ISOLA GERMANOFONA NELLE ALPI. INTERVISTA CON GIANCARLO BORTOLI PRESIDENTE DELL’ISTITUTO DI CULTURA

Quando si parla di ‘cimbri’, soprattutto in chi ha fatto studi classici, la memoria rimanda a quella tribù di origine celtica o germanica che, assieme ai Teutoni ed agli Ambroni invase il territorio della Repubblica di Roma alla fine del II secolo a.C. ma venne annientato definitivamente nella battaglia di Vercelli, alla confluenza del Sesia con il Po nel 101 a.C. Ai giorni odierni, però, c’è un termine il ‘Cimbro’ che contraddistingue una lingua parlata nei Sette Comuni Vicentini dell’Altopiano di Asiago, nei Tredici Comuni Veronesi e a Luserna in Provincia di Trento che vanno a contraddistinguere una realtà che nulla ha a che vedere con le popolazioni germaniche sterminate dalle legioni romane. I Cimbri sono una realtà di boscaioli e contadini che dopo l’anno Mille lasciarono il territorio dell’attuale Baviera per insediarsi nel Nord Est, popolazione germanofona che nel corso dei secoli si integrò con i vicini di lingua romanza pur preservando tradizioni e lingua. Durante il Novecento subì una serie di discriminazioni che portarono ad una drastica riduzione di coloro che la parlavano e solo negli anni Settanta è iniziato un processo di ricoperta dell’identità cimbra. Su quest’onda è stato fondato nel 1973 a Roana l’Istituto di Cultura Cimbra di Roana, fondato e fortemente voluto da Sergio Bonato, attuale vice presidente dopo esserne stato per anni il dinamico propulsore. Oggi è presieduto da Giancarlo Bortoli. Nato ad Asiago in Contrada Cuba il 16 febbraio 1951, alle ore 3.30, come si legge sul duo profilo in internet, già vice presidente della Provincia di Vicenza e presidente della Comunità Montana dei 7 Comuni, Bortoli è anche autore di diversi studi ed articoli sui Cimbri e sui Sette Comuni dell’Altipiano di cui è un profondo conoscitore. Lo abbiamo incontrato nella sua casa di Asiago in un pomeriggio di fine agosto ed è stato uno di quei colloqui che ti arricchiscono dalla prima all’ultima parola.
Cosa c’entrano i Cimbri dei 7 Comuni con quelli che vennero sterminati da Caio Mario ?
Non c’entrano nulla. Tutto è nato da un equivoco dei colti del Trecento che non si spiegavano che negli attuali 7 Comuni dell’Altipiano e nei 13 del Veronese si parlasse una lingua che somigliava al tedesco e che i tedeschi non capivano. Si era pensato che il nome dei cimbri si fosse radicato anche nella nostra popolazione, ma con alla base un equivoco sul significato di ‘Tzimbar’. A questa opinione se ne sono aggiunte altre sulla derivazione gotica. L’abate Agostino Dal Pozzo,, nato a Castelletto di Rotzo nel 1732 fece una lunga dissertazione nella sua opera fondamentale ‘Memorie storiche dei Sette Comuni vicentini’ e dice che i documenti più antichi risalivano agli Ezzelini.
Rimane il fatto che la lingua è un vernacolo germanico ….
Nell’Ottocento l’Altopiano venne visitato, per curiosità, dal filologo Andreas Schmiller, ricercatore e studioso delle antiche lingue tedesche. Egli ritenne che gli abitanti dell’Altipiano fossero popolazioni di origine bavarese, trovando un punto di collegamento con un documento del 1050 proveniente dal ‘Benediktbauer’ (monastero) benedettino, in Baviera, famoso perché sono raccolti i manoscritti dei ‘Carmina Burana’. La pergamena in questione dice che ‘in tempore famis’ molte famiglie fuggirono dal Monastero. La conclusione è che diverse famiglie incomente la carestia, fuggirono in Italia, dove le campagne erano state abbandonate.
La teoria fu che venne seguita la strada dei monasteri benedettini nelle aree del Veneto.
Lei su questo ha delle riserve ?
