XXXIII edizione del Premio Italo Calvino. Annuncio delle opere finaliste / Giardino San Leonardo di Gian Primo Brugnoli, Oceanides di Riccardo Capoferro, Trash di Martino Costa, Lingua madre di Maddalena Fingerle, Schikaneder e il labirinto di Benedetta Galli, Sei colpi al tramonto di Vanni Lai, La sostanza instabile di Giulia Lombezzi, I martiri di Alessio Orgera, Ma’ di Pier Lorenzo Pisano, Vita breve di un domatore di belve di Daniele Santero, Il valore affettivo di Nicoletta Verna
Da martedì 16 a domenica 21 giugno Presentazione online dei finalisti sul sito del Premio
https://www.premiocalvino.it/i-finalisti-2020/
lunedì 22 giugno, ore 17.30. Proclamazione del vincitore e delle menzioni speciali in diretta streaming
sulla pagine Facebook del Circolo dei lettori di Torino (@ilcircolodeilettori) e del Premio (@premio.calvino)
con la partecipazione dei Giurati Omar Di Monopoli, Helena Janeczek, Gino Ruozzi, Flavio Soriga, Nadia Terranova
Il Comitato di Lettura del Premio Italo Calvino ha scelto, tra gli 889 manoscritti partecipanti al bando, undici opere finaliste, che sono state sottoposte
al giudizio della Giuria della XXXIII edizione composta da Omar Di Monopoli, Helena Janeczek, Gino Ruozzi, Flavio Soriga, Nadia Terranova.
I testi inediti, di autori esordienti, tra i quali i Giurati decreteranno il vincitore e le menzioni speciali sono: Giardino San Leonardo di Gian Primo Brugnoli,
Oceanides di Riccardo Capoferro, Trash di Martino Costa, Lingua madre di Maddalena Fingerle, Schikaneder e il labirinto di Benedetta Galli,
Sei colpi al tramonto di Vanni Lai, La sostanza instabile di Giulia Lombezzi, I martiri di Alessio Orgera, Ma’ di Pier Lorenzo Pisano,
Vita breve di un domatore di belve di Daniele Santero, Il valore affettivo di Nicoletta Verna.
Nell’impossibilità di organizzare una Cerimonia di Premiazione pubblica a causa dell’emergenza sanitaria, il Premio ha predisposto un finale alternativo, che si
svolgerà online e si articolerà in più fasi per far conoscere nel modo migliore al pubblico e alle case editrici i finalisti di questa edizione e i loro testi.
A partire da martedì 16 fino a domenica 21 giugno, sul sito e sulla pagina Facebook del Premio, verrà pubblicato un video di presentazione per ciascun finalista,
con un commento dei Giurati, la lettura di un estratto del testo e la voce dell’autore. I video compariranno, due al giorno, in una sezione dedicata del sito
(https://www.premiocalvino.it/i-finalisti-2020/) in ordine casuale e senza alcuna gerarchia di merito, e saranno accompagnati da una sinossi del testo
e una breve biografia dell’autore.
Lunedì 22 giugno alle 17.30, sulla pagina Facebook del Circolo dei lettori di Torino (@ilcircolodeilettori) e su quella del Premio (@premio.calvino), si terrà
in diretta streaming, con la partecipazione dei Giurati, la proclamazione del vincitore, delle menzioni speciali della Giuria e della menzione speciale Treccani,
assegnata dall’Istituto della Enciclopedia Italiana a un’opera che si distingua per originalità linguistica e creatività espressiva.
Nel corso della diretta sarà inoltre attribuito un Premio speciale del Direttivo (composto da Franca Cavagnoli, Anna Chiarloni, Mario Marchetti, Laura Mollea,
Carla Sacchi Ferrero) a un’opera particolarmente meritevole sotto il profilo dell’innovazione della forma romanzesca, scelta tra quelle non finaliste.
I testi finalisti e i loro autori
Come sempre, il lavoro del Comitato di Lettura del Premio, che con gli 889 manoscritti partecipanti al bando ha registrato il numero più alto di iscrizioni
degli ultimi anni, non è stato facile: i testi meritevoli o interessanti erano parecchi. Si è puntato, quindi, a una scelta che fosse insieme rigorosa e rappresentativa
di tendenze, temi e stili diversi.
Ha preso così consistenza una rosa di autori suddivisi fondamentalmente tra Italia settentrionale (5) e Italia centrale (4); c’è un solo finalista del Sud, precisamente
di Napoli, un altro è del sassarese, confermando la produttività narrativa della Sardegna sempre ben rappresentata al Premio Calvino. Quest’anno compaiono tre
dei tanti giovani italiani residenti all’estero per lavoro. Simili dati non fanno che certificare il carattere nazionale del Premio e anche la sua capacità attrattiva sulle
nuove generazioni cosmopolite per scelta o per necessità.
