CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 577

Nuovi appuntamenti musicali con “Vitamine Jazz”

Due nuovi appuntamenti la prossima settimana al Sant’Anna per la rassegna “Vitamine Jazz” arrivata alla sua terza stagione, organizzata per la “Fondazione Medicina a Misura di Donna” e curata da Raimondo Cesa.
I concerti avranno inizio dalle ore 10.00 nella sala Terzo Paradiso in via Ventimiglia 3.

Martedì 19 novembre sarà la volta del “Trio Accorsi Blasioli Chiappetta”
Caterina Accorsi voce -Simone Blasioli sax – Alessandro Chiappetta chitarra

Caterina Accorsi

Muove i suoi primi passi come cantante nel pop e studiando teatro. Dal 2012 vive a Torino dove è attiva nella scena musicale jazzistica. Studia con Laura Conti, Roberta Gambarini, Dado Moroni, Albert Hera, Enrico Fazio, Kevin Mahogany, Gianni Virone e molti altri. Si laurea in Filosofia della Mente nel 2017 e in Canto Jazz nel 2019 con 110 e lode al Conservatorio Vivaldi di Alessandria, tenendo un concerto arrangiato per sestetto su Carla Bley. Si è esibita negli Stati Uniti all’Hendershot Coffe di Athens (Georgia), per il Novara Jazz Festival e il Monfrà Jazz Festival.
All’attività concertistica con i progetti Vibes&Voice, Bop-Doo Way 4tet e Carla Bley Village, affianca l’attività di didatta.
Nel 2012 ha partecipato al Concorso Sieber arrivando seconda classificata.
Ha ricevuto il Premio Talento Italiano 2014 come migliore allieva del primo anno del Conservatorio A.Vivaldi di Alessandria.

Simone Blasioli

Simone Blasioli inizia a studiare pianoforte e fisarmonica all’età di quattro anni sotto la guida del padre. All’età di 15 anni viene ammesso al Conservatorio L. D’Annunzio di Pescara dove si diploma brillantemente in Sassofono. Contemporaneamente studia Jazz presso l’Accademia Musicale Pescarese e presso la Fonderia delle Arti a Roma. Successivamente si laurea in Composizione per la musica applicata alle immagini con la votazione di 110/110 Lode e Menzione D’Onore e subito dopo in Direzione D’Orchestra presso il Conservatorio “A. Casella” dellʼAquila. Nel 2010 vince la Borsa di studio Erasmus in Composizione presso il Conservatorio di Castellón, in Spagna. Subito dopo vince una seconda borsa, (SMP), come Professore assistente di Composizione e Supervisore dell’Orchestra presso il RIAM di Dublino.
È primo sassofono alto della Big Band del Conservatorio dell’Aquila; suona in molte formazioni che spaziano dal duo al sestetto. Nel 2010/11 è stato quattro volte in tournée a Minsk con l’Italian Chansonnier.Vince numerosi concorsi nazionali e internazionali tra cui il 1° premio assoluto del 5° Concorso Stand Together: con la musica in Città Sant’Angelo e il 1° premio del Concorso Internazionale di Sassofono Città di Atri.  È stato segnalato al Concorso: Composizione musicale, Creazione e Critica, SUONOSONDA, Genova. Arriva in semifinale al concorso Premio Massimo Urbani  2019.

Alessandro Chiappetta

Chitarrista e compositore, inizia a suonare la chitarra a nove anni da autodidatta.Ha Frequentato il Triennio di specializzazione in Jazz presso il Conservatorio G.Verdi di Torino sotto la direzione di Furio Di Castri.Partecipa successivamente ai seminari di Jim Hall, Scott Henderson, Joe Diorio, Mick Goodrick e John Scofield.
Ha collaborato con Enzo Zirilli, Luigi Bonafede,Andrea Allione, Alberto Marsico, Furio Di Castri, Luca Jurman, Fabrizio Bosso,  Miroslav Vitous, Paolo Porta, Gianluca Petrella, Rob Sudduth, Tineke Postma, Mauro Battisti, Gianni Virone, George Garzone, Roberto Gatto,  Quentin Collins,  Alex Garnett.
Nel 2005 partecipa alle clinics di UMBRIA JAZZ a Perugia, avendo la possibilità di suonare con chitarristi quali Mark White e Jim Kelly. Nell’ambito di detta manifestazione viene selezionato tra diversi partecipanti vincendo una borsa di studio per il Berklee College di Boston.
Nel 2009 vince il contest di Moncalieri Jazz Festival, arrivando primo classificato come miglior musicista e compositore.

