CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 626

Anatomia del Miracolo

Sarà in sala dal 13 novembre per un tour di proiezioni il documentario di Alessandra Celesia Anatomia del Miracolo. Il film sarà presentato a Torino martedì 20 novembre alle 21.00 al Cinema Massimo alla presenza della regista Alessandra Celesia. Ingresso: 4,50 euro

Suggestioni, ferite, credenze e miracoli si intrecciano nella vita di tre protagoniste femminili: Sue una pianista di fama mondiale, Giusy un’antropologa atea nata con una grave disabilità e Fabiana una transgender molto devota. Il fil rouge di queste tre donne che non si incontreranno mai è la Madonna dell’Arco e il livido che ha sul volto a testimonianza delle ferite che ciascuno di noi porta dentro di sé. Vincitore del prestigioso riconoscimento Les Ètoile de la Scam, il film ha avuto la sua première al Festival di Locarno, uno dei festival più importanti al mondo. In Italia, è stato presentato al Festival dei Popoli, festival di rilievo dedicato al cinema documentario, che nella sua 54a edizione ha visto proprio Alessandra Celesia, con Il Libraio di Belfast, aggiudicarsi il Premio Miglior Film e Premio del Pubblico. La regista, nata in Italia, vive Francia da più di venti anni. Da sempre il suo interesse si rivolge alle persone, alla loro fragilità e umanità. “I personaggi di Anatomia del Miracolo” spiega Alessandra Celesia “rappresentano a pieno titolo le sfaccettature di un paese intero. Ogni personaggio è metafora, ogni vita è un tassello del puzzle.”

 

 

 

Il Premio InediTO – Colline di Torino compie 18 anni

L’unico nel suo genere a rivolgersi a tutte le forme di scrittura (poesia, narrativa, saggistica, teatro, cinema e musica), in lingua italiana e a tema libero

Il Premio InediTO – Colline di Torino compie 18 anni, diventa maggiorenne e raggiunge la maturità! Il concorso letterario organizzato dall’associazione culturale Il Camaleonte di Chieri (TO), nato nel 2002, punto di riferimento in Italia tra quelli dedicati alle opere inedite, ha l’obiettivo di premiare autori affermati e nuovi talenti, di ogni età e nazionalità, ed è l’unico nel suo genere a rivolgersi a tutte le forme di scrittura (poesia, narrativa, saggistica, teatro, cinema e musica), in lingua italiana e a tema libero. Grazie al montepremi (aumentato a 7.000 euro senza incidere sulla quota d’iscrizione), i vincitori delle sezioni Poesia, Narrativa-Romanzo, Narrativa-Racconto e Saggistica ricevono un contributo destinato alla pubblicazione e/o alla promozione con editori qualificati, mentre i vincitori delle sezioni Testo Teatrale, Cinematografico e Canzone un contributo per la messa in scena, la produzione, la diffusione radiofonica e sul web, partecipando a rassegne, festival, fiere. Inoltre, verranno assegnate menzioni agli autori promettenti e i premi speciali “InediTO Young” in collaborazione con Aurora Penne, “Borgate Dal Vivo”, nonché i nuovi premi intitolati ad “Alexander Langer” e a “Giovanni Arpino” in collaborazione con la Città di Torino, e il premio “InediTO RitrovaTO” con la Città di Alba conferito a un’opera inedita di uno scrittore non vivente. Il concorso talent scout diretto dal cantante jazz e scrittore Valerio Vigliaturo, che accompagna gli autori nel mondo dell’editoria e dello spettacolo (come testimoniato dai vincitori lanciati in queste edizioni), ha coinvolto migliaia di iscritti da tutta Italia e dall’estero (Usa, Europa, Australia, Asia), a conferma anche della dimensione internazionale acquisita. Il prestigio è caratterizzato dalla qualità delle opere premiate, dal riscontro dei media e dalle personalità che hanno formato il Comitato d’Onore e che hanno ricoperto il ruolo di presidenti e di giurati (tra i quali Paola Mastrocola, Umberto Piersanti, Luca Bianchini, Andrea Bajani, Aurelio Picca, Davide Ferrario e Morgan). Da questa edizione la super giuria sarà presieduta dalla scrittrice Margherita Oggero e formata da: Maurizio CucchiPaolo LagazziDavide RondoniDario Salvatori, Cristiano Godano (Marlene Kuntz), Paolo Di Paolo,Melania GiglioAndrea ZirioEnrico RemmertGaia Rayneri, Vito CioceLinda MesserklingerLeonardo CaffoTindaro Granata nonché dai vincitori della passata edizione. Il bando scadrà il 31 gennaio 2019, mentre per la prima volta al Salone del Libro di Torino si terrà a maggio la presentazione dei finalisti e a giugno la premiazione, con il coinvolgimento di ospiti illustri (tra i quali hanno partecipato alle scorse edizioni Giorgio Conte, Franco Branciaroli, Eugenio Finardi, David Riondino, Francesco Baccini, Alessandro Haber, Laura Curino, Gipo Farassino, Arturo Brachetti, David Riondino, Red Ronnie e Lella Costa. Mentre, in collaborazione con il Salone OFF, sono stati ospitati a Chieri gli scrittori Marc Augé, Andrea Vitali e Giuseppe Catozzella).   Il premio è inserito da diverse edizioni nella manifestazione Il Maggio dei libri promossa dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e ottiene il contributo della Regione Piemonte, del Consiglio regionale del Piemonte e delle città di Chieri e Moncalieri, il patrocinio della Città di Torino, il patrocinio della Città Metropolitana di Torino e della città di Chivasso, Alba (CN) e da questa edizione di Rivoli, il sostegno della Fondazione CRTe di Legacoop Piemonte, la sponsorizzazione di Aurora Penne. I partner sono il Premio Lunezia, il Festival di Poesia “Parole Spalancate”di Genova, il M.E.I. (Meeting delle Etichette Indipendenti) di Faenza, il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna, Film Commission Torino Piemonte, il Festival di Letteratura “I luoghi delle parole” di Chivasso (TO), il Festival “Borgate dal Vivo”, l’agenzia L’Altoparlante, l’agenzia letteraria Edelweiss, nonché da questa edizione la piattaforma digitale eLegacy e l’associazione teatrale Tedacà. Media partner sono «Leggere:tutti», «Torino Magazine», «Corriere di Chieri», «News Spettacolo», «Radio GRP» e «Radio U.G.I.»(Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambini, cui sarà devoluto parte del ricavato delle iscrizioni).

