dialogo anche con chi non vuole il dialogo ,il laicista è settario, chiuso nelle sue certezze ideologiche inossidabili, come il cuneese Odifreddi o il milanese Gioriello o il torinese Viano.  Essere laici non  significa essere miscredenti, insegnava Alessandro Passerin d’Entrèves ,ma la scuola liberale che parte da Francesco Ruffini e giunge a Passerin, era cosa quasi sconosciuta al prof. Rodotà.

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Quando pubblicai con Girolamo Cotroneo  nel 2010 i discorsi di Cavour sui rapporti tra Stato e Chiesa da Rubettino, volli rimarcare la necessità di una distinzione netta rispetto ad una interpretazione distorta  del pensiero di Cavour visto come un anticlericale settario anziché come uno statista capace di mediare tra le ragioni di una libera Chiesa in un libero Stato.  Il mondo di Rodotà  era un insieme di certezze e di dogmatismi laici in cui la religione non doveva avere diritto di cittadinanza. Non capì che essere laici significa anche diffidenza verso le semplificazioni delle ideologie presuntuose, anzi superbe del secolo scorso. Il liberale Zanone sul tema aveva pienamente centrato il discorso antiideologico incluso nel concetto di laicità. Il mondo liberale si fondava e si fonda sulla libertà religiosa, sulla libertà di essere credenti, non credenti o diversamente credenti. Un’idea che aveva perfettamente colto  anche Marco Pannella. La laicità liberale è soprattutto ed  essenzialmente  rispetto per le idee di tutti, senza irrigidimenti giacobini. Se Alessandro Galante Garrone si definì un ”mite giacobino”, Rodotà con le sue prese di posizione rigide si rivelò un giacobino assolutamente poco mite. Onore al merito per  aver tenuto salde per decenni le sue convinzioni, ma tra lui e il mondo liberale c’era un abisso che si è ampliato nel corso degli anni. E’ quasi incredibile che una figlia di Benedetto Croce, Elena, lo avesse introdotto al “Mondo “ di Pannunzio. Elena era tanto diversa da Alda, da Lidia e da Silvia Croce che mantennero saldo il loro liberalismo .Alda di cui fui amico per molti anni ,detestava Rodotà. Elena Croce fu l’autrice di un libretto dedicato allo “Snobismo liberale” che finì per diventare snobismo radical-chic con un costante  pregiudizio favorevole verso i comunisti. Come la proprietaria del “Corriere della Sera”  Maria Giulia Crespi che cacciò Montanelli e come Camilla Cederna che brindò-stando alla testimonianza di alcuni amici – quando  Indro venne ferito dai terroristi e scrisse infamie sul commissario Calabresi. Pannunzio denunciò nel 1966 la fuga degli intellettuali  verso il PCI e vide lontano. Rodotà fu, forse, l’esempio più illustre  di questa fuga verso i comunisti.

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Egli fu naturaliter molto amico di Gustavo Zagrebelski  al cui fianco ha combattuto tante battaglie.
Anche l’ultima battaglia contro la riforma costituzionale Renzi -Boschi fu da lui sostenuta con argomentazioni veementi a fianco del professore torinese, punto di riferimento di un certo modo di pensare la politica che è quanto di meno liberale ci possa essere. Una volta laureato brillantemente a Roma, fu scoperto per la sua intelligenza da Adriano Olivetti che avrebbe desiderato averlo con sè ad Ivrea ,ma il giovane Rodotà rifiutò l’invito. Olivetti gli fece comunque accreditare 300mila lire di allora sul suo conto corrente, per aiutarlo nei suoi studi. Olivetti chiamava attorno a sè tutti i giovani brillanti  che poteva, ma ,a volte, non vide i limiti di certi suoi collaboratori, in primis ,Paolo Volponi destinato anche lui a finire parlamentare prima del PCI e poi di Rifondazione Comunista. Il cognato di Adriano, Arrigo con il quale ho intrattenuto una lunga amicizia, anche se l’ho sempre considerato un maestro, mi disse una volta che non sarebbe stato opportuno invitare Rodotà al Centro “Pannunzio”. Arrigo non poteva prevedere le evoluzioni del Rodotà-pensiero, ma anche lui seppe guardare lontano. L’aveva conosciuto nelle stanze del “Mondo” e ne aveva tratto una pessima impressione. Arrigo era l’editore del “Mondo” e fu segretario generale del partito radicale quando Rodotà era un iscritto a quel partito.Rodotà ,rifiutando l’invito di Olivetti, compì un atto di onestà intellettuale di cui bisogna rendergli merito perché le sue idee, fin da allora, erano conflittuali con quelle dell’imprenditore eporediese, affascinato anche dalla religiosità cristiana. Fu il primo Garante della Privacy, ma, durante il suo mandato, malgrado i suoi sforzi, la privacy in Italia venne sistematicamente più che mai  calpestata, anzi distrutta. Franco Pizzetti ,suo successore come Garante, colse i problemi irrisolti lasciati da Rodotà e si accorse della loro gravità. Negli ultimi anni il professore aveva scoperto il web e divenne così simpatico alla rete che Grillo lo propose come presidente della Repubblica alla fine del primo mandato di Napolitano, salvo poi insolentirlo in modo volgare. Con la sua morte l’Italia si priva di una mente molto lucida e vigile. Con le sue polemiche ha tenuto alta l’attenzione sui temi dei diritti civili, anche se la sua visione complessiva non è andata molto oltre la vis polemica.

