CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 55

E poi arrivano le cinque statuette per “Anora” di Sean Baker

La consegna degli Oscar 2025, vincitori e vinti

E poi il giorno dopo ti stai a chiedere se quei giudizi siano pienamente centrati, se quelli che avevi in mente tu fossero giusti o sbagliati, o di comodo, o troppo personali per simpatia o chissà che altro. Ti rendi conto che il Cinema ha tutti i numeri e le caratteristiche per essere Arte ma che tante (troppe?) volte è Business, mosse studiate a tavolino, soprattutto un’altalena su cui è facile salire ma da cui è anche maledettamente facilissimo scendere. Prendete le tredici candidature dell’imperfetto “Emilia Perez” di Jacques Audiard: al di là di una imbarazzante ammucchiata dell’intero cast a Cannes ovvero un Palmarès alle quattro attrici senza distinzione o soppesatura di sorta, a Hollywood, dopo una strombazzatura d’eccezione e una battaglia senza esclusioni di colpi, è stato sufficiente andare alla riscoperta di una manciata di tweet della prima attrice trans – velocemente candidata: con il sospetto da parte di chi scrive queste note che Karla Sofìa Gascòn sia stata catapultata nell’empireo delle protagoniste per tirare un dispettuccio a Mr Trump che tratta il mondo anche geneticamente in buoni e cattivi piuttosto che per convincenti qualità – destinati negativamente a messicani e afroamericani per far crollare in quattro e quattr’otto l’intero castello di carte. Onde per cui, delle tredici candidature ne sono andate a segno soltanto due, la miglior canzone a “El mal” e la miglior attrice non protagonista a Zoe Saldana (lei più nelle vesti di protagonista del film!) che certo non aveva rivali.

Certo non la nostra Isabella Rossellini, nella serata tutta luci e star del Dolby Teather, che si sarà pur messa in blu velvet in onore del suo amore trascorso per David Lynch e per la grandezza di un regista, con tanto di agghindo con gli orecchini di mamma Ingrid sul set di “Viaggio in Italia” di papà Roberto: ma quei suoi otto minuti in “Conclave” di Michael Jackman non hanno convinto i membri dell’Academy che forse avranno comparato gli altri otto minuti della storia del cinema, quelli irripetibili di Anne Hathaway nei canori “Miserabili” che valsero all’attrice, quelli sì, la meritatissima statuetta nel 2013. Morto un papa se ne fa un altro, caduta “Perez” ci si aggrappa all’altrettanto imperfetto “Conclave” e a quel “Brutalist” firmato da Brady Corbet che convince, nella prova soprattutto eccezionale di Adrien Brody, oscaribilissimo e così è stato, capace ancora una volta dopo “Il pianista” di Polanski di costruire e trasmettere emozioni come pochi altri, ma dove vedi una regia e una scrittura prima che si vorrebbero grandiose ma che in alcuni tratti (nella seconda parte del film) non hanno oliato a dovere i loro ingranaggi. “The Brutalist”, tuffo in un film classicheggiante, di lento ed elegante racconto, che sa con intelligenza di architettura e di riscatto, degli aspetti consolatori e costruttivi dell’arte, che guarda allo scempio di ieri e alla Storia di oggi, che si porta anche a casa le statuette per la miglior colonna sonora e la miglior fotografia, lasciando immeritatamente a “Wicked” dei pur talentosi Nathan Crowley e Lee Sandales il premio per la migliore scenografia.