I testi dei finalisti – le cui età variano dai 27 agli 81 anni con una netta prevalenza di trenta/quarantenni (sette) – compongono un panorama variegato, che affronta
nodi esistenziali o tematici di rilievo e si caratterizza per stili e scritture di buon livello, per coerenza e capacità di evocazione.
La storia del Premio
Il Premio Italo Calvino è stato fondato a Torino nel 1985, poco dopo la morte di Italo Calvino, per iniziativa di un gruppo di estimatori e di amici dello scrittore, tra cui Norberto Bobbio, Cesare Cases, Anna Chiarloni, Natalia Ginzburg, Massimo Mila, Lalla Romano, Cesare Segre. Ideatrice del Premio e sua animatrice e Presidente
fino al 2010 è stata Delia Frigessi, studiosa della cultura italiana tra Ottocento e Novecento. Calvino, com’è noto, ha svolto un intenso e significativo lavoro editoriale
per l’Einaudi; l’intenzione è stata, quindi, quella di riprenderne e raccoglierne il ruolo di talent scout di nuovi autori: di qui, l’idea di rivolgersi agli scrittori esordienti e inediti, per i quali non è facile trovare un contatto con il pubblico e con le case editrici. Il Premio ha impostato la propria attività seguendo gli stessi criteri che hanno
guidato Calvino: attenzione ed equilibrio, gusto della scoperta e funzione critica. Attuale Presidente del Premio è Mario Marchetti.
Come funziona il Premio
Il Premio Italo Calvino segnala e premia opere prime inedite di narrativa. Il Premio non ha mai voluto – consapevolmente – definire una propria linea critica,
né privilegiare stili, forme e contenuti. L’interesse è unicamente per la qualità della scrittura e per l’emergere di nuove tendenze.
Ogni anno, alla scadenza del bando, i manoscritti pervenuti vengono ripartiti all’interno del Comitato di Lettura, composto da una sessantina di persone
qualificate al compito per i loro studi o per la loro attività professionale (specializzati o dottori di ricerca in discipline umanistiche, traduttori, redattori editoriali,
docenti universitari e medi, critici e saggisti). Ognuno comincia la lettura in solitaria e redige una scheda di lettura, libro per libro, sulla base di criteri di valutazione oggettivi e condivisi. Al termine del primo giro di letture, si svolge una serie di riunioni, durante le quali si discutono e si scambiano i manoscritti. Infine, si arriva
a emettere un giudizio su ogni testo e a individuare mediamente una decina di opere finaliste da inviare alla Giuria, composta da cinque personalità del mondo culturale (scrittori, critici, letterati). È questa Giuria, ogni anno diversa, a scegliere il vincitore e a segnalare eventualmente altre opere degne di interesse.
Nelle settimane successive alla proclamazione del vincitore e delle menzioni, il Premio invia un giudizio dell’opera presentata a tutti i concorrenti iscritti al bando.
In questo modo, la partecipazione al Premio assume un carattere non soltanto di competizione ma anche di valutazione e orientamento per l’autore, grazie alle indicazioni tecniche e stilistiche fornite dalla scheda di lettura.
I vincitori e le Giurie delle passate edizioni
Le Giurie del Premio, ogni anno diverse, sono sempre state costituite da critici letterari, storici della letteratura, scrittori e operatori culturali tra i più rappresentativi
della scena culturale italiana dagli anni ‘70 ad oggi: Natalia Ginzburg, Cesare Segre, Ginevra Bompiani, Vincenzo Consolo, Edoardo Sanguineti,
Ernesto Ferrero, Gianluigi Beccaria, Dacia Maraini, Angelo Guglielmi, Marino Sinibaldi, Michele Mari, Tiziano Scarpa, Nicola Lagioia, Carlo Lucarelli,
Antonio Scurati, Valeria Parrella, Michela Murgia, Mario Desiati, Marco Missiroli, Luca Doninelli, Teresa Ciabatti, Vanni Santoni, Davide Orecchio, Giuseppe Lupo,
Sandra Petrignani, solo per citarne alcuni.
Il Premio Calvino può ormai contare un notevole numero di autori affermati, che hanno iniziato il loro percorso editoriale proprio partendo dalla partecipazione
al concorso. Tra gli altri: Marcello Fois (Picta, Marcos y Marcos), Francesco Piccolo (Diario di uno scrittore senza talento), Paola Mastrocola (La gallina
volante, Guanda), Fulvio Ervas (La lotteria, Marcos y Marcos, con Luisa Carnielli), Flavio Soriga (Diavoli di Nuraiò, Il Maestrale), Peppe Fiore (L’attesa di un figlio
nella vita di un giovane padre, oggi, Coniglio), Errico Buonanno (Piccola serenata notturna, Marsilio), Paolo Di Paolo (Nuovi cieli, nuove carte, Empirìa),
Rossella Milone (Prendetevi cura delle bambine, Avagliano), Giusi Marchetta (Dai un bacio a chi vuoi tu, Terre di Mezzo), Mariapia Veladiano (La vita accanto, Einaudi Stile Libero), Letizia Pezzali (L’età lirica, Baldini Castoldi Dalai), Simona Baldelli (Evelina e le fate, Giunti) , Francesco Maino (Cartongesso, Einaudi), Domenico Dara (Breve trattato sulle coincidenze, Nutrimenti).
