CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 572

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Elif Shafak “I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo”

-Rizzoli-   euro   19,00

Inizia con un colpo al cuore questo magnifico romanzo della scrittrice turca 47enne Elif Shafak.   Gli ultimi istanti di vita del titolo sono quelli di Leila Tequila: prostituta dal cuore d’oro, forte e coraggiosa, ma reietta dal mondo. Uccisa e gettata in un cassonetto dei rifiuti. La vita la sta abbandonando ma le resta il tempo per andare indietro e rivivere momenti significativi della sua esistenza. L’incipit è geniale, lo spirito di Leila non vuole lasciare il mondo e la sua anima vaga ripescando nel passato: si rivede neonata, accolta con delusione dal padre che dopo ripetuti aborti della moglie desiderava un figlio maschio. Poi rivive stralci dell’infanzia solitaria, gli abusi sessuali di cui è stata vittima in famiglia ed altri passi successivi della sua difficile vita. Nei minuti che ancora la tengono legata alla Terra, Leila mette a fuoco sapori, odori, atmosfere. Ci regala personaggi, situazioni, rapporti umani e disumani, che la Shafak descrive afferrando il lettore e immergendolo nella vita della protagonista. Tante pennellate per un affresco in cui ci sono i tanti contrasti della Turchia, la Istanbul affascinante ma anche spietata. Con i suoi bordelli e la complicità meravigliosa tra donne disperate che annaspano per vivere, ma sanno perfettamente cosa sono solidarietà e amicizia, al punto da sfidare la legge per dare giusta sepoltura a Leila. Già perché come ultimo affronto, il suo cadavere verrà sepolto nel Cimitero degli Abbandonati, dove neanche una lapide ricorda i nomi di chi giace sotto sbrigative palate di terra. Pagine bellissime sul senso della vita e sulle storie dimenticate, scritte con la profondità di questa autrice che non teme di alzare la voce. Tant’è che nel 2006 è stata processata per il suo romanzo “La bastarda di Istanbul” in cui aveva fatto riferimento al genocidio degli armeni, tutt’oggi un tabù in Turchia.

 

Tatiana De Rosnay “Sentinella della pioggia”   -La nave di Teseo- euro 19,00

In una Parigi apocalittica, battuta dall’ incessante pioggia e quasi sommersa dall’acqua, ha luogo la riunione familiare dei Malegarde che festeggiano due ricorrenze. Il padre, Paul, esperto di alberi – per i quali nutre “un amore furibondo”- sta per compiere 70 anni e in più ricorrono i 50 anni del suo matrimonio con Lauren , 61enne senza trucco e “mozzafiato” che fa ancora voltare il capo agli uomini. Per l’occasione è in programma un week end insieme ai figli Linden e Tilia: nomi scelti dal padre in onore del suo albero preferito, il tiglio, (in inglese, Linden). Lui è un giovane fotografo di successo gay che per anni non era riuscito a fare coming out; lei ha una tragedia alle spalle e arriva da Londra dove vive con la figlia e il secondo marito. Mentre la Senna minaccia di straripare, anche sui Malegarde sta per abbattersi una bufera tutta privata, in cui tornano a galla incomprensioni, rancori, dolori e lacune affettive mai colmate. Una famiglia in cui le distanze sono state a tratti abissali. Paul ha dedicato la sua vita alla tenuta di famiglia e a salvare gli alberi ed è rimasto “un mistero per il suo unico figlio maschio”. Lauren forse è stata una madre distante e con qualche segreto. Linden ha faticato ad accettare la sua omosessualità; incompreso dai genitori, a 16 anni aveva scelto di andare a vivere con la zia Candice. Durante la cena che li riunisce accadrà qualcosa di grave e di lì in poi ecco il susseguirsi di rivelazioni, rimpianti, bugie e meccanismi che si annidano nelle   pieghe di una famiglia. Tutto raccontato con la magistrale bravura di Tatianne De Rosnay, di cui avevamo amato il bestseller internazionale “La chiave di Sara” da cui l’omonimo film (nel 2010) con Kristin Scott Thomas.

