CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 568

La rassegna dei libri del mese

Anno nuovo e nuovo ciclo di rassegne mensili  sui libri che maggiormente hanno interessato i lettori del gruppo fb Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Pif “…che Dio perdona a tutti: è questo il titolo del romanzo più commentato dal nostro gruppo nel mese di gennaio; al secondo posto l’inossidabile Donato Carrisi con il suo Il gioco del suggeritore , romanzo di recente uscita che sembra aver colpito di nuovo nel segno, visto l’entusiasmo che ha suscitato; sull’onda dei dibattiti per il recente Giorno della Memoria il terzo post è per il saggio di Liliana Segre e Enrico Mentana, La memoria rende liberi.

Obiettivo: ristampa. Ci sono titoli che mancano dagli scaffali delle librerie ormai da anni e altri che ci sono approdati in netto ritardo rispetto alle uscite nei paesi d’origine; altri ancora stanno scivolando nell’oblio per la decisione degli editori di non ristamparli. Vi proponiamo una piccola selezione di libri che hanno  avuto questo destino. Una banda di idioti, surreale e divertente romanzo di John Kennedy Toole, è da anni un libro di culto negli Stati Uniti ma noi abbiamo dovuto aspettare il XXI secolo per poterlo vedere ristampato in italiano, quando la prima edizione era ormai introvabile; E vissero felici, capolavoro di Henry Green e considerato dalla critica uno dei più importanti titoli del secolo XX per quanto riguarda la letteratura inglese, è ancora in attesa di una ristampa e chi avesse voglia di leggerlo deve armarsi di pazienza e prenotarlo nelle poche biblioteche che lo possiedono; la stessa sorte, purtroppo, potrebbe toccare a L’uomo nero e la bicicletta blu, di Eraldo Baldini, autore che in molti chiamano lo Stephen King italiano: il titolo è uscito dal catalogo dell’editore e non sembra verrà ristampato. L’interesse dei lettori per i titoli meno noti può far cambiare le cose!

Ai lettori curiosi questo mese consigliamo: per chi ama i classici Un amore, di Dino Buzzati, La metà di niente, di Katherine Dunne, per chi ama la narrativa sentimentale e per chi ha voglia di qualche brivido, anche dato dalla nostalgia, Armageddon rag, di George R.R. Martin.

Un interessante e infuocato dibattito sull’utilità di conservare, in questa nostra era digitale, le vecchie enciclopedie degli anni 80, spesso acquistate a rate, ha animato il gruppo: strumenti superati e quindi eliminabili senza rimpianti o retaggio indispensabile di sapere, da conservare anche se obsolete? Se volete dire la vostra partecipate alle nostre discussioni sul gruppo Facebook Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri!

Podio del mese:  …che Dio perdona a tutti, Pif (Feltrinelli) – Il gioco del suggeritore, Carrisi (Longanesi)  – La memoria rende liberi, Segre Mentana (Rizzoli)

Focus on: libri a rischio di estinzione Una banda di idioti, Kennedy Toole (Marcos y Marcos) – E vissero felici, H. Green (Longanesi) – L’uomo nero e la bicicletta blu, E. Baldini (Einaudi)

Per lettori curiosi: Un amore, Buzzati (Mondadori) – La metà di niente, K. Dunne (Guanda) – Armageddon rag, Martin (Mondadori)

Buone letture!

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Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it 

Tutto esaurito per Ute Lemper

Biglietti esauriti e sala gremita ieri sera al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino per “Songs for Eternity”, il concerto – evento che ha visto protagonista la cantante tedesca Ute Lemper, sensibile interprete delle canzoni nate nei ghetti e nei campi di concentramento da musicisti ebrei deportati.

L’evento è stato organizzato dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte e dal Polo del ‘900, con il sostegno della Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT, in collaborazione con il Goethe-Institut Turin e con il patrocinio della Città di Torino e della Comunità Ebraica di Torino“Quest’anno in occasione della Giornata della Memoria il Comitato ha scelto lo strumento della musica per sensibilizzare soprattutto i giovani, per fare scoprire loro una musica speciale, canti che pur nati in luoghi di tragedia e orrore, come i campi di concentramento, portano con sé la speranza di di salvezza di chi li ha composti, speranza di tornare alla vita in un’Europa finalmente liberata dal nazifascismo”, ha dichiarato Nino Boeti, presidente del Consiglio regionale e del Comitato Resistenza e Costituzione. “Stasera compiamo un viaggio, doloroso e difficile, ma necessario, rievochiamo con le note la tragedia di tanti deportati, per non dimenticare”, ha commentato durante il concerto Ute Lemper. Sul palco la versatile artista è stata accompagnata da quattro straordinari musicisti: Vana Gierig pianoforte, Daniel Hoffman violino, Gilad Harel clarinetto, Romain Lecuyer contrabbasso. Il suggestivo percorso ha evocato in musica tante microstorie, fra dolore e speranza, paura e coraggio, attraverso una varietà di generi musicali, dal tango al klezmer alle sonorità jazzistiche. Stasera 1° febbraio replica dello spettacolo al teatro Toselli di Cuneo, alle 21 (via Teatro Giovanni Toselli, 9). Il concerto, ad ingresso gratuito, è organizzato dall’Anpi di Cuneo, con il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, della Città di Cuneo, della Fondazione CRC, dell’Associazione partigiana Ignazio Vian e il patrocinio dell’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo.