La musica per la mente e per il cuore

Se ne parlerà in un convegno a Nichelino il 16 novembre

La musica per la mente e per il cuore. Questa la finalità del laboratorio “Liberovici Musicalmente insieme”, finanziato dalla Fondazione CRT, dal Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per Il Piemonte, il Liceo Musicale Cavour ed una rete proprio intitolata “La musica del corpo, della mente e del cuore”. In collaborazione con la Città di Nichelino è stato organizzato un convegno nelle giornata di venerdì 16 novembre 6prpssimo, dalle 8 alle 18, presso il teatro Superga di Nichelino, ed il 17 novembre sarà affiancato da laboratori didattici presso la Scuola Civica Musicale Corino, in via San Matteo 19 a Nichelino, dalle 9 alle 13.  Verranno affrontate tematiche variegate, quali la musica ed il linguaggio dei segni per cantare, suonare e danzare insieme, la rete, modello possibile di sinergie virtuose, le pratiche musicali e lo sviluppo cognitivo, la semiografia gestuale e la elaborazione musicale. Si parlerà anche del Laboratorio Sergio Liberovici, della capacità di fare inclusione attraverso la musica, delle diverse abilità e dell’intercultura per la valorizzazione delle differenze, oltre al rapporto tra teatro e musica. Il convegno è preceduto da un concerto di inaugurazione affidato al gruppo musicale Ensemble Futura al teatro Superga. Questi due giorni di studio saranno un’occasione da parte di docenti, studenti ed esperti provenienti dal mondo artistico, educativo e sanitario, per confrontarsi, documentare e condividere l’esperienza della Rete “La musica del corpo, della mente e del cuore“.

