CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 524

Pianezza in Blues, il 29 settembre è di scena Ginger Brew

La vocalist di fama internazionale sarà accompagnata dalla Filarmonica Jazz Band diretta dal Maestro Sergio Chiricosta.

 

Tempo d’autunno, tempo di blues per gli appassionati della cosiddetta ‘musica dell’anima’. Domenica 29 Settembre, infatti, alle ore 21.30 sul Sagrato del Santuario di San Pancrazio a Pianezza in Via San Gabriele 3 andrà in scena un evento unico nel suo genere, a chiudere l’estate musicale piemontese (ingresso a 15 euro, per informazioni e prenotazioni: info@filarmonicajazzaband.it).

Un sodalizio fortunato e riuscito, quello con la Filarmonica Jazz Band pianezzese – esordisce il noto imprenditore e benefattore piemontese Cristiano Bilucaglia, presidente di ‘uBroker SRL’ partner dell’iniziativa culturale – inaugurato nel settembre 2018 con l’acclamato concerto di Flavio Boltro, trombettista di fama internazionale. E che anche quest’anno si rinnova con l’atteso show della Filarmonica Jazz Band diretta dal Maestro Sergio Chiricosta con un’ospite d’eccezione: Ginger Brew, regina del blues con un pedigree artistico di tutto rispetto che annovera in curriculum collaborazioni di primo piano con stelle di prima grandezza tra le quali Phil Collins, Mariah Carey, Paolo Conte e Adriano Celentano e i torinesi Anno Domini Gospel Choir”, spiega Bilucaglia, ideatore di ‘ZERO’, il primo social utility network italiano che, come dice il nome, azzera le bollette di luce e gas, incluse accise e Canone Rai.

Che aggiunge: “Un modo per ripercorrere i classici del songbook americano, sulle note dei successi di Michael Bublè, il più noto interprete contemporaneo di questo genere musicale che ha già ampiamente dimostrato di saper ricalcare e fare sue, con riletture originali e di classe, le orme dell’intramontabile Frank Sinatra. Con in più una nobile finalità solidale: il ricavato verrà interamente devoluto alle Borse di Studio dei Corsi Musicali dell’Associazione pianezzese ‘Filarmonica Jazz Band presieduta e diretta dal valente Paolo Baldino”.

Tutte le informazioni su www.filarmonicajazzband.it e www.scelgozero.it.

 

Al MAO recital concerto con cetra cinese guqin

“Festa di Mezz’Autunno”  Giovedì 26 settembre, ore 19

Il suono è particolarmente caldo e melodioso. Ad ascoltarlo ci s’immerge in atmosfere di totale raccoglimento e meditazione. Le note arrivano dalla “cetra cinese” o guqin, “antico strumento a corde” (questo il significato del termine) la cui origine pare risalire ad oltre duemila anni fa e a cui è affidato il recital concerto promosso dall’Istituto Confucio dell’Ateneo torinese al MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino, in programma giovedì 26 settembre, a partire dalle ore 19. L’occasione nasce per commemorare una delle ricorrenze tradizionali più care ai cinesi, la cosiddetta Festa di Mezz’Autunno o Festa della Luna o delle Torte Lunari, la più importante subito dopo la Festa di Primavera – o Capodanno Cinese – ed il solstizio d’inverno. Dichiarata “eredità culturale intangibile” nel 2006, dal 2008 è diventata Festa nazionale della Repubblica cinese; non ha una data fissa, ma ogni anno cambia in base al calendario lunare e coincide con il quindicesimo giorno dell’ottavo mese del calendario cinese, che secondo quello gregoriano cade fra la seconda metà di settembre ed i primi giorni di ottobre. L’anno scorso si celebrò dunque il 24 settembre, quest’anno il 13 settembre scorso e verrà per l’appunto ricordata, sotto la Mole, con il concerto appositamente organizzato dall’Istituto Confucio al MAO di via San Domenico 11. Alle sette corde del guqin si esibirà la musicista (oggi fra le più acclamate in Cina), nonché etnomusicologa e specialista in musica cinese, Cheng Yu; sette i brani musicali proposti per un concerto, articolato fra musica e poesia, ispirato ad un celebre racconto popolare che narra la storia di un vecchio e cieco suonatore di guqin che per tutta la vita inseguì l’antica profezia “quando romperai la millesima corda del tuo strumento, riacquisterai la vista…”.

