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CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 555

Lo straordinario omaggio alla memoria de “Le voci del silenzio”

ll libro “Le voci del silenzio” mi ha fatto volare sulle ali dei ricordi, dei dolci e dolorosi avvenimenti di una lontana collina degli oleandri che guarda con malinconia il viola del mare di Sibari

I ricordi, le persone, le vite vissute intensamente e poveramente che volano, nelle pagine del libro di Barbara Castellaro, nell’aria come le lucciole e non hanno confini geografici, hanno dentro solamente venti a volte gelidi, a volte dolci che ti sfiorano, ti accarezzano il cuore.

Barbara Castellaro, raccontando la sua sua “spoon river” canavesana, ha scritto un libro splendido che persino i cuori più duri, sono sicuro, leggendolo hanno versato almeno cento, mille lacrime. Mentre lo leggevo, vedevo nella mia mente le ombre sorridenti di tutte le mie, le nostre, persone care che nel corso della mia vita mi hanno lasciato, ci hanno lasciato, e che noi con testardaggine continuiamo a ricordare, ad accarezzare come se fossero ancora con noi, tra di noi, come le farfalle che non muoiono mai, come ha ricordato Barbara nel suo esergo. Mi fermo, per riprendere a voce ed elencare anche tutti i pregi letterari di questo suo splendido  diario – libro che mi ha emozionato e non lo nego, anzi ne vado fiero, in alcune pagine ho bagnato le pagine con lacrime calde di ricordi e di pura emozione, perché ha reso un grande omaggio ai nostri nonni, ai nostri genitori, ai nostri amici che non conoscono spazi geografici, anche perché hanno gli stessi volti, forse anche le stesse vite e che ci hanno regalato lo stesso amore, la stessa dedizione.

Franco Esposito

Achille Perilli, tutte le opere nel catalogo generale

Presentato a Torino, nell’evento promosso dall’economista Paolo Turati.  All’artista romano la Galleria dell’Accademia fino a fine gennaio  dedica una personale

È uscito il catalogo generale dei dipinti e delle sculture dell’artista romano Achille Perilli ( Silvana Editoriale), presentato lo scorso 18 dicembre presso la Galleria Accademia a Torino.

Il volume, curato da Giuseppe Appella, articolato in due poderosi tomi, è frutto di intensi anni di studio e di attività dell’Archivio dedicato all’artista e curato dalla figlia Nadja Perilli, studiosa e storica dell’arte. Quest’attivita’ di studio ha condotto all’analisi ed autentificazione della produzione artistica dal 1945, anno in cui prendeva avvio l’avventura creativa di Perilli, proprio all’interno dell’acceso dibattito tra realismo ed astrattismo.

L’analisi, contenuta nel catalogo, si è concentrata non soltanto sull’enorme mole di carte dell’artista, di sua proprietà, ma anche sulla documentazione custodita in biblioteche ed in collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, sulle fotografie d’epoca e sulla sua corrispondenza.

Achille Perilli, uno dei più grandi protagonisti dell’arte pittorica contemporanea, nasce a Roma nel 1927 ed ancora adolescente disegna, dipinge e frequenta lo studio del pittore Aldo Bandinelli insieme a Dorazio e Guerrini, con i quali organizza la prima mostra di studenti pittori romani presso il liceo Giulio Cesare. Quindi seguono gli studi di letteratura e storia dell’arte all’Università di Roma ed il successivo incontro, nel 1946, con Renato Guttuso. Del maestro nativo di Bagheria, Perilli frequenta il suo studio, in cui ha la possibilità di entrare in contatto con artisti quali Accardi, Consacra ed Attardi, costituendo con loro, nel ’47, il gruppo “Forma 1”, di cui avrebbe diretto il manifesto a favore di un’arte “della forma pura”. “Forma1” diventava, così, un gruppo che riprendeva il termine di “”arte aniconica”, derivante dalla parola greca “eikon”( immagine) che, preceduta dalla preposizione negativa ‘a’ ( alfa privativa) esprime una forma espressiva non figurativa, non referenziale e non rapportabile ad alcuna immagine conosciuta.

In forte polemica con il neorealismo, in espansione in quegli anni, Achille Perilli avrebbe aderito al MAC ( Movimento Arte Concreta) nel 1948, con Soldati, Monnet, Bruno Munari, Gillo Dorfles, collaborando poi, nel 1952, alla Fondazione delle riviste “Arti visive” ed “Origine”.