Mara Martellotta

Una vera passione per i cinefili, tra omaggi e le sfide di attori dietro la macchina da presa

Dopo che il presidente del Museo del Cinema Sergio Toffetti ci ha fatto l’elenco dei vari sponsor – pressoché vivace intermezzo con la direttrice Emanuela Martini: “Quando collaboravo con il festival dei Due Mondi, Menotti ideò un’operina di pochi minuti in cui musicò i nomi dei vari sponsor”, “Potremmo farne una noi e poi cantarla”, “Una proposta buona, se ci fosse un musicista a disposizione” (!) -, in primis Ministero, Regione, Città di Torino, Fiat e Intesa San Paolo; dopo che il medesimo ha snocciolato cifre, ricordando come il budget dello scorso anno fosse di 1 milione e 926 mila euro mentre quello attuale raccoglie 20 mila euro in più, dopo che l’assessora Leon con la sua solita stringatezza ha portato il saluto della sindaca Appendino e dopo che Antonella Parigi ha scherzato (?) con Toffetti (“Cosa vuoi aver fatto tu, sei appena arrivato”) e ha tenuto a farci sapere che quest’anno si brinda con Asti Secco (altro sponsor) cancellando il prosecco, “il mio nemico mortale”, si passa, come avrebbe detto Woody Allen, dal culturale al ricreativo: e finalmente usciamo a rivedere le stelle e a parlare di questo TFF numero 36 che s’inaugurerà il 23 novembre prossimo per concludersi il 1° dicembre. Niente red carpet, a Torino non è d’uso, niente madrine o madrini come in laguna, niente sfavillii oltre il dovuto. Si bada al cinema e ai cinefili, magari infilando nel programma anche un film di 14 ore a prova di sfinimento, ad un confronto tra il passato e il presente, ad un’analisi di momenti storici e di società diverse, si approntano “due anime di cinema che si incontrano e si intrecciano”, ovvero il ciclo dedicato a Jean Eustache (scomparso nel 1981 a soli 43 anni, un titolo per tutti La maman et la putain: a Jean-Pierre Léaud, che in più di una storia ha incarnato le logiche e i sentimenti dell’autore, icona della ribellione francese e della Nouvelle Vague, verrà consegnato il Gran Premio Torino) e quello che riproporrà la filmografia del duo Powell&Pressburger (un titolo per tutti Scarpette rosse), si innesca il meccanismo di discussione tra vicini di poltrona, si instaura la legge delle lunghe file e del panino tra una proiezione e l’altra. Le sale sono quelle ormai immancabili di Reposi e Massimo, dentro cui triturare ad incastro 133 lungometraggi, di cui 36 opere prime e seconde, 34 anteprime mondiali, 23 anteprime internazionali, 59 anteprime italiane, risultato di una selezione che ha visto 4000 film iniziali a disposizione.

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All’inizio è The Front Runner di Jason Reitman sulla parabola tutta in discesa del senatore democratico Gary Hart, in corsa nel 1988 per Casa Bianca ma incappato in un’avventura con la modella di turno che gli sbarrò la strada (fu sostituito da Dukakis ma la vinse papà Bush), al termine della rassegna Santiago, Italia, un film-documentario (in uscita sugli schermi il 6 dicembre) con cui Nanni Moretti, attraverso le parole dei protagonisti e i materiali d’epoca, mostra i mesi successivi al colpo di stato dell’11 settembre 1973, guardando soprattutto al ruolo che ebbe l’ambasciata italiana nella capitale cilena, pronta a dare rifugio a centinaia di oppositori del regime di Pinochet. In mezzo altre storie, il concorso con 15 film, altrettante le nazionalità, opere prime e seconde, soltanto La disparition des lucioles del canadese Sébastien Pilote è un’opera terza, la storia della giovane Léo, la nostalgia per il padre, il rapporto negativo con la madre e con il patrigno, l’incontro con un chitarrista, pigro e debosciato, più grande di lei. L’Italia allinea Ride, che vede il passaggio dietro la macchina da presa di Valerio Mastandrea, una donna e il figlio di dieci anni che affrontano il lutto per la morte del marito e del padre, un film dove il pluripremiato attore “sorprende dirigendo un dramma stralunato e originale, raccontato come una commedia, risate e commozione, senza trucchi o facili scorciatoie”. Ancora in concorso, ancora un attore dietro la macchina da presa – ma dev’essere l’annata delle sfide, se anche Ralph Fiennes ha voluto con The white crow raccontare la storia di Rudolf Nureyev (compreso il flashback della nascita, in un vagone della Transiberiana, nel ’38, zeppo di giocatori, ubriachi e contadini) e quel momento soprattutto in cui sfuggì nel 1961 al rimpatrio consegnandosi alla polizia parigina; se James Franco dirige Pretenders, due amici al college s’innamorano della stessa ragazza, tra i Settanta e gli Ottanta, trovandosi, perdendosi e ricercandosi, e se Ethan Hawke, giunto qui alla sua terza prova, racconta vita e opere del misconosciuto cantante country Blaze Foley e la sua morte a soli 39 anni -: Paul Dano con Wildlife, ambientato nel Montana degli anni Sessanta, con un adolescente che assiste alla fine del matrimonio tra i genitori (Jake Gyllenhaal e Carey Mulligan).

