Martedì e giovedì al Sant’Anna
RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA
Marcelo Rubens Paiva “Sono ancora qui” -La Nuova Frontiera- euro 18,00
E’ uno dei libri più belli che abbia mai letto. Per la straordinaria forza della donna al centro del dramma che racconta.
Poco meno di 300 pagine che consentono più piani di lettura: quello storico-politico delle dittature militari, la tragedia dei desaparecidos; le battaglie di chi resta e vuole giustizia, il dramma dell’Alzheimer.
I fatti sono realmente accaduti. Li racconta Marcelo Rubens Paiva, (nato a San Paolo nel 1959) figlio di Rubens Paiva, deputato laburista che -dopo il golpe militare in Brasile- fu sequestrato nel 1971, torturato e ucciso.
Marcelo -scrittore e drammaturgo di successo- in “Io sono ancora qui” ha riunito pagine di memorie personali, familiari e collettive. Libro di una profondità che marchia l’anima; tanto più che nessuno ancora sa dove i carnefici abbiano gettato il corpo del padre e non ci sia una tomba su cui poter versare lacrime e rimpianti.
Questi i fatti. Di famiglia agiata, Rubens è ingegnere civile e deputato, impegnato a migliorare il suo paese. La moglie Eunice (origini italiane e una laurea nel cassetto) divora libri e cultura, manda avanti la casa e cresce 5 figli. Marcelo è il quinto (unico maschio) della coppia.
Tutto va in pezzi il 20 gennaio 1971 quando Rubens (ormai ex deputato laburista) viene prelevato dalla villetta davanti alla spiaggia, in una tranquilla zona residenziale di Rio de Janeiro. Non tornerà mai più.
Precipita nel gorgo di orrore della dittatura militare che si impossessò del Brasile dal 1⁰ aprile 1964 al 15 marzo 1985. Bilancio finale: centinaia di persone sparite nel nulla, per non parlare delle uccisioni.
All’epoca Marcelo ha 11 anni, poco dopo i militari sequestrano anche la madre e la sorella maggiore. Le due vengono rilasciate quasi subito, ma da quel momento tutti evitano i Paiva per paura di rappresaglie.
Inizia la via Crucis di Eunice che non si compiange, mai, neanche per un secondo.
Trasforma il dolore in energia e forza titanica.
Lotta come una leonessa per salvare il marito.
Non sa che, torturato e calpestato senza pietà, devastato da emorragie interne, risulta ucciso il 21gennaio 1971, giorno successivo al sequestro.
Poi contrasta le false versioni ufficiali che indicherebbero Rubens come fuggitivo.
Eunice rimane sola con 5 creature da sfamare e crescere.
Torna a studiare, la 2⁰ laurea è in Giurisprudenza; diventa uno dei più importanti avvocati per i diritti civili a livello mondiale.
Dedica la sua vita alla lotta per la democrazia e la ricerca della verità, offre supporto legale a personaggi famosi (tra cui Sting), a istituzioni come l’ONU e la Banca Mondiale; ma anche a cittadini comuni e comunità indigene.
Lotta perché lei -e chi condivide il suo stesso dramma- possano riavere i corpi dei desaparecidos e i relativi certificati di morte.
I Paiva si sono sempre definiti “una delle tante famiglie vittime delle tante dittature”; perché la loro era innanzitutto una tragedia di portata collettiva, insita nel DNA di ogni regime dittatoriale.
Ma il destino non ha ancora esaurito le randellate. Quando i figli sono grandi e sparsi con le famiglie per il mondo, Eunice è in pensione e con una certa sicurezza economica, viene aggredita dalla spietata, progressiva, distruzione della mente, con tutto il bagaglio di vita che racchiude. E’ il capolinea vigliacco dell’Alzheimer.
Può esserci finale più beffardo? Una donna così immensa, che ha aiutato un paese intero a ricordare… ora perde la memoria? Quando potrebbe tranquillamente riposarsi sulla spiaggia a leggere, circondata dall’amore di figli e nipoti…ecco, di nuovo la vita colpisce senza un’oncia di pietà!
