CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 545

L'opera autobiografica di Primo levi raccontata a teatro

“ME, MI CONOSCETE” IL SISTEMA PERIODICO 
Convincente, emozionante, magnetica l’esecuzione scenica di Luigi lo Cascio, accompagnata da un sound design intenso ed energico firmato G.U.P. Alcaro

Lo spettacolo, realizzato con la collaborazione del Centro Internazionale di Studi Primo Levi, il Comitato per le Celebrazioni del Centenario della Nascita di Primo Levi e prodotto dal Teatro Piemonte Europa, è ipnotico, cattura la platea dal primo momento e riesce a conquistarne l’attenzione per tutta la durata. Il Sistema periodico è il testo dove si concentra tutta l’opera di Primo Levi, una rappresentazione completa della sua vita, il lavoro più “primoleviano” diceva Italo Calvino, il “migliore libro di scienza di tutti i tempi” secondo il quotidiano inglese The Guardian. Composto da ventuno storie, ognuna dedicata ad un elemento chimico, è la storia della passione originaria, della vocazione dell’autore: la scienza. Comincia con Idrogeno, che racconta la giovinezza di aspirante chimico e tecnico all’università, ma anche del lavoro in fabbrica e della ricerca tecnologica. In Zinco invece si affronta, con un tono decisamente più romantico, l’amicizia femminile, mentre nella centrale Cerio si viene catapultati nella dolorosa tragedia dei lagher, all’interno dei laboratori gestiti dai nazisti, dove Levi fa una grande amicizia, quella con Alberto Dalla Volta, già raccontata in Se questo è un uomo, l’altro famoso libro dello scrittore. A ventanni da Auschwitz, nelle pagine dedicate al Vanadio, Levi si imbatte in Müller, uno di quei tedeschi che avevano disposto di noi, che ci avevano guardato negli occhi, come se noi non avessimo occhi” racconta, un incontro dolente e toccante che lo riporta nell’angoscioso passato. Infine, in Carbonio, si parla della straordinaria scoperta, dell’atomo di carbonio appunto, “al carbonio, elemento della vita, era rivolto il mio primo sogno letterario, insistentemente sognato in un’ora e in un luogo nei quali la mia vita non valeva molto”  ricorda tristemente. Un capolavoro dedicato alla scienza dunque, ma anche un triste e drammatico viaggio nel passato, all’interno di una delle pagine più buie e disperate della storia dell’umanità durante la quale la barbarie è arrivata a toccare i più oscuri e spaventosi abissi di disumanità.

Maria La Barbera


 
 
 

Rinascimento e pittura russa, Conlon dirige all’Auditorium Rai

Il Rinascimento e la pittura russa sono i protagonisti assoluti di tre grandi concerti diretti dal maestro James Conlon, con protagonista l’Orchestra Nazionale della Rai di Torino, prima al Teatro delMaggio Musicale Fiorentino, nell’ambito dell’omonimo Festival,mercoledì 15 maggio, poi giovedì 16 maggio, alle 20.30, con replica venerdì 17 maggio alle 20, allAuditorium Rai Arturo Toscanini di Torino.Brano di apertura del concerto è il Trittico Botticelliano per piccola orchestra di Ottorino Respighi, composto nel 1927 su commissione della ricca patronessa Elizabeth Sprague Coolidge. Ispirata a tre famose tele del Botticelli esposte agli Uffizi di Firenze, La Primavera, L’adorazione dei Magi e La nascita di Venere, la pagina, di intima natura, è stata considerata dal musicologo Massimo Mila un “cesello di grazia quattrocentesca nella linearità chiara e nervosa di un’orchestra ridotta all’essenziale. Il soggetto e lo spirito di ciascuno dei dipinti del Botticelli  sono riprodotti in musica, evocati con antichi motivi, ritmi di danza, atmosfere delicate e la partitura è affidata ad un organico strumentale di proporzioni contenute.Il boemo Bohuslav Martinu è l’autore del secondo brano ispirato agli Affreschi di Piero della Francesca, composto nel 1953, nato dalla profonda suggestione provata dal compositore di fronte alla vista degli affreschi contenuti nella Basilica di San Francesco ad Arezzo e che fanno parte del ciclo ispirato alla Leggenda della Vera Croce.A chiudere la serata sono i Quadri di un’esposizione, composti da Modest Musorgskij nel 1874, per lorchestrazione di Maurice Ravel. Fu l’occasione di una visita alla mostra postuma di disegni dell’amico architetto Victor Hartmann a fornire a Musorgskij lo spunto per comporre una suite di pezzi pianistici di grande fantasia,in cui egli descrive dieci quadri in cui si celano altrettanti stati d’animo. Maurice Ravel, su cui la musica russa esercitò una potente attrattiva, rimase talmente conquistato dal fascino dei Quadri da realizzarne una versione orchestrale di straordinaria bellezza. I Quadri di un’esposizione si presentano come un percorso ideale in cui pagine descrittive si alternano a brevi episodi musicali che indicano lo spostamento del visitatore da una sala all’altra. L’autore utilizza spunti iconografici per creare con forza visionaria  quadri musicali autonomi che riflettono il gusto per le scene popolati, il mondo della  fiaba e dell’infanzia, la concezione della tradizione russa e della storia che affonda le sue radici nell’epica. La trascrizione geniale di Ravel rispetta il testo originale e comprendequattordici pezzi, di cui quattro costituiti da una Promenade.

 Mara Martellotta

Libere come Rita

Torino e le sue donne
Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Con la locuzione “sesso debole” si indica il genere femminile. Una differenza di genere quella insita nell’espressione “sesso debole” che presuppone la condizione subalterna della donna bisognosa della protezione del cosiddetto “sesso forte”, uno stereotipo che ne ha sancito l’esclusione sociale e culturale per secoli. Ma le donne hanno saputo via via conquistare importanti diritti, e farsi spazio in una società da sempre prepotentemente maschilista. A questa “categoria” appartengono figure di rilievo come Giovanna D’arco, Elisabetta I d’Inghilterra, Emmeline Pankhurst, colei che ha combattuto la battaglia più dura in occidente per i diritti delle donne, Amelia Earhart, pioniera del volo e Valentina Tereskova, prima donna a viaggiare nello spazio. Anche Marie Curie, vincitrice del premio Nobel nel 1911 oltre che prima donna a insegnare alla Sorbona a Parigi, cade sotto tale definizione, così come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack. Rientrano nell’elenco anche Coco Chanel, l’orfana rivoluzionaria che ha stravolto il concetto di stile ed eleganza e Rosa Parks, figura-simbolo del movimento per i diritti civili, o ancora Patty Smith, indimenticabile cantante rock. Il repertorio è decisamente lungo e fitto di nomi di quel “sesso debole” che “non si è addomesticato”, per dirla alla Alda Merini. Donne che non si sono mai arrese, proprio come hanno fatto alcune iconiche figure cinematografiche quali Sarah Connor o Ellen Ripley o, se pensiamo alle più piccole, Mulan.  Coloro i quali sono soliti utilizzare tale perifrasi per intendere il “gentil sesso” sono invitati a cercare nel dizionario l’etimologia della parola “donna”: “domna”, forma sincopata dal latino “domina” = signora, padrona. Non c’è altro da aggiungere. (ac)
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4. Libere come Rita
Una delle donne che forse più di tutte ha contribuito a cambiare il mondo con ciò che ha detto e ciò che ha fatto è proprio la nostra gloria nazionale, Rita Levi Montalcini, l’unica donna italiana ad aver vinto un premio Nobel scientifico. 
Una figura a cui dovremmo guardare più spesso, soprattutto nei momenti di difficoltà, quando ci sembra di aver perso la bussola: è una scienziata che soprattutto i giovani dovrebbero aver ben presente, in modo da poter scegliere a quale insegnamento aggrapparsi per perseguire la propria strada e i propri sogni. Non a caso sono stati numerosi i progetti del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) rivolti ai ragazzi, visti logicamente come l’unica possibile risorsa su cui investire per il futuro. Rita insegna che “nella vita non bisogna mai rassegnarsi né arrendersi alla mediocrità, occorre uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva; è necessario coltivare il coraggio di ribellarsi”. Contro questo periodo di immobilismo generale, Rita ci rincuora dicendo: “Qualunque decisione tu abbia preso per il tuo futuro, sei autorizzato, e direi incoraggiato, a sottoporla ad un continuo esame, pronto a cambiarla, se non risponde più ai tuoi  desideri”. Rita Levi Montalcini nasce a Torino nel 1909, da Adamo Levi, ingegnere elettronico e da Adele Montalcini, pittrice. Rita è sorella di Anna e di Gino, che diventerà negli anni Trenta un noto scultore e architetto, e sorella gemella di Paola, anche lei pittrice come la madre. Rita appartiene a una famiglia ebrea sefardita, molto colta, e i genitori instillano ben presto nei figli l’apprezzamento per la ricerca intellettuale. Trascorre l’infanzia e l’adolescenza in un ambiente sereno, ma dominato da una concezione vittoriana nel rapporto con i genitori, basato sulla netta distinzione dei ruoli femminili e maschili; centrale è la figura del padre, inizialmente convinto che la carriera professionale desiderata dalla figlia avrebbe interferito con i doveri di moglie e di madre. Rita riesce però a convincere il padre e si laurea nel 1936 in Medicina presso l’Università di Torino. Fin dal primo anno di Università lavora come internista nell’istituto di Giuseppe Levi, dove