CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 660

Saper ascoltare il melodramma

/

Nell’ambito delle proposte educational della De Sono si rinnova, per il secondo anno scolastico consecutivo al Liceo Classico «V. Alfieri», il progetto Saper ascoltare: un ciclo di lezioni tenute dal prof. Paolo Gallarati sull’ascolto del melodramma attraverso la lettura critica di una grande opera del repertorio verdiano

Mentre nella scuola primaria e nella secondaria di I grado in questi anni si sono fatti molti progressi, nella secondaria di II grado l’educazione musicale praticamente non esiste, se si esclude il liceo musicale. I ragazzi escono dalle scuole superiori senza sapere nulla di Rossini, Bellini, Donizetti, Puccini e soprattutto di Verdi, compositore che ha contribuito in maniera significativa alla costruzione del nostro patrimonio culturale.Di qui l’idea nata per iniziativa di De Sono Associazione per la Musica con Paolo Gallarati – professore ordinario di Storia della musica e di Drammaturgia musicale all’Università di Torino – di un ciclo d’incontri, dedicati agli studenti dei licei classici e scientifici, finalizzati alla comprensione del melodramma e in particolare all’educazione all’ascolto di un’opera di Verdi: “Seguendo una sola opera nella sua totalità molto meglio di quanto non possa accadere con un discorso antologico che prenda in considerazione alcuni pezzi provenienti da opere diverse – spiega Paolo Gallarati – è possibile illustrare i mezzi attraverso i quali la musica realizza il teatro, in un progetto coerente.” La prima edizione del progetto si è svolta con successo durante l’anno scolastico 2017/2018 al Liceo classico V. Alfieri con l’analisi dell’opera La traviata; il prossimo 24 settembre si ricomincia, sempre tra le classi dell’Alfieri, con lo studio di un altro grande capolavoro di Giuseppe Verdi: Il trovatore.Durante ogni singolo incontro, in un primo momento si esegue una lettura accurata delle singoli parti del libretto; segue un ascolto guidato di ogni brano per illustrare come la musica definisca la situazione, l’ambiente, i singoli personaggi, la loro vita psicologica, il rapporto con gli altri caratteri e l’architettura teatrale; infine l’intero atto viene riascoltato senza interruzioni, attraverso la proiezione di un video che permetta di discutere anche le possibilità della regia. Grazie a questo metodo gli studenti a fine corso sono in grado di comprendere i meccanismi che regolano la drammaturgia del teatro musicale e le sue possibilità espressive e acquisiscono un metodo di ascolto applicabile a gran parte della produzione operistica, compresa tra il ‘600 e il ‘900.Al termine del progetto, grazie alla disponibilità del Teatro Regio di Torino, che ha in cartellone proprio Il trovatore dal 10 al 23 ottobre, gli studenti avranno la possibilità di effettuare una visita guidata del Teatro Regio, di assistere in modo privilegiato ad alcuni momenti di prova e infine di vedere lo spettacolo nella sua completezza.

Laura Rossi e la figurazione innovativa

Laura Rossi si inserisce di diritto tra i più interessanti artisti del panorama contemporaneo distinguendosi dall’attuale imperante moda, spesso banalmente ripetitiva di quelle che sono state le geniali avanguardie storiche, mantenendo un’arte che, non annullando la figurazione, la tratta in modo innovativo, antiretorico con capacità di sintesi modernissima. Nata a casale Monferrato, dove vive, laureata in scienza naturali, ha all’attivo importanti mostre personali e collettive che l’hanno resa nota in Italia e all’estero (tra le tante la mostra itinerante in Australia per il gemellaggio Conzano –Ingram, per il Monferrato-Santiago di Compostela, la partecipazione alle biennali di Grafica ex Libris a Casale, per i 500 anni della Sinagoga della città, la personale alla “Giornata italiana” a Milwaukee, la collettiva “Visioni pittoriche” di Praga).

Costante ed apprezzata la collaborazione con Stat viaggi e col bisettimanale “Il Monferrato” per cui realizza incisioni e piatti ricordo per la Costa Crociere. Possedendo ricchezza di idee, formazione, capacità esecutiva che, uniti a sostegno della propria poetica danno luogo ad un unicum, ad uno stile personalissimo della pittura ad olio, ad acquerello, su vetro e della scultura, dagli anni 80 si è specializzata nell’incisione. I soggetti, in particolare monumenti, chiese, palazzi, pur nella rigorosa essenzialità di poche linee bianche su nero che miracolosamente creano atmosfere colorate, riescono a produrre visioni esaurienti e immediatamente riconoscibili. Non occorre dovizia di particolari per raggiungere lo scopo: basta il crocifisso pensile della Cattedrale di Casale inciso sulla facciata a rendere l’idea complessiva dello stile romanico dell’antica costruzione; basta la stella sulla cima della Mole Antonelliana che si erge sulle case appena accennate di Torino per comunicare il rapporto di empatia tra il monumento e la città facendo scaturire la memoria collettiva di ampi significati artistici, storici e psicologici. Le ultime incisioni riguardano la celebrazione del centenario del volo su Vienna del 9 agosto del 1918 compiuto dalla Serenissima al comando di Natale Palli sullo SVA biposto con D’Annunzio per lanciare i manifestini tricolore esortanti la fine del conflitto bellico. Anche in questo caso con la solita capacità di sintesi e la sola rappresentazione dei monumenti simbolo di Pescara patria di D’Annunzio, di Vienna che diede il nome al volo e di Casale patria di Natal Palli, l’artista ha dato efficacemente corpo alla memoria dell’evento.

