Il compositore fiorentino in mostra alla VideotecaGAM di Torino. Da venerdì 12 giugno a domenica 27 settembre
Le dita giocano ad intrecciarsi, le mani si sovrappongono, l’una guarda in su e l’altra in giù, sulla tastiera di un pianoforte.
Fra i più classici e tradizionali degli strumenti musicali. Ma suoni e musica possono anche essere prodotti da oggetti banalmente e comunemente assai “comuni” utilizzando, ad esempio, acqua, carta, vetro o capelli o sassi. E allora l’artista, il compositore “suona stanze, suona le città, immagina partiture per il traffico di automobili”. E quant’altro possa essere frutto di confronto fra immaginazione – la più alta e bizzarra – e quotidiana realtà. Musicista, pianista ed artista concettuale, figura cult delle neo-avanguardie estetiche legate alle ricerche sperimentali condotte nell’ambito della “musica visiva”, a Giuseppe Chiari (Firenze, 1926 – 2007) la VideotecaGAM di Torino dedica il secondo appuntamento, curato da Elena Volpato, del ciclo di esposizioni realizzate in collaborazione con l’Archivio Storico della Biennale di Venezia. In mostra troviamo due video realizzati da Chiari (fra gli elementi di spicco del gruppo internazionale “Fluxus”, nato nel ’62 in USA e incentrato sulla continua e coraggiosa “combine” di arte visiva e musicale) ad “Art/Tapes 22”. Al ’74 risale il video “Spoleto Concert”, in cui la tecnica pianistica si apre ad ogni possibile gesto. “A tratti, l’iconica teoria di tasti bianchi e neri – scrive la curatrice – si riduce a semplice sfondo visivo, mentre le mani di Chiari si muovono al di sopra, nell’aria”. E del resto, sosteneva lo stesso Chiari: “L’uomo non conosce l’esistenza dei tasti, la tastiera per lui è una lunga striscia bianca. Egli ha però capito che le sue mani, le sue braccia, possono lasciare un’impronta sulla tastiera come sulla sabbia”. E ancora: “Sul fronte delle arti visive, l’astrattismo e il concettuale conquistano irreversibilmente l’incorporeità tipica dell’espressione musicale”. Teoria che trova forma iconica in “Kunst ist einfach (L’arte è facile)”, seconda opera presente in mostra, datata 1973, in cui l’artista riprende in studio, a telecamera fissa, le parole che compongono la frase del titolo, tracciate a inchiostro di china su grandi fogli bianchi. La frase è uno dei suoi più noti statements, in cui si trova riassunto il senso del suo intero operare. Brevi affermazioni come “L’arte è facile”, “La musica è facile”, “L’arte è una piccola cosa” tornano frequentemente nel suo lavoro a significare che ogni gesto, ogni segno, ogni suono, ogni rumore, non importa quanto apparentemente insignificanti e comuni, possono essere arte: e lo sono in quanto aspetti della totalità di cui si compone la vita. Che è caos senza regole. “Spalancata voragine”, in cui la musica “risuona degli echi e delle vibrazioni del tutto, senza gerarchia, senza architettura né ordine”. In mostra, accanto alle due opere video, troviamo anche “La musica è facile”, realizzata nel 1972 e presentata da Chiari presso la Galleria Martano di Torino nella mostra personale del ’76. L’opera è composta da quindici grandi fogli. Su ciascuno l’artista ha scritto una delle quindici lettere che compongono la frase. I caratteri, tracciati con gesto continuo, sembrano unire idealmente il fluire gestuale della calligrafia a china giapponese con la consapevolezza che il suono del pennello che scivola sulla carta è parte di quella musica totale di cui Chiari ci dispone all’ascolto. E, al contempo, quei fogli sono dunque “spazio della parola, del disegno e del suono”. I libri d’artista in esposizione sono parte del Fondo Giorgio Maffei realizzato dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.