L’artista: Cheng Yu

Nata a Pechino nel 1964, ha iniziato ad accostarsi alla musica sin da bambina ereditando la passione del padre e seguendo le orme del maestro Li Xiangting. Cheng Yu è stata solista di liutopipa (liuto cinese a quattro corde dalle antichissime origini) e guqin per la rinomata China National Orchestra di Pechino e oggi è un’affermata e celebre musicista. Ha conseguito un dottorato di ricerca con un lavoro di carattere etno-musicologico incentrato sul pipa e il guqin presso la School of Oriental and African Studies (SOAS) di Londra; in seguito, ha fondato il Chinese Music Ensemble del Regno Unito, la London Youlan Qin Society e il pluripremiato Silk String Quartet. Ha tenuto concerti in oltre 40 paesi proponendo brani di musica tradizionale cinese e contemporanea ed è autrice di numerose pubblicazioni musicali e accademiche. Molteplici sono i riconoscimenti ricevuti e le sue collaborazioni l’hanno vista esibirsi al fianco di artisti del calibro di Lang Lang, Matthew Barley e Damon Albarn. Nel 2019, ha intrapreso una collaborazione con London Symphony Orchestra e Third Orchestra in un “ensemble interculturale” contemporaneo al Barbican Art Centre di Londra, città dove attualmente risiede e dove insegna e fa ricerca presso la SOAS.

 

L’ingresso al concerto è libero su   prenotazione, fino ad esaurimento posti.

Per prenotare: segreteria@istitutoconfucio.torino.it

Info: tel. 011/6703913

g.m.

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

A cura di Laura Goria

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Delia Ephron “Avviso di chiamata”   – Fazi –   euro 17,50

L’autrice -romanziera, sceneggiatrice, drammaturga e giornalista- è la sorella della più nota Nora Ephron e con lei ha collaborato a vari progetti, tra i quali il film “C’è posta per te” interpretato da Meg Ryan e Tom Hanks.

Dopo il successo del suo precedente romanzo “Siracusa”, ora, con “Avviso di chiamata”, ci incanta e fa divertire con le peripezie della sconclusionata famiglia di Eve Mozell: 44 anni, organizzatrice di eventi a Los Angeles e un padre anziano di difficile gestione. E’ in parte autobiografico, rischiara alcuni retroscena del menage degli Ephron ed ha ispirato l’omonimo film con Meg Ryan e Diane Keaton, (che ne ha diretto anche la regia).

Attraverso la voce narrante di Eve entriamo nelle stanze emotive e affettive del suo nucleo familiare abbastanza disfunzionale. Tutto condito con ampie dosi di humor e scenette anche comiche, ritmo incalzante e uno sguardo affettuoso, ma lucido, sulle dinamiche sottese alla sua famiglia.

La madre si è fatta beccare a letto con un insegnante di biologia e se n’è andata da tempo. Il padre, dalla bottiglia facile, con altalene maniaco-depressive, entra ed esce dai reparti di psichiatria geriatrica, ma continua anche a imbastire strampalate storie d’amore e il matrimonio con la sua infermiera (chissà come andrà a finire).

Poi ci sono le altre due sorelle con le quali il legame affettivo è forte, intriso di confidenze e complicità, ma anche inquinato dallo scaricabarile per quanto concerne l’impegno non indifferente del padre.

Georgia è brillante, decisamente ambiziosa e ha messo la carriera in pool position. Ha scalato il successo fino a diventare direttrice di una famosa rivista di moda e poi ne ha creata una tutta sua a partire dal nome auto celebrativo “Georgia”.

Maddy è invece un’attricetta di soap opera dalla vita incasinata per un’ imprevista gravidanza e relative conseguenze sul fronte del lavoro. Di più non anticipo e vi lascio il gusto di scoprire i caratteri, le rivalità, gli amori, le mete e gli affanni delle tre sorelle che si palleggiano il padre, e i loro complessi rapporti tra New York e Los Angeles.

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Nora Ephron “Il collo mi fa impazzire. Tormenti e beatitudini dell’essere donna”   – Feltrinelli – euro 10,00

Ecco l’occasione per allargare l’orizzonte e leggere anche uno dei libri di successo della sorella Nora Ephron. Scrittrice, regista, produttrice cinematografica e sceneggiatrice di grande successo, nata a New York nel 1941 e morta nel 2012. In eredità ci ha lasciato film cult come “Harry ti presento Sally”, “Insonnia d’amore”, C’è posta per te” ed altre spassosissime commedie romantiche interpretate da attori della caratura di Shirley Mc Laine, Nicole Kidman, Meg Ryan, Tom Hanks ed altre stelle di Hollywood.

“Il collo mi fa impazzire” è del 2006, ma non ha scadenza, perché con leggerezza, profondità e salvifica ironia sciorina tormenti e beatitudini dell’essere donna alle prese con i nonsense della vita e gli anni che incalzano, segnando viso, corpo e anima di tutte noi. Nora Ephron era nata a Brooklyn in una famiglia di brillanti intellettuali ebrei: i genitori erano commediografi e l’avevano chiamata nientemeno che come l’eroina di “Casa di Bambola” di Ibsen. Era cresciuta a Beverly Hills ma amava profondamente New York. Nel libro c’è tutto il suo amore per la Big Apple, attraverso il racconto delle case e delle zone in cui ha traslocato tranche della sua vita (forse le pagine più belle in assoluto). Poi ci sono sprazzi dei suoi matrimoni finiti in sgradevoli divorzi; ad eccezione del terzo ed ultimo con lo scrittore e sceneggiatore Nick Puleggi, durato 25 anni e fonte di serenità.

I problemi tutti al femminile per fronteggiare rughe, capelli spenti, forza di gravità che vince sulle curve del corpo. Nora Ephron, con tonnellate di ironia e spietata cronaca, sciorina i palliativi tentati per rimanere giovani. Pagine amaramente divertenti con frasi come “Secondo il mio dermatologo, il collo incomincia ad “andarsene” verso i 43 anni, e tanti saluti”. Oppure la sentenza difficilmente confutabile “A parte la chirurgia plastica, per il collo non c’è niente da fare, un accidenti di niente. Il collo ti tradisce sempre. La nostra faccia è una bugia e il nostro collo è la verità”.

Lei sapeva scherzare moltissimo sul proprio fisico sostenendo “Uno dei vantaggi del non essere belli è che invecchiando si migliora”. E poi, nel libro, c’è il suo splendido e disincantato modo di affrontare le sfide dell’esistenza, aiutata dalla sua smisurata passione per la lettura, con manciate di aneddoti divertenti… come il suo breve periodo da stagista alla corte di J.F.K.

 

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Jon Fosse “Mattino e sera” – La nave di Teseo –   euro 16.00

Racconto lungo o romanzo breve che sia, quest’ultima opera del grande scrittore e drammaturgo norvegese Jon Fosse –più volte in lizza per il Premio Nobel- incanta con la sua profondissima magia. E’ la storia dell’inizio e della fine, della nascita e della morte dell’ottuagenario pescatore Johannes che dialoga con se stesso sui massimi sistemi dell’esistenza. Parla poco con gli altri, ma ragiona molto in silenzio sulla dura vita del pescatore, sul suo amore per la moglie scomparsa, la sua amicizia con Peter (anche lui già morto) col quale si tagliavano i capelli a vicenda per risparmiare. Una vita semplice, iniziata con la nascita, quando Jonathan deve lasciare “il calore della pancia di Marta…e buttarsi nel mondo freddo dove sarà solo…separato da tutti”. All’estremo opposto ci sarà l’addio alla vita quando “alla morte si dissolverà e si trasformerà in nulla, tornerà là da dove viene”.

Impera dunque la domanda sovrana …come sarà dopo? Gli risponde l’amico Peter che gli va incontro nel momento del trapasso e lo guida, spiegandogli che non sembra un brutto posto perché “tutto quello a cui vuoi bene è lì, tutto quello che non ti piace non c’è”. Jon Fosse, da piccolo, è realmente passato attraverso un’esperienza di pre-morte, che in parte lo ha ispirato.