Prendendo le mosse dal dadaismo, l’artista romano ha costruito, in oltre settant’anni di produzione artistica, un proprio universo compositivo elaborando una materia complessa e ricercando un “segno più comunicante”, da riproporre con codici pittorici e strumenti di conoscenza innovativi. La sua prima intuizione parte dal disegno, negli anni Cinquanta, e diventa grammatica delle idee e dispositivo di analisi, capace di condurlo ad un lento avvicinamento alla forma primaria generatrice di una architettura nuova, in cui percezione e visione preparano una vera metamorfosi dei sistemi dei corpi geometrici, in equilibrio con l’universo. È così che nasce nell’arte di Perilli una variegata espressione artistica, che ingloba anche le tavole degli alfabeti, la scultura, la performance, l’happening, l’incisione ed il linguaggio della stampa. Tutte espressioni che trovano unitarietà in un corpus artistico, capace di evidenziare la base che questi diversi linguaggi hanno in comune nel loro originale messaggio comunicativo.

 

Mara Martellotta

Al Polo del ‘900 “Il potere dei senza potere”

La mostra che intervista Václav Havel a otto anni dalla sua scomparsa

A cura di Ubaldo Casotto e Francesco Magni

Presso Polo del ‘900, Via del Carmine 14. Dal 10 al 29 gennaio

Il 29 dicembre del 1989, Václav Havel – da dissidente e perseguitato politico sotto il regime comunista – viene eletto Presidente della Cecoslovacchia e, in seguito, della Repubblica Ceca (1993). A trent’anni da quel giorno, la vicenda umana e politica di Havel rivive nella mostra “Il potere dei senza potere. Interrogatorio a distanza con Vaclav Havel”, dal 10 al 29 gennaio, presso il centro culturale Polo del ‘900 di Torino. A cura di Ubaldo Casotto e Francesco Magni.

PERCHE’ UNA MOSTRA SU HAVEL

A otto anni dalla morte di Václav Havel, a trent’anni dalla Rivoluzione di Velluto e quaranta dalla pubblicazione del suo libro-manifesto “Il potere dei senza potere”, la mostra esplora l’attualità del pensiero di Havel.

  Temi conduttori della mostra sono il ruolo politico della verità, il protagonismo della società, la forza dell’individuo contro le logiche replicanti del potere, la democrazia intesa come una rivoluzione esistenziale. Per scoprire, oggi come allora, cosa può segnare la storia di un popolo.

L’INTERROGATORIO A DISTANZA

A dar risalto al pensiero di Havel, la struttura della mostra che procede sotto forma di intervista (Havel, con indubbio humor, le chiamava “interrogatori a distanza” per distinguerli da quelli numerosi, che ha subito nelle carceri ceche).

Le domande sono state poste oggi, da un gruppo di giovani lettori e conoscitori delle sue opere, provenienti da diversi paesi europei: sul perché sia diventato un dissidente, che cosa pensa della vita e della politica, dell’ideologia e della verità, dell’Est europeo e dell’Occidente, della crisi dell’uomo moderno e del suo rapporto con Dio, della fine del Patto di Varsavia e dell’adesione all’Unione europea, della fede e dell’esperienza dell’assurdo, della dignità dell’uomo e della speranza. Le risposte sono tutte rigorosamente di Havel, tratte dai suoi libri, dalle sue lettere dal carcere, dai suoi discorsi.

  32 pannelli compongono l’esposizione che, in una prima sezione, procede fra aneddoti e fatti biografici, con contributi video dell’epoca e testimonianze di chi ha collaborato e conosciuto Havel durante la Primavera di Praga, il carcere, l’esperienza di Charta ‘77, la Rivoluzione di velluto ecc., cui si aggiunge una sezione dedicata all’attualità e alle contrapposizioni con l’oggi.

  In mezzo tra le due sezioni, come trait-d’union, compare il negozio dell’ortolano di Praga, immagine emblematica descritta nel “Potere dei senza potere” dell’uomo simbolo della vita nella verità – tanto cara ad Havel – che un giorno decise di non esporre più tra frutta e verdure il cartello “Proletari di tutto il mondo unitevi” come prescritto dal regime.