www.cr.piemonte.it

La pazzia è donna

C’erano una volta i matti
Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce.
Non tutte le storie vengono raccontate, anche se così non dovrebbe essere. Ci sono vicende che fanno paura agli autori stessi, che sono talmente brutte da non distinguersi dagli incubi notturni, eppure sono storie che vanno narrate, perché i protagonisti meritano di essere ricordati. I personaggi che popolano queste strane vicende sono “matti”,” matti veri”, c’è chi ha paura della guerra nucleare, chi si crede un Dio elettrico, chi impazzisce dalla troppa tristezza e chi, invece, perde il senno per un improvviso amore. Sono marionette grottesche di cartapesta che recitano in un piccolo teatrino chiuso al mondo, vivono bizzarre avventure rinchiusi nei manicomi che impediscono loro di osservare come la vita intanto vada avanti, lasciandoli spaventosamente indietro. I matti sono le nostre paure terrene, i nostri peccati capitali, i nostri peggiori difetti, li incolpiamo delle nostre sciagure e ci rifugiamo nel loro eccessivo gridare a squarciagola, per non sentirci in colpa, per non averli capiti e nemmeno ascoltati. (ac)
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4. La pazzia è donna
Quando venne internata, Ida aveva quarantatré anni, pesava cento chili e appariva “esaltata, gaia, logorroica”. Il medico scrisse nella diagnosi che la donna soffriva di “psicosi periodica”, (esaltazione maniaca), così Ida venne in seguito trasferita a Collegno, e lì rimase fino a quando morì di cancro il 1 ottobre 1922. Attraverso la lettura della sua cartella clinica sappiamo che la fanciulla aveva smesso di studiare dopo le classi elementari, quando iniziò a recitare. Giovanissima si innamorò follemente di un ragazzo, Emilio, che sposò e con cui ebbe quattro figli. I due erano soliti tirare di scherma insieme, e insieme facevano lunghissime passeggiate sulle rive del Po, fino a quando Emilio divenne alcolista e talvolta violento; lo stato del compagno influì sulla donna, che iniziò a bere a sua volta e ad avere atteggiamenti pericolosi per sé e per gli altri. La felicità abbandonò i due innamorati attraverso le tristi parole del medico di famiglia che propose il ricovero come unica soluzione. Emilio, che faceva lo scrittore, inviò una lettera all’editore, a cui domandò credito per coprire le spese per assistere la compagna, in cambio gli avrebbe mandato cento cartelle al più presto. Bemporad, l’editore, tre giorni dopo inviò la somma di denaro richiesta, ma la risposta non fu sufficientemente celere: Emilio si tolse la vita il 25 aprile 1911, tagliandosi il ventre con un rasoio sulle colline torinesi, sopraffatto dalla vita che con lui era stata troppo crudele. Emilio Salgari, questo il nome completo dell’infelice, si suicidò sguainando la propria arma affilata così come il Conte di Ventimiglia era solito sfoderare la spada; egli amò fino alla morte la sua sposa, Aida Peruzzi, che lo contraccambiò fino alla pazzia. La storia di Ida è solo una fra le innumerevoli vicende femminili che trovarono la fine tra le vuote stanze dei manicomi.  Quello di via Giulio divenne il “Manicomio Femminile di Città”, quando gli uomini furono spostati a Collegno, a metà dell’Ottocento. Non solo, era la minaccia più temuta e ricorrente per le figlie capricciose e svogliate, rimproverate e minacciate al grido di “Finirai in via Giulio!”.  Le pazienti erano nascoste agli occhi del mondo da alte mura e altrettanto imponenti pini sempreverdi, vivevano una realtà parallela, immobile come la loro condizione, mentre il mondo vero le sfiorava con i suoni lontani dei clacson, i rombi delle automobili, il rintocco delle campane e il vocio del quartiere. Le donne di via Giulio origliavano la vita che sfuggiva loro, ferme, sotto l’ombra dei grandi pini, sempre uguali, come loro. Le pazienti più tranquille erano occupate come lavandaie o come sarte per piccoli lavori di taglio e cucito che servivano alla produzione di coperte, uniformi, grembiuli, camici, tovaglie, o fodere; quelle più agitate, invece, erano costrette a letto, legate con fettucce e cinghie. Molte indossavano delle camicie di forza, quelle stesse che Edmondo De Amicis aveva visto presso il manicomio di Collegno e che gli erano sembrate delle vesti infantili ed ingenue, ma quando il celebre scrittore chiese all’inserviente che tipo di abiti fossero, la risposta lo raggelò: “è la camicia di forza, in riposo per adesso”. Le donne di via Giulio erano casalinghe, contadine, operaie, prostitute, disoccupate, vedove, domestiche, o venditrici ambulanti, erano povere per la maggior parte, poiché le ragazze di buona famiglia venivano inserite all’interno di cliniche private e in genere seriamente curate dagli stessi medici che poco si adoperavano per le pazienti meno abbienti e più sfortunate. Alcune donne riuscivano a uscire, ma fuori le aspettava una vita ancora più difficile, se possibile: l’onta del manicomio era ancora peggiore rispetto a quella del carcere e spesso chi veniva rilasciato non poteva ricominciare. Nei primi del Novecento molte delle ricoverate in via Giulio trovavano lavoro come sartine. Fino alla Seconda Guerra Mondiale, a Torino si era sviluppata un’intensa attività di sartoria, seconda solo a Parigi. Il bisogno di manodopera aumentava in primavera e in autunno, e le ragazze che venivano stagionalmente reclutate erano le stesse che poi venivano rimandate indietro quando non c’era più bisogno di loro; talvolta accadeva che non venissero più contattate, esse precipitavano così in una profonda depressione, che le conduceva dritte, dritte a cucire nelle stanze di via Giulio.
Le donne degenti erano giovani, vecchie, inquiete, taciturne, c’era chi rideva sempre e chi era incline alle lacrime, ma tutte insieme erano state in grado di dare vita ad una sorta di comunità composita, con un ordine preciso e delle regole da rispettare. La vita all’interno delle mura scorreva lenta, scandita dalla ripetizione degli stessi gesti, iniziava con la sveglia alle sette, continuava con il pranzo alle undici e trenta e finiva temporaneamente con la cena alle sei e trenta, per poi riprendere identica il giorno successivo. Tra le forzate ospiti c’era Margherita, sarta e contadina, entrata in manicomio all’età di vent’anni, poiché aveva iniziato a sostenere che tutta la famiglia le faceva dei dispetti; Rosa, a ventidue anni era stata ingannata da una mezzana e poi ingravidata da un farmacista, venne internata mentre stava cercando di abortire in ogni modo; Teresa, si era sposata con un uomo che amava fare baldoria, perse la ragione quando iniziò a ribellarsi al consorte; c’era anche la figlia di uno scialacquatore e di un’isterica, che si sposò a diciassette anni, partorì due volte ed ebbe un aborto, nessuno sa perché iniziò a stare male e la ricoverarono in manicomio. Queste erano le degenti di via Giulio, malate più di sfortuna e solitudine, che di qualche malattia specifica. Ancorate a quella struttura che perlomeno permetteva loro un briciolo di compagnia, c’è chi dice che in realtà non riescano tutt’oggi ad andarsene.  Il manicomio di via Giulio chiuse nel 1973, venne utilizzato nel 1979 dal Movimento delle Donne di Torino come luogo in cui riunirsi, a partire dagli anni ’80 diventò sede dell’Anagrafe centrale di Torino.  Ed è qui che la storia si fa davvero spettrale, infatti alcuni impiegati raccontano di strane presenze, porte che si chiudono da sole, un senso diffuso di inquietudine e auree di freddo che aleggiano a caso per i corridoi. Venne chiamato a verificare la situazione Gianni Cerruti, il quale, con alcuni dipendenti e appositi strumenti per rilevare onde elettromagnetiche, ispezionò la struttura con attenzione, i risultati che ottenne confermarono le testimonianze dei dipendenti: le anime buone e innocue delle pazienti erano ancora lì. Immobili e immutate, come i pini sempreverdi.
Alessia Cagnotto
 