Giuliana Romano Bussola

 

 

 

Micillina: storia di una masca piemontese

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Folletti e satanassi, gnomi e spiriti malvagi, fate e streghe, questi sono i protagonisti delle leggende del folcklore, personaggi grotteschi, nati per incutere paura e per far sorridere, sempre pronti ad impartire qualche lezione. Parlano una lingua tutta particolare, che si avvicina al dialetto dei nonni e dei contadini, vivono in posti strani, dove è meglio non avventurarsi, tra bizzarri massi giganti, calderoni e boschi vastissimi. Mettono in atto magie, procurano molestie, fastidi, fanno sgambetti, ci nascondono le cose, sghignazzano alle nostre spalle, cambiano forma e non si lasciano vedere, ma ogni tanto, se siamo buoni e risultiamo loro simpatici, ci portano anche dei regali. Questa serie di articoli vuole soffermarsi su una figura della tradizione popolare in particolare, le masche, le streghe del Piemonte, scontrose e dispettose, mai eccessivamente inique, donne “magiche” che si perdono nel tempo e nella memoria, di cui pochi ancora raccontano, ma se le loro peripezie paiono svanire nei meandri dei secoli passati, esse, le masche, non se ne andranno mai. Continueranno ad aggirarsi tra noi, non viste, procurandoci dispetti, mentre tutti – forse – fingiamo di non crederci, e continuiamo a “toccare ferro” affinchè la sfortuna e le masche non ci sfiorino. (ac)
***
 
Masca, termine diffuso prevalentemente nel Roero, nelle Langhe, in Astesana, nel Biellese, nel Canavese, nelle Valli cuneesi e nell’Alessandrino, significa propriamente strega, fattucchiera, maga, incantatrice, fata. Per lo più il vocabolo è usato per disprezzo o ingiuria. Nel latino tardo, (VII sec.d.C.), era sinonimo di lamia, mostro con faccia di donna maliarda e vampiro. Il termine assume una certa rilevanza con l’Editto di Rotari, (643), dove viene utilizzato per indicare una strega i cui poteri sono molto temuti, una donna malvagia che divora i propri simili, e che è quindi contrassegnata con caratteristiche antropofaghe e pregne di reminiscenze pagane. La masca -strega è anche voce di ambito occitano e francoprovenzale, pur se più propriamente tipica del Piemonte. Molte sono le donne -masche piemontesi con un’identità specifica, delle quali ancora si racconta… C’era una volta una fanciulla, originaria di Barolo, di nome Micillina, conosciuta purtroppo per essere capace di produrre effetti negativi che si abbattevano sulla gente del suo villaggio, tanto che, secondo alcuni, essa si divertiva a causare al suo prossimo danni fisici e malattie. Un giorno Micillina decise di andarsene e si spostò a Pocapaglia, dove trovò marito e una nuova dimora. Non passò molto tempo, e anche qui gli abitanti della comunità notarono i malefici della nuova arrivata: tutti sospettavano che essa procurasse danni alle persone anche solo con lo sguardo, ben convinti che la giovane si dedicasse ad oscure arti magiche per portare malattie e disgrazie all’intero paese. Tali imputazioni non potevano però essere provate e così gli abitanti di Pocapaglia si limitarono a guardarla di sottecchi e a fare di tutto per non includerla nella vita del paese. La cattiva reputazione della donna cresceva senza tregua, qualsiasi avvenimento sgradevole faceva capo a lei e le accuse divenivano sempre più colme di odio, finché arrivarono alle orecchie di Paucapelea, il marito di Micillina. Questi, invece di difendere la moglie, si schierò dalla parte dei compaesani, gridando a gran voce contro la compagna per distoglierla dagli insani interessi. Micillina però non cambiò nulla del suo comportamento, così le invettive contro di lei aumentarono ulteriormente. Fu allora che Paucapelea iniziò a picchiarla ogni giorno, dopo essere rientrato a casa dal lavoro, sempre nell’intento di cambiare l’indole della moglie: i suoi sforzi si rivelarono vani e si vide costretto a cacciare di casa la sposa. Avvenne però un fatto strano. Dopo qualche giorno dall’accaduto, il povero Paucapelea, cadde da un albero, sul quale si era arrampicato per raccogliere della frutta, rompendosi l’osso del collo. Micillina si trovò vedova e di nuovo in possesso della casa. Forse che la donna, con l’aiuto del Demonio, aveva messo lo zampino in tale sfortunato e sinistro avvenimento? La comunità non volle approfondire, tuttavia iniziò a temere in maggior misura la donna, che continuava ad aggirarsi per le strade del paese, guardando tutti malamente e sogghignando quando qualcuno inciampava o si feriva o si procurava qualche tipo di disgrazia. Un giorno il fornaio perse la pazienza e si infuriò con lei, e, per qualche bizzarra coincidenza, venne trovato morto sull’entrata del suo negozio la sera stessa. Di lì in avanti i compaesani iniziarono ad accusare la donna apertamente di aver cagionato loro ogni sorta di male, anche se non così grave e definitivo come la morte. 
La vicenda divenne fin troppo nota, tanto che di Micillina si parlava anche nei vicini paesi, e le voci giunsero al Tribunale dell’Inquisizione, che si vide costretto ad intervenire.  Non si hanno notizie del processo, né del dibattimento, né dell’eventuale indagine, si sa però che il 29 luglio del 1544 Micillina fu portata su un carro trainato da due buoi sulle rocche del Roero, dove era stato allestito il rogo per bruciarla. I racconti ci dicono che Micillina morì quel giorno, ma riuscì, in punto di morte a provocare ancora alcuni danni. Mentre ardeva, la donna lanciò le ultime maledizioni: i buoi, impazziti, trascinarono dietro di sé il carro pesante, con il quale travolsero molti presenti, causandone la morte. Alcuni tizzoni del rogo caddero sulla folla, procurando ustioni gravissime e ulteriori vittime. Questo è ciò che tramandano le dicerie, che la malvagia Micillina fu tale finché il Demonio non la portò via con sé: chissà se anche lui se n’è pentito? La vicenda si compenetra di realtà e fantasia, i protagonisti che la animano sfumano nel passato tanto da apparire fantasmi inventati, eppure questa donna misteriosa ha lasciato una traccia consistente e profonda nel Roero, e risulta pressoché impossibile considerare tali avvenimenti frutto solo della superstizione e dell’immaginazione. Il fuoco del rogo che arse la donna pare ancora bruciare, proprio là dove era stato appiccato secoli fa: esso colora diversamente la terra di un poggio rialzato, tuttora chiamato Bric d’la masca Micillina.
Alessia Cagnotto

Il castello Stregato

Dopo l’incontro tra Nicola Lagioia e Stefano Petrocchi del 16dicembre 2017, la Fondazione Bellonci sceglie ancora il Castello degli Orsini per ospitare un nuovo progetto