Un piccolo gesto di libertà, “una palla di neve” – scrive Havel – che diverrà “una valanga”.

Dopo essere stata esposta a Roma presso la Camera dei deputati e aver ricevuto il riconoscimento della “Targa del Presidente della Repubblica”, la mostra inaugura al Polo del ‘900 di Torino, venerdì 10 gennaio alle ore 18. Aperta al pubblico ad accesso gratuito fino al 29 gennaio, dalle 9 alle 21.

La mostra è promossa dalla Fondazione Costruiamo il futuro, in collaborazione con la Václav Havel Library Foundation (Praga); Fondazione Polo del ’900 (Torino), Centro Ceco (Milano), DRFG Foundation (Brno), Consolato generale della Repubblica Ceca (Milano).

 

Programma inaugurazione

Polo del ‘900 – Sala ‘900

Venerdì 10 gennaio, ore 18 – Via del Carmine, 14

 

SALUTI ISTITUZIONALI

Massimo Giovara, Città di Torino

Alberto Cirio, Regione Piemonte*

Francesco Profumo, Compagnia di San Paolo

Sergio Soave, Fondazione Polo del ‘900

Modera

Maurizio Lupi, Fondazione Costruiamo il Futuro

Intervengono

Maurizio Molinari, La Stampa

Pavel Fischer, Presidente della Commissione Esteri del Parlamento Ceco

Anna Maria Poggi, Università di Torino

Ubaldo Casotto, curatore della mostra

Seguirà la visita alla mostra a cura di Ubaldo Casotto e Francesco Magni

 

Oliviero Toscani. Il “terrorista della pubblicità”

Il grande fotografo milanese in mostra alla Fondazione Cosso

Fino al 3 maggio 2020

San Secondo di Pinerolo (Torino)

Fu lui stesso, un bel giorno, a dire di sé: “Mi considero un terrorista della pubblicità”. Provocatore. Anticonformista. Dirompente e irriverente, per qualcuno fin quasi alla blasfemia. Esagerato. Sempre. E più che mai, con l’avanzare del tempo. Ancora lui: “Esagerare è una forma di creatività che appartiene all’arte… esagerare fa bene, è un esercizio delle passioni dalle quali veniamo sempre più allontanati dalla realtà analgesica in cui viviamo”. Altra pillola (ce ne sono a decine), buttata lì con il sarcasmo di un sorriso disarmante, del “Toscani – pensiero”, che sta alla base dell’inusuale forza creativa di immagini fotografiche diventate ormai eredità, più o meno contestata e contestabile (per i metodi pubblicitari di shockvertising) dell’immaginario collettivo. Immagini che, in gran parte, ritroviamo assemblate nella grande mostra – curata da Nicolas Ballario, Susanna Crisanti e Roberto Galimberti – organizzata dalla Fondazione Cosso nella sua sede storica del Castello di Miradolo, a San Secondo di Pinerolo, fino al 3 maggio del prossimo anno.

Milanese, 77 anni portati con istrionica baldanza, fra i grandi della fotografia mondiale, Oliviero Toscani (figlio di Fedele, primo fotoreporter del “Corriere della Sera” e studi di Fotografia all’Università delle Arti di Zurigo) viene raccontato in mostra attraverso centinaia di stampe, manifesti e migliaia di immagini proiettate, gravitanti attorno ad un centinaio di opere che ripercorrono la sua carriera, dagli esordi alle più famose campagne per brand come Esprit, Chanel, Robe di Kappa, Fiorucci, Prenatal, Jesus (con i jeans “scandalosi”- era il ’73 – del “Chi mi ama, mi segua” trascritto sul tondeggiante fondoschiena di Donna Jordan), fino, passando per altre innumerevoli strade, a Benetton, per cui Toscani lavora dal 1982 al 2000, creando l’immagine e l’identità di United Colors of Benetton con una strategia di comunicazione orientata verso messaggi di pace e tolleranza e i riflettori ben accesi su problemi sociali quali AIDS e pena di morte, anoressia, integrazione ed uguaglianza. Dopo una pausa forzata (per una delle tante querele che hanno costellato nel tempo l’attività di Toscani), solo nel 2017, il fotografo riprende a dirigere la comunicazione del noto marchio di Ponzano Veneto. Accanto alle immagini iconiche, cariche di una genialità intuitiva e di una forza creativa non comune (Toscani è stato, dal 2008 al 2009, il presumibilmente primo assessore al mondo con delega alla “Creatività” al Comune di Salemi, sindaco un altro campione di originale estrosità come Vittorio Sgarbi), in rassegna al Castello di Miradolo troviamo anche esposte fotografie inedite, perfino quelle realizzate da studente, uscite per la prima volta dall’archivio e dal suo studio in Toscana, dove oggi l’artista vive, produce vino e olio d’oliva e alleva cavalli.

