La scrittrice e curatrice racconta il suo legame con Torino e il Piemonte.
Con Loredana Cella non è stata solo una intervista, ma una piacevole chiacchierata, uno scambio tra donne che amano Torino e si nutrono della sua unicità e della sua bellezza.
Loredana è una donna gentile e garbata, ma anche determinata, eclettica e vulcanica. Scrive, è curatrice di libri di successo, gestisce fortunate rubriche sui social come il Caffè letterario di Lory su Facebook e Insoliti punti di vista – Quello che le donne non dicono ed è ideatrice insieme a Paolo Menconi di format radiofonici come La Clessidra su Caffè Italia Radio, una interessante collana di interviste lampo di 10 minuti che presenta insieme a Dario Albertini.
Il suo spettro di collaborazioni è molto ampio così come è importante la sua dedizione all’ attività di sensibilizzazione e supporto nei confronti di chi convive con la sclerosi multipla. A proposito di questo tema medico scientifico, ma anche sociale Loredana Cella ha curato la creazione del libro “Una vita da sclero” (Graphot/Spoon River), una collezione di storie, raccontate da pazienti affetti da questa grave malattia del sistema nervoso centrale, realizzata in collaborazione con il San Giovanni Bosco e l’Aism di Torino.
La sua è una vita dinamica divisa tra produzione editoriale, creazione di eventi, ma anche impegno sociale a favore di diverse realtà del territorio. È una torinese doc, ma con una apertura culturale ampia. Le parole, scritte e pronunciate, sono la sua passione, così come le storie del territorio, quello a cui è fortemente radicata. Il suo modo di affrontare temi e argomenti è collettivo, condiviso e sinergico come dimostrano i lavori di cui si è occupata.
Loredana come definiresti il tuo rapporto con Torino?
È un bellissimo rapporto. Ho sempre vissuto in centro, nello stesso stabile di Carlo Fruttero che ha influenzato il mio amore per la scrittura; la mia vita è stata caratterizzata dai libri e faccio parte di diversi gruppi di lettura. Il mio sogno è sempre stato quello di poter mettere su carta le storie e le bellezze della mia città. Il primo libro, che ho scritto insieme a Giuliano Vergnasco, è stato “Piazza Statuto e Porta Susa” edito da Graphot e grazie a questa pubblicazione Edizioni della Sera di Roma mi ha proposto di curare la realizzazione di diverse antologie come “Torinesi per sempre”, “Piemontesi per sempre” e “Chiacchierate Torinesi” che vede la città raccontata attraverso i suoi meravigliosi e unici bar. Questo lavoro antologico ha permesso la nascita di nuove amicizie e di osservare la città e la regione con uno sguardo emotivo, appassionato e profondo. Non posso non citare un’altra raccolta che è “Piemonte sulle vie del vino”, pubblicato da Affiori, del Gruppo Giulio Perrone, che racconta di vigneti, dolci colline e borghi che narra la vendemmia e il processo magico che si cela dietro alla produzione del vino.
Ti sei dedicata molto anche alle donne di Torino e alle loro gesta?
Esatto. Grazie alla Neos edizioni è uscito il libro “Le Torinesi Ribelli”, diciannove storie per ricordarle.
Sono dei brevi racconti scritti da diverse autrici e autori dedicate a straordinarie “signore” che hanno segnato periodi e nuove consuetudini per l’emancipazione e la conquista della libertà della donna come Rita Levi Montalcini, Adelaide di Susa, Carol Rama, Isa Bluette, ecc. Ciascuno con il proprio stile e la propria scrittura ha ridato vita a queste eroine che hanno avuto il coraggio di affermare diritti e desideri. L’idea di realizzare questo libro è nata anche dal fatto del mio sentirmi ribelle e dalla mia ammirazione per la fermezza con cui queste donne si sono imposte andando spesso contro convenzioni, ma anche in contrasto con la propria famiglia.
Progetti per il futuro?
Entro fine anno usciranno altri due libri, il primo è un’antologia per la Neos Edizioni dedicata a Torino e al Natale per cui non sarò curatrice, ma autrice e promotrice mentre il secondo sarà pubblicato da Aede Books, di Milano, e prevedrà’ anche una serie di attività nell’ambito della scuola che coinvolgeranno molti lettori. Ad ottobre, inoltre, ripartirà una nuova stagione della Clessidra. Per il 2026 ho in previsione altri interessanti progetti per i quali sto già lavorando.
Maria La Barbera