 

 

David Sedaris “Calypso”   -Mondadori-   euro 18.00

Sedaris è uno scrittore umoristico americano (di origine greca) trapiantato nella campagna inglese e, più che saggi o romanzi, regala ai lettori pagine della sua vita con contorno brillante di note satiriche, riflessioni varie e narrazioni esilaranti, dal retrogusto spesso dolceamaro.

Vive tra New York, Londra e Parigi; ma di fatto conduce una vita da nomade toccando più latitudini del globo per le sue tournè di letture, inframezzate da scorribande di shopping compulsivo e dalla sua ossessione per la raccolta dei rifiuti (è stato anche netturbino volontario). In “Calypso” distilla pagine su una nutrita schiera di argomenti. Tanto per cominciare c’è il suo rapporto con il compagno Hugh: ed è curioso che Sedaris si sia battuto per il matrimonio gay, ma poi non si sia mai sposato, perché interessato, più che altro, alla conquista della libertà di farlo. Sullo sfondo c’è la casa al mare, a Emerald Isle, sulla costa del North Carolina. L’autore l’ha comprata un po’ in onore dei soggiorni della sua infanzia (gli sono rimasti nel cuore); un po’ per riunirvi periodicamente fratelli e sorelle (Sedaris è il 2° di ben 6 figli). Il racconto di quelle reunion è intriso di note esilaranti, ma anche di incursioni in argomenti e dinamiche familiari che non sempre scivolano con facilità. Humor e annotazioni profonde delineano argomenti di spessore come il complesso rapporto con il padre, l’alcolismo della madre Sharon e soprattutto il suicidio della sorella Tiffany, che ha segnato profondamente l’animo dello scrittore. Su tutto aleggia il pregnante senso della mortalità dell’uomo e la maestria nell’affondare la penna fino al nocciolo duro dell’animo umano.

 

 

Due nuovi appuntamenti con “Vitamine Jazz”

Torna   al Sant’Anna  la rassegna “Vitamine Jazz” arrivata alla sua terza stagione, organizzata per la “Fondazione Medicina a Misura di Donna” e curata da Raimondo Cesa. I concerti avranno inizio dalle ore 10.00 nella sala Terzo Paradiso in via Ventimiglia 3 aperta al pubblico, dedicata alle pazienti e ai loro cari.

Martedì 3 dicembre “Brasil com Silvio & Paul ”
Silvio Del Mastro Calvetti chitarra e voce – Paul Zogno basso
La chitarra e la voce di Silvio Del Mastro Calvetti, il basso di Paul Zogno per percorrere un viaggio ideale nel Brasile con tutta la sensualità della Bossa Nova e la vitalità del Samba dagli anni 60 fino ad oggi con tutti i grandi autori : Jobim, Chico Buarque, Caetano Veloso, Gilberto Gil, Ivan Lins, Joao Bosco, Djavan

Giovedì 5 dicembre sarà la volta del gruppo “SisterAct”
Roberta Bacciolo – voce
Elena Bacciolo – voce
Beppe Rosso – chitarra
Simone Barbiero – contrabbasso

Un concerto in cui le protagoniste sono le donne, donne del passato e del presente con il loro modo di vivere l’amore, la gioia e la sofferenza, la solidarietà tra amiche e sorelle.
Questo filo conduttore unisce i brani di un repertorio che spazia dal jazz di Ella Fitzgerald al soul di Aretha Franklin, dalle ragazze raccontate dai Beatles alle icone di stile e bellezza del cinema americano, come Marilyn Monroe e Audrey Hepburn.
Roberta ed Elena Bacciolo, dopo 30 anni di musica in varie formazioni, danno vita ad un nuovo progetto, accompagnate da Beppe Rosso alla chitarra e Simone Barbiero al contrabbasso.

I giudizi discutibili della giuria guidata da Cristina Comencini

I premi del 37° TFF

 

Una macchina che precipita da una scogliera. A bordo c’è la moglie di un poliziotto, che tempo dopo è ancora alla ricerca degli strumenti per elaborare il lutto e che continua ossessivamente a ristrutturare la casa di famiglia. È la vicenda di A white, white day, opera seconda del regista islandese Hlynur Pàlmason che la giuria presieduta da Cristina Comencini – con Fabienne Fabe Francia), Bruce McDonald (Canada), Eran Riklis (Israele) e Teona Strugar Mitevska (Macedonia), lodata autrice di Dio esiste e il suo nome è Petrunya – ha decretato miglior film del 37° TFF (premio di Euro 18.000). Un forte ritratto umano, l’analisi profonda della rabbia e del dolore, non disgiunti dal dubbio che lentamente avvolge l’uomo sull’infedeltà della scomparsa.

