CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 511

Torino e il Canto degli Italiani, tra musica e storia

L’inno nazionale della nostra Repubblica e i suoi storici legami con la città di Torino celebrati al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano

Sabato 9 novembre, ore 15,30

La prossima domenica, 10 novembre, compirà la bellezza di 172 anni. E il giorno prima, sabato 9 novembre (ore 15,30) per omaggiarne l’onorato genetliaco, a “Il Canto degli Italiani”, meglio noto come “Fratelli d’Italia” (quello che si canta a tutta voce con la mano destra sul cuore), il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano – da sempre depositario e custode della memoria della nazione – dedicherà un importante evento celebrativo organizzato in collaborazione con la Fondazione Vittorio Bersezio e con il torinese Conservatorio Giuseppe Verdi. “Torino e il Canto degli Italiani, tra musica e storia”, il titolo pensato per un evento che si terrà nella Sala Cinema del Museo di   piazza Carlo Alberto e che nasce anche per ricordare il particolare legame storico che unisce in modo speciale l’Inno Nazionale della Repubblica Italiana alla città di Torino. Era infatti il 10 novembre del 1847, quando proprio nell’allora capitale del Regno di Sardegna, a casa di Lorenzo Valerio (deputato prima del Parlamento Subalpino e poi   del Regno d’Italia), venne recapitato a Michele Novaro, compositore e patriota genovese (che si trovava allora a Torino per lavorare come secondo tenore e maestro dei cori nei teatri Regio e Carignano), il testo de “Il Canto degli Italiani”. A mandarglielo – come ben si sa – era il giovane studente genovese e patriota mazziniano, Goffredo Mameli. Il suo testo commosse e ispirò fortemente il Novaro che, a quasi trent’anni di distanza, ancora ricordava: “Io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all’inno, mettendo giù frasi melodiche, l’una sull’altra, ma lungi le mille miglia dall’idea che potessero adattarsi a quelle parole”. Al contrario, l’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia diedero vita a quel miracolo musicale e poetico, in cui neppure il compositore genovese avrebbe mai sperato e che fece dell’Inno il più amato canto dell’Unificazione durante il Risorgimento e nei decenni successivi, tanto che il 12 ottobre 1946 venne riconosciuto Inno Nazionale della Repubblica Italiana da un decreto mai convertito in legge, fino a due anni fa, grazie all’impegno di un parlamentare torinese, Umberto D’Ottavio, promotore della legge 181 del 4 dicembre 2017 che ha reso finalmente ufficiale l’Inno di Mameli. Dalla cui partitura, il cui originale è conservato nel Museo, si avvieranno nel convegno di sabato prossimo le riflessioni di Cesare Chiesa, segretario generale della Fondazione Bersezio e di Mauro Bouvet, coordinatore delle Edizioni del Conservatorio “G. Verdi” di Torino. Verrà poi proiettato il docufilm “Il Canto degli Italiani” del musicista Maurizio Benedetti. L’attore e regista Mario Brusa leggerà alcune poesie di Goffredo Mameli e il professor Paolo Bianchini dell’Università di Torino spiegherà la funzione educativa dell’Inno Nazionale. Umberto D’Ottavio, infine, interverrà per illustrare il tormentato iter legislativo che ha portato alla definitiva consacrazione de “Il Canto degli Italiani”.

  1. m.

“Torino e il Canto degli Italiani, tra musica e storia”

Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, piazza Carlo Alberto 8, Torino; tel. 011/5621147 o www.museorisorgimentotorino.it

Sabato 9 novembre, ore 15,30

La Madonna di Colonna a Crea

Sabato 9 novembre alle ore 16 al Santuario di Crea, presso il Monastero di Maria di Magdala dove nel 2018 si sono stabilite le Suore Domenicane, Gianni Colonna torinese, allievo di Felice Casorati e vissuto molti anni in Monferrato, donerà uno splendido dipinto della Vergine, in aggiunta ad una precedente dolcissima Madonna con Bambino.


Colonna anche in questa occasione si conferma, nel panorama contemporaneo, come l’artista più fedele all’arte figurativa di cui si rende strenuo difensore, mai sedotto dalla dilagante nichilista dittatura della “accademia delle avanguardie” che ripete e banalizza le provocazioni delle avanguardie storiche.
Egli è uno dei pochissimi artisti attuali che trattano temi religiosi, pressoché abbandonati da quando l’arte si è trasformata da trascendente in immanente; il suo intento è non solo di raggiungere risultati estetici ma anche di recuperare il valore dell’unione del ”Bello e Buono” di antica memoria greca che si stanno sempre più affievolendo.
Si nota l’assoluta unicità del suo stile nel sovrapporre i propri dipinti a capolavori del passato attraverso costruzioni mentali che, pur preservando una sedimentata memoria iconografica e la potenzialità del suggerimento ispiratore, si trasformano in una moderna classicità e in un inno alla Bellezza.
Le amate risonanze delle Madonne di George De La Tour sono riprese nella Vergine di Colonna al lume di candela che indossa lo stesso abito rosso ma al posto del Bambino tiene tra le mani un foglio manoscritto che, in un sottile gioco di sostituzione e trasposizione, è lo stesso che sta leggendo il san Girolamo di un altro dipinto dell’artista caravaggesco.
Inoltre sullo sfondo, quadro nel quadro, appare un paesaggio collinare monferrino, tra il calar del sole e l’arrivo della notte, antinaturalistico, metafisico, atemporale, steso a pennellate levigate e setose.Anche in questo caso, come in ogni sua opera intitolata indistintamente “Giorno Notte” i contrari si avvicendano per poi re incontrarsi perennemente nei cicli e ricicli della vita.
Giuliana Romano Bussola