Giovedì 21 novembre “Voci PeriGolose” voci dal ‘500
basso e direttore Franco Romanelli – Raluca Nicolau – Laura Ribet – Jonathan Kleis – Armando Mugnai

La strada tracciata è quella giusta…partire dal repertorio rinascimentale, comunque di vera polifonia, intellettuale, sacro e profano, talvolta volgare ma certamente con un’ idea compositiva non per tutti, vuol dire alzare l’asticella delle difficoltà rispetto al pur meritorio canto popolare, alpino, tradizionale o il gospel, nati per le grandi platee.
Il gruppo vocale Voci PeriGolose, nato all’interno del Cdm borgarese, ha conquistato Verona.
Nei mesi scorsi, infatti, il gruppo corale, agli ordini del maestro Franco Romanelli, ha preso parte alla trentesima edizione del concorso internazionale di Verona. Un palco non nuovo per il gruppo borgarese, che già in passato aveva partecipato alla competizione, portando a casa un terzo posto.
Anche in questa occasione la concorrenza è stata agguerrita, dal momento che le formazioni musicali arrivavano da mezzo mondo: da varie regioni d’Italia, certo, ma anche da Cipro, dalla Germania, dagli Stati Uniti, dalla Turchia e dal Giappone, tanto per fare alcuni esempi. Internazionali i partecipanti, internazionale la giuria, con giurati italiani, spagnoli, tedeschi, americani e croati.
Giorgio Mazzucato grande esperto di musica antica e di madrigale, si è particolarmente congratulato col direttore (e con il gruppo) per la centratura dello stile, per le scelte esecutive, la dinamica e per lo stile provocatorio, perfettamente in linea con la prassi esecutiva del ‘500. Il direttore ha mostrato con la ricerca e scelta del repertorio, e con la teatralità dell’ esecuzione proposta una visione artistica l’originale e ben definita, di raffinata efficacia.

L’isola del libro: speciale Andrés Neuman

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

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“Frattura”   -Einaudi-   euro 21,00

Andrés Neuman Galàn è uno scrittore, poeta e traduttore 42enne nato a Buenos Aires ma naturalizzato spagnolo. Laureato in filologia all’Università di Granada, oggi è lì che vive e lavora come professore di Letteratura latinoamericana presso lo stesso ateneo. Secondo la critica è uno dei migliori giovani scrittori di lingua spagnola, i suoi libri hanno vinto prestigiosi premi e sono tradotti in più di 20 lingue.

“Frattura” è l’ultimo… ed è bellissimo. Parla di sopravissuti alla bomba atomica, di tragedie varie come i terremoti e i danni inferti agli impianti nucleari; ma anche di amore, fragilità e forza, rivincita e perdita d’identità.