Insomma l’altalena di cui sopra ha fatto vittime illustri, il Fiennes di “Conclave” o la Demi Moore di “The Substance” che risorta alla sessantina a nuova vita e data sino alla vigilia per vincitrice e che con il sorriso di circostanza avrà l’altra sera pensato che un’occasione così chissà quando le ricapita; soprattutto il bel (e allegramente giallognolo e ingioiellato) Timothée Chalamet che ha speso cinque anni della sua vita per diventare un perfetto Bob Dylan e poi ha dovuto cedere le armi davanti alla prova del finto architetto Làszlò Tòth (e con lui, le dieci candidature originali di “A Complete Unknown”, secondo e terzo riconoscimento alla fotografia di Lol Crawley e alla colonna sonora originale di Daniel Blumberg): magari vada a chiedere a quel collega che si chiama Leonardo Di Caprio quanta anticamera ha dovuto fare per impugnare la sua prima statuetta. A sovvertire le carte, in un crescendo che si è ispessito di giorno in giorno, e a rovinare del tutto le speranze di “Brutalist”, è arrivato “Anora” di Sean Baker, non ancora un gigante nel firmamento di celluloide, già Palmarès a Cannes, che stringe oggi tra le sue giovanili quanto sfacciate braccia gli Oscar per il miglior film e la miglior regia, per la miglior attrice protagonista, per il miglior montaggio e la miglior sceneggiatura originale: con ogni carta in regola, ben raccontato e con un ritmo invidiabile, con una scena centrale di risicata violenza di parecchi minuti (ci sono voluti dieci giorni per girarla) che è un pezzo di cinema da mandare agli annali, con la consacrazione di uno scricciolo spuntato fuori quasi dal nulla, Mikey Madison (anche se io continuo ad avere negli occhi e nella mente la prova maiuscola di Fernanda Torres in “Io sono ancora qui” di Walter Salles, per fortuna miglior film straniero, moglie ineguagliabile di uno dei tanti desaparecido) a incarnare come meglio non potrebbe l’escort caduta nella passione e nella bambinaggine del rampollo di un magnate russo.

Elio Rabbione

Nelle immagini, scene di “Anora”, “Emilia Perez” e “The Brutalist”.

“Toccando il vuoto” e “Coup fatal” al Gobetti e al Carignano

Per la stagione del Teatro Stabile di Torino, dall’11 al 16 marzo prossimi, andrà in scena al teatro Gobetti la pièce “Toccando il vuoto”, una fantasia alpinistica basata su memoir di Joe Simpson. Tratto da una storia vera, la pièce è ambientata nel 1985, durante la scalata delle Ande peruviane, dove gli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates restano vittime di un incidente durante la fase di discesa che provoca la caduta di Joe in un dirupo. Simon, per non rischiare di precipitare insieme al suo compagno, è costretto a tagliare la corda di arrampicata. La storia si snoda tra passato e presente, passione, sensi di colpa, amicizia e resilienza. Tratto dal romanzo di Joe Simpson, è stato adattato da David Greig, la traduzione è stata a  una di Monica Capuani, la regia è di Silvio Peroni. Gli interpreti sono Lodo Guenzi, Eleonora Giovanardi, Giovanni Anzaldo, Matteo Gatta.

Al teatro Carignano, dal 13 al 16 marzo prossimi, verrà portata in scena dalla Comédie de Genève, la pièce teatrale “Coup fatal”. Dieci anni fa, al suo debutto a Vienna, questo spettacolo sferrò un colpo fatale alle facili categorizzazioni. La sua natura è plurale, un manifesto di resilienza di tale insolenza e orgoglio. Le melodie barocche, un’orchestra multietnica, la danza africana, il teatro contemporaneo, le partiture coreografiche di Platel, i sapeurs congolesi, pomposità e ironia: tutto si fonde in una fantasmagoria di sfrenata contaminazione  di generi ed estetiche che non smette mai di sublimarsi e reinventarsi. Prodotto originariamente dai maggiori festival europei, tra cui Torinodanza, questo indimenticabile ibrido performative torna in scena per suggestionarci ancora. La direzione  musicale è di Fabrizio Cassol, la direzione artistica e la regia sono di Alain Platel, il direttore d’orchestra è Rodriguez Vangama, le musiche sono di Fabrizio Cassol e Rodriguez Vangama da Hëndel, Vivaldi, Bach, Monteverdi e Gluck. Le scene sono di Freddy Tsimba.

Mara Martellotta

Libri: la rassegna mensile

 

Il libro più discusso nel gruppo Un Libro Tira L’Altro Ovvero Il Passaparola Dei Libri nel mese di febbraio è stato Il Giorno dell’Ape, di Paul Murray (Einaudi), un irresistibile romanzo famigliare di desideri, solitudini e macerie senza fine ma, forse, con un inizio preciso.

È in arrivo la primavera e, con lei, molte novità da leggere: abbiamo selezionate quelle più interessanti ma seguite il nostro sito e i nostri canali, scoprirete titoli e autori di ogni genere.

Amate il giallo? Non perdete il nuovo romanzo di Sandrone Dazieri Uccidi I Ricchi (Mondadori), un thriller implacabile che si interroga senza sconti sul presente più attuale e sul futuro dell’umanità.

Torna Bernard Cornwell con il secondo capitolo della Saga di Excalibur: il celebre scrittore inglese pubblica Il Condottiero Di Camelot (Longanesi) e riscrive la leggenda di Re Artù.

Anche Donatella Di Pietrantonio sceglie la primavera per tornare dai suoi lettori con l’antologia Lucciole, Squaletti E Un Po’ Di Pastina (Salani), una raccolta dedicata i lettori più giovani.

 

Consigli per gli acquisti

Questa è la rubrica nella quale diamo spazio agli scrittori emergenti, agli editori indipendenti e ai prodotti editoriali che rimangono fuori dal circuito della grande distribuzione e questo mese ne abbiamo selezionati due.

 

Oggi vi proponiamo la lettura di Expat, Vivere Oltre i Confini (Libreria Salvemini Editrice, 2024) di Tommaso Gerbi che ha narrato in un libro la sua esperienza di emigrante e la sua condizione di “espatriato”.

 

Sara, Sandro, Sofia – Storie allo specchio delle stagioni (Siciliano Edizioni, 2025) è il nuovo romanzo di Carmelo di Marco che, attraverso le vicende di tre personaggi lontani tra loro nel tempo e nello spazio, propone al pubblico un’attenta riflessione sul ruolo della donna nella nostra società.

 

 

Incontri con gli autori

Sul nostro sito potete leggere le interviste agli scrittori del momento: questo mese abbiamo scambiato due chiacchiere con:

Manuel Mazzola – autore de Il sogno incontaminato

Leonardo Gori – siamo tornati a parlare con Leonardo Gori per approfondire tanti aspetti presenti nei suoi romanzi “Il vento di giugno” e “Borgo Ottomila

Giuliano Pasini  – abbiamo intervistato Giuliano Pasini, partendo dal suo ultimo romanzo “L’estate dei morti” e approfondendone vari aspetti e tematiche

 

Per rimanere aggiornati su novità e curiosità dal mondo dei libri, venite a trovarci sul sito www.ilpassaparoladeilibri.it

 

Bistolfi e i divisionisti

Il Museo Civico di Casale Monferrato ha inaugurato la mostra “La Bellezza liberata. Leonardo
Bistolfi e gli amici divisionisti”, realizzata dal Comune di Casale Monferrato e dal Rotary Club di
Casale Monferrato, visitabile fino al prossimo 11 maggio, curata da Sandra Berresford, Niccolò
D’Agati e Aurora Scotti.

Leggi l’articolo su Alessandria Sarà 👇

Casale Monferrato, inaugurata al Museo Civico una mostra su Leonardo Bistolfi e i divisionisti

La Fontana dell’Aiuola Balbo e il Risorgimento

Oltre Torino. Storie, miti, leggende del torinese dimenticato.

Torino e lacqua

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce.

Il fil rouge di questa serie di articoli su Torino vuole essere lacqua. Lacqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altri, lacqua come elemento essenziale per la sopravvivenza del pianeta e di tutto lecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

1. Torino e i suoi fiumi

2. La Fontana dei Dodici Mesi tra mito e storia

3. La Fontana Angelica tra bellezza e magia

4. La Fontana dellAiuola Balbo e il Risorgimento

5. La Fontana Nereide e lantichità ritrovata

6. La Fontana del Monumento al Traforo del Frejus: angeli o diavoli?

7. La Fontana Luminosa di Italia 61 in ricordo dellUnità dItalia

8. La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma

9. La Fontana Igloo: Mario Merz interpreta lacqua

10. Il Toret  piccolo, verde simbolo di Torino

4) La Fontana dellAiuola Balbo e il Risorgimento

LAiuola Balbo viene realizzata nel 1874, occupa una superficie di circa 12.000 mq e si ispira al modello square con schema geometrico. Allinterno del giardino, si trovano, al centro, la fontana con i suoi alti zampilli dacqua che ricadono nellampia vasca e, sparse intorno ad essa, i monumenti rivolti a personalità deccezione. La prima statua ad essere qui collocata fu quella del conte Cesare Balbo, che ha dato il nome allaiuola, uomo politico, scrittore, patriota torinese, opera eseguita da Vincenzo Vela (1820-1891); sempre di Vincenzo Vela è leffigie del patriota veneziano Daniele Manin; dello scultore Leonardo Bistolfi  (1859-1933) è invece limmagine dellattore e patriota Gustavo Modena. E poi ancora altre statue dedicate a figure di rilievo: al rivoluzionario Luigi Kossuth, al generale  vercellese Eusebio Bava, allattore patriota Gustavo Modena, al diplomatico Salvatore Pes di Villamarina  e ad altri personaggi storici.È proprio la moltitudine di statue e busti la caratteristica di questo luogo, anche chiamato Giardino dei Ripari, (realizzato nel 1834) e i Remparts” erano dei terrapieni, sorti sui resti dei bastioni difensivi verso il Po, demoliti da Napoleone. La zona viene modificata nellOttocento, arricchita da palazzi signorili edificati per rispondere al crescente numero degli abitanti di Torino.

Tutta la zona del Borgo Nuovo vive giorni splendidi agli inizi del Novecento, per poi iniziare un lento declino che finirà con lo smembramento dello spazio. Alcune aree verdi vengono risparmiate, come quella tra via dei Mille e via Accademia Albertina: qui il comune decide di costruire un parco guardando al concetto di aiuola chiusa con ampie cancellate, adatto per la ricreazione dei bambini. Della realizzazione viene incaricato  Edoardo Pecco,(1823-1886), ingegnere capo della città di Torino. Egli propone  un progetto lineare, una pianta quadrata leggermente rialzata rispetto al piano della strada, con quattro ingressi protetti da cancelli massicci, un rigoglioso viale alberato e una fontana al centro del progetto.

Laiuola si colloca allinterno dei Giardini Cavour, realizzati poi nel corso del 1875; essi si ispirano ad un modello naturalistico, movimentati da collinette e percorsi tortuosi; sempre nellarea si trova la statua di Carlo di Robilant, poeticamente ombreggiata dalle chiome  dei platani, delle querce, dei faggi e dei ginko biloba. I giardini si dispongono in una posizione leggermente defilata rispetto al centro, un angolo raccolto e rilassante per i torinesi e per i turisti affaticati bisognosi di un piccolo break; anche i bambini sono i benvenuti in questo spazio, a loro è dedicato un piccolo parco giochi. Nelle sere destate una giostra di cavalli, che pare uscita da una cartolina antica e dimenticata, si apposta non lontano dagli zampilli illuminati, portando indietro nel tempo questo luogo particolare.

 

Alessia Cagnotto

Genesis, il magico spettacolo di luci e musica arriva per la prima volta a Torino

A partire da fine marzo 2025, lo storico Palazzo della Luce di Torino
ospiterà il magico spettacolo audiovisivo di luci e musica in uno
spazio unico nel suo genere.
Genesis, uno show spettacolare di luci
del collettivo artistico svizzero Projektil in collaborazione con Fever,
la piattaforma leader per l’intrattenimento dal vivo e attività
ricreative, farà il suo debutto a Torino a partire dal 28 marzo.
  Dopo la première italiana di _Enlightenment_ dello scorso anno, un
viaggio mozzafiato attraverso le quattro stagioni di Vivaldi targata
“Eonarium”, il Palazzo della Luce si trasformerà ancora una volta in
un’opera d’arte a 360º fatta di luci e suoni.
  _Genesis_ porterà i visitatori in un viaggio magico dalla
creazione della terra, all’emergere dell’acqua, della natura e della
vita, accompagnato da composizioni musicali appositamente selezionate,
per immergersi a pieno in una sinfonia di luci e suoni.
  Con edizioni precedenti in città in tutta Europa e negli Stati Uniti,
compresa la Casa Cardinale Ildefonso Schuster di Milano, questo
spettacolo ha già affascinato oltre un milione di visitatori.
L’esperienza audiovisiva è realizzata grazie a tecnologie
all’avanguardia e proiezioni scenografiche adattate con cura
all’architettura degli edifici storici. Per questa occasione, le pareti
e i soffitti del Palazzo della Luce, nel cuore di Torino, prenderanno
vita per uno spettacolo a 360º.
Roman Beranek, direttore creativo di Projektil, parla di questa ode:
  “Il nostro obiettivo era creare un’esperienza sensoriale in termini di
arte e tecnologia, mettendo in risalto la bellezza dell’architettura
storica. Attraverso la musica e la luce, il pubblico è immerso in un
viaggio nella creazione della terra ed è invitato a riflettere sul
ciclo della vita. È una fusione unica che trasforma ogni luogo in
un’opera d’arte vivente.”_
Genesis aprirà le sue porte il 28 marzo.