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM

NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A casa nostra – Drammatico. Regia di Lucas Belvaux, con André Dussolier e Émilie Dequenne. In una piccola città del Nord della Francia, la storia di Pauline, una infermiera a domicilio, divorziata, con due figli e vecchio padre a carico. Un partito di estrema destra la vorrebbe capolista alle municipali, lei, convinta per l’occasione di poter fare del bene alla sua gente, accetta. Tema attualissimo, racconto, nelle corde del regista, per scoperchiare i falsi metodi di rispettabilità e buone maniere che stanno da una certa parte politica: all’uscita francese ne febbraio scorso, grandi rimostranze nella destra; da noi “la Repubblica” gli ha riconosciuto uno sguardo “preciso e clinico” senza tuttavia nascondere il difetto “di essere troppo dimostrativo, troppo didascalico”. Durata 95 minuti. (Classico)

 

All’ombra delle donne – Commedia drammatica. Regia di Philippe Garrel, con Clotilde Courau, Antoinette Moya, Stanilas Merhar e Jean Pommier. Non se la passano troppo bene Pierre e Manon e per sopravvivere nella vita quotidiana girano dei documentari con pochi mezzi e svolgono piccoli lavori. Pierre una giovane regista, Elisabeth, che diverrà la sua amante; ma l’uomo non vuole abbandonare Manon e preferisce mantenere entrambi i rapporti. Un giorno Elisabeth scopre che anche Manon ha un amante. Durata 73 minuti. (Classico V.O.)

 

Aspettando il re – Commedia drammatica. Regia di Tom Tykwer, con Tom Hanks e Tom Skerritt. Periodo non felice per Alan Clay (ha appena divorziato dalla moglie, è senza casa e non ha il becco di un quattrino per pagare la retta della scuola della figlia, rischia persino il lavoro se non porterà a casa in grosso contratto) è inviato dalla sua società di informatica in Arabia Saudita per ottenere l’appalto dei servizi telematici nella città che si sta costruendo nel deserto. La burocrazia temporaggia e il sovrano imprenditore si fa attendere. Alan avrà così tutto il tempo per fare un bilancio della propria esistenza. Durata 98 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Uci)

 

Baywatch – Commedia. Regia di Seth Gordon, con Zac Efron e Dwayne Johnson. Al cinema i vecchi quanto gloriosi telefilm con il divo David Hasselhoff e la procace Pamela Anderson (dal ’93 al 2001 sui teleschermi di casa nostra), tra sole e spiagge, muscoli e bikini ridotti, avventure e indagini in cui cui si misurano Mitch, capitano dei lidi di Santa Monica, e le giovani reclute alle sue dipendenze. Durata 116 minuti. (The Space, Uci)

 

Civiltà perduta – Avventura. Regia di James Gray, con Charlie Hunnam, Robert Pattinson e Sienna Miller. L’autore mai troppo lodato di film intimisti o immersi in un ambiente noir ottimamente descritto come “I padroni della notte” e “Two lovers” si affida oggi ad un diverso genere cinematografico, quello dell’avventura, ma anche qui quell’”avventura” che mina allo stesso tempo il corpo e la mente. La storia di Percival Fawcett, ufficiale di carriera britannico, che all’inizio del Novecento ha l’incarico dalla Società Geografica Reale di recarsi al confine tra Brasile e Bolivia per effettuale importanti rilievi cartografici. La società, la famiglia, le difficoltà, la malattia, l’ossessione della ricerca di una città perduta, tutto contribuisce a rendere un ritratto e un film forse d’altri tempi ma comunque autentico, avvincente, degno della storia di un regista che amiamo. Durata 141 minuti. (Ambrosio, Eliseo Grande, The Space, Uci)

 

Fortunata – Drammatico. Regia di Sergio Castellito, con Jasmine Trinca, Stefano Accorsi e Alessandro Borghi. Presentato aCannes nella rassegna “Un certain regard”, il film porta la firma alla sceneggiatura di Margaret Mazzantini ed è la storia di una donna estremamente vitale, la Fortunata del titolo, che sta per separarsi da un marito in odore di stalking e di brutalità ben maggiori, che sogna di aprire un piccolo negozio di parrucchiera tutto suo, che alleva con ogni premura una figlia e che sogna un migliore avvenire nell’amore per un giovane psicologo. Ogni cosa ambientata e vissuta nella cornice di una pasoliniana Tor Pignattara. Ogni cosa filmata tra un ricordo del precedente, autenticissimo “Non ti muovere” ed un altro, pieno d’affetto, per “Mamma Roma”. (Eliseo Blu)

 