Protagonista è il giapponese Yoshie Watanabe, miracolosamente uscito indenne dalla devastazione delle bombe atomiche sganciate dagli americani su Hiroshima e Nagasaki, che diventano i due luoghi maledetti in cui sono morti il padre (davanti ai suoi occhi), mentre la madre e le sorelle sono state letteralmente dissolte. Di loro non è rimasta traccia, come se non fossero mai esistite se non per Yoshie, che deve continuare a vivere portandosi dentro il rovente dolore e una difficile –se non impossibile- “psicatrizzazione”. Cresciuto a Tokyo con degli zii, appena può abbandona il Giappone e gira il mondo per il suo lavoro di marketing director di un’azienda che produce televisori. Professionista instancabile fa una velocissima carriera. Watanabe è un doppio sopravissuto, perché è stato anche protagonista del terremoto del 2011 a cui è seguito lo tsunami con il devastante incidente e la fuga radioattiva dalla centrale nucleare di Fukushima (che, ironia della sorte, vuol dire “isola della fortuna). La sua vita viene raccontata dalle 4 donne che lo ameranno in tempi e luoghi diversi: Parigi all’epoca della Nouvelle Vague, New York dello scandalo Watergate, Buenos Aires alla fine della dittatura quando ancora si cercano invano i desaparecidos, e Madrid nei primi anni 90. Una vita intera, ma tante vite diverse, sempre da straniero.

Per l’occasione   perché non scoprire e leggere gli altri precedenti romanzi di Neuman; ne suggerisco almeno due.

 

“Una volta l’Argentina” -Ponte alle Grazie-   euro 16,80

Questo libro è un autentico e magnifico mosaico di tante vite diverse, collegate tra loro, che messe   insieme sono anche l’affresco di una parte della storia dell’Argentina. E’ la storia della famiglia di Neuman, figlio della buona borghesia, che va a ritroso e ripercorre le storie dei suoi avi. L’ha scritto nel 2003 dopo aver ricomposto tanti frammenti a partire dal bisnonno paterno Jacobo, discendente di una famiglia vissuta nella Russia Zarista, che in Argentina conosce e sposa la cugina di primo grado, Lidia, nata in Lituania. Sono una coppia affascinante, decisamente moderna per l’epoca: vivono in una bellissima villa con personale di servizio, giardino e campo da tennis, in un quartiere residenziale di Buenos Aires. Lui accumula ricchezza ma non sa attaccare neanche un chiodo; lei ha abilità da tecnico della manutenzione, in più amministra il patrimonio e ha fiuto nel campo dell’arte. E’ l’inizio della discendenza, in parte reale e in parte fantastica, che Andrés Neuman rimette insieme tratteggiando caratteri, legami e gesta di una pittoresca genealogia. Ci sono prozii e zii sempre alle prese con qualche guaio e costretti a fuggire dal paese, antenati ebrei poco osservanti, nonne che arrivano da lontano e restano fedeli alle lingue di origine. Poi c’è tanto altro, come le pagine dedicate alla madre di Neuman, violinista coinvolta con la sua orchestra in una sparatoria. E sullo sfondo, sempre l’Argentina con le sue piaghe. Paese splendido ma martoriato da populismo, corruzione, fame, miseria, colpi di stato e dittature militari, torture e desaparecidos……

 

 

“Il viaggiatore del secolo”   – Einaudi- euro 15,00

Parte della critica l’ha definito un romanzo ottocentesco, ma scritto con la sensibilità e gli occhi di un uomo del XXI ° secolo. E’ ambientato nella Germania del XIX ° secolo, nella cittadina di Wandernburgo, all’epoca della Restaurazione dopo la sconfitta di Bonaparte. E’ li che approda il giovane viaggiatore Hans con il suo baule pieno di libri e riviste, che di lavoro fa il traduttore e viaggia spesso. Wandernburgo non è la sua meta, dovrebbe essere solo una tappa del suo iter; invece diventa teatro della trama del romanzo. Si ferma a rifocillarsi nella locanda della numerosa famiglia Zeit ed è lì, in un’angusta stanzetta, che si arena il suo viaggio. Poi incontra Sophie, figlia del signor Gottlieb. E’ intelligente, colta, turbolenta, promessa sposa di un nobile e, nel frattempo, ha creato un brillante salotto letterario di cui è l’anima. Lì si discetta di letteratura, filosofia, politica ed economia. Hans non solo fa il suo ingresso nel circolo, ma imbastisce anche una liaison dangereuse con Sophie, dove alla carica erotica si mischiano parole, versi, pensieri ed emozioni. Hans conoscerà anche un pittoresco suonatore di organetto che vive ai margini, in una grotta, con il suo cane Franz; lo incontra nella piazza del paese, fa amicizia e con lui instaura un bellissimo rapporto fatto di confidenze, ascoltando le sue parole di profonda saggezza. Nella trama, a volte un po’ lenta, si inseriscono, a smuovere le acque, alcuni delitti e il mistero secondo il quale nessuno di coloro che sono transitati in paese, pare sia poi riuscito a ripartirne.

