CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 540

Frida, scatti fotografici come grandiosi atti d’amore

Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi. “Frida Kahlo: through the lens of Nickolas Muray”. Fino al 3 maggio

E’ proprio vero. Le prime immagini che ci vengono in mente – quelle iconiche da sempre registrate nell’immaginario collettivo – quando si pensa a Frida Kahlo (Coyoacàn, 1907 – 1954) sono quelle nate dagli scatti realizzati per colei ché stata la più celebre pittrice messicana del secolo scorso, dal fotografo ungherese, naturalizzato americano, Nickolas Muray.

Ed eccola Frida, in “Frida Kahlo on white bench”, “Frida Kahlo sul bancone bianco”: sfondo verde con fiori bianchi, occhi neri e labbra rosse e carnose, sguardo fiero e sopracciglia così folte da sembrare disegnate apposta per il suo volto, una coroncina di fiori sui capelli raccolti da una treccia e un’ampia gonna (com’era solita portare, ispirata al costume delle donne “matriarche” di Tehuantepec) con scialle nero a coprirle le spalle. E’ questa l’immagine per eccellenza, datata 1939, e immagine – guida della rassegna (mostra-evento, portata per la prima volta in Europa) con cui Next Exhibition e ONO Arte Contemporanea presentano, fino al prossimo 3 maggio, negli spazi della Palazzina di Caccia di Stupinigi, la collezione completa degli scatti più segreti – sessanta complessivamente – realizzati su Frida dall’amico e amante Nickolas Muray (Seghedino, 1892– New York, 1965), fotografo delle dive hollywoodiane – da Greta Garbo a Liz Taylor a Esther Williams e a Marilyn Monroe – nonché pioniere nel campo della fotografia pubblicitaria a colori fin dai primi anni della sua carriera. L’incontro fra i due avviene in Messico, nel’31, attraverso il comune amico e artista Miguel Covarrubias. Lei è maritata al famoso pittore e suo maestro Diego Rivera. Ma il loro è un matrimonio “ballerino”, traballante anziché no, molto “libero” come si direbbe oggi. Lei, anticonformista, nemica di pregiudizi e comuni convenzioni, carismatica, indipendente e determinata, artista dai tratti naif impreziositi da giocose cifre surrealistiche mai prese (checché ne dicesse André Breton) in totalizzante considerazione, resta subito affascinata da quel fotografo di bell’aspetto e gran bravura, neppur quarantenne e già famoso nel mondo stellare d’oltre Oceano, self made man emigrato negli States a 21 anni “con 25 dollari e 50 parole di inglese in tasca”.

Fra i due è subito colpo di fulmine. Immediato ed esclusivo. “Nick, ti amo come si ama un angelo”, gli scrive lei, subito dopo il primo incontro, in una lettera che si chiude con l’impronta di un bacio stampato con squillante rossetto rosso. La loro storia d’amore continuerà per dieci anni, trasformandosi poi in una fortissima amicizia e complicità spirituale che dureranno fino alla morte di Frida, nel 1954. Bastava uno sguardo per intendersi al volo. E Nickolas riusciva a fermare quegli sguardi, quei gesti, quegli intrecci di corpo mani e anima in immagini per altri assolutamente impensabili. E per lui autentici immediati atti d’amore. Oltreché opere di eccelsa levatura tecnica e stilistica. Foto realizzate dal 1937 a Tizapan, in Messico, fino a quelle del 1948 scattate a Pedregal e a Coyoacan piuttosto che a New York: in studio (suggestiva quella in cui Frida siede a fianco di un suo celebre dipinto del ‘41, autoritratto a mani incrociate con quattro dei suoi emblematici pappagalli, osservata da Nickolas con silenziosa attenzione, attento a non turbare l’incanto del momento) o in posa “con la blusa di satin blu” o sui tetti dei grattacieli di New York. Sigaretta in mano. Forte. Aria di sfida. Altera come gli enormi palazzoni che le stanno alle spalle.

Quest’era Frida Kahlo: prim’attrice di una vita profondamente travagliata, ma coraggiosa al di là d’ogni limite, testimoniata in mostra a Stupinigi anche da un’installazione multimediale simulante i rumori e i colori dell’incidente di cui rimase vittima a soli 18 anni sull’autobus che la riportava da scuola a casa e che la martoriò nel corpo (32 interventi chirurgici) per l’intera esistenza, fino all’amputazione della gamba destra nel 1953, un anno prima della scomparsa. E a raccontare visivamente l’artista sono ancora in rassegna, accanto alle foto di Muray, le riproduzioni degli ambienti a lei cari, come il celebre letto d’arte e di sofferenza (su cui, grazie ad uno specchio a soffitto compose i suoi primi terapeutici autoritratti), i gioielli e gli abiti larghi, ricamati e variopinti testimonianti la sua incrollabile adesione a un’identità messicana mai venuta meno nel tempo.