Non credo che il nostro popolo sia immigrato nello stesso anno. Ad esempio il capostipite dei Bortoli è ad Asiago nel 1437, essendo stato ricostruito l’albero genealogico. Non tutti poi sono arrivati dallo stesso luogo. La Baviera era all’epoca lo stato più grande della Germania. Importante è che tutto questo è avvenuto dopo l’anno Mille.
Poc’anzi ha citato gli Ezzelini, il più famoso dei quali fu Ezzelino Da Romano, fedele alleato dell’Imperatore Federico II di Svevia, perché ?
Gli Ezzelini in contrato con i padovani avevano una presenza forte sull’Atopiano, con Gastaldo e possedimenti a Rotzo, Gallio, Enego, Foza. Ezzelino era tedesco e aveva portato con se parte del suo esercito che si è insediato qui. Si diceva che considerasse la gente di montagna come i suoi scudieri più fedeli.
L’Altipiano è sempre stata una zona a forte connotazione religiosa, ma i 7 Comuni dipendono dal Vescovo di Padova come mai?
Va precisato che la religiosità cristiana era frammista a quella del paganesimo nordico 8così scrive l’Abate Dal Pozzo). Quanto alla Diocesi di Padova e non di Vicenza dipende dall’intenso rapporto che da sempre ha legato i 7 Comuni con Padova, in particolare per la transumanza delle pecore specie lungo l’asse fluviale (la via è conosciuta come L’Arzeron de la Regina) e della vendita di lana all’industria laniera di Padova, che in epoca romana era il più importante centro laniero dell’Impero, nonché dei formaggi cui poi si associò l’ultimo prodotto della filiera lattiero casearia: i salimi.
Certamente la connotazione religiosa è sempre stata forte. Per necessità linguistiche i sacerdoti venivano ricercati austriaci o tedeschi ed effettivamente Asiago e l’Altipiano dipendono dalla Diocesi di Padova e non da quella di Vicenza. Le chiese, poi, erano costruite dal popolo e in diritto canonico chi costruisce la chiesa nomina il rettore e lo deve pagare. Negli anni Quaranta/Cinquanta si è cercato di superare questa situazione ma ad Asiago sono ancora i capifamiglia che hanno il diritto di eleggere l’arciprete. Soltanto ad Asiago il rapporto comunità/parrocchia è oggetto di un contratto simile al concordato.
Cosa è rimasto della lingua e della cultura cimbra ?
Il Cimbro vive ancora nei toponomi, in qualche espressione e nella ripresa della cultura, della ricerca delle origini. L’Istituto di Cultura Cimbra di Roana organizza ogni anno corsi di lingua e cultura cimbra, ha curato la riedizione di diverse pubblicazioni, nonché di specifiche ricerche e traduzioni (come Schmeller), vocabolari, antiche favole e sponsorizzato studi storici e linguistici. Il Museo di Roana è, grazie all’apporto dei volontari, un eccellente punto di riferimento.
Ad Asiago e nell’Altipiano di parla dei ‘profugati’, una storia della Prima Guerra Mondiale spesso ignorata dai libri di storia …
Quando cade la prima bomba ad Asiago, tirata dagli Austriaci, le campane suonano a martello, la gente scappa prima verso Gallio poi verso la pianura e si incrociano con i soldati che stanno salendo. La scena è narrata con drammatica intensità nel libro di Emilio Lussu ‘Un anno sull’Altipiano’. Arrivati a Vicenza sono accolti con malfidenza perché parlano in tedesco, o almeno così pensa la gente. Mussolini sul Popolo d’Italia scrive, ‘quando li vedete sputategli addosso’. Eppure gli abitanti dell’Altipiano erano italiani a tutti gli effetti dalla cessione del Veneto all’Italia. Hanno partecipato alle guerre per l’Indipendenza, con nomi prestigiosi, ed alla spedizione dei Mille (il caso del generale Lobbia) furono valorosi combattenti nella Grande Guerra: molti i decorati ….
Iniziò lì la perdita della lingua ?
Se i bambini parlavano in cimbro si prendevano magari una sberletta . Con il fascismo, poi, non si è parlato più ed i nomi sono stati italianizzati come è avvenuto in Alto Adige.
Quando è iniziata la rinascita linguistica ?