Omofobia e unioni civili: a Torino il docufilm “L’unione falla forse”

Dopo l’anteprima italiana al Lovers Film Festival, il documentario di Fabio Leli sarà al Cinema Ambrosio il 18 Novembre, con il regista, ospiti e associazioni

L’unione falla forse, il nuovo film documentario di Fabio Leli, dopo i premi e le anteprime in svariati festival nazionali e internazionali, arriva nelle sale con un tour di proiezioni in diverse città. Lunedì 18 Novembre sarà in proiezione a Torino, al Cinema Ambrosio, alle ore 20:15.

Nel nuovo progetto del giovane regista pugliese, presentato in anteprima nazionale alla 34° Edizione del Lovers Film Festival di Torino in cui si è aggiudicato il premio “La Stampa”, i temi centrali sono l’omofobia e le unioni civili. Protagoniste della pellicola due famiglie Arcobaleno, una coppia di ragazzi pugliesi con due bambini e due donne palermitane con la loro figlia. La vita tranquilla e serena delle due famiglie, così simile a tante altre, viene interrotta dalle interviste ad esponenti di partiti e movimenti vicini al Family Day e al recente Congresso delle Famiglie di Verona, tra cui Mario Adinolfi, Gianfranco Amato, Silvana de Mari e Massimo Gandolfini, che espongono liberamente le proprie bizzarre idee sull’introduzione della legge, sul tema dell’omofobia e sull’omosessualità.

Il quadro che ne viene fuori è quello del “primo film che, con amore ed ironia, lotta contro l’omofobia”.

Il film si impone come un importante documento d’attualità, a causa della crescita esponenziale dei movimenti ProLife di stampo cattolico estremista nonché della loro ascesa politica, grazie all’exploit dei partiti di destra che li hanno accolti nelle loro fila (l’ex ministro della Famiglia Fontana e il senatore Pillon, entrambi membri del Family Day, ne sono un chiaro esempio). Ma anche per il crescente bisogno di riconoscimenti giuridici che le famiglie omogenitoriali chiedono a gran voce e a cui a volte solo la magistratura concede l’approvazione, a causa del taglio della Stepchild Adoption dalla legge sulle unioni civili del 2016 e del recente ritorno, sulla carta d’identità, alla dicitura di “padre” e “madre” imposta dall’ex ministro Salvini.

Il film ha il patrocinio di Amnesty International ItaliaAssociazione Famiglie Arcobaleno e Cgil Nuovi Diritti. L’evento di Torino è promosso da Arcigay Torino Ottavio MaiUaar TorinoAgedo TorinoRete Genitori RainbowFamiglie Arcobaleno in Piemonte e Lovers Film Festival. Dopo la proiezione seguirà un Q&A con il regista Fabio LeliGiovanni Minerba presidente del Lovers Film FestivalChiara Palumbo autrice di “Che fretta c’era?”, libro su I Sentinelli di Milano, ed esponenti delle associazioni presenti in sala.

L’unione falla forse, già presentato a Marzo in anteprima internazionale al Festival Vues D’en Face di Grenoble, è approdato ad Aprile anche in Romania al Serile Filmului Gay Film Festival di Cluj, poi in India per l’Out&Loud Queer Film Festival di Pune dove ha vinto il “Best India Premiere”, in Norvegia per il DokFilm, il più antico e prestigioso festival di cinema documentario norvegese, in Grecia al 6° Festival del documentario di Ierapetra, vincendo il premio come Miglior Film, e ancora in Italia, al 7° Ariano International Film Festival.