Tra gli ultimi vincitori pubblicati: Cesare Sinatti (La Splendente, Feltrinelli), Emanuela Canepa (L’animale femmina, Einaudi Stile Libero),
Filippo Tapparelli (L’inverno di Giona, Mondadori), Gennaro Serio (Notturno di Gibilterra, L’orma).

Non ci sono i nomi di grandissimo successo, quelli dietro cui correre per, sempre più spesso, imbastire nuovamente le folgoranti mostre che vedranno assieparsi – tempi di igienizzanti e mascherine e prenotazioni on line permettendo – folle senza fine, bensì nomi preziosi, significativi, da cercare con attenzione magari inusuale e da ammirare, cui avvicinarsi per ammirarle nel loro più piccolo particolare o significato. Una mostra, questa che è Sfida al Barocco, curata con estrema saggezza e padronanza da Michela di Macco (università di Roma La Sapienza) e Giuseppe Dardanello (Università degli Studi di Torino), riflessivamente antiscolastici nel racchiudere la distesa di dipinti e immense pale d’altare, sculture e arazzi, disegni e incisioni, arredi e oggetti preziosi, entro il 1680, ovvero l’anno della scomparsa di Gian Lorenzo Bernini, e il 1750, compiuto un appagante viaggio tra le capitali francese – quasi feroce nel mantenere un proprio primato, ma pure aperta nei primi decenni del XVIII secolo a guardare ammirata ai colori della pittura veneziana o ai recenti messaggi che giungono da fiamminghi e olandesi, capace di precorrere i secoli successivi, se si guarda con vera ammirazione allo Stagno di François Desportes che guarda ad un futurismo ancora meno che impalpabile nei decenni dell’Arte o al Nudo femminile di schiena di Pierre Subleyras, intenso e inaspettato nella sua sconcertante naturalezza – e papale – Roma è pure da sempre caput mundi, forse assai più pronta alla sfida in opposizione ad ogni antichità e alle recenti voci che ancora si fanno sentire dei grandi maestri del Rinascimento e del Classicismo di un pregnante Barocco -, soffermandosi e ampliando lo sguardo su una Torino che ha inizialmente centrale il nome di Guarino Guarini (in mostra, tra i tanti disegni preparatori, l’unico studio rimasto “di un settore del tamburo e della cupola per la Cappella della Sindone”, conservato presso l’Archivio di Stato torinese) e con la stessa spinta alla sperimentazione e alla libertà di ricerca di Andrea Pozzo (le sue tele torinesi, a Mondovì e a Grazzano Badoglio con una mistica Morte di San Francesco Saverio): sino a giungere al genio del messinese Filippo Juvarra, dal 1714 nominato Architetto regio da Vittorio Amedeo II, che negli spazi reali o nelle chiese della città raccoglie e allestisce “una straordinaria esposizione di arte contemporanea”, da Napoli Venezia e Roma facendo giungere con le loro tele i nomi di Francesco Solimena, Sebastiano Ricci, Francesco Trevisani e Sebastiano Conca.
Un cammino lungo settant’anni, colmo di capolavori su cui soffermarsi, un progetto di ricerca dovuto alla Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude. Un cammino allestito da Massimo Venegoni con le luci di Gianbattista Buongiorno, raccomandabili entrambi per la loro compiuta bellezza agli occhi dello spettatore, come è un’esplosione di colori primari l’immagine della mostra, il biglietto di presentazione dovuto ad un modernissimo Leandro Agostini che ha ricavato – per poi ricomporle nella IV di copertina ad esempio della “piccola guida” – certe parti cromatiche di Diana ed Endimione di Pierre Subleyras, un olio proveniente dalla National Gallery londinese, una aerea genialata che alleggerisce con garbo e gusto profondi certa pomposità, certa opulenza, una ricorrente sfarzosità a volte troppo debordanti di quei secoli che abbiamo attraversato.
“Con grande emozione arriviamo ad un momento lungamente atteso, l’apertura di questa straordinaria e imperdibile mostra Sfida al Barocco, evento culturale ideato per ribadire e attualizzare, nel mondo accademico e nel grande pubblico, un pilastro dell’identità di Torino, cioè l’essere una delle capitali europee del barocco”. Quindici tappe, altrettanti capitoli più un’ouverture a mostrare strade nuove. Dove possono benissimo trovare posto le uccisioni di poveri animali, quell’anatra dal collo verde o quel coniglio con un paio di tordi accanto (ancora Chardin, entrambi): piccoli gioielli, modernissimi scampoli che parlano da soli e che commuovono, frangie di un lungo momento ben più altoloquente e ricco. Ma anche pronto a raccogliere in sé quelle “povertà” forse fino a questo momento ai più sconosciute.