Gianni Milani

Giuseppe Chiari
VideotecaGAM, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it
Fino a domenica 27 settembre
Orari: mart. – dom. 10/18
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In occasione dell’apertura ufficiale al pubblico della nuova temporanea casa dell’opera La Venere degli Stracci, Anna Pironti (responsabile capo del Dipartimento Educazione Castello di Rivoli e moderatrice dell’incontro) ha ripercorso le tappe che hanno portato alla sinergia tra l’associazione torinese, il Dipartimento Educazione Castello di Rivoli – Museo d’arte contemporanea, Cittadellarte-Fondazione Pistoletto e la Rete Ambasciatori-Terzo Paradiso:
Effetto resilienza. Il che vuol dire un’indomita voglia di riprendere. Di ripartire dopo il forzato silenzio e lo stop alle attività espositive imposti da un’emergenza sanitaria senza pari.
nella scoperta di un percorso che si preannuncia di grande ricchezza in termini quantitativi e qualitativi. Racconta, a nome dei galleristi coinvolti, Marco Sassone della galleria “metroquadro” di corso San Maurizio, dove verrà ospitata la personale – “Una pazza felicità”- del pinerolese Daniele Galliano: “Dopo la forzata sospensione causa covid di tutte le attività e la cancellazione delle fiere in Italia e all’estero, ci siamo trovati tutti immersi in uno scenario devastato, con un futuro incerto e preoccupante. In pieno lockdown sono cominciate quindi le telefonate tra di noi, per cercare di immaginare un possibile inizio. E’ così partito dalle gallerie più ‘giovani’ il desiderio di fare sistema, coinvolgendo la vasta maggioranza delle gallerie torinesi e le loro associazioni, comprendendo anche le più storiche”. E il “sistema” diventa progetto con voci e gambe che portano oggi all’organizzazione di “Exibi.TO”.
Metroquadro, Mucho Mas, Norma Mangione Gallery, Oggetti Specifici, Phos Centro polifunzionale per la fotografia e le arti visive, Photo& Contemporary, Quartz Studio, Raffaella de Chirico Arte Contemporanea, Société Interludio, Tucci Russo Chambres d’Art, White Land Art Gallery. Il programma completo lo si può seguire sulle pagine social di “Exibi.TO”.
Jenni Wiegmann,scultrice tedesca naturalizzata italiana nata a Berlino nel 1895 studiò tra il 1917 e il 1923 presso l’istituto berlinese Levin-Funke in quegli anni di grande fermento. Nel 1918 prese parte,finita la Prima guerra mondiale, ai moti rivoluzionari di Monaco che portarono alla Repubblica di Weimar e due anni dopo sposò Berthold Müller-Oerlinghausen, uno scultore suo compagno di studi, da cui divorzierà nel 1931. Verso la fine degli anni venti partecipò ad una mostra a New York, prima tappa importante della sua carriera artistica. Il matrimonio con Gabriele Mucchi, architetto e pittore nato a Torino, avvenne nel 1933. Conosciutisi nel 1925 svilupparono un intenso rapporto intellettuale e sentimentale che li portò a condividere molte esperienze sia artistiche che politiche, in Italia e a Parigi. Nel 1933 con il marito espose alla V Triennale di Milano, avvicinandosi agli ambienti di “Corrente”, il movimento artistico vicino alla omonima rivista fondata da Ernesto Treccani. Nel 1937 venne premiata al Salone Mondiale di Parigi con una medaglia d’oro. Gli anni della guerra la videro impegnata nella resistenza come staffetta e attiva nella difesa degli ebrei mentre il marito, salito in montagna, si unì ai partigiani garibaldini in Val d’Ossola. Jenny Wiegman, conosciuta negli ambienti italiani semplicemente come “Genni”, collaborò in vita anche con molti architetti come Piero Bottoni, lasciando tracce del sodalizio artistico in numerosi edifici.