Con il secondo dopoguerra sono ripresi l’orgoglio e l’idea di riproporre la lingua cimbra con l’ausilio di persone anziane che ancora lo parlavano. Alla fine degli anni Sessanta, poi, si è ripresa la voglia di identità che non era mai stata smarrita. Così nel 1973 è nato l’Istituto di Cultura Cimbra di Roana con primo presidente Sergio Bonato, mentre Umberto Matello Martalar ha portato a termine e pubblicato il ‘Dizionario della lingua Cimbra dei Sette Comuni vicentini’ a cura dell’Istituto di Ricerca ‘A. Dal Pozzo’ di Roana. A questo va aggiunto il rinato interesse anche da parte germanica da parte del ‘Curatorium Cimbricum Bavarensis’ e l’intervento dello studioso Hogo Resch. Tutto questo non è stato un fuoco di paglia ma ha visto anche il coinvolgimento di un Gruppo giovani che è un’importante risorsa.
Tra i 7 Comuni ed il Piemonte c’è un legame con Fra’ Dolcino ?
Ho scritto un racconto ‘Margareta e Fra’ Dolcino. Amore e Libertà. A.D. 1299’. Dolcino fu a Rotzo nel 1299 e, probabilmente, ha gettato il seme di quello spirito comunitario che è rimasto negli usi civici per boschi e pascoli di proprietà collettiva.
Con questo primo articolo abbiamo voluto aprire uno spiraglio su uno dei popoli germanofoni delle Alpi, eppure legati alla storia d’Italia sin da quando i 7 Comuni costituivano la Reggenza della Repubblica sotto la Repubblica di Venezia. Ma questa è un’altra storia, sui cui ritorneremo.
Massimo Iaretti
Un climatologo, di quelli che vanno oggi per la maggiore, volto noto della Tv. E un attore comico, anche lui di ampia notorietà e forte richiamo. Luca Mercalli e Giobbe Covatta. Sono loro i prossimi ospiti della rassegna “CuneiForme 2021”, realizzata dall’Associazione Culturale “Progetto Cantoregi” e da “Le Terre dei Savoia”, dedicata quest’anno al tema di assoluta attualità del “riCostruire”. Primo appuntamento, il prossimo venerdì 5 novembre, con Luca Mercalli, climatologo torinese, classe ’66, presidente della “Società Meteorologica Italiana” e docente di “Sostenibilità Ambientale” (materia che lui stesso sperimenta ogni giorno in prima persona “vivendo in una casa a energia solare, viaggiando in auto elettrica e coltivando l’orto”) presso l’“Università di Torino-SSST”, in Svizzera e in Francia. Mercalli terrà al Teatro “Politeama” di Bra ( piazza Carlo Alberto 23, ore 18,30) una lezione dal titolo “Noi e l’ambiente”, incentrata sul tema attualissimo dell’“emergenza climatica”. Com’è cambiata la nostra relazione con l’ambiente? Come “riCostruire” un rapporto sano e rispettoso con l’ambiente, l’ecosistema, il clima? Sono alcune delle domande a cui la lezione di Mercalli darà sicuramente convincenti risposte. L’incontro, aperto al pubblico e gratuito, è realizzato in collaborazione con la Città di Bra.
Si trascurava l’Alto Medioevo forse per non perdere troppo tempo con dei barbari sanguinari che uccidevano solo e si comportavano in modo selvaggio, per esempio strappando con le mani la carne da mangiare, divorando il cibo come animali, un po’ come si vede nei film. Ebbene, oggi sappiamo qualcosa di più. Teodorico e la sua corte gota erano tutt’altro che barbari e già 1500 anni fa mangiavano a tavola con forchette, cucchiai e coltelli. Usavano le posate, perbacco, come noi.
appartenessero a un personaggio così importante.
sparisce e tra le rovine gli studiosi trovano anche sette delicatissimi cucchiai insieme a un piccolo piatto. Inizialmente si parla di “tesoretto bizantino” ma ulteriori più dettagliati studi datano quel prezioso materiale all’epoca di re Teodorico che sigla il manico di un cucchiaio. Una firma reale tutta speciale con una croce e sei lettere.
La kermesse di arte contemporanea e ‘in programma all’Oval di Torino da venerdì 5 a domenica 7 novembre.