Ventiquattro tra gli scrittori vincitori della Strega saranno virtualmente presenti nelle sale della
Biblioteca Silvio Grimaldi dal 29 settembre al 28 ottobre nella mostra AUTORItratti per il
Premio Strega. L’esposizione, ideata e curata dalla Fondazione Bellonci, propone una carrellata di alcuni tra i principali protagonisti della letteratura italiana, ritratti da fotografi di fama internazionale come Riccardo Musacchio e Flavio Iannello con la collaborazione di Chiara Pasquini. Il progetto nasce nel 2015 con lo scopo di fotografare la scena letteraria italiana e straniera: ritrarre gli scrittori in un set appositamente allestito e metterli istantaneamente di fronte alla propria immagine, chiedendo loro di scrivere a margine un pensiero, un ricordo, una sensazione che la stampa ha suscitato. Ogni fotografia, riprodotta su carta “fine art”, diventa così una copia irripetibile, un “positivo unico”, caratteristica propria dei ritratti d’epoca. Particolarità dell’esposizione è proprio la natura unica degli scatti: ciascuna delle 24 fotografie in mostra conserva, accanto all’autografo dello scrittore, un suo personale commento “a caldo” che rispecchia la prima impressione suscitata dallo scatto fotografico. La mostra sarà anche occasione per riproporre al pubblico e ai frequentatori della biblioteca i grandi della nostra letteratura, offrendo al contempo l’opportunità ai gruppi di lettura rivaltesi di incontrarsi e confrontarsi sugli autori e sulle opere che hanno attraversato la storia del Premio. All’inaugurazione della mostra, in programma sabato 29 settembre alle ore 17, sono stati invitati alcuni tra gli scrittori dello Strega. Sabato 20 ottobre, poi, sarà a Rivalta Helena Janeczek: la scrittrice, intervistata da Stefano Gobbi, presenterà La ragazza con la Leica, il suo ultimo romanzo vincitore della 52° edizione del Premio Strega. L’appuntamento è alle ore 18. Nelle domenica 14, 21 e 28 ottobre, alle 15,30 16,30 e 17,30 sarà possibile partecipare a “Dalla letteratura alla voce”, visite guidate al Castello con le letture d’autore a cura di Rivalta Millenaria e Raffaele Folino.

“Caporetto, 100 anni dopo”, convegno a Palazzo Lascaris

Uno storico con capacità comunicative straordinarie e un burocrate d’altri tempi impegnato volontariato: il docente universitario, scrittore e conduttore televisivo di Rai Storia Alessandro Barbero e l’ingegner Sergio Crescimanno, Segretario Generale del Consiglio regionale oggi in pensione ma attivissimo all’interno del Lions Club International, la più grande associazione di volontariato del mondo. Sono stati loro, ieri pomeriggio nell’Aula di Palazzo Lascaris, a Torino in via Alfieri 15, i protagonisti di un convegno che ha richiamato l’attenzione di oltre 150 persone. “Caporetto, 100 anni dopo” il titolo dell’incontro, organizzato dal Lions Club Pino Torinese, di cui Crescimanno è Presidente, e dal Club satellite Villarbasse.A introdurre il tema, Chantal Balbo di Vinadio, discendente diretta di Cesare Balbo, il grande uomo politico risorgimentale. “Caporetto”, la battaglia incominciata il 24 ottobre 1917 e conclusasi con le truppe austriache e tedesche attestate lungo la linea del Piave e 300 mila soldati italiani fatti prigionieri, nella storia militare italiana è diventato sinonimo di disfatta. “Una sconfitta che ha lasciato ferite aperte, che non si sono ancora rimarginate”, ha detto Barbero. Da cento anni la disfatta di Caporetto suscita le stesse domande: fu colpa di Cadorna, di Capello, di Badoglio? I soldati italiani si batterono bene o fuggirono vigliaccamente? Ma il vero problema è un altro: perché dopo due anni e mezzo di guerra l’esercito italiano si rivelò all’improvviso così fragile? Barbero ha offerto una ricostruzione della battaglia e di tutto lo scenario inedita e appassionante, frutto di anni di ricerca e di studio di documenti originali custoditi negli archivi storici di Stato.Crescimanno ha colto l’occasione per annunciare un importante evento per il prossimo 13 ottobre: Lions e Rotary poseranno presso la caserma Cernaia di Torino una campana appositamente forgiata per esaltare i principi della libertà e della pace da sempre fortemente sostenuti da entrambe le associazioni. “Un momento in cui l’associazionismo e le istituzioni militari e civili – ha precisato – sanciranno nuovamente un legame di fondamentale importanza per la nostra comunità”.

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

Le fidèle – Drammatico. Regia di Michael R. Roskam, con Matthias Schoenaerts e Adèle Exarchopoulos. Quando Gino incontra Bénédicte, è amore a prima vista, appassionato, incondizionato. La ragazza lavora nell’azienda di famiglia e guida anche auto da corsa. Gino è quel tipo di ragazzo normale, attraente che tuttavia nasconde in sé un segreto. Quel tipo di segreto che può mettere in pericolo la propria vita e quella delle persone vicine. Gino e Bénédicte dovranno lottare contro il destino, la ragione e le proprie debolezze per salvare il loro amore. Durata 130 minuti. (Classico)

 

Gotti – Il primo padrino – Drammatico. Regia di Kevin Connolly, con John Travolta e Stacy Keach. Presentato a Cannes fuori concorso, fortemente voluto da Travolta, occasione per Al Pacino e Joe Pesci per darsela a gambe a lavorazione iniziata, questo è il classico esempio di film schiacciato dalla critica, in special modo quella statunitense, che ha visto una buona dose di ambiguità in quell’alternarsi di scene pronte a tratteggiare con amore un buon padre come il benefattore per cui i questuanti della grande città stravedono e il lato buio delle sparatorie, delle successioni a sangue freddo, dei processi in tribunale. Vedere e ricalibrare. Come l’interpretazione del divo: applaudita per le tante sfaccettature del personaggio o accusata di portare per tutto il film la stessa maschera, immobile e incartapecorita. Durata 112 minuti. (Massaua, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Hotel Transilvania 3 – Animazione. Regia di Genndy Tartakovski. Terzo capitolo, doveroso considerando il successo dei due che lo hanno preceduto, per l’occasione il conte Dracula si regala un periodo di vacanza con i suoi fedelissimi. Durata 97 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Gli incredibili 2 – Animazione. Regia di Brad Bird. La famiglia di supereroi, accresciuta del piccolo Jack Jack, ha aspettato 14 anni per riapparire sugli schermi ma ha fatto letteralmente il botto se soltanto si pensa agli incassi da capogiro raccolti nei soli States. Sarà il disegno o la storia pronta a dare una bella spolverata agli ideali americani, sarà il mestiere collaudato del medesimo sceneggiatore/regista, la puntata numero 2 ha incrociato un largo pubblico e gli effetti benefici si dovrebbero risentire anche qui da noi. Questa volta è mamma Helen a salire in solitaria agli onori della cronaca, chiamata a imprese piuttosto ardue che dovrebbero rivalutare i veri valori dei supereroi caduti per qualche guaio commesso in disgrazia. Per cui papà Bob è obbligato a restarsene in casa, a badare ai primi batticuori dell’adolescente Violet, ai primi exploit di Jack Jack che subito rivela poteri inaspettati: ma il cattivo di turno ricomporrà la famiglia nuovamente pronta a nuove avventure. Durata 118 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Lola + Jeremy – Commedia. Regia di July Hygrek, con Charlotte Gabris e Syrus Shahidi. Jeremy gestisce un’agenzia che fornisce alibi ai fidanzati infedeli, Lola lavora in un negozio di fumetti ed è appassionata di fumetti. Un bel giorno decidono di riprendere ogni momento della loro vita insieme e di costruire un video-diario, con la promessa di rivederlo soltanto tra una decina d’anni. Ma un bel giorno Lola non resiste alla tentazione e si imbatte in immagini che non avrebbe dovuto vedere. Jeremy farà di tutto per riconquistarla. Durata 85 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Uci)

 

Lucky – Drammatico. Regia di John Carroll Lynch, con Harry Dean Stanton e David Lynch. Stanton è scomparso un anno fa, a 91 anni, eccellente caratterista e indimenticabile interprete di Paris, Texas di Wenders nell’84. Questo film è il suo definitivo crepuscolo, anche un omaggio che passa attraverso le piccole azioni quotidiane di Lucky, ateo, che ha combattuto nel secondo Conflitto Mondiale, che ha trovato il proprio esclusivo angolo di mondo in Arizona, che quasi in un magico ed eterno rituale incontra il mattino con i suoi esercizi yoga, i cruciverba, prosegue con i bar e gli incontri con gli amici, mentre la sua giornata si chiude immancabilmente con un vecchio buon Bloody Mary. E’ l’inno al trascorrere lento della vita, alle abitudini ormai solidificate ma mai pesanti, all’amicizia e al piccolo divertimento: anche al confronto quotidiano con la paura del distacco, della morte. Durata 87 minuti. (F.lli Marx sala Chico)

 

Il maestro di violino – Commedia drammatica. Regia di Sergio Machado, con Làzaro Ramos. Da anni intenzionato ad entrare a far parte della più prestigiosa orchestra sinfonica dell’America Latina, il violinista Laerte, al momento dell’audizione si blocca e vede il suo sogno svanire. La sua nuova vita sarà il nuovo insegnante di musica in uno scuola di Heliopolis, problematico quartiere di San Paolo. Durata 102 minuti. (Romano sala 3)

 

Mamma mia! Ci risiamo – Commedia musicale. Regia di Ol Parker, con Amanda Seyfried, Meryl Streep, Colin Firth, Andy Garcia e Cher. La stessa isola greca, per fortuna ancora le musiche e le canzoni degli Abba, passato e presente si rincorrono intorno alla vita di Donna, Cher chiamata a travestirsi da nonna, qualche vistosa forzatura per ripetere il successo del precedente appuntamento. Durata 114 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space Uci)

 

Mission Impossible – Fallout – Azione. Regia di Chrisopher McQuarrie, con Tom Cruise, Henry Cavill, Simon Pegg e Rebecca Fergusson. Si inizia a Belfast per il ritrovamento di una valigetta che contiene tre bombe al plutonio: ma ahimè soltanto una finirà nelle mani di Ethan Hunt e dei suoi amici eroi. Poi s’aggiunge al gruppo il personaggio ben solido che ha i tratti di Cavill (non per nulla Superman: qui da tenere parecchio d’occhio), un atterraggio sui tetti vetrati del Grand Palais parigino in notturna, la ricerca di John Lark colpevole d’aver rapito il barbuto scienziato terrorista Solomon Lane, già conoscenza nostra in Rogue Nation, una Vedova Bianca che pare Veronica Lake, epidemie scongiurate, voli in elicottero mozzafiato, lotte all’ultimo sangue sul ciglio del burrone, eccetera eccetera. Una gran bella materia, uscita dalla mente e dalla gran voglia di stupire del regista qui anche in scoppiettante veste di sceneggiatore, un’invenzione dall’inizio alla fine di trovate del tutto inattese, di sbandate intelligenti della storia, di personalità e facce che sono ben lontane dall’essere in realtà quelle che sino a quel momento abbiamo visto sullo schermo. In successone. In cui chiaramente si calano le acrobazie di Cruise che, non più verdissimo all’anagrafe, senza nessuna controfigura si lancia da altezze non indifferenti, guida mezzi nel cielo, corre a perdifiato tra i tetti londinesi sino a rimetterci una caviglia, si scazzotta in modo vertiginoso senza fare una grinza. Sempiterno. Da vedere per la gioia dei fan, per il ritmo che questa volta – più di ogni altro episodio – fa faville. Durata 147 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

La profezia dell’armadillo – Drammatico. Regia di Emanuele Scaringi, con Simone Liberati, Valerio Aprea, Pietro Castellitto e Laura Morante. Zero è un disegnatore ma non avendo un lavoro fisso si arrabatta con ripetizioni di francese, cronometrando le file dei check-in all’aeroporto e creando illustrazioni per gruppi musicali punk indipendenti. La sua vita scorre sempre eguale, tra giornate spese a bordo dei mezzi pubblici attraversando mezza Roma per raggiungere i vari posti di lavoro: quando torna a casa, lo aspetta la sua coscienza critica, un Armadillo in carne e ossa, o meglio in placche tessuti molli, che con conversazioni al limite del paradossale lo aggiorna su cosa succede nel mondo. Alla notizia della morte di Camille, una compagnadi scuola e suo amore di adolescente mai dichiarato, lo costringe a fare i conti con la vita e ad affrontare, con il suo spirito dissacrante, l’incomunicabilità, i dubbi e la mancanza di certezze della sua generazione di “tagliati fuori”. Durata 99 minuti. (Massimo sala 1, Nazionale sala 2, Uci)

 

La ragazza dei tulipani – Drammatico. Regia di Justin Chadwick, con Alicia Wikander, Dane Dehann, Judy Dench e Christoph Waltz. Nella Amsterdam del 1634 una giovane donna viene strappata al convento e data in moglie ad un vecchio mercante, desideroso di accumulare ricchezze e di un figlio sopra ogni cosa. L’incontro con un giovane pittore farà scattare la passione tra i due, innestando una storia di sotterfugi, false gravidanze, fughe e false morti assai poco credibili ma regalate allo spettatore come se fossero le cose più normali di questo mondo. Nel pasticciaccio brutto che ne deriva, gli attori sono immancabilmente coinvolti, sia quelli che recitano in maniera piuttosto anonima (i giovani) sia i più vecchi che con un gran mestiere tentano si salvare la baracca. Non si resta che apprezzare costumi e ambientazioni, pollice verso per la fastidiosa voce fuori campo e il montaggio convulso. Tratto dal romanzo Tulip Fever di Deborah Moggach. Durata 107 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Resta con me – Drammatico. Regia di Balthasar Kormàkur, con Shailene Woodley e Sam Claflin. L’autore di Everest porta sullo schermo un’altra storia vera, quella che Tami Oldham Ashcroft ha narrato nel libro omonimo. Il suo incontro nel 1983, a Tahiti, con il giovane Richard, il colpo di fulmine e la comune passione per le barche e i viaggi in mare, la proposta da parte dei proprietari di riportare il loro lussuoso yacht sino a San Diego, la furia dell’Uragano Raymond, il compito della donna di salvare se stessa e il compagno gravemente ferito deviando il percorso in direzione delle Hawaii. Durata 96 minuti. (Massaua, Reposi, Uci)

 

Saremo giovani e bellissimi – Commedia. Regia di Letizia Lamartire, con Barbora Bobulova, Alessandro Piavani e Massimiliano Gallo. Un’opera prima che è la storia di Isabella, un tempo cantante di successo, brani che ti fanno ascoltare ogni giorno in radio e poi più nulla, oggi chiamata per poche serate in un locale, e del suo rapporto con il figlio che l’accompagna alla chitarra, Bruno, un rapporto strano, mentre lui e lei sembrano più fratello e sorella che madre e figlio. Finché non arrivano per entrambi due anime gemelle che porteranno aspetti sconosciuti a quella storia. Durata 92 minuti. (Massimo sala 2)

 

Sembra mio figlio – Drammatico. Regia di Costanza Quatriglio, con Basir Ahang e Dawood Yousefi. Da anni approdato in Italia, l’afgano Ismail continua a provare un senso di estraneità per la terra che lo ha ospitato, il tutto accresciuto da certe telefonate che gli giungono dalla madre rimasta nel paese d’origine. La donna, rimasta vedova, è ora sposata a un pakistano e dalle poche parole che pronuncia gli gli pare più serena e a proprio agio. Non resta ad Ismail che intraprendere un viaggio verso la patria di un tempo, nella necessità di ritrovare la sicurezza e la propria famiglia. Durata 103 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

Separati ma non troppo – Commedia. Regia di Dominique Farrugia, con Gilles Lellouche e Louise Bourgoin. Delphine e Yvan divorziano. Poiché la situazione economica di lui non gli permette di trovare una nuova sistemazione, si ricorda che in realtà è detentore del 20% della casa in cui vive ancora la ex moglie. Torna allora a vivere sotto lo stesso tetto con Delphine, in quel 20% che gli spetta: sarà in questya situazione particolare e per molti versi assurda che i due ex si renderanno conto della bellezza dei piccoli momenti di felicità in questa convivenza forzata. Durata 93 minuti. (Eliseo Blu)

 

Sulla mia pelle – Drammatico. Regia di Alessio Cremonini, con Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora e Milvia Marigliano. Una tragedia dell’Italia recente, la tragedia della morte di Stefano Cucchi a soli 31 anni in un carcere italiano. L’arresto, il susseguirsi dei giorni di prigionia, il passato e il presente, il grande coinvolgimento della famiglia, soprattutto della sorella Ilaria. La prova di Borghi che si è ricreato appieno nel fisico (perdendo 18 chili) e nel calvario del ragazzo, come nella sua psicologia, la stagione dei premi cinematografici dovrà guardarlo con un occhio di riguardo. Da vedere per discutere. Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 2)

 

The Equalizer 2 – Senza Perdono – Azione. Regia di Antoine Fuqua, con Denzel Washington e Melissa Leo. Agente della CIA ora in pensione, vive a Boston, porta avanti la sua vita in modo tranquillo dopo che s’è inventato un impiego di taxista, impensabile ma legge anche Proust, dà una mano ad un ragazzino che la solita giovane gang vorrebbe portare dalla sua. I guai ci sono, gli aleggiano attorno, ma cerca di restarne fuori. Ma se una vecchia amica viene uccisa tra le strade di Bruxelles, Robert sa che deve pareggiare il conto. Regista e interprete di Training day nuovamente insieme per il divertimento degli spettatori amanti degli eroi raddrizzatori di ogni torto. Durata 121 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space Uci (anche V.O.)

 

The Nun – Horror. Regia di Corin Hardy, con Demian Bichir e Taissa Farmiga. Altro successo inaspettato negli Stati Uniti questo film girato completamente in Romania, dove è ambientata la vicenda di un gruppo di suore, alla ricerca all’interno di un convento di una reliquia che dovrebbe portare serenità in un luogo dove sembrano al contrario governare forze malefiche. Dopo il suicidio di una monaca, il Vaticano invia là padre Burke e la novizia Irene. Dovranno combattere il Male con ogni loro forza. Durata 93 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Un affare di famiglia – Drammatico. Regia di Kore’eda Hirokazu. Palma d’oro a Cannes lo scorso maggio. Nella Tokio di oggi, una famiglia (ma la considereremo così fino alla fine?) sbarca il lunario facendo quotidiane visite ai supermercati: per rubare. Ruba il padre che si porta appresso il figlio (?), torna a casa da una moglie che ha accanto una ragazza che potrebbe essere la sorella minore e una vecchia dolcissima che tutti chiamano nonna. Sentimenti, aiuti reciproci, l’arte di arrangiarsi, il coraggio di tentare a vivere insieme. Finché un giorno il capofamiglia porta a casa togliendola al freddo e alla solitudine una ragazzina, abbandonata da una madre forse violenta che non si cura di lei. Il mattino si dovrebbe riconsegnarla, ma nessuno è d’accordo: la nuova presenza farà scattare nuovi meccanismi mentre un incidente imprevisto porta definitivamente alla luce segreti nascosti che mettono alla prova i legami che uniscono i vari componenti. Durata 121 minuti. (Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Groucho, Nazionale sala 1)

 

Un figlio all’improvviso – Commedia. Regia di Vincent Lobelle e Sébastien Thiery, con Christian Clavier, Catherine Frot e Sebastien Thiery. Tornando a casa, i coniugi Prioux scoprono che un certo Patrick si è trasferito nella loro abitazione. Il ragazzo sostiene di essere loro figlio e di essere tornato per presentare la fidanzata: tutto bene se non per il fatto che i Prioux non hanno mai avuto figli. Allora chi è davvero Patrick? Un bugiardo? Un manipolatore? O forse i Prioux hanno dimenticato di avere un figlio? Durata85 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Romano sala 1, Uci)

 

Una storia senza nome – Drammatico. Regia di Roberto Andò, con Micaela Ramazzotti, Alessandro Gassmann, Renato Carpentieri e Laura Morante. Valeria, giovane segretaria di un produttore cinematografico, scrive in incognito per uno sceneggiatore di successo. Un giorno la ragazza riceve da uno sconosciuto, un poliziotto in pensione, la trama di un film. Ma quel plot è pericoloso, la “storia senza nome” racconta infatti il misterioso furto, avvenuto a Palermo nell’ottobre del 1969, di un celebre quadro di Caravaggio, “La natività”. Da quel momento, la sceneggiatrice si ritroverà immersa in un meccanismo implacabile e rocambolesco. Durata 110 minuti. (Eliseo Grande, Romano sala 2, The Space)

Moretti con “Santiago, Italia” chiuderà il Tff

/

Il film di chiusura della 36.ma edizione del Torino Film Festival (23 novembre – 1 dicembre 2018) sarà “Santiago, Italia” di Nanni Moretti. Il film-documentario racconta, attraverso le parole dei protagonisti e i materiali dell’epoca, i mesi successivi al colpo di stato dell’11 settembre 1973 che pose fine al governo democratico di Salvador Allende, e si concentra in particolare sul ruolo svolto dall’ambasciata italiana a Santiago, che diede rifugio a centinaia di oppositori del regime del generale Pinochet, consentendo poi loro di raggiungere l’Italia. Prodotto da Sacher Film, Le Pacte, Storyboard Media e Rai Cinema. Il film uscirà al cinema giovedì 6 dicembre 2018 distribuito da Academy Two.  

Nomadi dell’Asia, storie di donne e uomini

FINO AL 14 OTTOBRE

Un viaggio, lungo migliaia di chilometri nei Paesi dell’Asia Centrale e Settentrionale, che percorre e descrive in primo luogo e con la debita oggettività i sentieri logici e rigorosi del Paesaggio. Naturale ed umano. Ma che altresì vuol porsi (e ci riesce perfettamente) come accorato viaggio dell’anima. Un reportage fotografico di indubbio interesse scientifico oltreché artistico, ma anche una stupenda antologia di immagini, “tanto descrittive quanto evocative”, che incrociano occhi e cuore lasciando in chi le osserva segni profondi di grande impatto emotivo. Sono i cento– o quasi- scatti fotografici di grande formato realizzati da Carla Parato Milone e da Giorgio Milone (coppia perfetta di viaggiatori e fotografi torinesi che da sempre, macchina a tracolla, bruciano i sentieri più remoti del Pianeta alla ricerca di territori e di vite le più insolite e inimmaginabili che sia dato a pensare) esposte al Mao, Museo d’Arte Orientale di Torino, e dedicate alla quotidianità delle popolazioni che in territorio asiatico ancora oggi praticano il nomadismo. Fenomeno che, per ragioni culturali politiche e climatiche, ha ormai i giorni contati in quasi tutte le regioni del pianeta ma che assolutamente, al contrario di quanto potrebbe credersi, “è l’opposto della solitudine”. Raccontano infatti i Milone, coppia ben collaudata anche nella vita: “Non c’è alcuna forma di ospitalità più calorosa di quella ricevuta da una famiglia nenet o kirghiza, nulla di più festoso e scatenato del ritrovarsi dei popoli delle tende in occasione di feste, cerimonie religiose, corse di cavalli, gare di lotta o di tiro con l’arco. Questo viaggio per immagini incontra il nostro desiderio di purezza, di semplicità, di assoluto”. In mostra si alternano così piccole e grandi storie, che prendono avvio dai Monti Zagros in Iran per svilupparsi, seguendo le rotte dell’Asia centrale, in Kirghizistan, in India, nelle regioni himalayane e lungo le praterie mongole fino ad arrivare alla Cina e alla Siberia; storie di famiglie e di tribù, di imprese collettive e singole esperienze, momenti di riposo e di lavoro, con le donne che tessono e cucinano e cullano i bambini o adornano la casa – concedendosi pur anche lo sfizio d’indossare gioielli e abiti sontuosi – accanto agli uomini che cacciano con l’aquila, che si scambiano segni di amicizia o si occupano dei lavori più pesanti, dedicandosi con grande attenzione alle mandrie e agli animali, dalla cui presenza dipende tutto il loro esistere quotidiano. Dai tempi dei tempi, infatti, i nomadi dell’Asia perpetuano le tradizioni e le tecniche dell’allevamento. Che si tramandano di generazione in generazione. Solo a parole. Come i tracciati del loro peregrinare, sostando sull’erba o sulla neve o ai piedi delle montagne o sulle rive di laghi e di mari senza l’ausilio di una mappa né di alcuna bussola o sestante, spostandosi a piedi o a cavallo, a dorso di dromedari o in slitta, talvolta in barca, portandosi appresso tende, yurte e tutto ciò che serve per ricomporre, di volta in volta, in luoghi e in condizioni sempre diverse – spesso difficili e a volte estreme – il nucleo di una famiglia e di una comunità. Tutto questo troviamo nelle vivide immagini portate a casa da Carla e Giorgio Milone e ben contestualizzate nella mostra al Mao dall’esposizione degli antichi tessuti da collezione risalenti alla seconda metà del XIX secolo prestati dalla Galleria Battilossi di Torino. Fra i manufatti esposti, un qasqay iraniano, un kilim tagiko, una sacca shasavan curda, una guida da meditazione e un coprisella tibetani. A corollario della rassegna, il Museo di via San Domenico (Palazzo Mazzonis) offre anche la possibilità di visite guidate con la stessa Carla Milone, in programma sabato 15 settembre, sabato 6 e domenica 14 ottobre alle ore 17, oltreché la proiezione di un documentario a tema per mercoledì 3 ottobre, sempre alle 17.

Gianni Milani

***

“Nomadi dell’Asia. Storie di donne e uomini tra steppe e altopiani”

Mao – Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436927 – www.maotorino.it Fino al 14 ottobre

Orario: mart. – ven. 10/18, sab. e dom. 11/19; chiuso il lunedì.

***

Nelle foto

– “Cavallo nella prateria, Mongolia”

– “Migrazione, Iran”
– “Case di nomadi Nenet, Siberia”
– “Donna che cucina, Gujarat, India”
– ” Festa dei cacciatori con l’aquila, Mongolia”

 

Un’”altra” famiglia nel lucido e doloroso sguardo del regista giapponese

Pianeta Cinema a cura di Elio Rabbione

Kore’eda Hirokazu guarda ancora una volta all’interno della famiglia nel suo natio Giappone, lo fa all’indomani di titoli che gli hanno dato la notorietà internazionale, Little Sister, Padre e figlio e Ritratto di famiglia con tempesta. Quella famiglia la camuffa, la sconvolge, la sovverte. Parlandoci altresì di valori e di certezze perdute, di classi sociali, di povertà, in un paese che ti appare lontano dagli schemi ormai avvalorati nel mondo occidentale. Ti spinge a dimenticare del tutto il significato che nella morale corrente le si riconosce, sceglie altre basi e differenti componenti, cancella la naturalezza del vecchio istituto e schiaccia i legami di sangue, inaspettatamente per lo spettatore, se non a tratti attraverso impercettibili segnali, antepone con serafico candore la scelta della convivenza. Ti confonde: e noi per larga parte della storia siamo ingannati, portati a ragionare e a “vedere” secondo gli antichi canoni. Inizialmente Kore’eda ci mostra Osamu e il giovane Shota – ancora un padre e un figlio – mentre entrano, in un rituale ormai consolidato, in un supermercato, per scambiarsi sguardi protettivi, per tener d’occhio questo o quel commesso, per afferrare quel che possono – Shoplifters (“I taccheggiatori”) è il titolo del film per il mercato inglese, da noi Un affare di famiglia”, Palma d’oro al Festival di Cannes nel maggio scorso. Un’azione innocente, abituale, dettata dalla necessità di sfamarsi e sopravvivere. Nel ritorno a casa, incrociano una bambina che sembra abbandonata, in strada, e decidono di condurla nella loro casa, piccola, disordinata, piena di oggetti ingombranti, dove vivono con una moglie/madre, con una nonnina che sfama il gruppo con il gruzzolo della sua misera pensione, con una ragazza che vende se stessa in localini di quart’ordine: ma in quella miseria c’è calore, in quel gruppo c’è solidarietà. Per non incappare nell’accusa di rapimento, il giorno dopo si pensa per un attimo di riportare la bambina là dove è stata trovata ma certe cicatrici sulle braccia spingono il gruppo a decidere diversamente. E allora si sviluppano e si consolidano altri nuovi rapporti, forse certi affetti, le giovani donne le diresti sorelle in vena di confidenze, padre e figlio in una allegra gita al mare si lasciano andare anche a pensieri intimi, la ragazzina scopre la felicità e la nuova attività di ladruncola. Ma tutto profuma di utopia, un salto nel vuoto taglia la storia in due parti nette (un taglio che coinvolge le interpretazioni, le luci e le immagini, il montaggio, anche il modo di raccontare suona diversamente) e razionalmente vuole sbriciolare una facciata di perfezione che rivela menzogne e squallori. Quella “famiglia” è lo specchio, nel suo chiuso, della povertà materiale e non solo che si riversa nei panorami che il regista verso il concludersi della storia ci propone, l’angusto degli spazi, la neve, gli alti caseggiati.

Una filosofia inaccettabile in un alternarsi senza freni di giusto e di sbagliato, di si deve e non si deve, che Kore’eda sa raccontare non certo come una favola bensì come un mondo alternativo, diverso e sbagliato ma costruito su angoli di poesia che pervade la casa e chi la abita, di naturalezza e di semplicità delle azioni di ogni giorno, di quotidianità in cui gli attori entrano con facilità, riflessioni che l’autore offre allo spettatore guardando con lucidità al mondo di oggi.

 

Corso di base culturale sull’Islàm

Le iniziative culturali organizzate dal Centro Peirone della Diocesi di Torino e dall’Ufficio Scuola della Diocesi 

 

Contenuti e   obiettivo: Il   corso intende fornire   nozioni basilari delle   diverse   culture   arabo-   islamiche, stabilendo talora il confronto con le istituzioni giuridiche e culturali della società italiana d’inserimento degli immigrati, onde consentire ad un pubblico eterogeneo una sapiente considerazione dei diversi elementi che interagiscono nel rapporto fra mondi culturali.

 

Metodo: lezione frontale, uso di powerpoint, breve sintesi della conferenza, approfondimento di temi a richiesta.

 

PROGRAMMA DEL CORSO

  • 1- Vita di Muhammad e il Corano (Prof. Negri don Augusto)
  • 2- La Shari’a, legge e diritto islamico (Prof.ssa Silvia Scaranari)
  • 3- Le chiese cristiane nel Medio Oriente (Dott.sa Luigia Storti)

8 Ottobre 2018

15 Ottobre

22 Ottobre

 

  • 4- Il jihād (Prof.ssa Silvia Scaranari) 29 Ottobre
  • 5- Gruppi e correnti dell’islam classico e moderno: Sunniti, Sciiti, Salafiti antichi e moderni, Sufi, Islàm degli Stati, Islam politico, jihadismo (Prof. Negri Augusto) 5 Novembre

6 – Convegno Internazionale : La fine del Medio Oriente e il destino delle minoranze    12 Novembre 7- Presenza attuale dell’islàm attuale in Italia. (Prof. Negri don Augusto)    19 Novembre 8- Tradizioni e costumi: culto, feste, macellazione, cibi, vestiario e velo, anno lunare e anno solare, arte calligrafica, musica ecc. (Prof.ssa Silvia Scaranari) 26 Novembre 9L’infibulazione, diffusione tra le donne immigrate di varia appartenenza culturale-religiosa: islamica, cristiana, animista (Dott.sa Clara Monzeglio Ospedale Sant’Anna di Torino e Prof.ssa Simona Taliani, Università degli studi di Torino)  3 dicembre 10- Islam e jihadismo in Africa (Prof. Valter Maccantelli)  10 dicembre Il Corso si svolgerà ogni Lunedì   dalle h 18.00 alle   h 20.00 presso   il Centro Federico Peirone, Torino, Via Mercanti, 10. Tel. 011/5612261. Email: info@centro-peirone.it.it Web: www.centro-peirone.it

Eccetto il Convegno Internazionale : La fine del Medio Oriente e il destino delle minoranze, che si svolgerà presso l’Aula Magna della Facoltà Teologica in via XX Settembre 83 dalle ore 17.30 alle ore 20.30 L’iscrizione è obbligatoria entro il 6 ottobre 2018 La quota d’iscrizione è di 40 €. Al termine del corso verrà rilasciato l’attestato di partecipazione approvato con D.M.

 

CONVEGNO

 

Il Centro studi Federico Peirone che da oltre vent’anni cura studi e ricerche sull’Islam e promuove il dialogo islamo-cristiano, a Torino e in Piemonte organizza, con la collaborazione della Fondazione Pontificia ACS, a Torino, il 12 novembre 2018 presso l’aula magna della Facoltà Teologica di Torino, via XX Settembre 83 dalle ore 17.30, un convegno internazionale dal titolo:

LA FINE DEL MEDIO ORIENTE E IL DESTINO DELLE MINORANZE

 

Al convegno parteciperanno personalità di primo piano :

 

  • Sua Beatitudine, il Cardinale della Chiesa Cattolica Mar Louis R. Sako – Patriarca di Babilonia dei Caldei- Baghdad
  • Salvatore Pedulla, Senior Political Affairs Officer presso l’ufficio dell’Inviato speciale Onu per la Siria Staffan De Mistura- Ginevra
  • Samir Barhoum, direttore del Jordan Times-Amman
  • Michel Touma, direttore de L’Orient-Le jour- Beirut
  • Lucio Caracciolo, direttore di Limes- Roma
  • Modera il giornalista Paolo Girola, direttore de Il Dialogo- Al Hiwar

 

Nel 1916 con gli accordi franco-inglesi ( detti “Sikes–Picot”) cui seguì nel 1917 la dichiarazione Balfour che preconizzava un “focolare ebraico” in Palestina si gettarono le basi per l’attuale Medio Oriente. La prima guerra del Golfo, la seconda, la guerra civile in Iraq, l’avvento dell’Isis dopo le primavere arabe, il conflitto siriano ci lasciano un Medio Oriente disgregato e diviso, dove le potenze locali, Iran, Arabia Saudita, Turchia e le grandi potenze (Usa e Russia) stanno giocando una sanguinosa partita per la supremazia. Migliaia i morti, milioni gli sfollati, molti dei quali arrivano sulle nostre coste e nelle nostre città. Vittime di questi conflitti anche le minoranze etnico-religiose, che erano una ricchezza culturale e spirituale del vecchio Medio Oriente e che rischiano di scomparire. Il tema è stato scelto sia per la sua grande attualità, sia per la natura degli studi e delle ricerche condotte in questi anni dal Centro Peirone in Italia e all’estero.

 

CENA DI SOLIDARIETÀ

La stessa sera del convegno, il 12/11/2018, alle ore 21.00 si terrà a Palazzo Barolo una Cena d’Onore per beneficienza alla presenza di Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Sako, dei relatori del convegno, di autorità e personalità del mondo culturale, economico e sociale e dell’On. Prof. Alfredo Mantovano, presidente di ACS (Aiuto alla Chiesa che soffre), Istituzione Pontificia. Il ricavato sarà destinato alle popolazioni cristiane fuggite dalla Piana di Ninive (Iraq), che devono ricostruire i loro villaggi distrutti dall’Isis.

 

Costo di partecipazione alla cena: 80 € pro capite. La quota è da versare entro martedì il 30 Ottobre a conferma di partecipazione mediante bonifico bancario IBAN: IT74 V033 5901 6001 0000 0017612 intestato a Centro Federico Peirone. Indicare nella causale di versamento nell’ordine: Cognome e nome dei partecipanti – Cena d’onore Palazzo Barolo. Si prega di confermare l’avvenuta prenotazione con mail a info@centro-peirone.it inviando la ricevuta di eseguito bonifico.