Ancora una volta emerge l’Eunice che non si lascia andare del tutto. Tra le pagine più commoventi di Marcelo, quelle -grondanti stima, riconoscenza e amore- verso la madre che è stata a volte brusca, mai sdolcinata, ma non si è mossa dal suo capezzale quando un gravissimo incidente lo ha reso invalido.
Eunice è morta nel 2018, dopo una vita difficile e coraggiosissima, con i ricordi ghermiti dall’oblio, assistita dai figli fino all’ultimo. Nell’omonimo e pluripremiato film tratto dal libro, diretto da Walter Salles, Eunice rivive nell’interpretazione di una strepitosa Fernanda Torres.
Maylis de Kerangal “Giorno di risacca” -Feltrinelli- euro 17,00
10 anni dopo il successo di “Riparare i viventi”, de Kerangal, una delle principali scrittrici francesi contemporanee (nata a Tolone nel 1967), torna con questo romanzo dal tocco noir.
Figlia di un capitano di lungo corso, ha vissuto in Normandia: l’infanzia a Le Havre e gli anni del liceo a Rouen, per laurearsi poi a Parigi. Il romanzo si svolge nell’arco di una sola giornata ed è ambientato proprio nella città che l’autrice conosce a fondo.
Tutto ha inizio con la telefonata che riceve la protagonista, non meglio precisata. Di lei sappiamo solo che: vive nella capitale francese, ha 49 anni, di mestiere fa la doppiatrice di cinema, a Le Havre è nata, ma non è più tornata da almeno 20 anni.
La sua consolidata routine viene spezzata da una telefonata… non una qualunque. La polizia di Le Havre la convoca per interrogarla in merito al cadavere di uno sconosciuto ritrovato sulla spiaggia, privo di documenti, ma con il biglietto di un cinema ed un numero telefonico scritto a mano. Quello della protagonista.
Con questa pennellata di mistero scatta il romanzo. Quando le vengono mostrate le foto del corpo dell’uomo ucciso, non è certa di riconoscerlo, ma non può nemmeno escluderlo. E’ comunque l’innesco del racconto in cui l’autrice ricostruisce tanti flash del passato.
Centrale è la città portuale di Le Havre e la sua ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale.
Ma la trama scorre anche attraverso il ricordo di episodi significativi della giovinezza della donna.
Come l’intervista -che fece da ragazzina, per un progetto scolastico- ad una sopravvissuta ai bombardamenti: la 73enne Jacqueline, che rilasciò una toccante testimonianza. Pagine che lasciano letteralmente senza fiato e trasportano direttamente al centro della devastazione della guerra.
C’è di più…Perché De Kerangal -che ha iniziato a scrivere questo libro quando è deflagrato il conflitto in Ucraina- in queste pagine riflette anche sull’attualità, sui grandi temi scottanti di oggi e su alcuni bivi di fronte ai quali l’umanità si trova.
Cecile Baudin “La fabbrica dei destini invisibili” -NORD- euro 19,00
E’ il romanzo di esordio di Cécile Baudin (nata a Lione nel 1972) che si affaccia al mondo letterario con un corposo romanzo storico su un tema scottante, quello dello sfruttamento del lavoro minorile.
La storia è ambientata nella Francia di fine 800 e descrive, in base a una documentata e precisa ricostruzione storica, il funzionamento delle industrie dell’epoca.
Tanto per cominciare, Baudin ci conduce all’interno dei laboratori della fabbrica di seta di Madame Gromier, dove le 3 “lavoratrici ufficiali” si dichiarano tutte sorelle della titolare.
Excamotage che consentiva di escludere i “familiari” dalle leggi in vigore a tutela dei minori sul lavoro.
Le cose in realtà sono ben diverse. A sorvegliare che le leggi siano rispettate è stata da poco istituita la figura dell’ispettore del lavoro. Poiché è una professione ancora prevalentemente maschile, la giovane ispettrice Claude Tardy spesso si traveste da uomo per assolvere meglio il suo compito. Insieme al suo capo, l’ispettore generale del lavoro Edgar Roux, dovrà far luce su una serie di morti sospette e sfruttamento vario.
Un caso per tutti: nella sartoria di Madame Gromier dietro la facciata è nascosto un buio laboratorio segreto; lì, al freddo lavorano 8 operaie bambine tra gli 8 e i 12 anni, ininterrottamente dalle 6 di mattina fino ad oltranza alla sera.
Ed è solo l’inizio di vari scempi che portano a galla le varie distorsioni che sono state il lato oscuro della rivoluzione industriale.
Tra le tante, anche la connivenza degli orfanotrofi e di molti istituti di beneficenza che, col pretesto della formazione professionale, non esitavano ad impiegare bambini nelle fabbriche e nei laboratori. A tal punto che, alcune industrie, si lamentarono per la concorrenza sleale.
Preparatevi a una sorta di thriller storico.
John Grisham e McCloskley “Incastrati” -Mondadori- euro 23,00
10 storie vere di condanne ingiuste che hanno rinchiuso per anni dietro le sbarre persone innocenti, rovinandogli la vita. Ne raccontano 5 a testa e con cognizione di causa due autori di altissimo livello.
Non ha bisogno di presentazione il re del legal thriller John Grisham; dal ’92 in vetta alle classifiche (i primi di una ininterrotta serie di best seller furono “Il socio” e “Il rapporto Pelican”).
Jim McCloskey; attivista per i diritti dei detenuti innocenti e fondatore di “Centurion Ministries” che si occupa di condanne ingiuste ed ha contribuito a liberare decine di persone finite in galera al posto dei veri colpevoli.
Dunque un libro di non fiction, ma che appassiona anche più di un romanzo. Unisce il talento narrativo di Grisham all’esperienza sul campo di McCloskey ed esplora vari aspetti del fenomeno.
Tra gli argomenti trattati: le dinamiche psicologiche che spingono un innocente a dichiararsi colpevole; cosa comporti finire intrappolati in un incubo giudiziario che fa letteralmente a pezzi la vita di chi è rinchiuso dietro le sbarre (ma distrugge anche la sua famiglia).
Poi c’è la lotta, spesso eroica, di chi cerca di rendere giustizia, liberare gli innocenti ed individuare i veri colpevoli.
Da considerare che in molti stati oggi vige ancora la pena di morte alla quale possono andare incontro anche gli innocenti; dunque un’ingiusta condanna diventa omicidio e autentica tragedia.
Tra le molteplici cause degli errori giudiziari, nel libro vengono sottolineati: false testimonianze, errori investigativi, a volte corruzione delle forze dell’ordine e nel sistema giudiziario, spesso forti pregiudizi razziali.
Dal 22 maggio al 24 agosto apre la mostra “Palazzo Madama – Arts and Crafts in Italy 6th-19th century” ospitata all’Art Museum Riga Bourse, presso la Repubblica Lettone
Alla presenza del Presidente della Repubblica lettone Valdis Zatlers, del Ministro degli Esteri Balba Brazě e del Ministro della Cultura Agnese Lâce si è inaugurata all’Art Museum Riga Bourse la mostra “Palazzo Madama – Arts and Crafts in Italy 7th – 19th Century”. La mostra si sviluppa dal 22 maggio al 24 agosto 2025. Si tratta di una eccezionale esposizione dedicata al “saper fare” italiano, quella altissima qualità della manifattura che ha consentito ai suoi grandi artisti di creare quei capolavori che hanno ammaliato intere generazioni, e che ora, grazie al Museo Nazionale Lettone d’Arte e la Fondazione Torino Musei, sotto l’egida dell’Ambasciata d’Italia a Riga, potranno essere ammirati dal pubblico della Capitale lettone. Sono oltre 100 le opere provenienti dalla collezione di Palazzo Madama che, integrate e poste in dialogo con un selezione di opere delle collezioni del Museo Nazionale Lettone d’Arte, narrano il ruolo delle arti decorative applicate tra il 6th e 19th secolo. Si tratta di una mostra del tutto singolare nella sua capacità di raccontare quasi 15 secoli d’arte italiana, attraverso capolavori che toccano diverse arti e raccontano storie millenarie, a partire da quella del Tesoro di Desana, uno dei più straordinari