Gianni Milani

“Frida Kahlo: through the lens of Nickolas Muray”
Palazzina di Caccia di Stupinigi, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi (Torino); per info 380/1028313 o info@nextexhibition.it
Fino al 3 maggio
Orari: dal mart. al ven. 10/17,30 – sab. e dom. 10/18,30

***

Nelle foto

– “Frida on White Bench”, Nickolas Muray Photo Archive
– “Frida Blue Dress hig rez”, Nickolas Muray Photo Archive
– Frida e  Nickolas in studio, Nickolas Muray Photo Archive
– “Frida NY roottop”, Nickolas Muray Photo Archive

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria. A cura di Laura Goria

 

Silvia Bisconti “Diario di una viaggiatrice eccentrica” -La nave di Teseo-   euro 18,00

Difficile inquadrare in un genere preciso questo libro che è un mare magnum di più cose: diario di viaggio, taccuino in cui sono annotati pensieri e suggestioni, foto, consigli per viaggiare con leggera essenzialità…e tanto altro. Nel ricco curriculum dell’autrice ci sono gli studi di moda a Milano, un decennio come braccio destro di Romeo Gigli, poi mente creativa di Maliparmi e l’esperienza come personal designer per una sceicca araba. Ma il punto di svolta è il 2013 quando fonda l’azienda Raptus & Rose. Un innovativo concetto di Moda Liberata: forme morbide e tessuti pregiati che arrivano da lontano e hanno il sapore dell’Oriente. Silvia Bisconti da anni gira il mondo in lungo e in largo alla ricerca di bellezza a 360 ° e stoffe uniche e particolari da drappeggiare in vestiti che potete scoprire sul suo sito @raptusandrose, ordinare via Internet o acquistare nel suo Atelier sul Fiume a Belluno. Un vestire che ha del rivoluzionario perché realizza la libertà di essere se stesse. Colori carezzevoli, morbidezza e comodità. In questo libro troverete i suoi viaggi e le sue valigie perfette per ogni latitudine, rigorosamente riempite in base alla legge del tre (che lascio a voi scoprire). 7 capitoli sciorinati in circa 300 pagine lievi e divertenti, all’insegna del motto “La bellezza ci salverà”. In cui lei miscela vestiti, alberghi con l’anima, luoghi adorati …in primis l’India, amori letterari, cibi e odori, sfilate e lavoro…raccontati da parole e foto fatte con l’iPhone.

 

 

 

Sigrid Nunez “L’amico fedele” -Garzanti_ euro 17,60

Sigrid Nunez è una delle più importanti autrici contemporanee, molti romanzi al suo attivo e collaborazioni prestigiose con testate come “The New York Times” e “The Wall Street Journal”, e con questo libro ha vinto il prestigioso National Book Award. E’ un romanzo sull’immenso valore della letteratura, perché, come sosteneva Karen Blixen, anche la più dilaniante sofferenza diventa sopportabile se inserita in una storia…insomma, le parole come balsamo. E la protagonista cerca di elaborare un lutto proprio sciorinando pagine che scorrono tra citazioni letterarie, riflessioni personali, ricordi e pensieri. A morire è il suo insegnante di scrittura, quello che tanti anni prima le aveva dischiuso l’inesauribile universo dei libri. Lei era stata l’allieva più promettente e nello scorrere degli anni la loro amicizia si era nutrita di complicità e confidenze, amore, affetto, lettura e scrittura: tutto sullo sfondo della scena letteraria newyorkese. Lui, la sua complicata vita di seduttore seriale e le sue 3 mogli, fino al giorno in cui si suicida buttandosi dal Golden Gate Bridge. Il suo mentore le lascia in eredità un gigantesco alano di nome Apollo che diventa l’inseparabile compagno: entrambi sono orfani del professore e finiscono per condividere il dolore. Tra una passeggiata nel parco e la vita nel minuscolo appartamento, la protagonista ripensa all’amico, ai momenti che non torneranno, al mondo intellettuale della grande mela (un ritratto spietato e ironico) al perché del suicidio e finisce per   rendersi conto che Apollo è l’unico a cui confidare pensieri ed emozioni.

 

 

Mariangela Traficante   “Luoghi e libri”  – Morellini Editore- euro 17,90

Questo libro è una fonte preziosa di spunti letterari per viaggiare in modo diverso in Italia ed Europa. Impostate la road map su scrittori che amate e poi seguite le pagine trasformandovi in “turisti letterari”, ovvero un modo diverso di percorrere il mondo. Si parte dal bicerin con gli scrittori a Torino, si percorre l’italico stivale sulle orme degli autori più amati in 14 regioni; poi si vola in 13 tappe, dall’Inghilterra all’Islanda, si attraversa tutta l’Europa e si plana in Turchia. In ogni capitolo troverete non solo le grandi città dove da sempre la letteratura si respira ad ogni angolo (come Parigi, Londra o Praga) ma scoverete anche informazioni su paesini ed angoli misconosciuti che però hanno grandi storie da raccontare. Ogni capitolo è una messe di indirizzi, riferimenti web, indicazioni precise e dettagliate, citazioni, calendari di eventi letterari e, tra le tante altre cose, anche vari consigli di lettura. Qui non trovate le solite mete turistiche delle guide tradizionali; ma sono suggeriti luoghi in cui andare alla ricerca dello spirito più profondo degli scrittori che amate. Non l’hotel di grido, ma il ben più emozionante b&b nella dimora di Agatha Christie, la camera dell’albergo di Parigi in cui morì Oscar Wilde…o ancora il tavolo del bar di Lisbona in cui era solito sedersi Fernando Pessoa. Tutto condito da incursioni anche nell’arte, nella musica e nel cinema (con ricostruzioni di scene e romanzi, come per esempio i “Buddenbrook” a Lubecca) per offrirvi itinerari a 360° gradi e memorabili. Buona lettura e buon viaggio sulle orme di…..(di chi decidetelo voi).

 

 

Il Vescovo degli Ebrei: a Palazzo Lascaris storia di una famiglia ebraica

Mercoledì 19 febbraio, alle 17.00, il Consiglio regionale del Piemonte ospiterà la presentazione del volume “Il Vescovo degli Ebrei. Storia di una famiglia ebraica durante la Shoah“, storia di una famiglia ebraica durante la Shoah di Meir Polacco e Paola Fargion

L’evento, a cura dell’Istituto Storico Parri, si svolgerà nella sala Viglione di Palazzo Lascaris ed è patrocinato dal Comitato Resistenza e Costituzione. Dopo i saluti istituzionali del Consiglio regionale e di Dario Disegni, Presidente della Comunità ebraica di Torino, gli autori dialogheranno con Silvia Girolami, docente e guida del Memoriale della Shoah di Milano.

Il Vescovo degli ebrei, pubblicato dalla casa editrice alessandrina puntoacapo nella collana “Le impronte – Le storie del territorio”, propone il racconto della famiglia Ancona e dell’ultimo rabbino della sinagoga di Acqui in fuga alla ricerca di salvezza durante gli anni della guerra. Una peregrinazione durata quasi due anni, iniziata ad Acqui Terme dopo l’8 settembre 1943 e terminata il 25 aprile 1945 a Stresa. Protetti e aiutati da un intero territorio e da tante persone che, in silenzio e con grande abnegazione, misero a rischio la propria vita, per salvare gli ebrei dalla furia nazista.

Ispirato a una storia inedita e assolutamente vera, il romanzo di Paola Fargion e Meir Polacco si propone di far luce sul lato più nobile dell’essere umano, dove i valori di dignità, altruismo e coraggio prevalsero su morte, violenza e discriminazione nel momento più tragico e buio della storia del ‘900.

I nuovi concerti di “Vitamine Jazz”

Gli appuntamenti all’Ospedale Sant’Anna per la rassegna che arriva  al centosessantaduesimo concerto e alla sua terza stagione, organizzata per la “Fondazione Medicina a Misura di Donna” e curata da Raimondo Cesa

I concerti avranno inizio dalle ore 10.00 nella sala Terzo Paradiso in via Ventimiglia 3 aperta al pubblico, dedicata alle pazienti e ai loro cari.

Martedì 18 febbraio “Let’s Beat”

Max Ferrarini chitarra ritmica e voce
Oscar Malusa percussioni e voce
Maurizio Malano chitarra solista

I Let’s Beat! nascono a Torino nel 2005 dall’idea di tre amici nonché musicisti autori e compositori
già attivi da molti anni sulla scena musicale cittadina.
Il gruppo ha all’attivo centinaia di concerti in Italia e all’estero. In tutto questo tempo ha saputo
plasmare il progetto iniziale dandogli forma, anima e carattere fino a renderlo un suggestivo spettacolo fatto innanzi tutto di musica, la straordinaria musica dei Beatles che noi tutti conosciamo… ma anche rendendolo davvero emozionante, struggente e dolcemente nostalgico. Lo stesso spettacolo che alterna il sogno lisergico al limpido viaggio dell’anima, quello che ci riporta inesorabilmente ai meravigliosi anni ’60 di John, Paul, George e Ringo, quello che ci fa toccare con mano e ci restituisce intatte le ruvide e indelebili pieghe di un epoca straordinaria che non ritornerà mai più.
Selezionati dalla FIFA nel 2006 hanno suonato a Colonia per i campionati del mondo di Calcio a margine della partita Germania vs Inghilterra.
Tra tutte ricordiamo la loro performance a Verona prima dell’esibizione di Paul McCartney e più di recente i loro concerti al Teatro Smeraldo e al Piccolo di Milano per i festeggiamenti dei 50 anni dei Beatles in Italia. Sempre nell’ambito dei medesimi festeggiamenti nel Luglio del 2016 hanno suonato anche al Teatro
Ariston di Sanremo alla presenza di Mrs Freda Kelly la celebre segretaria dei Beatles.