conosce Salvatore Luria e Renato Dulbecco. Ciascuno dei tre giovani, che diventeranno presto amici, vincerà il premio Nobel. Mentre si sta specializzando in Psichiatria e Neurologia, nel 1938, vengono emanate le leggi razziali e lei, di origine ebrea, è costretta a emigrare in Belgio. A Liegi continua a lavorare con Giuseppe Levi; quando la Germania nazista invade il Belgio, Rita scappa a Bruxelles per poi riuscire a tornare finalmente a Torino, dove continua a fare ricerca allestendo un piccolo laboratorio casalingo. Proprio in casa inizia a studiare il sistema nervoso degli embrioni di pollo. La guerra non è ancora finita e Rita trova rifugio nelle campagne torinesi, si sposta poi a Firenze, dove prende contatto con le forze partigiane e dove opera come medico al servizio degli alleati. Una volta finita la guerra torna nuovamente nella città natale e continua la sua attività di ricerca. Nel 1947 accetta l’invito del neuroembriologo Viktor Hamburger e si reca negli Stati Uniti presso la Washington University di Saint Louis. Qui, nel 1954, insieme al suo collaboratore Stanley Coen, scopre il Nerve Grovth Factor (NGF), una proteina coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso. E’ proprio grazie a questa scoperta che nel 1986 i due ricercatori otterranno il premio Nobel e sempre grazie a questa scoperta sono nate le discipline che vanno sotto il nome di Neuroscienze e che hanno come oggetto di studio il cervello umano. Nonostante la sua attività scientifica si sviluppi prevalentemente negli Stati Uniti, Rita non dimentica l’Italia. Tra il 1961 e il 1962 crea a Roma un centro di ricerca sul Fattore di Crescita del Tessuto Nervoso, NGF, e nel 1969 fonda e dirige l’istituto di Biologia Cellulare presso il CNR. Dal 1979 si trasferisce definitivamente in Italia. Nel 2002 fonda l’EBRI (European Brain Research Institute) sempre a Roma. Nel 1998 fonda la sezione Italiana della Green Cross International, riconosciuta dall’ONU e presieduta da Gorbaciov. Dal 2001 riveste la carica di senatore a vita. Rita levi Montalcini muore il 30 dicembre 2012, all’età di 103 anni, nella sua abitazione romana nel viale di Villa Massimo, nei pressi di Villa Torlonia. Il 31 dicembre viene allestita la camera ardente presso il Senato e il giorno seguente la salma viene trasferita a Torino, dove è accolta da una breve cerimonia privata con rito ebraico.
Il 2 gennaio si svolgono i funerali in forma pubblica. Dopo la cremazione, le sue ceneri vengono sepolte nella tomba di famiglia nel Campo Israelitico del Cimitero Monumentale di Torino.  Rita ha sempre affermato di essere e di sentirsi una donna libera e da donna libera ha vissuto. Ha deciso di rinunciare a un marito ed una famiglia per dedicarsi completamente alla scienza. Riguardo all’esperienza di donna nell’ambito scientifico, Rita descrive i rapporti con gli altri colleghi, collaboratori e studiosi, come incontri amichevoli e paritari, sostenendo sempre che “le donne costituiscono al pari degli uomini un immenso serbatoio di potenzialità, sebbene ancora lontane dal raggiungimento di una piena parità sociale.” Nella prima metà degli anni Settanta, Rita partecipa all’attività del Movimento di Liberazione Femminile per la regolamentazione dell’aborto. Da sempre paladina e promotrice del libero pensiero, ha dichiarato in più di un’occasione che tale visione di vita era da imputare a suo padre, il quale diceva sempre a lei e a sua sorella che dovevano essere entrambe libere pensatrici, “e noi siamo diventate libere pensatrici prima ancora di sapere che cosa volesse dire pensare”.  Non è possibile provare a riassumere degnamente centotre anni di vita illuminata in così poco spazio, e allora, per concludere questa rapida presentazione di una delle donne più grandi di sempre, mi piace ricordare una sua riflessione, a me molto cara, e che credo possa essere emblematica per il messaggio che la figura della scienziata rappresenta: “Rifiutate di accedere a una carriera solo perché vi assicura una pensione. La migliore pensione è il possesso di un cervello in piena attività che vi permetta di continuare a pensare usque ad finem, “fino alla fine”.
 