John Turturro firma il Rigoletto verdiano

In scena il dramma della maledizione morale

 

Un regista d’eccezione, John Turturro, ed un’interprete altrettanto noto, Carlos Alvarez, per il Rigoletto, che sarà in scena al teatro Regio di Torino dal 9 febbraio prossimo. Intenso dramma di passione, tradimento, amore filiale e vendetta, il Rigoletto, opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal dramma di Victor Hugo “Le Roi s’amuse”, fa parte della cosiddetta trilogia popolare verdiana insieme al Trovatore (1853) e alla Traviata. La prima dell’opera ebbe luogo con successo l’11 marzo 1851, al teatro La Fenice di Venezia. Fin dall’inizio dell’opera la figura di Rigoletto è posta in una posizione di antipatia, ma risulta capace di esprimere, con le sue paure e le sue confessioni, l’abisso nel quale versa la sua anima ed il suo interiore tormento. È un personaggio capace di passare dall’ira iniziale, simboleggiata dall’aria ” Cortigiani vil razza dannata”, alla commozione rappresentata da “Ebben il piango”, fino ad umiliarsi di fronte a tutta la corte. Questa concentrazione dei suoi atteggiamenti, che vanno dal più agitato all’implorazione che rasenta il lirismo, ingigantiscono la sua figura. Le categorie vocali del Rigoletto non sono tipiche dell’opera romantica in voga nel periodo. Qui manca la figura protagonista dell’eroe, tipicamente tenorile, perseguitato dal destino o dall’ingiustizia, con i suoi amori frustrati ed in lotta per i suoi ideali politico-religiosi. Il tenore di Rigoletto non rappresenta, infatti, alcun ideale, ma incarna una voce leggera, quasi filosettecentesca. I sentimenti puri, gli ideali, le passioni più accattivanti passano al soprano, Gilda che, secondo le parole del critico Massimo Mila, risulta la “sola esponente d’una naturale e giusta condizione umana, in mezzo a personaggi forsennati che bramano, odiano, tradiscono e maledicono”. Qui troviamo il rapporto tra tenore e baritono, anche se quest’ultimo non pare trovare nel primo un rivale vero e proprio, ma risulta piuttosto suo succube e consigliere. La regia di John Tunturro si affida alle ambientazioni cupe ed austere immaginate da Francesco Frigerio. La linea che delimita gli edifici è quasi sempre inclinata, quasi a voler raccontare una realtà instabile e precaria, in quanto minata da una sempre più diffusa corruzione morale che coinvolge tutti i personaggi dell’azione, ad eccezione di Gilda. Il regista italo-americano escogita alcune trovate, quali la gestualità meccanica imposta nel primo atto al coro o il roteare vorticoso delle figure incappucciate, mentre infuria la tempesta del terzo atto. Nella scena finale l’apertura del sacco non rivela il corpo di Gilda, ma un drappo rosso, colore che è molto simbolico, metafora della ferita mortale che le è stata inferta. La figlia di Rigoletto appare incedere a sinistra, quasi come un fantasma, in ossequio ad un vero e proprio processo di trasfigurazione.