Giovedì 20 febbraio “Duo Masuero-Aluffi”

Carlo Masuero chitarra
Arcangelo Aluffi percussioni

L’impianto musicale di questa formazione ha le sue radici nelle melodie e nei ritmi del Sud America, subendo anche l’influenza latina dei paesi Sud Europei. Il repertorio abbraccia un arco temporale di circa un secolo, dall’inizio del 1900 ai giorni nostri, con brani della tradizione popolare di grandi autori quali: Pixinguinha, Azevedo, Cartola e brani più moderni influenzati dalla corrente jazzistica, composti da autori come: A. C. Jobim, J.Bosco, Barroso ed altri ancora.

“Girando per Torino”, omaggio al cinema

È stato presentato alla stampa e al pubblico torinese il tour di cineturismo, un percorso composto da 20 postazioni multimediali dislocate nel centro cittadino che raccontano la storia del cinema realizzato a Torino nel corso degli anni, dalla nascita della settima arte ad oggi

In questo anno di celebrazioni che vedono il cinema al centro della programmazione culturale della Città, il progetto ha l’obiettivo di offrire ai torinesi e ai turisti la possibilità di approfondire e rivivere venti pellicole che hanno contribuito a rendere Torino meta e location privilegiata di tantissime produzioni cinematografiche.

Venti differenti postazioni nei luoghi più iconici della città, ciascuna dedicata ad una specifica pellicola: da Cabiria fino al recentissimo The King’s Man, passando attraverso Profondo RossoSanta MaradonaLa Meglio GioventùDopo MezzanotteIl Divo.

 

Nell’anno in cui il Museo Nazionale del Cinema e Film Commission Torino Piemonte compiono rispettivamente vent’anni, il tour permetterà ai visitatori di scoprire aneddoti e curiosità su ciascuno dei film individuati, evidenziando ancora una volta lo storico legame tra Torino e l’industria culturale e produttiva del cinema.

 

Ognuna delle venti postazioni è stata realizzata esternamente con grafiche ed immagini legate ad uno specifico film, alternate a pannelli riflettenti che mirano a valorizzare il contesto architettonico circostante. Internamente la postazione permetterà al pubblico di accomodarsi su sedute che richiamano quelle dell’Aula del Tempio della Mole Antonelliana per visionare video legati alla pellicola e ascoltare commenti e curiosità che hanno la voce di Steve Della Casa e Efisio Mulas, storici conduttori della trasmissione radiofonica di Radio Tre “Hollywood Party”.

 

Una mappa cartacea – che elenca e raffigura le venti location e i venti film ad esse collegate – verrà distribuita presso gli uffici del turismo di Piazza Castello e Piazza Carlo Felice; è naturalmente possibile visionare l’intero tour sul sito di Torino Città del Cinema, ed è inoltre possibile scaricare gratuitamente e utilizzare l’App “Italy For Movies”: all’interno di quest’ultima si trova l’itinerario dedicato a Torino Città del Cinema 2020, con percorsi e itinerari turistici ideati e curati da Steve Della Casa Federica De Luca.

 

Se la postazione punta infatti alla valorizzazione dell’opera filmica, l’uso dell’applicazione – “l’App che fa CIAK”, lanciata lo scorso anno dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali- permette di valorizzare la location di riferimento, restituendo così al pubblico tanto l’anima cinematografica quanto quella turistica del progetto.

 

A supporto della promozione del tour è stata inoltre attivata una collaborazione con le Associazioni dei taxisti torinesi e con le Associazioni delle Guide Turistiche regionali, affinché conoscano e promuovano il progetto presso i rispettivi bacini d’utenza: sono infatti stati programmati due specifici momenti di incontro per fornire informazioni e materiali relativi a “Girando per Torino”.

 

Per valorizzare il risvolto turistico del progetto è stata inoltre realizzata un’articolata campagna di comunicazione composta da affissioni, videomapping, merchandise, supporti editoriali di vario tipo (brochure, cartoline, mappe), insieme alla promozione sui più importanti social e ad una pianificazione media (banner e adv sulle principali testate nazionali).

 

Le ‘opere’ – a completamento dell’installazione inaugurata lo scorso novembre in piazza Castello – sono realizzate da Fargo Film, ideate e progettate dallo Studio Loredana Iacopino Architettura.

Tutte le postazioni saranno attivate e fruibili a partire dalla giornata odierna, per l’intero anno. La postazione situata all’interno della Stazione di Porta Nuova verrà invece aperta al pubblico a partire dalla giornata di martedì 18 febbraio.Il progetto è stato curato da Film Commission Torino Piemonte e Museo Nazionale del Cinema e vede Iren come Partner Tecnico di “Girando per Torino”: in questo modo il Gruppo conferma il proprio interesse alle iniziative culturali del territorio.