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Xochitl Gonzalez “Olga muore sognando” -Fazi Editore- euro 19,00

Tra rincorsa al successo, rivalsa e solitudine, questo romanzo di esordio della scrittrice (americana di origine portoricana e messicana) può essere letto anche come potente satira sociale. “Olga muore sognando” è stato proclamato miglior libro del 2022 da “New York Times”, “New York Post” ed altre prestigiose testate.

Protagonista è la brillante Olga Isabel Acevedo, nata a Brooklyn; lei e il fratello Prieto sono figli di genitori portoricani, attivisti in un movimento di estrema sinistra. Quando Olga aveva 13 anni, la madre Blanca aveva abbandonato la famiglia per consacrarsi alla lotta per l’indipendenza di Porto Rico e muoversi in clandestinità. Invece il padre tossicodipendente era morto di AIDS.

Diciamo che le vite di Olga e Prieto sono partite subito in ripida e faticosa salita; eppure loro due si sono sempre sostenuti a vicenda, riuscendo ad avanzare spavaldi sulla strada del successo.

Olga è diventata la wedding planner più richiesta dall’high society newyorkese ed ha uno spazio seguitissimo in una trasmissione televisiva, dai cui schermi dispensa i segreti delle buone maniere.

Invece Prieto si è dedicato alla politica; è deputato ed è definito l’Obama latino-americano. Due giovani che, nonostante tutto, ce l’hanno fatta a suon di intelligenza, impegno, forza di volontà e disciplina.

L’unico contatto con la madre è epistolare e a senso unico, dato che lei non è mai contattabile. Comunque segue i figli a distanza e le lettere che gli spedisce grondano contenuti ideologici e -peggio ancora- esprimono giudizi negativi sulle loro scelte. Blanca critica duramente il materialismo che permea le loro esistenze; tanto per dire, definisce la wedding planner una cameriera.

Olga, nonostante la vita brillante, glamour e sempre al top si ritrova avvitata su se stessa in una spirale di solitudine. In crisi finisce anche Prieto che si rifiuta di riconoscere la sua omosessualità. Condannato a una vita di finzione, in lui serpeggia la vergogna e l’angoscia di essere politicamente ricattabile.

Sullo sfondo c’è poi la complicata situazione di Portorico; paese caraibico storicamente flagellato da catastrofi naturali e politiche.

 

 

Kaveh Akbar “Martire” -La nave di Teseo-

Euro 22,00

Kaveh Akbar è un poeta iraniano-statunitense che con questo romanzo si affaccia alla prosa, e lo fa dimostrando un notevole talento; infatti “Martire” -finalista al National Book Award 2024- promette parecchio bene. Una storia in parte autobiografica e romanzo di formazione che tratta in modo personalissimo la morte, il martirio, il lutto e il senso di alcune vite.

Il protagonista, Koroosh Shams, per tutti Cyrus, è l’alter ego dell’autore; la sua vita è stata precocemente dilaniata dalla morte (poco dopo la sua nascita) della madre Roya, tra le vittime di un disastro aereo.

Era a bordo del velivolo civile iraniano che nel 1988 (nell’ambito di alcune manovre preventive di guerra) fu abbattuto da un missile statunitense. Tragedia che gli Stati Uniti negarono fosse un atto premeditato e dopo molto tempo la derubricarono a semplice incidente ed errore.

Per Cyrus è un trauma che gli scalpella l’anima e non lo lascerà mai più. Il padre decide di abbandonare l’Iran per andare a cercare fortuna proprio nel paese che gli ha strappato la moglie.

Cyrus, che all’epoca era troppo piccolo per metabolizzare quel lutto, cresce con un perenne vuoto interiore che ne condizionerà la vita di ragazzo iraniano –statunitense.

Riempie la voragine con disperazione, droghe, alcool, farmaci e notti insonni.

Studente mancato all’Università dell’Indiana, si mantiene con sporadici lavoretti, profondamento segnato dalla morte della madre, si dedica a un progetto letterario sul martirio, e cerca costantemente una risposta alla domanda: per che cosa si muore?

Il romanzo arriva fino al 2017, nel frattempo Cyrus è cresciuto e sullo sfondo scorrono anche avvenimenti storici; dalla guerra Iran e Iraq a riferimenti all’11 settembre, fino alla prima presidenza Trump… ed altro.

Scopriamo un Cyrus preda dell’ossessione per il martirio e affascinato da tutti i martiri; da quelli di fede islamica che si fanno esplodere in nome di Allah, a quelli che si danno la morte per la patria in guerra, o ancora, quelli per motivi politici. Cyrus è attratto anche da chi ne ha fatto una scelta di vita o artistica in virtù di un valore ritenuto superiore all’esistenza stessa.

Punto di svolta del romanzo è l’incontro con Orkideh, famosa e quotata artista iraniana, omosessuale e malata terminale di cancro, che a Brooklyn realizza l’installazione Morte-Parla (performance alla Marina Abrahamovic). Sarà l’artista a confermargli che l’arte resta, senza essere deteriorata dal tempo che passa; un valore supremo al quale dedicarsi. Tutto accompagnato da un’enorme sorpresa finale.

 

Fred Vargas “Sulla pietra” -Einaudi- euro 20

E’ il ritorno di Fred Vargas al giallo dopo 6 anni; ma anche il riaffacciarsi sulla scena di uno dei suoi protagonista di maggior successo; l’eccentrico detective Jean Baptiste Adamsberg, visionario commissario della squadra anticrimine del XIII arrondissement di Parigi.

L’azione avviene in Bretagna, nell’immaginario villaggio di Louviec, funestato da una serie di misteriosi delitti.

Il borgo è nei pressi dell’antico Castello di Combourg; era stato la residenza del visconte François René de Chateaubriand (1768- 1848) autore delle “Memorie d’oltretomba”, opera postuma in 12 volumi.

E’ lì che si svolge la decima indagine di Adamsberg; classico eroe anticonformista, apparentemente sempre svagato, in realtà sottilmente perspicace. Nel paesino bretone pare aggirarsi un killer, inoltre circola la leggenda di un fantasma che si aggirerebbe tra le case. Gli abitanti sostengono che il suo arrivo venga annunciato da inquietanti colpi che anticipano due omicidi.

Una vicenda che si dipana tra spettri e menhir, sui quali Adamsberg si sdraia per riflettere. E tra le pieghe del giallo ci sono anche precisi riferimenti storici sciorinati con cognizione di causa perché la Vargas è anche archeologa e medievalista.

 

 

 

Alla scoperta delle figure femminili di Sant’Antonio di Ranverso

Sabato 8 marzo 

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, sabato 8 marzo prossimo, è in programma alla precettoria di Sant’Antonio di Ranverso una visita alla scoperta delle figure femminili ritratte nei dipinti dell’abbazia. Partendo dai cicli di affreschi, uno dei più alti esempi di gotico piemontese, si scopriranno le storie di queste sante, in bilico tra avventura e fiaba, da Barbara a Marta, da Margherita a Maddalena.

Info: precettoria di Sant’Antonio di Ranverso – località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera alta, Torino

Sabato 8 marzo, ore 15 – costo:Oltre al prezzo del biglietto/ intero 5 euro – ridotto 4 euro – abbonamento musei prevede l’ingresso gratuito

Info e prenotazioni: da mercoledì a domenica 011 6200603 mail: ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

Mara Martellotta

Rock Jazz e dintorni a Torino: Emma Nolde e Renato Borghetti Quartet

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì.  Al Blah Blah suona la Matsumoto Zoku Band.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana si esibisce Federica Gerotto Quintet. Al Vinile è di scena Paolo Antonelli.