Mostra sicuramente fra le più “complesse” (come l’ha definita lo stesso Toscani) per la ricchezza e la varietà del materiale esposto; innovativa anche per il Castello di Miradolo che, per la prima volta, oltrepassa il limite delle sale interne per aprirsi nel percorso espositivo agli spazi naturali del grande Parco ottocentesco. Qui, infatti, ad accogliere il pubblico, sono le fotografie del Progetto “Razza Umana”, portato avanti da Toscani a partire dal 2007 (immagini di persone, di occhi, di solo apparente banalità di gesti ritratti in ogni dove del pianeta per ricordare l’esistenza di un’unica razza, quella umana) e i grandi manifesti 6 X 3 che lo hanno reso celebre in tutto il mondo. Come i due bimbi che s’abbracciano, l’angioletto bianco tutto boccoli dorati e il diavoletto nero o i tre cuori del ‘96, del tutto simili e battenti all’unisono, pur se uno White, l’altro Black e l’altro Yellow; fino ai due occhi, uno verde e uno nero, sul volto di un africano, immagine diventata logo di “Fabrica”, il suo centro di ricerca di creatività nella comunicazione concepito nel ’93 o il “sacrilego” bacio fra la modella-suora e il modello-prete. Esagerare. Stupire.

Per raccontare senza mezzi termini e la benché minima perplessità la sua idea di mondo e quel concetto di vita che “ha senso solo se si vive ‘contro’”. “Il conformismo uccide la creatività e finisce per annientare l’uomo”. Ancora una pillola (fatene buon uso) del “Toscani – pensiero”.

Gianni Milani

Oliviero Toscani

Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (Torino); tel. 0121/502761 o www.fondazionecosso.it

Fino al 3 maggio 2020

Orari: lun., ven., sab. e dom. 10/18,30

Nelle foto

– “Angelo e diavolo”, 1992
– “Cuori”, 1996
– “Mano con riso”, 1996
– “Suora e prete”, 1992
– “Mick Jagger”, 1973
– Manifesti ospitati nel Parco storico del Castello

 

 

 

 

Daniele Gatti e Philipp Kopachevsky le “stelle” di gennaio

Note di Classica

Giovedì 9 alle 20.30 e venerdì 10 alle 20, all’Auditorium Toscanini l’Orchestra Rai diretta da Daniele Gatti, eseguirà la Sinfonia n. 9 di Mahler.

Domenica 12 alle 16.30 al Teatro Vittoria, per la Stagione dell’Unione Musicale, Philipp Kopachevsky al pianoforte, eseguirà musiche di Schumann, Liszt, Chopin.

Martedì 14 alle 20 sempre al Teatro Vittoria, “ L’Integrale dei Lieder di Schubert” ,progetto a cura di Erik Battaglia.

Mercoledì 15 alle 20 al Teatro Regio, debutto de “Il Matrimonio Segreto”, melodramma giocoso in 2 atti. Musica di Domenico Cimarosa. Repliche fino al 24 gennaio.

Mercoledì 15 alle 21 al Conservatorio, per la Stagione dell’Unione Musicale Lilya Zilberstein, Daniel Gerzenber, e Anton Gerzenberg, pianoforte solo a 4 e 6 mani, eseguiranno musiche di Schubert, Beethoven, Czerny, Rachmaninov.

Giovedì 16 alle 20.30 e venerdì 17 alle 20, all’ Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da James Conlon e con Matthias Goerne baritono e Luca Ranieri viola, eseguiranno musiche di Schreker, Bartòk Mahler.

Lunedì 20 alle 20 al Teatro Vittoria, “L’Estro di Orfeo”. Musiche di Pandolfi Mealli, Falconiero, de Selma y Salaverde.