 

L’iniziativa fa parte di ‘Torino Città del Cinema 2020. Un film lungo un anno’, un progetto di Città di TorinoMuseo Nazionale del Cinema e Film Commission Torino Piemonte, con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in collaborazione con Regione PiemonteFondazione per la Cultura Torino, media partner Rai.

www.torinocittadelcinema2020.it

#TOcinema2020

Suonare ovunque

Caleidoscopio rock USA anni 60 / Sei hai un manager… ok; ma se il management è autogestito (magari da un membro della band o da un suo parente) la vita è dura e non bisogna mai lasciarsi scappare l’occasione per potersi esibire

 

Ecco che allora proprio le bands che non hanno un “gestore di date ed eventi” devono fare della flessibilità la loro bandiera:

suono adattabile alle circostanze, ai gusti, al pubblico, alla fascia d’età dei fruitori, al contesto, alla tipologia di locale o di location. Sono frequenti gli esempi di bands anni Sessanta (sovente meteore o di medio-piccolo cabotaggio) costrette ad adattarsi ai più diversi ambienti, che, nell’impossibilità di sostenere le spese dei trasferimenti, si prodigavano ad esibirsi in qualsiasi contesto utile in un raggio anche ristretto geograficamente. Altre si trovavano di fronte alla necessità (nonostante il budget limitato) di effettuare spostamenti estenuanti tra cittadine non sempre vicine e comode da raggiungere; con il risultato che le spese di viaggio superavano regolarmente gli introiti delle esibizioni e dei gigs ed era solo la passione (se non anche l’incoscienza) a sostenere l’entusiasmo e la voglia di continuare. Un esempio lampante di quest’ultima fattispecie erano i Sanz, Incorporated [o Sanz, Inc.], band dell’area di Petersburg nel sud-ovest dell’Indiana. Gli elementi erano giovanissimi, tutti tra i 14 e i 17 anni di età, con un management sostanzialmente a conduzione famigliare (famiglia Ficklin): Steve e Brent Ficklin (V), Dave Adams (chit), Larry Adams (b), Bob Ficklin (org), Ron Hale (batt). Furono in buona sostanza una band che non poteva permettersi momenti di pausa, dal momento che gli introiti non erano mai abbastanza (sebbene non avessero la “zavorra” di un manager apposito da pagare); e fu così che si vedevano costretti a muoversi ininterrottamente tra Indiana, Illinois e Kentucky (Tri-state area), tra Petersburg, Santa Claus, Evansville, Fairfield, Sullivan, Lawrenceville, Princeton, Terre Haute, Bloomington, fino ad Owensboro e Morganfield. Inoltre qualsiasi location era fattibile, senza essere choosy ed andare troppo per il sottile; i Sanz, Incorporated spaziavano da teen dance clubs a hotels, da parcheggi a drive-in bars a feste di liceo, a parties in piscina, a feste per eventi sportivi o a margine di fiere (praticamente ovunque tranne i parties universitari). Questa attività febbrile li tenne lontani dalle “Battles of the Bands”, competizioni che invece coinvolgevano regolarmente molti gruppi dell’epoca; infatti l’ingresso in sala di registrazione fu autonomo, in sordina, con mezzi semplici, niente ambizioni sfrenate e niente spinte da produttori o sponsor e portò all’incisione di due 45 giri nell’arco di un semestre con l’etichetta Skoop (Showboat records a Santa Claus, Indiana). Nel dicembre 1966: “My Baby’s Eyes” [Steve & Bob Ficklin] (1069; side B: “I’m Gonna Leave You”) e nel maggio 1967: “I Just Want You” [Steve & Bob Ficklin] (1072; side B: “I’ll Never Forget”). Specialmente i brani del primo 45 giri ricevettero una discreta accoglienza nelle programmazioni di alcune radio dell’Indiana e dell’Illinois, ma l’effetto sfumò rapidamente. Infatti i Sanz, Incorporated andarono incontro al tipico destino delle bands in età liceale; si sciolsero entro l’autunno 1967, dopo che i componenti più “anziani” raggiunsero la high school graduation (nel caso specifico il batterista Hale e il cantante Steve Ficklin).

 

Gian Marchisio

 

 

 

Un viaggio a piedi nudi

Domenica 16 febbraio 2020 – ore 15.30 e ore 17.30 Teatro Vittoria, via Gramsci 4 – Torino

RACCONTAMI UNA NOTA – Favole musicali per famiglie

 

Due sorelle che scoprono con gioia e a suon di musica il mondo, a piedi nudi: domenica 16 febbraio 2020, al Teatro Vittoria (ore 15.30 e ore 17.30) per la rassegna “Raccontami una nota” dell’Unione Musicale, va in scena Un viaggio a piedi nudi, uno spettacolo di teatro musicale con le attrici Debora Mancini e Lara Quaglia e i musicisti Daniele Longo al pianoforte e Mario Marzi ai sassofoni.

Lo spettacolo prosegue lunedì 17 febbraio con due repliche riservate al pubblico delle scuole (Teatro Vittoria, ore 9.30 e ore 11).