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 In buona compagnia dell’omaggio di Pupi Avati, quest’anno Guest Director, ai rapporti tra il cinema e quel jazz che da sempre è la sua seconda passione, di quella giornata (28 novembre) che ricorderà Ermanno Olmi – Lunga vita a Ermanno Olmi! -, proponendo film, documentari, materiali rari o inediti, testimonianze di collaboratori, la sua voglia di fare cinema (da rivedere Il mestiere delle armi del 2001) e la spinta fatta non soltanto di consigli che attraverso “Ipotesi Cinema” dette a giovani autori, come Giacomo Campiotti, Mario Brenta e Maurizio Zaccaro che testimonieranno qui con le loro opere prime. Dall’apporto di Film Commission Torino Piemonte derivano Drive me home di Simone Catania, con Marco D’Amore e Vinicio Marchioni, una storia di amicizia tra le strade d’Europa, i drammi e le fughe di due uomini che dalla Sicilia si ritrovano uno cameriere a Londra e l’altro camionista in Germania; e Il mangiatore di pietre di Nicola Bellucci, dal romanzo di Davide Longo, un thriller notturno ambientato nelle valli piemontesi tra vecchi passeur e nuovi trafficanti, con Luigi Lo Cascio cupo e travagliato vedovo che si trova a dover affrontare l’omicidio del figlioccio Fausto. Dalla Cina arriveranno il presidente della giuria Jia Zhangke e il suo ultimo film Ash is purest white, protagonista la musa e moglie Zhao Tao ad impersonare l’avventura di una donna e il cammino che lei compie in 17 anni per stare accanto al suo uomo, mentre il paese continua a cambiare.

 

Elio Rabbione

 

 

Le foto: (nell’ordine) Il manifesto del 36mo TFF; Una scena di “Ride”, opera prima di Valerio Mastandrea; “Ash is purest white” di Jia Zhangke (presidente della Giuria del TFF); Luigi Lo Cascio in “Il mangiatore di pietre” di Nicola Bellucci dal romanzo di Davide Longo e “Wildlife” opera prima di Paul Dano.

Gatto Panceri torna in radio

L’artista milanese di ‘Pelle d’oca e lividi’ propone in airplay i due momenti più intensi del nuovo album

Il 16 novembre 2018 è un radio date molto particolare per il cantautore Gatto Panceri che estrapola dal suo ultimo, apprezzato album ‘Pelle d’ oca e lividi’ contemporaneamente ben due nuovi singoli in promozione, con cui regalare a volontà emozioni e calore a chi da sempre ama la musica italiana di qualità. La stampa specializzata, nel corso di questi primi sei mesi trascorsi dall’uscita dell’album a oggi, ha decretato per l’appunto ‘Ero Polvere’ e ‘Tu mai’ come i brani più intensi e interessanti del nuovo lavoro del cantautore lombardo, che consta appunto di ben 19 brani pubblicati dall’etichetta ‘Hit Rainbow’ di Athos Poma e Roby Facchinetti, storico leader dei Pooh. Così Gatto Panceri sul binomio di canzoni scelte a proseguire la promozione del cd: “TU MAI è la più ritmata e veloce. Miscela l’intimità del testo a un clima rock metropolitano intriso di suoni elettronici, con un effetto-ascolto immediato e dal sound impattante e contemporaneo. ERO POLVERE è la ballata che non può mancare in qualsiasi grande disco: parte pianoforte e voce, ma poi cresce fino a esplodere e di nuovo implodere sul toccante finale”. I testi sono davvero al top del livello delle miglior cose che ha scritto e sa scrivere questo autore. Abbracciano temi attuali e primari, propri dell’umanità dispersa e distratta dei nostri tempi. “La solitudine, l’alienazione, l’indifferenza intorno a noi e il domandarsi se gli altri provano le stesse nostre emozioni sono il tema di TU MAI. La rinascita e il riscatto dopo un momento negativo sono invece gli ingredienti di ERO POLVERE”, aggiunge l’artista. Quest’ultima, in particolar modo, si configura all’istante per chi vorrà farla sua come una canzone davvero terapeutica: “Nel senso che farà un gran bene all’anima di chi almeno una volta nella vita ha provato a sentirsi a terra come la più misera polvere, ma si è però risollevato”, conclude Gatto Panceri.