Io danzerò – Commedia drammatica. Regia di Stéphanie Di Giusto, con Soko e Gaspard Ulliel e Lily-Rose Depp. La vicenda di Loïe Fuller, nella Parigi dei primi del Novecento, protagonista di quelle danze che, sempre composte e ricomposte ai limiti di un perfezionismo pronto a raggiungere quei risultati che mettevano in serio pericolo la salute della donna, il pubblico seguiva con estrema passione, rimanendone come ipnotizzato. Fu simbolo di un’epoca e di una generazione e la sua vita non soltanto artistica venne fortemente cambiata dall’incontro con Isadora Duncan. Durata 108 minuti. (Ambrosio sala 2, Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Lady Macbeth – Drammatico. Regia di William Oldroyd, con Florence Pugh, Christopher Fairbank e Cosmo Jarvis. Una delle opere più belle e convincenti viste all’ultimo Torino Film Festival, che fortunatamente la distribuzione di Teodora ha portato nelle sale. Ricavandone la vicenda dal romanzo “Lady Macbeth nel distretto di Mtsensk” scritto dal russo Nikolaj Leskov e portato poi nel mondo lirico da Shostakovich, qui trasportata da quei panorami alle brughiere dell’Inghilterra del 1865, la diciassettenne Katherine è costretta dalla volontà del padre a un matrimonio senza amore con un uomo più anziano di lei, che non la desidera e apertamente la trascura. Soffocata dalle rigide norme sociali dell’epoca, all’allontanamento del marito per questioni di lavoro, inizierà una relazione clandestina con un giovane stalliere alle dipendenze del marito, ma l’ossessione amorosa la spingerà in una spirale di violenza dalle conseguenze sconvolgenti, nell’eliminazione di chiunque voglia cancellare quella passione. L’autore è un giovane, trentasettenne, drammaturgo che ambienta la sua storia nel chiuso opprimente nelle stanze del grande palazzo, con pochissime concessioni all’esterno, scavando appieno ed egregiamente nei tanti caratteri, in specialmente in quello della sua protagonista, anti-eroina perfettamente lucida e sanguinaria. Durata 89 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Metro Manila – Drammatico. Regia di Sean Ellis, con Jake Macapagal e John Arcilla. Un uomo lascia le risaie poste al nord del paese con tutta la famiglie per recarsi a Manila, dove trova un lavoro. Diventa agente di sicurezza dei blindati che trasportano importanti somme di denaro e valori ma la sua nuova attività gli riserverà parecchi problemi. Durata 114 minuti. (Centrale V.O.)

 

La mummia – Avventuroso. Regia di Alex Kurtzman, con Tom Cruise, Russell Crowe, Sofia Boutella e Annabelle Wallis. Nell’antichità, una principessa egizia in odore di divenire faraone fino al giorno in cui il padre ebbe generato il figlio maschio: grande ecatombe e vendetta della suddetta ma anche vendetta dei dignitari di corte che la seppelliscono viva e la trasportano in una sontuosa tomba al centro del lontano territorio persiano. Nei tempi nostri, la sempre suddetta principessa Ahmanet si risveglia tra gli sconquassi delle guerre orientali e porta distruzione sino a Londra, tra pugnali e pietre preziose e riti che coinvolgono l’appassito e rintontito ex eroe Tom Cruise che per stare a galla dello star system è costretto ancora una volta a ingarbugliarsi nelle sue solite mission impossible, in una lotta tra bene e male che cerca di nobilitarne il personaggio di soldato fanfarone e truffaldino. Il bello (si fa per dire) della storia affidata per il 99% alle dinamiche dei computer e per il restante all’espressività degli attori è di prendere la decisione sul finale di tener aperta la porta di un sequel che se ancora interesserà il pubblico potrà riempire un’altra volta le tasche di divo e divette. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uni)

 

La notte che mio padre ammazzò mio padre – Drammatico. Regia di Inés Paris, con Eduard Fernandez e Belen Rueda. Campione d’incassi in Spagna. Una cena tra amici, una tavolata attorno alla padrona di casa, un’attrice quarantenne, che ha invitato tra gli altri un famoso attore argentino nella speranza di spingerlo a partecipare ad un importante film. Ma nel corso della serata un omicidio verrà ad agitare ferocemente la serata. Durata 94 minuti. (Centrale V.O., F.lli Marx sala Harpo)

 

Nerve – Azione. Regia di Henry Joost e Ariel Schulman, con Juliette Lewis, Emma Roberts e Dave Franco. Il titolo del film si ricollega ad un gioco, uno di quei giochi clandestini che spopolano su Internet, cui quasi per scommessa s’affida la giovane e problematica Vee. Imprese che mettono alla prova il tuo coraggio e cascate di dollari in caso di vittoria. All’inizia tutto sembra indicare la vittoria finale ma man mano che la sfida prosegue non tutto ha l’odore del successo. Durata 96 minuti. (Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Parigi può attendere – Commedia drammatica. Regia di Eleanor Coppola, con Diane Lane, Arnaud Viard e Alec Baldwin. L’americana Anne accetta un passaggio in macchina da Cannes a Parigi da parte di un socio in affari del marito, troppo preso dal suo lavoro: con il suo nuovo accompagnatore la donna trascorrerà giornate da ricordare, scoprirà ancora una volta (finalmente) luoghi da sogno, non rinuncerà alle tentazioni della buona cucina. Opera prima della ottantenne moglie di Francis Ford Coppola, alle spalle un esclusivo passato di documentarista. Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2, Uci)