Poi arrivano gli altri premi: e allora sono altri dubbi – di giochi, di mosse a tavolino, di voglia di non scontentare nessuno, pur muovendosi tra le acque instabili, poco sicure, decisamente impoverite rispetto agli anni passati, che hanno quotidianamente attraversato questa edizione – ad occupare anche la scrittura di chi prende a sommare queste ultime note. Il Premio Fondazione Sandretto Re Rebaudengo va al tunisino Rêve de Noura della regista Hinde Bouyemaa, altra opera seconda, la fotografia di una donna che già non ci aveva convinto appieno per quella debolezza ad approfondire oltre la quotidianità e le sensazioni del momento il dramma femminile diviso tra un marito che esce dal carcere, ma non ha certo il desiderio di cambiare abitudini, ed un nuovo amore che non si rivelerà all’altezza.

Le migliori attrici sono le due interpreti del russo Dylda, i migliori attori sono la coppia Battiston/Fresi di Il grande passo, opera seconda di Antonio Padovan: e allora sorge spontanea la domanda perché mettere sullo stesso piano i due corpulenti e somiglianti nostri attori? perché non voler (o poter?) accorgersi quanto Battiston reciti assai più di testa, quanto poco gli basti, un brusco movimento, un silenzio di poco prolungato, un gioco più o meno percettibile degli occhi, per costruire lo spessore del suo Mario, folle ed emarginato. Fresi recita più di pancia, mette in primo piano la sua corporatura e giustamente ironizza (il regista l’aiuta con le inquadrature), è bravo e cattura lo spettatore ma forse è ancora alla ricerca di una precisa definizione, di una solida dimestichezza con i suoi personaggi, di uno studio che vada tecnicamente alle radici. Pollice decisamente verso, senza se e senza ma, per la miglior sceneggiatura a Wet season di Anthony Chen (Singapore), brutto esempio di banalità e di luoghi comuni per nulla intimamente sfaccettati che annegano la storiella tra l’insegnante di cinese e il suo allievo. Fortunatamente, ci ha pensato la Scuola Holden ad assegnare un premio per la miglior sceneggiatura a El hoyo: “Un film che onora il genere fantastico. Sorprendente e tagliente, sociale, abissale, piramidale, alimentare e verticale. Un’idea di spazio sviluppata senza un attimo di tregua”. Tanto per rimettere le cose un po’ al loro posto. All’americano, regista Paul Shoulberg, Ms. White Light soltanto il premio del pubblico: e questo ancora la dice lunga su certi giudizi.

Sono rimasti fuori titoli di cui avevamo detto nei giorni scorsi, sensibili, maturi, pronti a catturare l’attenzione e  il cervello, che non davano la sensazione di girare a vuoto, che affrontavano problemi e tematiche del nostro (povero) vivere quotidiano a volte con una stupenda sicurezza: non erano tanti i titoli in mezzo a cui andare a scavare, forse era necessario guardare con occhio più attento. O forse stiamo facendo un discorso di semplici preferenze. Anche questo è il succo di un festival. Legarci a questo o quel titolo. Assolutamente da cancellare, questo sì, anche dalla memoria, quelli più che sbiaditi passati sullo schermo in questi giorni di proiezione: e, lo diciamo ancora una volta, quest’anno non erano pochi, circa una metà dell’intero pacchetto del concorso.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, nell’ordine, scene da “A white, white day”, “”Il grande passo” e “Wet season”

Rock Jazz e dintorni. Gli Stranglers e Manuel Agnelli

Gli appuntamenti musicali della settimana 

Lunedì. Al Teatro Concordia di Venaria suonano gli Stranglers.

Martedì. Al Jazz Club si esibiscono i cantautori Margaux e Liede. Al Blah Blah è di scena il trio Datcha Mandala.