Alessia Cagnotto

 
 

Percorsi in Ando Gilardi Reporter

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GIORNALI campagna di diffusione del rotocalco sindacale “Lavoro”: una bella operaia, in sella ad una grossa motocicletta, mostra orgogliosamente la copia del settimanale; modello pubblicitario di moda in quegli anni. Fotografia di Ando Gilardi, Genova 1952.

Alla GAM di Torino, visita guidata alla mostra con la curatrice Daniela Giordi
 
In occasione dell’esposizione “Ando Gilardi Reporter. ITALIA 1950 – 1962” che la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di via Magenta 31, a Torino ospita nelle sale della Wunderkammer, in collaborazione con la “Fototeca Gilardi”, giovedì 16 maggio, alle ore16,30, sarà offerta ai visitatori la possibilità straordinaria di una visita guidata e gratuita (fino ad esaurimento posti, tel. 011/4429518) con la curatrice Daniela Giordi, esperta in tecniche e materiali della fotografia, già docente in ambito MIBAC e universitario nonché titolare dal 2004 di ABF-Atelier per i Beni Fotografici. L’appuntamento avrà come focus la figura di Ando Gilardi, storico della fotografia, teorico dell’immagine, giornalista e fondatore di riviste fotografiche, scoprendone un lato poco conosciuto o dimenticato: quello di fotoreporter. L’incontro sarà anche l’occasione per affrontare il tema della conservazione e valorizzazione dei materiali fotografici. E, nello specifico, il tema del lavoro di recupero, condizionamento conservativo e digitalizzazione del Fondo Gilardi Reporter, condotto da ABF-Atelier fra il 2016 e il 2017. Il progetto è stato determinante per scoprire l’entità, lo stato di conservazione e la rilevanza del corpus fotografico, composto da negativi originali e provini a contatto, complessivamente oltre 7000 scatti, realizzati principalmente come corredo dei fotoservizi del rotocalco “Lavoro”, settimanale della CGIL.Si parlerà delle stampe fotografiche esposte a parete e della relazione che intercorre con i documenti originali esposti nelle bacheche al centro della Wunderkammer: rotocalchi, manoscritti, dattiloscritti, le fotocamere con le quali sono stati realizzati i servizi durante le campagne fotografiche condotte da Gilardi fra il nord e il sud d’Italia. Materiali documentali che sono stati inseriti nel percorso con la funzione di evidenziare il pregio storico del Fondo, valorizzato in ragione dei suoi contenuti iconografici, utili alla costruzione e alla narrazione dell’Italia dal dopoguerra agli albori del boom economico oltre che, a buon diritto, della storia della fotografia italiana di quegli anni: esempio visivo del desiderio e impegno che gli italiani impiegarono con grande sforzo per rialzarsi anche culturalmente dalle conseguenze del secondo conflitto mondiale e per modernizzare il Paese, perché per Gilardi fotografare significava testimoniare che un fatto era realmente accaduto.
 

g.m.

 

– Ando Gilardi: “Giornali”, Genova, 1952
– Materiale in esposizione
– Daniela Giordi

 
 

"Fragilità" e bullismo a teatro

Con il patrocinio del Comitato Regionale per le Comunicazioni del Piemonte Corecomc e della Città di Torinoc Mercoledì 29 Maggio alle ore 21 al Teatro Alfieri di Torino va in scena lo spettacolo “Fragilità”

