Music Tales, la rubrica musicale
“E così questo è il Natale (la guerra è finita)
per i deboli e per i forti (se lo vuoi)
per i ricchi e per i poveri (la guerra è finita)
il mondo è così sbagliato (se lo vuoi)
e così buon Natale (la guerra è finita)
per i neri e per i bianchi (se lo vuoi)
per i gialli e per i neri (la guerra è finita)
fermiamo tutte le guerre (adesso)”
Oggi, ad un passo dal Natale, vorrei parlarvi di qualche curiosità sulla festa!
Perché Babbo Natale è vestito di rosso?
Originariamente il suo abito era verde, poi la Coca Cola l’ha colorato con il suo colore-manifesto per una pubblicità natalizia et volià: Babbo Natale da allora ha un guardaroba total red.
Perché ci si bacia sotto il vischio?
Nella mitologia nordica, il vischio è la pianta sacra di Frigg (o Freya), la dea dell’amore.
Questa dea aveva due figli: Balder, buono e generoso, e Loki, cattivo e invidioso, così gramo da volere uccidere il fratello. Quando la madre scoprì il terribile piano di Loki, chiese a tutte le creature animali e vegetali di proteggere Balder. Ma si dimenticò di una sola specie: il vischio.
E Loki usò proprio questa pianta per fabbricare una freccia letale per Balder.
La dea Frigg trovò il cadavere del figlio e scoppiò a piangere. Le sua lacrime si trasformarono magicamente in bacche bianche e quando toccarono il corpo di Balder lo riportarono in vita.
Impazzita dalla gioia, la dea Frigg cominciò a baciare chiunque passasse sotto l’albero sul quale cresce il vischio (di solito si tratta di pioppi, olmi e tigli).
Il suo bacio divenne un portafortuna e una protezione contro il male, motivo per cui oggi si usa scambiarsi baci sotto il vischio.
Qual è il primato di Jingle Bells?
Jingle Bells ha come primato non solo quello di essere la melodia più martellante di fine novembre-inizio gennaio ma anche quello di essere stata la prima canzone cantata nello spazio.
Il 16 dicembre del 1965 due astronauti statunitensi di nome Schirra Jr. e Thomas P. Stafford, a bordo della navicella Gemini 6, si attraccarono per la prima volta nella storia a un’altra navicella, la Gemini 7.
In quell’occasione intonarono proprio Jingle Bells.
Da dove nasce il bastoncino di zucchero?
La leggenda del candy cane, il bastoncino di zucchero a strisce rosse e bianche, racconta che questo dolciume tipicamente natalizio è stato inventato a inizio Novecento da un pasticciere molto religioso.
Il bastoncino vorrebbe omaggiare Gesù, di cui richiamerebbe l’iniziale
(la J di Jesus) se si capovolge il bastone.
Ma io, se penso al Natale, penso a questo brano sempre solo ad un brano e ve lo voglio proporre dalla voce incantevole di Kaylee Bergin. Una versione che mi fa tremare ogni volta.
“Non c’è nulla di più triste a questo mondo, che svegliarsi la mattina di Natale e non essere un bambino.”
https://www.youtube.com/watch?v=t-wdei96z40&ab_channel=KayleeBergin
CHIARA DE CARLO
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I singolari portabottiglie, creati dalle loro stesse mani, niente hanno a che vedere, seppur ci sia una certa assonanza verbale, con lo scolabottiglie di Duchamp che ha dato l’avvio al Ready-made e al Dadaismo limitandosi a scegliere e collocare un oggetto preesistente dandogli dignità artistica.
Ogni artista ha esposto piccole belle sculture che, nonostante la semplificazione di loro opere più complesse, riescono a contraddistinguere gli stili personali immediatamente riconoscibili.
Cinque eleganti sezioni, “Nascita di una collezione”, “Nuove sensibilità e ricerche”, “La pittura di paesaggio al Museo Civico”, “Dalla Scapigliatura al Divisionismo” e “Ricerche simboliste tra pittura e scultura”, accompagnate da tre focus su Andrea Gastaldi, Antonio Fontanesi e Giacomo Grosso. Un valido quanto suggestivo percorso che Passoni ama definire altresì una “ricognizione del nostro patrimonio storico”, dove trovano posto anche opere mai esposte, restaurate grazie al contributo degli Amici della Fondazione Torino Musei, quali “Ecco Gerusalemme” di Enrico Gamba, acquistato nell’anno della sua esecuzione per il Museo nel 1862 dalla Società Promotrice delle Belle Arti, e “Nobili in viaggio” (ma ritrovandone il titolo originale con cui fu esposto nel 1867, “La Guida. Studio di castagni dal vero”) di Francesco Gonin, sempre presso la Società Promotrice torinese.


RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA
Nelle sale della mostra che ospita temporaneamente i ritratti di vari maharaja (scattati dal fotografo irlandese Lafayette e provenienti dal Victoria & Albert Museum) la giornalista viene letteralmente ammaliata dagli occhi scuri di Amrit Kaur. Principessa indiana, unica figlia femmina del maharaja di Kapurthala, ritratta 20enne nel 1924 quando fu presentata a Buckingham Palace a re Giorgio e alla regina Mary. Era stata educata in Inghilterra e in Francia, aveva vissuto negli anni 30 a Parigi e la sua famiglia possedeva una collezione di gioielli particolarmente importanti.
Come negli altri suoi libri, lo storico e scrittore inglese, ha scritto “Anarchia” basandosi sull’assoluto rigore della ricerca storica ammantandola poi di scorrevolezza narrativa. Ha ricostruito la monumentale e corposa storia della Compagnia delle Indie, fin dalla sua nascita e lungo la sua inarrestabile ascesa, in quasi 500 pagine corredate da immagini dell’epoca.
Maud Ventura ha 29 anni, è parigina con lontane origini italiane, ha un podcast molto seguito, “Lalala”, con questo romanzo di esordio ha vinto il “Prix Du Premier Roman” e innescato un vero e proprio caso letterario. Il racconto si basa in parte sulla sua esperienza personale, ma ha chiarito che la protagonista è molto diversa da lei, anche se la storia nasce comunque nelle paure e nelle ansie dell’autrice.Il tema è fondamentalmente: è possibile amare troppo e vivere nel terrore di non essere amate come si vorrebbe? E’ vero amore? Oppure un desiderio incolmabile di essere viste, considerate, amate?
Questo racconto dell’India coloniale è un testo inedito della scrittrice americana (nata nel 1832 e morta nel 1888) la cui fama è legata soprattutto alla tetralogia di “Piccole donne”, ma che spaziò anche nel thriller e nel gotico in scritti meno conosciuti.
E’ una storia di ossessione, dolore e scoperta della propria natura più profonda, quella che si sviluppa in questo romanzo dello scrittore americano nato nel 1945 a Washington, autore di 11 romanzi e docente di scrittura alla Columbia University.
Un best seller fin dalla sua prima pubblicazione. E poi, in ogni tempo, un mondiale long seller. Inizialmente pubblicato a puntate (1881, le prime otto) sul “Giornale per i bambini” (diretto da Ferdinando Martini) senza troppa convinzione da parte di Carlo Collodi – che lo definiva “una bambinata” e probabilmente (si racconta) solo per pagarsi i debiti di gioco, “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”, diventò il libro che tutti, di generazione in generazione, abbiamo imparato a conoscere e ad amare nel 1883 a Firenze, attraverso la sua pubblicazione da parte della “Libreria Editrice Felice Paggi” con illustrazioni di Enrico Mazzanti. Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista e scrittore fiorentino Carlo Lorenzini, aveva allora 57 anni e molto probabilmente neanche lui immaginava l’enorme successo di cui il suo “Pinocchio”, icona universale (metafora della condizione umana: “il legno, in cui è tagliato Pinocchio – scriveva Benedetto Croce – è l’umanità”) avrebbe goduto negli anni avvenire, attraverso un secolo abbondante e superando molti, fra i più vari, confini geografici. A darne concreta ed interessante dimostrazione è la mostra “Pinocchio around the world”, che andrà ad inaugurarsi lunedì 19 dicembre per protrarsi fino a mercoledì 8 marzo 2023, a “Palazzo Giusiana” (fino al 2010 sede del Tribunale eporediese), in via dei Patrioti 20, ad Ivrea. La rassegna nasce su proposta della “Commissione Europea – Antenna della direzione generale Traduzione”, in collaborazione con la “Fondazione Collodi di Pistoia”, che ha offerto a Ivrea, “Capitale italiana del libro 2022”, ben 40 edizioni di “Pinocchio” apparse in tutto il mondo negli ultimi vent’anni. Il classico di Collodi (con centinaia di edizioni e traduzioni in almeno 260 lingue) continua infatti ad avere un incredibile seguito, nonostante i 140 anni dalla prima pubblicazione, ai più di 80 dalla versione in cartoni animati ideata da Walt Disney e ai 50 dalla sua fortunata versione televisiva firmata da Luigi Comencini: a testimonianza di come questo “racconto morale” non smetta di essere fonte di ispirazione non solo per i lettori più piccoli. Pinocchio è un mito intramontabile, tanto che il 2022 vede ancora due novità cinematografiche a lui dedicate dirette da due premi Oscar del calibro di Robert Zemeckis, realizzata per “Disney”, e Guillermo del Toro per “Netflix”. Un successo planetario, ben evidente scorrendo le copertine dei libri in mostra: il suo nome, “Pinocchio”, rimane pressoché immutato in qualsiasi lingua, nelle edizioni lette ai quattro angoli del pianeta. Così, per sottolineare la sua importanza lunedì 19 dicembre (ore 10), è in programma una breve lettura ad alta voce di alcuni brani del libro, nell’ambito della giornata conclusiva di “Lettura Day”, l’iniziativa promossa da “ADEI – Associazione degli Editori Indipendenti” per stimolare la lettura ad alta voce come occasione di condivisione e partecipazione. Ad ascoltare la lettura saranno quaranta studenti della scuola primaria “Massimo D’Azeglio” in visita alla mostra. Nello stesso giorno il coordinatore di “Ivrea Capitale italiana del libro 2022”, Paolo Verri sarà ospite della diretta finale della rassegna (sulla pagina Facebook di “Lettura Day”) per raccontare le prossime iniziative di Ivrea. La mostra, infine, sarà anche una buona occasione per ricordare la “Giornata europea delle lingue” che si svolge ogni anno il 26 settembre, giorno in cui è stato inaugurato il tour delle edizioni internazionali di “Pinocchio”, ora fermo a Ivrea.
E mentre si visita la mostra dedicata a uno dei più celebri romanzi fantasy per ragazzi che mai sia stato scritto al mondo, sempre a “Palazzo Giusiana” si possono anche ammirare altre due rassegne, una pittorica e una fotografica, che davvero sarebbe un gran peccato non omaggiare di una visita.