Mercoledì. All’OffTopic si esibisce Cortellino. Al Jazz Club suona il quintetto del violinista Baiju Bhatt. Al Blah Blah è di scena il duo ìì.

Giovedì. All’OffTopic si esibisce Roberto Casalino. Al Jazz Club suona un quartetto capitanato dalla vocalist Sylvia Howard. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Clavdio. Al Cafè Neruda si esibisce Tatè Nsongan.

Venerdì. Al Teatro Colosseo per 2 sere consecutive, suona la cover band Pink Floyd Legend. All’Hiroshima è di scena il vocalist Venerus. Al Supermarket anteprima di “Jazz: Re:Found” con il rapper Murubutu. Al Blah Blah suona il chitarrista svedese Thomas Silver. Al Magazzino sul Po si esibisce Nularse. All’OffTopic è di scena il gruppo “prog” Winstons. Allo Ziggy prima serata di “Ground Control Fest” con Jena , Space Paranoids e Good Advice. Allo Spazio 211 suonano i Fuh.

Sabato. Al Circolo della Musica di Rivoli è di scena Edda.Al Palco 19 di Asti arriva Manuel Agnelli. Al Teatro Concordia di Venaria si esibisce il Sunshine Gospel Choir.Al Jazz Club suona il trio del batterista Marco Betti. Al Blah Blah sono di scena i Pretty Face. Conclusione del “Ground Control Fest!” allo Ziggy con : Supasonic Fuzz, S.O.A.B, Fat Greasy Beast. Allo Spazio 211 si esibiscono i Bicurious mentre all’Astoria sono di scena gli Hate Moss.

Domenica. Al Pala Alpitour arrivano i Modà.

Pier Luigi Fuggetta

Il Fai per Crea

Il Sacro Monte di Crea, inserito dall’Unesco nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità insieme ai Sacri Monti di Piemonte e Lombardia ha necessità di un continuo interesse verso le sue cappelle. Nel 2018 con 17.883 voti è diventato un luogo salvato dal nono censimento nazionale del Fai, secondo in Piemonte, grazie anche all’appoggio dell’associazione Ri-creare Crea. Venerdì all’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato, il capo delegazione del Fai di Casale, Dionigi Roggero – presenti Gian Paolo Bardazza e Serena Monina Cerutti di Ri-Creare Crea e il rettore del Santuario monsignor Francesco Mancinelli – ha illustrato l’intervento sostenuto da Fai ed Intesa San Paolo, con un contributo di 14mila euro, che si concentra sulla Cappella del Paradiso, la più importante del complesso, dedicata all’Incoronazione di Maria e, nello specifico, riguarda il recupero del tetto e l’installazione di apparati fissi per le successive manutenzioni, pare di un restauro complessivo, che riguarda anche l’importante apparato scultoreo interno, il cui primo lotto è già terminato. Il Sacro Monte di Crea venne ideato dal priore Costantino Massino di Vercelli nel 1589 su uno dei colli più elevati del Monferrato, prima occupato da un antico castello. Una corona di 23 cappelle, culminanti in quella dedicata all’Incoronazione di Maria, detta del Paradiso, rende il luogo uno straordinario punto panoramico sulle colline circostanti e sulla catena alpina. Punto di partenza e cuore della ‘Via Sacra’ immersa nel bosco è il santuario dedicato a Santa Maria Assunta, meta di pellegrinaggi devozionali sin dal Medioevo, ma risalente, secondo la tradizione, a Sant’Eusebio, il vescovo di Vercelli che nel IV Secolo avrebbe portato ad Oropa, Cagliari e Crea le tre statue della Madonna col Bambino ancora oggi venerate.