Giovedì. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Alberto Bianco. Al Capolinea 8 suonano Skulla & Gianluca Bargis. Al Vinile è di scena Defector. A Piazza Dei Mestieri suona la band Le Storie Sbagliate, per un omaggio a Fabrizio De Andrè. Al Blah Blah si esibisce il Babajack Duo.

Venerdì. Al Magazzino di Gilgamesh suona Lebron Johnson & Andy Pitt Band. Al Circolo Sud sono di scena i Varylem. Al Peocio di Trofarello suona David Ellefson. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Emma Nolde. Alla Divina Commedia è di scena Dario Lombardo & The Blues Gang. Al Folk Club suona  il Renato Borghetti Quartet. Al Magazzino sul PO si esibisce Lorenzo Kruger. Al Blah Blah sono di scena i The Sick Rose. Allo Ziggy suonano i Distorsione Armonica Totale +Fangosberla.

Sabato. Alla Divina Commedia si esibiscono gli Italian Graffiti. Allo Spazio 211 è di scena Francesco Di Bella. Al Blah Blah si esibiscono i Fiori + Calantha. Allo Ziggy suonano i Fucktotum +Bone Rattler.

Domenica. Alla Divina Commedia è di scena il trio Girinsoliti. Allo Ziggy suonano gli Infected+ Hedonic Lust.

Pier Luigi Fuggetta

A Tortona rivive l’imperatore dimenticato

A volte i grandi personaggi della Storia finiscono sulle etichette dei vini, dal Barbarossa a Carlo Magno, tanto per citarne alcuni, ricordo un Federico I di Svevia stampato su una bottiglia di Freisa di una nota casa vinicola chierese mentre altri personaggi, meno conosciuti ma non per questo meno lodevoli, vengono riscoperti e rivivono attraverso i vitigni della città in cui sono stati sepolti. È il caso per esempio di Giulio Valerio Maioriano (Iulius Valerius Maiorianus) o Maggioriano, imperatore romano vissuto nel V secolo. Ma chi l’ha mai sentito nominare, ben pochi credo, forse nessuno. A questo punto scatta in noi la curiosità, prendiamo un libro sull’Impero romano o facciamo una ricerca veloce su internet.
Lo troviamo eccome il Maioriano e gli storici ne parlano bene perché è stato un buon imperatore anche se ha regnato per pochissimi anni al tramonto dell’Impero. Pertanto, ben vengano le etichette storiche sulle bottiglie di vino, come accade a Tortona, dove Maioriano, di ritorno da una spedizione militare, fu assassinato. Ma neppure a Tortona sanno chi fosse, eppure è stato ucciso proprio nell’antica Dertona romana nel 461 ed è sepolto, secondo la tradizione, in quello che un tempo era un mausoleo collocato nella canonica della chiesa di San Matteo. I tortonesi hanno pensato di farlo rivivere e oggi lo ricordano con una serie di bottiglie di vino e con un sito web. Siamo di fronte a un sovrano tutt’altro che secondario e gli storici lo definiscono addirittura l’ultimo grande imperatore che risollevò le sorti dell’Impero poco prima della sua caduta. Difese con successo la penisola dagli attacchi dei barbari, strappò le Gallie e la Spagna ai Visigoti, inflisse pesanti perdite ai Vandali di Genserico nel nord Africa e attuò importanti riforme per rendere più eque le tasse a Roma. Concesse infatti una temporanea esenzione dalle imposte a tutti i sudditi e avviò una revisione del sistema tributario per eliminare gravi abusi. Con altre leggi tentò di ripristinare la pubblica moralità. Parecchi secoli dopo ricevette il plauso di Edward Gibbon, il celebre studioso inglese dell’Impero romano (1737-1794) che nella sua “Storia del declino e della caduta dell’Impero romano” scrive che “la figura di Maggioriano presenta la gradita scoperta di un grande ed eroico personaggio, quali talvolta appaiono, nelle epoche degenerate, per vendicare l’onore della specie umana”. Imperatore romano d’Occidente per pochi anni, dal 457 al 461, non riuscì a completare la sua opera. Venne tradito e ucciso dal suo generale di origini barbare Ricimero. Aveva appena 41 anni.
 Filippo Re
nelle foto ritratto dell’imperatore Maiorianus
chiesa di San Matteo a Tortona