 

Mara Martellotta

“Progetto Cantoregi”. Una nuova casa all’ex Soms di Racconigi

Nel centro storico di Racconigi, sarà il Salone Sociale appartenuto alla “Società Operaia di Mutuo Soccorso” (Soms), ora ristrutturato dal Comune, che ne è attuale proprietario, la nuova casa del “Progetto Cantoregi”, la compagnia teatrale carignanese fondata nel lontano 1977 dal regista e autore Vincenzo Gamna con l’intento di creare un teatro popolare capace di coinvolgere a tutto tondo l’intera comunità. Lo storico edificio di via Carlo Costa, di cui “Cantoregi” s’è aggiudicata la locazione a fine dicembre dell’anno appena trascorso, e che soprattutto negli anni Settanta ed Ottanta veniva utilizzato come sala di proiezioni cinematografiche o come spazio per le feste di comunità e per eventi creativi, tornerà a nuova vita come nuovo polo culturale cittadino, con un ideale passaggio di testimone, avendo da sempre “Progetto Cantoregi” – così come le Società Operaie di Mutuo Soccorso – al centro dei propri valori, l’impegno sociale, la solidarietà e gli interessi più ampi della collettività. Innumerevoli e già messe in conto, le attività ipotizzate per i nuovi spazi associativi.  A partire dall’ideazione di un nuovo festival culturale, pensato dal presidente dell’Associazione Marco Pautasso: dal titolo “Cunei-Forme”, vuole essere un festival diffuso sul territorio cuneese che, partendo proprio dalla nuova sede, unirà nel nome della cultura e della condivisione, più Comuni del territorio, ospitando spettacoli, concerti, mostre e incontri letterari. “Affinché i nuovi spazi possano esprimere al meglio tutto il loro potenziale spiega Pautasso– occorreranno pochi ma mirati interventi correttivi sulla struttura, al fine di renderla fruibile e utilizzabile per più finalità e quindi davvero polivalente nel senso più pieno e autentico del termine. Confidiamo possa divenire in poco tempo uno spazio di comunità, un luogo che s’incarichi di essere generatore di prossimità nel contesto socio-territoriale di riferimento, e quindi non solo per tutti i cittadini e le cittadine racconigesi, ma anche per gli abitanti dei comuni vicini. Vorremmo poterlo trasformare in una sorta di permanente laboratorio di idee, uno spazio partecipato e multiculturale a vocazione pubblica, multifunzionale e aperto a tutti. Per intendersi, una via di mezzo tra le felici esperienze delle Case del Quartiere di Torino e le Social Street di Bologna, perseguendo obiettivi concreti: l’inclusione sociale e il ritorno ad un senso di comunità, recuperando e reinterpretando il ruolo che le Soms assunsero originariamente. Un luogo dunque di connessione sociale, che risponda a un crescente e diffuso bisogno di socialità, che venga percepito anche come presidio umano e si faccia motore di aggregazione giovanile spontanea, obiettivo tutt’altro che scontato nell’era dei rapporti virtuali. Ma che nello stesso tempo non dimentichi la fascia più anziana della popolazione e provi ad opporsi a quella crescente precarietà data dagli elementi tipici della società individualizzata, che la rendono sempre più esposta al rischio di votarsi ad una condizione di solitudine e isolamento sociale”. “Progetto Cantoregi” trae la propria denominazione da un progetto, commissionato dai Savoia nel XVIII secolo, per la costruzione di un teatro nella città di Carignano, ideato dall’architetto Pietro Maria Cantoregi, che però non venne mai realizzato. Assumendo il nome dell’architetto nato a Varese e scomparso a Torino (non si conoscono anni di nascita e di morte), la Compagnia ha inteso affermare la propria vocazione progettuale, volta ad una teatralità popolare, vagante, senza fissa dimora, come in una perenne bohème di ricerca. Le sue proposte espressive si ispirano in particolare alla storia contadina e degli eroi del quotidiano. Dal 2001 al 2017 ha organizzato il festival La Fabbrica delle Idee a Racconigi.

g.m.

Info: tel. 335/8482321 – 338/3157459 – www.progettocantoregi.itinfo@progettocantoregi.it – Fb Progetto Cantoregi – Tw@cantoregi

Nelle foto
– Interni ex Soms, Racconigi
– Esterni ex Soms, Racconigi
– Marco Pautasso

 

 

 

Prorogata al 4 febbraio l’iscrizione al Premio InediTO

Grazie al montepremi (aumentato a 7.000 euro senza incidere sulla quota d’iscrizione), i vincitori delle sezioni Poesia, Narrativa-Romanzo, Narrativa-Racconto e Saggistica ricevono un contributo destinato alla pubblicazione e/o alla promozione con editori qualificati, mentre i vincitori delle sezioni Testo Teatrale, Cinematografico e Canzone un contributo per la messa in scena, la produzione, la diffusione radiofonica e sul web, partecipando a rassegne, festival, fiere