Chi volesse partecipare al restauro delle Cappelle del Sacro Monte di Crea può contribuire versando a

Banca di Asti

Filiale 084 – Casale Monferrato

c/c Associazione per il restauro delle Cappelle del Sacro Monte di Crea

IBAN: IT96 D 060 8522 6000 0000 0025270

Massimo Iaretti

 

Tutti astronauti: destinazione Spazio alla “Promotrice” di Torino

“Space Adventure”

Fino al 22 marzo 2020

Oltre mille biglietti staccati al botteghino nella prima giornata torinese di sabato 22 novembre scorso. Giornata, per di più, di forte maltempo. Una partenza che lascia ben sperare, quasi inaspettata per gli stessi organizzatori e alla luce per altro dei 4milioni di visitatori registrati nelle precedenti tappe di Copenaghen, Tel Aviv, Johannesburg, Varsavia e Bucarest. Atterrata a Torino (città già meritevolmente impegnata nell’industria dell’aerospazio), grazie alla concreta organizzazione di “Extramuseum Divulgazione Scientifica” e dell’“Associazione Radar”, “Space Advenure” è una produzione dell’“US Space & Rocket Center”, il museo della NASA di Huntsville-Alabama e, sotto la Mole, resterà fino al 22 marzo del prossimo anno, negli spazi della “Promotrice delle Belle Arti” al Valentino. Mostra piacevolmente interattiva e coinvolgente, rivolta all’intera famiglia, ai grandi ma anche (e in modo particolare) ai giovani e ai bambini, la rassegna vuole essere non solo vetrina di “mirabilia” spaziali – raccontate attraverso gli occhi e gli oggetti della NASA o della moscovita Città delle Stelle – ma anche una sorta di “ludica palestra” in cui sperimentare di persona le sensazioni e le emozioni vissute dai cosmonauti nel corso delle loro missioni. Tute e navicelle spaziali, modelli in scala di satelliti e razzi, pietre lunari, il cibo consumato nello spazio, fino alla cuccia della cagnolina Laika che il 3 novembre del 1957 fu imbarcata a bordo del sovietico Sputnik 2 – per non fare più ritorno sulla Terra – e tant’altro ancora: i 1500 metri quadri di percorso espositivo assemblano (sulle orme di astronauti, tecnici e scienziati) un centinaio di cimeli originali, provenienti dalle basi e dai centri di ricerca di tutto il mondo. E’ un viaggio unico ed emozionante che racconta le incredibili conquiste dell’uomo nelle esplorazioni spaziali, toccando in concreto (fatto salvo un breve accenno all’immaginifico e letterario sogno di Jules Verne, con il suo “De la Terre à la Lune” del 1865) gli anni di feroce rivalità nella corsa allo spazio, in tempi di conclamata “guerra fredda”, fra l’Unione Sovietica – cui si deve il lancio in orbita del primo satellite artificiale, lo Sputnik, e la missione di Jurij Gagarin, primo uomo a volare nello spazio, portando a termine la propria missione nell’aprile del 1961 a bordo della Vostok 1 – e gli Stati Uniti, che il 20 luglio del 1969, con il programma Apollo 11, arrivarono allo sbarco dei primi uomini sulla Luna. E il viaggio continua fino al “cessate le armi” e alla fattiva collaborazione fra le due superpotenze che nel luglio del 1975 porta la capsula sovietica Soyuz ad agganciarsi in orbita a una navicella americana del programma Apollo, “in un abbraccio di grande potenza simbolica”. Che porta alla creazione di quella Stazione Spaziale Internazionale (ISS) – per la quale proprio la torinese “Thales Alenia” collaborò nella progettazione e costruzione del veicolo spaziale Cygnus destinato al trasporto cargo – in cui il visitatore s’imbatte all’ingresso dell’esposizione e che rappresenta forse uno dei più alti gradi di complessità e di integrazione tecnologica e scientifica mai raggiunta, coinvolgendo molte nazioni, Italia compresa. Di qui hanno scattato le loro fotografie i nostri Samantha Cristoforetti, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea, e (Astro)Luca Parmitano, primo italiano ad effettuare un’attività extraveicolare (EVA) nel luglio del 2013, con ben sei ore e sette minuti di passeggiata spaziale. Fra oggetti autentici e fedeli riproduzioni, si arriva ancora alla scoperta della plancia comandi dello Shuttle, adibito dagli States a missioni in orbita intorno alla terra, allo Sputnik, ai lanciatori della NASA, fino all’enorme veicolo spaziale Orion, la grande “novità” del prossimo futuro, che sarà utilizzata nell’esplorazione umana degli asteroidi e degli spazi cislunari, in vista di un futuro sbarco su Marte. Di sicura attrazione, infine, lo Space Camp: centinaia di metriquadri di pura interattività dove, grazie ai simulatori, i visitatori potranno sperimentare le sensazioni che provano gli astronauti durante l’addestramento, dalla microgravità alla perdita dell’orientamento spaziale. Guidati dai Pilot si potrà provare l’emozione di guidare uno Shuttle, sperimentare l’assenza di gravità fluttuando nello spazio o simulare la rotazione Multi-Axis a bordo di una navicella spaziale. Con 1/6 Gravity si potrà ancora scoprire l’emozione di camminare sulla Luna o partecipare all’addestramento dei piloti con l’F18 Simulator Pilot.