 

Parliamo delle mie donne – Commedia drammatica. Regia di Claude Lelouch, con Johnny Hallyday e Sandrine Bonnaire. Il regista francese (com’è lontano il ’66 quando apparve sulla ribalta internazionale del successo con “Un uomo, una donna”) viaggia da decenni con le sue stelle comete della vita e dell’amore, dell’amicizia, dei piccoli e grandi tradimenti, con gli amori che si ritrovano, della famiglia, tra immagini sontuose e sceneggiature che gironzolano qua e là disseminando sentenze. Prendere o lasciare: ma “Les una et les autres” – “Bolero” da noi” – non si dimentica. Lelouch continua la sua filosofia di vita in questo secolo ormai più che avviato, questa volta radunando, grazie all’amico medico Frédéric, attorno alla tavola del fotoreporter Jacques Kaminsky – un rispolverato Hallyday -, eclissatosi tra i bellissimi panorami delle Alpi, le quattro figlie avuto parecchio distrattamente da altrettante diverse unioni. Il film è del 2014, arriva oggi qui da noi, un’occasione anche per chi ha (persino) dimenticato il nome di Lelouch o chi non lo ha mai scoperto. Durata 124 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Chico e Harpo, Massimo 1)

 

Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar – Avventura. Ragia di Joachim Ronning e Espen Sandberg, con Johnny Depp, Javier Bardem, Orlando Bloom e Geoffrey Rush. Cambio di regia e quinto episodio per Jack Sparrow e le sue avventure attraverso i mari, questa volta alle prese con la ricerca di un tridente magico che ha il potere, per chi ne viene in possesso, di assicurargli il comando dell’oceano e di fare piazza puliti di precedenti incantesimi. Se la dovrà vedere contro una squadraccia di letali marinai fantasma fuggiti dal Triangolo del Diavolo e guidati dall’orripilante Capitano Salazar e dovrà chiedere l’aiuto di un’affascinante astronoma e e di un ardimentoso quanto giovane marinaio. Durata 129 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Quando un padre – Commedia drammatica. Regia di Mark Williams, con Gerald Butler e Willem Dafoe. Con la malattia del figlio che irrompe improvvisa nella sua esistenza, un uomo dovrà fare i conti con se stesso e con quell’attività che gli ha fatto mettere troppe volte in secondo piano la famiglia. Durata 108 minuti. (Uci)

 

Quello che so di lei – Commedia drammatica. Regia di Martin Provost, con Catherine Deneuve e Catherine Frot. L’incontro tra due donne: Béatrice è scomparsa da circa trent’anni e alle spalle s’è lasciata una storia con un uomo sposata, Claire è la figlia di quell’uomo. Durata 117 minuti. (Ambrosio sala 3, Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Sognare è vivere – Drammatico. Regia di Natalie Portman, con Gilad Kahana, Amir Tessler e Natalie Portman. Difettosa opera prima di un’attrice già premio Oscar. L’infanzia dello scrittore israeliano Amos Oz, la fuga della sua famiglia tra gli anni Trenta e Quaranta, gli orrori della guerra in Europa, il filo di speranza che legava il padre alla Storia, la figura della madre che inventava storie per il piccolo Amos, la povertà affettiva e intellettuale, la malattia, la fine prematura: il tutto raccontato con un difficile inizio, con un avventurarsi nella vicenda che non è certo migliore, costruita con sprazzi di narrazione, con scene monche o movimentate con incertezza, con piccole presunzioni che non riescono a costruire concretamente il pensiero dell’autrice, ambizioni di chi pensa di aver già raggiunto la padronanza di un linguaggio cinematografico. Il tutto rimane enormemente lontano da noi e non ne restiamo coinvolti neppure per un attimo. Durata 95 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

The Habit of beauty – Drammatico. Regia di Mirko Pincelli, con Francesca Neri, Vincenzo Amato e Noel Clarke. Elena ed Ernesto hanno perso in un incidente d’auto il loro unico figlio dodicenne, hanno visto il loro matrimonio andare a pezzi, compromesso per lo meno. Dopo anni sono entrambi a Londra, lei è una gallerista di successo, lui un fotografo capace di rinunciare a tutto e disposto a ricominciare daccapo. Ma chiede aiuto a Ian, un ragazzo conosciuto in carcere e da poco tornato libero, per preparare quella mostra che nella mente di Ernesto dovrà essere l’ultima. Durata 89 minuti. (Greenwich sala 1)

 

Transformers – L’ultimo cavaliere – Fantasy. Regia di Michael Bay, con Mark Wahrlberg, Stanley Tucci e Anthony Hopkins. L’origine degli alieni e della loro presenza nel nostro mondo sta ben ancorata nel tempo di Re Artù, dei Cavalieri della Tavola Rotonda e di Mago Merlino che ha nascosto nella propria tomba un segreto di cui l’uomo di oggi dovrà venire a conoscenza se vorrà salvare il mondo da creature non poco pericolose. Poi, oggi, ci sono i transformers, coloro pronti a mutarsi in mostruose automobili o in robot altrettanto terrificanti, una colonia di alieni in cui si nascondono buoni e cattivi che l’uomo dovrà comunque conoscere sino in fondo. Durata 150 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche in 3D, Uci anche in 3D e in V.O.)