Quando l’infanzia accarezza l’essenza del cuore e dell’arte più incontaminata

Unforgettable Childhood   – Linfanzia indimenticabile –

Artisti italiani e israeliani raccontano linfanzia , a sessantanni dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo

Polo del 900 (via del Carmine 14)

Dal 5 Novembre all1 Dicembre

Tenera, eterea, rappresentativa, essenziale, costruttiva, sorprendente e comune a tutti gli uomini è linfanzia.   Al tempo stesso  anche tramite di dolore, ma anche di gioia, di sperimentazione, di rivincita, di confronto.

Così verranno rappresentate le fiabe  dei bimbi del mondo , interpretate  da oltre 50 artisti italiani e israeliani che caratterizzeranno la mostra Unforgettable Childhood  – Linfanzia indimenticabile, dal 5 novembre al 1° dicembre al Polo del 900 . 

A sessantanni dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo ,celebrati il prossimo 20 Novembre , in concomitanza  alla Giornata mondiale dei diritti dellinfanzia e delladolescenza , questa mostra porta al Polo del 900 una vera e propria esibizione di storia, la più toccante e significativa, che va ad abbracciare linfanzia in tutta la sua essenza, tutelandone la natura , la sua crescita e il suo valore.

La mostra Unforgettable Childhood  – Linfanzia indimenticabile verrà curata da Ermanno Tedeschi , il quale asserisce che tutti siamo stati piccoli ; durante la vita si può non diventare padri, mariti o mogli , e il solo fatto di esistere implica uninfanzia : una frase comune a tutti e come tale indelebile. Ho chiesto agli artisti di fissare questa fase dellesistenza in cui tutto è possibile, quando le azioni del bambino sono continue sperimentazioni in cui si esercita ad essere, con semplicità e naturalezza ladulto di domani. Nasce così il progetto Unforgettable  Childhood, ll risultato sono soggetti, oggetti e momenti della vita quotidiana, testimoni di quanto la nostra vita abbia la necessità di ricordare il passato per vivere il presente e costruire il futuro : questo il criterio delle mie scelte curatoriali.

Nelle parole di Ermanno Tedeschi , sensibile curatore di questa mostra eccezionale, si evidenzia un credo fortemente significativo, reale e spontaneo nella sua conversione nellarte, la più delicata, fantasiosa e profonda. Una scelta la sua davvero realistica che accompagna tutti, grandi e piccini, ad abbracciarne i contenuti, nella curiosità di un credo che accarezza ognuno di noi , nella propria identità, intimità, nella storia che ci appartiene più da vicino e non solo .

Nella mostra da lui curata minuziosamente, si evidenziano le curiosità dei bambini nellappropriarsi degli oggetti che li circondano. Questa ricerca viene riproposta dagli artisti con svariate tecniche  : dal cucito  alla penna  10 colori, dallacquarello ai tessuti, al ferro , alle graffetta dacciaio inox, dal sughero allacciaio lucidato a specchio, dai giornali al nastro adesivo, legno e carta stagnola.  La varietà degli strumenti rispecchia di gran lunga quella dei temi proposti–  Le opere saranno rappresentate da scene dedicate allaffettività, a quelle del gioco, al rapporto genitori-figli, alla fisicità del bambino in tutta la sua evoluzione.

Con questa mostra : Unforgettable Childhood, il Polo del 900, nella persona di Sergio Soave, Presidente di questa Fondazione,  lancia una corda di solidarietà allUnicef in vista di due importanti anniversari storici legati allinfanzia . Il 20 Novembre prossimo infatti , si celebra la Giornata mondiale dei diritti dellinfanzia e delladolescenza che coincide con il sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti del fanciullo , redatta dalla Società delle Nazioni già nel 1924, in seguito alle conseguenze che la Prima guerra mondiale produsse in particolare sui bambini e approvata dallOrganizzazione delle Nazioni Unite, nel 1959. Egli interviene sostenendo che : se si considerano le immagini sulla ricorrente tragedia dellinfanzia ,tormentata dalla fame, dalle guerre, e dallo sfruttamento : certo , vorrebbe dire che quelle nobili carte sono state acqua sulla pietra. Ma il nostro dovere civile di memoria rimane intatto. Il Polo del 900 è nato per questo. La mostra curata da Ermanno Tedeschi va esattamente in questa direzione, anche se vi stupirà lessenza della denuncia dello specifico torto che gli adulti continuano a riservare allinfanzia.  Ciò che è stato chiesto agli artisti è rappresentare limmagine non traumatica o drammatica, ma intima e profonda di quelletà della vita.  Perchè se linfanzia è questa , per quale ragione offenderne il corso o la natura ? Perchè avvizzirne creatività e speranze? Queste e tante altre domande la mostra propone. E confidiamo che le risposte siano migliori di quelle che il mondo ci presenta.

Un messaggio quindi positivo quello di Sergio Soave affigliato alla cura della mostra di Ermanno Tedeschi. Un connubio di bellezza e meraviglia che nonostante la storia racconti essere anche molto contaminato dallesatto opposto, caratterizza uninsieme di valori e di speranze che al contrario ci fanno ben sperare di essere proiettate nella luce di una miglioria assai più matura di unumanità invece molto più attenta, più preparata e più generosa, nello sviluppare, come in questo caso tramite larte , argomenti assolutamente odierni che le opere darte degli artisti italiani e israeliani sottolineeranno  , al fine di meglio interpretare il mondo che ci circonda e i fenomeni che lo popolano. Uno strumento di educazione alla diversità , alla complessità e allinclusione. 

Cosa meglio dellarte, nella sua libertà di esporre e interpretare può trasmettere ciò 

Federica Tabbò, coordinatrice dei Servizi Educativi  Polo del 900, durante il periodo espositivo, sarà infatti lideatrice di attività educative da associare alla mostra, proprio in merito alle osservazioni sopra citate.

Durante il periodo espositivo infatti sarà possibile effettuare, su prenotazione, visite guidate rivolte a famiglie e bambini, accompagnati dal raccontastorie Davide Toscano (23 Novembre, 30 Novembre, 7 Dicembre) . Per le scuole del territorio è possibile fare richiesta per visite guidate dedicate ai gruppi classe. Per prenotazioni : 011-01120780.

Altri appuntamenti in programma sono : Il curatore racconta” che consente al pubblico di visitare la mostra accompagnati dal curatore Ermanno Tedeschi (19 novembre 3 dicembre. Prenotazioni: 011-01120780) e la presentazione in anteprima del libro Mi chiamo Nelson Grisù”, di Marco Benadi, autore e artista coinvolto nella mostra (24 novembre). 

Per la prima volta a Torino la mostra Unforgettable Childhood – ha viaggiato da Matera a Tel Aviv , da Ravenna a Bologna e dopo lapprodo al Polo del 900 di Torino conclude il suo viaggio al Museo Billotti di Roma.

La mostra è visitabile al Polo del 900  (via del Carmine, 14 – Torino) da venerdì 6 novembre a domenica 8 dicembre, dalle h. 10 alle h. 18. Accesso gratuito.

Inoltre si ringraziano gli sponsor che hanno partecipato attivi a questa bellissima iniziativa. La mostra Unforgettable  Childhood – lInfanzia indimenticabile, è stata realizzata con il contributo di Fondazione CRT e Camera di Commercio , con il sostegno di Banca Patrimoni  Sella & C. 

La mostra è sponsorizzata da Reale Mutua Assicurazioni , Fondazione De Benedetti Cherasco Onlus, Chiusano & C. Immobiliare.

Uniniziativa davvero unica nel suo genere questa, che ci coglie preparati ma anche impreparati ,perchè laddove c’è bellezza e lo spunto costruttivo di unevoluzione dellessere  davvero innovativa, non c’è che da rimanerne più che sorpresi se non emotivamente coinvolti.

Monica Di Maria di Alleri Chiusano

Tutti i numeri di Piemonte dal Vivo

Oltre 900 repliche, più di 70 Comuni in oltre 140 spazi, 350 compagnie: questi i numeri di Piemonte dal Vivo presentati in conferenza stampa dall’assessore Vittoria Poggio, dal direttore della Fondazione Matteo Negrin e dalla presidente Angelica Corporandi d’Auvare.

Piemonte dal Vivo promuove un progetto sulle arti performative, con uno sguardo sempre attento al presente e alla multidisciplinarità dei linguaggi. In quest’ottica, la Fondazione ha assunto un ruolo di snodo e di raccordo all’interno del comparto dello spettacolo dal vivo in Piemonte e in ambito nazionale. La Fondazione si vede oggi riconosciuto un ruolo importante di competenze e di innovazione, che si concretizza nelle linee strategiche e progettuali promosse dalla direzione nel triennio 2018/2020.

Novità di quest’anno sono gli AbbonamentiPlus che Piemonte dal Vivo ha immaginato per ampliare il sistema-rete del circuito per premiare gli abbonati dei teatri più piccoli consentendo di assistere a spettacoli nei teatri più grandi.

Nell’ottica di una sempre più ampia inclusione di pubblici e comunità ai linguaggi del teatro d’arte, della danza, della musica e del circo contemporaneo, la Fondazione ha messo in campo una serie di dispositivi innovativi che, adeguatamente testati nella prima parte del triennio, vengono ora disseminati su larga scala sulla massima parte del Circuito.