Gianni Milani

“Space Adventure”

Promotrice delle Belle Arti, v.le Balsamo Crivelli 11, Torino; tel. 011/6692545

Fino al 22 marzo 2020

Orari: ven. 14/19; sab., dom. e festivi 10/19; dal 21 dicembre al 6 gennaio, tutti i giorni 10/19. Possibilità di visite guidate.

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Nelle foto

– “Space Adventure”
– “Shuttle cockpit”
– “Soviet space suit”
– Immagini dello “Space Camp”

Rachlin, Anderszewski e Dudamel le “stelle” di dicembre

Note di Classica

Mercoledì 4 alle 21 al Conservatorio per la stagione dell’Unione Musicale, il Trio di Parma eseguirà il primo concerto dei Trii di Beethoven e Kagel. Giovedì 5 alle 20.30 e venerdì 6 alle 20, all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Tomàs Netopil e con Alena Baeva al violino, eseguirà musiche di Mozart, Strauss e Schumann. Martedì 10 alle 20 al Teatro Regio, debutto di “Carmen” di Bizet. Opera comique in quattro atti. L’Orchestra e il Coro del Teatro sarà diretta da Giacomo Sagripanti. Repliche fino a domenica 22. Sempre martedi 10 alle 20.30, all’Auditorium del Lingotto, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Gustavo Dudamel, eseguirà musiche di Rossini, Schubert, Brahms. Mercoledì 11 alle 21 al conservatorio, per l’Unione Musicale, il pianista Piotr Anderszewski, eseguirà musiche di Bach, Schumann, Beethoven.

Giovedì 12 alle 20.30 e venerdì 12 alle 20, all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da March Albrecht e con Julian Rachlin al violino, eseguirà musiche di Prokofev e Berlioz. Domenica 15 alle 16.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, i King’Singers presenteranno un programma dal titolo “A Spotless RoSe” con musiche di Praetorius, Palestrina, Berlioz, Poulenc, Chilcott, Howells, Warlock, Cajkovskij.  A seguire “The Christmas Stocking- Regali di Natale” . Selezione di canti natalizi, sorprese e improvvisazioni. Sabato 21 dicembre alle 20.30 all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da James Conlon, presenta il “Concerto di Natale “. Verrà eseguito “Lo Schiaccianoci” op. 71 di Cajkovskij.  Domenica 29 alle 20.30 Al Teatro Regio, Roberto Bolle And Friends. Repliche Lunedì 30 e martedì 31.