 

Tutto quello che vuoi – Commedia. Regia di Francesco Bruni, con Giuliano Montaldo, Donatella Finocchiaro e Andrea Carpenzano. Tratto liberamente dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la storia del giovane Alessandro, romano di Trastevere, che vive le proprie giornate tra il bar, lo spaccio e l’amante che è la madre di un suo amico. Sarà l’incontro con un “non più giovane” poeta dimenticato a fargli riassaporare socialmente e culturalmente il gusto per la vita, in un bel rapporto che si va a poco a poco costruendo, senza lasciarsi alle spalle tutta la rabbia e quella speranza che i due si portano inevitabilmente appresso. Durata 106 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 3)

 

Una doppia verità – Thriller. Regia di Courtney Hunt, con Keanu Reeves, Jim Belushi e Renée Zellweger. L’avvocato Ramsey ha deciso di difendere il giovane Mike dall’accusa di aver ucciso il padre. Ma il verdetto sembra già scritto, il ragazzo è stato trovato accanto al cadavere con un coltello in mano e ora si trincera dietro un silenzio assoluto. Nuove prove, interrogatori, assolute certezze, la reticenza di una vedova, depistaggi, ambigui personaggi, depistaggi, le regole di quelle storie ambientate in un’aula di tribunale più che rispettate: ma forse quello che appare è ben lontano dalla verità. Diretto dall’autrice dell’indimenticabile “Frozen River” girato otto anni fa. Durata 93 minuti. (Lux sala 3, The Space, Uci)

 

Virgin Mountain – Commedia drammatica. Regia di Dabur Kari, con Gunnar Jonsson e Siguriòn Hjartansson. Fùsi è un quarantenne che deve ancora trovare il coraggio di entrare nel mondo degli adulti. Conduce una vita monotona, dominata dalla routine. Nel momento in cui una donna con la sua bambina di otto anni entrano inaspettatamente nella sua vita, Fùsi è costretto ad affrontare un grande cambiamento. Durata 94 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Wonder Woman – Fantasy. Regia di Patty Jenkins, con Chris Pine e Gal Gadot. La principessa amazzone Diana passa dalle spiagge dell’isola di Themyscira al conflitto della Prima Guerra mondiale che sta distruggendo l’Europa. Tratto dal fumetto di William Marston. Durata 141 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

“Tristano e Isotta” apre la stagione del Regio

La stagione 2017-2018 del Teatro Regio di Torino, che si aprirà con il “Tristano e Isotta” di Richard Wagner, in programma il 10 ottobre prossimo in prima assoluta, debutto alla regia per Amedeo Amodio, sarà una stagione non soltanto ricca dal punta di vista quantitativo, con un numero di spettacoli secondo solo a quello della Scala di Milano, ma anche qualitativo. Ancora una volta l’ente lirico torinese sarà impegnato nella diffusione dell’educazione musicale e la prossima stagione coincidera’ proprio con il ventennale dalla nascita del Coro delle Voci Bianche del Regio. “Il teatro Regio -spiega il suo direttore artistico Gaston Fournier Facio – è in grado di offrire un’ampia gamma di alternative rispondenti ai più svariati gusti musicali. Le anteprime assolute in Italia, per la prossima stagione saranno sette, tra cui le opere Turandot, L’Orfeo, Evita, Il segreto di Susanna, I lombardi alla prima crociata di Giuseppe Verdi, e la Voix humaine di Jean Cocteau. I tre titoli centrali della stagione, tutti diretti dal maestro Gianandrea Noseda, saranno Tristano e Isotta, opera di apertura, la Turandot di Giacomo Puccini, con scene e costumi dinStafno Poda, e la Salome’ di Strauss. Il teatro Regio ospiterà anche il debutto come direttore del maestro Antonio Florio, sul podio a dirigere l’opera Orfeo, di Daniel Harding, per la prima volta sul palco a dirigere Falstaff di Verdi ( dal 15 al 26 novembre), e del maestro venezuelano Diego Marthuez nelle opere “Il segreto di Susanna” e la Voix humaine. La stagione lirica verrà conclusa dal trittico delle opere mozartiane “Le nozze di Figaro”, “Don Giovanni” e “Così fan tutte”, su libretto di Da Ponte”.

Anche il balletto sarà , come ogni anno, un protagonista fondamentale della stagione artistica del teatro Regio, con la messinscena de Lo Schiaccianoci e del Lago dei Cigni, il primo con i solisti e il corpo di ballo Daniele Cipriani Entertainment e le scene firmate da Emanuele Luzzati, il secondo con il balletto del teatro Marinskij di San Pietroburgo. Fuori abbonamento, il 29, 30 e 31 dicembre Roberto Bolle sarà il protagonista assoluto sul palcoscenico torinese, accompagnato da alcuni tra i ballerini più importanti del panorama internazionale, nel Gala della Danza, fuori abbonamento, dal titolo “Bolle and friends”.

Sull’esempio del festival Vivaldi della stagione appena conclusa, anche il prossimo anno il teatro Regio continuerà a collaborare a stretto contatto con le istituzioni culturali cittadine, in un progetto su un tema monografico che ruotera’ intorno alla Salome’ di Strauss.