“Parlami d’amore”: Caldonazzo e Branchetti in scena

DI PHILIPPE CLAUDEL. NELLA TRADUZIONE DI  DAVID CONATI. REGIA DI FRANCESCO BRANCHETTI.

 LE MUSICHE ORIGINALI SONO DI PINO CANGIALOSI E LE SCENE DI ALESSANDRA RICCI

 

23 e 24 NOVEMBRE

TEATRO CARDINAL MASSAIA- TORINO

 

Dopo il debutto in prima nazionale assoluta a Roma, arriva a Torino, il 23 e il 24 novembre al Teatro Cardinal Massaia, l’emozionante spettacolo “PARLAMI D’AMORE” di Philippe Claudel, diretto da Francesco Branchetti e interpretato dallo stesso Branchetti con Nathalie Caldonazzo.

“Da anni mi occupo come regista e uomo di teatro di testi che mettono al centro del evento teatrale il rapporto tra uomo e donna – afferma il regista Francesco Branchetti – nelle sue sfaccettature più vere, profonde ed intime e il testo di Philippe Claudel è appunto straordinario nel raccontare una società e una coppia in crisi profonda di valori e di punti di riferimento ed è straordinario nel costruire dei caratteri di clamorosa rappresentatività di una certa società e di una concezione del rapporto di coppia che qui vede sgretolarsi i suoi punti cardine e le sue fondamenta. Claudel mostra come sottotraccia possano convivere moltitudini di sentimenti intrecciati, impulsi contrastanti e come sia denso e irto di ostacoli il cammino del dialogo tra uomo e donna. Non abbandonando mai uno sguardo profondamente umano  affonda la lama nelle pieghe più intime e a tratti inconfessabili di un rapporto di coppia  e  lo fa con uno straordinario acume psicologico e una capacità quasi antropologica di raccontare il nostro presente più dilaniato in tutto quello che riguarda i rapporti umani e affettivi. Clamorosa è la sua  capacità di fare questo viaggio nel rapporto tra i nostri protagonisti e nel mondo sociale, culturale e comportamentale che essi evocano, con l’arma dell’introspezione psicologica ma anche  attraverso una straordinaria e pungente ironia che accompagna  tutto il testo.”

 Fragilità, debolezze e addirittura in alcuni momenti candore, trovano spazio in un duetto di coppia a tratti terribile, ma sempre accompagnato da irresistibile humour e travolgente ironia. Le interpretazioni dei personaggi, tese a ricostruire due profili psicologici evocano il presente  e spingono a riflettere molto su quello che a volte un rapporto può diventare e  su quanto sia difficile uscire  da certi schemi comportamentali e a volte  anche sociali.

La regia restituisce al testo la straordinaria capacità d’indagare l’animo umano e le tortuose relazioni che abbiamo con noi stessi e  con gli altri: ansie, paure, malesseri, malinconie, dolori, solitudini si confondono in una danza  che muta di ritmo ad ogni scambio di battute tra i protagonisti; tra momenti di grande ironia e amarezze profonde ci muoviamo come investigatori alla ricerca di verità nel “privato” di un rapporto di coppia, di una relazione, di un incontro.

Scene e musiche, daranno un apporto fondamentale a questo viaggio nel mondo dei rapporti tra uomini e donne, nell’inconscio, nella psiche, di cui sono proiezioni.

Alessandro Fullin e le monache di santa Tecla circondati dai Tedeschi invasori

Fino a domani 17 novembre al teatro Gioiello “Suore nella tempesta”

Alessandro Fullin, dopo i successi di Piccole gonne e La Divina, riempie i teatri, diverte, lega alle poltrone gli spettatori. Non soltanto più l’eccentrico, sulfureo personaggio alternativo di Zelig, bensì il responsabile assoluto del palcoscenico. Scrive, recita, dirige, con il risultato assicurato. Quest’anno ha promesso e mantiene la faville con Suore nella tempesta (teatro Gioiello, dino a domenica 17), commedia tratta da un proprio testo dialettale, Basabanchi, pubblicato un paio d’anni fa. Forse non una commedia ampiamente “compiuta”, forse meglio uno srotolarsi di sketches con cappello introduttivo, brevissimo svolgimento e battuta (battutina o battutaccia finale: senza che certo ce ne facciamo gran peso, i doppi sensi abbondano e traboccano) finale. Ma il divertimento – ovvero quel che il pubblico aspetta e pretende – è assicurato e, nella Torino del 1944 zeppa di truppe tedesche e con gli americani che continuano a bombardare, il cibo sempre a scarseggiare, i rappresentanti dell’ordine teutonico che non passa giorno che non bazzichino per il convento, la suora che si desuorizza e ti fa un pargolo con quell’omone barbuto che un tempo è venuto a cercare riparo lì da loro, le monache di santa Tecla, responsabile di unità e di continui miracoli, non possono non spremere risate. Fullin sta a metà strada tra la gran dama e la madre badessa tutta frizzi, ironizza, cala i suoi assi migliori, entra ed esce senza badare a spese dal periodo storico e l’anacronismo si rivela una carta vincente dello spettacolo. Ci infila pure azzeccate battute in piemontese che fanno la felicità del pubblico: come le canzoncine e i balletti che coinvolgono i suoi compagni di lavoro, Tiziana Catalano, Diego Casale, Simone Faraon, Sonia Belforte, Paolo Mazzini, Sergio Cavallaro (che firma pure le scene, i costumi spiritosi sono di Monica Cafiero), Francesco Scalas.

 

Elio Rabbione

Suonando nei parcheggi

Caleidoscopio rock USA anni 60

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Mica solo Idaho, Wyoming e Colorado… Anche in Arkansas ci sono fior fior di foreste, su tutte la Ozark National Forest e l’importante Ouachita National Forest.

Quest’ultima evoca il nome del significativo fiume, che come un serpentone pieno di spire scende sinuoso fin verso la Louisiana per confluire nel Red River e infine andare a riposare nello smisurato letto del Mississippi al confine con lo stato omonimo. Ma torniamo in Arkansas, per notare che tra la Ouachita National Forest e il Jenkins Ferry State Park passa come un coltello in diagonale la “Interstate 30”, nata nei favolosi anni Sessanta per collegare l’area di Dallas (Texas) con quella di Little Rock (Arkansas). E lì sulla lama del coltello sorge la cittadina di Malvern, che, nonostante le circa 9000 anime, ebbe durante i “Sixties” una convinta compagine di appassionati di rockabilly e rock&roll (e derivati). Qui, attorno al 1965, si costituì la band The Yardleys, formata da Steve Walker (chit), Larry Byrd (b), Butch Allen (org), Bucky Griggs (batt), Bo Jones (tr). Si sa poco o nulla di questo gruppo, se non che era un formidabile manipolo da dance club ma anche da performances all’aperto, tipo parcheggi, piazzole presso supermercati o presso aree di rifornimento benzina, con prezzi stracciati e soluzioni “low budget” in allestimenti spesso improvvisati e con strutture non sempre solide e sicure; non erano raro nemmeno qualche “piccolo infortunio” dei membri della band, magari su assi traballanti, chiodi mal sistemati o amplificatori non ben fissati. Ma l’entusiasmo della gioventù vinceva su qualsiasi contrattempo od ostacolo e tutto sommato il risultato delle esibizioni era di buon livello, nonostante il contesto e le condizioni non proprio ideali…

Il raggio d’azione non era esteso e non superò mai i confini dell’Arkansas, spaziando nell’area tra Malvern, Hot Springs, Sheridan, Benton, Arkadelphia, Carthage e Pine Bluff; l’attività manageriale assolutamente ordinaria non portò a picchi di successo eccessivi ma tuttavia consentì l’ingresso in sala di registrazione. I 45 giri incisi furono due ed è da sottolineare il fatto che fossero interamente composti da brani originali della band, peraltro in tempi in cui le covers trovavano sempre spazio, spesso sul lato A. Il primo single fu inciso nel 1966: “Come What May” [Griggs – Byrd] (FS-100; side B: “The Light Won’t Shine” [Allen]), su etichetta Foundation records, pubblicato da High Fidelity Oleta, BMI. Il secondo, con influenze dai Rolling Stones, uscì già all’inizio del 1967: “Your Love” [Allen] (S.O. 3827; side B: “Just Remember” [Allen]), con etichetta autoprodotta Yardley.

