CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 436

Sugli schermi “Un altro giro”, premio Oscar come miglior film straniero

Pianeta Cinema a cura di Elio Rabbione

Quattro vite a tentare la fuga, tra champagne e vodka, nell’ultimo film di Vinterberg

Dicevo nei giorni scorsi della riuscita trasposizione teatrale di “Festen”, del cinema di Thomas Vinterberg che guarda all’ingessatura della società del nord Europa (quella danese principalmente, quella di casa sua), pronto a farla deflagrare a suon di provocazioni – là era la famiglia a esser fatta a pezzi -, del manifesto “Dogma 95” che con Lars von Trier firmò ormai più di venticinque anni fa a favore di un cinema più autentico. Tutto questo ancora pochi giorni fa, a proposito di “Un altro giro”, recente premio Oscar come miglior film straniero, un film che scava a fondo (precisa e umanamente bella sceneggiatura firmata all’autore e da Tobias Lindholm), una macchina da presa che continua a tallonare gli attori, storia alcolica a base di gare di bevute, di calici di vino, di stati depressivi e di resurrezioni che, nell’euforia generale, non riguardano ahimè tutti.

C’è al mondo (al sottoscritto del tutto sconosciuto e credo ai molti), esattamente in terra di Norvegia, uno psicologo, Finn Skårderud, secondo la cui teoria nasciamo con un deficit del tasso alcolemico che con gli anni non è male accrescere, piccole dosi alcoliche e una leggera, quotidiana ubriachezza, anzi necessario se si vogliono affrontare tutti gli scogli sociali, affettivi, comportamentali, dolorosi sempre, che la vita ci pone di fronte. Insomma uno champagne è più efficace di un ansiolitico, due gocce di assenzio mescolate ad un Campari fanno miracoli. Vinterberg, in quest’ultima sua opera, anche non regalando nulla ai sentimentalismi, dimostra fin dall’inizio di non voler più impiegare i toni aspri e rancorosi del passato, si sposta su quelli più autenticamente partecipi alle esistenze dei suoi protagonisti, li accompagna nel comunque difficile percorso dell’”osare è perdere momentaneamente l’equilibrio, non osare è perdere se stessi”.

Quattro insegnanti di scuola superiore, quattro vite e altrettante professioni che ristagnano – il sempre perfetto Mads Mikkelsen è Martin, Thomas Bo Larsen, che è Tommy, altro attore prediletto dal regista, il più travagliato, e ancora Lars Ranthe (Peter) e Magnus Millang (Nikolaj) -: una sera, in un elegante ristorante di Copenhagen, scacciata l’acqua minerale, decidono di passare dallo champagne alla vodka copiosa ad accompagnare il caviale al Borgogna, il che non fa altro che dare il via, tra il goliardico e l’affettuoso e lo sfacciatamente amichevole, alle meste confessioni intorno alla scuola, alla famiglia, alle solitudini, ai ricordi di quei tempi in cui la vita era più facilmente superabile ad ogni inciampo. A dosi ridotte, i primi risultati ci sono. In classe si toccano con mano. Martin, nelle sue lezioni di storia, non scarica in cattedra quell’aria apatica che lo ha reso ostile e invisibile agli studenti, con tanto di redde rationem con i genitori, Tommy come insegnante d’educazione fisica butta nella mischia del pallone un mingherlino occhialuto scartato fino ad allora da tutti, degli altri i canti hanno qualcosa di vivo ed entusiasta e la psicologia può finalmente contare su di un seguito. Anche lo studente che cova ansie ad ogni istante con quattro sorsi di roba buona potrà entusiasticamente superare l’esame. Il gruppo, anche con esempi poco edificanti all’interno delle mura scolastiche, è convinto di poter smettere quando vuole: ma i bicchieri crescono, i liquidi si mescolano ai liquidi, Martin che prima vedeva spiragli anche nella sua vita coniugale avvizzita è obbligato a ricredersi, non basta un giro in canoa e una notte al lago con moglie e figli per riaccendere passione e affetti. Tutto torna nell’aridità di prima. E può volgersi anche in tragedia. Ma Vinterberg, guardando ai suoi poveri eroi che tentano di dare una svolta alle loro esistenze, tra la pietà e il sorriso e la lacrima, in una mescolanza che non gli scappa mai di mano (l’apice della sua filmografia per chi scrive resta “Il sospetto”, il tribunale di un intero piccolo paese verso un maestro di scuola accusato di molestie ai danni di una bambina), mette in guardia sulla bottiglia a portata di mano, usata e abusata a mo’ di scappatoia verso una libertà non sempre appagante. L’ultimo fotogramma è per Martin, solare, pieno d’allegria davanti ai suoi ragazzi diplomati, felice nella sua danza senza freni, davanti al suo mare in cui si tuffa. Con una bottiglia in mano, per brindare. E poi?