È stata prorogata al 4 febbraio l’iscrizione al Premio InediTO – Colline di Torino che compie 18 anni, diventa maggiorenne e raggiunge la maturità! Il concorso letterario organizzato dall’associazione culturale Il Camaleonte di Chieri (TO), nato nel 2002, punto di riferimento in Italia tra quelli dedicati alle opere inedite, ha l’obiettivo di premiare autori affermati e nuovi talenti, di ogni età e nazionalità, ed è l’unico nel suo genere a rivolgersi a tutte le forme di scrittura (poesia, narrativa, saggistica, teatro, cinema e musica), in lingua italiana e a tema libero. Grazie al montepremi (aumentato a 7.000 euro senza incidere sulla quota d’iscrizione), i vincitori delle sezioni Poesia, Narrativa-Romanzo, Narrativa-Racconto e Saggistica ricevono un contributo destinato alla pubblicazione e/o alla promozione con editori qualificati, mentre i vincitori delle sezioni Testo Teatrale, Cinematografico e Canzone un contributo per la messa in scena, la produzione, la diffusione radiofonica e sul web, partecipando a rassegne, festival, fiere. Inoltre, verranno assegnate menzioni agli autori promettenti e i premi speciali “InediTO Young” in collaborazione con Aurora Penne, “Borgate Dal Vivo”, e tra i nuovi quelli intitolati ad “Alexander Langer” e a “Giovanni Arpino” in collaborazione con la Città di Torino, nonché il premio “InediTO RitrovaTO” con la Città di Alba che sarà conferito a un’opera inedita di uno scrittore non vivente. Il concorso talent scout diretto dal cantante e scrittore Valerio Vigliaturo, che accompagna gli autori nel mondo dell’editoria e dello spettacolo (come testimoniato dai vincitori lanciati in queste edizioni), la cui partecipazione è gratuita per minori, detenuti e diversamente abili, ha coinvolto migliaia di iscritti da tutta Italia e dall’estero (Usa, Europa, Australia, Asia), a conferma anche della dimensione internazionale acquisita. Il prestigio è caratterizzato dalla qualità delle opere premiate, dal riscontro dei media e dalle personalità che hanno formato il Comitato d’Onore e che hanno ricoperto il ruolo di presidenti e di giurati (tra i quali Paola Mastrocola, Umberto Piersanti, Luca Bianchini, Andrea Bajani, Aurelio Picca, Davide Ferrario e Morgan). Da questa edizione la super giuria sarà presieduta dalla scrittrice Margherita Oggero e formata da: Maurizio CucchiPaolo LagazziDavide RondoniDario Salvatori, Cristiano Godano (Marlene Kuntz), Paolo Di PaoloMelania GiglioAndrea ZirioEnrico RemmertGaia Rayneri, Vito CioceLinda MesserklingerLeonardo CaffoTindaro Granata nonché dai vincitori della passata edizione. A maggio al Salone del Libro di Torino si terrà per la prima volta solo la presentazione dei finalisti e successivamente a giugno la premiazione con il coinvolgimento di ospiti illustri (tra i quali hanno partecipato alle scorse edizioni Giorgio Conte, Franco Branciaroli, Eugenio Finardi, David Riondino, Francesco Baccini, Alessandro Haber, Laura Curino, Gipo Farassino, Arturo Brachetti, David Riondino, Red Ronnie e Lella Costa. Mentre, in collaborazione con il Salone OFF, sono stati ospitati a Chieri gli scrittori Marc Augé, Andrea Vitali e Giuseppe Catozzella).  Il premio è inserito da diverse edizioni nella manifestazione Il Maggio dei libri promossa dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e ottiene il contributo della Regione Piemonte, del Consiglio regionale del Piemonte e delle città di Chieri e Moncalieri, il patrocinio della Città di Torino, il patrocinio della Città Metropolitana di Torino e della città di Chivasso, Alba (CN) e da questa edizione di Rivoli, il sostegno della Fondazione CRT e di Legacoop Piemonte, la sponsorizzazione di Aurora Penne. I partner sono il Premio Lunezia, il Festival di Poesia “Parole Spalancate”di Genova, il M.E.I.(Meeting delle Etichette Indipendenti) di Faenza, il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna, Film Commission Torino Piemonte, il Festival di Letteratura “I luoghi delle parole” di Chivasso (TO), il Festival “Borgate dal Vivo”, l’agenzia L’Altoparlante, l’agenzia letteraria Edelweiss, nonché da questa edizione la piattaforma digitale eLegacy, l’associazione teatrale Tedacà e l’UJCE (Unione Giornalisti e Comunicatori Europei). Media partner sono «Leggere:tutti», «Torino Magazine», «Corriere di Chieri», «News Spettacolo», «Radio GRP» e «Radio U.G.I.» (Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambini, cui sarà devoluto parte del ricavato delle iscrizioni). 

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Per info sul bando www.premioinedito.it

Prorogata al 4 febbraio l'iscrizione al Premio InediTO

Grazie al montepremi (aumentato a 7.000 euro senza incidere sulla quota d’iscrizione), i vincitori delle sezioni Poesia, Narrativa-Romanzo, Narrativa-Racconto e Saggistica ricevono un contributo destinato alla pubblicazione e/o alla promozione con editori qualificati, mentre i vincitori delle sezioni Testo Teatrale, Cinematografico e Canzone un contributo per la messa in scena, la produzione, la diffusione radiofonica e sul web, partecipando a rassegne, festival, fiere

È stata prorogata al 4 febbraio l’iscrizione al Premio InediTO – Colline di Torino che compie 18 anni, diventa maggiorenne e raggiunge la maturità! Il concorso letterario organizzato dall’associazione culturale Il Camaleonte di Chieri (TO), nato nel 2002, punto di riferimento in Italia tra quelli dedicati alle opere inedite, ha l’obiettivo di premiare autori affermati e nuovi talenti, di ogni età e nazionalità, ed è l’unico nel suo genere a rivolgersi a tutte le forme di scrittura (poesia, narrativa, saggistica, teatro, cinema e musica), in lingua italiana e a tema libero. Grazie al montepremi (aumentato a 7.000 euro senza incidere sulla quota d’iscrizione), i vincitori delle sezioni Poesia, Narrativa-Romanzo, Narrativa-Racconto e Saggistica ricevono un contributo destinato alla pubblicazione e/o alla promozione con editori qualificati, mentre i vincitori delle sezioni Testo Teatrale, Cinematografico e Canzone un contributo per la messa in scena, la produzione, la diffusione radiofonica e sul web, partecipando a rassegne, festival, fiere. Inoltre, verranno assegnate menzioni agli autori promettenti e i premi speciali “InediTO Young” in collaborazione con Aurora Penne, “Borgate Dal Vivo”, e tra i nuovi quelli intitolati ad “Alexander Langer” e a “Giovanni Arpino” in collaborazione con la Città di Torino, nonché il premio “InediTO RitrovaTO” con la Città di Alba che sarà conferito a un’opera inedita di uno scrittore non vivente. Il concorso talent scout diretto dal cantante e scrittore Valerio Vigliaturo, che accompagna gli autori nel mondo dell’editoria e dello spettacolo (come testimoniato dai vincitori lanciati in queste edizioni), la cui partecipazione è gratuita per minori, detenuti e diversamente abili, ha coinvolto migliaia di iscritti da tutta Italia e dall’estero (Usa, Europa, Australia, Asia), a conferma anche della dimensione internazionale acquisita. Il prestigio è caratterizzato dalla qualità delle opere premiate, dal riscontro dei media e dalle personalità che hanno formato il Comitato d’Onore e che hanno ricoperto il ruolo di presidenti e di giurati (tra i quali Paola Mastrocola, Umberto Piersanti, Luca Bianchini, Andrea Bajani, Aurelio Picca, Davide Ferrario e Morgan). Da questa edizione la super giuria sarà presieduta dalla scrittrice Margherita Oggero e formata da: Maurizio CucchiPaolo LagazziDavide RondoniDario Salvatori, Cristiano Godano (Marlene Kuntz), Paolo Di PaoloMelania GiglioAndrea ZirioEnrico RemmertGaia Rayneri, Vito CioceLinda MesserklingerLeonardo CaffoTindaro Granata nonché dai vincitori della passata edizione. A maggio al Salone del Libro di Torino si terrà per la prima volta solo la presentazione dei finalisti e successivamente a giugno la premiazione con il coinvolgimento di ospiti illustri (tra i quali hanno partecipato alle scorse edizioni Giorgio Conte, Franco Branciaroli, Eugenio Finardi, David Riondino, Francesco Baccini, Alessandro Haber, Laura Curino, Gipo Farassino, Arturo Brachetti, David Riondino, Red Ronnie e Lella Costa. Mentre, in collaborazione con il Salone OFF, sono stati ospitati a Chieri gli scrittori Marc Augé, Andrea Vitali e Giuseppe Catozzella).  Il premio è inserito da diverse edizioni nella manifestazione Il Maggio dei libri promossa dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e ottiene il contributo della Regione Piemonte, del Consiglio regionale del Piemonte e delle città di Chieri e Moncalieri, il patrocinio della Città di Torino, il patrocinio della Città Metropolitana di Torino e della città di Chivasso, Alba (CN) e da questa edizione di Rivoli, il sostegno della Fondazione CRT e di Legacoop Piemonte, la sponsorizzazione di Aurora Penne. I partner sono il Premio Lunezia, il Festival di Poesia “Parole Spalancate”di Genova, il M.E.I.(Meeting delle Etichette Indipendenti) di Faenza, il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna, Film Commission Torino Piemonte, il Festival di Letteratura “I luoghi delle parole” di Chivasso (TO), il Festival “Borgate dal Vivo”, l’agenzia L’Altoparlante, l’agenzia letteraria Edelweiss, nonché da questa edizione la piattaforma digitale eLegacy, l’associazione teatrale Tedacà e l’UJCE (Unione Giornalisti e Comunicatori Europei). Media partner sono «Leggere:tutti», «Torino Magazine», «Corriere di Chieri», «News Spettacolo», «Radio GRP» e «Radio U.G.I.» (Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambini, cui sarà devoluto parte del ricavato delle iscrizioni). 

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Per info sul bando www.premioinedito.it

Omaggio a Gonin. Enrico e Francesco, artisti piemontesi dell’Ottocento

Esposte a Torino anche due copie della “Quarantana” del Manzoni, illustrata da Francesco Gonin

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Fino al primo febbraio

Pittore ed incisore, fra le figure di maggior spicco dell’Ottocento artistico piemontese, Francesco Gonin (Torino, 1808 – Giaveno, 1889) raggiunse la notorietà a livello nazionale, e non solo, accettando l’invito di Alessandro Manzoni (intermediario il genero dello scrittore milanese, Massimo D’Azeglio) di illustrare l’edizione definitiva dei suoi “Promessi Sposi”, la cosiddetta “Quarantana”, ripulita sotto l’aspetto linguistico – dopo che i panni erano stati “sciacquati in Arno”– e   pubblicata a dispense dal 1840 al 1842. Di quell’edizione del primo esempio in assoluto di romanzo “storico” della letteratura italiana, impreziosita e arricchita di illustrazioni a firma del torinese Gonin (che, in certo senso, sottrasse il lavoro a Francesco Hayez cui Manzoni pare avesse inizialmente pensato di affidare   l’incarico), due copie originali sono esposte nella mostra a lui dedicata, insieme al fratello Enrico, anch’egli abile litografo e sensibile cultore del paesaggio romantico, negli spazi della “Galleria Spagnuolo” di Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale del Piemonte, che promuove la rassegna. “Renzo e Lucia, don Abbondio e la monaca di Monza, don Rodrigo e Perpetua, gli umili personaggi narrati dal Manzoni hanno un volto grazie a Gonin”, sottolinea a ragione Arabella