Per la prossima stagione lirica il Regio proporra’ quattro opere che sono state rivoluzionarie dal punto di vista musicologico e estetico: l’ Orfeo di Claudio Monteverdi, prima vera opera barocca, risalente al 1607, capace di proporre un personaggio di forte spessore psicologico; Tristano e Isotta; Salome’, che ha come libretto un testo in francese di Oscar Wilde, simbolo del decadentismo in musica; e, in campo sinfonico, la Terza Sinfonia di Beethoven, detta l’ Eroica. Dal 16 al 25 marzo sarà poi la volta del capolavoro rossiniana del Barbiere di Siviglia. Sabato 8 luglio inizieranno le vendite dei biglietti per il Gala “Roberto Bolle and friends” e Il lago dei Cigni delle date 15,16, 19 dicembre. Dal 23 settembre le vendite dei biglietti per Tristano e Isotta, Falstaff, lo Schiaccianoci, Il lago dei Cigni e la Turandot. Il prezzo dei biglietti è rimasto invariato dalla passata stagione.

 

Mara Martellotta

Migone e Baccini al Parco Dora Live

Prosegue con grande successo la terza settimana della rassegna ‘#Parco Dora Live’, che sino a fine luglio offre concerti e spettacoli di cabaret gratuiti di gradi artisti italiani nella piazzetta esterna del Centro Commerciale ‘Parco Dora’ a Torino in Via Livorno angolo Via Treviso. Dopo gli ottimi show di Marco Berry, Paolo Vallesi, Enzo Iacchetti e Alan Sorrenti, venerdì 23 giugno, presentato dal noto attore comico torinese Gianpiero Perone, sarà di scena Paolo Migone, volto tra i più amati della tv. Domenica 25 giugno, invece, presentato da Gino Latino di Radio GRP (media partner dell’evento) e Carlotta Iossetti, sarà la volta del concerto di Francesco Baccini, affermato e amato cantautore italiano con all’attivo svariati grandi successi della musica italiana. Attesi inoltre nelle prossime settimane anche l’ex cantant dei Matia Bazar Silvia Mezzanotte, Donatella Rettore, Alexia, Mario Venuti e Marco Ferradini. Tutti gli spettacoli sono gratuiti e iniziano alle 20.30.
Per informazioni

“L’Officina sull’Ural” e l’incontro con la buonanima della Panova

Se quella sera non fossimo capitati nella sezione del PCI di S.Anna, a Pallanza, probabilmente non avremmo mai avuto modo di incontrare  Vera Fyodorovna Panova, scrittrice russa. A dire il vero non fu proprio una conoscenza diretta in quanto la signora Panova era morta tre anni prima a Leningrado. Con l’autrice de “L’officina sull’Ural”, tradotto in italiano e pubblicano da Einaudi  nella collana “Piccola biblioteca scientifico-letteraria” della casa editrice dello Struzzo –  nel 1949, l’approccio non fu dei più facili. Non per il contenuto del libro, che narrava le storie di alcuni operai impiegati presso fabbriche costruite ai piedi degli Urali,e nemmeno per lo “spessore” del volume di 431 pagine.  A rendere piuttosto complicato l’impatto fu il numero delle copie. Erano tante, tantissime., frutto di una donazione di un libraio destinata ad arricchire , con un tocco di cultura che non guastava mai, il piccolo banco di beneficenza della  locale Festa de L’Unità.  Stavano lì, in un angolo, stipate in cinque grandi scatoloni. Evidentemente la compagna Panova ( tre volte insignita del Premio Stalin – nel 1946, ’47 e ’49 – attribuito annualmente a personalità che avessero contribuito ad importanti avanzamenti nei campi della scienza e delle  arti) , seppur a sua insaputa, stava per fare il “botto” in riva al lago Maggiore, “occupando” il banco dei premi con ben 250 ( duecentocinquanta…) copie del suo libro. In sezione avremmo dovuto, noi ragazzi della gioventù comunista ( si era nel 1976, al culmine del “biennio rosso” elettorale che aveva riservato grandi soddisfazioni al partito di Berlinguer) affrontare il tema  della nostra  partecipazione alla Festa de L’Unità. Pensavamo ad una piccola mostra con pannelli sul Cile, dove il golpista Pinochet era al potere dopo aver soffocato nel sangue il governo di Unidad Popular, e sul Portogallo, dove – viceversa – le sinistre erano al governo, dopo aver vinto le prime  elezioni libere. Era, quest’ultimo, il frutto democratico della “Revolução dos Cravos”, la rivoluzione dei Garofani, attuata dall’ala progressista delle Forze Armate portoghesi che pose fine al lungo regime autoritario  di António Salazar. In più, pensavamo a come farci conoscere, raccogliere nuove energie. Invece, fummo “reclutati” per un lavoro di manovalanza che, stando a quanto disse Marino Parnassi, il leader locale del Pci, “rientrava nei momenti formativi”. In pratica ci venne affidato il compito di avvolgere le copie, una per una, in bustine di plastica protettive, etichettandole con i numeri progressivi. “ E alla fine, come ricompensa, potrete tenervi una copia del libro a testa”, disse Marino, dando la sensazione che si trattasse di un grande privilegio, una concessione davvero generosa. Sarà stato per la soggezione che incutevano i compagni più adulti, accompagnata da quel senso di disciplina che a quei tempi s’avvertiva come elemento imprescindibile della militanza, fatto sta che in poco più di tre ore imballammo tutte le copie. A quel punto, scoccata la mezzanotte, piuttosto provati, lasciammo perdere progetti e discussioni, rimandandole ad un’altra riunione. L’unica decisione che ci sentimmo di  condividere fu quella di individuare una sede alternativa per il nostro, successivo incontro. Dalle frasi che udimmo, ci parve di cogliere un altro, concreto pericolo. Tarcisio Polla, che di Marino era il braccio destro, aveva fatto cenno ad una nuova “donazione” , consistente in un certo numero di copie di “Essi combatterono per la patria “(Oni sražalis’ za rodinu) romanzo incompiuto del premio Nobel per la letteratura Michail Aleksandrovič Šolochov, nel quale si raccontava della grande guerra patriottica per la liberazione dell’URSS dall’occupazione nazista. Quante copie? Tante quanto quelle della compagna Vera Fyodorovna Panova ? Nel dubbio, la scelta di riunirci altrove e comunque lontano da quella sezione, ci apparve come un’ottima idea. La miglior idea di tutta la serata.

