CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 428

Storia di donne che seppero “scegliersi la parte”

Le partigiane piemontesi raccontate da Caroline Moorehead  ne “La casa in montagna”

La casa in montagna. Storia di quattro partigiane” (Bollati Boringhieri, 2020) è il libro con il quale Caroline Moorehead  racconta  la storia delle donne piemontesi impegnate nella  Resistenza. L’autrice, una giornalista londinese che conosce bene il nostro paese, ha pubblicato numerosi libri di argomento storico oltre ad aver collaborato con la BBC e le più prestigiose testate giornalistiche anglosassoni come il Times, il Guardian e l’Independent.

Con la sua scrittura chiara e sobria, resa interessante da un efficace ritmo narrativo, la Moorehead ci restituisce una storia corale delle donne che parteciparono alla lotta di Liberazione, mettendo in rilievo le vicende di quattro protagoniste (Ada Gobetti, Bianca Guidetti Serra, Frida Malan, Silvia Pons) animate dagli stessi ideali di libertà e giustizia e al tempo stesso diverse l’una dall’altra. L’innovativo apporto di questo libro alla storiografia della Resistenza si coglie nel punto di vista “esterno” sull’intera vicenda della lotta partigiana e del ruolo decisivo della sua componente femminile. Le storie sono note per i più attenti lettori e per chi si è interessato di questi argomenti; lo stesso si può dire per le fonti alle quali ha diligentemente attinto la scrittrice britannica ( tutte e quattro le protagoniste ci hanno lasciato in eredità un’ampia testimonianza con lettere, diari, documenti). La scelta di occuparsi della Resistenza italiana e, in particolare, di quella piemontese che ne ha rappresentato – per valore, importanza e presenza ben documentate – il vero e proprio “cuore”, lo ha spiegato lei stessa in una intervista rilasciata al Venerdì di Repubblica nei mesi scorsi , motivandola con una doppia ragione: riconoscere il giusto ruolo alla componente femminile del movimento partigiano, raccontando anche al pubblico di altri paesi ciò che accadde e che per troppo tempo è stato sottovalutato e  denunciare le riserve e i pregiudizi che caratterizzarono l’atteggiamento dei militari e del governo inglese nei confronti della Resistenza italiana, preoccupati del ruolo e dell’eccessivo peso  che le forze di sinistra ebbero nella lotta antifascista e antinazista. A giudizio della Moorehead fu l’ossessione del “pericolo comunista” a frenare gli alleati dal riconoscere i meriti dei partigiani, quasi ostinandosi a considerarli alla stregua di “partner inferiori, contaminati dagli anni del fascismo e dal voltafaccia del governo italiano nell’estate del 1943”.

Un anticipo del clima della guerra fredda che non consentì di valutare pienamente e con onestà intellettuale l’imprescindibile contributo dello sforzo partigiano alla campagna d’Italia. Ovviamente il tema centrale de La casa in montagna è la rivendicazione di un ruolo centrale delle donne nella Resistenza piemontese. Lo sviluppa, pagina dopo pagina, imbastendolo su vicende e profili  delle quattro protagoniste, presentate come emblematico esempio di un intero movimento di donne altruiste, forti e motivate, che animarono azioni di ribellione collettiva, sfidando la guerra, la paura e i pregiudizi. Una narrazione che muove dalla cattura, l’uccisione e i funerali delle sorelle Vera e Libera Arduino nella plumbea Torino del marzo del ’45, a meno di un mese e mezzo dalla liberazione. La cieca violenza fascista si scontrò con la ribellione delle donne che espressero solidale affetto alle giovani vittime, protestando al cimitero Monumentale contro un regime ormai in agonia ma capace di reazioni quanto mai dure e  brutali. Non vi era mai vista una manifestazione del genere, organizzata da donne e per le donne; donne che non potevano essere intimidite, né temevano le conseguenze delle proprie azioni. Come venne scritto su “Noi donne” nel luglio del 1944, si avvertiva da tempo che era “giunto il momento di dare tutto per salvare la nostra Patria, la nostra vita, il nostro pane. Non dobbiamo più avere esitazioni. Dimostriamo coi fatti che anche noi […] sappiamo imporci qualsiasi sacrificio”. E così fecero. Con concretezza e coraggio. “ Tra il 1943 e il 1945 in tutta l’Italia occupata le donne insorsero a migliaia, per unirsi alla Resistenza e combattere per la liberazione del loro paese”, scrive la giornalista britannica. “A renderle straordinarie era il fatto che l’Italia fascista, sotto il ventennio del governo Mussolini, le aveva trasformate in ombre: non avevano diritti, né voce, né uguaglianza, nessuna possibilità di esprimersi né riguardo alla propria vita né in merito al governo del paese. Che avessero trovato il coraggio, la determinazione e l’altruismo per lottare e spesso subire arresti, torture, violenze ed esecuzioni: fu questo a renderle davvero eccezionali”. Nel libro, accanto alle quattro principali protagoniste sono molte le figure che si incontrano tra le pagine dei diciannove capitoli, intrecciando le loro storie, accompagnando il lettore nei venti mesi della lotta partigiana fino ai primi passi del paese liberato che alcuni di loro, persa la vita per le loro idee, non faranno in tempo a vedere.

Le staffette Lisetta Giua, fidanzata di Vittorio Foa, e Lucia Boetto, Matilde di Pietrantonio e Gigliola Spinelli; uomini e donne che subirono le discriminazioni razziali imposte dalle leggi contro gli ebrei, la deportazione come Primo Levi o la morte come Emanuele Artom; partigiani come Giorgio Agosti, Dante Livio Bianco, Willy Jervis, il generale Perotti, Ferruccio Parri, Don Francesco Foglia (noto come “don Dinamite”), Giulio Bolaffi, Tancredi Galimberti, detto Duccio e tanti altri.  C’è anche la figura straordinaria di Suor Giuseppina Demuro,  madre Superiora delle Figlie della carità della congregazione di San Vincenzo De Paoli, una religiosa  sarda di Lanusei che portò senza sosta conforto, alimenti e indumenti nelle celle del braccio femminile del carcere torinese “Le Nuove”, alleviando gli ultimi istanti di vita dei condannati a morte. Una donna coraggiosa che seppe distinguersi nella resistenza disarmata. La lettura di questo libro è un utile esercizio per rammentare, non solo in occasione delle ricorrenze del calendario civile, quanto sia stato grande il contributo delle donne alla lotta di Liberazione. Un contributo quantificabile non solo numericamente ma per l’importanza e la qualità delle conseguenze – culturali e sociali prima e politiche poi –  che ne scaturirono. L’apporto femminile fu massiccio sin dai primi momenti della lotta partigiana arrivando fino agli ultimi giorni dell’aprile 1945, con la completa liberazione del Paese. Non è possibile citare cifre che descrivano esattamente quante donne aderirono e si sacrificarono per la Resistenza perché molte di loro, appena conclusa la lotta, ritornarono in pieno alla loro vita familiare e di lavoro, scegliendo l’anonimato. Stando però ai calcoli di esperti militari si può affermare che le donne che furono impegnate in compiti ausiliari nella Resistenza italiana non furono meno di un milione, mentre, secondo le statistiche ufficiali, le partigiane combattenti furono circa 35 mila. Un dato considerevole che rappresenta ben più di un quinto del movimento resistente.

I ruoli che ricoprirono furono molteplici: dalla partecipazione alle agitazioni nelle piazze alla preziosa e pericolosa attività delle “staffette”, dalla cura e dal rifocillamento di feriti e sbandati alla raccolta di armi, munizioni e indumenti e, infine, alla dura e spesso sanguinosa lotta sulle montagne. Le donne che parteciparono alla Resistenza, fecero parte anche di organizzazioni come i Gruppi di Azione Patriottica (GAP) e le Squadre di Azione Patriottica (SAP) che agivano nelle città e ,inoltre, fondarono i Gruppi di Difesa della Donna, “aperti a tutte le donne di ogni ceto sociale e di ogni fede politica o religiosa, che volessero partecipare all’opera di liberazione della patria e lottare per la propria emancipazione“. Così le donne irruppero sulla scena e scelsero da che parte stare diventando soggetti attivi dei cambiamenti storici. Conquistarono il diritto al voto e lo esercitarono per la prima volta alle elezioni amministrative e poi alle politiche del 2 giugno 1946 per eleggere l’Assemblea Costituente e nella scelta referendaria tra monarchia o repubblica. L’esperienza delle protagoniste de La casa in montagna. Storia di quattro partigiane, così come quella delle tante che seppero “scegliersi la parte”, è stata determinante per le donne italiane che dal ’45 in poi si sono battute instancabilmente per il loro coinvolgimento attivo nella vita politica del paese, conquistando diritti legali, economici e politici verso la parità.

Marco Travaglini

Sfaccettature di donna

In scena la donna nelle sue molteplici sfaccettature, presso la galleria torinese Malinpensa by Telaccia

La donna diventa sempre più protagonista della vita sociale ma anche artistica. A partire dalla data emblematica dell’8 marzo, diventata il simbolo della Festa della Donna, la galleria d’arte  Malinpensa by la Telaccia ha ospitato la mostra dal titolo “In scena la donna”. Sono esposte le opere  di quattro artiste, Raffaella  Bellani, Serena Renata Maggi, la scultrice Rabarama e,  non ultimo, di un artista come Paolo Civera.

Della scultrice Rabarama, di cui sono  esposti anche sculture di bronzo dipinto quale quella intitolata “Viaggio”, emerge un’arte ricca di un’energia  accompagnata a un lessico formale decisamente personale. Ogni personaggio vive attraverso una dinamicità spaziale assolutamente originale che trascende l’aspetto puramente estetico. Le sue opere pittoriche  sono contraddistinte da un originale timbro chiaroscurale  e da un ritmo del segno armonioso, alimentati dall’incisività del colore. L’artista conduce un’interessante ricerca in cui il processo emotivo e concettuale sono dominanti nel suo iter creativo; le sue sculture bronzee sono frutto di un’interpretazione di un impegno progettuale indiscutibile, unito ad una riflessione esistenziale e artisticaprofonda. La materia plasmata da Rabarama riesce, infatti,a colmare gli spazi interiori dell’uomo, non dimenticando i veri valori dell’esistenza umana.

L’opera di Raffaella Bellani rivela un tratto di evidente impegno compositivo, in cui la scansione spaziale dello spazio si unisce al fascino penetrante del soggetto. L’artista utilizza per lo più colori monocromatici e realizza un sapiente gioco di luci e ombre, accompagnato a un felice movimento di trasparenze. Si serve per le sue opere pittoriche di diversi materiali quali stucco, garze, fogli e acrilici che, stesi mirabilmente sulla tela,   conferiscono al tessuto narrativo un effetto visivo-tecnico assolutamente personale. Iquadri di Raffaella Bellani, a metà  tra realtà e fantasia, vivono di velate contrapposizioni intrise di immagini figurative in cui spesso emerge il primo piano del volto femminile, che si fonde a uno sfondo di tipo astratto originale e luminoso.  Il tratto segnico delle sue opere è morbido, ma al tempo stesso incisivo  il cromatismo elegante  e armonioso e il tutto converge in un dinamismo della prospettiva attenta al disegno. Nelle sue opere la scelta del bianco e nero sta a rappresentare il passato e la memoria, espressi dall’artista con segno graffiante.

È la figura femminile, ancora una volta, ad essere al centro dell’opera di un’altra artista protagonista della mostra alla Galleria Malinpensa By Telaccia,  vale  a dire Serena Renata Maggi. Il suo mondo pittorico si libera in un’espressione suggestiva, densa di valore simbolico e cromatico, accompagnati da un ritmo equilibrato. Spazio, luce, materia e segno grafico si muovono all’interno di un processo tecnico in cui il gioco dei colori è impreziosito da un’esecuzione materica frutto di uno studio molto approfondito.

L’artista utilizza l’acrilico e la tecnica mista su tela per realizzare le sue opere, evidenziando una sicura padronanza dei mezzi espressivi e una vena estetica molto originale, in grado di far vibrare ogni elemento della rappresentazione all’interno di un’opera di puro linguaggio poetico e sentimentale. I suoi soggetti sono in grado di trasmettere vita, sentimenti e emozioni intense, in cui l’essenza di un volto carico di poetica si arricchisce di un intenso ritmo musicale.

La figura umana indagata dall’ultimo artista in mostra, Paolo Civera, è contraddistinta da una scansione formale e espressiva in cui si evidenzia, in maniera assolutamente autonoma, un linguaggio fortemente intimistico. La donna è protagonista assoluta del suo iter artistico e viene colta in tutta la potenza del suo vissuto.  Dalla intensa rappresentativita’ lirica di cui Civera si dimostra capace emergono un dialogo continuo ed un forte impianto chiaroscurale, una grande intensità coloristica, che si accompagnano ad una tecnica ad olio su tela, frutto di una solida ricerca da parte dell’artista.

Mara Martellotta 

Galleria Malinpensa by Telaccia

Corso Inghilterra 51

Tel 011 5628200  ; 3472257267

In dirittura d’arrivo l’XI edizione del Premio Lattes Grinzane 2021

Da  Bolzano a Trapani, vede coinvolti 400 studenti di 25 Giurie Scolastiche

Monforte d’Alba – Saranno annunciati mercoledì 14 aprile prossimo i cinque romanzi finalisti e il vincitore del Premio Speciale dell’XI edizione del “Premio Lattes Grinzane”.

Promosso dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte d’Alba, voluta e presieduta da Caterina Bottari Lattes in memoria e omaggio al grande marito Mario Lattes (editore, pittore, scrittore e fra i più importanti intellettuali del secolo scorso), il Premio – sostenuto da Regione Piemonte, Fondazione CRC e CRT e Banca d’Alba – nasce nel 2009 “sulle ceneri del Grizane Cavour” ed è rivolto alle opere di narrativa italiana e internazionale pubblicate in Italia, per quanto riguarda l’odierna edizione, fra il gennaio 2020 e il gennaio 2021. “Nonostante la situazione di emergenza sanitaria – dice con orgoglio Caterina Bottari Lattes – i lavori non si sono mai fermati e abbiamo continuato a dialogare, come da tradizione, con il mondo scolastico e con quello editoriale, che ha risposto con entusiasmo nel proporre i romanzi ritenuti più meritevoli del riconoscimento”. Cinque, anche quest’anno, i romanzi finalisti, che verranno annunciati a mezzo stampa e sul sito, sulla pagina Facebook e sull’account Twitter della “Fondazione Bottari Lattes”. Selezionati dai docenti, intellettuali, critici e scrittori che formano la Giura Tecnica (presieduta da Gian Luigi Beccaria, linguista, critico letterario e saggista), i “magnifici” cinque saranno quindi affidati alla lettura e al giudizio di 400 studenti delle Giurie Scolastiche, avviate in 25 scuole superiori, da Bolzano a Trapani, passando per Torino (Convitto “Umberto I”), Alba, Bra, Pinerolo, Bologna, Macerata, Matera, solo per citare alcune delle città coinvolte. Con i loro voti, i giovani giurati decreteranno il libro vincitore tra i cinque in gara, che sarà proclamato sabato 2 ottobre, nel corso della cerimonia di premiazione (aperta al pubblico, compatibilmente con l’emergenza pandemica) al “Teatro Sociale Busca” di Alba.
Accanto al “Premio Lattes Grinzane”, anche quest’anno è stato istituito il “Premio Speciale Lattes Grinzane”, assegnato direttamente dalla “Giuria Tecnica” a un’autrice o autore internazionale di fama riconosciuta a livello mondiale, che nel corso del tempo abbia raccolto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico. Il vincitore di questa edizione terrà una “lectio magistralis” su un tema letterario a propria scelta e verrà insignito del riconoscimento sempre nel corso dell’appuntamento fissato per sabato 2 ottobre ad Alba. In programma anche un incontro di scrittrici e scrittori finalisti con gli studenti del territorio cuneese. Gli appuntamenti saranno trasmessi anche in diretta “streaming” sul sito e sui canali social della “Fondazione Bottari Lattes”.
L’anno scorso, l’edizione 2020 del Premio fu vinta dalla scrittrice turca Elif Shafak con il romanzo “I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo” pubblicato da Rizzoli, mentre il “Premio Speciale”, consistente in una somma in denaro, andò alla “Protezione Civile”, come apprezzamento per il grande impegno profuso nell’affrontare l’emergenza sanitaria.
Per info: 0173/789282 – eventi@fondazionebottarilattes.it – book @fondazionebottarilattes.it – WEB fondazionebottarilattes.it – FB Fondazione Bottari Lattes – TW @BottariLattes – YT FondazioneBottariLattes
g. m.

Nelle foto:
– Il “Premio Speciale 2020” ritirato da Angelo Borrelli, allora Capo Dipartimento della “Protezione Civile”
– Caterina Bottari Lattes
– Elif Shafak (foto Ferhat Elik)

Biblioteche al servizio dei cittadini

LO SBAM, IL SISTEMA BIBLIOTECARIO DELL’AREA METROPOLITANA TORINESE 

“Procuratevi sapere voi che avete freddo”. Con questa citazione la Presidentessa del sistema di biblioteche e Assessora alla Cultura della Città di Moncalieri, Laura Pompeo, presenta la seconda edizione aggiornata della guida allo SBAM.

Un richiamo, quello di Bertold Brecht, perfetto per introdurre un sistema di biblioteche e una rete di sapere e cultura, un suggerimento persuasivo, quello dello scrittore, che incoraggia fortemente ad imparare, a chiedere e pretendere informazioni, ad “impugnare il libro”.
Lo SBAM è proprio questo, un laboratorio di idee, una realtà di confronto in continua evoluzione che ha migliorato i suoi punti di forza come la tessera e il catalogo unici e che ha ottimizzato e incrementato la circolazione libraria. Le settanta biblioteche collegate in rete, infatti, a disposizione degli 800.000 abitanti della prima cintura torinese, offrono quasi 3 milioni di titoli di libri, dvd e cd per persone di ogni età e con diversi interessi. Inoltre questa struttura formativa dà la possibilità di accedere ad una piattaforma digitale dove scaricare e-book, ascoltare audiolibri e sfogliare gli oltre 7000 giornali tra italiani ed esteri.
Lo SBAM, dopo 15 anni di presenza sul territorio e grazie alla cooperazione tra i vari Comuni e quella con la Regione Piemonte, ha raggiunto risultati davvero apprezzabili e oggi collabora, attraverso l’erogazione condivisa di alcuni servizi, anche con la Biblioteca Umberto Eco di Torino. Inoltre il lavoro fatto negli ultimi 5 anni ha condotto ad esiti straordinari, in epoca Covid-19 per esempio, le iscrizioni digitali sono aumentate del 400%; questo successo è dovuto soprattutto all’impegno e alla azione sinergica tra le biblioteche e alla professionalità delle bibliotecarie e dei bibliotecari.
Sei sono i Poli di Area interessati: Moncalieri, Beinasco, Collegno, Settimo Torinese, Chivasso e Chieri, uniti da un progetto unico che ha come obiettivo quello di rispondere ai bisogni di informazione, svago e divertimento dei cittadini e delle cittadine della zona. Un sistema che mira dunque a favorire l’autonomia delle persone offrendo loro la possibilità di migliorare le proprie conoscenze e capacità creative e conoscitive.

L’iscrizione allo SBAM è totalmente gratuita, si effettua solo una volta e dà diritto alla Bibliocard che consente di accedere a tutti i servizi offerti; inoltre il catalogo dei titoli è consultabile online e i libri sono prenotabili da casa per poi essere recapitati nella biblioteca più comoda.

“Le biblioteche non sono più luoghi polverosi o depositi di libri, ma presidi culturali capillarmente diffusi nei nostri territori, fondamentali, soprattutto in questi anni di crisi economica, per contrastare la povertà educativa” dice Laura Pompeo, ma anche “ luoghi di crescita personale e di apprendimento che dura tutta la vita”.
Lo SBAM dunque è un ottimo ed efficiente servizio per la collettività, uno strumento prezioso per informare e formare, un sistema che, coniugando tradizione e innovazione, pagine e tecnologia, sostiene la diffusione della cultura e patrocina l’importanza del sapere, per tutti.

Maria La Barbera

Per tutte le informazioni e gli aggiornamenti:

www.sbam.to.it
info@sbam.to.it
Numero Verde 800.329.329

Musica e narrazione per il 250° anniversario di Mozart a Torino

Una produzione originale Unione Musicale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino

Il quindicenne Wolfgang Amadeus Mozart soggiornò a Torino proprio 250 anni fa, nel gennaio del 1771, accompagnato dal padre Leopold. Di certo si sa che alloggiarono per due settimane all’albergo della Dogana Nova, nelle vicinanze dell’attuale via Corte d’Appello. Nella capitale sabauda incontrarono alcuni dei più celebrati maestri attivi in città, come Viotti, Pugnani e Somis, oltre a Giovanni Paisiello, autore dell’opera Annibale in Torino alla quale Wolfgang Amadeus assistette al Teatro Regio.

Mozart padre e figlio furono ospiti di alcuni degli aristocratici più vicini alla Corte sabauda e scopo ultimo del loro viaggio a Torino fu quello di intercedere presso il re, l’ormai anziano Carlo Emanuele III, per far ottenere al giovane talento la commissione di un’opera per il successivo Carnevale. Le aspettative, com’è noto, andranno però deluse.

Alla visita di Mozart a Torino è dedicato il breve romanzo storico Amadé, pubblicato nel 1990, della scrittrice e germanista Laura Mancinelli (1933-2016), nel quale si racconta un’avventura sentimentale di Mozart adolescente, ambientata tra la piazza del Duomo, le vie del centro e il Palazzo della marchesa Giulia di Barolo. La stessa Mancinelli, nel 1986, aveva già pubblicato per Giulio Einaudi editore il romanzo Il fantasma di Mozart, nel quale la protagonista cerca di smascherare un uomo misterioso che le propone alcuni celebri brani mozartiani, in una storia dai ritmi divertenti, sullo sfondo di una Torino magica e oscura.

Il progetto Mozart a Torino è una produzione originale di Unione MusicaleTeatro Stabile Torino – Teatro Nazionale e Conservatorio Giuseppe Verdi, un “concerto narrato” in tre puntate nelle quali l’attrice e regista Olivia Manescalchi interpreta alcuni brani tratti dalle opere che Laura Mancinelli ha dedicato al genio di Mozart, ovvero i già citati Amadé Il fantasma di Mozart e il breve racconto L’ultimo postiglione. 

Sullo sfondo del Teatro Carignano, che il giovane compositore salisburghese visitò durante il suo soggiorno torinese, la narrazione si intreccia all’esecuzione di pagine scelte dal repertorio cameristico mozartiano: le Sonate per pianoforte K. 310, 282 e 457, il Quartetto per pianoforte e archi in mi bemolle K. 493, il Divertimento per trio d’archi K. 563 e alcuni Lieder per canto e pianoforte, oltre a una trascrizione per quartetto con pianoforte dell’Ouverture dell’Annibale in Torino di Paisiello. L’esecuzione è affidata a dodici talentuosi strumentisti e cantanti, la maggior parte formati nel nostro Conservatorio Giuseppe Verdi.

Oltre a celebrare una ricorrenza culturalmente significativa per il nostro territorio, obiettivo del progetto è anche quello di sostenere giovani e valenti artisti che negli ultimi mesi sono stati colpiti dalla chiusura prolungata dei teatri e dei luoghi di spettacolo, generando quindi una qualificata occasione lavorativa.

Questa produzione originale è stata ideata per essere un prodotto audiovisivo digitale destinato alla diffusione su piattaforma multicanale: la prima puntata di Mozart a Torino, intitolata Amadésarà disponibile gratuitamente a partire da mercoledì 17 marzo 2021 – ore 21 sul sito dell’Unione Musicale al link www.unionemusicale.it/mozart-a-torino/ dove seguiranno le successive due puntate: L’ultimo postiglione da mercoledì 24 marzo 2021 – ore 21 Il fantasma di Mozart da mercoledì 31 marzo 2021 – ore 21.

«Traendo spunto dal libro di Laura Mancinelli – afferma la regista Olivia Manescalchi – ho immaginato un viaggio nella vita del grande compositore. Sono pagine nelle quali la scrittrice cerca di sopperire alla mancanza di fonti certe con la fantasia, disegnando un Mozart umano, alla ricerca di un qualche significato della vita. L’attrice darà voce ai suoi pensieri, ai suoi dubbi, alle sue paure e alla consapevolezza finale di aver vissuto una vita piena di emozioni attraverso la sua sublime musica, sacro antidoto al dolore che finalmente risponde al perché dell’esistenza».

«Le opere eseguite rivelano un significativo spaccato del mondo mozartiano – dichiara Antonio Valentino, direttore artistico dell’Unione Musicale –. La musica di Mozart impregnerà di affetti il testo recitato amplificando di significato le pagine tratte dai romanzi di Laura Mancinelli. I musicisti sono stati selezionati tra i migliori studenti ed ex studenti del Conservatorio della nostra Città, che è partner del progetto. L’eccellenza degli interpreti e la varietà del repertorio da eseguire hanno orientato le nostre scelte artistiche».

MOZART A TORINO
Musica e narrazione per celebrare il 250° anniversario

dal libro Il fantasma di Mozart e altri racconti di Laura Mancinelli (Giulio Einaudi editore, 1994)

adattamento e regia Olivia Manescalchi
musiche di Wolfgang Amadeus Mozart, Giovanni Paisiello

Olivia ManescalchiMarcello Spinetta attori

Alberto Pipitone Federico pianoforte
Pietro Beltramo pianoforte
Seohee Kang soprano / Francesca Loverso pianoforte
Letizia Gullino violino / Luca Troncarelli pianoforte
Beatrice Spina violino / Lisa Bulfon viola / Lorenzo Guida violoncello / Alberto Pipitone Federico pianoforte
Trio Quodlibet (Mariechristine Lopez violino / Virginia Luca viola / Fabio Fausone violoncello)
Alessandro Artico trascrizione (Ouverture di Paisiello)

regia, riprese, montaggio video Anna CordioliFrancesco Moroni Spidalieri
riprese audio a cura della Control Room del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino
Carlo Barbagallo responsabile tecnico
Carlo Barbagallo, Giovanni Corgiat tecnici del suono

Una produzione originale Unione Musicale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale,
Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino

online su www.unionemusicale.it/mozart-a-torino/
Amadé (prima puntata) da mercoledì 17 marzo 2021 – ore 21
L’ultimo postiglione (seconda puntata) da mercoledì 24 marzo 2021 – ore 21
Il fantasma di Mozart (terza puntata) da mercoledì 31 marzo 2021 – ore 21

Torino, 2 marzo 2021
STAMPA:
Unione Musicale
Ufficio Stampa: Laura Brucalassi e Gabriella Gallafrio
Piazza Castello 29 – Torino. Telefono + 39 011 566 98 11
E-mail: laura.brucalassi@unionemusicale.it – gabriella.gallafrio@unionemusicale.it
www.unionemusicale.it

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Area Stampa e Comunicazione: Carla Galliano (Responsabile), Simona Carrera
Via Rossini 12 – Torino (Italia). Telefono + 39 011 5169414 – 5169435
E-mail: galliano@teatrostabiletorino.it – carrera@teatrostabiletorino.it 
www.teatrostabiletorino.it

Born To Be Online, la virtual exhibition che riunisce il meglio della tech art

La Virtual Exhibition di Share Project riunisce le opere del gruppo di artisti tra i più importanti e significativi della tech art nata sul web per il web

Nasce da un’idea di Chiara Garibaldi, la Virtual Exhibition di Share Project che riunisce le opere del gruppo di artisti tra i più importanti e significativi della tech art nata sul web per il web, ospitati e messi in mostra da Share Festival, nei suoi sedici anni di vita.

Come scrive Bruce Sterling, il direttore artistico di Share Festival, questa Virtual Exhibition apre il dibattito su un tema più che mai contemporaneo e lo fa in maniera critica come solo dei veterani di queste pratiche, come siamo noi a Share Project, possono fare: “[…]è arte concettuale spesso critica, “disruptiva” e perfino maliziosa[…]”

Ognuna delle opere presentate compone un ensemble il cui leitmotiv è rendere la tecnologia al servizio della coscienza umana, del progresso armonioso, sconfiggere l’oscurità che rende il pensiero scientifico e le nuove tecnologie un luogo oscuro e fuori portata dall’essere comune, un gioco di credenze che genera complottismi, fazioni, oscura ignoranza e separa invece di unire.

Born To Be Online apre le vedute, dischiude nuove dimensioni, svela ed invita a riflettere, conforta chi è consapevole e sveglia chi non vuol vedere, invita a fare un salto in avanti a inquadrare il momento che stiamo vivendo da altri punti di vista: consapevoli, coscienti, attivi e costruttivi. Consegna le chiavi per un nuovo modo di usare ciò che è ormai parte integrante della nostra vita: le nuove tecnologie e le loro potenzialità.

A Share Project siamo già mutati, da tempo siamo pronti e desiderosi di condividere la nostra esperienza. Vogliamo ringraziare l’immensa generosità degli artisti che da anni collaborano con noi e che hanno risposto con entusiasmo alla nostra chiamata, partecipando a questo ulteriore progetto di condivisione con il pubblico e con il nostro territorio che speriamo vorrà accettare il nostro invito.

BORN TO BE ONLINE è tour virtuale per rileggere la dimensione circostanziale della fruizione dell’arte, dando vita a una raccolta di opere che si riproduce all’infinito. Il visitatore può rivivere l’esperienza del viaggio ogni volta che vuole scoprendo nuovi contenuti. Inoltre Born To Be Online, sarà presentata dal vivo durante Share Festival XVI con un simposio degli artisti, con testimonianze ed interviste esclusive, interventi dedicati alle opere.

Special Virtual Tour di Born To Be Online

“Parliamo di attivismo digitale, la ricerca punta ad evidenziare la fusione dei fatti e la narrativa. Catturando questo cambiamento invisibile Amazon Noir ci coinvolge in azioni ardite e coraggiose risvegliando nello spettatore uno spirito cavalleresco. Pronti per partire per le nostre arditezze cavalchiamo il nostro destriero monitorando lo spazio cittadino di Sensity che rivela il contesto, la città fatta di bit, di dati che cambiano, cattura il cambiamento invisibile per cercare di comprendere il tessuto sottostante dello spazio cittadino, e rivela, attraverso l’uso umano della tecnologia nell’ambiente, il trascendente, l’ineffabile. Si passa all’impermanenza delle immagini digitali di Proximity of Needs che attraverso un meccanismo giocoso ci spinge a riflettere sulla fugacità dei nostri desideri rispetto alle immagini che cerchiamo in rete e sulle motivazioni che ci immergono in questa ricerca, lo spettatore può interagire, creare la sua composizione che appena fatta svanisce, come non pensare al riflesso narcisistico di una felicità fugace contrapposta alla vera profonda felicità dell’imperituro?

E continuando in questa riflessione passiamo dall’intimità dei nostri desideri ad uno spazio partecipativo, collaborativo e basato sul web, Man With A Movie Camera adattamento del film del 1929 di Dziga Vertov basandosi sulla struttura del database, una piattaforma in cui gli utenti possono inviare le proprie interpretazioni visive di uno qualsiasi dei 1.276 scatti nel classico di Vertov, porta l’esperienza all’esterno e alla ricerca di un modo strutturato e sociale di trovare la felicità nello stare insieme attraverso lo specchio delle immagini in movimento e condivise sul web. E così ci ritroviamo nella piazza virtuale di Face to Facebook, il progetto che si è svolto in cinque giorni di entusiasmanti interazioni tra persone coinvolte attraverso un sito di appuntament, fittizio, che calcolava le affinità di persone reclutate con un’abile mossa di white hacking da un famoso social, ha scatenato un’ondata di reazioni mediatiche e legali, che sono diventate una performance globale dei mass media, quest’opera che nasce nel web e ne ribalta le regole dall’interno, ricorda il coraggio e la follia di Don Quijote che riesce a coinvolgere anche chi lo considera un pazzo nella sua finzione rivelatoria, il visitatore si trova in una serie di dimensioni e strutture ribaltate, all’interno delle quali è impossibile ignorare la necessaria ricerca della verità.

Persi in questo labirinto di strutture rovesciate tra verità false e menzogne vere Born To Be Online ci ripesca e ci indica la via con Social Turkers, l’esperimento dell’artista che si reca agli appuntamenti fissati sul web, filmando e mandandoli in tempo reale ad un sito chiamato Amazon Mechanical Turk, dove dei lavoratori in smart working la aiutano a controllare o migliorare le proprie interazioni con l’altro. Le domande che sorgono: E se potessimo ricevere feedback in tempo reale sulle nostre interazioni sociali? I monitor di terze parti sarebbero più adatti a interpretare e prendere decisioni per le parti coinvolte? Questo potrebbe renderci più consapevoli nelle nostre relazioni, spostarci fuori dagli schemi normali e aprirci a possibilità inaspettate? A questo punto del tour lo spettatore è totalmente destabilizzato e si chiede se noi esseri umani nella nostra incapacità di riflettere, attendere e controllare la nostra emotività nelle relazioni siamo automi e come la tecnologia riflette o libera dagli automatismi?

E di nuovo Born To Be Online ci prende per mano e ci risponde con Follower 2016 un’opera che riflette sul nostro desiderio di essere supportati, seguiti, “Il follower rimane fuori dalla vista, ma nella tua coscienza.” In un continuo gioco di specchi tra realtà e finzione, tra web e real life, come i nostri desideri si reificano e cosa desideriamo davvero una real life con la discrezione della vita on line? adesso che siamo abituati a pubblicare tutto quanto siamo spontanei o recitiamo pensando di essere sempre seguiti?In un dialogo continuo intercede per lo spettatore Social Netwalks: un processo che si sviluppa in modo sottile partendo dalla reale situazione filmata che si trasforma lentamente in una situazione surreale. Nel momento della decisione siamo desiderosi di essere supportati anche nelle nostre decisioni di stili di vita, uniformarsi o distinguersi? Chi decide nella società odierna in quale categoria posizionarsi? Scelte indviduali si riflettono, si uniformano e si scontrano, in un quadro più complesso, quello della collettività.

E allora siamo di nuovo catapultati nell’interiorità, nell’intimità di The Kiss, un contatto tra due corpi, un semplice gesto compiuto tra due amanti. Un intenso incontro di due corpi nello spazio digitale. Il lavoro è stato creato utilizzando motion capture, sistemi di particelle e tecniche di randomizzazione in tempo reale. Ma di nuovo Line ci obbliga a vedere le cose dall’alto a riflettere sull’universalità: una linea si articola e delimita lo spazio circostante alla ricerca di una strategia compositiva, costretta da un limite rappresentativo, intraprende un processo inverso. Il dado è tratto! Off Shell ricorda al visitatore la verità ultima quella che si comprende solo con il cuore e che la bellezza dell’arte esalta e sublima: corpi digitali danno vita a una danza macabra impermanente, sospesa nello spazio e nel tempo. Ed infine la meraviglia: VRFree pone la domanda fra il dentro ed il fuori, chi è libero, chi è ingabbiato?

La risposta forse nella voce del remix di Born to Be Alive Online, forse i nostri figli hanno già salvato il mondo ma noi a Share Project veterani esperti vogliamo porgerti la mano ed invitarti a seguire il sentiero di pietroline, per non perdersi, per non finire nella bocca dell’Orco,ti aspettiamo BORN TO BE ONLINE

 

Credits:
Director: Chiara Garibaldi
Curator: Bruce Sterling
Art Director and Designer: Andrea Taddei
Project Manager: Francesca Ventura
Communications: Erika Bertolino, Stefania Ventura
Concept and Production: The Sharing

Annunciate le foto finaliste di World Press Photo

La mostra tornerà a fine aprile a Palazzo Madama per l’edizione numero 65

World Press Photo presenta le foto finaliste della 65ª edizione del concorso e dà appuntamento a fine aprile a Torino quando la mostra, per l’edizione 2021, tornerà a Palazzo Madama. Sono state annunciate poco fa le potenziali vincitrici del World Press Photo 2021 (www.worldpressphoto.org/collection/photocontest/2021), divise nelle otto sezioni: Contemporary Issues, Environment, General News, Long-TermProjects, Nature, Portraits, Sports, Spot News.

Come ogni anno, tra le foto selezionate, sarà premiata anche la World Press Photo of the Year 2021 e la World Press Photo Story of the Year 2021. Queste, insieme alle prime tre classificate per categoria, andranno poi a comporre la mostra World Press Photo Exhibition 2021 che sarà ospitata, per il secondo anno consecutivo, a Palazzo Madama e in altre cento città, in 45 paesi del mondo.

La mostra approderà a Torino a fine aprile, situazione pandemica permettendo, per il quinto anno consecutivo, grazie all’impegno di Cime, partner della World Press Photo Foundation di Amsterdam,  e della Fondazione Torino Musei.

Ogni anno migliaia di fotoreporter delle maggiori testate editoriali internazionali, come National Geographic, BBC, CNN, Le Monde, ElPais, si contendono il titolo nelle  diverse categorie del concorso di fotogiornalismo. Nel gennaio 2021, la valutazione del concorso World Press Photo 2021 è avvenuta, per la prima volta nella sua storia, online, con sette giurie specializzate presiedute da NayanTara Gurung Kakshapati e Muyi Xiao che hanno selezionato le migliori immagini e storie in ciascuna delle otto categorie del concorso.

Quest’anno, 4.315 fotografi da 130 paesi hanno presentato 74.470 immagini.

Tra i finalisti di quest’anno ci sono ben tre italiani: Lorenzo Tugnoli (categoria: World Press Photo of the year – Spot news stories), Antonio Faccilongo (Story of the year – Long term project) e Gabriele Galimberti (Portraits stories).

Il nome dei vincitori saranno annunciati il prossimo 15 aprile. Da oggi all’inaugurazione della mostra, verranno presentate le foto finaliste sulla pagina Facebook e sul profilo Instagram di World Press Photo Torino.

Al via il 20° Glocal Film Festival

Giovedì 11 marzo inizia il 20° GLOCAL FILM FESTIVAL che si terrà fino a lunedì 15 marzo online sulla piattaforma streeen.org. 

L’apertura è affidata all’anteprima assoluta di Manuale di storie dei cinema, inno all’importanza della sala cinematografica, e si chiude con l’assegnazione del PREMIO RISERVA CARLO ALBERTO alla scenografa Paola Bizzarri (Nastro d’argento e David di Donatello per Habemus Papam). Cuore del Glocal, i concorsi per documentari e cortometraggi, Panoramica Doc Spazio Piemonte, e da quest’anno in programma anche un focus con una ‘Regione Ospite’ (per questa edizione, i Paesi Baschi) per scoprire le produzioni cinematografiche locali di altri territori.

Il 20° Glocal Film Festival è organizzato da Associazione Piemonte Movie, realizzato con il contributo di Regione Piemonte, il patrocinio di Città di Torino e Città Metropolitana di Torino, e il supporto di Film Commission Torino Piemonte e di Museo Nazionale del Cinema – Torino Film Festival. Main Partner O.D.S. Operatori Doppiaggio e Spettacolo. Main Sponsor Carlo Alberto.

20° GLOCAL FILM FESTIVAL 11 – 15 MARZO 2021  online su streeen.org

Torna dall’11 al 15 marzo 2021 il Glocal Film Festival di Torino che da 20 anni seleziona il meglio della produzione cinematografica legata alla vivace industria filmica regionale.

I titoli della 20ª edizione saranno disponibili in streaming su streeen.org e ognuno sarà accompagnato da presentazioni sui social con registi, interpreti e produttori, aprendosi a una platea diffusa su tutto il territorio italiano che il festival vuole conquistare grazie alle proposte dei film che compongono un programma più che mai glocal.

Il contesto attuale chiede al Glocal di mettersi nuovamente in gioco e se l’essere offline oppure online è dettato dalla situazione, l’obiettivo è quello di essere in ogni modo un festival LIVE! “Viene naturale chiedersi se un festival di cinema che non va nelle sale e le riempie dell’entusiasmo del pubblico, può comunque essere definito tale. – Commenta Gabriele Diverio, direttore del Glocal Film Festival – Eppure i festival, anche quelli virtuali, continuano a essere preziosi. Un festival di cinema è come quell’amico di cui ti fidi e a cui chiedi consigli su che quali film vedere. Se vi fiderete delle nostre scelte, siamo sicuri che amerete il 20° Glocal Film Festival.

Il 20° Glocal Film Festival, diretto da Gabriele Diverio, parte giovedì 11 con l’excursus dello storico rapporto tra Torino e le sue sale cinematografiche culminante con la situazione attuale raccontato ne Manuale di storie dei cinema di Stefano D’Antuono e Bruno Ugioli. Prodotto dalla Rossofuoco di Davide Ferrario, il lavoro riflette sull’identità e sul valore della sala cinematografica e della visione in sala, oggi messe a rischio a causa della pandemia – e sarà presentato in ANTEPRIMA ASSOLUTA direttamente dalle sale del Cinema Massimo di Torino.

I 33 titoli del festival 2021 incarnano appieno la volontà di uscire dai confini regionali, aprendosi nella narrazione e nella realizzazione a contaminazioni e coproduzioni, il tutto anche grazie a un comparto cinematografico regionale qualificato e dinamico, rafforzato dal lavoro di enti come il Museo Nazionale del Cinema e la Film Commission Torino Piemonte.

I 6 titoli di cinema del reale protagonisti del concorso PANORAMICA DOC – saranno valutati dalla giuria composta da Sarah Bellinazzi (Creative Europe Italia), Carlo Cresto-Dina (Produttore – Tempesta Film) e Matteo Marelli (Critico e giornalista) per ambire al Premio Torèt Alberto Signetto (2.500 €), dopo essere stati presentati a festival come la Festa del cinema di Roma, il Festival dei Popoli, il Thessaloniki Documentary Festival e La Havana International Film Festival.

Il doc prodotto dalla torinese Indyca CUBAN DANCER (domenica 14, ore 21) di Roberto Salinas segue tra L’Avana e Miami il giovane ballerino Alexis inseguire il suo sogno; DISCO RUIN (sabato 13, ore 21) di Lisa Bosi e Francesca Zerbetto è un visionario viaggio nell’Italia del clubbing; SLOW NEWS (domenica 14, ore 19) di Alberto Puliafito, indaga il lavoro di alcune redazioni in Italia e all’estero che lavorano per far tornare al centro il ruolo sociale del giornalismo; UMBERTO B. (sabato 13, ore 19), ultimo lavoro del torinese Francesco Amato traccia la biografia di una delle figure più indecifrabili della storia italiana politica e sociale: Umberto Bossi. LIBRO DI GIONA (venerdì 12, ore 20) di Zlatolin Donchev, prodotto dai fratelli De Serio, mostra la quotidianità di un senzatetto e l’inattesa eredità che gli permetterà di voltare pagina; ne LA MIA STORIA SI PERDE E SI CONFONDE (venerdì 12, ore 22) i registi Daniele Gaglianone e Imogen Kusch, conducono gli allievi e le allieve della Scuola Volonté di Roma a esplorare il confine tra finzione e verità.

Il contest SPAZIO PIEMONTE presenta 16 cortometraggi in quattro appuntamenti e la giuria formata da Davide Catalano (Corti in Cortile), Joana Fresu de Azevedo (Sedicicorto) e Roberto Gagnor (sceneggiatore), assegnerà il Premio Torèt Miglior Cortometraggio (1.500 €) oltre al Premio O.D.S. – Miglior Attore, Premio O.D.S. – Miglior Attrice e Premio Miglior Animazione. Le giurie partner proclameranno i vincitori dei premi Cinemaitaliano.info – Miglior Corto Documentario, Machiavelli Music – Miglior Colonna Sonora e Scuola Holden – Miglior Sceneggiatura.

L’attenzione che il Glocal riserva alla produzione locale si traduce anche in collaborazioni con realtà che similmente puntano i riflettori sulle specificità cinematografiche di altri territori: il focus FROM LOCAL TO GLOBAL: LET’S ACT ‘GLOCAL’ TOGETHER! propone 4 cortometraggi provenienti da altrettanti festival italiani con cui il Glocal è gemellato – Corti in Cortile, Lago Film Fest, Sedicicorto Forlì International Film Festival e Skepto International Film Festival – per mostrare la varietà e la qualità della produzione di film brevi nelle diverse regioni e a questi si aggiunge 1 film breve internazionale con una ‘REGIONE OSPITE’ che per questo 2021 saranno i Paesi Baschi (Spagna), grazie a Kimuak, ente che si occupa di promuovere il cinema dei Paesi Baschi nel mondo. Il tema della produzione regionale convergerà nel panel ORIZZONTE CORTI: UNO SGUARDO REGIONALE.

Oltre ai premi delle sezioni competitive, il Glocal Film Festival riserva a personaggi e professionisti di spicco legati alla regione il PREMIO RISERVA CARLO ALBERTO che quest’anno verrà assegnato alla scenografa PAOLA BIZZARRI, nata a Roma ma torinese d’adozione. Paola Bizzarri sarà ospite del festival lunedì 15 marzo alle 19 insieme a SILVIO SOLDINI, per un incontro trasmesso online sulla pagina FB del festival che ripercorrerà la sua carriera con momenti e aneddoti del sodalizio col regista, per il quale ha reinventato le strade di Torino nel Il comandante e la cicogna oltre ad aver collaborato ad altri suoi celebri film come Pane e Tulipani e Agata e la tempesta. Scenografa dalla carriera decennale, è vincitrice del Nastro d’argento alla migliore scenografia e del David di Donatello per il Miglior Scenografo per Habemus Papam di Nanni Moretti ed ha firmato le scenografie della fortunata serie tv Braccialetti Rossi.

I 5 giorni di festival propongono anche la speciale sezione fuori concorso dall’evocativo nome Lock & Short dedicata ai corti che restituiscono in immagini l’emergenza pandemica e il confinamento tra le mura di casa. Il Glocal non rinuncia alle occasioni formative e per la settima edizione del Premio Professione Documentario (500€) è stato scelto il documentario We Are The Thousand di Anita Rivaroli che verrà proposto agli studenti dei 10 istituti scolastici del Piemonte che hanno aderito al progetto. Inoltre, tra i cortometraggi iscritti a Spazio Piemonte sono stati 25 quelli realizzati all’interno delle scuole e tra questi è stato selezionato il vincitore del Premio Comix.

Lo staff del festival introdurrà gli appuntamenti con le dirette sulla pagina FB @PiemonteMovieGlocalNetwork con gli autori dei film in programma. 

I film del 20° Glocal Film Festival sono disponibili dalla messa online e per le 48 ore successive (biglietto 3,50 €, abbonamento festival 12 €) sulla piattaforma streeen.org.

Info info@piemontemovie.com / 328.8458281 / www.piemontemovie.com / www.facebook.com/PiemonteMovieGlocalNetwork / www.instagram.com/piemontemovie

20° Glocal Film Festival è organizzato da Associazione Piemonte Movie, realizzato con il contributo di Regione Piemonte, il patrocinio di Città di Torino e Città Metropolitana di Torino, e il supporto di Film Commission Torino Piemonte e di Museo Nazionale del Cinema – Torino Film Festival. Main Partner O.D.S. Operatori Doppiaggio e Spettacolo. Main Sponsor Carlo Alberto.

“Il piacere dell’onestà” per mantenere vivo il rapporto tra spettatore e palcoscenico

Che cosa sta succedendo al di là delle porte sbarrate dei teatri, in questa annata di pandemia che sta sgretolando cartelloni e iniziative, che prende a calci la Cultura (ma la colpa non sta soltanto tutta lì, a Roma si decidono – si sono da tempo decisi – decreti che pensano poco e male alla nostra pancia e nulla ai nostri sentimenti teatrali), che cancella un’intera attività, che soffoca i pensieri e l’aggregazione?

 

Che cosa si fa per tener debolmente viva la candela che forse è ancora in grado di non spegnersi del tutto (aspettiamo questo benedetto 27 marzo e poi vedremo se allontanarci per sempre dal capezzale o tornare timidamente, con ogni accorgimento mai pensato, a occupare un teatro, o una sala cinematografica), grazie ad un occhio privato e vittima della solitudine, non mescolato al rosso delle poltrone e dei sipari, che ci porta nelle case, ancora una volta, almeno le voci e le battute, i corpi che si muovono, gli attori che esprimono sentimenti, un regista che guida ogni cosa attraverso le pagine di un copione?

Il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale ha realizzato Camere nascoste. Svelare il teatro a porte chiuse, curato dal regista e videomaker Lucio Fiorentino attraverso una serie di docufilm. Grazie al link www.teatrostabiletorino.it/camerenascoste è possibile riappropriarci con uno sguardo della scena, dopo il Garcìa Lorca della Casa di Bernarda Alba (che aveva avuto brevissima vita sul palcoscenico nei mesi scorsi), con il titolo “Dov’è finita la normalità?” si hanno le prime immagini di The Spank di Hanif Kureishi, che avrebbe dovuto avere il proprio debutto nel dicembre scorso e che verrà riproggrammato nel corso di quest’anno: due attori, Valerio Binasco e Filippo Dini, quest’ultimo a curare anche la regia del testo nella nostra città in prima mondiale, per due amici da sempre legati da un rapporto di solidi affetti e complicità che all’improvviso si incrina mettendo allo scoperto una rete di contraddizioni e divergenze finora mai immaginata. Con “Il fantasma della verità” (titolo spudoratamente bunueliano) ci viene restituito per immagini quel Così è (se vi pare) che con la regia a tratti sconcertante ma solidissima di Dini avevamo visto al Carignano: non soltanto immagini, ma altresì interviste e approfondimenti e sviluppi che ancor più e più chiaramente ci avvicinano al testo pirandelliano.

Da pochi giorni è ultimo arrivato “Le bestie” a mostrarci le riprese delle prove (anche questo spettacolo verrà programmato nel corso di quest’anno), approfondite in ogni loro sguardo d’analisi, ancora di un testo di Pirandello, quel Piacere dell’onestà che proprio a Torino ebbe il suo battesimo 104 anni fa, nel novembre del ’17, con la compagnia di Ruggeri. Anche per questo riavvicinamento tra spettatore e palcoscenico, il link ci offre immagini, stralci di dialogo a spingerci verso la curiosità, sentimenti, percorsi a viva voce attraverso i personaggi della commedia, in primo luogo il Baldovino di Valerio Binasco (sua anche la regia, affrontata quasi di sghembo, immergendosi nella “profonda sgradevolezza” del protagonista con un “forte disagio”, con una costante amarezza, scena dopo scena, arrivando ad uno sfacciato “odio questo spettacolo”). Trasportando l’azione agli anni Cinquanta del ‘900, in un ambiente freddo e spoglio inventato da Nicolas Bovey, Angelo Baldovino piomba nelle regole borghesi di un ferreo nucleo familiare e le contorce, ne mina le ipocrisie, egli solitario perdente, appartato da tutti e da tutto, ma allo stesso tempo sottile raisonneur, lucido esempio del panorama pirandelliano, capace di dare comodamente la mano a Leone Gala o ad un Ciampa, che all’ombra di quei ragionamenti indossa la maschera di padre e di marito, restituendo con il matrimonio una veste d’onestà a una ragazza che è stata resa madre da un uomo sposato: ma con quei ragionamenti l’uomo costruisce e incappa in quel ruolo di facciata che subito odia e allontana, convinto com’è che a quel finto concetto debba subentrare la verità più assoluta, la ragione e l’intelligenza in grado di ristabilire l’ordine. A quel che per ora intravediamo sulla scena, Binasco conduce con un sottile percorso di sguardi e di sentimenti, di dialettica e di inaspettata disperazione il proprio personaggio, di esatta ribellione; Orietta Notari è una grintosa suocera che vorrebbe dettare e mantenere ben saldo quel personale gioco delle parti ma che è costretta a soccombere; Giordana Faggiano e gli altri attori si muovono attraverso la partitura che Binasco ha impostato. Li attendiamo al debutto, sulle vere tavole del palcoscenico.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini sono di Luigi De Palma

Nel libro di Stancati il racconto degli anni “ribelli”

“1964…Dialoghi prima delle barricate”. Le  contestazioni che portarono al ‘68

Data simbolo. Un anno diventato storia. Del ’68 – l’anno della contestazione studentesca, dell’occupazione delle scuole e degli Atenei, del movimento operaio, delle barricate, dei cortei, dei lacrimogeni e delle cariche di polizia – s’è detto e si continua a dire ancor oggi di tutto e di più.

 

Senza mai toccare “verità” lapidarie e una volta per tutte definitive: “ straordinario momento di crescita civile” per molti, “fenomeno di conformismo di massa, ondata eversiva che ha messo in pericolo la stabilità della società liberaldemocratica” per altri. Certo è che il ’68 non è di sicuro nato dal nulla. Non è stato fulmine a ciel sereno. E proprio per questo studiare più a fondo gli eventi che, a livello internazionale, ne prepararono l’avvento servirebbe, forse di più, a meglio identificarlo e a comprenderne cause e conseguenze. E’ quanto intende fare, con buoni e stimolanti risultati, nel suo secondo libro Luigi Stancati (per tutti Gigi), nato a Caluso nel ‘45 ma da sempre residente a Torino, cardiologo di mestiere e scrittore per talento e passione, già autore nel 2019 de “Il secolo breve di Abramo” (Neos edizioni), la storia della sua famiglia fra gli anni Venti ed il secondo dopoguerra. Ora Gigi Stancati si presenta con le 208 pagine di “1964…Dialoghi prima delle barricate”, sempre per Neos edizioni e un’ importante prefazione dello storico Giovanni De Luna. Il libro è un nuovo capitolo della sua autobiografia in cui si richiamano alla memoria gli anni del passaggio dal liceo (prima al D’Azeglio, poi al Gioberti di Torino) all’Università: dal 1964 al 1967, ovvero quelli subito prima delle barricate. “Gigi Stancati – scrive De Luna – è una guida eccellente per destreggiarsi in quel ‘prima del ‘68’ e ci aiuta a decifrare il senso convulso e incalzante degli eventi che affollarono quella fase storica”. Se il ’68, infatti, ha ingoiato tutto quello che c’era prima ed è venuto a marcare in modo indelebile tutto quello che è venuto dopo, travolgendo società e costumi, non per questo deve farci dimenticare, proprio per meglio comprenderlo, quella lunga serie di fatti che nel mondo e nel nostro Paese l’hanno preceduto e preparato: dalle rivolte studentesche a Berkeley, alle manifestazioni contro la guerra del Vietnam, fino alla rivoluzione culturale in Cina e nel gennaio del ’66, in Italia, all’occupazione della Facoltà di Sociologia a Trento, seguita nel febbraio dello stesso anno dalle inchieste pubblicate da “La Zanzara” del liceo “Parini” di Milano. Tappe importanti di un lungo iter che porterà, il 27 novembre del ’67 all’occupazione a Torino di Palazzo Campana, per arrivare al ’68 e, prima ancora del Maggio francese, alla data fatidica (fra gli eventi clou del movimento sessantottino) di quel primo marzo che vide gli scontri – per la rioccupazione della Facoltà di Architettura a Roma – fra studenti e polizia a Valle Giulia, terminati con il pesante bilancio di centinaia di feriti, di ben duecento fermi e dieci arresti. Seconda puntata della sua saga autobiografica, in questo “romanzo di formazione” (in cui non manca l’appassionata testimonianza di un’epoca) Gigi Stancati narra con allegria ed emozionante intensità le avventure e disavventure di un gruppo di giovani amici torinesi, raccontati tra incontri al bar, vacanze estive a Noli o ad Alassio ed invernali a Sauze d’Oulx, ma anche protagonisti di più importanti riunioni politiche alla sede del PSIUP così come di lezioni e proteste a Palazzo Campana. Il tutto in una colorata scenografia fatta di capelli lunghi e gonne corte, jukebox e cortei, canzoni che anticipavano i cambiamenti e segnavano profonde incomprensioni generazionali. “In tutti – scrive Stancati – c’era la volontà di esserci, di testimoniare e partecipare a eventi che intuivamo essere importanti”. E accanto alla spensieratezza di quegli “Happy Days”, il filo della memoria non manca di lasciare spazio anche al “ricordo triste di chi si è perso per strada”.

g. m.