 
Realizzato da Incanto Arte Creativa sotto la direzione artistica di Marinella Locantore, lo spettacolo persegue anche un’importante finalità sociale: il ricavato verrà infatti devoluto all’Associazione
Essere Umani Onlus, che sostiene i giovani nelle scuole attraverso progetti speciali per combattere il fenomeno del Bullismo e Cyberbullismo. “Fragilità” come limite e cifra dell’umano da accettare e rivalutare per comprendere che ogni essere umano è per sua natura fragile ma non per questo necessariamente vulnerabile. Questo spettacolo parla di fragilità e bullismo attraverso il teatro, la musica pop, la danza e il disegno. Uno spettacolo nuovo e coinvolgente che darà forma e spazio ai sentimenti diversi e anche controversi che agitano i cuori dei ragazzi. All’evento presenzieranno la Senatrice Elena Ferrara, prima firmataria della legge 71 sul cyberbullismo e Alessandro De Cillis, presidente del Comitato Regionale per le Comunicazioni del Piemonte (Corecom) e vice presidente nazionale Corecom Italia. Una serata per giovani e adulti, per interrogarsi, sentirsi compresi e valorizzati attraverso l’azione profonda e allo stesso tempo liberante dell’arte. Grandi emozioni e tanta passione sarà sprigionata dagli artisti cantanti ballerini e attori di Incanto, talenti artistici ma soprattutto persone di cuore che mettono a disposizione la loro”espressione” per divulgare temi sociali importanti. A far da cornice e scenografia ci saranno i disegni di Intimo Distacco. Il ricavato dello spettacolo sarà devoluto all’Associazione Essere Umani Onlus,movimento di giustizia che opera negli ambienti a rischio di disumanizzazione.Per scoprire le attività dell’associazione Essere Umani Onlus, visitare il sito www.essereumani.org Cresce l’attesa e anche la richiesta dei biglietti. Per prenotare per tempo i biglietti, soprattutto per partecipare in gruppo oppure per richiedere informazioni rivolgersi a
 
INFO E PRENOTAZIONI
 
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SITOwww.incantoartecreativa.it
 

Nel segno di Andrea Camilleri

La forza psicologica del pensiero narrativo: presentazione del libro di e con GIUSEPPE FABIANO edito da FRANCOANGELI con Giampiero Leo

Nella prima parte del libro, si definiscono concetti e termini psicologici di base, si ampliano i conosciuti e se ne aggiungono di originali, quindi ci si concentra sulla forza del pensiero narrativo.  L’analisi di questa straordinaria e necessaria abilità intellettiva consente di evidenziarne il ruolo essenziale nella vita e nell’evoluzione dell’essere umano, valorizzandone l’importanza anche nella professione psicologica. La seconda e la terza parte del testo sviluppano una particolare attenzione alle opere di Andrea Camilleri e l’analisi attenta di alcune di esse e dei personaggi proposti porta il lettore al passaggio qualitativo dalla narrazione psicologica allo sviluppo di particolari quadri psicopatologici.  Una lettura originale delle opere dello scrittore siciliano che riporta il senso di umanità e originalità che si nasconde dietro la vita e la sofferenza reale, contrastando l’asetticità e rigidità di quadri psicopatologici per come spesso descritti nei manuali di settore. È così che personaggi come il commissario Montalbano, l’agente Catarella o storie riportate ne Il casellanteL’età del dubbioLa presa di Macallè disegnano percorsi di vita dove traumi, emozioni, espressioni psicopatologiche e capacità di resilienza si attualizzano, sostituendo lo “spazio” della teoria con il “respiro” della realtà.

David Row. Investigations

La coinvolgente irregolarità dell’arte nelle opere dell’artista americano esposte alla “metroquadro” di Torino

Si intitola significativamente “Investigations” la raffinata personale di David Row (americano di Portland, dove nasce nel ’49, e che lascia per vivere oggi a New York e nel Maine), ospitata da Marco Sassone negli spazi della Galleria “metroquadro” di corso San Maurizio, a Torino. “Investigations”, come dire: indagine, ricerca, salto libero nell’imprevedibilità di forme, spazi e colori; meandri in cui Row s’aggira da abilissimo pittore –detective, senza fretta alcuna (almeno sembra) di uscirne con in mano soluzioni e verità definite una volta per tutte, tastando invece con fiuto e assoluta singolarità i sentieri più immaginifici dell’arte. Che, per lui, sono sentieri di costante e certosina investigazione segnica e cromatica, portata avanti “attraverso forme, spazi, poligoni irregolari ed ellissi carichi – si è scritto – di grande energia ma bilanciati da un equilibrio e una precisione formale, a loro volta fratturati e frammentati da sottili linee in vividi colori fosforescenti”. Riconosciuto oggi fra i più importanti artisti americani operanti nell’ambito della pittura astratto-concettuale, David Row è stato allievo alla “Yale University” di Al Held – cui molto devono ancora oggi i suoi “spazi geometrico-luminosi” – e a New York ha lavorato fianco a fianco, negli anni Ottanta, con l’allora giovane generazione di artisti astratti come Peter Halley, Mary Heilmann (figure centrali nel movimento concettuale di quegli anni) e Ross Bleckner (celebri i suoi lavori di riflessione sull’epidemia dell’Aids). Alla torinese “metroquadro“, l’artista espone una contenuta serie (in tutto una decina) di recenti lavori a olio su carta “Arches”, ideati per la realizzazione di tele e tavole di dimensioni maggiori, ma assolutamente opere in tutto e per tutto perfettamente compiute e vive di una loro ben specifica e poetica realtà. Realtà di forme inaspettate e ricorrenti, come le ellissi e le grandi X, affidate al fascino esemplare di colori intensi e saturi e di una particolare qualità della luce, che é memoria, ancor oggi vivida, degli anni adolescenziali trascorsi in India. “Investigazioni”, si diceva. Su forme all’apparenza “scivolose” (la definizione è dello stesso Row), che, nel gioco delle parti, si diverte e tende a coinvolgere lo spettatore, invitandolo quasi a interpretare le parti finali di soggetti dalle marcate o bislacche geometrie, mancanti nel perimetro regolare della cornice ed estese “oltre”, ad occupare simbolicamente lo spazio circostante. Così negli “Studi” (tutti del 2017) “for Depth Grammar” o “for Moon shadow”, non meno che nel delicato “for New flash” accanto al più perentorio “for State of the Nation”, ci troviamo di fronte a lavori bidimensionali “che possono anche essere letti come ‘spaziali’”, aggiungendo una “dimensione scultorea”, uno “spazio infinito multiprospettico” a motivi modulari che inizialmente rappresentano solide certezze, interrotte e frammentate – work in progress – da linee nette e luminose e da segni graffiti e graffianti che raccontano di casualità impreviste e imprevedibili, come del continuo ricorso a sperimentazioni grafiche di tattile e visiva piacevolezza. Insignito dei più prestigiosi Premi e all’attivo numerosissime mostre a livello internazionale, David Row (che oggi insegna alla “The School of Visual Arts” di New York) è presente nelle collezioni permanenti dei più importanti Musei americani, e non solo; di recente il “Portland Museum of Art” ha acquisito una sua grande opera che sarà posta all’ingresso dello stesso Museo e il CMCA (Center for Maine Contemporary Art) di Rockland inaugurerà il prossimo anno, nel suo nuovo edificio progettato da Toshiko Mori, la prima tappa di una mostra itinerante il cui spazio espositivo principale sarà dedicato proprio ai lavori di Row.

Gianni Milani

“David Row. Investigations”
Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino; www.metroquadroarte.com
Fino al 20 giugno
Orari: dal mart. al sab. 16/19

Nelle foto

– “Study for Depth Grammar”
– “Study for Moon shadow”
– “Study for New Flash”
– Study for State of the Nation”

 

Montiglio Monferrato, ciak si gira

Proseguono felicemente le riprese dello stimato regista, il Sindaco Tasso: “Una vetrina importante per il rilancio del territorio