Ha scritto “Mattino e sera” prima di convertirsi al cristianesimo, ma non c’è un sostrato religioso in queste 152 pagine che mettono a nudo come in fondo siano simili gli estremi della vita. Nascita e morte, conflittuali come tutto quello che c’è in mezzo; ma in lotta titanica tra loro nel difficile passaggio da un mondo ad un altro, ammesso che sia poi davvero così.

Il libro è l’ennesima dimostrazione della grandezza di Fosse, considerato l’erede di Ibsen e Beckett, e drammaturgo norvegese più rappresentato al mondo. Ha iniziato a scrivere poesie e racconti quando aveva 12 anni, pubblicato il primo romanzo a 20 anni (“Rosso, nero”) e da allora una lunga carriera costantemente in ascesa, con la scoperta casuale del teatro, dapprima perché aveva la necessità di mantenersi, poi la sua brillante evoluzione in drammaturgo. Oggi quasi 70enne alloggia in un’ala del palazzo reale di Oslo che dall’800 viene riservata a chi ha illustrato la nazione per meriti letterari…un grandissimo onore concesso dalla Corona.

 

Teatro e natura nei giardini della Reggia

Domenica 15 settembre 2019 torna Natura in Movimento: il festival internazionale di teatro, danza e performance presso i  Giardini della Reggia di Venaria.
La rassegna, giunta quest’anno alla sua ottava edizione, propone performance di artisti provenienti da realtà internazionali differenti. Sei compagnie, sei spettacoli che si susseguono l’uno con l’altro, conducendo il pubblico lungo un percorso suggestivo tra i diversi spazi dei giardini della Reggia di Venaria.
Per un pomeriggio, i Giardini diventano non solo un palcoscenico naturale o una cornice elegante e sontuosa, ma essi stessi protagonisti assoluti. Luoghi con cui gli artisti dialogano, in cui l’architettura arricchisce e alimenta la creazione coreografica o l’installazione artistica, diventandone parte essenziale.
Il teatro, la danza e ogni genere di performance artistica “site specific” che si svolge in un luogo pubblico tende a modificare la percezione dello spazio, facendo attenzione a che il pubblico possa mantenere la vista sul contesto, sul panorama. Non si tratta perciò di un genere di rappresentazione teatrale, bensì di una diversa modalità di intendere lo spettacolo in tutte le sue parti, creative e produttive.
Natura in Movimento, nell’offrire al pubblico e ai visitatori spettacoli e performance negli spazi dei giardini, rappresenta, per la Reggia e per gli artisti, una sfida intrigante. Qui gli spazi diventano protagonisti assoluti della performance, intrinsecamente connessi alla creazione artistica; diventano essi stessi attori di una narrazione che al movimento dei corpi accompagna quello proprio della natura che cambia in funzione di chi guarda.
Installazioni, performance, danza contemporanea e teatro irrompono in uno spazio fisico ma anche mentale, creando nuovi immaginari per il pubblico e suscitando nuove sensibilità in una fusione armoniosa tra la bellezza della natura e dell’arte, dell’antico con il contemporaneo e dell’uomo con l’universo.
Natura in Movimento è un progetto del  Consorzio delle Residenze Reali Sabuade, organizzato e ideato dalla  FONDAZIONE VIA MAESTRA in collaborazione con  FONDAZIONE PIEMONTE DAL VIVO.
Programma Natura in Movimento 2019 (*)
Ore 15.30
MANBUHSA
Patio dei Giardini
Ore 15.45
EQUAL TO MEN
Giardino delle Sculture Fluide di Penone
Ore 16.00
CREATIVE LAB
Giardino delle Rose
Ore 16.20
PUSH
Allea di Terrazza
Ore 16.45
LA CASCATA
Gran Parterre
Ore 17.10
GOLDEN VARIATIONS
Terrazza della Regina
(*) Il programma potrebbe subire variazioni.
Evento compreso in tutte le tipologie di ingresso.

Madonnari per bambini (e non) in Monferrato

Domenica ritornano i ‘Madonnari a Odalengo Grande’. Per l’intera giornata, come da otto anni a questa parte, ci sarà una rassegna di madonnari e l’esposizione di artisti, artigiani e produttori nelle vie del borgo del comune della Valcerrina. A garantire il servizio ristorazione, invece, sarà la Pro loco con piatti a base di prodotti tipici. E verrà anche organizzata una scuola di madonnari per bambini e non. Infine, alle 17.30, ci sarà un’esibizione di ballo della Piccola Scuola di Solonghello.

Nelle varie edizioni i temi trattati sono stati i più diversi;I Santi a cui sono dedicate le nostre principali chiese, gli angoli più caratteristici del nostro Comune, l’Unità d’Italia, la civiltà contadina, l’inizio della prima guerra mondiale, l’emigrazione italiana nel mondo (Odalengo e stato particolarmente interessato da questo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900) e nell’ultima edizione l’Europa.

Gli artisti appartengono al Centro Culturale Artisti Madonnari di Mantova che ha tra i suoi componenti alcuni dei migliori artisti madonnari d’Italia e del mondo. Alcuni dei madonnari che hanno realizzato opere ad Odalengo Grande negli ultimi anni si sono classificati ai primi posti nel più grande concorso sul tema che si svolge in Italia in occasione dell’Antica Fiera delle Grazie di Curtatone (Mantova). A testimoniare la grande importanza e valenza artistica del concorso si pensi che all’edizione 2019 la quarantasettesima, hanno partecipato oltre 200 Madonnari provenienti dall’Italia e dall’estero.

Massimo Iaretti

Vicenza in lirica dialoga con Vicenza oro

Due eventi contemporanei tra loro che esaltano arte, cultura e bellezza

 

Si è aperta sotto il segno della musica di Gioachino Rossini e dell sua celebre “Petite Messe Sollennelle” la settima edizione del Festival “Vicenza in Lirica”, rassegna in programma fino al 15 settembre prossimo promossa dall’Associazione Concetto Armonico, al teatro Olimpico,  opera di Andrea Palladio.

Con l’avvio sabato 31 agosto scorso il festival è coinciso quest’anno con l’appuntamento settembre di “Vicenza oro”, di risonanza mondiale, capace di trovare proprio nel festival un partner ideale, con la medesima attenzione per l’arte, la bellezza e la cultura. Il concerto inaugurale ha visto la partecipazione di un cast di eccezione, in cui spiccavano artisti come il maestro Michele Campanella al primo pianoforte,  al suo ritorno sulla cene del teatro Olimpico dopo una lunga assenza, il soprano Barbara Frittoli ed il contralto di origine veneziana Sara Mingardo, il tenore Alfonso Zambuto, il basso Davide Giangregorio, più volte ospite del festival,  e, sotto la direzione del maestro Francesco Erle, il coro Schola di San Rocco di Vicenza. All’harmonium Silvio Celeghin,  al secondo pianoforte Monica Leone.

La produzione di quest’anno del Festival è stata la “Diavolessa” di Baldassare Galoppini, commedia giocosa scritta nel 1755  su libretto del veneziano Carlo Goldoni,  andata in scena il 5 ed 8 settembre scorsi. La revisione della partitura è stata affidata  al maestro Francesco Erle, direttore d’orchestra da cinque anni attivo nel Festival ed alla direzione dell’Orchestra barocca Vicenza in lirica. La revisione del medesimo testo è stata curata dal maestro Erle insieme al maestro  Franco Rossi. Esempio tipico del gusto barocco, ha consentito al pubblico di scoprire un aspetto non molto conosciuto di uno dei più  celebri commediografi veneziani, Goldoni. Venerdì  13 e sabato 14 settembre protagonista l’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, per la direzione musicale di Sergio Gasparella, mise en espace di Piergiorgio Piccoli, in programma anche al Teatro di Thiene il 19 e 20 ottobre prossimi. L’appuntamento conclusivo del festival sarà affidato al recital di Ferruccio Furlanetto, basso di fama internazionale,  che celebrerà  sul palco del teatro Olimpico di Vicenza i 45 anni di carriera. Al pianoforte Natalia Sidorenko.