 

Marco Travaglini

Benedetto Croce a Viù e in Piemonte

Sabato 24 giugno 2017 alle ore 16 nel Centro polifunzionale di piazza Cibrario 2 a Viù (Torino), si terrà l’importante Convegno sul tema: “Benedetto Croce a Viù e in Piemonte”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel centenario della villeggiatura a Viù di Benedetto Croce, il Centro Pannunzio di Torino e la Società Storica delle Valli di Lanzo organizzano un convegno per ricordare il grande filosofo napoletano e quegli anni – 1916, 1917, 1918. Sono lunghe stagioni, di più mesi, nelle quali Croce, in operosa solitudine, elabora non poche delle sue pagine maggiori.

Il convegno è sotto il patrocinio del Consiglio Regionale del Piemonte, ed è realizzato in collaborazione con il Comune di Viù e la Pro Loco di Viù.

Moderati da Umberto Levra (Università di Torino e Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano), intervengono:

Pier Franco Quaglieni (Centro Pannunzio), Benedetto Croce: un nuovo italiano, figlio del Risorgimento.

Ripercorrendone la vita, nel campo intellettuale Croce si delinea capace di mantenere l’autonomia critica, senza isolarsi nell’arcadia dei poeti, come dimostrano la sua posizione contro la guerra nel 1915, la sua opposizione al fascismo, il suo operare come senatore e per due volte ministro. Uno dei pochi italiani della sua epoca che ebbe rapporti con uomini di cultura e scienziati a livello internazionale.

Bruna Bertòlo (giornalista e scrittrice), I soggiorni estivi di Benedetto Croce in Piemonte.

Il forte legame fra Croce e il Piemonte, favorito dalla moglie Adele Rossi, torinese, emerge anche dai suoi frequenti soggiorni a Viù, Bardonecchia, Meana, Pollone, e naturalmente Torino. Attraverso testimonianze dell’epoca, lettere e ricordi, si evidenzia quanto Croce amasse “quel Piemonte”, culla del Risorgimento.

Clara Allasia (Università di Torino), «Ma ti scrivo ciò per chiacchierare»: gli ultimi difficili anni del carteggio Croce-Cian, fra Viù e Procaria.

Dagli scambi epistolari fra Benedetto Croce, villeggiante a Viù, e Vittorio Cian, stabilitosi a Procaria di Ceres, si snodano polemiche sull’interventismo, annotazioni di vita quotidiana, sincere preoccupazioni per la salute del corrispondente. Ma a Viù Croce riceve anche le lettere della più illustre e sfortunata vittima di Cian, lo «sciagurato caporettista» Umberto Cosmo, determinato a fronteggiare «il cittadino Cian» con dignità e indipendenza.

Bruno Guglielmotto-Ravet (Società Storica delle Valli di Lanzo), «Qui, dove sono in villeggiatura»: Viù ai tempi di Benedetto Croce.

Gli anni in cui Croce sceglie Viù per la villeggiatura coincidono con quelli della Prima guerra mondiale. Egli partecipa anche alla vita della comunità, ne condivide i riflessi del conflitto, la carenza di generi alimentari e, infine, le preoccupazioni per l’influenza spagnola. Ed è a Viù che il 4 novembre 1918 coglie, lieto, la notizia della vittoria.

 

Festa della Musica

In occasione della Giornata Europea della Musica, 21 Giugno, Solstizio d’Estate, la Festa della Musica arriva a Venaria Reale, città di cultura ed intrattenimento.

L’evento coinvolge le associazioni musicali del territorio venariese in primis e dei territori limitrofi, dei laboratori musicali all’interno degli istituti scolastici della città e della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado.

Il tema della prima edizione è “l’incontro tra culture”, un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso la musica, con particolare attenzione verso incontro che hanno generato nuovi stili: dal jazz al blues che nascono come fenomeno sociale degli schiavi africani deportati in America che trovano conforto e speranza nelle loro anime improvvisando collettivamente ed individualmente canti, passando al rhythm and blues che viene assimilato dai bianchi e ispirò il rock and roll e di questi esempi ne è ricca la storia della musica.

La riflessione che sarà proposta alle realtà musicali coinvolte, sarà creare un repertorio che coinvolgerà brani più congeniali al loro percorso classico, a sperimentazioni che stupiranno il pubblico e che attingeranno a cultura ed a stili diversi dal proprio.

La finalità sarà quella di contaminare gli stili e le esperienze musicali in quanto la storia non solo della musica ci insegna che dall’incontro tra culture nascono muove forme musicali.

Per l’iniziativa quest’anno le Pro loco sono state riconosciute quale partner ufficiale dal MIBAC e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Grazie alla collaborazione dell’UNPLI con il MIBACT, la Pro Loco della città ha aderito al progetto ministeriale, entrando così a far parte della comunicazione ufficiale della Festa della Musica, promuovendo l’iniziativa in collaborazione con l’Associazione di promozione sociale SONES quale Direttore Artistico dell’iniziativa.

Laura Evangelista presidente dell’associazione Sones e direttore artistico dell’iniziativa: «La Festa della Musica vuol essere un momento aggregativo, dove la contaminazione e l’incontro tra suoni, culture e stili diversi coinvolgeranno un pubblico “non preparato” e quindi genuino ed aperto all’esperienza, fuori dagli spazi e dai tempi istituzionali che irrigidiscono la fruizione di uno dei linguaggi universali più immediati… la musica.» 

«E con immenso piacere che abbiamo accolto l’invito dell’UNPLI – Unione Nazionale Pro Loco Italiane – affermaClaudio Macario Ban Presidente della Pro Loco Altessano Venaria  ad essere promotori dell’iniziativa, dando la possibilità agli artisti venariesi ad iscriversi presso la nostra sede alla kermesse musicale».

La festa della musica si terrà dal 21 al 25 giugno pv. con alcuni appuntamenti pomeridiani ed altri in orario serale in piazza Annunziata e con due appuntamenti presso “Villa Rossi”.

L’Assessore alla Cultura Antonella d’Afflitto «Per la prima volta, l’Amministrazione comunale attraverso l’assessorato alla cultura, ha deciso di celebrare anche a Venaria “la festa della musica nazionale” con il supporto dei Sones. La musica è un filo che unisce le generazioni. E’ un momento per far suonare anche talenti di Venaria: Edoardo Arancio (cantautore), Sones (musici ed allievi) e soprattutto far scoprire ai venariesi luoghi nascosti speciali, a tale scopo ringrazio Luca Spinola per aver aperto ai cittadini “il bosco ed il laghetto di Villa Rossi” davvero un luogo magico».

Il Sindaco Roberto Falcone «Ringrazio le associazioni venariesi protezionistiche ANC – Associazione Nazionale Carabinieri, Le Aquile e la Pro Loco per il supporto all’iniziativa. Naturalmente tutta la cittadinanza è invitata alla partecipazione per fare festa tutti insieme».

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Programma:

Ingresso gratuito a tutti i concerti

Mercoledì 21 giugno 2017

Ore 18,30 Piazza Annunziata

Associazione Musica in Cerchio – Pianezza

Gruppo vocale giovanile, con la partecipazione di voci ucraine (scambio internazionale).

 

 

Ore 21,30 Piazza Annunziata

Winds OrchestraDimensione Musica,

di San Maurizio Canavese.

Big band, swing, latin, pop, R&B, colonne sonore.

 

 

Giovedì 22 giugno 2017

Ore 18,30 Piazza Annunziata

Giorgio Podda

Pop acustic

 

Ore 20

Associazione Sones

Concerto allievi

 

Ore 20,45

Associazione Sones

Concerto insegnanti

 

Ore 21,30

Barriera Republic

Collettivo musicale interculturale – world music

 

Ore 22,30

Edoardo Arancio

Musica cantautorale

Venerdì 23 giugno 2017

 

Ore 19,00 Piazza Annunziata

Il Rogo

Rock band

 

Ore 21,00

Sonos

Esibizioni strumentali e canore

 

 

 

Ore 22,30

Edoardo Arancio

Musica cantautorale

 

Domenica 25 giugno 2017

 

Villa Rossi – Via Scodeggio 30

 

Ore 17,30

Enrico Degani e Sabrina Oggero Viale

Duo Jazz

 

Ore 18,30

Per cruda beltà

Musica amorosa e barocca

Anna Bergamini, Bruno Bergamini, Maria Elisabetta Massè

 

Ingresso gratuito solo su prenotazione:
Città di Venaria Reale – Ufficio Eventi:
tel: 0114072105 – 0114072230 – 335.1387529
eventiturismo@comune.venariareale.to.it

Parcheggio interno.

 

Ore 21,30 Piazza Annunziata

Kora Beat – Concerto conclusivo

Ritmi e suoni africani della Kora, l’arpa tradizionale dei cantastorie Griot, con le atmosfere taglienti del jazz-funk. 

Info: www.comune.venariareale.to.it
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