 

Il viaggio di Emma e Matilde comincia presto, come racconta la più grande delle due sorelle: «Nella pancia della mamma Emma non tirava calci: ballava! Quando è nata, io portavo già le scarpe, quelle vere, quelle che indossano i grandi, per andare lontano…». A piedi nudi Emma e Matilde lasciano il luogo sicuro degli affetti, la loro casa, per affrontare il cammino che conduce alla conoscenza di sé, del mondo… in musica. E così una notte il letto diventa una nave, il lenzuolo una vela e via, si leva l’ancora e – senza scarpe – si salpa, con la musica in poppa! Perché è proprio la musica, alla base della vita, a dettare i ritmi del loro cammino, a cominciare dal primo battito del cuore, dal primo vagito, dal primo respiro, per proseguire con i ritmi e le melodie delle danze, che raccontano le storie antiche e la memoria di tanti popoli. Musiche che provengono dai più svariati repertori popolari e dal genio di grandi compositori del passato e del mondo di oggi, come Johann Sebastian Bach, György Ligeti, Béla Bartók, Aram Khačaturjan, Chick Corea, Daniele Longo e Mario Marzi.

 

Il percorso delle due protagoniste ha radici profonde: parte dal coraggio dei più piccoli che, senza scudi e senza scarpe, corrono alla scoperta del mondo, giocano per allenarsi al vivere adulto; un viaggio dentro le emozioni che attraverso la musica, le parole e la danza rivelano la loro natura più semplice, immediata e pura. Alla fine del viaggio Emma e Matilde si troveranno unite e forti nel loro essere sorelle, a piedi nudi. Afferma Debora Mancini: «Ci siamo domandati come fare a unire la danza – quella che viene dal contatto con la terra, con i ritmi ancestrali, col rapporto corpo-natura – con la musica e con i bambini. La risposta era nel cuore: con un viaggio. Il viaggio come metafora della vita, della scoperta di sé, simile a una danza su una partitura di emozioni e passioni, attraverso una storia intima di sorellanza».

 

Leggi qui l’intervista completa ai protagonisti dello spettacolo (RealtàDeboraMancini).

 

La rassegna di spettacoli di teatro musicale per famiglie Raccontami una nota si conclude (per questa stagione) nel mese di marzo con Pierino e il lupo, intramontabile fiaba musicale di Sergej Prokof’ev (Teatro Vittoria, 8 marzo 2020).

 

BIGLIETTI

numerati interi, euro 10

bambini (fino a 12 anni compiuti), euro 5

in vendita presso la biglietteria dell’Unione Musicale e online su www.unionemusicale.it

 

INFORMAZIONI, VENDITA E PRENOTAZIONI:

Unione Musicale – martedì e mercoledì 13-17 – venerdì 10.30-14.30

tel. 011 566 98 11 – info@unionemusicale.it

www.unionemusicale.it/bambini

 

 

I PROTAGONISTI

Dal 1998 Debora Mancini e Daniele Longo realizzano, tra le altre cose, reading musicali, spettacoli e concerti in duo e in collaborazione con diversi artisti (pittrici, disegnatrici, scenografe e scenografi, scrittori, fotografi, stiliste, tecnici, danzatori, grafiche, designer, fioristi, musiciste e musicisti di varia estrazione, partecipando a rassegne, festival ed eventi in tutta Italia e all’estero.

Realtà Debora Mancini nasce nel 2012 per desiderio di Debora Mancini, attrice, Daniele Longo, musicista e Giorgia Mancini, musicista, dopo quasi due decenni di ricerca, studio, spettacoli, concerti, incontri e collaborazioni. Il progetto artistico condiviso è dedicato alla produzione, cura e organizzazione di eventi teatrali, musicali e culturali, partendo dalla considerazione che la ricerca di commistioni con altre forme d’arte è uno dei fondamenti della poetica dell’associazione, così come la diffusione di arte, letteratura e musica con i mezzi della parola, della musica eseguita dal vivo.

Tra i progetti realizzati ricordiamo Le avventure di Martina Tremenda in musica, dedicato al personaggio del libro, edito da Scienza Express, ispirato all’astrofisica Samantha Cristoforetti; Martina Tremenda nello spazio, spettacolo teatrale commissionato da INAF- Istituto Nazionale di AstroFisica; Donna. Dei diritti e dei doveri, rassegna di spettacoli dedicata alle donne; Con tutti i sensi – Emozioni per tutto l’anno, rassegna di spettacoli dedicata alle famiglie e ai bambini al Teatro Menotti di Milano; Girotondo di storie edizioni 2017-2018 e 2018-2019, rassegna di spettacoli dedicata alle famiglie e ai bambini per la Biblioteca Italo Calvino e il Comune di Senago (MI); concerti e lezioni-concerto con AIGAM e Nati Per la Musica; letture e spettacoli per i progetti promossi da Nati Per Leggere; Buon compleanno Calvino con reading musicali e letture integrali in musica; III edizione di pH_performing Heritage 2013 presentata dal distretto Culturale Evoluto di Monza e Brianza.

***

UN VIAGGIO A PIEDI NUDI

Musiche di Bach, Ligeti, Bartók, Kačaturjan, Corea, Longo, Marzi

e repertori popolari di varia origine

Audio e luci di Andrea Pozzoli

Regia di Aurelia Pini

 

Daniele Longo / pianoforte, cajon, piccole percussioni

Mario Marzi / sassofoni, piccole percussioni

Debora Mancini / attrice

Lara Quaglia / attrice circense

 

produzione RealtàDeboraMancini

 

Consigliato per un pubblico dai 4 anni

 

All’Alfieri “I soliti ignoti”, repliche sino a domenica, tra gli attori Giuseppe Zeno

Vinicio Marchioni è interprete e regista: “Vorrei che il pubblico applaudisse divertito, commosso e innamorato di questi personaggi indimenticabili”

“Adattare un classico è sempre una sfida rischiosa e difficile. Ma sono le sfide che vale la pena vivere, insieme ai miei compagni di strada”, dice Vinicio Marchioni. Perché di sfida si è davvero trattato.

 

Appropriarsi della sceneggiatura dei Soliti ignoti che nel 1958 Mario Monicelli scrisse con la insostituibile collaborazione di Suso Cecchi D’Amico e della coppia Age&Scarpelli – l’operazione di adattamento la si deve oggi ad Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli -, far rivivere su di un palcoscenico l’Italia da poco uscita dalla guerra con tutta la sua miseria, con le periferie romane e il sottobosco fitto di allegre anime perse, di delinquenti da strapazzo campioni dell’arte d’arrangiarsi, portare sessant’anni dopo soprattutto la vitalità tragicomica di un cinema che s’irrobustiva in modo definitivo e cambiava registro per significare appieno una pagina nuova, quella della commedia all’italiana, capace di essere, sotto diverse angolazioni e aspirazioni, una delle facce di maggior successo del cinema di casa nostra. Si rimandavano in soffitta finalmente le tante derivazioni farsesche, del varietà e dell’avanspettacolo, il facile divertimento basato a tratti sull’improvvisazione, sull’effetto immediato e scontato, sulla scenetta dal blando doppio senso o della gag più o meno sgangherata, per porsi di fronte al gioco ondivago della quotidianità, alla necessità di affrontare una volta per tutte argomenti drammatici visti imperturbabilmente sotto la lente dell’approfondimento dei caratteri, della leggerezza e dell’ironia, di una calma comicità. Peppe er Pantera, Tiberio, Mario, Dante Cruciani che insegna ai giovani ad aprire le casseforti, Ferribotte e Capannelle, tutti a tentare il colpo a via delle Cannelle, dietro piazza Venezia, il colpo che dovrebbe cambiare per sempre la loro vita, non sono più maschere ma uomini in carne e ossa, veri, come mai autentici, per le strade e per le piazze di Roma, alla fermata del tram che li dovrebbe portare chissà dove, a fare il gran botto e, caduta una semplice parete, a ritrovarsi a guardarsi in faccia uno con l’altro, a ritrovarsi alla fine ingabbiati in un nuovo lavoro cui hanno sempre cercato di sfuggire, mantenerne la spericolata semplicità, questa era la sfida.

“Ci sono dei film che segnano la nostra vita e I soliti ignoti per me è uno di questi -, prosegue Marchioni, oggi quarantacinquenne, divenuto famoso con il Freddo nel televisivo Romanzo criminale di Sollima, preziose collaborazioni al cinema con Valeria Golino, Paolo Genovese (The place), Donato Carrisi e Ivano Di Matteo (Villetta con ospiti, tuttora al cinema, un curriculum teatrale di tutto rispetto, da Ronconi ad un non dimenticato Kowalsky nel Tram di Williams per la regia di Latella ad una personale rivisitazione di Cecov (Uno zio Vanja). “Come uomo mi sono divertito e commosso di fronte alle peripezie di questo gruppo di scalcinati ladri. Come attore mi sono esaltato davanti alla naturalezza con cui recitano mostri sacri come Mastroianni e Gassman. Come regista ho amato il perfetto equilibrio con cui Monicelli rende un argomento drammatico in modo leggero”. Marchioni ha guardato ad una storia, immersa ormai nel passato, e ne ha esaltato le tematiche eterne che la possono avvicinare a noi, considerando ad esempio quella povertà che aveva le proprie radici nel dopoguerra ma che è ancora presente, sebbene sotto altre forme, in tante zone d’Italia; ha riconsiderato la “vitalità indistruttibile” – anche a percorrere binari che non portano da nessuna parte – di un gruppo di uomini, con la loro arruffata sfrontatezza, con gli sbagli, con gli amori sinceri e no che s’intrecciano lungo la storia, con le risate e con le paure, con il divertimento e la commozione di un tempo che ancora oggi possono coinvolgerci (“spero che gli spettatori possano uscire da teatro con gli stessi sentimenti che provo io dopo una visione del film: divertiti, commossi e perdutamente innamorati di quei personaggi indimenticabili”).