Di Irma Ciaramella *

La prima tappa, sabato 5 luglio (alle ore 17), ci condurrà all’“Ecomuseo dei Terrazzamenti e della Vite” di Monteoliveto a Cortemilia , con l’inaugurazione dell’installazione “Fairy Ring”di Stefano Caimi, lecchese di Merate, oggi residente a Montevecchia e docente alla “Naba Computer Art – Nuova Accademia di Belle Arti”.L’opera si presenta composta da una serie di “sfere di acciaio” disposte a forma di anello sul terreno, con l’intento di riportare alla memoria e alla luce il cosiddetto “cerchio delle streghe”, secondo antiche leggende popolari il tracciato delle loro danze rituali. In realtà, nulla più della manifestazione del “micelio”, l’apparato vegetativo, sotterraneo e invisibile, del fungo, mezzo principale di assorbimento e distribuzione dei nutrienti. “L’installazione intende rimarcare – secondo Caimi – la capacità dell’elemento naturale, maestoso o nascosto che sia, di incuriosire e stregare l’essere umano, rompendo le barriere tra razionale e soprannaturale”. E, in questo caso, c’è da dire che il “gioco” appare perfettamente riuscito. Sempre sabato 5 luglio, l’“Oratorio di San Michele” a Serravalle Langhe, dipinto dall’artista britannico David Tremlett nel 2020, si trasformerà, fino a domenica 13 luglio, in uno “studio d’artista” dove sarà possibile vedere all’opera la videoartista Emma Scarafiotti e il musicistaPaolo Dellapiana .

In queste oltre 400 incantevoli pagine ci si ritrova piacevolmente catapultati dentro la vita della Du Maurier; immersi in una biografia dove è tutto vero, da leggere con la stessa scorrevolezza di un accattivante romanzo.
Questo splendido libro pubblicato nel 2013 in lingua inglese e corredato da un ricco apparato fotografico è pieno di informazioni sulla vita e il lavoro di Daphne Du Maurier .
Questa è la ricostruzione accurata della storia di un secolo delle vicende della famiglia Du Maurier che Daphne ripercorre al limite tra cronaca e romanzo, storie e avventure realmente vissute dai suoi antenati trasposte dalla fantasia della scrittrice.
E’ un romanzo che ti afferra alla prima riga e non ti lascia andare neanche dopo l’ultima, perché racchiude magia, misteri, fascino a dismisura e ti resta nei pensieri anche dopo avere finito di leggerlo.
Il dubbio e l’ambiguità serpeggiano lungo le pagine del romanzo e fanno da sfondo a questo sottile noir che la Du Maurier ambientò in Cornovaglia a metà Ottocento.
In queste splendide pagine c’è il cuore del legame tra la Du Maurier e la Cornovaglia, terra che lei amò incondizionatamente e comprese a fondo, riuscendo a raccontarla in modo coinvolgente.
È un momento qualsiasi, è l’esaltazione del quotidiano che cela l’essenza delle cose. Nella poesia citata l’eleganza torinese è presa alla sprovvista, colta in flagrante mentre si tramuta in semplice golosità. Ma Gozzano sfalsa i piani e costringe il lettore a seguirlo nel suo ironizzare continuo, quasi non prendendo mai niente sul serio, ma facendo riflettere sempre sulla verità di ciò che asserisce. Se con “Le golose” Guido si concentra su una specifica situazione, con la poesia “Torino”, dimostra apertamente tutto il suo amore per il luogo in cui è venuto alla luce.
Ma torniamo a Torino, la sua città natale, la amata Torino, che è sempre nei suoi pensieri: “la metà di me stesso in te rimane/ e mi ritrovo ad ogni mio ritorno”. Torino raccoglie tutti i suoi ricordi più mesti, ma è anche l’ambiente concreto ed umano al quale egli sente di appartenere. Accanto alla Torino a lui contemporanea, (“le dritte vie corrusche di rotaie”), appare nei suoi scritti una Torino dei tempi antichi, un po’ polverosa che suscita nel poeta accenti lirici carichi di nostalgia. “Non soffre. Ama quel mondo senza raggio/ di bellezza, ove cosa di trastullo/ è l’Arte. Ama quei modi e quel linguaggio/ e quell’ambiente sconsolato e brullo.” Con tali parole malinconiche Gozzano parla di Torino, e richiama alla memoria “certi salotti/ beoti assai, pettegoli, bigotti” che tuttavia sono cari al per sempre giovane scrittore. “Un po’ vecchiotta, provinciale, fresca/ tuttavia d’un tal garbo parigino”, questa è la Torino di Gozzano, e mentre lui scrive è facile immaginare il Po che scorre, i bei palazzi del Lungo Po che si specchiano nell’acqua in movimento, la Mole che svetta su un cielo che difficilmente è di un azzurro limpido.