Martedì 21 alle 20 al Teatro Regio, debutto di “Violanta”.  Opera in un atto. Musica di Erich Wolfgang Korngold. L’Orchestra del Teatro sarà diretta da Pinchas Steinberg. Repliche fino a martedì 28.

Giovedì 23 alle 20.30 e venerdì 24 alle 20, all’Auditorium Toscanini, l’ Orchestra Rai diretta da James bConlon, eseguirà la Sinfonia n. 2 di Mahler.

Giovedì 23 alle 21 al Conservatorio per l’Unione Musicale, il Trio Metamorphosi e Monica Bacelli mezzosoprano, eseguiranno musiche di Haydn, Beethoven.

 

Mercoledì 29 alle 21 al Conservatorio, per la Stagione dell’Unione Musicale Emmanuel Tjeknavorian violino e Aaron Pilsan  pianoforte, eseguiranno musiche di Schubert, Schumann, Brahms, Kreisler.

Pier Luigi Fuggetta

Lo Schiaccianoci, un classico con il Russian Classical Ballet

Una delle compagnie di balletto russo di maggior prestigio per un classico della danza

 

Teatro Superga Nichelino Mercoledì 8 gennaio 

Lo Schiaccianoci è il balletto dall’atmosfera natalizia per eccellenza, ultima opera di Petipa, il coreografo dei Teatri Imperiali russi a fine ‘800. Ispirato dal racconto di E.T.A. Hoffmann, precursore del Romanticismo, la storia di Clara il suo schiaccianoci crea sempre grandi evocazioni che risaltano grazie alle notevoli melodie di Čiajkowskij.

Con 15 anni di esibizioni di successi in Russia e all’estero, i solisti del Russian Classical Ballet propongono una ricostruzione fedele al balletto originale, emblema della tradizione ballettistica russa. Il corpo di ballo è composto da ballerini provenienti dalle maggiori compagnie russe, diplomati all’Accademia di danza del Bolshoi, all’Accademia di Vaganova e in altre rinomate scuole di danza della Russia.

Russian Classical Ballet

Con Evgeniya Bespalova (Clara) e Denis Karakashev (Schiaccianoci)

Musiche: Petr Ilich Tchaikovsky

Coreografia: Marius Petipa e Lev Ivanov

Direttore artistico: Evgeniya Bespalova

Mercoledì 8 gennaio, ore 21

Teatro Superga, via Superga 44, Nichelino (TO)

Biglietti

Platea – intero: 25 euro (fino al 31/12), 30 euro (dal 1/01); ridotto: 22,50 euro (fino al 31/12), 27 euro (dal 1/01)

Galleria – intero: 20 euro (fino al 31/12), 24 euro (dal 1/01); ridotto: 18 euro (fino al 31/12), 21,50 euro (dal 1/01)

Bambini: 12 euro

Info

www.teatrosuperga.it

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità librarie. A cura di Laura Goria

Audur Ava Ólafsdóttir   “Miss Islanda”   -Einaudi- euro 18,50

 

Islanda anni 60 del secolo scorso, la giovane e brillante Hekla vuole diventare scrittrice ma, in un mondo conservatore e patriarcale, quello che le viene riconosciuto è soprattutto il merito per la sua bellezza mozzafiato. Le propongono di partecipare al concorso di Miss Islanda, senza accorgersi che lei sotto il vestito non è che abbia niente. Anzi la sua è una mente brillante che surclassa quelle di molti uomini; a partire dal suo borioso e inconcludente fidanzato.

Hekla porta il nome di un vulcano e spara incandescente lava nel tentativo di emergere come scrittrice in un paese -l’Islanda- che nel 1963 mostra pesantemente il suo volto maschilista e retrogrado. Possiamo leggere questa storia come metafora di tutti i talenti sprecati al mondo, e come ritratto di un’epoca in cui la letteratura al femminile era un sogno impossibile. Ekla lascia le distese di prati del suo paesino e plana a Reykjavík, la capitale islandese, crogiolo di circoli letterari e case editrici. Ma nulla sarà facile. Dovrà pubblicare sotto pseudonimo, verrà invidiata dal giovane poeta senza talento che si innamora di lei, troverà amicizia e comprensione nell’amico gay col quale condividerà anche il letto per una volta sola. Invece constaterà la differenza abissale rispetto alla sua amica che si limita ad essere moglie e madre, convinta che questo sia il vero, unico destino femminile. Hekla ha talento, coraggio a bizzeffe, macina le delusioni passando oltre e, con indistruttibile tenacia, rifiuterà le lusinghe del concorso di bellezza.