Cifani, curatrice con Franco Monetti della mostra; sono volti, figure e paesaggi (quelli del territorio lecchese, del lago e dell’alto Lario) diventati realmente indelebili nell’immaginario di un esercito infinito di lettori, icone senza tempo – e non solo letterarie – cristallizzate nella raggiera di spadine in argento fissate a fermare i capelli di Lucia, non meno che negli ampi colletti e nelle maniche a sbuffo alla moda spagnola del tempo, o nei larghi cappelli di feltro con piume di struzzo di don Rodrigo e nelle verdi reticelle che raccoglievano le chiome dei “Bravi” con i baffi arricciati e il ciuffo all’ingiù sulla fronte, per meglio nascondere il viso truffaldino. Ancora oggi è questo per noi il mondo di Lucia Mondella e Renzo Tramaglino; un mondo narrato da Gonin attraverso illustrazioni di rigorosa e realistica precisione di segno, che a Giaveno (buen retiro del pittore nei suoi ultimi

anni) sono diventati “dipinti murali” realizzati sulle case del borgo vecchio e documentati in mostra a Palazzo Lascaris attraverso pannelli e filmati ideati dall’Associazione Pics – Proprietari immobili del centro storico di Giaveno. Fra dipinti, acquerelli e disegni inediti dei fratelli Gonin, va in primis segnalato per la struggente delicatezza dell’immagine e della vicenda umana il “Ritratto di Erminia Provana del Sabbione con il figlio Luigi Casimiro” eseguito da Francesco Gonin nel 1846, un anno dopo la morte (a soli 24 anni) della nobildonna sposata al Conte di Giletta e Caselette Carlo Alberto Cays e di cui in mostra è anche esposta una treccia di capelli biondi tenuti da fiocchi di seta azzurra e riposta in una teca di cuoio che in copertina riporta un’immagine ad acquarello della giovane Erminia. Accanto, altri ritratti di membri della nobiltà piemontese (di intensa interpretazione pittorica quello del 1851 dedicato al “Conte Giuseppe Provana di Collegno” che fra il 1822 e il 1831 indossò più volte la fascia di sindaco della Città di Torino) e due grandi tele commissionate sempre nel 1851 a Francesco Gonin dal Duca di Genova e rappresentanti, in un’epica armonia di corpi armi e cavalli lanciati al galoppo, la “Battaglia di Torino” del 1706 contro gli eserciti ispano-francesi e il più pacato e sacrale “Te Deum in Duomo dopo la battaglia” e la vittoria, cui seguì per voto del Duca Amedeo II la costruzione della Basilica di Superga. In rassegna, anche documenti e filmati sugli affreschi pressoché sconosciuti ideati da Francesco per l’Eremo di Belmonte di Busca (Cuneo), mentre fra i prestiti eccellenti è di grande impatto emozionale la tela del 1844 che immortala fra suggestive trame di luce e ombra “L’eroica morte del carabiniere a cavallo Giovanni Battista Scapaccino – 1834”, proveniente dal Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri di Roma. Ad arricchire e a completare il percorso espositivo (pur se un po’ defilate), sono infine le incisioni raffiguranti “I castelli del Piemonte” realizzate dal maggiore dei fratelli Gonin, Enrico (Torino, 1799 – Torino, 1870), apprezzato vedutista, e acquerellate in dodici esemplari (di proprietà del Consiglio Regionale) dalla pittrice di Bene Vagienna Adriana Costamagna. Nota importante: la mostra ha dato anche modo di approfondire gli studi sugli affreschi realizzati da Francesco Gonin all’interno del Palazzo della Prefettura, in piazza Castello a Torino; affreschi che sabato 19 gennaio prossimo saranno eccezionalmente visibili al pubblico.

Gianni Milani

“Omaggio a Gonin. Enrico e Francesco, artisti piemontesi dell’Ottocento”

Palazzo Lascaris – Galleria Spagnuolo, via Alfieri 15, Torino; tel. 011/57571 o www.cr.piemonte.it

Fino al primo febbraio

Orari: dal lun. al ven. 9/17

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Foto
– Francesco Gonin: “Lucia Mondella” (da: eccolecco.it)
– Francesco Gonin: “Renzo Tramaglino” (da: eccolecco.it)
– Francesco Gonin: “Ritratto di Erminia Provana del Sabbione con il figlio Luigi Casimiro”, olio su tela, 1846
– Francesco Gonin: “Ritratto del Conte Giuseppe Provana di Collegno”, olio su tela, 1851
– L’inaugurazione della mostra con il presidente del Consiglio Regionale, Nino Boeti
Le  foto relative ai disegni di Lucia e Renzo sono tratte da: eccolecco.it