Trascorso il periodo della sala di registrazione, si passò ad una fase sempre difficile per qualsiasi band: quella della constatazione del conseguito o mancato successo a livello di vendite, ma soprattutto di permanenza nelle classifiche delle radio locali; purtroppo per la band, l’esito a livello di classifiche fu piuttosto deludente e nessuno dei quattro brani originali riuscì a spiccare il volo nelle radio charts dell’Arkansas centro-meridionale. E’ presumibile che il colpo fosse difficile da assorbire e ciò è confermato dal fatto che da metà 1967 si perde qualsiasi traccia dei The Yardleys; probabilmente decisero di sciogliersi nel giro di pochi mesi, quasi sicuramente entro l’inizio del 1968.

Gian Marchisio

Ghigo torna presidente. Del Museo del Cinema

“Un’altra avventura, con grande passione”, commenta su Facebook Enzo Ghigo, 66 anni, già presidente della Regione Piemonte dal 1995 al 2005 ed ex senatore di Forza Italia, che è da oggi il nuovo presidente del Museo Nazionale del Cinema di Torino. E’ stato scelto  dalla Regione Piemonte dopo le dimissioni di Sergio Toffetti che aveva polemizzato sulla decisione di affidare la direzione a  Domenico De Gaetano.  La nomina avviene proprio alla vigilia della 37 esima edizione del Torino Film Festival. Ghigo dal 2015 è presidente della Lega del Ciclismo Professionistico.

Il Coro Calliope protagonista con “Preghiera in musica”

Nel Duomo di Torino, il 16 novembre prossimo, concerto  nell’ambito del progetto “Lo spirituale nell’arte”

 

L’Accademia di San Giovanni ospiterà sabato 16 novembre prossimo alle 21, nella Cattedrale di San Giovanni, il Coro Calliope, in occasione del concerto intitolato “Preghiera in musica”, nell’ambito del consolidato progetto dello “Lo spirituale nell’arte”, rassegna fortemente voluta dal presidente stesso dell’Accademia della Cattedrale di San Giovanni, don Franco Carlo, parroco del Duomo di Torino, lui stesso intellettuale e musicista molto fine, e dal direttore artistico dell’Accademia, Giacomo Bottino. Quest’ultimo è anche promotore delle attività concertistiche de “I Virtuosi dell’Accademia di San Giovanni”, diretti anche dal maestro Antonmario Semolini, di recente insignito del Premio Pertinace.

Il Coro Calliope è  stato fondato nel lontano 1995 dal maestro Antonella Landucci (1947-2012). Nel corso dei diversi anni di attività il Coro ha maturato una vasta esperienza anche grazie alla sua collaborazione con orchestre, ensemble e solisti di rilievo.

A dirigere il Coro sarà il maestro Fabrizio Zanini, all’organo Alessandro Scioscioli, il ruolo tenorile sarà ricoperto da Nicolas Resinelli. Grazie al patrocinio del Comune di Gussago, in provincia di Brescia, il Coro Calliope si esibirà nel Duomo di Torino proprio a poco più di un anno di distanza dall’occasione in cui, in Vaticano, nell’ottobre del 2018, animo’ la Messa vespertina nella Basilica di San Pietro, invitato dalla Fondazione Domenico Bartolucci.

Il direttore artistico, per rispettare il luogo del concerto, il Duomo di Torino, in cui è custodita la Sacra Sindone simbolo della Cristianità, ha articolato un programma costituito da brani sacri ed altri lirici adatti alla sacralità del luogo stesso in cui avverrà l’esecuzione. Il brano di apertura sarà una Lode al Signore, il “Cantate Domino” di Handel, seguito dalla celebrazione di Maria nell’Annunciazione, con l’Ave Maria di Facchinetti, compositore e musicista bresciano, per coro femminile, quindi lo “Stabat Mater” di Kodaly. Il Corpo di Cristo verrà esaltato in tre brani di particolare intensità, l'”Ave Verum Corpus” di Mozart, “O sacrum convivium” di “Bartolucci ed il “Panis angelicus” di Franck. La figura di Maria in Adorazione verrà rievocata nel brano di Grancini,  per coro maschile, “Dulcis Christe”, la figura di Maria in attesa di rivedere il Figlio nel Coro a bocca chiusa di Puccini e poi di nuovo commentata nell'”Ave Maria” di Mascagni, per solista. Seguiranno, quindi, due brani di Verdi, ” Va’ pensiero” e “O Signore dal tetto natio”, che ben incarnano il tema del ricordo e del rimpianto. La terza sezione del concerto sarà dedicata al giubilo con il brano di Bartolucci “Jubilate  Deo” ed alla gloria pasquale, con due brani, uno del musicista e compositore bresciano Tonelli, dal titolo “Crucem tuam”, ed il secondo, l'”Agnus Dei” di Georges Bizet, per solista. A conclusione  il “Gloria in excelsis Deo”di Antonio Vivaldi.

 

Mara Martellotta

“Opposites Live” al Moncalieri Jazz Festival

QUINTORIGO

 

Venerdì 15 Novembre 2019 ore 22.00

Fonderie Teatrali Limone – Via Pastrengo,88 – Moncalieri (TO)

Quintorigo tornano a Torino in occasione del Moncalieri Jazz Festival, dove sul palco delle Fonderie Teatrali Limone, presenteranno al pubblico il loro ultimo lavoro “Opposites”, un doppio album decisamente particolare e coinvolgente.

 Il live di Opposites – spiega Valentino Bianchi sassofonista del gruppo – ripropone nella sua interezza il doppio album, con il valore aggiunto di spazi liberi di improvvisazione e l’impatto energico ed emozionante tipico dei Quintorigo dal vivo”.

Quintorigo sono:

AndreaCosta, violino

Gionata Costa, violoncello

Valentino Bianchi, sax

Stefano Ricci, contrabbasso
featuring:

Alessio Velliscig, voce

Gianluca Nanni, batteria e percussioni.

Biglietteria e prevendita: Ticket.it https://www.ticket.it/dettaglio.php?id=634
Elenco biglietterie:   MJF Biglietterie
http://www.moncalierijazz.com/biglietteria/

Posto unico numerato € 15 + diritto di prevendita
www.moncalierijazz.com

I Sette Nani di Biancaneve

Spettacolo inaugurale di Un Barrito da Piccoli 2019/2020
Sabato 16 novembre alla Casa del Quartiere Barrito ci saranno I Sette Nani di Biancaneve, spettacolo teatrale della compagnia Stregatocacolor.

Lo spettacolo, rivolto ad un pubblico di bambini, inaugurerà il ciclo di incontri Un Barrito da Piccoli 2019/2020. Ad ospitarlo dalle ore 16:30 sarà la sala del ristorante, in via Tepice 23. Seguirà animazione per i piccoli. L’entrata è gratuita, l’uscita a cappello…
I Sette Nani di Biancaneve, così diversi uno dall’altro, così unici, irripetibili, con tutti i loro pregi e difetti, aiuteranno i nostri bambini a capire un concetto importante: che ognuno di noi è diverso da tutti gli altri. Proprio per questa differenza però è anche unico, irripetibile e importante. Grazie a una Biancaneve inedita, a una Regina, a uno Specchio e a un Principe Azzurro come non li abbiamo mai visti, saremo tutti invitati a scambiarci le nostre differenze.

Per informazioni chiamate o scrivete alla Casa del Quartiere Barrito
Telefono: 366.591.30.91
E-mail: casadelquartiere@barrito.to.it