“Forma/Informe” In mostra alla GAM di Torino. Dal 24 giugno al 27 settembre
oltreché fotografo, di Luigi Veronesi (Milano, 1908 – 1998), la rassegna presenta “Le stelle dalla mia finestra”, immagine di un cielo senza luna attraversato da graffiature che si concretizzano in scie luminose e puntini bianchi, in un narrato che è sintesi perfetta del lungo percorso artistico di un “formalista che teneva ben presente le lezioni del costruttivismo russo e del surrealismo”. A proseguire nell’iter espositivo, troviamo ancora le “forme virtuali” di Franco Grignani (Pieve Porto Morone, 1908 – Milano, 1999), in cui la fotografia si pone spesso e fascinosamente al servizio della grafica con fotomontaggi, sovrimpressioni ed elaborati grafici che si rifanno ad una sorta di singolare “psicologia della forma”, accanto agli scatti inediti raffiguranti vedute urbane di forte “realismo formalista”– da “Montmartre” alla greca “Mykonos”- di Piergiorgio Branzi (Signa, 1928), che è stato anche giornalista Rai, inviato negli anni Sessanta da Enzo Biagi a Mosca e successivamente a Parigi per terminare con la carica di direttore della sede Rai di Firenze negli anni ’70-’80, per poi riprendere a fotografare negli anni ’90 con un progetto sui luoghi pasoliniani, dedicandosi soprattutto alla fotografia digitale. A concludere il gruppone dei “magnifici sette”, con le sue “astrazioni involontarie”, troviamo in mostra le opere (“un andare alle fondamenta – scrive Antonella Russo – della produzione di forme primordiali”) di uno dei protagonisti più autorevoli della fotografia astratta italiana, Paolo Monti (Novara, 1908 – Milano, 1982), insieme alle “Ossidazioni”, ai “Pirogrammi” e agli “Ideogrammi” prodotti da Nino Migliori (Bologna, 1926), opere di geniale sperimentazione in cui le più curiose stramberie frutto di un’immaginazione e di una giocosità tecnica senza fine (dalle piccole bruciature inferte alla pellicola, alle gocce d’acqua o ai liquidi schiumosi applicati sul lastrino dell’ingranditore) ci consegnano curiose immagini oniriche simili a “un organismo vivente, ad una costellazione di cellule sospese come in un liquido amniotico”.
“Forma/Informe”
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“Hic sunt Leones” (locuzione latina inserita su alcune delle più antiche mappe cartografiche e riferita al confine fra territori conosciuti ed altri selvaggi e ignoti) è il titolo dell’opera luminosa inserita nella Corte Medievale di Palazzo Madama dallo scorso giovedì 10 settembre.
di videodanza) alla Palazzina di Caccia di Stupinigi (dove la mostra “Penelope’s Gaze” vedrà esposte le opere di Elisa Bertaglia, Florencia Martinez, Alice Padovani e della polacca Monika Grycko). Alla Nuvola Lavazza, sono invece in agenda una serie di appuntamenti facenti riferimento alla regina delle Fiere dell’arte contemporanea torinese, ovvero all’“Artissima” che andrà in scena a novembre, mentre la Scuola Holden di via Borgo Dora ospiterà “Snapshot from Garden of Eden” di Dina Goldstein, fotografa e artista visivo-surrealista di origini israeliane oggi residente in Canada. Della partita saranno anche il Museo Garda di Ivrea (alla sua prima adesione) e il Palazzo Biandrate – Museo Storico della Reale Mutua di via Garibaldi 22, a Torino. Tutta da vedere, negli spazi espositivi di quest’ultimo, la mostra di scultura dedicata all’artista giapponese Fukushi Ito: sette opere realizzate con l’antica tecnica nipponica del “kintsukuroi” che consente di riparare oggetti d’uso comune, vasi ad esempio, trasformandoli in oggetti preziosi. Come? Ricomponendo i frammenti dell’oggetto danneggiato utilizzando l’oro come legante. Non nascondendo, bensì esaltando in tal maniera le stesse fratture, facendone un motivo fortemente decorativo e altamente prezioso ai fini pratici. Ricucire le ferite delle cose. E dell’esistenza, “riparare il mondo” attraverso la creatività e l’offerta d’amore e gentilezza (il concetto del “Tiqqun ‘Olam” della cultura ebraica) che può benissimo esprimersi con gli strumenti dell’arte. Come vuole ricordarci l’“Art Site Fest” 2020.Tutte le info sul calendario degli eventi, dei luoghi e degli artisti partecipanti su: www.artsitefest.it
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