Il suo recital si aprirà con i quattro Canti sacri op. 121 di Johannes  di Brahms, seguit dai “Canti e danze della morte”di Modest Mussorgskij, vale a dire la Ninna nanna, Serenata, Trepak e il condottiero. In chiusura della prima parte del concerto due arie di Sergej Rachmaninov “In The silent of the night” Opus 4#3 e  “Spring Waters” Opus 14#1.

 

Mara Martellotta

A Villadeati il film su Inge Feltrinelli

Sabato Villadeati, comune della Valcerrina ai confini estremi della Provincia di Alessandria con quella di Asti, sarà teatro di un doppio evento culturale. Alle 18 verrà inaugurata la mostra collettiva di pittura organizzata dal Comune, ‘Passaggio a Villadeati …’ (che proseguirà domenica), mentre alle 21 verrà proiettato il documentario ‘Inge Film’, realizzato ad un anno dalla scomparsa di Inge Feltrinelli. La collettiva si terrà nella chiesa di San Remigio, mentre la proiezione sarà effettuata presso il circolo ‘Il Cortiletto’ in via San Remigio 2.

Massimo Iaretti

Altissimi Colori. La montagna dipinta

Testori e i suoi artisti, da Courbet a Guttuso, in mostra al valdostano Castello Gamba di Chatillon. Fino al 29 settembre


Sarà un caso, ma il suo primo pezzo , nei panni di critico d’arte – attività che nel ’52 lo portò a diventare allievo prediletto di Roberto Longhi e dal ’78 responsabile della pagina d’arte del “Corriere” – Giovanni Testori (Novate Milanese, 1923 – Milano, 1993) lo dedicò al commento di un quadro di montagna fra i più celebri del nostro Ottocento: l’“Alpe di maggio”, autentico capolavoro realizzato da Giovanni Segantini nel 1891. Testori aveva solo 17 anni e già collaborava con alcune riviste del GUF (Gruppi Universitari Fascisti) con articoli di recensione d’arte. E da allora, la montagna, le cime dei suoi monti, le “terre alte” avranno spesso un posto di rilievo e di forte input emozionale anche nel suo mestiere di pittore che, a parte una lunga dolorosa interruzione dal ’49 a metà Anni Sessanta, sarà sempre una costante della sua molteplice e multiforme attività creativa.

Fra i più importanti intellettuali del nostro Novecento, scrittore, drammaturgo, poeta, regista, attore e – per l’appunto–critico d’arte e graffiante originalissimo pittore, a lui, che proprio in montagna aveva pienamente riscoperto e rispolverato, sul finire del Sessanta e i primi del Settanta, la mai sopita vocazione pittorica, il Castello Gamba – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea della Vallée, dedica un suggestivo omaggio, ospitando nella Torre dell’elegante dimora novecentesca una serie di disegni ed acquerelli eseguiti in un’estate trascorsa a Gressoney e sulle Alpi svizzere: un nucleo di opere molto privato, che l’artista volle tenere per sé e per la sua famiglia e che oggi viene presentato al pubblico in una mostra che è parte di un nuovo progetto di valorizzazione espositiva lanciato dalla Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali della Regione Valle d’Aosta in collaborazione con Casa Testori, Associazione Culturale con sede nella stessa casa natale dell’artista a Novate Milanese, affacciata sui binari delle Ferrovie Nord, al fianco della fabbrica di famiglia. Di impostazione astratta e dai forti e liberi contrasti di colore, addossati a uno spazio bianco che illumina e libera la pagina narrativa, l’attenzione è subito attratta dall’imponente “Cime (Pizzo Badile visto da Bondo)”, acquerello di “natura selvatica e vulcanica” del ’72, anche se il pezzo principe, quello da cui prende spunto la rassegna, è il piccolo ma vigoroso “Tramonto (Actus tragicus)”, acquerello del ’67 appartenente alla collezione permanente del Museo.

Qui il rigore geometrico del racconto cede al dilagare incontrastato e violento della materia che si sfalda e cola sul foglio, travolgendo forme ed apparenze, in una sorta di visione teatrale della natura che insieme racchiude il senso di un dramma indefinito accanto alla più totale partecipazione umana. Misteri di un’arte molto vicina alla sacralità del “naturale”, in cui si riflettono anche le opere di altri prestigiosi artisti molto amati da Testori e adeguatamente presentati in rassegna: da Gustave Courbet, iniziatore e principale animatore del Realismo francese ottocentesco di cui la mostra al “Gamba” presenta due magnifici e tecnicamente rigorosi paesaggi alpini, a Willy Varlin (pseudonimo di Willy Guggenheim) geniale artista zurighese di impronta espressionista che scelse di andare a vivere, fino all’ultimo dei suoi giorni, fra le montagne dei Grigioni, in Val Bondasca; da Renato Guttuso, siciliano stregato dal Rosa tanto da fare della casa di Velate, a Varese, lo studio base di molte delle sue opere più celebri, al trentino Paolo Vallorz, per tutta la vita (pur se emigrato a Parigi) indissolubilmente legato alla sua Val di Sole, fino a Bernd Zimmer, fra i più importanti artisti contemporanei tedeschi, “scoperto” da Testori e autore di opere con forti immagini di montagne “infiammate e visionarie”. In chiusura, la rassegna presenta anche un ciclo di scatti fotografici realizzati da Pepi Merisio negli anni Settanta, durante l’antica processione mariana che, ogni cinque anni, da Fontainemore porta, attraversando di notte le Alpi Biellesi, al santuario di Oropa e che Testori amava per l’intensità delle immagini e in quanto suggestiva testimonianza di una civiltà e cultura montana secolari, da preservare e portare avanti nel tempo.

Gianni Milani

“Altissimi colori. La montagna dipinta”
Castello Gamba, Località Cret-de Breil, Chatillon (Valle d’Aosta); tel. 0166563252 o www.castellogamba.vda.it
Fino al 29 settembre
Orari: tutti i giorni dalle 9 alle 19

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Nelle foto

– Giovanni Testori: “Cime (Pizzo Badile visto da Bondo)”, acquerello su cartoncino, 1972
– Giovanni Testori: “Tramonto (Actus Tragicus”), acquerello su cartoncino, 1967
– Gustave Courbet: “Cascata della Pissouse”, olio su tela, 1860
– Gustave Courbet: “Paesaggio d’inverno”, olio su tela
– Bernd Zimmer: “Senza titolo (Montagna 3)”, tecnica mista su carta intelata, 1984

 

Arte “ecologica” al Teatrum Botanicum

Venerdì 13 Settembre alle ore 19.00 inaugura Teatrum Botanicum, quarta edizione del festival dedicato ad artisti e curatori emergenti la cui indagine si colloca nello spazio interstiziale tra pratiche e riflessioni artistiche ed ecologiche proprie del centro d’arte contemporanea. Il programma del festival, quest’anno principalmente orientato ai linguaggi performativi e all’immagine in movimento, si svolgerà nel corso delle serate di venerdì e sabato. 

Tra apocalittici e integrati e critici fiduciosi, l’arte contemporanea ha generato una pluralità di letture relative al tentativo di superare la dicotomia tra cultura e natura, cercando di comprendere una contemporaneità i cui tempi sono cadenzati tanto dalla velocità di Internet e delle tech companies quanto delle scadenze imposte dal cambiamento climatico. Quasi certamente, le narrazioni più utili e vitali si trovano ben lontano dalle aule delle art schools europee e statunitensi, bensì in prossimità di ecosistemi remoti, habitat di animali umani e non umani che non rispondono a quella concezione di umanità, che si vuole universale, determinata nella storia da uomini bianchi, occidentali, cis, eterosessuali e borghesi. Affermare fino a che punto l’arte contemporanea possa arrogarsi il diritto di immaginare mondi è forse un compito al di là della nostra portata, ma nondimeno c’incoraggia richiamare le parole di Rosi Braidotti che, di fronte alla platea del museo Fridericianum di Kassel, parla degli artisti come bridge builders, non-accademici per eccellenza che si sono storicamente arrogati il diritto di costruire ponti tra sistemi di pensiero e discipline convenzionalmente condannate a non comunicare, non intersecarsi.

Provando a focalizzarci sul piano locale, pur seguendo un autore come James Bridle nel pensare una cultura costitutivamente “non-locale e intrinsecamente contraddittoria”1, crediamo che le richerche degli artisti italiani che animano questa edizione di Teatrum Botanicum riflettano proprio sulle logiche della narrazione della contemporaneità e dell’ambiente contemporaneo, sulla possibilità di continuare a leggere ed immaginare mondi. Storytelling è un termine già troppo carico di significati a noi piuttisto distanti, una parola che oggi preferiremmo non utilizzare. Preferiremmo, piuttosto, parlare di forme di narrazione non lineare che manifestano, seguendo nuovamente le parole di Bridle, un alto grado di attenzione che non viene messa narcisisticamente al servizio di cosiddetti processi di self-improvement né finalizzata ad un escapismo distratto, ma che invece si sforza di comprendere -ed agire – esattamente qui, dove ci troviamo2.

Arrivato alla sua quarta edizione, Teatrum Botanicum persiste nell’assumere una postura ben diversa da quella di una mostra curata – non per avversare a prescindere il più classico tra i formati espositivi, ma perchè siamo persuasi del fatto che lanciarci annualmente in tentativi d’interpretazione, specie in chiave generazionale dello scenario dell’arte emergente italiana, sarebbe un esercizio quantomeno non necessario. Un esercizio sicuramente non adatto ad una contemporaneità che, più che a tassonomizzare il presente, ci sfida a pensare per reti estremamente complesse e costruire ponti. È quindi a posteriori della selezione degli artisti che emergono i fili conduttori tra le diverse modalità di narrazione, con le quali un piccolo spaccato dello scenario dell’arte italiana, può azzardare racconti della contemporaneità. Un piccolo spaccato che, come ogni anno, è inevitabilmente parziale, contingente, accidentale ma nondimeno cerca di rispondere ad urgenze tanto estemporanee quanto vivide, oneste e, speriamo, condivise.

 

Con Altalena, Dario Bassani e Nelle Gevers, Derek MF Di Fabio, Alessandro Di Pietro, Donato Epiro, Marco Giordano, Isabella Mongelli, Gianmarco Porru, Giovanna Repetto, Jacopo Rinaldi, Caterina Erica Shanta, Luca Staccioli, Natália Trejbalová e Bellagio Bellagio, Francesco Venturi.

Anche quest’anno, vi rifocilleremo con la collaborazione di Isola Torino.

La mostra e il convegno sono realizzati con il sostegno della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT, della Regione Piemonte e della Città di Torino.

 

1 – J. Bridle, Nuova Era Oscura (New Dark Age, Verso Books, 2018), trad. it. Fabio Viola,  NERO Editions, Collana Not, Roma, 2019.

2 – J. Bridle, Phenomenological Mismatch, pubblicato su Becoming Digital, collaborazione editoriale tra e-flux Architecture e Ellie Abrons, McLain Clutter, e Adam Fure del Taubman College of Architecture and Urban Planning.

*Il titolo del festival è un omaggio al lavoro di Uriel Orlow, Theatrum Botanicum

 

Assedio di Torino: omaggio floreale alla Consolata

Sabato mattina  in coincidenza con il 313° anniversario dell’inizio della battaglia di Torino del 1706, il generale Franco Cravarezza, direttore del museo Pietro Micca e dell’assedio di Torino del 1706, accompagnato da due Cannonieri del Gruppo Storico Pietro Micca della Città di Torino, ha portato alla Madonna Consolata uno omaggio floreale a forma di scudo sabaudo ed ha partecipato alla Santa Messa in suffragio di tutti i civili e soldati caduti durante l’assedio del 1706 celebrata da Monsignor Giacomo Maria Martinacci, Rettore del Santuario e Cancelliere della Curia.

Nell’accogliere l’omaggio floreale all’inizio della Messa, il Rettore ha evidenziato come la liberazione di Torino nel 1706 fu vitale per la Storia della Città e come la Consolata, devotamente invocata a protezione durante l’assedio, fu nominata Patrona di Torino proprio a tale merito.