 

 

Emmanuel Carrère  “Vite che non son la mia”   -Adelphi-  euro 19,00

Due drammi sono al centro di questo coinvolgente e bellissimo libro di Emmanuel Carrère. Lui è stato testimone di entrambi e riesce a raccontarli con maestria, delicatezza, sensibilità e partecipazione strepitose. Caso volle che si trovasse nel 2003 in Sri Lanka, insieme alla sua compagna Helene, con la quale  il rapporto era in crisi. Poi tutto è cambiato con l’onda alta come un grattacielo che ha travolto ogni vita e cosa sulla sua strada. Lo Tsunami che ha falciato le coste del Pacifico ha distrutto interi villaggi di povera gente e, tra le tante esistenze che si è portato via, c’è anche quella della piccola Juliette, risucchiata mentre giocava con un amichetta in riva al mare. Aveva solo 4 anni ed era l’unica figlia di una coppia di turisti, Delphine e Philippe, giovani, belli, allegri e socievoli. Carrere assiste alla loro disperazione e li aiuta nella ricerca del corpo della piccola -tra un ospedale improvvisato e l’altro- poi a recuperarlo e a dirgli addio. Aspettatevi pagine che toccano l’anima e aiutano a sviluppare un’empatia profonda per l’orrore che passa attraverso i vari gironi dell’inferno delle calamità naturali. Unico lato positivo di questo disastro, il riavvicinarsi di Carrere alla sua compagna. La seconda tragedia riguarda proprio la sorella di lei. E’ la 33enne Juliette, moglie di Patrice, madre di tre bimbe piccole, magistrato tenace che già in passato ha combattuto con la malattia. Ora le è stato diagnosticato l’ennesimo tumore che in poco tempo finirà per stroncarla. Carrere racconta il calvario di questa morte annunciata che tutti i familiari affrontano con immenso coraggio. Vi troverete a leggere pagine sublimi e struggenti che vi portano al centro di tutto ciò che comporta una malattia terminale: soprattutto racconta la forza di grandi e piccini di fronte all’irreparabilità di una sentenza di morte inappellabile..

 

 

 Camilla Baresani   “Gelosia”  -La Nave di Teseo-   euro 18,00

Per raccontare il dramma della gelosia -e derivati disastrosi di questo pungente sentimento- la Baresani mette in scena i difficili rapporti tra il protagonista Antonio e le sue donne. Lui è un affascinante giovane che dal paradiso di Capri si trasferisce a Milano dove mette in piedi un’attività. Il romanzo inizia subito con un colpo di scena e un rebus. Il bell’Antonio Gargiulo riceve la telefonata della sua ex collaboratrice (ed ex amante) Sonia che si era lasciato indietro da tempo. Di più non vi dico perché sarà proprio l’esito di questo incontro a tenervi sulla corda per le successive 376 pagine, fino all’epilogo… imprevedibile.

Nel mezzo c’è la storia d’amore di Antonio e dell’intraprendente imprenditrice del lago di Garda Bettina. Lui che aveva già una tresca amorosa tenuta sottotraccia, all’epoca in cui la incontra dà una svolta alla sua vita e, dopo pochi mesi di appuntamenti su e giù per l’Italico stivale, le chiede di sposarlo. Poi il dolore i delle gravidanze finite male, una davvero malissimo col bimbo che nasce morto. Le attese e i progetti di nido familiare che si infrangono contro l’incapacità della moglie di portare a termine con successo una gestazione. La soluzione arriva dall’India, con l’adozione della piccola Maya di 4 anni. Ma in parallelo a questo matrimonio oscillante tra alti e bassi, vicinanza e  lontananza, Antonio si lascia travolgere dall’infuocato rapporto con la sua giovane collaboratrice Sonia: secca secca, quasi androgina. Un tradimento che pareva essere da poco, col tempo deflagra, perché lei non si accontenta più del sotterfugio. Vanno in scena la gelosia e i ricatti della giovane perché lui lasci definitivamente la moglie, o almeno porti alla luce la sua seconda vita. Il resto a voi scoprirlo.