Ricami di carta. Un’antica arte cinese

31 gennaio – 17 marzo 2019
MAO – Museo d’Arte Orientale – via San Domenico 11, Torino –Mercoledì 30 gennaio 2019, alle 18.00
INAUGURAZIONE
Con la conferenza del prof. Tian Zhaoyuan, East China Normal University
La simbologia del Capodanno Cinese nelle opere di carta intagliata. Ingresso libero fino esaurimento posti disponibili
In occasione del Chunjie, la Festa di Primavera meglio nota in Occidente come Capodanno Cinese, il MAO Museo d’Arte Orientale inaugura mercoledì 30 gennaio la mostra RICAMI DI CARTA curata dall’ Istituto Confucio dell’Università di Torino in collaborazione con East China Normal University di Shanghai. Si saluterà il nuovo anno, l’Anno del Maiale, con l’esposizione delle “carte”, elementi essenziali della tradizione decorativa che accompagna questa festa, che racchiudono un numero infinito di implicazioni e di funzioni beneauguranti e apotropaiche. La Mostra aiuterà a scoprirne i significati. Questi manufatti dall’aspetto apparentemente ingenuo e naïf testimoniano una pratica artigianale antichissima, talvolta di straordinaria raffinatezza, tanto che il 20 maggio 2006 è stata inclusa tra le forme di arte popolare diventate patrimonio immateriale dell’umanità. Al MAO saranno esposti i lavori di due figure significative della attuale tradizione delle carte ritagliate, le “maestre di intaglio su carta” Xi Xiaoqin e Chu Chunzhi. I visitatori saranno accompagnati in un percorso ideale tra le regioni diverse della Cina, che posseggono tecniche e stili dell’intaglio della carta assai differenti tra di loro, come bene evidenziano anche i lavori di Xi Xiaoqin – proveniente da Shanghai – in contrapposizione con quelli di Chu Chunzhi, che opera invece nelle fredde regioni del nord-est, a Shenyang. Sarà quindi possibile apprezzare da vicino una tradizione assai più stratificata e complessa di quanto in apparenza potrebbe sembrare. La testimonianza più antica di un lavoro di questo tipo è stata rinvenuta a Turfan, nell’attuale provincia del Xinjiang e data al periodo delle cosiddette Dinastie del Nord e del Sud (IV – VI secolo). Probabilmente però già nel periodo dei Regni Combattenti, intorno al IV sec. a.C., questa forma d’arte popolare era praticata dagli artigiani che, non essendo ancora stata inventata la carta, facevano uso delle foglie degli alberi. Le due artiste saranno presenti a Torino con il prof. Tian Zhaoyuan, che ha curato l’organizzazione del progetto per la East China Normal University, insieme alla dott. Hu Ying e alla direttrice di parte cinese dell’Istituto Confucio di Torino, Liu Yunqiu. La cura scientifica e l’apparato didattico della Mostra sono invece affidate a Stefania Stafutti, professore di Lingua e Letteratura Cinese dell’Università di Torino e direttore di parte italiana dell’Istituto Confucio dell’Ateneo. Sabato 2 febbraio alle ore 11 l’Istituto Confucio dell’Università di Torino organizza presso il MAO un laboratorio sull’arte delle carte ritagliate cinesi. Nel corso del Workshop RICAMI DI CARTA le artiste Chu Chunzhi e Xi Xiaoqin, i cui lavori sono esposti al MAO, illustreranno peculiarità e modalità di realizzazione di questi manufatti. Guidati dalle esperte maestre, i partecipanti avranno la possibilità di cimentarsi nella creazione della propria opera di carta intagliata.

“Troppo amore ti ucciderà”

Friedrich Schiller diceva: Conosce l’amore solo chi ama senza speranza”

“Troppo amore ti ucciderà

Se non riuscirai a deciderti

Diviso tra l’amante

e l’amore che lasci indietro

Vai incontro ad un disastro

Perché non hai mai capito i segni

Troppo amore ti ucciderà – ogni volta”

Stiamo parlando di un capolavoro della musica mondiale di una canzone che venne scritta da Brian May, Frank Musker ed Elisabeth Lamers tra il gennaio 1988 e il febbraio 1989 durante le session di registrazione per il tredicesimo album dei Queen The Miracle, ma non fu inserita nella tracklist finale del progetto in quanto, nella versione demo allora registrata, ritenuta poco convincente rispetto alle tracce effettivamente incluse nel disco. Il brano fu cantato da Brian (accompagnato solo dalle tastiere suonate dallo stesso May e da Spike Edney) durante il Freddie Mercury Tribute Concert, registrato allo stadio di Wembley il 20 aprile 1992 e inciso, in versione studio, dallo stesso chitarrista nel suo primo album da solista Back to the Light, dello stesso anno. La versione di May, se confrontata con quella successivamente pubblicata dai Queen, è in chiave acustica. Ma veniamo al testo…qui si parla di annullarsi per qualcuno, di amare al di là di ogni più recondita e folle aspettativa. Qui si grida una richiesta di aiuto a comprendere dove ci si è persi, (ammesso ci si sia persi) dove ci si possa essere sbagliati nell’amare cosi spregiudicatamente. Pare, dal testo, la mano e il cuore di Freddy ma non è cosi. Brian ci porta in un mondo crudele dove l’inferno del non saper scegliere ci distrugge e lo fa attraverso suoni dolcissimi ed una melodia regale. La ascolterei, fossi in voi, con gli occhi ed il cuore ben aperti ma attenzione, non fatevi ingannare, spesso chi crede di essere all’inferno per non saper cosa scegliere tra due cose ha già scelto la terza ed è in paradiso e nell’inferno ci sta buttando voi senza nemmeno il paracadute . . .(sapete che non posso rinunciare alla mia fetta di realismo/cinismo n.d.r.). Vi lascio con questa chicca: “esistono persone che ogni mattina aprono ed espongono la propria merce per ingannare la gente e a sera la richiudono, dopo aver ingannato per tutto il giorno. Esistono uomini che prosperano in modo eccellente con scaltre menzogne di fronte a sé stessi e al mondo perchè non vivrebbero a lungo in società se non si ingannassero reciprocamente. Quindi magari vi diranno di essere in crisi ma in realtà stanno già troppo bene e non sanno come liquidarvi . . .state accuorti” Vi amo.

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=pZtstAoWLFM

Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!