Sino al prossimo 25 maggio il borgo senza tempo di Montiglio Monferrato, nato nel 1998 dalla fusione con i colli divini di Colcavagno e Scandeluzza, prosegue la propria vocazione fattiva a set del nuovo film, dal titolo ‘Qui non si muore’ di Roberto Gasparro, giovane regista di belle speranze che, per l’occasione, ha radunato attorno a sé un cast vincente di firme di ieri, di oggi e di sempre del miglior cinema italiano, con un occhio attento anche alle nuove proposte di talenti. “Una vetrina importante, che ben si sposa con la vocazione di richiamo internazionale insita in Montiglio Monferrato, e che intendiamo nel tempo rilanciare e sostenere: l’opera di Roberto Gasparro ha colorato paese e frazioni di umanità, partecipazione ed entusiasmo. Ovunque tutt’intorno si respirano gioia e soddisfazione. Gliene siamo vivamente grati”. Montiglio è un paese meraviglioso, gli abitanti sono fantastici, noi stiamo tutti benissimo e mangiamo tantissimo. Quindi, prevedo di ingrassare molto prima di far rientro a Torino: sarà forse anche per questo che qui mi definiscono spesso un’artista di peso e di spessore?”, scherza soddisfatta Margherita Fumero, nel film madre del Sindaco che riporterà la vita a Montiglio Monferrato. E prosegue: “Un’ esperienza arricchente: letti copione e trama, ho detto subito sì, perché insegnano che cos’è l’amore, anche attraverso la rinascita di un borgo sul fil rouge del valore assoluto della libertà in cui ciascuno può realizzarsi secondo il proprio sentire, dove si rispettano le idee degli altri. Un grande insegnamento a tutti, specialmente in questi controversi, litigiosi tempi moderni”. Per Alessandro Gamba, alla prima prova da protagonista in video cui spetta la parte del figlio della Fumero, quale primo cittadino omossessuale grazie al cui operato torneranno le fatidiche nuove nascite nel borgo monferrino, “Alle volte la vita e il caso sorprendono: non sono assolutamente del mestiere, ma mi sono dato subito disponibile a prendere la palla al balzo per quest’avventura piovutami addosso dal Cielo come un dono provvidenziale. L’attualità del tema è stata la molla decisiva perché accettassi subito e di buon grado: il mio modo di contribuire attivamente all’incontro armonico tra generazioni differenti, tutte partecipi della sfida più giusta, ovvero il prosieguo della vita in un luogo che profuma di storia”. Interviene anche Franco Barbero, storico e affermato attore comico piemontese: “Interpreto uno degli anziani del Paese. L’opera racchiude in sé un bellissimo messaggio: occorre aprirsi al nuovo cogliendo di esso e da esso tutto il meglio che può apportare, evitando però di farsi fagocitare completamente da esso. E’ l’equilibrio che fa la differenza”. Entusiasmo pieno anche per il nome di punta del cast, il Premio David di Donatello Tony Sperandeo: “Se è vero che noi siciliano siamo famosi per le calorose accoglienze, qui ci hanno superato con una gentilezza da applausi. Siamo trattati da star, eppure siamo soltanto operai del cinema. Ringrazio il Sindaco, la Giunta, la gente e i Professionisti tutti che ci hanno coadiuvato. Sono conosciutissimo per i film di mafia, però questa è la quarta volta che indosso i panni di un prete”. Per poi concludere: “Mi piace Roberto Gasparro, è carico di entusiasmo e dirige tutto benissimo: avrei dovuto fare la parte di un ministro burbero e cattivo, invece l’ho convinto a farmi vestire i panni di Don Gaetano. E poiché sono un prete discolo, la curia mi ha messo al 41 Bis, battuta che cito anche nel film: quindi, alla fine, tutto torna!”. Anche il valente Giorgio Serra è, nella finzione cinematografica “Piero, uno dei quattro vecchietti discoli che sperano di rilanciare questo paese. Con la viva speranza che questi sogni si avverino, colpendo la sensibilità di tutti e di chi di dovere anche nella realtà quotidiana”, confida. Nel cast anche la brava Barbara Bacci che, come lei stessa ammette, si è “Già innamorata del posto e dell’atmosfera monferrina, che permea tutto di energia speciale, particolare, e tutto questo mi piace tantissimo. Su questo set è magia pura l’incontro fra generazioni diverse unite sotto il segno di questa pellicola che è di per sé un inno alla vita, sintesi virtuosa dell’appuntamento, al crocevia del destino, di mondi, storie e componenti differenti ma complementari. C’è una connessione naturale, ho molto da imparare dai più anziani del cast. Roberto Gasparro è un ottimo collante fra tutti, ha le idee chiare ma lascia anche ampio spazio in scena al meglio di ciascuno di noi, stimolandoci continuamente”. Conclude il regista: “Sono loro a darmi la carica, hanno una vis artistica genuina e instancabile. Persone cordiali a telecamere spente tutti, perfette macchine da guerra mentre giriamo. Al momento tutto molto positivo, dal ciak all’interazione con la gente e il territorio. Grazie di cuore al Sindaco Dimitri Tasso, vera anima di questo Paese, amatissimo e stimatissimo da tutti i suoi concittadini. Proseguiamo ancor più decisi e convinti sulla strada felicemente intrapresa”.
 