 

 

 

 

 

 

Quattro artisti alla galleria Malinpensa by Telaccia

Tra loro lo scultore esistenzialista Carlo Pazzaglia 

La galleria d’arte torinese Malinpensa by La Telaccia ha ospitato una mostra nel periodo natalizio dedicata a quattro artisti, Sasa Ceraudo, Giancarlo Cerri, Elio Marino e lo scultore Carlo Pazzaglia.

Giancarlo Cerri è un pittore milanese classe 1938, da oltre dieci anni ipovedente. Definisce le sue opere “quadri dipinti senza vedere i colori, ma solo ricordandone la forza e l’intensità”. I quadri recentemente realizzati da Giancarlo Cerri sono costruiti con una tecnica molto particolare, posizionando sulla tela alcune carte di varia misura, adatte a creare spazi geometrici all’interno dei quali dipingere. Perciò le sue opere, prima di essere create sulla tela, vengono dipinte per “immaginazione compositiva”.

Elio Marino, pittore nativo di Napoli e da oltre trent’anni attivo nel panorama artistico nazionale ed internazionale, con studio a Milano, ha aderito a vari gruppi artistici ispirati alla pittura astratta-informale ed al Gruppo 70 Milano, prediligendo il collage materico ed anche l’uso della vernice industriale nei suoi quadri. Oggi la sua ispirazione stilistica astratto-informale si è orientata verso la creazione di un mondo fantastico, in cui le stesse forme si contrappongono e si dissolvono nell’ambiguita’ della metafora dell’esistenza umana.

Carlo Pazzaglia, nato a Bologna nel 1952, ma ora residente a Sestola, sul confine tosco emiliano, è passato attraverso diverse attività, tra cui lo scalpellino, prima di approdare alla scultura, che rappresenta la matrice e l’espressione della sua arte. La durezza e la compattezza dei sassi da lui raccolti lungo il corso dei fiumi, nell’Appennino modenese, la resistenza di materiali da lui usati, il marmo ed il ferro, o il legno, contraddistinto da una grande fisicità, rappresentano le sue  materie prime. Fonte di ispirazione del suo lavoro scultoreo, che si concentra nell’amore per l’essenziale e nella sintesi e semplificazione materica, rimane la scultura esistenzialista di Giacometti.

Prossimo appuntamento espositivo per la galleria Malinpensa sarà in Austria ad Art Innsbruck dal 16 al 19 gennaio prossimi, in occasione della ventiquattresima kermesse, dove sarà presente con artisti selezionati del panorama internazionale contemporaneo. Quindi la galleria torinese prenderà parte, dal 14 al 17 gennaio prossimi, alla sedicesima mostra mercato di Arte moderna e contemporanea ad Arte Genova, con le opere di celebri artisti, quali Ugo Nespolo, Piero Gilardi, Lavinia Salvatori, Giuseppe Pontella, la scultrice Rabarama, Antonio Salinari, Rossana Chiappori ed Anna Maria Terracini.

 

Mara Martellotta

Sugli schermi “Pinocchio” di Matteo Garrone

PIANETA CINEMA
A cura di Elio Rabbione

Un’opera mancata, dai toni lugubri e dai trucchi eccessivi

Al termine della proiezione del Pinocchio di Matteo Garrone (quanto al confronto grande, diciamolo subito, con quel precedente Racconto dei racconti, visivamente entusiasmante, narrativamente perfetto), la prima domanda che ti fai è a chi sia rivolto il film, a chi è dedicato. E ti rispondi: non ai bambini, che certo s’intimoriscono ai toni lugubri della vicenda, alle tinte spesso scure, forse anche a certi trucchi animaleschi che confinano con il babau, a certa noia che t’assale in non pochi tratti; e non agli adulti, cui viene infelicemente sottratto il senso dello spettacolo, il guizzo del divertimento, il piacere del sorriso e salendo più su della risata, il palpito della sorpresa. Perché anche quando l’accoppiata di sceneggiatori Garrone e Massimo Ceccherini (il secondo a firmare come cosceneggiatore? perché? in che modo? per quale manna dal cielo: pronto pure a gonfiarsi inverosimilmente il ruolo della Volpe, un make up tenuto bene a bada, unghie lunghe e luride, una forestucola di capelli arruffati, un paio di baffi striminziti, tenendosi quello del Gatto – Rocco Papaleo – tre passi indietro a ripetere stancamente le sue battute) s’inventa un’andata di Geppetto nella misera trattoria a ricevere per pietà un misero pasto caldo, nel momento stesso in cui cercherebbe un piccolo lavoro, un tavolo, una sedia o una porta da aggiustare, ogni battuta, ogni movimento del parolaio Benigni diventa piano, ripetitivo, inconcludente, di troppo.

