GAM, Palazzo Madama e MAO riaprono
I musei riaprono le loro porte. Il pubblico potrà così tornare ad apprezzare le opere custodite e le esposizioni temporanee allestite e pensate per i visitatori: il mercoledì e giovedì dalle 11.00 alle 19.00, e il venerdì con orario prolungato dalle 11.00 alle 20.00.
Nel periodo del lockdown Fondazione Torino Musei ha voluto sempre più tenere attivi i musei, continuando a mettere in campo progetti e iniziative sui canali digitali per essere accanto al suo pubblico, alle famiglie, agli studenti e agli insegnanti, e per mantenere sempre vivo il dialogo.
Oltre al monitoraggio delle sale espositive e al controllo dello stato di conservazione delle opere, si è lavorato per garantire la programmazione dei prossimi mesi, con la proroga delle mostre non ancora visitate dal pubblico, una su tutte Stasi frenetica di Artissima 2020, allestita nelle sale dei tre musei fino al 12 febbraio, con l’allestimento (anche a musei chiusi) di nuove esposizioni e la riapertura delle mostre già in calendario.
Saranno visitabili le sale delle collezioni permanenti e le mostre:
A Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica oltre all’allestimento in Corte Medievale di Stasi frenetica che riunisce circa 30 opere individuate con le gallerie delle edizioni 2020, 2019 e 2018 New Entries di Artissima – le più giovani e sperimentali gallerie aperte da massimo 5 anni – sarà possibile tornare a visitare la più importante mostra internazionale di fotogiornalismo al mondo: World press Photo Exhibition 2020 prorogata fino al 14 marzo 2021. Il 5 febbraio inaugurerà in Sala Atelier Ritratti d’oro e d’argento. Reliquiari medievali in Piemonte, Valle d’Aosta, Svizzera e Savoia, organizzata in partnership con il Museo del Tesoro della Cattedrale di Aosta e in collaborazione con la Consulta Regionale per i Beni Culturali Ecclesiastici Piemonte e Valle d’Aosta, iniziativa condivisa con i musei facenti parte della rete internazionale Art Médiéval dans les Alpes.
Alla GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, oltre alle collezioni permanenti del 900 sarà visibile la nuova mostra in wunderkammer Photo action per Torino 2020. Una chiamata alle arti ideata dai fotografi Guido Harari e Paolo Ranzani per sostenere insieme il progetto di un “Fondo Straordinario Covid-19” creato dall’Associazione U.G.I. ONLUS e dalla Città della Salute e della Scienza di Torino. Anche alla GAM il pubblico potrà visitare Stasi Frenetica al piano terra e nella sala mostre al piano -1, con un allestimento di sorprendente polifonia visiva che comprende cento opere delle gallerie delle sezioni Main Section e Monologue/Dialogue di Artissima. Prosegue inoltre in Videoteca la personale dedicata ad Alighiero Boetti. A partire dal 18 febbraio la Sala didattica ospiterà inoltre una nuova mostra realizzata in collaborazione con Luci d’Artista dedicata a Luigi Nervo.
Il MAO Museo d’Arte Orientale riaprirà con la grande esposizione China goes Urban. La nuova epoca della città, a cura del Politecnico di Torino e Prospekt Photographers con la Tsinghua University di Pechino, che propone al pubblico una prospettiva nuova e ampia mettendo in relazione la cultura della Cina tradizionale con le imponenti trasformazioni delle città cinesi contemporanee.
La sezione del MAO di Stasi frenetica presenta, inserite nel percorso di visita, una selezione di 10 opere “orientaliste” di Artissima 2020. Il visitatore sarà invitato a una speciale caccia al tesoro attraverso l’edificio storico che ospita il museo.
Saranno inoltre visibili le quattro opere di street art realizzate durante le settimane di chiusura nell’ambito del progetto MAO meets URBAN ART e la rotazione di paraventi e spade In punta di pennello, in punta di lama nella galleria dedicata al Giappone.
GAM, MAO e Palazzo Madama riportano in atto le misure atte a garantire una visita in completa sicurezza, con ingressi contingentati e percorsi che consentano l’adeguato distanziamento, nel rispetto di tutte le linee guida ministeriali. La Fondazione Torino Musei assicura inoltre la regolare, costante e periodica pulizia e igienizzazione degli ambienti museali.
Fino a nuove disposizioni ministeriali i musei osserveranno i seguenti giorni e orari di apertura:
PALAZZO MADAMA – GAM – MAO
Mercoledì e giovedì dalle 11 alle 19
Le biglietterie chiudono un’ora prima.
Sabato, domenica, lunedì e martedì CHIUSI
Per informazioni www.fondazionetorinomusei.it
Carlo Giulio Argan: una vita per l’Arte
Ho commesso il terribile errore di chiedere ai miei studenti che cosa pensassero della storia dell’arte, mi hanno risposto in coro che non serve a niente e che non capiscono perché devono studiarla.