Molti sono i progetti rivolti alle comunità con cui Piemonte dal Vivo dialoga: è il caso di Performing+ è un progetto triennale – lanciato lo scorso anno dalla Compagnia di San Paolo e dal Piemonte dal Vivo con la collaborazione dell’Osservatorio Culturale del Piemonte

Novità di quest’anno Hangar Lab in Tour, in partenza il 24 ottobre ad Alessandria, che mette insieme da una parte l’affiancamento alle organizzazioni culturali (Hangar Point) e il laboratorio permanente diffuso sul territorio (Hangar Lab).

Il ruolo delle comunità è, inoltre, centrale in tutte le attività promosse alla Lavanderia a vapore di Collegno che, come casa europea della danza, realizza e accoglie progetti transdisciplinari: dal progetto Dance Well alla rassegna per le scuole Media Dance; e ancora Convergenze Creative o Mindset, per citarne alcuni.

Altre sperimentazioni pensate per nuove fruizioni culturali sono anche Scena Ovest (Collegno, Grugliasco, Rivoli e Venaria), per la cui promozione è stato attivato un accordo di co-marketing con Confesercenti Torino e provincia; A teatro? questa sera non ti dico no! realizzato in provincia di Cuneo in collaborazione con la Fondazione CRC e dedicato agli under 30; e ancora, Comunicare il teatro attraverso i social, un percorso formativo sull’uso delle piattaforme social. Con Agis Piemonte è, inoltre, in via di definizione il progetto Coppia vincente, per abbinare cinema e teatro in un unico abbonamento.

Piemonte dal Vivo ha individuato nella mobilità internazionale un motore di sviluppo e di crescita per la creatività emergente. Per questo motivo è stato istituito Move! il fondo annuale per il sostegno alla mobilità internazionale degli artisti piemontesi o residenti in Piemonte.

Inoltre, sono nate importanti relazioni internazionali che valorizzano progettualità articolate, a partire dalle eccellenze regionali. Un esempio recente è Dialogues Fragments and Stream’s Gestures, con EgriBiancoDanza e Balletto Teatro Torino per un programma di scambio con il prestigioso Scottish Ballet di Glasgow.

La relazione con la Scozia è stata particolarmente intensa nel 2019 grazie anche a un focus dedicato alla musica, a partire dal Torino Jazz Festival Piemonte (prima edizione aprile 2019) che ha permesso l’instaurarsi di un legame con Edimburgo, per la mobilità di artisti scozzesi in Italia e piemontesi in Scozia. Sempre sul tema della danza, forte è il rapporto con l’Europa grazie a EDN – European Dancehouse Network, di cui la Lavanderia fa parte.

L’italoamericano che voleva fermare la Grande guerra

Mercoledì 6 novembre la presentazione a Torino del libro “Io, pacifista in trincea”

 

Mercoledì 6 novembre sarà presentata al pubblico, all’Università di Torino, l’edizione italiana del libro del 1931 in cui l’italoamericano di Palermo Vincenzo D’Aquila raccontò la sua conversione da volontario a pacifista al fronte della Prima guerra mondiale

 

Mercoledì 6 novembre alle ore 18.00, nella Sala Lauree ex Facoltà di Lettere (Palazzo Nuovo, via Sant’Ottavio 20, piano terra), si svolgerà la presentazione del libro “Io, pacifista in trincea. Un italoamericano nella Grande guerra” (Donzelli Editore, Roma 2019), a cura di Claudio Staiti, con la prefazione di Emilio Franzina. Il volume, che gode del patrocinio dell’Assemblea Regionale Siciliana, è l’edizione italiana di Bodyguard Unseen. A true autobiography, scritto da Vincenzo D’Aquila (Palermo, 1892 – New York, 1975), pubblicato per la prima volta in inglese a New York nel 1931, e sinora mai arrivato in Italia.

 

Alla presentazione, introdotta e moderata dal prof. Mauro Forno, vice direttore per la Didattica del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, prenderanno parte gli storici Gian Luigi Gatti (Università di Torino), Marco Scavino (Università di Torino) e Fabio Milazzo (Istituto Storico della Resistenza di Cuneo) che dialogheranno con Claudio Staiti, giornalista e dottorando in Storia Contemporanea all’Università di Messina, che ha curato e tradotto il volume.

 

Il libro, arricchito da due saggi introduttivi, da un ricco apparato di note e da una sorprendente appendice documentaria, racconta la storia vera di Vincenzo D’Aquila che, scappato di casa nel luglio 1915 per arruolarsi volontario nelle file dell’esercito italiano e iscritto nel 25° reggimento della brigata Bergamo, davanti alla cruda realtà del fronte e all’atrocità del conflitto, fu spinto a imbracciare il fucile, ma con la ferma volontà di non sparare neanche un colpo, per tutta la guerra. Questa fu la sua «chimerica promessa»: piuttosto che uccidere un altro uomo sarebbe morto lui stesso, fiducioso che Dio, la sua «invisibile guardia del corpo», lo avrebbe protetto. Tra complicate strategie messe in atto per tener fede alla sua promessa e l’avversione dei suoi superiori che lo consideravano un pazzo più che un profeta, D’Aquila fu allontanato dal fronte e internato in alcuni ospedali psichiatrici.

 

Sopravvissuto al conflitto, D’Aquila rientrò negli Stati Uniti, dove anni dopo scrisse il racconto della sua esperienza. Il libro, nonostante le critiche positive, cadde presto nell’oblio. In Italia rimase inedito, probabilmente perché il fascismo non gradì l’implicito inno alla pace che racchiudeva. Nato come sintesi introspettiva di una personale «odissea di guerra e pazzia», il racconto di D’Aquila costituisce oggi non solo un prezioso documento, utile agli storici e agli studiosi, ma anche un racconto avvincente di come sia possibile sopravvivere alla guerra, senza sparare un solo colpo.

 

Anteprime e proiezioni speciali: si inizia con la copia restaurata della “Strategia del ragno” di Bertolucci

Tesseramento e proposte per i soci

 

C’è voglia di rinascita nel circuito AIACE, dopo tre anni di mari burrascosi all’interno e di difficoltà economiche che ne hanno fiaccato successi e intenti. Già una conferenza stampa per dare voce alle varie iniziative suona tra gli addetti ai lavori quasi come una novità; come la campagna di tesseramento 2020 e il fil rouge ricollegato alla fedeltà dei soci danno la certezza di un futuro non trascurabile. E allora ecco la disponibilità della nuova tessera (al prezzo intero di € 12, ridotto € 9), valida fin da subito, con la possibilità per i nuovi soci e per coloro che rinnoveranno l’iscrizione di usufruire, fino al 31 dicembre del prossimo anno, del 25% di sconto nei cinema del circuito AIACE, cittadino e regionale, di ingressi ridotti a musei e a festival, mostre, spettacoli organizzati da associazioni ed enti convenzionati. Nell’intento di agevolare e incentivare, anche tra le nuove generazioni, la fruizione del cinema sul grande schermo, occasione per avvicinarsi a luoghi di condivisione e di confronto, e la diffusione di film di qualità, vengono promossi per i soci anteprime, proiezioni speciali, rassegne, corsi e incontri.

Il primo appuntamento è venerdì 8 novembre (alle ore 21 al cinema Ambrosio) con la proiezione della Strategia del ragno di Bernardo Bertolucci, tratto da un racconto di Borges, nella versione restaurata dalla Fondazione Cineteca di Bologna e da Massimo Sordella, un lungo quanto approfondito lavoro rallentato per questione di diritto, di cui il regista non potè vedere nemmeno l’inizio. La serata, introdotta da Stefano Francia di Celle, co-curatore della sezione “Venezia Classici”, offrirà l’opportunità di vedere sul grande schermo, a quasi cinquant’anni dal suo debutto, e nel technicolor di Vittorio Storaro riportato al proprio originale splendore, l’opera di Bertolucci ventottenne, distribuita all’epoca per pochi giorni e trasmesso poi dalla Rai in bianco e nero. Il film sarà preceduto dal breve documentario Rane, culatelli e lucciole, diretto nel 1996 dal regista torinese Guido Chiesa e dedicato ai luoghi in cui Bertolucci girò i film della sua trilogia padana: Prima della rivoluzione, Strategia del ragno e Novecento. In concomitanza con la mostra che Camera – Centro Italiano per la Fotografia dedica a Man Ray, il 12 dicembre AIACE e Camera dedicano un doppio appuntamento al cinema sperimentale dell’artista statunitense. Alle 18,30, nella sede di Camera in via delle Rosine, la visione e l’analisi di estratti dei suoi film più importanti (Retour à la maison, Emak Bakia, L’étoile de la mer e Les mystères du Chateau de Dé) ad opera di Alessandro Amatucci, mentre alle 21,15 al cinema Centrale i quattro cortometraggi muti saranno proposti con la sonorizzazione dal vivo del compositore e chitarrista Paolo Spaccamonti.

Da segnalare ancora “Visioni dal Ponte”, il ciclo di incontri organizzato per il secondo anno consecutivo da AIACE Torino in collaborazione con la libreria “Il ponte sulla Dora” e dedicato alle più recenti uscite editoriali di argomento cinematografico. Il primo appuntamento è fissa per martedì 12 novembre, alle ore 18, con il volume I maestri della luce. Conversazioni con i più grandi direttori della fotografia, scritto dagli statunitensi Dennis Schaefer e Larry Salvato, nella traduzione pubblicata da Minimum Fax. Il volume verrà presentato dal direttore della fotografia Luciano Federici, cui si devono tra l’altro le luci e le ombre del recente “Rocco Schiavone”.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, una scena della “Strategia del ragno” di Bernardo Bertolucci, con Giulio Brogi e Alida Valli, e Man Ray, “Electricité”, 1931, Courtesy Fondazione Collezione MAST Bologna.

Sabrina Rocca, l’arte per far riflettere le persone

L’artista: “Parlare di me non è un compito facile. Non che non mi piacciano le parole (in realtà le metto proprio al centro delle mie opere più recenti) è solo che preferisco averle dipinte su tela anziché stampate o dette”

Nelle opere coloratissime di Sabrina Rocca, apprezzata artista che ha inaugurato nei giorni scorsi il proprio atelier in via della Rocca 34 a Torino ed una collettiva  presso lo spazio di E-gate, spiccano i temi sociali.

Tematiche delicate e scottanti ma proposte con una nota di leggerezza…

Penso che negli ultimi anni, invece di migliorare, la discriminazione di genere e di razza sia invece sempre più in faccia e in tutte le notizie. Attraverso il mio lavoro cerco di far riflettere le persone, con un sorriso, su questioni importanti, perché non credo nella critica per se stessa, e nemmeno nella satira che troppo spesso si traduce in cattivo gusto.

Perchè così ampio spazio agli Usa nelle tue opere?

Credo in esempi positivi, credo nel bene, nei sorrisi dei bambini che sono il nostro futuro e credo ancora nel sogno americano; ecco perché gli Stati Uniti sono così predominanti nel mio lavoro. Nella mia ultima raccolta cerco di affrontare le questioni più importanti per me e attraverso le quali mi sforzo di trasformare le mie idee di qualche anno fa in realtà. Poco per volta.

E poi, i dettagli, ma non solo

I dettagli dicono molto. Ecco perché li ho sempre amati così tanto nei miei quadri: dettagli iperrealistici, selvaggiamente colorati, quasi astratti come un modo potente per capire. Il contesto non è più la prima cosa da prendere in considerazione, non viene evocata alcuna mentalità preconcetta, poi viene in mente qualcosa: un’emozione più semplice, forse più pura e una comprensione più ampia, forse più forte.Quindi è emerso un altro approccio : non più dettagli (almeno non così tanti) ma una tela bianca da riempire di persone, parole e sogni delle persone. Questo è quello che sto facendo al momento.

La tua arte non sta mai ferma…

Alcuni chiedono uno stile sempre riconoscibile, la mia ricerca richiede verità, chiarezza, efficacia: non sono quello che ero qualche anno fa, perché la mia arte dovrebbe rimanere ferma? Gioiosamente perso tra i dettagli colorati di un’americana senza tempo, una tela bianca con cui scrivere i miei pensieri ora.

 

Ismaell il demone

Il 6 novembre 2019 alle ore 20,30 presso il cinema Politeama in via Orti 2

Chivasso (TO) ci sarà la prima del film “Ismaeell il demone” dell’autore e

regista verolenghese Luigi D’Alessandro. Unica data italiana per il 2019 della

visione del film in trattativa per la distribuzione oltre oceano e nord Europa.

LA SINOSSI

Una poliziotta un po’ impacciata e sempliciotta entra in contatto con un

qualcosa o qualcuno di malvagio che le fa sognare i suoi efferati delitti prima

che vengano compiuti. Apparentemente brutti sogni che via via diventeranno

sempre più particolareggiati e reali fino a trasformarsi in visioni diurne.

Solo sul finale il colpo di scena, la poliziotta affronterà con coraggio la

malvagità di questa persona o cosa con una scelta difficile per proteggere chi

ama. Nel cast l’attrice e modella di Mondospettacolo Ester Cerchio nel ruolo di

Asia.

IL MESSAGGIO

L’autore, in questa pellicola quasi autobiografica, vuole farci capire che in

ognuno di noi c’è un demone che non sempre è una forza negativa. Un demone che

ci può venire in aiuto dandoci la forza di affrontare le difficoltà, cattivo

contro chi ci fa del male, spietato quando la vità ci si scatena contro. Un

demone che alcune volte ci può spingere a compiere delle azioni drastiche,

anche contro noi stessi, per risolevere dei problemi. Volutamente girato nelle

zone del torinese tra Verolengo, Chivasso, Torrazza P.te ed Orio C.se, perchè

l’autore è molto legato ai luoghi della sua vita.

L’AUTORE

Autore e regista indipendente appassionato di gialli ed horror. Fin da piccolo

con un impulso irrefrenabile alla scrittura psicologica e poetica passando ore

a guardare fuori dalla finestra per trovare la sua ispirazione, scrivendo su

tutto ciò che gli era a portata di mano. Tutte le sue storie hanno origine da

sogni in notti lunghe e tenebrose che gli rimangono impressi in maniera

indelebile. In carriera cortometraggi e videoclip musicali, ma la sua natura è

il cinema. Nel 2014 inzia a scrivere la storia del suo primo film di genere

giallo “ISMAEELL IL DEMONE” ispirandosi allo stile del suo mentore Dario

Argento agli albori della sua carriera. Le riprese iniziano nell’estate del

2015 per concludersi con la post produzione tra il 2017 e 2018.

“La ballata di Borgo San Paolo”

TORINO NEI LIBRI

E Bravo il mio amico Michele Paolino. Idea vincente. Creativamente parlando, s’ intende. Dimostra il suo eclettismo tra cultura, musica
ed impegno sociale. Leggendo pensavo anche a Gustave Flaubert in Madame Bovary. L’ autore : sì, sono io Madame
Bovary. La ballata di Borgo San Paolo è (anche) Michele Paolino. La sua personalità si diffonde
tra le varie pagine, tra le cose e le persone del Borgo. Chiaramente lo si riconosce in uno dei
personaggi. Quelli della banda dei quattro, o se volete amici miei, e come tale simpaticamente
fuori di testa. Mi sono immedesimato. Da piccolo pendolare tra via Cherubini, Barriera di
Milano e via Timavo, in  pieno Borgo San Paolo a 100 metri dalla Chiesa San Bernardino. Cuore del
cuore di questo quartiere. Uno dei protagonisti del romanzo. Poi la storia che si sviluppa per
altri pezzi di città per poi tornare nel Borgo. Stupisce positivamente la gentilezza nello scrivere.
Racconta di di tristi e laceranti storie con un certo garbo. Non è da tutti. In questo modo
sopporti piccoli drammi. Poi c’è la complessità odierna. Dalla immigrazione di ieri come quella
di oggi e l’ uso, molte volte distorto, dei social. Originale intitolare i  capitoli con note canzoni
italiane. È sempre bello leggere. Appagante se scritto bene. Accattivante se la storia ti prende. Se scrive
un amico, il massimo dei massimi. Vale la pena comprarlo e leggerlo.
P S: ho letto il libro tutto d’un fiato in tre ore aspettando treni che non arrivavano. A porta Susa siamo
stati sballottati da un binario all’ altro. E fino a Santhià ho viaggiato in condizioni precarie su un
locale con tutte le fermate relative. Sollevato e contento della lettura. Sicuramente un buon viatico.
Grazie, Michele Paolino

 

Patrizio Tosetto

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

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Janet Hobhouse  “Le furie“   -Neri Pozza-  euro 18,00

Questo non è un libro che scivola via facile, perché dietro ogni frase si celano pensieri ed emozioni complesse che spingono il lettore a soffermarsi e meditare. E’ opera della scrittrice e biografa Janet Hobhouse, nata nel 1948 e morta giovane nel 1991, a soli 42 anni, stroncata dal cancro. Pubblicato postumo, “Le furie” è una sorta di memoriale. Protagonista e voce narrante è Helen e la storia è autobiografica, scritta con lacrime e sangue. Ci sono i bellissimi ritratti delle antenate, “le furie” appunto: donne incredibili che hanno attraversato la vita lasciando il segno. L’autrice rintraccia tasselli della vita familiare, a partire dalle origini ebraiche tedesche per arrivare all’avamposto dell’impero economico negli Stati Uniti. Nel 1877 il trisavolo Samuel ha fondato con successo “La Compagnia del ventaglio giapponese” e con la moglie Elisabeth ha generato una numerosa discendenza dall’impronta sempre più americana. Nell’arco degli anni le vite si susseguono e la chiave di volta sono soprattutto i rapporti con le madri: buone o cattive che siano, in ogni caso sempre determinanti. Ci sono anche destini maschili multipli, ma più che altro relegati sullo sfondo come pallidi corollari.

Ecco allora personaggi affascinanti come la bisnonna Mirabel (Angel): non bella ma dotata di saggezza e intelligenza. Sposa un noioso vedovo del Tennessee controvoglia e solo per compiacere la madre….”…E probabile che sia passata dallo stato di figlia amatissima a quello di madre altrettanto amata senza interessarsi troppo alla fase intermedia, quella di moglie” . Così la Hobhouse sintetizza il suo percorso. Poi le sue figlie Emma ed Elisabeth (detta Shrimp) nate a inizi 900, diversissime tra loro e con traiettorie di vita divergenti. Emma è la ribelle bohèmienne fuggita col suo professore di arte e madre di due figlie prima dei 20 anni. Invece Shrimp è severa con se stessa, timida, si sente inferiore alla sorella e compensa con un comportamento rigoroso e il successo negli studi. Il testimone passa alle figlie di Emma, Bette e Constance. Condividono sentimenti ostili verso il padre, l’amore per la madre che le respinge e appena adolescenti scelgono di vivere con nonna Angel. Come le sorelle della generazione precedente maturano in opposizione. Constance è “la più bella ragazza di New York” -assomiglia a Grace Kelly senza trucco- va e viene conducendo un’intraprendente vita da single. Bett invece è la mamma di Helen (voce narrante). E’ bellissima ma inconcludente, incantatrice di uomini ma incapace di tenerseli stretti; così come non riesce a conservare un lavoro. Lei e la figlia sono sempre alle prese con mancanza di soldi, bollette in rosso e sfratti. Il loro rapporto è complicato, a tratti devastante, come quando Bett sprofonda nella depressione fino al suicidio. Il resto è la vita di Helen, il difficile rapporto col padre lontano e poi i suoi amori, il fallimento del matrimonio, la liaison con un famoso scrittore che ama la solitudine  più di ogni altra cosa. Tutto raccontato  con coraggio e senza mezzi termini… fino al triste epilogo.

 

 

Charles Willeford  “Come si muore oggi”   -Feltrinelli-  euro 17,00

La vita stessa dell’autore è di per sé un intrigante romanzo. Willeford, nato in Arkansas nel 1919 e morto a Miami nel 1988, rimase orfano a 8 anni e andò a vivere con la nonna a Los Angeles. Ma ben presto, nell’adolescenza, intraprende una vita di vagabondaggio sui treni merci e diventa uno dei tanti Hobo che imperversano da un angolo all’altro degli States. A 16 anni si finge 18enne e si arruola nei corpi a terra dell’Aeronautica. La vita militare, lunga 20 anni, lo porta a combattere anche nelle Filippine e nella 2° Guerra Mondiale. Fu un soldato coraggioso e le sue prodezze gli valsero alcune onorificenze. Lasciato l’esercito si arrabatta come può, passando da un mestiere all’altro: allenatore di cavalli da corsa, speaker radiofonico, pugile, scrittore…Poi decide di mollare tutto e  buttarsi nella scrittura. Inizia scrivendo una soap opera per un’emittente radio. Poi inanella poesie e romanzi e diventa famoso con la sua quadrilogia di Miami: un ciclo di romanzi noir con protagonista il sergente Hoke Moseley. Beffa del destino: all’apice della fama, lo scrittore muore  improvvisamente per attacco cardiaco, proprio il giorno in cui uscì l’ultimo capitolo della fortunata serie “Come si muore oggi”.

Nel libro, centrale è sempre il detective della squadra omicidi di Miamy Hoke Moseley. Antieroe per eccellenza che si barcamena per vivere: fragile, un po’ sovrappeso, già con la dentiera che  pulisce religiosamente ogni sera e una vita amorosa pari a zero. Vive con le due figlie adolescenti in una casa in affitto che condivide con l’ex partner di pattuglia, Ellita Sanchez e il suo piccolo Pepe nato da poco. Sono un team collaudato ed affiatato, si aiutano a vicenda e la loro vita procede su un binario più o meno tranquillo. Hoke è bravissimo a risolvere vecchi casi insoluti e sta indagando sull’omicidio di un chirurgo datato 3 anni prima. Però il suo capo gli ordina di farsi crescere la barba per  infiltrarsi sotto copertura in un’organizzazione sospettata di reclutare, sfruttare ed uccidere poveri immigrati clandestini. Per questa missione, irta di pericoli, deve allontanarsi da Miami e finire in un ranch nelle Everglades dove branchi di alligatori fanno scorpacciate di cadaveri. A movimentare ulteriormente la sua esistenza c’è anche l’arrivo di un ex detenuto che gli aveva giurato vendetta al momento dell’arresto, che finisce per entrare nella vita sua, delle figlie e soprattutto di Ellita……

 

Alex North   “L’uomo dei sussurri”   -Mondadori-  euro 20,00

E’ il primo romanzo dello scrittore  inglese, che vanta una formazione filosofica e di sociologia. Imbastisce  un thriller con tutti gli elementi tipici del genere e ambienta la vicenda in una cittadina tranquilla solo in apparenza, Featherbank. E’ li che si trasferisce Tom Kennedy col figlio Jake, dopo la morte della moglie Rebecca. Cerca faticosamente di elaborare il lutto e ricominciare da capo. Ma, ovviamente, le cose non sono semplici. Il piccolo Jake stenta a inserirsi nella scuola e vive  un mondo parallelo interiore, popolato da amici immaginari con i quali riesce a dialogare e trovare conforto, molto più che nel rapporto con il padre. Poi a Featherbank irrompe la tragedia. Scompare nel nulla un ragazzino di 6 anni; Neil, trascurato dai genitori divorziati, entrambi alcolisti che affrontano la vita con disperazione ed egoismo. A indagare è il detective Pete Willis che anni prima si era occupato di un caso analogo ed era riuscito a mettere dietro le sbarre il colpevole. Insieme alla collega Beck porta avanti le indagini e… sempre più gli sembra di rivivere un déjà vu. 20 anni prima un misterioso uomo era solito sussurrare frasi alle finestre di bambini che poi scomparivano.  All’epoca, il serial killer Frank Carter aveva rapito e ucciso ben 5 bambini. Ora è rinchiuso in carcere, e sembra che in azione ci sia un suo pericoloso emulo. Willis è a lui che si rivolge per strappargli indicazioni utili alle indagini. Ma è un buco nell’acqua che conduce solo su false piste. Intanto Jake dà sempre più segnali di squilibrio: si isola dai compagni, si rifugia nell’amicizia con una non meglio precisata amica immaginaria e, soprattutto, racconta di sentire una voce che sussurra il suo nome nel buio. A complicare la vicenda si aggiungono case stregate, bimbi che parlano con i morti, rapporti padri-figli e indagini sempre più tortuose.