Con lui e l’amico Giuseppe Zeno, sul palcoscenico dell’Alfieri da stasera (ore 20,45, domani sabato ancora stesso orario) a domenica (ore 15,30), sono Augusto Fornari, Salvatore Caruso, Vito Facciolla, Antonio Grosso, Ivano Schiavi e Marilena Anniballi; le scene sono di Luigi Ferrigno, i costumi di Milena Mancini, le musiche di Pino Marino.

 

Elio Rabbione

 

La foto di Vinicio Marchioni è di Valeria Mottaran; la foto di Giuseppe Zeno è di Azzurra Primavera; mentre quella di scena è di Lanzetta-Capasso

I vestiti del grande cinema in mostra alla Mole

 

La Sartoria Annamode è un’autentica  eccellenza torinese del Made in Italy dagli anni Cinquanta a oggi nel realizzare abiti per il cinema

Alla Mole, il Museo Nazionale del Cinema inaugura venerdì 14 febbraio la mostra ‘Cinemaddosso, i costumi di Annamode da Cinecittà a Hollywood’, curatrice  Elisabetta Bruscolini.

 

Sono esposti 100 costumi per 40 film. Nel percorso  ogni abito è esposto come un’opera d’arte e corredato da brani di film, citazioni, e pannelli touch. Passeggiando sui 280 metri della rampa sotto la volta dell’edificio  dell’Antonelli si rivivono  70 anni della storia imprenditoriale al femminile delle sorelle Anna e Teresa Allegri, che hanno reso celebre la Annamode in tutto il mondo.

 

“La mostra – sottolinea  il presidente del Museo del Cinema, Enzo Ghigo (nella foto ) – è il primo grande evento organizzato dal Museo nell’ambito delle celebrazioni di Torino Città del Cinema 2020″.

Sarà  visitabile fino al 15 giugno. Esposti  costumi di film come Guerra e Pace di King Vidor (1956), Matrimonio all’italiana di Vittorio De Sica (1964),  Marie Antoinette di Sofia Coppola (2006).

Al Regio è tempo di Nabucco

L’opera rappresentò il primo trionfo di Giuseppe Verdi. Il coro ne è protagonista indiscusso

Il coro rappresenta sicuramente il nucleo portante del Nabucco di Giuseppe Verdi in scena al teatro Regio di Torino, di cui l’atteso debutto è previsto stasera alle 20. L’opera, che verrà rappresentataper dieci recite fino a sabato 22 febbraio prossimo, nasce da una nuova produzione del Teatro Regio di Torino, in collaborazione con il Teatro Massimo di Palermo e con il contributo della Reale Mutua, che stasera offrirà un buffet. La regia è firmata da Andrea Cigni, l’Orchestra del Teatro Regio è diretta dal maestro Donato Renzetti, il Coro dal maestro Andrea Sechi.

“Il coro rappresenta un elemento fondamentale nel Nabucco spiega il maestro Andrea Sechi  in mancanza del quale il dramma mancherebbe della sua ragion d’essere. I solisti presentano, infatti,delle forti caratterizzazioni ed una precisa funzione. Lo sfondo, sia dal punto di vista drammaturgico sia da quello musicale, è dato dal coro. Del resto l’opera del Nabucco, tra le più celebri del repertorio verdiano, si apre con la famosa aria “Gli arredi festivi“.

Nel ruolo di Nabucco si alterneranno i baritoni Giovanni Meoni, Damiano Salerno e Leo Nucci, grande leggenda del mondo della lirica che ha fatto di questo personaggio verdiano il suo cavallo dibattaglia. Nel ruolo di Abigaille si alterneranno le soprano Csilla Boross e Tatiana Melnychenko; in quello di Ismaele i tenori Stefan Pop e Robert Watson. Nel ruolo di Zaccaria di alternano quali interpreti Riccardo Zanellato e Ruben Amoretti, infine in quello diFenena le mezzosoprano Enkelejda Shkosa ed Agostina Smimmero.

L’opera di soggetto biblico, su libretto di Temistocle Solera, rappresentò il primo grande successo del compositore nativo di Roncole di Busseto. Il celebre coro “Va’ pensiero “, per decenni considerato tiepidamente dalla critica, ebbe la sua consacrazione grazie allo stesso Verdi, in una tarda rievocazione del melodramma, diventando addirittura mitologia dopo l’esecuzione diretta da ArturoToscanini un mese dopo la morte del maestro.

La grande originalità verdiana consistette nel rendere il coro un elemento centrale del dramma,  vale a dire un vero e proprio personaggio,  apace di entrare dentro i fatti, non soltanto semplicemente commentandoli o raccontandoli. Verdi è stato in grado di condensare la portata emotiva e scenica della storia nel cosiddetto “coro-nazione”, un gruppo coeso e forte, destinato a trionfare, ad andare, nel corso dell’opera, in battaglia,  perderla, poi attaccare di nuovo con furore, lamentare la libertà perduta, prepararsi al martirio ed essere capace a risorgere. Al di là  dellepossibili connotazioni patriottiche e politiche, in questo si concentrala scelta vincente di Verdi.

Mara Martellotta