complessi italici di gioielli del periodo posteriore al 476 d.C., capaci di gettare una fondamentale luce sugli atelier degli orefici nel mediterraneo. Accanto ai reperti tratti da esso, si ammireranno preziose oreficerie, avori, bronzi, vetri dorati, dipinti, tessuti, maioliche e porcellane, rilegature di libri, mobili e intarsi, che rappresentano l’essenza stessa dell’arte, non solo occidentale, ma capace di definire un insieme di arti che sono memoria, identità e proiezione di ogni cultura, ed è da qui che nasce il lavori in concerto con la direzione dell’Art Museum Riga Bourse e il personale scientifico di Palazzo Madama, consacrato al “mestiere delle arti”, quella gamma di lavorazioni materiali accompagnati dal valore aggiunto di un preciso contenuto artistico e capaci di raggiungere rari esiti di stile e qualità. È il mondo degli orafi e dei gioiellieri, dei vetrai e degli ebanisti, dei tessitori, a dare vita a oggetti che saranno poi celebrati e ripresi in migliaia di sculture, pitture e architetture, avendo una radice in tradizioni operative che affondano la loro origine nei secoli, e che neanche la Rivoluzione Industriale sarà in grado di mutare.
“La mostra, organizzata con il sostegno della Fondazione Boris e Ināra Tetereb, vede quale tema conduttore il “saper fare”, che è il segreto della genialità creativa italiana – afferma il direttore di Palazzo Madama Giovanni Carlo Federico Villa – l’eccellenza dell’abilità e la qualità dell’esecuzione hanno permesso ai grandi artisti di creare opere che hanno attraversato i secoli, incantando generazioni. Palazzo Madama, con una collezione di 80 mila opere, una delle più ricche al mondo tra le arti applicate, ed è profondamente grato al Museo Rīgas Birža per aver congiuntamente dato vita a una mostra che auspichiamo possa entusiasmare il pubblico lettone e rafforzare il legame culturale tra i nostri Paesi, assecondando l’auspicio del nostro Ambasciatore Alessandro Monti e del suo eccezionale staff, che tanto ha contribuito al positivo esito di questo progetto”.
“La collaborazione tra Palazzo Madama e il Museo Riga Bourse rappresenta un grande successo della nostra diplomazia culturale, che offrirà al pubblico lettone l’opportunità di scoprire le radici del ‘saper fare’ italiano attraverso un serie di opere straordinarie – ha dichiarato l’Ambasciatore italiano in Lettonia Alessandro Monti – un progetto ambizioso, frutto di anni di lavoro, che conferma il ruolo centrale della cultura nella proiezione internazionale dell’Italia e nel rafforzamento delle relazioni bilaterali con la Lettonia”.
In mostra, tra le opere esposte al Rigas Birž, vi sarà anche l’occasione per il pubblico locale di sfogliare virtualmente e ammirare dal vivo l’edizione del 1568 de “Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti “ di Giorgio Vasari (1511 -1574), in prestito dalla sezione manoscritti e libri rari dell’Università della Lettonia.
“I progetti che nascono da un intenso lavoro di ricerca e da una collaborazione internazionale, e che offrono qualcosa di unico al pubblico lettone, sono quelle che danno maggiore soddisfazione e ottengono il più grande apprezzamento – afferma Daiga Upeniece, direttrice del museo Rigas Birža – in questa occasione è stato un onore e un piacere collaborare con Palazzo Madama. È divenuta una prassi che i progetti siano attuati in collaborazione con la Fondazione Boris e Ināra Tetereb, perché progetti di tale livello richiedono investimenti seri e a lungo termine. Ringraziamo di cuore la Fondazione, perché l’iniziativa di questo anno, il 15esimo anniversario, era ambiziosa e siamo riusciti a realizzarla”.
Mara Martellotta
Martedì. Al Blah Blah suonano i Kontravoid. Al Vinile si esibisce Alex Vaudano.
Mercoledì. All’Osteria Rabezzana è di scena il Corrado Abbate Trio. Al Jazz Club The Chicago Blues Jam!
Al Blah Blah suonano gli Hippie Death Cult + Supasonic Fuzz.
Giovedì. Al Peocio di Trofarello sono di scena gli Horse Power. Al Cafè Neruda suonano Gianni Denitto e Alberto Gurrisi. Allo Ziggy si esibiscono Notturno Kilroy+ Simone Villa + Mazaratee.
Venerdì. Al Jazz Club si esibiscono i 20 Strings. Al Circolino suonano gli After Dark “Blues Experience”. Al Blah Blah sono di scena gli Alteria + guest t.b.a. Allo Spazio 211 si esibisce Gaia Morelli. Allo Ziggy suonano Monade Stanca+ Bowelaw.
Sabato. Al Cap 10100 concerto Gospel. Al Jazz Club suonano i FarRock. Al Bunker per 2 sere consecutive “Jazz is Dead ! Festival. Al Blah Blah suonano gli Small Jackets + Fox Conspiracy + Onyrica. Allo Ziggy si esibiscono i Manicomio. Allo Spazio 211sono di scena i c+c= maxigross.
Domenica. Al Bunker “ “Jazz is Dead! Festival”. Al Blah Blah suonano i The Lings.
Pier Luigi Fuggetta
In omaggio al grande scrittore per iniziativa di Assemblea Teatro
A distanza di cinque anni dalla scomparsa di Luis Sepulveda, la Città di Torino ricorda il grande scrittore cileno con cinque letture teatralizzate nelle biblioteche.
“Il nostro ricordo di Luis Sepulveda” è un progetto di Assemblea Teatro, con il contributo della Città di Torino, realizzato in collaborazione con le biblioteche civiche torinesi.
“Luis Sepulveda amava osservare il mondo e stare in mezzo alla gente – dichiara l’assessora alla Cultura del Comune di Torino Rosanna Purchia – Non c’è modo migliore per ricordarlo che ritrovandosi nelle biblioteche, luoghi accoglienti, aperti, dove la cultura si intreccia alla socialità, per far risuonare le sue parole, leggendole e recitando, per avvicinare pubblici diversi, compreso anche chi solitamente non si avvicina alla lettura. Sostenere un progetto come questo significa ribadire l’impegno della Città a favore della diffusione della lettura, della valorizzazione degli spazi culturali e della memoria di figure che, come Sepulveda, hanno lasciato un segno profondo nel nostro immaginario”.
“Luis Sepulveda è stato un compagno di crescita per tante generazioni di lettori – ha affermato il presidente di Assemblea Teatro Renzo Sicco – che si sono emozionate con le pagine de “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, hanno scoperto il valore dell’amicizia con “La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare”, hanno conosciuto il Sud del mondo con “Patagonia Express” o “Ultime notizie dal Sud”. Lo scorso 22 aprile, nel giorno della festa del Libro e delle Rose di Barcellona, Assemblea Teatro lo ha voluto ricordare con una speciale replica de “Las rosas de Atacama”. Lo ricorderemo anche a Torino, dove con la Lanterna Magica, il Premio Grinzane Cavour, il Salone del Libro e la stessa Assemblea Teatro, ha condiviso diversi straordinari quanto importanti progetti e incontri.
Dal 27 maggio al 10 ottobre nelle biblioteche civiche torinesi attori e attrici di Assemblea Teatro leggeranno cinque favole sugli animali tratte da “Il grande libro delle favole” ( Guanda editore 2019) in altrettanti incontri.
Alla biblioteca Centrale di via della Cittadella 5, il 27 maggio alle 21, verrà letta la “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”; il 18 giugno alle 17 alla Biblioteca Alessandro Passerin d’Entreves si terrà una lettura teatralizzata in lingua italiana e spagnola della ”Storia del gatto e del topo che diventò suo amico”.
II 26 luglio, alle ore 11, presso la Biblioteca Alberto Geisser, in corso Casale 5, sarà la volta della “Storia della gabbianella e del gatto che diventò suo amico”; il 10 settembre alle 17, presso la Biblioteca Italo Calvino, lungo Dora Argrigento 94, verrà letta la “Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà”.
La “Storia di un balena bianca raccontata da lei stessa” sarà letta il 10 ottobre alle 21, presso la Biblioteca Cesare Pavese, in via Candiolo 79, riaperta dopo i recenti lavori di ristrutturazione.
L’ingresso è gratuito, ma è consigliabile la prenotazione all’indirizzo
biblioteche.prenotazioniattivita@comune.torino.it
Mara Martellotta
Domenica 25 maggio, in programma all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, protagonista del sesto appuntamento cameristico delle “Domeniche all’Auditorium” sarà l’Ensemble Pantaleón 100 dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Il concerto si intitola “Un respiro tra le corde”, è registrato da Radio 3, che lo trasmetterà domenica 1 giugno alle ore 20.30.
L’Ensemble comprende un quartetto d’archi della compagine Rai, Michal Ďuriš e Carola Zosi, violini, Ula Ulijona, prima viola, e Fabio Storino, violoncello, affiancato dal Bajan, una fisarmonica cromatica a bottoni di Davide Vendramin. Insieme proporranno in apertura “Le Bagatelle” op.47, scritte da Antonin Dvořak nel 1878 e nell’arco di pochi giorni per l’insolita formazione di un quartetto con l’armonium. “Le Bagatelle” furono scritte in uno dei momenti più favorevoli per la commercializzazione delle sue opere da parte dell’editore Sim Rock; per i musicisti del tempo il mercato degli spartiti era fonte di reddito, oltre che di riconoscimento popolare. In quel periodo Dvořak era solito eseguire musica da camera con alcuni suoi amici e, tra questi, Josef Srbdebrnov, era in possesso di un armonium. Le cinque Bagatelle presentano ampi contrasti, episodi lirici gentili si alternano a momenti di agitazione; nel suo insieme la musica appare bilanciata e armoniosa, unita da un motto avvertito all’inizio del primo e del terzo movimento.
A seguire “Silenzio” della grande compositrice russa Sofija Gubejdulina, scomparsa loms orso 13 marzo. Si tratta di una raccolta di 5 brani per violino, violoncello e bajan dedicata alla virtuosa dello strumento a bottoni “Elsbeth moser”, anche fonte di ispirazione per l’opera eseguita per la prima volta ad Hannover nel 1991.
Il concerto si concluderà con due pagine di Wolfgang Amadeus Mozart, l’Adagio e Fuga in do minore per quartetto d’archi K 546 del 1788 (versione per archi della Fuga in do minore per due fortepiani K 426, cui il compositore aggiunse un adagio iniziale) e l’Adagio e Rondò in do minore K 617 scritto nel 1791 e dedicato alla virtuosa della Glassarmonica Marianne Kirchgebner, non vedente dall’età di tre anni. Il brano, che consiste in un quintetto per armonica, ha bicchieri, flauto, oboe, viola e violoncello. Marianne Kirchgebner lo eseguì nell’agosto del 1791 al Kärntnertortheater di Vienna e, in seguito, a Londra, riscuotendo enorme successo, suonando insieme all’Adagio in do maggiore K 356, che Mozart aveva già composto per lei. L’Adagio e Rondò in do minore, scritto originariamente per un diverso organico strumentale, viene eseguito dal quartetto d’archi Rai con Bajan.
Biglietti: 5 euro – in vendita online sul sito dell’OSN Rai e presso l’Auditorium Rai di Torino, in piazza Rossaro.
Mara Martellotta
Restaurato dal “CCR – La Venaria Reale”, ritorna alla “Palazzina” di Stupinigi l’ascensore storico utilizzato dalla Regina Margherita
Nata in Palazzo Chiablese, a Torino, nel 1851 (e scomparsa a Bordighera nel 1926), Margherita di Savoia, sposa di re Umberto I e prima regina consorte d’Italia, fu donna di grande temperamento e fascino, presso le alte sfere della politica ma anche sulla popolazione, amante dei “balli di corte” (di certo non poco faticosi) e “sportiva”, si direbbe oggi, appassionata di equitazione, ma soprattutto delle lunghe passeggiate in montagna nella “sua” adorata Valle di Gressoney e di alpinismo, tanto da salire come prima donna sul Monte Rosa, impresa omaggiata alla “Sua Maestà” con la dedica della “Capanna Margherita”, dove pernottò nel 1893, e rifugio più alto d’Europa, con i suoi 4556 metri della “Punta Gnifetti”. Eppure … eppure. Anche a lei non disturbavano, le più semplici quotidiane (ma in allora avveniristiche) comodità. Così, nel 1905, quando la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi era ormai residenza della regina (vedova da cinque anni di re Umberto I ) e della sua corte pensò bene di dotare la “Palazzina” (pensate un po’) nientedimeno che di un ascensore. Raro “marchingegno”, per quei tempi, realizzato dalle Officine Meccaniche “Stigler” di Torino e che serviva per accedere solo al primo piano, livello dove erano predisposti a Levante gli appartamenti residenziali, i suoi e quelli della corte. Nel cosiddetto “Appartamento del Re”, viveva la sua prima “dama di compagnia”, la marchesa Paola Pes di Villamarina. Ecchè ci voleva! dirà qualcuno. Un ascensore, per una rampa di scale! Ma tant’é. E poi l’ “elevatore” – come si diceva allora – rientrava nell’ambito dei lavori di riammodernamento richiesti dalla stessa regina, che fece diventare la “Palazzina di Stupinigi” una delle sue residenze prevalenti. Tra il 1902 e il 1915, infatti, il palazzo venne dotato di numerosi accessori finalizzati alla sua comodità, tra cui il potenziamento dell’impianto di riscaldamento, i servizi di ritirata all’inglese con acqua corrente e lavandini con acqua fredda e calda, la corrente elettrica e, appunto, l’ascensore che si presentava “a pompa idraulica”, dotato di una cabina lignea con porta scorrevole, vetri smerigliati nelle otto finestre, pulsantiera in bachelite, di cui rimangono solo tracce, e “coronamento” con motivo a “balaustrini” torniti. Il suo servizio, tuttavia, non durò a lungo, ma fu ancora usato dal personale del “Museo d’Arte, Storia e Ammobiliamento” quando la “Palazzina” diventò Museo nel 1919. Da allora se ne persero le tracce. Oggi, il gran ritorno.
“L’inserimento dell’ascensore restaurato nel percorso di visita della ‘Palazzina’– commenta la presidente della ‘Fondazione Ordine Mauriziano’, Licia Mattioli – rappresenta un ulteriore passo avanti nella valorizzazione del sito. Si tratta del primo tassello di interventi che porteranno presto a un arricchimento e ampliamento dell’intero percorso museale. Grazie al contributo della ‘Fondazione CRT’ e alla collaborazione con il ‘Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale’, possiamo restituire al pubblico un manufatto unico, testimonianza di innovazione e attenzione al dettaglio. È un esempio concreto di come le sinergie tra enti portino a risultati significativi per la tutela e la fruizione del nostro patrimonio”.
Il restauro è stato anche l’occasione per approfondire storicamente questo manufatto (grazie a “indagini di archivio” eseguite dalla storica dell’arte Stefania De Blasi, nonché attraverso un confronto con i successori delle storiche officine meccaniche “Stigler”, la ditta torinese “Codebò) e ha interessato il risanamento della “struttura in pioppo” e dell’“impiallacciatura in noce” che presentava distacchi e deformazioni a causa di umidità. Il “cupolino”, decorato con motivo a balustrini, aveva numerose mancanze che sono state reintegrate. Analisi scientifiche hanno consentito di studiare le “vernici protettive” e di determinare la soluzione più idonea per restituire il manufatto in condizioni di stabilità e durabilità.
E dunque, signore e signori, ecco a voi lo storico ascensore, ritornato, bel bello, al suo posto. Nuovo di zecca! Un autentico bijoux!
Per info: “Palazzina di Caccia”, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (Torino); tel. 011/6200601 o www.ordinemauriziano.it
G.m.
Nelle foto: Immagini “Ascensore Regina Margherita” e lavori di installazione