Pier Luigi Fuggetta

Leonardo e i suoi saperi

PERCORSO FILATELICO SULLA VITA E LE OPERE DEL GRANDE GENIO
A CURA DI FABRIZIO FABRINI

Esposta la più grande e ricca collezione di francobolli internazionali dedicati al grande genio a cura del
collezionista 
I festeggiamenti del 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci vedono la città di Torino impegnata, come d’altra parte tutta l’Italia, in una serie di eventi dedicati al grande genio italico.
La Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino in sinergia con la Fondazione Luigi Firpo Centro Studi sul
Pensiero Politico e con l’Università degli Studi di Torino ha proposto una mostra dedicata a Leonardo e i
suoi saperi, con una selezione di oltre trenta opere alla scoperta di un Leonardo che, per mezzo delle più
disparate letture, andava costruendo il proprio sapere per riversarlo, rivisitato dal proprio ingegno, negli
scritti e nelle opere d’arte che ancora oggi noi tutti ammiriamo in estatica e sorpresa contemplazione.
Leonardo Da Vinci temeva di essere definito dai suoi contemporanei “Omo sanza lettere”, per il fatto di
non conoscere il latino; probabilmente per tale motivo, e per ampliare le proprie conoscenze nei vari
campi del sapere, iniziò ad avvicinarsi ai libri fino a formare nel tempo una vera e propria biblioteca privata, con opere importanti tra cui quelle di Dante, Petrarca e Boccaccio.
In questo contesto letterario, si inserisce il Percorso filatelico tra Storia e Arte, arricchito dalla presenza
importante di Dante, di Petrarca e di Boccaccio – le tre corone di un’epoca che ha prodotto grandi capolavori della letteratura italiana – e di Sant’Agostino – tra i massimi pensatori cristiani del primo millennio –
eccellenze che non potevano mancare nella formazione culturale di Leonardo e rappresentate semanticamente all’interno di preziosi francobolli che hanno reso immortali nel tempo questi illustri personaggi.
Durante l’inaugurazione del 29 novembre sarà possibile acquistare l’inedito folder filatelico con apposito speciale annullo postale appositamente ideati da Poste Italiane in collaborazione con la Biblioteca
Nazionale Universitaria di Torino .

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Sarà attiva una postazione di Poste Italiane
per l’inedito folder filatelico dedicato alla mostra
Auditorium Vivaldi – Piazza Carlo Alberto 5
La mostra sarà aperta fino al 29 febbraio 2020
Lun-gio 10-18 – Ven-Sab 10-13
www.abnut.it/leonardo_e_i_suoi_saperi
bu-to.eventi@beniculturali.it

Le “Notti del mistero” di Demarchi

Il tema del notturno costituisce il fil rouge della nuova personale dell’artista torinese, che si inaugura giovedì 5 dicembre prossimo

“Notti del mistero”. Questo il titolo della nuova personale dell’artista torinese Roberto Demarchi, in programma giovedì 5 dicembre prossimo dalle 18.30, ospitata nei suoi spazi espositivi in corso Rosselli 11, a Torino. Sono otto i nuovi dipinti ed altrettante le opere di piccole dimensioni realizzate a partire dal 1999, tutte espressioni variegate del modo di penetrare nel mistero della fede e dell’esistenza attraverso il fil rouge che lega l’esposizione, il tema del notturno. La notte, il tempo in cui sparisce la luce, può trasformarsi da tempo dell’occultamento a tempo dello svelamento. Una luce diversa da quella fisica consente, infatti,  di penetrare verità che la luce razionale del giorno impedisce di comprendere.

Il tema della notte ha, da sempre, affascinato gli artisti di tutti i tempi, da Piero della Francesca a Paolo Uccello, da Sebastiano del Piombo al Caravaggio, cui Roberto Demarchi ha recentemente dedicato un libro relativo ad uno studio su di un particolare dei dipinto della “Vocazione di San Matteo” contenuto a Roma, nella chiesa di San Luigi dei Francesi, nella cappella Contarelli.

 

Mara Martellotta

Da Argentina e Spagna due titoli interessanti, tra minimalismo e crudeltà

Tra gli ultimi appuntamenti del concorso TFF

 

Si fa in fretta a dire minimalista, oggi, sullo schermo. Ma è necessario saperlo usare senza cadere nelle ampie giravolte del nulla. Certi giovani registi, saggiati durante il 37° TFF, credono che riempirne i loro titoli sia fotografare la vita in ogni suo attimo, fare zeppe le giornate delle cose che ci accompagnano dall’alzarci dal letto al riaddormentarci, costruire con verità immediata le azioni più o meno importanti, le speranze, le infelicità.

Ci vuole sempre un bilancino a portata di mano e dei piccoli pesi che aiutino a non superare quei limiti che in un attimo invadono i terreni della noia, delle falsità, dell’esercizio privato e stupido. Tutto accade veloce, bisogna fare attenzione: la maturità, per un giovane regista, e la garanzia ad essere in grado di lasciarsi alle spalle le opere prime e seconde, dipende anche da questo. Prendete i primi dieci minuti o pochissimo più di Fin de siglo dell’argentino Lucio Castro, girato a Barcellona. Ocho, poeta venuto da New York, si sveglia, apre il frigo per una birra, si lava, dà un’occhiata ad un sito d’incontri, si masturba, scende in strada, entra in un negozio ad acquistare un po’ di frutta, si mescola alla gente, fa un salto in spiaggia per una nuotata, adocchia chi gli sta intorno, rientra, s’affaccia al balcone. Poi la storia, a due, con l’ingresso in scena di Javi inizia: ma hai tempo per comprendere quanto quella solitudine, quel “vivere dentro” e quel “guardare fuori” siano reali e pronti a scivolare all’interno dei rapporti dei due ragazzi. Che si amano furiosamente, che si raccontano, davanti al panorama della città catalana, tra una bottiglia di vino ed un pezzo di formaggio, che riscoprono di essersi già incontrati vent’anni prima, Javi allora compagno di un’amica di Ocho. Si raccontano che le loro vite hanno preso strade diverse, che la voglia di paternità dell’uno ha occupato le giornate dell’altro, immaginano convivenze; la storia si suddivide in spazi temporali, in epoche che si fondono l’una dentro l’altra, accuratamente costruite, vivacizzate, precise, i due attori sullo schermo (Juan Barberini e Ramon Pujol) le riempiono con il loro chiacchierare, con la passione e con l’abbandono, ogni cosa soppesata da Castro con piena maturità.

Forte, brutale, rivoltante a tratti, ma uno dei titoli più “affascinanti” del festival, El hoyo di Galder Gaztelu-Urrutia (Spagna) divide e conquista, certo non lascia indifferenti, ha una forza al suo interno di messaggi e di crudeltà come se ne vedono poche volte. Forse rallenta e s’affatica nella parte finale, ma non rinuncia mai a stuzzicare, a smuovere, a spingere idee nello spettatore. Che cosa è “la fossa”? In un luogo irreale, senza tempo, una prigione verticale, oltre trecento piani si verrà a scoprire, in uno di questi un mattino un uomo, Goreng, si ritrova, con una copia del Don Chisciotte di Cervantes ed un vecchio vicino di letto. Differenti piani, due prigionieri ognuno, regole ferree cui nessuno può trasgredire, un scendere una volta al giorno per una piattaforma che porta il cibo, abbondante e pronto a sparire, più si è sopra e più ci si abbuffa, mentre più si scende più restano le briciole, quanto gli altri più fortunati hanno già rovistato, masticato, abbandonato. Il comando è sopravvivere, ogni mese i detenuti vengono spostati di piano, inconsapevoli di dove si verranno a trovare, più in alto, più in basso. Nessuno vuole accettare quelle leggi, men che meno Goreng, pronto a lottare affinché ognuno, nei vari piani, possa avere una eguale e giusta dose di cibo. È il gioco della follia quello che nasce, dell’incontrollato, grottescamente, il gioco della violenza, ma anche il gioco dell’aiuto e della solidarietà, in primo piano la necessità del cibo e la riluttanza a cedere, in questo “calapranzi” che mette a fuoco l’umanità. Brutale ma solido, il titolo non dovrebbe sfuggire alle scelte della giuria della Comencini.

Si può al contrario passare sotto silenzio Pink wall diretto da Tom Cullen (il maggiordomo aggiustatutto di Downton Abbey, chi l’avrebbe mai pensato!), sei anni nella vita di Jenna e Leon, sei momenti della loro relazione raccontati in maniera non cronologica, gli amori, le feste con gli amici, il loro incontro, il variopinto sesso senza freni, le cene, i locali alla moda, i primi dissapori, le gite in montagna. Sono attimi nella vita di una coppia, frammenti buttati su un tavolo con la volontà di lasciarli lì sparpagliati, nessun ordine: e allora il disordine, fatto del vuoto delle chiacchiere che il titolo argentino era bravo ad evitare, dando un segno e uno spessore, l’ossatura di una intera vicenda, qui in un alternarsi di dolori vissuti e gioie autentiche, lo ammettiamo, che tuttavia non approdano a nulla.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, scene tratte da “Fin de siglo”, “El hoyo” e “Pink wall”