Benigni che nella parte centrale (per grande fortuna) sparisce per lasciare il posto al burattino di legno e alle sue tante avventure – calate in un’Italia ottocentesca di borghi con quattro case, di povertà, di distese di grano, di bettole scalcinate, di aie, di gente che vuol fregarti e che ti frega, di una giustizia che è tutta un teatrino, di un mare che sputa mostri -, il teatrino e Mangiafuoco (uno dei tanti luoghi bui con Proietti inutilizzato tra lacrime e perdoni, l’incontro con il Gatto e la Volpe che s’è detto e il campo dei miracoli, le cinque monete da seppellire e il raggiro, la Fatina azzurra che più anonima non si sarebbe potuta scegliere, quasi da dar ragione a Pinocchio a fuggire da lei, il tribunale, Lucignolo e il paese dei balocchi buttati via con quattro pennellate e così sia, la trasformazione in ciuco, la pancia della balena e il ritrovamento del padre seppellito dentro, la resurrezione a bambino vero e pieno di buoni propositi. Un lentissimo srotolarsi di episodi che tutti conosciamo (qualcuno per durata o economia è stato abolito), fedelissimi all’opera di Carlo Lorenzini ovvero Collodi ma senza che nessuno si sollevi dalla freddezza dei toni e ti afferri, ti faccia per un attimo soltanto tornare bambino (anche questo potrebbe essere un bel risultato), faccia sì che tu t’abbandoni al percorso di vita del povero burattino. E credo che questa negazione sia in gran parte dovuta proprio là dove regista e produttori più hanno creduto, spendendo ore di lavoro e quattrini (e allora pensate al candore di Comencini e Manfredi e dell’impareggiabile Andrea Balestri nello sceneggiato televisivo datato 1972), voglio dire in zona trucco: perché tutto quel posticcio, quel carnevale di piume, quelle barbe e quei baffi, quelle squame, quella patina fintolegno che ricopre il viso del piccolo Federico Ielapi impediscono ai sentimenti, alle emozioni di venir fuori, di prendere spazio, di essere lo scheletro del film. Che è un’opera mancata, destinata all’indignazione di chi guarda, all’occhiata all’orologio, alla pazienza, alla definitiva indifferenza verso una delle più belle figure della letteratura infantile. Con buona pace della Poesia, incredibilmente spazzata via.

Rock Jazz e dintorni: Niccolò Fabi e i Diaframma

Gli appuntamenti musicali della settimana 

Lunedì. Omaggio a Pino Daniele al Jazz Club con il quintetto del vocalist Lele Piras.

Martedì. Sempre al Jazz Club  suona il quartetto Balto.

Mercoledì. Ancora al Jazz Club concerto dei Fraubers in The Sky.

Giovedì. All’Off Topic il chitarrista Mosè Morsut presenta il progetto “Pizzicando le Alpi”.

Venerdì. Al Diavolo Rosso di Asti si esibisce il duo femminile I’M Not a Blonde. Al Blah Blah suonano i Diaframma, storica rock band degli anni ottanta. All’Off Topic tributo del Consorzio Anime Salve a Fabrizio De Andrè. Al Folk Club si esibiscono i Gang.

Sabato. Al Blah Blah sono di scena i Permanent impegnati ad riarrangiare il classico dei Joy Division “Unknown Pleasures”. Al Teatro Colosseo suona Giovanni Allevi. Al Concordia di Venaria si esibisce l’esponente dell’hip hop Rkomi. Al Jazz Club suona il quartetto del sassofonista Piergiorgio Elia. Al Big Lebowski si esibisce la cantautrice Marianne Mirage.

Domenica. Al Teatro Colosseo arriva Niccolò Fabi per presentare l’album “Tradizione e tradimento.”

 

Pier Luigi Fuggetta