Mi hanno anche chiesto se gliela spiego per punirli di qualche comportamento tenuto in classe. Non sto a dirvi che ho riso per non piangere. Nel XXI secolo non siamo ancora in grado di capire quanto l’arte sia importante per l’uomo, tanto più che l’Italia è il paese che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista del patrimonio mondiale Unesco: sono 55 quelli riconosciuti “patrimonio dell’umanità” e 12 quelli iscritti nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale.
Il turismo legato all’arte in Italia produce (o produceva fino a poco tempo fa) ingenti entrate economiche al nostro Paese, le meraviglie che il nostro territorio ospita richiamano l’attenzione di moltissimi visitatori stranieri, i quali osservano, si stupiscono, fotografano e vivono l’importanza dell’arte italiana attraverso un’esperienza sentita e immersiva. Non so se si potrebbe dire lo stesso di noi “compaesani”. Ormai “abituati” alla grandezza del Colosseo, alla perfezione della Valle dei Templi, alla preziosità di Pompei ed Ercolano, passeggiamo indifferenti tra le bellezze che il resto del mondo ci invidia, incapaci di “vederle”, le ignoriamo, quasi volutamente, ci basta sapere che sono lì e proseguiamo oltre.
Tale indifferenza deve quantomeno turbarci, i reperti artistici sono testimonianza diretta e concreta della Storia, non renderci conto della loro importanza significa dimenticarci di ciò che stato, nel bene e nel male.
Certamente un concetto difficile da spiegare, così come è arduo convincere i ragazzi che l’arte non è quella materia inutile, prosieguo naturale dell’intervallo o al massimo tempo a disposizione per ripassare o copiare i compiti delle altre discipline. A loro discolpa si può dire che in effetti si è sempre dato poco peso a tale argomento, siamo stati abituati a vivere l’arte come qualcosa di non concreto, che si può approfondire in un secondo momento e, soprattutto, come qualcosa di lontano da noi e dal nostro quotidiano, che in poche parole non ci tocca. È un discorso complesso e che potrebbe arricchirsi di molte altre sotto-questioni e riflessioni puntigliose, e dato che non è questo il luogo adatto per continuare tale controversia, mi limiterò a dire che per fortuna, ogni tanto, c’è qualcuno che non solo non la pensa così, ma che decide di dedicare tutta la sua esistenza all’arte e al suo ruolo primario all’interno della memoria collettiva. Più di tutti, a portare avanti tale impresa fu Carlo Argan, studioso torinese, autore di una sconfinata produzione letteraria, tra articoli, saggi e volumi scolastici, il quale per tutta la vita inseguì le sue passioni per l’arte e per il disegno, tanto da diventare un punto di riferimento per tutti gli appassionati e gli esperti della materia. I testi di Argan sono delle “pietre miliari”, averli, leggerli e studiarli è un passaggio necessario e obbligato per chi vuole saper parlare di arte. Io stessa mi sono imbattuta nei suoi scritti, e ho trovato nelle sue lezioni una solida base per la mia formazione. Certo non è facile leggere Argan, egli non semplifica ciò che per natura è complesso, ma affronta ogni argomento con lucidità, chiarezza e puntualità, così da rendere il discorso fluido e preciso, senza tralasciare alcun dettaglio. Quando si prende in mano un suo volume non bisogna avere fretta, né eccessiva paura, solo tanta voglia di imparare da uno dei maestri più grandi.
Egli nasce a Torino, il 17 maggio 1909, da Valerio Argan, economo del Manicomio provinciale di via Giulio, (Torino), e Libera Paola Roncaroli, maestra elementare. L’infanzia di Carlo è tutt’altro che rosea: il primo conflitto mondiale imperversa e devasta la vita di tutti, e, inoltre, il lavoro del padre costringe la famiglia a vivere all’interno della struttura manicomiale; il costante contatto con i dottori e “la follia” spingono il piccolo Argan verso atteggiamenti seriosi e razionali.
Da bambino Carlo frequenta le scuole elementari De Amicis e Sclopise subito sviluppa un forte interesse per il disegno, passione che lo condurrà verso una breve carriera di pittore e illustratore.
Tra il 1919 e il 1924 è iscritto al Ginnasio del Liceo Cavour, a Torino, e ha come compagni Albino Galvano, con cui inizia a dipingere, Fernando De Rosa e Mario Sturani, amico di Cesare Pavese e valente pittore.
In seguito Carlo tenta di entrare da privatista all’Accademia di Belle Arti di Torino, la sua iscrizione non viene accettata, ma si avvicina ad artisti del calibro di Luigi Onetti e Venanzio Zolla. La “sconfitta Albertina” lo porta a continuare gli studi presso il Liceo Classico Cavour (1924-1927), dove ha come docente di Storia dell’Arte Giusta Nicco, allieva di Lionello Venturi, figura che sarà per sempre il suo principale punto di riferimento; uno zio intanto lo avvicina alla lettura dei testi di Benedetto Croce. Imperterrito nel perseguire i suoi interessi pittorici, Carlo riesce a partecipare alla LXXXIV Esposizione Nazionale della Società Promotrice di Belle Arti di Torino, anche grazie a Felice Casorati, del quale inizia a frequentare la scuola di pittura. Nel 1926 collabora come illustratore alla rivista per ragazzi “Cuor d’oro” e inizia ad avvicinarsi allo studio di Luigi Colombo, in arte “Fillia”, legato al secondo futurismo torinese e aperto all’architettura razionale e ai movimenti d’avanguardia.
Terminati gli studi cavourrini, Carlo si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, ma ancora una volta la sua antica passione lo spinge in un’altra direzione: dopo aver seguito una lezione di Lionello Venturi su Manet, egli lascia Giurisprudenza e si iscrive a Lettere. Determinante l’assidua frequentazione del gruppo di giovani riunito attorno ad Augusto Monti, tra cui Cesare Pavese, Leone Ginzburg e Norberto Bobbio, che si incontrano al caffè Rattazzi o nello studio di Sturani. Particolarmente importante è anche l’amicizia con i compagni storici dell’arte Anna Maria Brizio, Mario Soldati e Aldo Bertini, anche se –come abbiamo detto- la figura per lui più importante rimane Lionello Venturi, in particolar modo negli anni di apprendimento metodologico e militanza critica.
L’ultima tesi discussa da Venturi, prima del rifiuto del giuramento fascista e della conseguente emigrazione in Francia, è proprio quella di Argan, intitolata “La teoria di architettura di Sebastiano Serlio” (13 giugno 1931).
L’ esordio letterario di Argan risale a prima della discussione della tesi, poiché riesce a pubblicare due articoli, il primo concernente la lettura cromatica e anticlassica di Palladio, il secondo sul pensiero critico di Antonio Sant’Elia. Particolarmente significative sono le sue prime collaborazioni con riviste come “La Rassegna musicale” di Guido M. Gatti, “La Nuova Italia” di Luigi Russo e, soprattutto, “La Cultura” che, dopo la morte di Cesare De Lollis e la chiusura de “Il Baretti”, diventa il punto di riferimento degli intellettuali torinesi.
Dopo la laurea, Carlo ottiene una borsa di studio del Rotary Club di Torino; nel dicembre 1931 vince la borsa per la Scuola di perfezionamento in Storia dell’Arte a Roma, e diviene assistente volontario dell’accademico Pietro Toesca. A partire dal 1933 Argan inizia a frequentare la biblioteca di Palazzo Venezia e soprattutto quella Hertziana, luogo in cui stringe amicizia con studiosi tedeschi insieme ai quali si dedica alla stesura di diverse note critiche a libri editi da professori legati al nazismo e fascismo.
Nel 1932 ottiene l’abilitazione per l’insegnamento di Storia dell’Arte negli istituti medi di istruzione e nel 1934 consegue anche la libera docenza per tenere corsi all’Università.
Tra le collaborazioni più importanti ricordiamo quella con Giuseppe Pagano e Edoardo Persico riguardo al tema dell’architettura moderna, ormai intesa oltre i limiti dello standard di Le Corbusier e in sintonia con le conquiste dell’impressionismo.
Nel luglio 1933 Argan vince il concorso per Ispettore aggiunto, presso la Galleria Sabauda di Torino. L’incarico è interrotto per il servizio militare, durante il quale viene trasferito prima a Trento e poi a Modena. In questa città egli dirige per un anno la Galleria Estense, portando avanti sia progetti di riordino delle collezioni, sia piani di protezione in caso di attacco aereo; importante è anche la precoce sperimentazione di radiografie per la conoscenza e il restauro dei dipinti.
La carriera amministrativa prosegue con il trasferimento presso la Soprintendenza alle Gallerie di Roma, poi, nel 1935, con la promozione al grado di Ispettore. L’anno successivo, il ministro dell’Educazione Nazionale Cesare Maria De Vecchi lo promuove Provveditore agli Studi, invitando Argan a trasferirsi ad Alessandria, dove resta fino al 1936. Egli viene nominato Soprintendente di 2ªclasse e di nuovo trasferito a Roma, dove entra alle dipendenze del Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti Marino Lazzari sotto il nuovo ministro Giuseppe Bottai, del quale è uno fra i collaboratori piùimpegnati nella serie di riforme legislative e dell’assetto amministrativo della tutela dei Beni Culturali.
Successivamente Carlo assume il ruolo di segretario di redazione di “Le Arti”, rivista ufficiale della Direzione Generale delle Arti, nata a seguito della soppressione del “Bollettino d’Arte”. Nella rivista egli scrive a sostegno di artisti contemporanei come Carlo Carrà, Arturo Tosi, o Lucio Fontana, e intorno al dibattito sulla città e l’architettura razionale.
Al ruolo ufficiale nell’Amministrazione si accompagna un costante impegno politico, come dimostra il legame con l’ambiente artistico milanese della rivista “Corrente” e la protezione di amici ebrei dopo l’emanazione delle leggi razziali.
Nel frattempo prosegue il suo interesse sui temi della scuola e dell’educazione. A proposito di problemi didattici pubblica vari saggi come “Educazione artistica” (1938), “Le università e la cultura”, “L’insegnamento della Storia dell’Arte nel liceo classico” (1942).
Dall’immediato dopoguerra alla nomina a sindaco di Roma, avvenuta nel 1976, Argan continua a occuparsi di tutela e valorizzazione dei Beni Culturali, di ricerca storica e divulgazione e di militanza critica a sostegno delle correnti artistiche più avanzate. La vastità e la complessità della sua azione si basa su una visione programmatica che è insieme storica, critica, politica e sociale.
Anche dopo l’uscita dall’Amministrazione, Carlo continua il suo impegno in difesa del patrimonio artistico, con la lunga permanenza nel Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti. Convinto della funzione educativa dell’arte, egli prosegue anche la carriera nel settore dell’insegnamento. Dopo il ritorno di Lionello Venturi nel 1945, gli viene affidato il corso di Storia della Critica d’Arte al Perfezionamento dell’Università di Roma «La Sapienza»; nel 1947 tiene lezioni presso il “Warburg Institute” di Londra; per molti anni porta avanti diversi corsi presso l’Università per stranieri di Perugia e partecipa a varie conferenze sia in Italia che all’estero.
Nel 1955 vince il concorso per la cattedra universitaria di Palermo, trasferendosi però poi a Roma. Non va tuttavia dimenticata la sua importanza internazionale, come dimostra la sua costante presenza ai corsi della Fondazione Cini di Venezia e ai convegni del “ComitéInternational d’Histoire de l’Art” (del quale diviene membro per l’Italia dal 1958, nonché eletto presidente nel 1979). Essenziali, negli anni Cinquanta, i suoi numerosi saggi e libri di storia dell’arte rinascimentale e barocca, che rileggono l’arte e l’architettura attraverso la sociologia dell’immagine. Negli anni Sessanta egli approfondisce le teorie sociologiche sull’arte e la città, le cui riflessioni rientrano pienamente nel volume “L’Europa delle capitali”(1964). Grandissimo successo ha il manuale per i licei “Storia dell’arte italiana” (Sansoni, Firenze 1968), in tre volumi, seguito da “L’arte moderna 1770-1970”, con tre milioni e mezzo di copie vendute. Per Argan l’arte è una storia particolare all’interno di una storia più generale, civile e politica, essa è “determinata e determinante”, la storia dell’arte va inserita nella storia sociale, di cui non è un riflesso, ma un elemento di trasformazione. Importanti pubblicazioni evidenziano il contributo di Argan per l’arte e per l’architettura “moderne”.
Egli si oppone alle correnti della Pop Art, del New Dada, del NouveauRealisme, dell’Arte di reportage e poi dell’Arte povera. Le posizioni di Argan si fanno sempre più sfiduciate sul futuro dell’arte, tanto che, nel 1963, riprende la teoria hegeliana della morte dell’arte per portarla a conseguenze legate alla contestazione della società di massa.
Impossibile sintetizzare l’azione intellettuale, molteplice e variegata, di Argan nella cultura italiana del Novecento.
Nel 1975, dopo un grave infarto e una lunga convalescenza, Argan decide di accettare la candidatura come “indipendente” nelle elezioni al Comune di Roma dell’estate 1976; la ricerca di una soluzione tra DC e PCI per concordare il primo sindaco non democristiano del dopoguerra si concentra sull’autorevolezza del suo nome e così il 9 agosto è eletto sindaco di Roma. I tre anni del suo impegno per la Capitale, interrotto per ragioni di salute nel settembre 1979, si collocano in un momento particolarmente difficile e violento della scena politica, che ha il suo apice nel tragico rapimento di Aldo Moro.
Tra le principali azioni politiche da primo cittadino vi sono la lotta contro l’abusivismo edilizio, i problemi delle borgate, la vita delleperiferie e le attività culturali cittadine, in particolare l’avvio delle “estati romane” e il recupero del centro storico.
Nel giugno 1983 Berlinguer gli chiede di candidarsi alle elezioni politiche e Argan diviene senatore per la IX Legislatura, venendo poi rieletto nella X Legislatura e rimanendo in carica fino al marzo 1992.
Nei suoi interventi, si distinguono la determinazione nella difesa del patrimonio artistico e la necessità di riforma delle leggi di tutela e un maggiore collegamento col mondo della scuola e dell’Università.
L’attività di studioso viene costantemente portata avanti attraverso conferenze, saggi, e articoli: egli scrive sulle pagine dei più importanti quotidiani e riviste.
Nel 1959, riceve il conferimento da parte dell’Accademia Nazionale dei Lincei del “Premio Antonio Feltrinelli per la critica dell’arte”; nel 1967 vince il XIV “Premio europeo Cortina-Ulisse” (per il volume “Progetto e destino”, Milano 1965); nel 1976 è insignito della “Medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte”; nel 1983 gli è conferito il titolo di Professore Emerito alla “Sapienza”di Roma. Numerosi sono anche i riconoscimenti da parte di istituzioni italiane e straniere, come la nomina ad Accademico dei Lincei, di San Luca, delle Scienze di Torino, del Belgio.
Una vita dedicata all’arte, quella di Carlo Giulio Argan, un uomo che ha compreso l’essenzialità del patrimonio artistico e la necessità di preservarlo, che ha combattuto strenuamente per tutta la propria esistenza per diffondere la cultura in generale e soprattutto per insegnare l’importanza della Storia dell’Arte come strumento per comprendere la Storia, sia quella passata che quella contemporanea.
Chissà cosa penserebbe degli attuali programmi ministeriali, in cui le ore di arte sono solamente due e non sono presenti nemmeno in tutte le tipologie di scuole?
Alessia Cagnotto
Carlo Magno dormì alle Porte palatine


Il 22 gennaio è uscito Senza barriere, il singolo con cui il cantautore torinese Giovari inaugura la sua nuova avventura musicale, dopo aver pubblicato le uscite precedenti sotto il suo nome di battesimo. Giovari è stato uno dei finalisti a Castrocaro 2019 ed è da poco entrato a far parte dell’etichetta Musicantiere. http://open.spotify.com/album/4fC0CyCGp1dOCHcT1nihYT
ARMARSI DI PENSIERI POSITIVI E DI BUONE AZIONI ABBATTENDO LE BARRIERE CHE CI LIMITANO
La voglia di scappare c’è sempre, per trovare nuovi stimoli, nuove idee, un nuovo modo di vedere il mondo, ambire a una nuova realtà dove il rispetto reciproco non è un pensiero utopico e dove i sogni fatti da bambino a volte si realizzano. Ma spesso questo vuol dire lasciare casa anche contro la nostra volontà per scappare da noi stessi e dagli altri. E non sempre siamo benvoluti dove arriviamo. C’è chi cerca la libertà di poter stare senza giudizi, non sentendosi sempre messi alla prova. Cercandola affrontiamo viaggi non sempre in prima classe. Viaggi pieni di speranza e paura, di curiosità e mancanze, di sconforto e ripensamenti, di conquiste e perdite.
Da piccoli affidavamo i nostri desideri a una barchetta di carta convinti che avrebbe raggiunto la propria meta senza problemi, con la sola spinta del vento, senza imbarcare mai acqua, ma nella realtà non è così semplice. Le barriere sono sempre tante e il più delle volte siamo noi stessi con le nostre azioni a crearle. E così il bambino che c’è in noi si nasconde: troppi ostacoli da superare da solo, troppe battaglie da combattere.
Ma non tutti hanno paura: c’è chi parte senza sapere cosa lo aspetta, solo seguendo il proprio istinto e la propria voglia di realizzarsi. C’è chi parte perché strappato dalla propria terra in cerca di un posto dove sorridere in pace. C’è chi parte perché non riesce semplicemente a rimanere fermo. Ogni persona che incontri sta affrontando un viaggio e noi abbiamo solo il dovere di non alzare barriere con i nostri atteggiamenti e i nostri pregiudizi, ma di sostenerlo per quanto possibile. Perché partire è un po’ come morire, ma con le persone giuste attorno si può sempre rinascere.
Questa è “Senza barriere”, il brano con cui Giovari sceglie di ripresentarsi al pubblico, dopo i singoli rilasciati nell’arco degli ultimi anni sotto il proprio nome di battesimo.
“Sai di per certo che la strada è lunga, fatta di scelte, ostacoli, sorprese. Serve guardare sempre all’orizzonte senza chiedersi se vi sia mai una fine, e viaggiare con la fantasia scoprendo nuovi punti di vista. Perché le coincidenze esistono, i pianeti si allineano e ogni cosa prende forma dal nulla. Il trucco è semplicemente affrontare il mondo con gli occhi e la speranza di un bambino, che non si pone mai limiti, accettando tutto e tutti a prescindere dall’orientamento politico, sessuale, religioso o dal colore della pelle.”
Ascolta Senza barriere: http://open.spotify.com/album/4fC0CyCGp1dOCHcT1nihYT
Musica: G. Arichetta, A. Di Dio Masa
Testo: G. Arichetta
Arrangiamenti: A. Di Dio Masa
Mix: Gabriele Dessì
Master: VDSS Studio di Filippo Strang
Dans un océan d’images. J’ai vu le tumulte du monde
Una ricerca sul significato e sulla portata delle immagini
Giovedì 28 gennaio, dalle ore 18.30, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia propone il documentario Dans un océan d’images. J’ai vu le tumulte du monde (Canada, 2013, 90’), in lingua originale con sottotitoli, della regista québécoise Helen Doyle che ha vinto il premio come miglior film canadese a FIFA – Le Festival International Du Film Sur l’Art nel 2013.
Il film è una ricerca sul significato e sulla portata delle immagini nell’era della rivoluzione digitale e della proliferazione che essa comporta. La tecnologia digitale e internet hanno profondamente inciso sulle modalità e sui tempi di produzione e circolazione delle immagini, e di riflesso sulla ricezione delle stesse. Siamo costantemente inondati di immagini e la regista si chiede se sappiamo ancora come vederle, soprattutto quelle dei conflitti e delle loro gravi conseguenze.
Partendo da queste considerazioni, Helen Doyle ha seguito e intervistato dieci artisti e fotografi contemporanei di fama internazionale come Alfredo Jaar, Letizia Battaglia, Nadia Benchallal, Philip Blenkinsop, Bertrand Carrière, Stanley Greene, Geert van Kesteren, Sera Phousera Ing, Lana Šlezić e Paolo Ventura (attualmente esposto a CAMERA con la personale “Paolo Ventura. Carousel”, in attesa di poter essere nuovamente visitabile dal pubblico alla riapertura del Centro), riflettendo assieme a loro sul significato e sul potere delle immagini.
In una pratica in evoluzione come quella fotografica, fotografi, artisti, artisti visivi – relatori di immagini – propongono nuove strategie, adottano modi diversi per offrirci immagini che siano significative. In questo “oceano di immagini”, Helen Doyle cerca quelle che emergono, costringono l’occhio e, forse, ci aiutano a capire meglio il tumulto del mondo. Incontrando alcuni grandi relatori d’immagine, condividendo la sua passione per la fotografia, la regista ci fa scoprire una vasta tavolozza contemporanea fatta di contrasti scioccanti e matrimoni inaspettati. Le immagini poetiche di Lana Šlezić in Afghanistan, quelle cruente di Philip Blenkinsop in Asia, l’opera monumentale di Alfredo Jaar, le scene di guerra in miniatura di Paolo Ventura, le fotografie di Stanley Greene che si presenta come un narratore e quelle di Geert van Kesteren in Iraq che offre una visione cittadina, la lotta di Letizia Battaglia contro la mafia in Sicilia, il progetto guidato da Nadia Benchallal che ha come punto di partenza la sua nativa Algeria, le tracce ricostruite da Bertrand Carrière sulle spiagge della Normandia e la memoria ritrovata nelle graphic novel di Sera Phousera Ing in Cambogia.
Sulle musiche del noto compositore inglese Nigel Osborne, il documentario sottolinea l’importanza dell’esperienza e della pratica autoriale, ricordandoci che le immagini sono materia da trattare con responsabilità e con cura.
(www.schermodellarte.org).
Modalità di fruizione: per vedere il film sarà sufficiente accedere alla piattaforma Streeen.org e acquistare la visione a 2,80 Euro (pagamento con carta di credito o carta prepagata). Il film sarà in streaming dalle ore 18.30 di giovedì 28 gennaio e per 72 ore dal momento dell’acquisto.
Bersaglieri, all’assalto!
Alla scoperta dei monumenti di Torino / Il monumento venne posizionato all’interno del Giardino Lamarmora, un piccolo giardino di 6200 metri quadrati, donato nel 1862 alla Città di Torino da Alfonso Lamarmora (fratello minore di Alessandro). Il monumento celebrativo al Centenario venne posizionato vicino all’opera dedicata ad Alessandro Lamarmora, fondatore del corpo militare
Situata nel giardino Lamarmora, all’angolo tra via Bertola e via Stampatori, si innalza una massiccia struttura lapidea di forma quadrangolare. Nella parte frontale un rilievo bronzeo raffigura un manipolo di bersaglieri che muove compatto all’assalto, animato e guidato dall’allegoria alata della Patria vittoriosa. Dalla rigida struttura di pietra sporgono i corpi dei militari che, macabri e scavati, contemplano e quasi scavalcano un compagno morente completamente nudo.
Le due parti, ossia il gruppo bronzeo e la struttura lapidea, sembranoessere poste in totale disarmonia tra loro, oscillando tra vibrazioni di forme ed instabili equilibri; grazie a tutti questi elementi, la scultura assume un messaggio significante, riflettendo sui temi della morte e della memoria.
Le prime notizie del monumento al Centenario dei bersaglieri risalgono al 1936, occasione in cui si festeggiarono i 100 anni della fondazione dell’arma che, per volere di Benito Mussolini, si svolse con due adunate: la prima a Torino e la seguente a Roma. L’idea di commemorare i caduti di un corpo militare nacque dalla volontà dei commilitoni di ricordare le imprese dell’arma e i loro compagni deceduti.
Fu il presidente generale della sezione del corpo torinese, Luigi Bossi, di concerto con tutte le sezioni dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, che decise di commemorare l’anniversario con un segno tangibile e permanente da tramandare a ricordo del grande raduno e a venerazione delle stirpi future.
Durante l’assemblea convocata dal Podestà di Torino per decidere che tipo di monumento erigere in onore della commemorazione, Luigi Bossi fece presente che vi fosse già un altorilievo dedicato ai bersaglieri del IV reggimento della caserma Monte Grappa, sede del reggimento omonimo. Il monumento venne eretto nel 1923 grazie ad una sottoscrizione popolare e fu completamente realizzato dallo scultore Giorgio Ceragioli.
L’opera del Ceragioli, carica dello spirito bersaglieresco, costituì (dal 1923 fino al quel momento) la parte superiore della lapide murata all’esterno della caserma. Nel 1936, però, con il passaggio del IV bersaglieri dalla regione Crocetta a via Asti, secondo il presidente della sezione, l’opera per ragioni ideologiche e di prassi conservative non ebbe più ragione di stare in strutture militari o affini.Venne così proposta, da Luigi Bossi, la nuova collocazione del monumento nel centro di Torino, in onore sia alla stessa città che, sotto Carlo Alberto, diede vita al corpo militare, sia alla commemorazione della nascita dell’arma.
Su volontà del Capo del Governo e in base agli ordini del Ministro dell’Educazione Nazionale, la Città di Torino provvide alla rimozione del monumento dalla caserma e incaricò uno scultore sconosciuto di costruire, in un tempo molto ridotto, il basamento lapideo sul quale, ancora oggi, si inserisce l’altorilievo.
Il monumento venne posizionato all’interno del Giardino Lamarmora, un piccolo giardino di 6200 metri quadrati, donato nel 1862 alla Città di Torino da Alfonso Lamarmora (fratello minore di Alessandro). Il monumento celebrativo al Centenario dell’arma venne posizionato vicino all’opera dedicata ad Alessandro Lamarmora, fondatore del corpo militare.
Anche per oggi la nostra passeggiata alla ricerca delle meraviglie della città termina qui. L’appuntamento è per la prossima volta con Torino e i suoi splendidi monumenti.
Simona Pili Stella
(Foto: Museo Torino)
Solenghi rende omaggio a Woody Allen
“Dio è morto e neanch’io mi sento tanto bene”
Tullio Solenghi & “Nidi Ensemble” omaggiano Woody Allen in streaming dal Teatro Superga di Nichelino
Sabato 30 gennaio, ore 21
Nichelino (Torino)
“Dio è morto (Marx è morto) e neanch’io mi sento tanto bene”: prende il titolo ripescando nel borsone strapieno delle innumerevoli (ma quante saranno?) boutades di Woody Allen, al secolo Allan Stewart Konisberg, lo spettacolo in streaming dedicato da Tullio Solenghi, ospite del “Teatro Superga” di Nichelino, al “più europeo dei registi statunitensi”, nonché al “maggiore esponente della comicità intellettuale ebraica new-yorkese”. In realtà la battuta, di cui sopra, pare non sia proprio parto originale dell’improbabile e surreale e un po’ tanto cinica vena umoristica dell’oggi 85enne Woody (eterno ragazzo), che invece l’avrebbe sottratta (secondo il “Dizionario delle citazioni sbagliate” di Stefano Lorenzetto, edizioni Marsilio) dal “Teatro dell’Assurdo” di Eugène Ionesco; in tutti i casi alla storia è passata legata più al suo nome che a quello del celebre drammaturgo rumeno. Con tutto il massimo rispetto, per carità, anche per il secondo. E a ricordarla sarà proprio il genovese Solenghi (altro genio della nostrana comicità), che, sabato prossimo 30 gennaio alle 21, in un intelligente mix di parole, musica e humour, rilleggerà online alcuni esilaranti brani tratti dai libri di Woody Allen (che esordì negli anni Cinquanta proprio come autore comico, quando moltissimi fra i suoi primi lettori non avevano ancora visto i suoi film) coniugandoli con le musiche che hanno caratterizzato i suoi film più significativi, eseguite da Alessandro Nidi e dal suo “Ensemble”. Si passerà così dai “Racconti Hassidici” alla parodia delle Sacre Scritture tratti da“Saperla Lunga” (titolo originale “Getting Even”, una serie di “pastiches” affondati in uno humour spiazzante di chiare radici yiddish), allo spassoso “Bestiario” tratto da “Citarsi Addosso” (pubblicato per la prima volta nel ‘72, superbo memoriale della nevrosi metropolitana alleniana), intervallati da brani di George Gershwin, Tommy Dorsey, Dave Brubeck, con uno speciale omaggio al mentore di Woody, il sommo Graucho Max(il terzo dei cinque indimenticabili fratelli), evocato dalla musica Klezmer, la musica tradizionale degli ebrei aschenaziti dell’Est Europa. In rapida carrellata si rincorreranno suoni e voci, musica e racconto in un’alternanza di primi piani a comporre un “montaggio” divertente ed ipnotico teso a raccontare la storia e la vita di un genio perennemente a disagio, certo di una sola cosa, della sua innata (e ben coltivata) incapacità di integrarsi nel rullio del caos metropolitano. E, in fondo, da nessuna parte: “Provo un intenso desiderio – dichiarava Allen – di tornare nell’utero…di chiunque”.
Lo spettacolo che vedrà sul palco il grande Tullio Solenghi rientra nel format “Nel Salotto con”, ideato dal “Teatro Superga”, come nuovo modo per vivere la cultura in un periodo sospeso senza tenere spoglio il palcoscenico: un servizio di streaming fruibile dal salotto di casa che porta tra le mura domestiche gli spettacoli della stagione trasmessi in diretta su piattaforma dedicata direttamente dal palco del teatro di Nichelino.
Biglietti: 8,99 Euro su nelsalottocon.it. L’accesso allo streaming è limitato ad un dispostivo per ogni account. Se si acquistano più biglietti per lo stesso spettacolo, è necessario contattare biglietteria@teatrosuperga.it e richiedere gli ulteriori account.
Info: https://nelsalottocon.it – info@nelsalottocon.it
g. m.
È partito il 21 dicembre 2020 FARE MEMORIA, progetto digitale dedicato alla Giornata della Memoria promosso dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e dal Liceo Scientifico Carlo Cattaneo di Torino.
Un percorso lungo un mese, realizzato completamente da remoto, in cui 4 classi (per un totale di circa 75 studenti coinvolti, divisi in piccoli gruppi di lavoro), nell’ambito delle ore di Educazione Civica, riflettono e fanno loro i temi della shoah attraverso il teatro e lo studio di alcuni celebri spettacoli dedicati a questo tema, tra cui Se questo è un uomo di Primo Levi e La vita offesa nella riduzione di Anna Bravo e Daniele Jalla.
A dare supporto ai ragazzi, e alle loro docenti che hanno fissato i temi cardine, si sono attivati il settore Partecipazione e Sviluppo Culturale e il Centro Studi del Teatro Stabile di Torino, che hanno fornito preziosi materiali estratti dall’Archivio digitale del TST – https://archivio.teatrostabiletorino.it/ – e collaborato alle attività di ricerca sulle opere teatrali che negli anni hanno affrontato il tema dell’Olocausto.
Il risultato del lavoro svolto dagli allievi, arricchito da foto d’archivio, infografiche e contributi audio incisi dagli stessi ragazzi (come piccoli podcast) verrà presentato il 27 gennaio ai compagni delle prime classi, in un ideale passaggio di testimone.
Un’occasione unica per gli studenti coinvolti, che non solo hanno trovato modi originali per diventare ‘voci’ della memoria, ma hanno acquisito in itinere competenze preziose per la loro futura carriera scolastica e più in generale per la vita di cittadini: un efficace metodo di consultazione dell’Archivio e della biblioteca digitale del TST, e soprattutto lo studio critico delle fonti, bussola per orientarsi con maggiore sensibilità nella sovraccarica mediasfera del mondo contemporaneo.
Il Premio InediTO in diretta Facebook
Martedì 26 gennaio ore 18:00 si svolgerà la diretta dalla pagina Facebook del Premio InediTO – Colline di Torino per promuovere e presentare il nuovo bando 2021 della ventesima edizione la cui corsa per iscriversi si concluderà il 31 gennaio.
Parteciperanno all’evento streaming Antonella Giordano, Laura Pompeo e Tiziana Siragusa, assessori alla cultura dei comuni di Chieri, Moncalieri e Chivasso aderenti all’iniziativa, Cecilia Cognigni, responsabile delle Biblioteche Civiche Torinesi in rappresentanza della Città di Torino, Laura Prunello, della Biblioteca “Alda Merini” di Rivoli, il direttore del premio Valerio Vigliaturo, alcuni componenti della giuria presieduta da Margherita Oggero e formata da: Milo De Angelis, Maria Grazia Calandrone, Enrica Tesio, Sacha Naspini, Marco Lupo, Valentina Maini, Michela Marzano, Massimo Morasso, Elisabetta Pozzi, Emiliano Bronzino, Alice Filippi, Paolo Mitton, Teresa De Sio, Willie Peyote.
Attraverso il format “Da inedito a edito, percorsi verso la pubblicazione e la produzione” (che a causa dell’emergenza sanitaria non è stato possibile realizzare nelle varie sedi delle biblioteche), interverranno alcuni autori premiati nelle scorse edizioni che hanno pubblicato o prodotto le loro opere grazie al premio che non abbandona i vincitori al loro destino, ma li sostiene e accompagna nel mondo dell’editoria e dello spettacolo grazie al montepremi di 7.000 euro e ai premi speciali come “InediTO Young” in collaborazione con Aurora Penne e L’Officina della Scrittura, “InediTO Ritrovato” assegnato a un’opera inedita di uno scrittore non vivente, “Alexander Langer” e “Giovanni Arpino” in collaborazione con la Città di Torino e i consiglieri comunali Federico Mensio e Marco Chessa, “Borgate Dal Vivo” in collaborazione con il festival, “Routes Méditerranéennes” in collaborazione con l’UJCE (Unione Giornalisti e Comunicatori Europei), conferito a un’opera che descriva storie e migrazioni sulle strade del Mare Nostrum.
La diretta si svolgerà grazie al supporto tecnico del Festival Internazionale di Letteratura “I luoghi delle Parole” di Chivasso diretto da Diego Bionda, partner del premio.
Per il bando completo consultare: