CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 454

Lo sguardo “a colori” di Robert Capa sul mondo delle guerre e del divertimento ritrovato

Nelle Sale Chiablese, fino al 31 gennaio   150 immagini – in un allestimento che lascia ogni respiro ad una perfetta visione e che nei supporti esplicativi non sbrodola testi troppo ingombranti ma va dritto all’attenzione -, è come sfogliare un libro che mai ti è capitato di avere tra le mani, praticamente del tutto nuovo, inconsueto, suggestivo.

Finora avevano avuto facile memoria il vecchio siciliano pronto a indicare al soldato italoamericano accovacciato la direzione presa dal nemico tedesco (era l’agosto del ’44, ci viene tramandato persino il nome del soggetto locale, Francesco Coltiletti detto “massaru Ciccu”), o Pablo Picasso, con la sua corona di capelli bianchi, sulla spiaggia assolata, costretto servizievole a ombreggiare con un grande ombrellone la compagna Françoise Gilot, mentre un giovanotto muscoloso e sorridente occhieggiava in secondo piano o il miliziano della guerra spagnola del ’36 (immagine controversa: immediata realtà o troppo perfetta, falsa ricostruzione?) colpito a morte. Immagini in bianco e nero, rigorosamente (c’insegna una pubblicità), un attimo catturato e tramandato alla Storia.

Oggi, un altro sguardo, di una nuova “poetica” parla Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali. Fino al 31 gennaio prossimo, nelle Sale Chiablese, la mostra Capa in color ci regala l’altra strada intrapresa da Robert Capa – il suo vero nome Endre Ernó Friedmann, origini ungheresi, costretto ventenne, nel ’33, a fuggire a Parigi con l’avvento di Hitler -, quella che tra il ’41 (Hemingway ripreso nella sua casa di Sun Valley) e il 1954, anno della morte (gli ultimi scatti, durante la guerra in Indocina), gli fa amare il colore e la necessità di portarsi dietro due fotocamere, una per le pellicole in bianco e nero e una per quelle a colori, usando una combinazione di 35 millimetri e 4×5 Kodachrome, e le pellicole Ektachrome di medio formato. Credeva nei nuovi mezzi, spingeva le riviste francesi, statunitensi e inglesi a cui collaborava a mettere nei preventivi un buon carico di rullini e a dare sempre maggior spazio alle immagini a colori (sapeva anche farsi debitamente i conti in tasca, erano certo meglio pagate). Magari con qualche esempio già alcuni anni prima. Trovandosi in Cina per testimoniare il conflitto sino-giapponese, scriveva il 27 luglio 1938 ad un amico della agenzia di New York: “Spediscimi immediatamente 12 rulli di Kodachrome con tutte le istruzioni su come usarli, filtri, etc… in breve, tutto ciò che dovrei sapere, perché ho un’idea per Life”. Fu esaudito ma dell’arrivo di quel materiale ci rimangono soltanto quattro immagini.

Nata da un progetto di Cynthia Young, curatrice della collezione di Robert Capa al Centro internazionale della fotografia di New York, l’esposizione è prodotta dalla Società Ares con i Musei Reali e allinea – non trascurando riviste stampate nei decenni interessati, lettere in cui il grande fotoreporter trasmette fatti e descrizioni e sensazioni, presentazioni inserite in volumi, battute a macchina e corrette di proprio pugno, telegrammi -, per capitoli, l’intero percorso di una vita folle e avventurosa, vissuta al centro dei campi di battaglia e sui mari (“Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete andati abbastanza vicini”, il suo insegnamento pieno di fierezza), ma anche e sempre curiosa dei luoghi e degli amici, della tranquillità e delle distese innevate della montagne (gli sciatori di fronte al Cervino, i reali d’Olanda con cui stringe amicizia in bella posa), della voglia di divertimento che sempre più accampava i propri diritti nel periodo postbellico, delle feste romane in un clima pre-dolcevita e delle sfilate di moda da Schubert (alcuni anni dopo, in un clima sempre di spensieratezza, troverà le sue mannequin in place Vendôme o sul lungosenna), dei pezzi di vita nuova che chiedevano di ricostruirsi e di affermarsi, dei volti famosi (quando riuscì ad incrociare Hollywood e il suo mondo, eccolo correre di gran fretta sul set di Notorius per omaggiare forse Hitchcock e per iniziare una breve quanto intensa storia d’amore con Ingrid Bergman; quando scese tra le risaie del Vercellese, sul set di mitico Riso amaro, probabilmente l’intreccio della vicenda e il lavoro di De Santis poco lo interessarono ma il viso e le forme di Doris Dowling lo colpirono parecchio). Quindi sfilano l’immagine di un membro dell’equipaggio del commodoro Magee che manda segnali, i soldati americani che ispezionano un carrarmato tedesco o si ricoprono di una bandiera con svastica che hanno catturato; il volto di Trockij e quasi l’udibile voce stessa su di un palco di Copenhagen ed il conflitto arabo-israeliano, tra la lotta e le prime costruzioni a formare i nuovi kibbutz, tra il ’49 ed il ‘50; il viaggio nel 1947 a Mosca in compagnia di John Steinbeck e le code sulla Piazza Rossa negli anni a venire, a visitare la tomba di Lenin, con i visi degli uomini, delle madri con i figli, riverenti e muti, Picasso che gioca con il figlio, perfetto nonno ed incredibile padre; l’allegria all’aria aperta di Hemingway in compagnia della terza moglie, Martha Gellhorn, e dei due figli, la bellezza di certe facce, le fasce rosse legate attorno alla fronte, in un primo maggio descritto tra le strade del Giappone. Ancora i set cinematografici che lo incuriosiscono e lo eccitano, Ava Gardner che balla durante le riprese della Contessa scalza, una Anna Magnani carica di vitalità, John Huston intento a raccontare tra Parigi e gli studi di Londra la vita di Toulouse-Lautrec in Moulin Rouge, l’amico Humphrey Bogart (con cui nel ’52 andrà nella capitale inglese per riprendere l’incoronazione di Elisabetta) e Peter Lorre, ombroso e ingessato viveur l’uno, elegante damerino l’altro, entrambi alle prese con Il tesoro dell’Africa (possibile che nell’occasione la nostra Lollo non l’abbia almeno fotograficamente punzecchiato?), Ingrid Bergman che ascolta le indicazioni di Roberto Rossellini prima che si giri una scena di Viaggio in Italia nel ’53. Sono gli ultimi sprazzi di questo suo mondo che non vuole più dolori, combattimenti e morti, i divertimenti di Bayonne e di Deauville stanno lì a testimoniare. Ma anche per questa vena di divertimento l’interesse s’affievolisce, o addirittura si spegne del tutto: e Capa chiede di essere mandato dove ancora una volta possa respirare i venti della guerra. Invitato dalla Mainichi Press, si trova in Giappone quando riceve da Life la proposta di sostituire il fotografo della rivista in Indocina dove infuria il conflitto franco-vietnamita. Raggiunge Luang Prabang, fotografa i soldati feriti e le zone di guerra e la vita che continua a scorrere ad Hanoi e nelle altre città. Accompagna un convoglio francese lungo il delta del Fiume Rosso: mentre il convoglio è costretto a fermarsi per il fuoco nemico, Capa scende dalla jeep su cui viaggiava per fotografare un campo di riso a lato della strada. Mette il piede su una mina antiuomo e resta ucciso. Era il 25 maggio del 1954. Quella sconosciuta località aveva un nome forse grazioso, Tay Ninh. Capa aveva da pochi mesi compiuto quarant’anni. Era stato il più grande fotoreporter di guerra.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini:

 

Robert Capa fotografato da Gerda Taro

Un membro dell’equipaggio segnala ad un’altra nave di un convoglio alleato che attraversa l’Atlantico, 1942

Humphrey Bogart e Peter Lorre sul set del “Tesoro dell’Africa”, aprile 1953

Capucine, modella e attrice francese, al balcone, Roma, agosto 1951

 

Credits immagini Robert Capa International Center of Photography Magnum Photos

Cinque giorni di eventi proposti da Camera

Dal 30 settembre al 4 ottobre CAMERA propone una cinque giorni di mostre, proiezioni diffuse, incontri, letture portfolio e visite guidate a CAMERA e in città; il tutto in forma gratuita e nel rispetto delle norme in vigore e del distanziamento interpersonale.

 

I festeggiamenti del quinto compleanno di CAMERA sono possibili anche grazie alla presenza di numerosi sponsor: K-WAY®, Culti Milano, CWS, Domori, Montenegro, Casa della piada, Birra GHOST, Squillari Arti Grafiche, Gruppo Promos, Le Officine Poligrafiche Mcl, Roundabout.
Le iniziative sono patrocinate dalla Città di Torino e in collaborazione con l’Istituto Europeo di Design, Torino Fringe Festival, FIAF.

 

Il Programma dei festeggiamenti

 

MERCOLEDÌ 30 SETTEMBRE

> ore 17.00
Apertura al pubblico dell’installazione fotografica FUTURES. 2018-2020

FUTURES 2018-2020 è un progetto espositivo in spazio pubblico focalizzato sull’immagine fotografica contemporanea curato da Giangavino Pazzola. Le 20 finestre che affacciano su via delle Rosine e via Giolitti diventano un inedito display nel quale sono installate le opere degli artisti selezionati negli ultimi tre anni da CAMERA nell’ambito di Futures Photography – programma europeo di valorizzazione dei percorsi professionali di talenti emergenti, piattaforma all’interno della quale CAMERA coopera con 12 realtà internazionali. I 16 fotografi presenti in mostra sono: Umberto Coa (Palermo, 1988), Teresa Giannico (Bari, 1985), Vittorio Mortarotti (Savigliano, 1982), Armando Perna (Reggio Calabria, 1981), Lorenzo Pingitore (Torino, 1985), Anna Positano (Genova, 1981), Domenico Camarda (La Spezia, 1990), Francesca Catastini (Lucca, 1982), Paolo Ciregia (Viareggio, 1987), Irene Fenara (Bologna, 1990), Giaime Meloni (Cagliari, 1984) Marina Caneve (Belluno, 1988), Camilla Ferrari (Milano, 1992), Camillo Pasquarelli (Roma, 1988), Giovanna Petrocchi (Roma, 1988), Marco Schiavone (Torino, 1990).

> ore 18.00
Incontro | FUTURES. Il futuro prossimo della fotografia

Intervengono
Elisa Medde, editor in chief Foam magazine
Francesca Seravalle, curatrice e mentor
Giangavino Pazzola, curatore CAMERA e referente FUTURES
Walter Guadagnini, direttore CAMERA

Il primo incontro in programma per il quinto compleanno di CAMERA è dedicato alla fotografia contemporanea, alle sue evoluzioni e alla promozione dei giovani autori nell’attuale panorama artistico. Ospiti dell’incontro, coordinato da Walter Guadagnini e Giangavino Pazzola, rispettivamente direttore e curatore associato di CAMERA, è Elisa Medde – dal 2012 editor di FOAM Magazine – Amsterdam e Francesca Seravalle, curatrice e membro della giuria nell’ultima edizione del bando Refocus indetto dal MiBACT. A partire dal talents program FUTURES, realizzato da CAMERA in cooperazione con altre 12 realtà europee, durante l’incontro verranno messe a confronto strategie nazionali e internazionali di scouting, promozione e diffusione della creatività contemporanea.

 

GIOVEDÌ 1 OTTOBRE

> ore 11.00
Apertura al pubblico della mostra Gianni Berengo Gardin e la Olivetti  | Project Room, 1 ottobre – 15 novembre 2020

La mostra, realizzata da CAMERA e dall’Associazione Archivio Storico Olivetti, con la collaborazione del Museo Civico P. A. Garda di Ivrea, è dedicata all’opera di uno dei più celebri fotografi italiani: Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930).

Curato da Margherita Naim e Giangavino Pazzola, il progetto espositivo evidenzia l’intensità del rapporto professionale tra il fotografo e l’azienda di Ivrea, attraverso un’accurata selezione pressoché inedita di oltre 70 fotografie d’epoca in bianco e nero, pubblicazioni e altri documenti d’archivio ripensati secondo una scelta curatoriale che delinea due nuclei: uno formale che indaga il tema del valore del progetto d’architettura (industriale, residenziale, sociale, ecc.); un secondo che più esplicitamente traduce un sistema sociale di relazioni dentro e fuori la fabbrica. Berengo Gardin, infatti, è uno tra gli autori che ha collaborato più a lungo con la Olivetti, descrivendo nei suoi servizi fotografici sia il valore sociale del progetto d’architettura sia l’organizzazione di un sistema di servizi sociali e culturali che animava la fabbrica e il territorio. La mostra è inoltre un omaggio che i due istituti culturali dedicano all’autore in occasione dei suoi 90 anni.

La mostra ha origine da un progetto di ricerca e studio bandito dall’Associazione Archivio Storico Olivetti nel 2018 e svolto da Margherita Naim attraverso l’analisi e schedatura dei documenti fotografici di Gianni Berengo Gardin conservati nei fondi della Società Olivetti, e si sviluppa all’interno di un protocollo di intesa tra il Dipartimento Archivi di CAMERA e l’Associazione, rivolto alla mappatura e alla valorizzazione dei fondi fotografici custoditi a Ivrea – all’interno della più ampia cornice del Censimento delle raccolte fotografiche in Italia realizzato da CAMERA su scala nazionale.

> ore 18.00
Incontro con Gianni Berengo Gardin

Intervengono
Gianni Berengo Gardin, fotografo
Giovanna Calvenzi, photo-editor
Walter Guadagnini, direttore di CAMERA

L’incontro di approfondimento collegato a 1965-1990. Gianni Berengo Gardin e la Olivetti, mostra dedicata dall’istituzione torinese e dall’Associazione Archivio Storico Olivetti, con la collaborazione del Museo Civico P. A. Garda di Ivrea, è incentrato sull’opera di uno dei più grandi fotografi italiani del Novecento. Insieme a Gianni Berengo Gardin e al direttore di CAMERA, Walter Guadagnini, sarà al tavolo dei relatori anche Giovanna Calvenzi, photo-editor e studiosa di fotografia, al fine di ripercorre i passaggi principali del rapporto professionale tra il fotografo e la società di Ivrea. Partendo dalle committenze private, la conversazione andrà a toccare i momenti più significativi nell’evoluzione della poetica dell’autore in ambito industriale, spaziando tra campagne fotografiche sul territorio canavese e servizi realizzati negli stabilimenti Olivetti, senza trascurare il ruolo fondamentale dei progetti editoriali nella pratica artistica di Berengo Gardin.

> dalle ore 21.00
Esterno notte. Fotografie e proiezioni sulla città
Un evento partecipato e diffuso sulla città, dove mille e una proiezione di foto e video daranno vita a palazzi, case e cortili.

Esterno notte. Fotografie e proiezioni sulla città è una festa collettiva dedicata alla fotografia e all’immagine. La ricorrenza del quinto anno di attività di CAMERA è stata un modo per coinvolgere le istituzioni culturali torinesi e i cittadini in un evento di proiezioni diffuse per le vie del centro e delle periferie. Nella serata del primo ottobre finestre, balconi e affacci sull’esterno diventeranno la piattaforma da cui proiettare degli slideshows fotografici o progetti video. Il filo conduttore delle proiezioni è lo stupore, inteso come sentimento “riempitivo”, che pervade l’animo di chi lo prova, nella volontà di colmare, attraverso le immagini, lo spazio urbano lasciato vuoto nei mesi passati, ma anche di far dialogare una dimensione visiva che è sempre più digitale e smaterializzata con gli ambienti della vita fisica e tangibile di tutti noi. A questa iniziativa parteciperanno le principali realtà, enti, istituzioni e gallerie torinesi così come i liberi cittadini coinvolti da CAMERA attraverso una call pubblica.

 

a CAMERA
> ore 21.00
Sulla facciata della chiesa di San Michele Arcangelo in via Giolitti, CAMERA proietta una selezione di fotografie delle quaranta mostre realizzate nei suoi primi cinque anni da Boris Mikhailov a Man Ray, da Sandy Skoglund a Francesco Jodice.

ore 22.00 e ore 23.00
Nel cortile interno di CAMERA si presenta “Bersaglio”, la nuova installazione del collettivo multimediale SPIME.IM, progetto creato appositamente per festeggiare il compleanno. L’evento è organizzato in collaborazione con il Torino Fringe Festival.
La performance è prevista, in caso di condizioni meteo favorevoli, nel cortile di CAMERA e si inserisce nel calendario di appuntamenti del progetto CORTI.Lì.
Facebook del progetto: @CORTI.LIspazioetempoperessere

Grazie ad un sistema di analisi appositamente realizzato, le fotografie provenienti dagli archivi dei partner di CAMERA saranno interpretate in tempo reale come una partitura musicale, dando luogo alla creazione e alla manipolazione di eventi sonori direttamente estrapolati dalle immagini. Tale operazione consentirà di accostare al mondo visivo evocato dalle fotografie, un mondo sonoro che ne rafforzi il potenziale evocativo e sia con esse intimamente interconnesso. Un viaggio attraverso immagini iconiche, intervallato da crude istantanee di attualità, accompagnerà lo spettatore in un percorso sensoriale inedito.

Per partecipare alla performance è necessario prenotare a prenotazioni@camera.to. Verranno accettate le prenotazioni fino ad esaurimento posti disponibili.

 

VENERDÌ 2 OTTOBRE

>ore 19.30
Incontro con Paolo Pellegrin

Intervengono
Paolo Pellegrin, fotografo
Domenico Quirico, giornalista
Walter Guadagnini, direttore di CAMERA

Inarrestabile osservatore della nostra epoca, il noto fotografo della storica agenzia Magnum Photos Paolo Pellegrin ha viaggiato in tutto il mondo raccontando i conflitti, le emergenze umanitarie, le persone nella loro relazione con i luoghi e, negli anni recenti, con grande poesia ha anche immortalato la natura con uno sguardo potente e sofferente. In mostra alla Reggia di Venaria con Un’antologia, Paolo Pellegrin – vincitore di dieci World Press Photo Award e di numerosi riconoscimenti come la Leica Medal of Excellence, l’Olivier Rebbot Award, l’Hansel-Mieth Preis, il Robert Capa Gold Medal Award e nel 2006 il W. Eugene Smith Grant in Humanistic Photography – festeggerà il compleanno di CAMERA regalando al pubblico un memorabile incontro sul suo lavoro, sul rapporto tra fotografia e giornalismo e sulla fotografia nel sistema dell’informazione di oggi.

Paolo Pellegrin sarà disponibile dopo l’incontro per firmare le copie della monografia Paolo Pellegrin a cura di Germano Celant edita da Silvana Editoriale.

  

SABATO 3 OTTOBRE

ore 9.30-12.30 | 15.30-18.00
Letture portfolio in collaborazione con FIAF

CAMERA ospita Portfolio sul Po, tappa torinese della manifestazione Portfolio Italia, organizzata da FIAF, Federazione Italiana Associazioni Fotografiche che ogni anno dà vita a questi momenti di confronto, molto seguiti dai fotografi di tutta Italia. Ad ogni tappa sono premiati due portfolio che concorrono alla selezione finale di una prestigiosa giuria.

Le letture inizieranno il sabato mattina, continueranno nel pomeriggio e la domenica mattina. Nel pomeriggio di domenica, dopo la riunione dei lettori per indicare i due portfolio selezionati, avrà luogo la cerimonia di premiazione.

Tra i lettori saranno impegnati anche Barbara Bergaglio, Giangavino Pazzola e Monica Poggi di CAMERA.

E’ possibile iscriversi sul sito www.fotocrdc.it. Ecco il link dedicato: https://www.fotocrdc.it/events/portfolio-italia-2020/ .

> ore 12.00 e ore 13.00
Visite guidate gratuite su prenotazione

Visite guidate alla mostra “Paolo Ventura. Carousel” in compagnia dell’autore Paolo Ventura

> ore 15.00
Visite guidate gratuite su prenotazione per i più piccoli

Visite guidate alla mostra “Paolo Ventura. Carousel” in compagnia dell’autore Paolo Ventura e di una mediatrice culturale che seguirà i bambini

 

DOMENICA 4 OTTOBRE

ore 9.30-12.30
Letture portfolio in collaborazione con FIAF

E’ possibile iscriversi sul sito www.fotocrdc.it. Ecco il link dedicato: https://www.fotocrdc.it/events/portfolio-italia-2020/ .

> ore 10.00 e ore 18.00
Visite guidate gratuite su prenotazione

Visite guidate alla mostra “Paolo Ventura. Carousel” in compagnia di Monica Poggi, curatrice di CAMERA

 

Per partecipare alle visite guidate è necessario prenotare a prenotazioni@camera.to entro il 2 ottobre.

 

 

 

 L’attività di CAMERA è realizzata grazie al sostegno di numerose e importanti realtà: Partner istituzionali Intesa SanpaoloEniLavazzaMagnum Photos; Partner Tecnici LeicaReale MutuaMitCws; Mecenati MpartnersSynergie ItaliaIrm; Mecenate e Partner didattica scuole Tosetti Value; Sponsor Tecnici ProtivitiCariocaDynamix ItaliaReala Mutua Agenzia Torino CastelloCsiaIstituto Vittoria TorinoLe Officine Poligrafiche MCL di Torino; la programmazione espositiva e culturale è, inoltre, sostenuta dalla Fondazione Compagnia di San Paolo oltre a ricevere il patrocinio e il sostegno su specifiche iniziative di Regione Piemonte e Città di Torino.

 

Una parte importante è anche svolta dalla community degli Amici di CAMERA, privati cittadini, che sostengono, anno dopo anno, le attività dell’ente in qualità di Benefattori.

Dal 1 al 4 ottobre torna CinemAmbiente in sala e on line

Prende il via stasera la 23° edizione del Festival CinemAmbiente che quest’anno si svolgerà in forma ibrida, alla presenza del pubblico nelle sale del Cinema Massimo e on line sulla piattaforma streaming MYmovies.

Il Festival, organizzato dal Museo Nazionale del Cinema e diretto da Gaetano Capizzi, di solito previsto nel periodo primaverile, è stato spostato in autunno e si ridurrà a quattro giorni e con una sola sezione competitiva, viste le contingenze del momento, ma il programma è molto ricco e interessante con 65 titoli da 26 paesi diversi.

Mai come in questo momento storico le urgenze globali, che ruotano intorno allo stato di salute del nostro pianeta, hanno avuto bisogno di un luogo eletto dove dare voce al dibattito sui temi cruciali dell’ambiente e la cinematografia green sembra essere il veicolo più efficace, in grado di catturare giovani e meno giovani, come suggerisce lo storico slogan “Movies Save the Planet” nel claim di questa edizione. “Le gravi crisi ambientali che erano e restano drammaticamente attuali non potevano che indurre una realtà come la nostra a continuare con ancora maggior impegno il proprio lavoro diffuso di informazione e sensibilizzazione. Per questo motivo, pur tra mille difficoltà, in questo “annus horribilis” abbiamo fatto ogni sforzo non solo per non interrompere l’azione di CinemAmbiente, ma anzi per rilanciarla.” commenta Gaetano Capizzi.
L’edizione 2020 offre un variegato palinsesto che spazia dall’attivismo ambientale al problema dello scioglimento dei ghiacci, dall’inquinamento allo smaltimento dei rifiuti, con un occhio di riguardo al tema dei cambiamenti climatici che occupa uno spazio cospicuo. A partire dall’inaugurazione che anche quest’anno si apre con “Il Punto” di Luca Mercalli alle ore 21 in Sala Cabiria. Il consueto report sullo stato di salute del pianeta con i dati aggiornati dell’ultimo anno sul rapporto clima e ambiente, con riferimenti agli effetti positivi del lockdown commentati con il piglio brillante del climatologo torinese. A seguire il film di Ron Howard “Rebuilding Paradise” in anteprima nazionale sull’incendio devastante che nel novembre 2018 rase al suolo la cittadina californiana di Paradise e sui tentativi della comunità di non lasciarsi abbattere dalle avversità.

La proiezione sarà seguita da un incontro online con Michelle John e Steve “Woody” Culleton, protagonisti del documentario. Anche il film di chiusura affronta il tema dei cambiamenti climatici,“The Great Green Wall, (domenica 4 ottobre, ore 21, Sale Cabiria, Rondolino e Soldati). Il lungometraggio dello statunitense Jared P. Scott, già autore di The Age of Consequences, presentato al Festival nel 2017 è un viaggio, guidato dalla musicista-attivista maliana Inna Modja, nel Sahel, regione africana in cui gli effetti del riscaldamento globale si traducono in crescenti carestie, conflitti, migrazioni di massa. La “Grande muraglia verde” è un ambizioso progetto di riforestazione che ha lo scopo di contrastare la siccità e la desertificazione e ridare un futuro a milioni di persone. La proiezione sarà seguita da un incontro online con il regista Jared P. Scott, la musicista Inna Modja e con Giulia Braga, produttrice esecutiva del film e program manager di Connect4Climate – World Bank.
Ma il festival prende avvio già nel pomeriggio con film dedicati all’attivismo giovanile: il mediometraggio francese “Génération Greta” (ore 17.30, Sala Cabiria, e online su MYmovies), di Simon Kessler e Johan Boulanger, intreccia le storie di nove giovani donne attiviste nel mondo, dal Kenya all’Ecuador, dalla Francia alle Filippine, che si battono sulla scia dell’esempio di Greta Thunberg contro i drammatici effetti dei cambiamenti climatici. Mentre i protagonisti di “Ragazzi irresponsabili” (ore 18.30, Sala Cabiria), di Ezio Maisto sono i giovani italiani che seguono l’esempio di Greta, organizzando i Fridays For Future e gli scioperi della scuola per il clima. La proiezione sarà seguita da un incontro con il regista Ezio Maisto, con gli attivisti di Fridays For Future Torino, Diego Finelli, di Banca Etica, e con Lorena Di Maria, di Italia che cambia.
Quattro giorni di sensibilizzazione verso i temi green e l’educazione al senso civico dove non mancano gli eventi speciali con protagonista la città di Torino. Il documentario “Street Art for Sustainable Development” (venerdì 2 ottobre, ore 21, Sala Soldati), di Alessandro Genitori e Elis Karakaci, che ha visto Torino prima ambasciatrice dei diciassette Global Goals delle Nazioni Unite attraverso le opere realizzate da street artists di fama internazionale sui muri della città con il progetto “TOward2030. What are you doing?”, promosso da Lavazza e da Città di Torino per diffondere i contenuti dell’Agenda 2030. E poi proiezione speciale per il decennale di un film torinese, “40% – Le mani libere del destino” (domenica 4 ottobre, ore 16.30, Sala Soldati), diretto da Riccardo Jacopino e prodotto dalla Cooperativa Sociale Arcobaleno. Il lungometraggio, risultato della collaborazione di forze tutte cittadine, distribuito da Slow Cinema e Microcinema, interpretato da attori non professionisti, con la partecipazione di Luciana Littizzetto, mescola temi ambientali e sociali in una commedia neorealista con qualche sfumatura noir.


L’ingresso e l’accesso al Festival al Cinema Massimo e alla sala virtuale su MYmovies sono gratuiti e a prenotazione obbligatoria. Per i film al Cinema Massimo la prenotazione (per max 2 persone) si può effettuare sul sito www.cinemambiente.it. Per i film online la prenotazione si può effettuare sulla piattaforma www.mymovies.it, nell’apposita sezione dedicata ai Festival online e raggiungibile dal sito di CinemAmbiente. I film online, diffusi in contemporanea alla proiezione in sala al Cinema Massimo, sono visibili per 24 ore dal momento del rilascio.

Giuliana Prestipino 

La memoria sospesa del Caffé Tito

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La prima volta mi ci sono imbattuto per caso, voltando sul retro del Museo di Storia nazionale, dove è conservata la preziosissima Haggadah, il più antico documento serfadita del mondo, scritto a Barcellona intorno al 1350 e portato a Sarajevo dagli ebrei in fuga dalla Spagna

 Lì , a pochi passi, tra la   ulica Zmaja od Bosne e la riva destra della Miljacka, quasi di fronte al quartiere di Grbavica che si stende sulla riva opposta del fiume, c’è il Caffè Tito. Tra pareti rosse e verdi, gli ospiti vengono accolti dall’esposizione di ogni tipo di materiale bellico: dai kalachnikov fissati alle pareti agli elmetti appesi al soffitto e usati come portalampade. Nel dehors si può stare seduti su di una cassa per munizioni di mortaio, sorseggiando un boccale di bionda e fresca Sarajevska pivara. Ci sono persino un M3-M5 Stuart, il carro armato leggero di fabbricazione americana usato nella seconda guerra mondiale. E, a fianco, un esemplare di “sIG-33” (schwere Infanteriegeschütz),un obice tedesco usato come arma di appoggio dai fanti della Wehrmacht che venne,   probabilmente, “fatto prigioniero” dai partigiani jugoslavi. Dentro è un piccolo museo. Dal busto in bronzo del leader della Jugoslavia alle sue foto incorniciate e appese ai muri: in vacanza sulle isole istriane di Brioni, mentre ispeziona le truppe, al fianco di Churchill, Che Guevara, Castro; mentre discute con JFK poco tempo prima che il presidente degli Stati Uniti fosse ucciso a Dallas. Ma anche immagini con attori famosi, da Richard Burton a Elisabeth Taylor, Sofia Loren e Gina Lollobrigida. Sul muro c’è l’orologio, fermo sull’ora e il giorno della sua morte: le tre e zero cinque del quattro maggio 1980. Girando per i locali si possono ammirare il quadro che descrive la battaglia della Neretva e la serie di suoi ritratti a carboncino, accanto a vecchie pagine di giornale incorniciate dove di parla di lui. Sul sito web, in campo rosso,scorrono frasi come queste: “Druze Tito, mi ti se kunemo”, compagno Tito,noi te lo giuriamo, “Smrt Fašizmu Sloboda Narodu “, a morte il fascismo, libertà del popolo. Strana città, Saraievo,dove si è incontrata la storia dai romani fino all’impero ottomano, mescolando origini ed etnie mentre oggi, in quest’epoca incerta s’irrigidiscono i nazionalismi. Un detto veniva un tempo ripetuto,quasi con orgoglio: sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito.

Lui, il garante della complessa unione degli slavi del sud, conservata per decenni nel mito della lotta partigiana, gelosamente difesa da est e ovest, non ha potuto assistere al crollo e alla dissoluzione del sogno jugoslavo. Nel Caffè le immagini sono statiche, fissate dal tempo come nei libri di storia mentre, a poco meno di quarant’anni dalla sua morte, la figura di Tito resta lì, sospesa nel limbo, ancora scomoda e difficile, amata e contestata. In tanti vorrebbero dimenticarla mentre altrettanti la rivendicano in un soprassalto di nostalgia. Non bisogna farsi trarre in inganno,però: nel bar, a ciò che ci circonda, quasi nessuno ci fa caso. Non c’è un fervore “titino” da parte dei clienti. Solo un paio di anziani, a quanto si racconta, vengono di tanto in tanto, comandano una rakija e mentre se la bevono lentamente ispezionano i muri quasi temessero che l’immagine di Tito potesse d’un momento all’altro dissolversi, sparire. I ragazzi invece si fermano a bere, fanno festa e quando il clima lo consente preferiscono sedersi all’aperto sotto il portico. Altri ragazzi della loro età, più o meno venticinque anni fa, percorrevano le strade di Sarajevo scandendo “Mismo Walter”, noi siamo tutti Walter,tentando di fermare la corsa pazza vero la guerra ammantata da falsi simboli etnici e religiosi che s’avvicinava minacciosa. Agitando migliaia di bandiere arcobaleno ripetevano all’infinito uno dei nomi clandestini del partigiano Tito,del comandante dell’esercito popolare che unì serbi e bosniaci, croati e macedoni nella lotta contro i nazisti.Quanti erano? Centomila? Forse anche di più. Col passare del tempo tutto cambia e oggi anche l’antifascismo è poco più di un rito e persino l’inespugnabile bunker di Tito a sud di Sarajevo è stato aperto da qualche anno alle visite dei turisti per fare cassa. “La lezione della guerra non è servita”, confidò a Paolo Rumiz un serbo, Milutin Jovanovic, studente di   Scienze politiche in Italia , nato a   Niš durante il conflitto balcanico. “Trionfa tutto ciò che lui aveva bandito: vessilli, identità regressive, fascismi”. Ormai c’è chi celebra Draza Mihajlovic, acerrimo nemico di Tito e capo dei “cetnici”, gli ultranazionalisti e filo-monarchici serbi della seconda guerra mondiale. C’è persino chi va in pellegrinaggio sulla tomba di Slobodan Milosevic, tenendo in pugno una candela accesa, a rendere omaggio a colui che ha trascinato la ex-Jugoslavia nel disastro. Ancora Milutin, a Rumiz: “Pare quello che accade in Italia con Garibaldi. Anche il nostro mito unitario è denigrato con argomenti clericali e separatisti. Accusano Tito di avere odiato i serbi e di aver voluto unire ciò che era impossibile tenere assieme”. Appunto, sei nazionalità, quattro religioni, tre alfabeti e una decina di lingue diverse. Intanto, nel locale, un uomo di mezza età, dall’aspetto distinto, allunga una mano sul busto. Sembra quasi che accarezzi il volto scolpito. Guarda me e Goran e, prima di andarsene, ci dice in serbo-croato,sottovoce: “Che tristezza!”. Scuote la testa e aggiunge un “mala tempora currunt” che capisco anch’io. Ci dicono, poi, che è un professore di latino e filosofia all’Università di Sarajevo che, di tanto in tanto e a volte senza nemmeno consumare un bicchiere d’acqua, s’aggira sconsolato tra le reliquie del locale. Pensiamo che sia bene farci un’altra birra, brindando alla speranza di tempi migliori: živeli, alla salute.

Marco Travaglini

Leo accademico d’onore dell’Albertina

Ieri si è tenuta la cerimonia per il conferimento del titolo di Accademico d’onore dell’Accademia Albertina a Giampiero Leo. Pubblichiamo di seguito la “laudatio”  pronunciata dal Direttore dell’Accademia Albertina Prof. Edoardo Di Mauro

Con il titolo di Accademico d’Onore l’Accademia Albertina conferisce un riconoscimento a chi ha dimostrato interesse per le problematiche dell’istruzione artistica ed ha speso la sua esistenza, in vari modi e maniere, a sostegno dell’arte e della cultura, ed in difesa dei valori sociali e dei diritti civili.

Caratteristiche che sembrano calzate apposta per una personalità come quella di Giampiero Leo.

Ho conosciuto Giampiero Leo nel 1985 quando, giovane operatore culturale interessato all’arte contemporanea ed alla nuova creatività giovanile, cercavo spazio e sostegno per le mie iniziative, piuttosto innovative per l’epoca e non sempre comprese, anche da chi avrebbe dovuto farlo.
Trovai in Giampiero, da poco diventato Assessore alla Gioventù , primo in Italia, un interlocutore attento e partecipe, al punto che l’avvio della mia carriera deve molto alla sua lungimiranza, fatto questo che condivido con molti colleghi perché Leo, allora come adesso nel corso di questi trentacinque anni, è stato un punto di riferimento insostituibile per tutti coloro che nella cultura credono e per la cultura vivono.


La sua carriera inizia prima, nella natia Catanzaro, dove consegue il diploma di Liceo Scientifico con il massimo dei voti ed inizia il suo impegno politico.
La natura controcorrente di Leo si manifesta fin da allora, perché applica una pratica di impegno politico militante non schierandosi con la sinistra, come era da prassi in quei tempi, anche se dialogherà costantemente ed in maniera costruttiva con quest’ultima, ma iscrivendosi al movimento giovanile della Democrazia Cristiana, occupandosi come sua consuetudine di cultura, istruzione e diritti umani.

Trasferitosi a Torino, dove conseguirà la laurea in Giurisprudenza, Leo vive la dimensione del cattolicesimo sociale tramite una militanza attiva nel movimento studentesco, convinto che quei valori incarnino pienamente l’ansia di rinnovamento e giustizia sociale che animano con grande generosità la gioventù di allora, diventando capolista dell’aggregazione universitaria degli studenti cattolici ed aderendo a Comunione e Liberazione, subendo per il suo impegno varie peripezie, in anni animati da una grande carica ideale, ma anche attraversati da tensioni e violenze.
Il percorso di Giampiero Leo dal 1985 in avanti è cosa nota a tutti gli operatori culturali, che non hanno mai smesso di seguirlo, trovando in lui un amico sempre pronto a comprendere ed a sostenere le ragioni di chi opera in questo settore.

Eletto in Regione nel 1990, ricopre subito il ruolo di Presidente della Commissione Cultura, per poi diventare Assessore in varie Giunte, dal 1994 al 2005.In quegli anni concorre alla realizzazione di innumerevoli iniziative, tra cui si ricorda il restauro della Sacra di San Michele, la realizzazione dell’Università di Pollenzo e del Museo Nazionale del Cinema, la nascita della Film Commission ed il recupero di molti beni architettonici, fino allo straordinario intervento di restauro e valorizzazione della Reggia di Venaria.
Più volte sollecitato a candidarsi al Parlamento ed a ricoprire importanti incarichi nazionali, ha sempre declinato l’invito preferendo occuparsi della sua Città e della sua Regione, fatto che gli fa indubbiamente onore.

In questi ultimi anni Giampiero Leo si è occupato di diritti civili e tolleranza religiosa, giocando sempre un ruolo attivo nello scenario cittadino e nazionale.
Dal 24 ottobre 2017 è consigliere di indirizzo della Fondazione CRT. Le fondazioni bancarie giocano un ruolo fondamentale, in un’epoca di scarse risorse, per la sopravvivenza di molte realtà culturali e Leo è attento coadiuvatore del Presidente Giovanni Quaglia nell’opera di sostegno ai progetti delle Associazioni Culturali.
Quella di Giampiero Leo è stata, e continuerà ad essere, una vita spesa a sostegno della cultura e del sociale.
L’Accademia Albertina è fiera di conferirgli, per questi motivi, il titolo di Accademico d’Onore.

Il Direttore dell’Accademia Albertina
Prof. Edoardo Di Mauro

Play with Food, il primo festival di teatro e arti performative dedicato al cibo

A Torino, da lunedì 28 settembre a domenica 4 ottobre 2020, è in programma la nuova edizione di Play with Food – La scena del cibo, in Italia il primo e unico festival teatrale interamente dedicato al cibo e alla convivialità, con la direzione artistica di Davide Barbato. Il festival è realizzato grazie al sostegno di Torino Arti Performative e Camera di commercio di Torino, con il Patrocinio della Città di Torino.

Un’edizione importante, che sarà l’occasione per festeggiare il decimo compleanno del festival, nato nel 2010 da un’idea di Davide Barbato per i Cuochivolanti, creato da Davide Barbato e Chiara Cardea (che lo ha co-diretto fino a marzo 2019), e organizzato da Associazione Cuochilab.

Dieci anni di musica, performance, arti visive, cinema, ma soprattutto tanto teatro, intorno al cibo e alla convivialità; un viaggio condiviso con centinaia di affezionati spettatori e tantissimi artisti da tutta Italia, attraverso pensieri, sensi ed emozioni, e ben riassunto dal sottotitolo di questa edizione: Il cuore nello stomaco.

La nuova immagine, opera dell’illustratore Cesco Rossi, racconta perfettamente questa storia: una pietanza fantastica, allo stesso tempo primordiale e futuristica, deliziosa e repellente, enigmatica ed emozionante, così come sono l’arte, il teatro, il cibo; un cuore pulsante, colorato e complicato, come i dieci anni di Play with Food, che hanno visto la partecipazione di artisti come Lella Costa, Frosini / Timpano, I Sacchi di sabbia, Cuocolo / Bosetti, Abbiati / Capuano, Collettivo PirateJenny, Daniele Ninarello, Claudia Caldarano, Irene Russolillo, Fabio Bonelli, Didie Caria, Enrico Ascoli, Fabio Castello, Stivalaccio Teatro, e molti altri.

Sette giorni di spettacoli dal vivo, performance on line, cene teatrali, colazioni cinematografiche, eventi segreti e, come di consueto, molti appuntamenti conviviali: il tutto, naturalmente, rimodulato e organizzato per la più sicura partecipazione del pubblico.

Il festival inizia lunedì 28 settembre alle 19 in un modo davvero inconsueto, con una prima assolutaQuesto non è un tavolo di Chiara Vallini (TO), produzione originale Play with Food, è una performance interattiva per soli 20 spettatori, fruibile esclusivamente on line. Nata dalle sperimentazioni dell’artista durante il lockdown, l’esperienza inizia come una “normale” web chat in cui gli spettatori, come invitati a un aperitivo virtuale, si ritroveranno inaspettatamente coinvolti in un evento misterioso, partecipando alla creazione di un racconto nel quale, gradualmente, presente e passato, finzione e realtà si intrecciano. Un esperimento che permetterà al festival, inoltre, di superare i propri confini cittadini aprendosi potenzialmente al pubblico di tutto il territorio nazionale, e non solo.   Repliche tutte le sere fino al 4 ottobre.

Si torna dal vivo martedì 29 settembre alle 20 al Teatro Astra con la prima regionale di Racconti di zafferano di Maria Pilar Peréz Aspa e ATIR / Teatro Ringhiera (MI). Durante lo spettacolo, in un’atmosfera intima e suggestiva, l’attrice cucinerà una paella di carne, secondo la ricetta dell’epoca cervantina, che sarà poi servita agli spettatori. Tra i fornelli e i profumi della cucina, prenderanno vita pagine memorabili di Cervantes, Proust, Vicent, Montanari, Scarpellini, Montalbán, Fernando de Rojas, pagine che parlano di cibo, di fame, di nutrimento, di ritualità. Appuntamento in collaborazione con TPE – Teatro Piemonte Europa.

Sempre al Teatro Astra va in scena, mercoledì 30 settembre alle 20, un celebre testo di Annibale Ruccello, Anna Cappelli, qui interpretato da Carlo Massari / C&C Company (BO) in un insolito allestimento che, letteralmente, farà entrare il pubblico nella casa della protagonista, per assistere alla sua comica e grottesca parabola, e scoprire inaspettate e macabre declinazioni del cibo. Prima dello spettacolo, Chiara Cardea legge uno dei racconti pubblicati nel numero speciale di Crack Rivista dedicato a Play with Food, esito della call Abbiamo fame di storie! che conferma la volontà del festival di sostenere e incoraggiare la creatività di scrittori e drammaturghiAperitivo a cura dei food partner del festival. Appuntamento in collaborazione con TPE – Teatro Piemonte Europa.

Giovedì 1 ottobre alle 20 il festival prosegue al Qubì, un luogo di arte e cucina caro al festival e che lo ha molte volte ospitato nel corso degli anni. In scena Claudio Morici (Roma) con la prima regionale de Il grande carrello, tratto dal libro di Fabio Ciconte e Stefano Liberti. Un’indagine comica e serissima che scompone e mette a nudo la realtà nascosta dietro la distribuzione organizzata: da dove arriva il cibo che vendono i supermercati? Chi ne decide il prezzo e la disposizione sugli scaffali? Perché c’è un certo prodotto piuttosto che un altro? Aperitivo a cura dei Cuochivolanti e dei food partner del festival. L’appuntamento è in collaborazione con Teatro della Caduta e fa parte anche della programmazione di Concentrica 2020.

L’intenso fine settimana del festival inizia venerdì 2 ottobre alle 21 all’Unione Culturale Franco Antonicelli, con un graditissimo ritorno: il Teatro delle Ariette (BO) e il loro storico Teatro da mangiare?, che la compagnia porta a Torino in occasione dei 20 anni dal debutto. Al Teatro da mangiare? si mangia davvero e bene, si mangiano le cose che i contadini-attori del Teatro delle Ariette fanno dal 1989, da quando è cominciata la loro vita in campagna. Seduti attorno a un tavolo, consumando un vero pasto, gli spettatori ascoltano un’appassionante esperienza di teatro fatto fuori dai teatri. Replica sabato 3 ottobre alle 21. L’incontro con le Ariette continuerà domenica 4 ottobre dalle 10 alle 14, sempre all’Unione Culturale, con la masterclass La memoria del cibo, a cura di Per+formare e Progetto Zoran, aperta a tutti, attori professionisti e non.

Anche in questa strana stagione segnata dal distanziamento sociale, non mancherà un appuntamento della serie delle Underground dinner, svolto in piena sicurezza: un evento performativo e conviviale, che si terrà sabato 3 ottobre alle 19 e alle 21.30 in un luogo segreto il cui indirizzo sarà svelato ai soli partecipanti. Protagoniste Patrizia Menichelli (FI) – artista che, dal 1996, fa parte della storica compagnia Teatro de los Sentidos di Barcellona – e la food stylist Claudia Guarducci (FI), con la prima nazionale di The Poetic Dinner: Amalia, ricette senza ingredienti: un’esperienza sensoriale, un viaggio intimo che coinvolge un piccolo gruppo di persone alla scoperta della vera storia di Amalia Moretti Foggia, giornalista e scrittrice nata nel 1872 e nota con lo pseudonimo di Petronilla. Gli ospiti, invitati in un luogo sconosciuto, sono accompagnati a incontrare la storia di Amalia attraverso i cinque sensi, scoprendo memorie, ricordi, impressioni, sogni, oggetti, profumi e piccoli sapori.

Si continua domenica 4 ottobre alle 10.30 con la Cinecolazione, un appuntamento ormai classico per gli spettatori di Play with Food. Anche quest’anno, la colazione cinematografica sarà organizzata in collaborazione con Les Petites Madeleines e ospitato in una delle storiche bocciofile torinesi, l’ASD La Tesoriera.

Il festival chiude in una sede e con un artista di assoluto rilievo: domenica 4 ottobre alle 17.30, al Teatro ColosseoGabriele Vacis (TO) proporrà una Meditazione sul cibo, accompagnato dalle scenofonie di Roberto Tarasco (TO). A partire dal racconto di Karen Blixen Il pranzo di Babette, reso celebre dal film di Gabriel Axel premiato con l’Oscar, Vacis delinea un intenso percorso attraverso miti e ricette, economie e speculazioni, giudizi e pregiudizi su ciò che ci nutre. In occasione dell’evento, un inconsueto Aperitivo Fuorisede, in ironica ma rispettosa applicazione delle normative vigenti: non potendo proporre al pubblico un aperitivo nel foyer del teatro, a causa del distanziamento sociale, i food partner offriranno a tutti gli spettatori una degustazione “in differita” presso i loro punti vendita. L’appuntamento è in collaborazione con Teatro Colosseo e Earthink Festival, ed è sostenuto da Torino Spiritualità.

Non mancano nemmeno quest’anno, per il festival, novità ed eventi speciali.

Sabato 19 settembre alle 21, all’Imbarchino del Valentino, un appuntamento in collaborazione con Associazione Tékhné all’interno dell’edizione 2020 di Earthink festival: in scena L’Impollinatore della compagnia Avatar.

Sabato 3 ottobre dalle 14.30 alle 18, al Circolo dei lettori, un momento di approfondimento e confronto: il convegno Play at Home, a cura del critico e organizzatore Alessandro Iachino, dedicato al teatro d’appartamento, sarà l’occasione per riflettere sulle esperienze nazionali più rilevanti dedicate a questo formato spettacolare, insieme a operatori, artisti e studiosi. Parteciperanno Paola Berselli Stefano Pasquini del Teatro delle Ariette, Patrizia Menichelli e Claudia GuarducciChiara ValliniLaura Valli di Qui e Ora Residenza Teatrale, Rossella Tansini di Stanze, Barbara Ferrato e Lorenzo Barello del Teatro Stabile di Torino. Chiuderà l’incontro un approfondimento di Francesca Serrazanetti, critica e docente al Politecnico di Milano.

Continua inoltre il progetto Abbiamo fame di storie!, condiviso con Crack Rivista e Torino Fringe Festival: la open call, conclusa a luglio, ha portato alla selezione di 5 racconti e 2 monologhi inediti a tema cibo, che sono pubblicati nel numero speciale della rivista in distribuzione digitale durante il festival, e di cui l’attrice Chiara Cardea leggerà un “assaggio” durante la serata del 30 settembre al Teatro Astra. Inoltre, in occasione di Play with Food, parte la seconda call del progetto, per la selezione della compagnia a cui verrà affidata la messa in scena dei due monologhi durante l’edizione 2020 del Torino Fringe Festival (www.tofringe.it/partecipa).

Un’importante azione che ha coinvolto il festival durante il lockdown, in risposta all’emergenza Covid-19 e alla forte incertezza che accomuna molti enti del terzo settore ancor prima della pandemia, è stata la costituzione di una rete informale fra le Associazioni operanti nell’ambito del teatro e delle arti performative e beneficiarie del contributo annuale Torino Arti Performative, oltre ad altri soggetti attivi nello stesso ambito. Le finalità condivise si concretizzeranno in azioni realizzate dai soggetti afferenti la rete che, beneficiari del TAP 2020, si impegnano alla realizzazione di tavoli di lavoro che rafforzino il dialogo con le Istituzioni, oltre alla creazione di un fondo di sostegno solidale ed emergenziale a favore delle realtà torinesi.

Come sempre gli spettacoli saranno accompagnati da momenti conviviali realizzati con la collaborazione dei food sponsor del festival, il “cuore culinario” di Play with Food: alcuni dei Maestri del Gusto Torino e Provincia 2019-2020 (Birrificio San Michele, Boutic Caffè, Green Italy, Enoteca Rabezzana, Pastificio Bolognese), da Agrisalumeria Luiset e dai Cuochivolanti. Per il terzo anno consecutivo, si conferma main sponsor del festival Pastiglie Leone.

L’edizione 2020 è realizzata con il sostegno di Torino Arti Performative e Camera di commercio di Torino, il Patrocinio della Città di Torino e la collaborazione di numerosi partner, tra cui Casa Fools, CMC / Nidodiragno produzioni, Concentrica Spettacoli in Orbita, Crack Rivista, Fondazione Circolo dei Lettori, Earthink Festival, Les Petites Madeleines, Progetto Zoran, Qubì Associazione Culturale, Teatro Colosseo, Teatro della Caduta, Torino Fringe Festival, Torino Spiritualità, TPE Teatro Piemonte Europa, Unione Culturale Franco Antonicelli.

Tutti gli eventi si svolgeranno in ottemperanza delle disposizioni vigenti in tema di contenimento del Covid-19.

Il programma completo e tutte le info sui biglietti sono su www.playwithfood.it.

Rivers, un progetto multimediale alla Gam

Martedì 29 settembre 2020 Ore 17.00 e ore 18.00 Collezione del ‘900 – GAM Torino

CasaBottega e GAM Torino presentano Rivers, progetto dell’artista multimediale, musicista e compositore Yuval Avital.

Rivers è una composizione-performance nella quale la Voce e il Gesto si intrecciano in un’esperienza spaziale e sensoriale, invitando il pubblico a immergersi e a ricercare un incontro intimo e umano.

I due elementi principali dell’opera sono due fiumi che si intrecciano, il fiume naturale e quello umano: un ensemble vocale (Crowd Music) composto principalmente da rifugiati non-musicisti che usano la loro voce come strumento di espressività e come “testimonianza d’arte”, e altoparlanti che riproducono elaborate registrazioni sonore delle acque correnti locali, registrate da Avital nei luoghi in cui la performance ha luogo.

Rivers è una performance strettamente correlata al laboratorio che la precede, quasi un piccolo percorso di trasformazione attraverso l’azione creativa, che avrà luogo dal 21 al 25 settembre negli spazi di Via Baltea 3 in Barriera di Milano a Torino e sarà condotto dal Dipartimento Educazione della GAM con Cristina Pistoletto(presidente di Responsability) e la supervisione di Yuval Avital.

L’intero progetto è co-prodotto da GAM Torino e da CasaBottega-Barriera in Divenire, e vedrà protagonisti i cittadini del territorio, tra cui rifugiati e richiedenti asilo, con il gentile contributo del resartMole 27. La performance sarà presentata martedì 29 settembre alla GAM negli spazi della rinnovata Collezione del ‘900 e mercoledì 30 settembre alle ore 18 in Piazza Foroni, Barriera di Milano.

In occasione della collaborazione con la GAM Yuval Avital donerà due opere della serie Rivers alla collezione del museo.

Yuval Avital. Nato a Gerusalemme nel 1977 e residente a Milano, è conosciuto per le sue installazioni sonore e visive, performance collettive che coinvolgono masse sonore nella creazione di rituali contemporanei, opere icono-sonore, quadri multimediali complessi e per lo sviluppo di progetti tecnologici, realizzati anche con l’apporto di intelligenza artificiale in spazi pubblici, siti di archeologia industriale, teatri e musei, sfidando le tradizionali categorie che separano le arti. Nelle sue opere totali e performance, nei suoi concerti e progetti immersivi si possono trovare, uno accanto all’altro, portatori di tradizioni rare e antiche, grandi solisti di musica contemporanea, folle di non musicisti, ballerini, strumenti tecnologici elaborati o appositamente creati, multiproiezioni video, stampe fotografiche, disegni e pittura. www.yuvalavital.com

CasaBottega è un distretto dell’arte e della creatività con sede in Barriera di Milano, pensato per giovani creativi e costruito insieme a residenti, commercianti, associazioni, enti artistici e culturali. Un intervento creativo di rigenerazione urbana che trasforma le serrande abbassate in laboratori artistici con annessa residenza: i giovani creativi (artisti/designer/maker) non diventano solo operatori commerciali del quartiere, ma attori strategici di presidio sociale, contribuendo così alla riqualificazione del territorio. Un laboratorio artistico diffuso che sperimenta nuove forme culturali per promuovere convivenza, coesione sociale, cittadinanza, contrasto alle discriminazioni. CasaBottega è anche Barriera in Divenire: un programma di interventi partecipativi di artisti nazionali e internazionali che animeranno con laboratori, performance e azioni il quartiere di Barriera di Milano. Il progetto CasaBottega è realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del “Bando CivICa, progetti di Cultura e Innovazione Civica”. La Compagnia sostiene iniziative volte alla sperimentazione di nuove pratiche culturali capaci di agire sull’impatto civico: migliorare la convivenza e la coesione sociale, la qualità della cittadinanza, contrastare le discriminazioni, favorire la consapevolezza sui diritti individuali, civili e sociali, disgregare le disuguaglianze nella distribuzione delle opportunità che consentano alle persone di vivere in modo attivo e rispettoso del sé e degli altri.

CasaBottega è un progetto di Sumisura APS, Città di Torino – Area Giovani e Pari Opportunità – Torino Creativa, Circoscrizione 6, Ass. Responsability e Liberitutti s.c.s., realizzato in collaborazione con Italia che Cambia e Polo del ‘900.

PARTECIPAZIONE GRATUITA

Numero limitato di partecipanti solo su prenotazione.

Prenotazione obbligatoria entro lunedì 28 settembre al numero: 011 4429630

(dal lunedì al venerdì 9-12 – 14-16)

Informazioni: infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it

www.yuvalavital.com

Newton, un provocatore alla moda

Non manca molto al termine della mostra temporanea “Helmut Newton. Works”, esposizione con la quale la GAM (Galleria d’Arte Moderna) di Torino ha aperto la stagione del 2020. La retrospettiva è stata promossa da Fondazione Torino Musei ed è stata prodotta da Civita Mostre e Musei con la collaborazione della Helmut Newton Foundation di Berlino.


Le sessantotto fotografie di
Helmut Neustädter, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Helmut Newton, dal 30 novembre 2020 lasceranno le silenziose sale della GAM, perciò questo mio articolo vuole essere prima di tutto un consiglio: se non lo avete ancora fatto, andate a vedere da vicino i lavori di uno dei grandi della fotografia.
Helmut nasce a Berlino, il
31 ottobre del 1920, in una famiglia che possiede una fabbrica di bottoni. Il bambino cresce nell’ambiente della borghesia berlinese degli anni Venti-Trenta del Novecento e poi frequenta la Scuola Americana a Berlino.
Fin da piccolo dimostra uno spiccato interesse per la fotografia, tanto che a soli dodici anni possiede già una sua personale macchina fotografica.


Quando vengono emanate le leggi razziali, Helmut è costretto a lasciare la Germania, perché è ebreo. Si rifugia allora a Singapore, dove lavora come fotografo per il “Singapore Straits Times”. In seguito, nel 1940, Helmut è espulso in Australia, qui per due anni lavora come raccoglitore di patate, finché nel 1942 si arruola nell’esercito australiano.
Nel 1945 cambia il suo cognome da Neustädter a Newton.

Nel 1948 sposa June Brown, attrice e fotografa meglio nota con l’appellativo di “Alice Springs”.
Terminata la guerra, Helmut lavora per varie riviste, tra cui “Playboy”. È a partire dagli anni Sessanta che l’artista decide di dedicarsi esclusivamente alla sua passione: la moda.

Anche Helmut sa che per realizzare i propri sogni bisogna andare a Parigi, ed è proprio nella capitale più romantica del mondo che inizia ufficialmente la sua carriera da fotografo di moda professionista: in poco tempo i suoi lavori appaiono in molte riviste quali “Vogue”, “L’Uomo Vogue”, “Harper’s Bazaar”, “Elle”, “GQ”, “Vanity Fair”, “Max” e “Marie Claire”.

È da subito evidente che il suo è uno stile inconfondibile: i suoi scatti sono velati da una patina erotica che spesso sfiora i tratti sado-masochistici e feticisti, le sue fotografie non possono passare inosservate, sono eccentriche e lussuriose, ma mai banali o volgari.
Helmut pare sovvertire gli stereotipi di genere, le sue donne sono forti e potenti ma al contempo condannate ad essere oggetti di desiderio, chiuse in composizioni quasi cinematografiche e iper-realistiche.

Sono andata pochi giorni fa, a visitare la mostra Helmut Newton. Works”, ovviamente armata di mascherina, accessorio ormai necessario e onnipresente per quasi ogni tipo di attività.
Era una giornata uggiosa ed erano quasi le 12.30, i momenti dedicati ai pasti sono da sempre i miei preferiti per visitare mostre o vedere un film al cinema: non c’è mai il rischio di trovare calca e, terminata l’attività, c’è sempre la scusante per uno strappo alla regola della dieta.


Una volta entrata alla GAM, alla biglietteria mi invitano con gentilezza a proseguire verso il primo piano, così salgo i gradini marmorei e arrivo in un battibaleno all’esposizione.
È stato Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation di Berlino, a selezionare le sessantotto fotografie esposte, estrapolate dalla assai più vasta produzione del celebre fotografo tedesco, naturalizzato australiano; i lavori sono stati scelti con grande senso critico e con il preciso scopo di fornire una panoramica della lunga carriera dell’artista.


Decisamente un’ardua impresa, lo stesso Harder ha così affermato a proposito di tale progetto: “
La fotografia di Helmut Newton, che abbraccia più di cinque decenni, sfugge a qualsiasi classificazione e trascende i generi, apportando eleganza, stile e voyeurismo nella fotografia di moda, esprimendo bellezza e glamour e realizzando un corpus fotografico che continua a essere inimitabile e ineguagliabile”.

In effetti, appena varcata la soglia della prima sala espositiva, si è subito sedotti dalla potenza degli scatti, alcuni a colori, altri in bianco e nero, tutti intelligentemente provocanti.
Davanti alle opere di Newton la reazione è sempre la stessa: l’osservatore si ferma, si sbigottisce, strabuzza gli occhi e, infine, sorride, magari scuotendo leggermente la testa.
Dei sui lavori colpiscono i corpi spregiudicati, che si mostrano al pubblico privi di pudore, molto spesso nudi, altre volte coperti di latex o PVC.

L’arte del fotografo tedesco è un cassetto con doppio fondo, dietro l’estetica della ricercatezza compositiva, oltre l’abile uso delle luci e ancora al di là del genio che sa come esaltare le forme, si nasconde un messaggio, una riflessione sui tempi e sulla società.
Una società che evidentemente non ha alcuna intenzione di cambiare.
Helmut è un istigatore, la sua sfrontatezza ben si evince dalle sue stesse parole: “Non m’interessa il buon gusto. (…) Mi piace essere l’enfant terrible”, non si fa dunque problemi a utilizzare per i suoi scatti donne succinte, così belle e perfette da essere facilmente confuse con dei manichini.


In mostra sono visibili gli scatti degli anni Settanta, in prevalenza copertine di Vogue; vi sono poi alcuni lavori realizzati per Mario Valentino e per Thierry Mugler, databili al 1998, e altre immagini iconiche, tra cui copertine di riviste di moda internazionali; l’ultima sala è dedicata ai ritratti delle celebrità, tra cui Andy Warhol (1974), Gianni Agnelli (1997), Catherine Deneuve (1976), e Claudia Schiffer (1992).
Tra le star è presente anche una non immediatamente riconoscibile Alba Parietti: la foto è stata scattata a Torino per l’“Espresso”, risale al 1996 e mostra una ricciola e curiosa fanciulla che osserva degli uomini distinti da dietro una bassa siepe. La donna è di spalle ed è visibilmente appena rientrata dalle vacanze: il segno dell’abbronzatura risalta sulla nudità del corpo.
L’esposizione non è poi così grande, così ho potuto fare una cosa che tanto mi piace: tornare indietro e soffermarmi sulle opere che più mi hanno colpito.

Tra le fotografie esposte, una di quelle che ho apprezzato di più è sicuramente il ritratto della bella e antica Marlene Dietrich (1901-1992). La “femme fatale” de “L’angelo azzurro” viene fuori dall’ombra, illuminata da una luce caravaggesca, si intravvede il trucco tipico delle dive dell’epoca, le sopracciglia sottilissime e l’ombretto scuro sulle palpebre, la sua eleganza si dissolve tra l’ingombrante pelliccia e il fumo della sigaretta.

Mi sono anche piaciuti gli scatti in cui i soggetti sono dei manichini: Helmut trasforma la materia inanimata in qualcosa di inquietante, osservando le stampe mi sono sentita prima incuriosita, poi imbarazzata, come se stessi guardando qualcosa che non avrei dovuto vedere.
Assai interessante è “X-Ray with Chain” (1994), una stampa alla gelatina d’argento. L’opera ha l’aspetto di una radiografia medica e mostra la posizione che assume il piede quando si indossano vertiginose scarpe con il tacco. Lo scatto è un monumento alla scomodità, ma d’altronde si sa “chi bello vuole apparire, un po’ deve soffrire”.

Alessia Cagnotto

 

 

Il mito? E’ contemporaneo

E’ la personale dedicata all’opera del giovane artista torinese Edgardo Maria Giorgi, curata da Ermanno Tedeschi e aperta dal 1 ottobre al teatro Paesana di Torino

È  dedicata al mito contemporaneo ed il titolo lo indica esplicitamente  la personale  dedicata all’artista torinese Edgardo Maria Giorgi, curata dal gallerista Ermanno Tedeschi presso il teatro Paesana in via Bligny 2, a Torino. Si inaugurerà il primo ottobre prossimo alle 18 e sarà aperta fino al 25 ottobre.

I personaggi della mitologia sono calati dall’artista nel mondo contemporaneo, esaltandone le stravaganze, i vizi e le virtù e dimostrando attraverso una raffigurazione fantasiosa che nulla è  cambiato in tremila anni di storia. Nelle opere di Edgardo Maria Giorgi emergono in modo evidente gli occhi quasi parlanti e la sinuosita‘ dei corpi delle figure rappresentate.

“I miei studi in architettura e la passione per il fumetto – spiegaEdgardo Maria Giorgi – mi hanno portato ad utilizzare nella mia espressione artistica un linguaggio basato sul contrasto tra il bianco e il nero. Le strutture dell’architetto statunitense  Louis Kahn, caratterizzate da linearità nell’uso dei materiali e pulizia delle forme,hanno influenzato la mia volontà,  di esaltare i giochi di luce che si possono ricavare sulla superficie. I miei disegni sono affiancati da un sistema d’illuminazione esterno, capace di creare contrasti tra luce ed ombra, che cercano di predominare l’una sull’altra per assumere il controllo dello spazio”.

“Il percorso tracciato da Edgardo Maria Giorgi – precisa il curatore della mostra Ermanno Tedeschi – costituisce un unicum in grado di unire passato e presente, attualizzando il mondo della mitologia greca classica, come avviene per personaggi mitologici di estremo interesse, quali il Minotauro (essere dalle sembianze di uomo e toro), Medusa, celebre per il suo potere di pietrificare qualunque soggetto di cui incontrasse lo sguardo, o Eracle, che incarnava la forza per eccellenza”.

Una ventina di disegni dell’artista consentono al visitatore della mostra di immergersi nel mondo mitologico greco, interpretato in chiave attuale e contemporanea. L’iconografia di Edgardo Maria Giorgi risulta a tratti dissacrante, ma sempre capace di stimolare la riflessione  sui temi dei nuovi miti e valori predominanti nella società contemporanea. Un esempio emblematico risulta dalla rappresentazione di Cerbero con i piumini,  in cui il colore evidenzia la simbologia presente; il soggetto è, inoltre, colto in un chiaroscuro ricco di contrasti, metafora delle stesse contraddizioni che dominano la società in cui viviamo.

Mara Martellotta

Per visite: teatro Paesana. Via Bligny 2, Torino.

Dal martedì  al sabato dalle 11 alle 19

Per informazioni  associazione.acribia@gmail.com

Visite guidate alla mostra Transmissions

Giornate Europee del Patrimonio: visite guidate alla mostra “TRANSMISSIONS people-to-people”

In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio che quest’anno propongono il tema Imparare per la vita, domenica 27 settembre 2020 alle ore 11 e alle ore 15 il Museo Nazionale del Risorgimento organizza due visite guidate con i fotografi Tiziana e Gianni Baldizzone, autori della mostra TRANSMISSIONS people-to-people, che è stata prorogata fino al 6 gennaio 2021. Curata da Tiziana Bonomo, l’esposizione presenta 60 fotografie di grande formato (di cui alcune inedite) di Tiziana e Gianni Baldizzone sulla trasmissione del sapere e sulla relazione maestro-allievo. Per oltre sette anni i due fotografi hanno viaggiato in Asia, Africa e Europa (senza dimenticare il Piemonte) per documentare l’universalità dell’atto umano di trasmissione e raccontare le storie di uomini e donne di mestiere che trasmettono tradizioni con spirito di innovazione contribuendo a preservare un patrimonio di diversità culturale.

Modalità di partecipazione: è necessario prenotare contattando il numero 011 5621147. La visita guidata ha un costo di 4 € a persona da aggiungere al prezzo del biglietto di ingresso. I possessori dell’Abbonamento Musei e di altre te pagheranno solo i 4 € della visita guidata