Al Museo Diocesano in mostra l'Ultima Cena

Ultima cena è il titolo emblematico della mostra che il Museo Diocesano di Torino, in piazza San Giovanni 4, ospita dalla scorsa Santa Pasqua fino a domenica 9 giugno prossimo

L’esposizione raccoglie tredici opere d’arte contemporanea ispirate al tema dell’Ultima Cena, realizzate da tredici artisti di respiro nazionale, proprio come tredici erano i commensali intorno a Gesù. Gli artisti presenti sono Armenia, Cavegnago, Consiglio, Costanzo, Frazzi, Gajoni, Love, Monta, Pesce, Prevenuto, Rota Candiani, Sikie Todaro. L’Ultima Cena costituisce una delle scene bibliche più rappresentate nella storia dell’arte. Coglie un istante drammatico che si legge negli atteggiamenti e nel volto dei protagonisti, con Cristo rappresentatoal centro, nella sera precedente il giorno in cui sapeva che sarebbe stato crocifisso e quando già conosceva le intenzioni degli Apostoli, di Giuda che lo avrebbe tradito per pochi denari, e di Pietro, che lo avrebbe rinnegato per ben tre volte. Se l’Ultima cena più celebre è  quella dipinta da Leonardo da Vinci, oggi conservata nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, molti altri artisti sono riusciti, come quelli le cui opere sono ora in mostra al Museo Diocesano, arappresentare questo soggetto in dipinti carichi di mistero e misticismoL’evento è realizzato in collaborazione con il Parco d’arte Quarelli di Roccaverano nell’Astigiano, che espone en plein air molte opere di artisti di fama e talenti emergenti. L’ingresso ha il costo di 5 euro comprensivo della visita al Museo, gratuito con la tessera Torino Musei.

 
Mara Martellotta

Una sorta di alchimia

“In fondo questa mia vita è un eterno concerto

un palcoscenico aperto animato ogni giorno di piu’”

La mia mente si accende e il destino qui gioca i suoi assi…

Se solo potessi non smetterei piu’.

Lo scorso venerdi ho tenuto un concerto, con la voce non proprio ok, insomma, un polipetto che vuole accompagnarmi senza regredire quasi a voler sfidare il medico che me lo toglierà nei prossimi mesi. Ma quel concerto mi ha fatta riflettere, la preoccupazione che mi portavo sulle spalle da settimane, la “non presenza” della mia voce per come la intendo io, quella presenza, l’agitazione e sound check non proprio splendidi mi hanno fatta arrivare sul palco con i sudori….poi …la magia, e tutto ha funzionato perfettamente, inaspettatamente. E quando accadono queste cose, proprio allora, comprendo sempre più la ragione di questa mia vita fatta di sole verità e zero finzioni, a partire dall’ammettere con me stessa che questo è ciò che volevo, voglio e vorrò fare per sempre: cantare.

“Una sorta di alchimia

che ci vuole qua

basta un niente ed è magia

tutto il resto… banalita”

Con la realizzazione di questo brano, Renato Zero dimostra tutto il suo Amore per la musica che è, da sempre, il suo lavoro. Direttamente da “Presente” questa settimana ci soffermiamo su “Non smetterei più”, cantata con un’altra voce grandiosa, quella di Mario Biondi. Nel brano viene descritto anche il rapporto con i suoi fans, quindi una canzone che parla di Renato come artista e del suo pubblico. Una foto, un saluto e ciascuno si goda Renato, dopo tanto silenzio era giusto arrivasse anche a te….Mi piace molto la tonalità calda con cui Mario Biondi pronuncia quel “Renato”

“Mille volte caduti, mille volte rialzati… Questa nostra determinazione ci premia così”

Lo dico sempre nelle mie lezioni:”il tuo livello di soddisfazione dipende dal tuo livello di coraggio” ed il coraggio lo esprimi anche nella forza che metti per rialzarti quando cadi, quando credi di non farcela più. Perchè il cuore dell’uomo è come il vestito del povero; è dove è stato rammendato più volte che è più forte. Ascoltate questo album, se desiderate, prestate attenzione a questo brano “non smetterei mai” e rimettete in bolla la vostra vita, se potete, perchè esiste, a parer mio, un solo tipo di successo: quello di fare della propria vita ciò che si desidera, e non smettere mai. Se siete tanto fortunati da trovare il tipo di vita che vi piace, dovreste anche trovare il coraggio di viverla.

Buon ascolto!

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=7VKKCptpRb4

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Chiara vi segnala i prossimi eventi … mancare sarebbe un sacrilegio!