GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Lunedì. Al cinema per 3 sere consecutive a Torino, il film su Chet Baker “Jazz Noir” diretto dal regista olandese Rolf van Eijk. Il trombettista Johnny Lapio in quintetto con l’Arcote Project presenta lo spettacolo “Schiano graffiti” alla Cascina Fossata.
Martedì. Al Green Pea al Lingotto, il quartetto di Emanuele Cisi presenta in concerto “Far Away” nuovo progetto discografico.
Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suona Billy Spuma con i Gassati.
Giovedì. Al Cafè Neruda sono di scena i Unit Four. Al Magazzino di Gilgamesh si esibisce il bluesman Eros Barbin. Al Cap 10100 è di scena il cantautore Pier Cortesementre al Magazzino sul Po si esibisce Walter Celi. Al Mag Dog suona il trio jazz Bongcloud.
Venerdì. Al Magazzino di Gilgamesh si esibiscono i Fonzarelli’s. All’Hiroshima è di scena Roby Salvai. Al Magazzino sul Po si esibisce John Duncan preceduto dal duo Beauchamp/Sigurtà. All’Arteficio suona il trio del chitarrista Maurizio Malano mentre al Cap 10100 si esibiscono i The Spell Of Ducks. Al Polski Kot il progetto Xipe Project.
Sabato. Al Magazzino sul Po suonano i Sweet Life Society. Al Circolo della Musica di Rivoli si esibiscono i Weongonyou. Al Folk Club suona e canta il trio di Michele Gazich. Al Bunker sono di scena i Voodoos And Taboos.
Domenica. Al Cap 10100 musiche da film eseguite dal pianista Giovanni Doria Miglietta con il violoncellista Lamberto Curtoni.
Pier Luigi Fuggetta

La ricca famiglia di commercianti proprietari di negozi e terreni possedeva nel 1649 un altare in giuspatronato nell’antica chiesa parrocchiale di S.Maria con diritto di sepoltura dei propri defunti nel cimitero annesso. I canonici della famiglia furono D.Giovanni Antonio nel 1666-71 a Serralunga di Crea,D.Giovanni Pietro nel 1710-22 a Vignale e Rosignano,D.Giovanni Antonio nel 1758 pievano a Ponzano.Illustre possidente dell’epoca era il nob.Carlo Francesco Gozzano(1605-1688)il quale per il battesimo di due dei dieci figli designò come padrini i cugini di Casale,il nob.Giovanni il giovane nel 1632 e madonna Maria nel 1644, moglie del nobile cugino Giovanni il vecchio, originari di Luzzogno.Nel 1712 il ricchissimo cugino Francesco Bernardino del notaio casalese Antonio da Luzzogno risiedeva a Cereseto dove possedeva l’area di S.Cassiano, tuttora proprietà della famiglia di Gozzano Vincenzo e Maria Cucco,poi a Serralunga di Crea con la moglie Brigida del causidico Giovanni Francesco Perracino. Si legge nel bellissimo diario di famiglia che si erano trasferiti in collina per sfuggire allo stress cittadino di Casale Monferrato. Fu l’ultimo proprietario della casa Gozzano venduta al comune di Luzzogno,atto rogato
Nel 1897 Ernesta Maria Gozzano (1874-1954) sposò a Cereseto Angelo Contin (*1873)di Beniamino e Luigia Brianza di S.Fidenzio (Parma),in origine conti di Castelseprio della sede comitale di Varese fin dal 1300.Diversi componenti della famiglia trasferita a Venezia e inserita in quel patriziato diedero lustro alla casata.Già Goffredo Contin era conte di palazzo di Ludovico II°e governatore di Pavia.Antonio procurò nel 1449 la dedizione di Crema alla Repubblica di Venezia, possedimento che si
Possedevano con i loro cinque figli una palazzina ai Parioli,una squadra di calcio,una Mercedes e un elicottero Agusta.Durante l’occupazione tedesca di Roma avvenuta il giorno 8-9-1943,definito il giorno della vergogna,la loro azienda fu sequestrata e trasferita in Germania.Nel 1930 Angelo ed Ernesta ebbero l’idea di accostare per la prima volta gli stemmi delle loro nobili casate, creando così una piccola ricerca genealogica poi conclusa e pubblicata nel 2018 da Armano Luigi Gozzano.