 

Piero Gobetti costituente

Il progetto “Piero Gobetti costituente” , promosso dal Centro Studi “Piero Gobetti” propone una serie di ricerche su Gobetti e i valori costituzionali e un’attività performativa con gli studenti del Liceo Gioberti, con il patrocinio del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale piemontese e la collaborazione del Polo del ‘900

L’evento “Gobetti e i valori dell’antifascismo, della Resistenza e della Costituzione” si articola su una “due giorni” – giovedì 15 e venerdì 16 novembre – nella sede del Consiglio regionale a Palazzo Lascaris e un doppio appuntamento al Polo del ‘900 nel pomeriggio del 16 novembre e di giovedì 29 novembre. Nella mattinata di giovedì 15 novembre, dalle 10,30 alle 12,30, nella Sala Viglione di Palazzo Lascaris si terrà l’incontro con il Presidente del Consiglio Regionale del Piemonte, Nino Boeti durante il quale gli studenti del Liceo Gioberti presenteranno il progetto Rex/pubblica a cui farà seguito un’attività performativa con l’attrice Marta Di Giulio. Venerdì 16 novembre, alle 9,30, sempre nella Sala Viglione del Consiglio regionale si terrà la prima sessione del seminario su “Piero Gobetti costituente”. Introdurrà e coordinerà Dora Marucco e interverranno Marco Revelli (L’eredità di Piero Gobetti nella Costituente), Cesare Panizza (Ferruccio Parri e Piero Gobetti) e Pietro Polito (Palmiro Togliatti e Piero Gobetti). Nel pomeriggio, alle 15,30, la seconda sessione si terrà nella sala didattica del Polo del ‘900 in via del Carmine a Torino. Introdurrà e coordinerà Ersilia Alessandrone Perona e interverranno Francesco Campobello (Stato e Chiesa in Italia), Francesca Semenzari (Temi europeistici e internazionalistici) e Angela Arceri (Temi gobettiani nelle donne costituenti). Ultimo appuntamento giovedì 29 novembre alle 16,00 nella sala didattica del Polo del ‘900 in via del Carmine a Torino con la tavola rotonda su “Inattualità dei valori dell’antifascismo, della Resistenza e della Costituzione?”. L’incontro sarà introdotto da Pietro Polito e coordinato da Francesco Campobello. Discuteranno Gianluca Bascherini (Non difendere, ma creare.La critica di Piero Gobetti allo Statuto), Chiara Tripolina (Classe dirigente e tirannide nel pensiero di Piero Gobetti), Francesco Pallante (Il conflitto come valore nel pensiero di Piero Gobetti), Fabio Longo (Parlamentarismo e legge elettorale nel pensiero di Piero Gobetti) e Antonio Mastropaolo (Diventare cittadini:il problema dell’educazione in Piero Gobetti). Il richiamo a Gobetti ha un valore di grande attualità e rappresenta un’utile chiave interpretativa per interrogarsi sull’attualità o inattualità dei valori dell’antifascismo, della Resistenza e della Costituzione. L’Assemblea costituente, che ha continuato a svolgere i suoi lavori fino al 31 gennaio 1948, era composta di 556 deputati ed è stata la più alta manifestazione del pluralismo culturale del Paese: in essa si rispecchiarono le principali idee politiche, che avevano le loro radici nei movimenti di pensiero sorti durante il periodo dell’antifascismo e della Resistenza. Scopo degli incontri è rivisitare quella grande stagione dal punto di vista di una minoranza critica ma costruttiva quale è quella impersonata da Piero Gobetti con i suoi scritti, le sue riviste e i suoi libri, concentrando l’attenzione su alcune figure della stagione costituente, ampliando lo sguardo verso i rapporti tra Stato e Chiesa, il punto di vista delle donne e il quadro europeo e internazionale. Un modo originale per interrogarsi sul messaggio di Piero Gobetti.Le ricerche saranno condotte prevalentemente da giovani studiosi, avvalendosi dell’archivio del giovane uomo politico e scrittore, conservato presso il Centro studi Piero Gobetti. Qui è raccolta una consistente documentazione su Gobetti e la tradizione gobettiana che consente di seguire, nei suoi punti di forza e anche nelle sue contraddizioni, la “traccia” da lui lasciata nella nostra storia repubblicana e la sua presenza significativa nelle principali culture politiche nazionali.

 

Marco Travaglini

Claude Monet Shadow prosegue al Parco Dora

Meluzzi: “mix di storia e modernità filtrata attraverso l’infinita bellezza dell’arte pura”

Prosegue con successo la mostra ‘Claude Monet Shadow’ al Parco Commerciale Dora, in cui alcuni fra i principali e più amati dipinti del grande Maestro impressionista francese acquistano nuova luce grazie all’innovativa tecnica di videomapping in 3D dell’artista Luca Agnani, ideatore dell’evento. Il 15 novembre, dalle ore 18, a impreziosire lo spazio espositivo di circa 55mq vi sarà anche l’esibizione musicale di un gruppo di allievi del Liceo Classico Cavour, che svolgono anche funzione di guida culturale al percorso di mostra. Alla brillante iniziativa è anche giunto il plauso del noto psichiatra, sociologo e studioso Alessandro Meluzzi, che l’ha definita un riuscito mix di storia e modernità filtrata attraverso l’infinita bellezza dell’arte pura. Tutte le informazioni sul sito www.parcocommercialedora.it.

Diagnosi del moderno di Albino Galvano

La GAM di Torino presenta il volume dedicato all’intellettuale torinese

Mercoledì 14 novembre, ore 18

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A vent’anni, fu fra i frequentatori a Torino della “scuola di via Galliari” animata dall’allora maestro dei maestri Felice Casorati; qualche anno dopo fonda, insieme a Franco Antonicelli, l’Unione Culturale torinese e nel ’48 promuove il MAC – Movimento Arte Contreta, fondato a Milano da Atanasio Soldati insieme a Gillo Dorfles, cui aderirono artisti (illuminati da un libero astrattismo geometrico) i cui nomi vanno da Bruno Munari, a Filippo Scroppo e a Gianni Monnet, fino a Nino Di Salvatore. Pittore, storico e critico d’arte nonché filosofo (fu docente di Filosofia, dopo esserlo stato di Pittura all’Accademia Albertina, ai Licei “Gioberti” e “Galileo Ferraris” di Torino) e intellettuale di levatura europea non sufficientemente conosciuto – né riconosciuto – neppure in Italia, ad Albino Galvano (Torino, 1907 – 1990), l’Editrice “Nino Aragno” dedica meritevolmente un volume dal titolo “Diagnosi del moderno”, a cura di Alessandra Ruffino, attenta studiosa dei rapporti fra arte e letteratura, già docente all’Università di Torino con Marziano Guglielminetti e giornalista collaboratrice de “Il Giornale dell’Arte”, nonché consulente di varie istituzioni pubbliche e privata e nell’editoria. Articolato in 33 testi, suddivisi in otto sezioni, il volume sarà presentato il prossimo mercoledì 14 novembre, alle ore 18, presso la Sala Uno, al piano terra della GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, in via Magenta 31, a Torino. Al dibattito, interverranno (oltre alla curatrice dell’opera), Riccardo Passoni, direttore della GAM e Maria Teresa Roberto, docente all’Accademia Albertina. Obiettivo del libro: Offrire a lettori e studiosi la possibilità di accedere a una significativa parte degli scritti di un autore capace di spaziare tra estetica, filosofia, critica d’arte, letteratura, psicoanalisi, storia dell’arte orientale. Senza mai temere la marginalità e l’inattualità, Galvano è stato un lucido testimone del suo tempo e un acuto interprete di quella ‘genesi per opposizione’ che, attraverso il passaggio Simbolismo-Art Nouveau-Astrattismo, ha aperto all’età contemporanea e alle sue tante contraddizioni, illusioni, disillusioni”.

g.m.

Foto
– Albino Galvano: “Santi Anargiri”, olio su tela, 1950, Collezione GAM-Torino

“Burattino senza fili”

Oggi vorrei parlarvi di una delle voci più autorevoli nel panorama musicale italiano degli anni ’70 ed ’80: Edoardo Bennato.

Sono figlia di quegli anni e ricordo della sua discografia, I buoni e i cattivi, La torre di Babele per dirne due, nei quali Edoardo toccava temi importnti che a molti artisti dell’epoca erano ancora sconosciuti. Ma nel 1977, a parer mio, si supera con un concept -album, “burattino senza fili” tramite il quale trasponendo il Pinocchio di Collodi, lega una favola per bambini (molto profonda direi) con il rigido e difficile mondo degli adulti, sbattendoci in faccia le difficoltà cui si è sottoposti a causa dei conformismi e delle convenzioni che ci vengono imposti per “adeguarci” agli schemi sociali. La mia canzone preferita in questo album (che ho ascoltato milionate di volte n.d.r.) è “ E’ stata tua la colpa”. È Stata Tua La Colpa è l’incipit di questo grandissimo disco: mesta e quasi rassegnata, si basa sulla chitarra acustica e l’armonica del cantante, che tratteggia uno scenario amaro sulle costrizioni che la società impone attraverso i suoi “fili”. Trovo Burattino senza fili un album geniale, ben suonato e splendido sotto ogni punto di vista. Burattino Senza Fili mostra un’artista in grandissimo spolvero, in grado di rileggere i personaggi e le situazioni di Collodi e di trasporre attraverso loro la sua visione delle tante storture della società degli “adulti”, piena di approfittatori, burattinai e cialtroni: Pinocchio diventa umano e paga duramente questa decisione, finendo in balia dei vari Mangiafuoco che decidono per lui, manipolando la sua vita con dettami piovuti dall’alto. Una canzone assomiglia a un rebus. È una specie di tragitto invisibile e intricato da portare a termine. In certi casi è matematica, e segue determinate leggi o convenzioni. In altri è soltanto magia, mistero, evocazione. È proprio come sbrogliare il nastro di una musicassetta che si è intrecciato in mille nodi e grovigli inestricabili. È necessario seguire il proprio istinto, ma allo stesso tempo occorre applicare una logica ferrea. Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=8Y448Q_G0O4

Chiara De Carlo

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Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

Anche lo stakanovista Lulù Massa prima o poi raggiunge il paradiso

(Ri)parlare, teatralmente, di lavoro, che cosa strana. Andare a ricercare l’antica classe operaia, oggi affievolita, qualcuno azzarderebbe inesistente, prendere fiato e spinta e costruzione da quella Classe operaia va in paradiso – il punto centrale della “trilogia della nevrosi” – che Elio Petri (con in testa la sempiterna coppola) con l’aiuto fidato di Ugo Pirro scrisse e diresse nel 1971, premiato a Cannes con il Palmarès l’anno successivo – ex aequo con Il caso Mattei di Francesco Rosi: era l’epoca dei grandi nomi, dei nomi importanti e forti, del cinema che avvolgeva e faceva discutere, che si rispecchiava necessariamente nella società – e sgradito al pubblico e a molta critica all’uscita sui nostri schermi, giudicato eccessivo e sgradevole, sgradito a molta parte della sinistra più ferrea, tanto esasperante che “qualcuno non mancò addirittura di invocare il rogo di tutte le copie della pellicola”. Ritornare a quell’affresco di circa cinquant’anni fa, ha deciso Emilia Romagna Teatro, affidando la nuova scrittura a Paolo di Paolo e la regia a Claudio Longhi, rifotografare un’epoca senza incorrere (troppo) nell’uso dello spazio angusto dell’operazione archeologica, che non ci interesserebbe davvero più, ma controllare con gli occhi di oggi (con la nostra società) se vi possano essere dei ricordi, delle piccole tragedie, dei momenti grotteschi, delle scorie che ci ricordino quel Lulù Massa che aveva la faccia indimenticabile di Gianmaria Volonté.

Un racconto di operai e di pezzi prodotti, di pugni alzati e di scioperi, di padroni e di impiegati messi ad una spanna da te a contarti il tempo, di ideologie contrastanti, di un buongiorno dato dall’altoparlante ma solo per ricordarti che il sole non lo hai visto entrando in fabbrica e nemmeno lo vedrai uscendo, ore e ore chiuso lì dentro. Un sacerdote del cottimo, quel Lulù Massa lì, produrre produrre produrre, la sua personale lotta con il sindacato, i dissidi con i compagni di lavoro, la sua non vita con la Vanda, gli amplessi straveloci in macchina, con i piedi incollati contro il parabrezza, l’incidente con il dito mozzato, un’altra visione della vita e del lavoro, la consapevolezza di essere un ingranaggio tra i tanti, tra i tutti, di far parte della grande Macchina che ti schiaccia. La figura del crumiro, dello stakanovista a tutti i costi che abbraccia i diritti dei lavoratori. E in fondo al tunnel c’è il vecchio Militina, che ha già percorso tutta quanta la vecchia strada, con i suoi sogni di lucidità e di pazzia, con il suo paradiso intravisto e forse alla fine raggiunto. C’è la politica chiusa lì dentro, ma c’è anche la storia di un paese che non è scampata anche oggi a quei ritmi, magari li nasconde nei “lindi, asettici uffici dell’odierno proletariato dei call center” o nelle corse in bicicletta di quei ragazzi che armati di zaino ti recapitano la pizza a casa. E allora bisogna raccontarlo tutto quel mondo antico che si riallaccia con il presente – si è detto Paolo di Paolo, che certo abbandona l’idea della sintesi in questa sua Classe vista al Carignano per la stagione dello Stabile torinese e in scena sino al 18 novembre -, anche con il pericolo bulimico di immettere a forza immagini e suggestioni oltre il dovuto, di creare nuove scene o rimandi a una letteratura che scomoda il Memoriale di Volponi o il selezionatore Donnarumma di Ottieri, di ripercorrere più e più volte i titoli di coda del film o gli apporti della critica non benevola, le discussioni (con gli autori seduti su quelle poltrone care a Fantozzi) e la preparazione e la realizzazione del film, le atmosfere da cineforum, il “Rischiatutto” di Mike o i Tg del tempo, la chitarra e le canzoni, giù giù sino all’immancabile (e come potrebbe essere diversamente?) Charlot che tra un imbullonamento e l’altro scivola tra gli ingranaggi della macchina di Tempi moderni. Ma al di là dei disturbanti sottofinali, lo spettacolo, brechtiano come non se ne vedevano da anni, regge intelligentemente e lo si ammira sino in fondo, nel gioco colorato dei dialetti, per come Longhi si serve della macchina teatrale ideata da Guia Buzzi, con quel tapis roulant dove scorre la catena di montaggio, per come detta il ritmo dell’azione, per come regge la compagine degli attori, mai portati sul terreno instabile della macchietta o del già visto. A cominciare da Lino Guanciale. Che lontanissimo dagli exploit televisivi, qui costruisce il suo Lulù con tutta la maschera e il concreto della sfrontatezza, dell’idea sicura e affermata, della disperazione, della realtà agra e del sogno. È un tutt’uno con il personaggio, si annulla e si riafferma, piange e diverte, usa mezzi che non gli conoscevamo da attore dell’oggi e sicuramente del domani. Accanto a lui si segnalano la prove Franca Penone, visionaria Militina, di Diana Manea, la Vanda che nel film fu una strepitosa Melato, tutta ardori e recriminazioni, e di Simone Francia che con altri ruoli incide a tutto tondo soprattutto quello del crudele impiegato preposto a prendere i tempi di produzione: con Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Eugenio Papalia, Simone Tangolo e Filippo Zattini autore delle musiche e degli arrangiamenti compongono il successo della serata.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini dello spettacolo sono di Giuseppe Distefano