Un ammirevole itinerario attraverso i diversi artisti del Novecento

Alla Galleria Fogliato, sino al 26 giugno

Sino al 26 giugno prossimo appuntamento con i “Novecentisti” alla Galleria Fogliato di via Mazzini  9, con orario 10 – 12,30 / 15,30 – 19, chiusura festivi e lunedì. Circa settanta le opere esposte, 34 gli artisti presenti in mostra, uno sguardo di sicuro interesse ad abbracciare nomi del panorama italiano e principalmente piemontese, il sicuro ritrovare nomi maggiormente conosciuti, le felici sorprese di alcuni forse dimenticati per molti visitatori accanto ai primi. Sempre suggestiva quanto importante la presenza di Francesco Menzio di cui si propone l’”Autoritratto con natura morta” o un “Paesaggio” pronto a lasciar trasparire la profonda calura estiva come il “Ponte sul Po”; ancora un “Paesaggio” di Albino Galvano datato 1930, le tre “Composizioni” di Umberto Mastroianni, il “Santone con il gatto” nei tratti oscuri di Spazzapan. Ci si sofferma a lungo e ancora una volta si apprezzano le immagini o le figure spigolose dell’alessandrino Pietro Morando, i suoi “Suonatori” e le “nature morte” accompagnate da bottiglie limoni piante, soprattutto lo sguardo si ferma sull’”Erpice”, che raccoglie e denuncia la fatica dei due contadini immobili contro una terra e un cielo dai colori bruni e disumanamente silenziosi.

Il clima si alleggerisce nei colori e nell’impertinenza del “Coro” (1953) di Francesco Tabusso (suo anche “La soprano”, un olio su tavola di cm 175 x 92, un ritratto femminile giocato sui ritmi del viola, accompagnato da spartiti musicali, un pianoforte e la custodia di uno strumento), come nel piccolo “Paesaggio” firmato con grazia da Daphne Casorati, nell’azzurro del mare e nelle vele abituali di Enrico Paulucci, nel suo “Interno con fiori”, nel “Pomeriggio d’estate”, immerso nel verde a circondare i tre personaggi femminili, tra un tranquillo ricamo e la lettura, accanto al cane addormentato, immagine dovuta ai ricordi impressionisti di Attilio Bozino (efficace ritrattista, allievo di Giacomo Grosso a Torino prima e di Aristide Sartorio a Roma in seguito). Questi e altri ancora i felici recuperi che la galleria allinea lungo le pareti dei propri spazi superiori e inferiori, immagini che alternano visi e panorami, abitudini e piccoli oggetti di ogni giorno, tappe davanti alle quali soffermarsi per riunirle poi in un ammirevole, lungo itinerario: la “Laguna” di Dario Treves, anche qui una ventata di aria francese, il delicato “Rose a Cigliano” di Roberto Pasteris, la visione su piazza della Gran Madre dovuta ad Adriano Sicbaldi, le opere amabilmente ritrovate di Luigi Roccati, il soggetto sacro di Mario Caffaro Rore, lo scorcio su Trana, ripresa dall’alto, dovuto a Edgardo Corbelli.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini: Attilio Bonzino, Pomeriggio d’estate”; Roberto Pasteris, “Rose a Cigliano”; Enrico Paulucci, “Interno con fiori”; Francesco Tabusso, “La soprano”

“The Dei After” Tre divinità affrontano la crisi del maschio

Stagione 2021 “Battiti – Dentroefuori” Teatro Civico Garybaldi di Settimo Torinese – via Partigiani 4, Settimo T.se Domenica 13 giugno 2021 ore 20.00

di Domenico Ferrari e Rita Pelusio

con Mila Boeri, Cristina Castigliola, Matilde Facheris

scene e costumi Ilaria Ariemme

regia Rita Pelusio

Atir – Teatro Ringhiera

Prima regionale

 

 

 Al Garybaldi di Settimo

Domenica 13 giugno alle 20.00 il Teatro Civico Garybaldi di Settimo Torinese ospiterà “The Dei After” per la stagione “Battiti – Dentroefuori” organizzata da Santibriganti Teatro.

Prodotto dalla Compagnia Atir – Teatro Ringhiera e scritto da Domenico Ferrari e Rita Pelusio, che ne firma anche la regia, “The Dei After” vedrà sul palco Mila Boeri, Cristina Castigliola e Matilde Facheris affrontare il tema dell’uomo, del maschio, alle prese con una crisi di valori, con la perdita del suo ruolo, con la paura della vita. Ad affrontare il problema vengono chiamati tre improbabili dèi: un decrepito Zeus, un Efesto tracagnotto e un ingenuo Ermes. Sono tre figure grottesche che rappresentano la crisi dell’uomo nel quotidiano: insufficienti, inadeguati, perennemente alla ricerca di un riscatto che non arriva. La storia si divincola in un susseguirsi serrato di dialoghi, giochi linguistici, gags e incastri di ragionamento che smonterà miti e certezza del maschile per approdare infine a una domanda decisiva: se il maschio è un tale fallimento perché continuiamo a metterlo al centro di ogni progetto sociale? In tutto questo, i tre dèi sono impersonati da tre attrici che, dopo anni di lavoro all’interno del collettivo King del Teatro Ringhiera, portano in scena, in chiave comica, il maschile che le abita.

Un irriverente gioco nel gioco che non vuole risparmiare niente e nessuno. “Volevamo che fosse un’operazione divertente, capace di far pensare senza alcuna pesantezza. – spiega Serena Sinigaglia, direttrice artistica di Atir – Teatro Ringhiera – Per noi non è solo uno spettacolo, è un atto dovuto di militanza culturale, un piccolo contributo verso la parità di genere e più in generale verso l’emancipazione della società”.

Per consentire il distanziamento tra il pubblico, il numero di posti disponibili a Teatro sarà limitato a 75 posti sui 226 totali. Nonostante il numero ridotto di posti il costo dei biglietti resta invariato rispetto al periodo pre-pandemico, con 13 euro per gli interi e 10 per i ridotti. Anche per questo motivo è caldamente consigliato prenotare il proprio posto o pre-acquistarli online sul sito www.ticket.it.

I viaggi fantastici di Gianni Guadalupi

STORIE PIEMONTESI: a cura di CrPiemonte – Medium / Un grande traduttore e viaggiatore immaginario nato sul lago d’Orta

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Gianni Guadalupi

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Il dizionario dei luoghi fantastici

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Jorge Luis Borges

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Un primo piano di Gianni Guadalupi

Al castello di Monticello le opere di Jessica Carroll

MONTICELLO D’ALBA Castello di Monticello | Confraternita di San Bernardino | Poggio di San Ponzio

JESSICA CARROLL
SENSO DI DIREZIONE
13 giugno – 29 agosto 2021

a cura di Carla Testore

Torna Monticello d’Arte con le opere di Jessica Carroll che si snoderanno attraverso i luoghi storici e i sentieri di Monticello d’Alba.

Il Comune di Monticello d’Alba continua il suo impegno di trasformazione a luogo deputato all’arte con Senso di direzione, una grande performance articolata in 3 spazi: una mostra al Castello, un’installazione nella confraternita di San Bernardino e un’opera di arte pubblica sul poggio di San Ponzio. Un percorso poetico ed emozionante che, attraverso la raffigurazione scultorea di animali d’acqua e di terra, racconta il mistero del senso dell’orientamento, come magnifica creatività del Regno della Natura.

Jessica Carroll

Castello Roero di Monticello – LA MOSTRA
Tra le colline del Roero, in posizione dominante, il Castello è una delle costruzioni medievali meglio conservate della zona, dal 1376 proprietà della famiglia Roero di Monticello. Da anni è meta di artisti e cultori dell’arte e propone periodicamente mostre monografiche dedicate a proposte italiane e straniere.
Grazie alla collaborazione dei proprietari con il Comune, le suggestive sale di questo antico maniero ospiteranno le opere di Jessica Carroll: api adagiate su un tappeto blu cobalto si alternano a banchi di anguille in resina trasparente, arnie di ceramica occupano il teatro e la cappella, danze di api per “allarme” o “direzione” invadono le antiche mura delle cantine.

The Big Bee Hive 2003 125×160 25 piatti esagonali in ceramica cristallina miele

Confraternita di San Bernardino – L’INSTALLAZIONE
L’opera Pavimento Verde Pisello è protagonista della secentesca chiesa dedicata a San Bernardino.
In ceramica verde, l’opera riproduce con una sorta di modello matematico le sfere di un baccello di pisello, un percorso iniziatico come quei labirinti che simboleggiavano i pellegrinaggi, a riflettere sul mistero della fotosintesi sotto il cielo blu stellato del soffitto.

 Pavimento Verde  Pisello 2004 cm.32x366x433 ceramica courtesy Ermanno Tedeschi Gallery

Poggio di San Ponzio – L’ARTE PUBBLICA
Sense of Direction è la scultura bronzea alta due metri creata da Jessica Carroll per il paese di Monticello, che raffigura un favo stilizzato con un’ape che lascia su di esso il segno del suo volo.
Ideata e posizionata appositamente sulla sommità della collina sovrastante l’antica Pieve cimiteriale di San Ponzio, luogo del primo insediamento del paese, l’opera esprime il senso dell’orientamento come specificità naturale legata alla vita, al muoversi e al crescere in una direzione piuttosto che in un’altra.
L’opera resterà anche in futuro luogo permanente di visita.

Senso di direzione 2019 cm 200x106x58 ferro e ape bronzo. Foto di Francesco Pergolesi

MONTICELLO D’ARTE
Monticello d’Arte è un progetto culturale che unisce gli stimoli dell’arte contemporanea a quelli degli edifici e delle opere di notevole interesse storico presenti nel paese.
La prima tappa di Monticello d’Arte è stata nel 2018 la mostra Happiness, curata da Carla Testore, che ha permesso di rilevare l’attenzione dei visitatori e dei residenti nei confronti di eventi d’arte “non usuali”.
La monumentale Frammenti di Valerio Berruti (realizzata con il bando Distruzione di Fondazione CRC) e Il bosco delicato di Sabrina Oppo (artista in residenza di Creativamente Roero) sono state le prime opere di arte pubblica nel 2019 che hanno consolidato la vocazione del paese per l’attenzione all’arte come patrimonio di tutti.
Nell’autunno del 2020, la mostra Outside-Inside, dentro la natura del Roero, anch’essa curata da Carla Testore, ha portato le fotografie di Ivano Piva al Castello con il contributo dell’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato.

Castello Roero di Monticello. Foto di Filippo Spanò

L’evento “Senso di direzione” è realizzato grazie al sostegno della Fondazione CRT e della Fondazione CRC.

A questo link i materiali stampa insieme a molte belle immagini
https://drive.google.com/drive/folders/1Ok6e1uJMjSrSgwo6I5-TBJ28enBlgKwf?usp=sharing

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JESSICA CARROLL
Senso di Direzione
13 giugno – 29 agosto 2021

Inaugurazione a inviti sabato 12 giugno 2021

A cura di Carla Testore
Un evento di Comune di Monticello d’Alba
Con il supporto di Castello Roero di Monticello
Con il sostegno di Fondazione CRT e Fondazione CRC
Con il patrocinio di Associazione Valorizzazione Roero, Ente Turismo Langhe Monferrato e Roero, Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato

Monticello d’arte è ideato da Elisa Roero di Monticello, ambasciatrice per la Valorizzazione del Roero con Piccolo Festival della Felicità

Al Museo del Tessile di Chieri si ricorda in streaming Gina Morandini

“Ars et Industria” Sabato 12 giugno, ore 15

Un’artista che ha segnato, a livello internazionale, la storia dell’arte tessile nelle sue accezioni più innovative e di sempre calibrata modernità. Friulana di San Giorgio di Nogaro, dove era nata nel 1931, Gina Morandini è scomparsa nel marzo scorso all’età di 89 anni nella sua Villa Primavera di Udine. Insegnante e fondatrice della “Sezione Arte del Tessuto, Tappeto e Arazzo” presso la Scuola d’Arte (ora Liceo Artistico “Giovanni Sello”) di Udine, celebre studiosa e attiva Fiber Artist, a lei è dedicata la conferenza online – inserita nel ciclo “Ars et Indiustria” – organizzata dal “Museo del Tessile” di Chieri, per il prossimo sabato 12 giugno, alle 15. Tre le relatrici: Annamaria Poggioli (Presidente de “Le Arti Tessili APS”), Barbara Girardi (Coordinatrice del “Premio Valcellina Award” Concorso Internazionale di Arte Tessile/FiberArt Contemporanea) e Carmen Romeo (Ricercatrice e saggista). A loro il compito di presentare il progetto di mostra antologica e monografia intitolata “Gina Morandini: insegnante, project manager, storica dell’arte della moda e del costume e fiber artista”, centrato sull’apertura di una “Galleria d’Arte Tessile Contemporanea” dedicata all’artista friulana presso un’ala della sede dell’associazione “Le Arti Tessili” di Maniago (Pordenone) e correlato ad una serie di eventi diffusi in Italia e all’estero, incluse mostre collaterali al “Textile Center di Haslach” (Austria), al Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari “Michele Gortani” di Tolmezzo, al “Museo della Moda e delle Arti Applicate” di Gorizia, al “Museo del Tessuto” di Prato e ad altri luoghi particolarmente significativi, incluso il “Museo del Tessile” di Chieri. Diverse opere di Gina Morandini sono, fra l’altro, presenti a Chieri, nella collezione civica “Trame d’autore”, in particolare “Labirinto” (2004), “Boscovecchio” (2006), due Libri d’artista (2009) e “Oscuro contro la soglia chiara” (2002). Quest’ultima è stata inserita nella mostra “I Introduce Myself”, visitabile dal 15 giugno al 15 settembre prossimi all’ “Imbiancheria del Vajro” di Chieri, nell’ambito del progetto “RestART!”. Commenta Melanie Zefferino, presidente della Fondazione Chierese per il Tessile e Museo del Tessile: “Sono molto soddisfatta per la collaborazione avviata con ‘Le Arti Tessili APS’ nell’ambito di un progetto d’ampio respiro patrocinato da diversi soggetti istituzionali, che concretizza le aperture avviate su più fronti per rafforzare la rete di relazioni del nostro Museo sul territorio diffuso e creare nuove sinergie, anche per finalità educative e di formazione artistica, rivolte a diverse utenze. Così, dopo aver accolto con grande piacere oltre 360 allievi delle scuole medie chieresi in visita all’esposizione museale permanente e ai nostri laboratori di tessitura e tintura artistica nelle tre settimane appena trascorse, siamo lieti di rivolgerci ora agli appassionati di arti tessili ricordando Gina Morandini, figura di primo piano sulla scena artistica contemporanea”.

La partecipazione alla conferenza in streaming è gratuita ma per ricevere il link di connessione bisogna prenotarsi, fornendo i propri dati (nome, indirizzo, e-mail) a: prenotazioni@fmtessilchieri.org

g. m.

 

“Barriera stories” va in tour!

Cereda, Oggero, Pandiani, Tallone e Voltolini fra gli ospiti

Si parte venerdì 11 giugno con i primi autori, chiusura con Portici di Carta. Continua “Porta Palazzo stories”

 

Con le riaperture e il procedere della campagna vaccinale può partire anche il tour di Barriera stories, volume curato da Paolo Morelli e Rocco Pinto che racconta Barriera di Milano con le voci dei suoi abitanti. L’opera, edita da Graphot, sarà presentata dai curatori in quattro appuntamenti nei luoghi del quartiere raccontati dal libro, con ospiti diversi di volta in volta.

Barriera stories è in vendita nelle librerie, nelle edicole, nelle cartolibrerie e online.

 

Il primo incontro si terrà venerdì 11 giugno alle 18.30 presso i Bagni Pubblici di via Agliè 9 a Torino. Oltre ai curatori interverranno anche la scrittrice Orlandina Cacciatori e gli storici Beppe Beraudo (fra gli autori di Barriera stories) e Angelo Castrovilli.

 

Il tour prosegue il 18 giugno all’hub di Via Baltea 3 per La musica di Barriera, con Claudio Bondioli e Charlie Prandi.

 

Si conclude con un doppio appuntamento il 22 giugno. Alle ore 17, i curatori saranno alla scuola Aristide Gabelli in via Santhià 25, con le autrici Daniela Braidotti, Nunzia Del Vento e Cristina Talarico.

Gran finale del primo tour di Barriera stories alle ore 19 presso l’Arena Teatro Monterosa di via Brandizzo 65. L’evento coinvolge gli scrittori che hanno raccontato il quartiere sia nel volume curato da Paolo Morelli e Rocco Pinto, sia nei loro romanzi: Paola Cereda, Margherita Oggero, Enrico Pandiani, Massimo Tallone e Dario Voltolini.

Quest’ultimo evento si svolge nell’ambito di Portici di Carta.

 

Porta Palazzo stories

Continua, intanto, Porta Palazzo stories, che proseguirà fino al 30 giugno. Chiunque potrà partecipare inviando un contributo (al massimo 5000 battute spazi inclusi), meglio se corredato da un’immagine di proprietà dell’autore, all’indirizzo email: pontidiparole.to@gmail.com con oggetto “Porta Palazzo stories”.

 

 

Barriera stories

Con il volume nasce ufficialmente la collana “Stories”, dedicata al racconto collettivo dei quartieri cittadini e partita con Borgo Rossini stories. In questo secondo volume sono presenti 61 racconti per 62 autori diversi.

Le scuole e le botteghe storiche sono le coordinate di un reticolo di relazioni che tocca chiese, cinema, campi sportivi. Barriera di Milano è una realtà complessa, piena di sfumature incorniciate dai racconti di chi l’ha conosciuta. Parlare del quartiere risveglia e rafforza legami antichi: ci sono storie di politica e commercio, integrazione e cultura. Messe insieme, restituiscono l’immagine ricca e variegata di una zona che è un pezzo di storia di Torino.

Ci sono scrittori, artisti, organizzatori culturali, amministratori locali e volti importanti del tessuto sociale di Barriera. Ma soprattutto abitanti, ex abitanti o frequentatori del quartiere.

 

Gli autori: Lorenza Actis Foglizzo, Giuliana Alliaud, Beppe Beraudo, Andrea Biagiolini, Ettore Bianco, Claudio Bondioli, Alberto Bozzolan, Daniela Braidotti, Rita Bufano, Paola Busso, Alessandro Cagno, Marisa Calcio Gaudino, Daniela Calvo, Davide Cattaneo, Paola Cereda, Nadia Conticelli, Ermanno Cottini, Sandra Cerruti, Daniela De Prosperis, Nunzia Del Vento, Roberto Ferraris, Riccardo Franco, Davide Gambaretto, Massimo Garbi, Valter Gerbi, Biagio Irene, Numinato Dario Licari, Francesco Lombardi, Andrea Lupi, Anna Rosa Marengo, Isabella Martelli, Roberto Martin, Erika Mattarella, Gianfranco Moine, Paolo Morelli, Orges Musabelliu, Margherita Oggero, Giovanni Oteri, Marco Paganin, Enrico Pandiani, Michela Pini, Rocco Pinto, Margherita Prota, Marco Ranieri, Valentina e Carlo Rosso, Carla Sacchetto, Simone Schiavi, Giuseppe Sciortino, Cristina Talarico, Massimo Tallone, Antonio Tarallo, Nadia Tecchiati, Anna Tolomeo, Laura Tori, Vincenzo Torraco, Patrizio Tosetto, Maurizio Tropeano, Beppe Turletti, Marta Vercillo, Giuliano Vergnasco, Dario Voltolini.

 

 

Associazione “Ponti di parole”

Nasce a Torino nel 2021 da un’idea di Rocco Pinto e Paolo Morelli. Ne fanno parte i due ideatori, con Rocco Pinto nelle vesti di presidente, e il libraio Claudio Aicardi. Ponti di parole promuove il progetto “Stories”, che ha l’obiettivo di raccontare i quartieri e le città attraverso le voci degli abitanti o dei frequentatori, con l’intento di ricostruire una memoria collettiva e condivisa.

L’associazione organizza iniziative sul territorio insieme ad altre realtà culturali, per promuovere la lettura, la scrittura, la memoria e il senso di comunità.

“Arcani”, 23 artisti interpretano i segreti dei tarocchi

Sino al 27 giugno, nella ex chiesa di Santa Croce ad Avigliana

“Arcani. 23 artisti interpretano gli arcani maggiori dei tarocchi” s’intitola la mostra – a cura di Luigi Castagna e Giuliana Cusino, con il patrocinio della Regione Piemonte, della Città Metropolitana di Torino e della CIttà di Avigliana – con cui l’associazione “Arte per Voi” ha ripreso, nell’ampio spazio dell’ex chiesa di Santa Croce, nella piazza Conte Rosso di Avigliana (sino al 27 giugno), dopo mesi di interruzione e chiusure dettate dalla attuale situazione, la propria attività espositiva. Ci guida l’artista Serena Zanardo tra le note esplicative che quasi obbligatoriamente devono accompagnare la mostra: “Il termine Arcani evoca un mistero ancora da scoprire come lo sono i personaggi e archetipi rappresentati nelle carte dei Tarocchi. Ogni artista, attraverso il suo sentire, il suo stile e la sua tecnica (pittura, scultura, ceramica) ha provato a svelare il segreto nascosto di uno o più arcani, dando vita a un percorso di visita che diventa viaggio di scoperta di una tradizione tanto antica quanto ricca di simboli e significati attuali”. Il percorso, nonostante il felice interesse per l’occasione, per arrivare ad oggi non è stato facile, “è stato un viaggio durato più di un anno anche l’organizzazione della mostra stessa, mostra che avrebbe portato finalmente all’apertura al pubblico, con la fiducia che sia un segno di ripresa senza ulteriori interruzioni per il mondo dell’arte e della cultura, ma anche un’occasione per ritrovarsi e condividere la bellezza dell’arte e dell’ispirazione creativa”.

Uno sperduto sguardo femminile verso l’alto di Daniela Bertolino, la maestosa “Papessa” di Enrica Campi e il carro di Massimo Voghera, il disco solare ripensato da Cetty Bonello, il coloratissimo vetro di Silvio Vigliaturo a rappresentare lo sguardo incantato degli “Amanti”, il fogliame ed i fiori rosati che accompagnano “L’eremita” di Giuliana Cusino, il mascherone inquietante di Rocco Forgione, il corpo femminile di Renata Ferrari circondato da un turbine di stelle, questi alcuni dei titoli e degli artisti presenti in mostra. Espongono inoltre Silvana Alasia, Franca Baralis, Ivo Bonino, Nadia Brunori, Alfredo Ciocca, Luisella Cottino, Maria José Etzi, Lucia Galasso, Sonia Girotto, Beppe Gromi, Gaia Maritano, Enrico Massimino, Elena Monaco Elena Piacentini, Guido Roggeri e Serena Zanardo.

Orari di apertura: sabato e domenica dalle 15 alle 19. (e. rb.)

Nelle immagini:

Ines Daniela Bertolino, “Stelle”, acrilico su tela, 2019

Enrica Campi, “La Papessa”, grès rosa patinato e foglia di ottone, 2021

Silvio Vigliaturo, “Lovers”, scultura in vetro, 2020

La montagna sacra di Nives Meroi

 Fra le più grandi alpiniste al mondo, sarà ospite a Cavallermaggiore della rassegna “CuneiForme” e della Fiera Piemontese dell’Editoria

Sabato 12 giugno, ore 21,30

Cavallermaggiore (Cuneo)

Bergamasca di Bonate di Sotto, Nives Meroi è sicuramente fra le più forti alpiniste donne del modo. Nella sua carriera ha scalato tutti i quattordici Ottomila della Terra, sempre senza ossigeno né portatori d’alta quota. E sempre, o quasi, con il suo compagno fisso di cordata, il marito Romano Benet. A lei Erri De Luca ha dedicato il libro: “Sulla traccia di Nives”. E lei stessa ha pubblicato “Sinai” e “Non ti farò aspettare”(entrambi disponibili in BUR) e nel 2019 “Il volo del corvo timido. L’Annapurna e una scalata  d’altri tempi” per i tipi di Rizzoli. Sentirla parlare a tu per tu della sua “montagna sacra” dove “ogni passo diventa uno sforzo di volontà”, sarà possibile se sabato prossimo 12 giugno, alle 21,30, ci si recherà in piazza Baden Powell a Cavallermaggiore nel Cuneese, dove (dopo l’annullamento del suo incontro lo scorso anno a causa dell’emergenza sanitaria), Nives Meroi incontrerà il pubblico nell’ambito della seconda edizione di “CuneiForme”, rassegna multidisciplinare organizzata dall’Associazione Culturale “Progetto Cantoregi”, e della “Fiera Piemontese dell’Editoria”, entrambe realizzate in collaborazione con “Le Terre dei Savoia”.Attraverso immagini delle sue avventure in alta quota, ricordi, racconti, curiosità e riflessioni, Nives parlerà del suo personale rapporto con la montagna e della grande relazione di attrazione e timore tra l’uomo e la potenza estrema delle alte vette. Sarà un lungo, affascinante racconto. Nives si avvicina all’alpinismo intorno ai 15 anni e a 17 sale le prime vie. A 19 anni incontra Romano Benet e da allora diventano compagni di cordata e poi anche di vita. Nella loro carriera hannopercorso alcune fra le vie più difficili delle Alpi, rendendosi protagonisti di imprese quali la primainvernale al Pilastro Piussi alla parete nord del Piccolo Mangart di Coritenza e quella alla Cengia degli Dei, sullo Jof Fuart. Col tempo il loro amore per la montagna li ha spinti a esplorare orizzonti sempre più lontani,seguendo le regole di un alpinismo leggero e pulito: senza l’ausilio di bombole d’ossigeno, climbing sherpa e campi prefissati. Ande, Himalaya, Karakorum. Un percorso fatto di grandi successi, come la salita, nel 2003, di tre Ottomila in soli venti giorni (Gasherbrum II, Gasherbrum I, Broad Peak), seconda cordata al mondo a realizzare quest’impresa e Nives, prima donna in assoluto. Oppure il loro “K in 2”, salita e discesa in cinque giorni, in completa solitudine. E ancora l’Everest, il Tetto del Mondo, scalato anch’esso senza ossigeno né climbing sherpa. E poi Lhotze, il Kangchenjunga, Makalu, fino alla cima dell’Annapurna, l’11 maggio 2017, coronando un sogno lungo più di vent’anni. L’alpinismo come stile di vita. Dove forza di volontà, passione e umiltà sono i valori che portano al successo e dove ogni sconfitta alimenta una nuova voglia di ricominciare. A moderare l’incontro sarà il giornalistaLeonardo Bizzaro.

L’ingresso è libero fino a esaurimento posti, nel rispetto delle normative vigenti sull’emergenza sanitaria Covid-19 (Info: 349/2459042 o info@progettocantoregi.it). L’incontro è realizzato in collaborazione conRizzoli” ed il bookshop è a cura della “Libreria Clerici” di Racconigi.

g. m.

La musica dell’isola

Un  libro minuto, lieve ma molto bello, dove si  narra la storia dell’incontro tra una donna e un clochard, entrambi amanti di musica classica. L’uomo senza fissa dimora si piazza davanti alla finestra aperta del conservatorio di Torino, assieme all’autrice, per ascoltare quel professore di pianoforte che, terminate le lezioni, esegue per sé Liszt e Ravel

Quando abitavo in via Mazzini, proprio al fondo, vicino al Po, mi piaceva al mattino risalire tutta la strada verso il centro della città fino al Conservatorio Giuseppe Verdi e fermarmi qualche minuto ad ascoltare la musica che strimpellavano gli allievi e i tocchi sapienti dei maestri. Avevo imparato che dalla finestra che dava sulla via Mazzini uscivano suoni di batteria. Non mi interessava. Scartata la facciata di piazza Bodoni, dove si apriva l’ingresso dell’atrio che immetteva nella sala dei concerti, da cui al mattino non usciva alcun suono, facendo il giro del palazzo avevo individuato le aule dove si insegnavano i vari strumenti, e avevo scoperto, tra quelle in cui si insegnava pianoforte, una dove c’era un maestro particolarmente bravo: udivo infatti i tocchi incerti degli allievi e la sua mano che riprendeva il brano musicale, il suo interrompere l’esecuzione per far ripetere il passaggio, una, due, tre volte. Talora accadeva che il maestro sospendesse l’esecuzione dell’allievo per portare a termine il pezzo con le sue mani. E allora le note diventavano musica”. Inizia così “La musica dell’isola”, racconto breve di Laura Mancinelli, pubblicato dalla novarese “Interlinea” quasi vent’anni fa. Un  libro minuto, lieve ma molto bello, dove si  narra la storia dell’incontro tra una donna e un clochard, entrambi amanti di musica classica. L’uomo senza fissa dimora si piazza davanti alla finestra aperta del conservatorio di Torino, assieme all’autrice, per ascoltare quel professore di pianoforte che, terminate le lezioni, esegue per sé Liszt e Ravel. Poi, all’improvviso, quel rapporto s’interrompe perché l’uomo scompare, facendo perdere ogni traccia di se. Fino a quando, qualche anno dopo, riappare nelle vesti di organista che esegue “Eine feste Burg ist unser Gott” ( “Forte rocca è il nostro Dio” ), un grande corale di Bach basato sull’omonimo inno composto da Martin Lutero. La musica riempie di magia la messa di Natale sull’isola di San Giulio, che sembra galleggiare nella nebbia in mezzo al lago d’Orta, in una notte dall’atmosfera sognante. Da Torino al più romantico dei laghi, con il dramma della sclerosi multipla che colpì l’autrice, costringendola a muoversi su di una sedia a rotelle e ad affidare vita e passioni alla scrittura. Un racconto venato da malinconia, sospeso fra verità e invenzione, intriso di quella grazia che non manca mai nelle storie di Laura Mancinelli , dai “Dodici abati di Challant” al “Fantasma di Mozart” , da “La casa del tempo” ad “Andante con tenerezza”.

 

Marco Travaglini