I maestri vetrai muranesi, in difficoltà economiche, preferirono emigrare in altre città italiane, compresa Torino, e anche all’estero per trovare condizioni di vita e di lavoro migliori. La diaspora dei vetrai cominciò già nel Trecento e si protrasse fino al Settecento facendo perdere a Venezia parte della produzione dei suoi gioielli ammirati e venduti in tutto il mondo. Oggi i vetrai di Murano sono di nuovo in crisi: gli alti costi dell’energia diventano proibitivi e insostenibili per questi artigiani che per produrre i loro manufatti devono tenere accesi i forni giorno e notte. Alcune fornaci sono state già chiuse e diverse famiglie stanno pensando di trasferire altrove la produzione. Si delinea insomma una situazione simile a quella del Seicento descritta, con dovizia di particolari, dallo storico Paolo Preto nel volume “I Servizi segreti di Venezia, spionaggio e controspionaggio ai tempi della Serenissima” (Il Saggiatore, 1994). Ma spariranno davvero i vetrai di Murano e i loro celebri lampadari conosciuti in tutto il mondo e che attirano in laguna ogni anno moltitudini di turisti? Se ne parla molto in questi giorni con servizi televisivi e articoli sui quotidiani. Se non si produce si chiude bottega o si emigra in un altro Paese dove l’energia costa meno. Fiore all’occhiello della produzione industriale di Venezia i vetri di Murano sono sempre stati, almeno fin dal Trecento, una fonte perenne di preoccupazioni per la Repubblica di Venezia che nel Seicento combatté addirittura una guerra di spie contro la Francia di Luigi XIV. Deciso a rubare al doge i suoi maestri vetrai Jean Baptiste Colbert, primo ministro del Re Sole, fece di tutto per portarne un gruppo a Parigi promettendo loro favolosi guadagni e iniziando una produzione tutta francese.
Fu un vero e proprio attacco all’industria veneziana ma Colbert dovette scontrarsi con la dura reazione del governo lagunare che ricorse a tutti i mezzi per stroncare l’offensiva della monarchia francese, anche all’omicidio di Stato, mandando i suoi 007 a eliminare fisicamente soggetti scomodi al di là delle Alpi. Vengono colpiti vetrai veneziani e lucidatori di specchi francesi, i rapporti tra le due potenze peggiorano e diventano insostenibili per entrambe le diplomazie. I vetrai fuggiti in Francia tornano in laguna ma ormai l’obiettivo è stato raggiunto. I francesi si sono impadroniti con la forza e con l’astuzia dei segreti dei vetrai muranesi e Colbert non ha più bisogno di importare specchi da Venezia. Lo scrittore veneziano Alessandro Marzo Magno ricorda che nel sito del gruppo francese Saint-Gobain, leader mondiale nella produzione di vetri industriali, si legge: “Fondato in Francia nel 1665 per volere di Luigi XIV per realizzare la galleria degli specchi della reggia di Versailles a Parigi” ma non c’è però scritto che il tutto era il risultato di una colossale operazione di spionaggio industriale organizzata da Colbert ai danni di Venezia. Come dimostra il secolare successo della Saint-Gobain”. Ma anche questa volta, ne siamo convinti, Venezia, che proprio quest’anno compie 1600 anni di gloriosa esistenza, non si rassegnerà facilmente a perdere i suoi maestri muranesi. Lo Stato italiano è costretto ad aiutarli.
“I miei quadri sono stati dipinti utilizzando la scala dell’esistenza e non quella istituzionale”: così diceva il grande Marck Rotcko, pittore statunitense di origine lettone (morto suicida nel 1970) e padre riconosciuto del “Color Field Painting” – pittura come “campo colorato”. Spazi astratti di colore vibrante in cui non v’è traccia di figure umane, ma solo “estasi” totale. Tragedia ed estasi. Arte come vita. Colori come ali essenziali a viaggi verso emozioni assolute. Parole e dimensioni in cui penso possa ben riconoscersi Franco Tosi, bolognese d’adozione (ma nato a Magenta nel ’62), cui la Galleria “metroquadro” di Marco Sassone dedica oggi in contemporanea, a quattro anni dalla sua ultima personale a Torino, due mostre dai titoli estremamente chiari e significativi: l’una “Insight” ospitata nella Galleria di corso San Maurizio e l’altra “Inside” presso gli spazi dell’“NH Hotel Santo Stefano” di via Porta Palatina. La rassegna si articola in tre sezioni: dalle distese di colore della serie dei “Landscapes”, di grandi dimensioni, ai più piccoli “Scratched Fields” fino alla certosina moltiplicazione cellulare della serie cosiddetta delle “Mitosi”. Scive Marco Sassone: “Le tre serie vivono indipendenti, ma tutte e tre si intrecciano nel tentativo di rappresentare le gioie ed i tormenti di quel mistero che è la vita”. In parete troviamo opere, quasi tutte di grandi dimensioni, votate ad una cifra astratta assolutamente controllata (pur con qualche “sgarbo” emotivo) nei ritmi cromatici, logica e analitica all’eccesso, dai verdi più o meno intensi agli azzurri sfumati in un chiaro-scuro che domina le campiture di colore dilatate sulla totalità della tela. L’artista si è diplomato a Bologna all’Istituto “IASA – Istituto per le Arti Sanitarie Ausiliarie” e proprio questo tipo di studi deve averlo indirizzato a concepire il lavoro pittorico come strumento di indagine introspettiva in grado di avvicinare l’artista all’osservatore, nella comune speranza di trovare un senso all’esistere. Ciò che gli interessa non sono dunque, per citare ancora Rotcko, “i rapporti di colore, di forma o di qualsiasi altra cosa, ma solo esprimere le fondamentali emozioni umane”. Introspezione ed interiorità sono, infatti, il leitmotiv dell’intera mostra. “Un modo differente di
guardarsi dentro – racconta lo stesso artista – dove il romanticismo dei landscapes , con campiture graffiate e tenui, a loro volta diventano il fluidificante nel quale nascono e si moltiplicano grappoli di cellule. La parte romantica lascia spazio alla ragione, soggettivo e oggettivo si incontrano in un gioco di ruoli dove nulla è più definito”. E allora quegli indefiniti totalitari spazi cromatici vanno a nascondere una singolarissima analisi interiore. Un gioco non semplice di anima e cuore che tende (ci riuscirà?) a coinvolgere e a concepire in un tutt’uno artista e spettatore. Davanti a uno specchio che spesso riflette “le debolezze dell’Io, in una continua ricerca di sé stessi e la paura, forse, di non trovarsi”. O, peggio di trovarsi.
Spirito libero ed eclettico, pittore scrittore editore e intellettuale fra i più raffinati del nostro secondo dopoguerra, Mario Lattes(Torino, 1923 – 2001) seppe unire in tutta la sua vita, con grande iltelligenza e creatività, imprenditorialità e umanesimo. Doti che Lattes seppe sfruttare in larga abbondanza e a riconoscimento delle quali è dedicato l’incontro “L’impresa di fare cultura. Mario Lattes editore e scrittore”, organizzato dalla “Fondazione Bottari Lattes” in occasione di “Alba Capitale della Cultura di Impresa 2021”. L’appuntamento sarà anche l’occasione per presentare per la prima volta ad Alba il cofanetto in tre volumi “Opere di Mario Lattes”, edito da “Olschki” e pubblicato lo scorso maggio. L’incontro è per venerdì 19 novembre alle ore 18 al “Pala Alba Capitale”, in piazza San Paolo, e prevede gli interventi di Caterina Bottari Lattes, presidente della “Fondazione Bottari Lattes”, Simone Lattes, amministratore delegato della Casa Editrice, Mariarosa Masoero e Giovanni Barberi Squarotti, coordinatori dei tre volumi in cofanetto. Moderatore il giornalista Roberto Fiori. L’appuntamento sarà trasmesso anche in diretta streaming sui canali Facebook di “Confindustria Cuneo” e “Fondazione Bottari Lattes” e sul canale Youtube di “Confindustria Cuneo”. Per prenotazioni: