TORINO TRA LE RIGHE

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Dal 3 maggio all’8 giugno Domodossola ospita la quinta edizione
Torna la quinta edizione del Festival dell’illustrazione Di-Se a Domodossola, in provincia di Verbania, in programma da sabato 3 maggio a domenica 8 giugno. Un appuntamento che, anno dopo anno, sta diventando tra i più originali e vivaci all’interno del panorama nazionale. Un festival giovane che continua a sorprendere e a costruire una frizzante rete di artisti e creativi intorno al tema del disegno e dell’illustrazione, potenti strumenti per riflettere e raccontare il mondo che ci circonda. L’edizione 2025 fa parte del grande Inter Italia Svizzera “Sensibilizz-arte’, dove l’arte è vista come uno strumento di sensibilizzazione, che fa parte di un progetto transfrontaliero triennale che vuole unire arte, cultura, tradizioni, natura per promuovere un turismo sostenibile e consapevole.
Tra laboratori d’arte, workshop, incontri dal vivo,e talk, il progetto e il festival intendono portare nel nord del Piemonte alcuni dei protagonisti più interessanti della scena culturale internazionale. Questo primo appuntamento segna l’inizio di un ricchissimo programma e percorso culturale sempre a ingresso libero pensato per un pubblico di tutte le età e che si protrarrà oltre l’estate. Cuore della manifestazione come sempre le sontuose sale del collegio Mellerio di Domodossola dei padri Rosminiani, che quest’anno si arricchiscono di una novità. Per la prima volta saranno visitabili anche le ex cucine.
Sabato 3 maggio inaugurazione delle quattro mostre principali di questa edizione alle 18.30 e inaugurazione alle ore 10 della grande mostra mercato Plein Air, che ritorna ad animare il centro di Domodossola fino alle 18 come negli anni precedenti.
Nel refettorio e nella sala Liberty si terrà la mostra Continente di carte di Manuele Fior, a cura di Gianluca Folí, capace di unire la precisione architettonica al lirismo oggettivo, creando racconti visivi pregni di complessità e di bellezza.
Al museo di Scienze Naturali la “Montagna in mano” di Andrea Guerzoni, un’esplorazione profonda tra organismi viventi, elementi naturali e cambiamenti climatici. In biblioteca “Suonala ancora bombe. Anatomia di un libro illustrato” di Marta Nijhuis. Nelle ex cucine una foresta di carta bianca, che accoglie il visitatore in un silenzio rarefatto e surreale, un’installazione immersiva che diventa al tempo stesso ambiente e performance, un viaggio attraverso una giungla artificiale fatta di fogli sovrapposti di carta intagliata a mano e veli traslucidi di carta velina. Questa la creazione “Fragilis natura silentium”, installazione site specific di Matteo Capobianco Ufo 5.
L’offerta artistica non si arresta qui ma prosegue nel circuito Off in spazi più intimi nella città di Domodossola.
La nuova edizione del Festival si apre con la grande mostra mercato Plein Air. Dopo il successo dello scorso anno il centro storico di Domodossola, tra la via Motta e le piazze Chiossi e Fontana, si trasforma in una piccola Montmartre con trenta artisti del progetto DiSe che si riuniscono per presentare insieme i loro lavori.
Si tratta di un’occasione imperdibile per poter conoscere dal vivo le tecniche e i lavori degli artisti, sia nel caso dell’illustrazione, sia del disegno contemporaneo. Per il ricco programma di workshop, conferenze, laboratori per bambini e ragazzi, presentazioni, escursioni, si può far riferimento a IG Associazione Musei d’Ossola e FB Associazione Musei d’Ossola Di SE
Il festival è a cura di Paolo Lampugnani.
Quinta edizione Di SE presso Collegio Mellerio Rosmini, via Rosmini 24 Domodossola.
Inaugurazione sabato 3 maggio ore 18.30
Mara Martellotta
Alla Torinese “Domus Lascaris”, il “Gruppo Building” presenta sei visionari, ipnotici dipinti di Daniela Balbiano
Fino al 20 maggio
Titolo, “Oltre le Gabbie: Libertà immaginata”. Spezzoni di umane esistenze che si muovono fra architetture soffocanti, geometrie di nitida ma ingabbiante trappola quotidiana, oltre le quali figure scomposte, silhouttes dalle vivide trame cromatiche, marciano serrate, alzando occhi e mani al cielo per guadagnare spazi, all’apparenza impossibili, di nuove agognate libertà. E il luogo è sicuramente il meno adatto per vincere l’improba impresa. Siamo infatti nel pieno centro storico di Torino, dove gira che ti rigiri, guarda a terra o all’insù, vie di fuga dall’oppressione della più moderna o architettonicamente e perfettamente inserita e miscelata in “plastici” di antica storicità, non ti lascia vie di fuga da “gabbie” urbane che ti assediano, quasi ti tengono prigioniero in spazi, pur di magnifica concezione narrativa, ma privi di salvifiche vie di uscita verso voli di libera poetica immaginata “libertà”. Di pensiero. Di movimento. Di nuovi approcci all’umana convivenza. Ecco allora il perché del titolo, “Oltre le Gabbie: Libertà immaginata”, dato alla rassegna espositiva che negli spazi di “Domus Lascaris”, il “Gruppo Building” dedica, fino a martedì 20 maggio, all’artista pavese, natali a Voghera, Daniela Balbiano. Mostra, per così dire, en plein air. Sei dipinti a tecnica mista, “ciascuno – è scritto in presentazione – testimone di quel delicato equilibrio tra oppressione e libertà che caratterizza la condizione umana”. Terra e terra e cemento contro voglia, voglia tanta, di cielo. Di spazi liberi al volo di sogni e fantasie, le più visionarie ed immaginifiche. Libere di correre oltre gli spazi delimitati del reale.
Mostra “en plein air”, si diceva. Le opere sono infatti visibili dall’esterno di “Domus Lascaris” (a una manciata di passi da piazza Solferino, realizzata nel 2013 come risultato della trasformazione di una palazzina razionalista di metà Novecento in un condominio di lusso dalle eleganti linee contemporanee) attraverso le ampie vetrate che si affacciano all’intersezione delle vie Lascaris e Dellala, in un dialogo tra spazio privato e dimensione collettiva che invita oggi i passanti a riflettere sulle “gabbie invisibili” della Balbiano, su chi siamo e chi potremmo essere.
Quella dell’artista vogherese è pittura di gran classe, in grado di giocarsi con esiti assolutamente positivi “il gesto che sfida la linea”, quella che l’artista definisce “la danza fragile tra oppressione e libertà”, la riconosciuta volontà di non trasgredire alle regole del gioco, ma anche la convinzione di poter sfuggire ai più desueti canoni scolastici per creare in astratte narrazioni di luce e colore spiragli nuovi oltre i quali immaginare nuovi destini e nuove vie di fuga alla banale, imponente e gravosa quotidianità del vivere comune. In tal senso, “i soggetti rappresentati si trovano sospesi in una sorta di dimensione liminare tra accettazione e ribellione, tra il peso delle consuetudini e la vertigine del cambiamento, mentre il linguaggio figurativo cattura la tensione dinamica di corpi che resistono , oscillano , si lasciano trascinare o tentano la fuga”.
Buona pittura e curiosi obiettivi. Ancor di più se si considera la prestigiosa location pensata ad ospitare la mostra; location così partecipe e invischiata in un contesto cittadino tanto “chiuso” nella sua moderna (eppur storica) e perfetta architettura urbana da lasciare pochi “vuoti” al rimbalzo delle sensazioni e dell’onirico. Doppio plauso, dunque, all’organizzazione del “Gruppo Building” (specializzato in alti interventi di progettazione architettonica e studi di fattibilità, interior design e ristrutturazione edilizia, nonché al sostegno dell’arte contemporanea) e al “coraggio” della brava Daniela Balbiano, voce libera di gridare ovunque la sua incontestabile voglia di assoluta “libertà”.
Doveroso anche ricordare, a proposito del torinese “Gruppo Building” (nato nel 1983) la sua ingegnosa volontà di fare della Galleria al piano terra di “Domus Lascaris” proprio un vero punto d’incontro fra arte ed architettura, in grado di ospitare ciclicamente mostre di arte pubblica (e in libera visione degli stessi passanti) dedicate ad artisti del territorio, e non. E poi che dire? Non dimentichiamo che proprio al Gruppo guidato da Piero Boffa (e allo studio nato al suo interno “BP+P”) si deve, fra le tante, la realizzazione di “The Number 6”, “la casa più bella del mondo”, trasformazione in condominio contemporaneo di una gemma del Barocco a due passi da Piazza San Carlo, premiato da “ArchDaily” come “Building of the Year 2015” per la categoria restauro. I punti d’interesse ci sono tutti per fare un salto e fermarsi lì, proprio davanti alle “vetrine” di “Domus Lascaris”.
Gianni Milani
“Oltre le Gabbie: Libertà immaginata”
Domus Lascaris, via Lascaris 7, Torino; tel. 011/5581711 o www.domuslascaris.it
Fino al 20 maggio
Nelle foto: immagini della mostra di Daniela Balbiano
Fino al 10 maggio
Biella
Arte e natura. La prima messa totalmente a disposizione dell’altra attraverso le magie della tecnica, di segno e colore, e il lavorio sotteso di sensazioni sogni e speranze che sono bagaglio insostituibile nel lavoro di un autentico artista. E allora non poteva scegliersi mostra migliore per inaugurare venerdì 21 marzo scorso l’arrivo della Primavera alla Galleria “BI-Box Arte” di Biella con l’ospitata fino al prossimo sabato 10 marzo delle opere di Silvia Beccaria, torinese, e di Anna Roberti, origini bresciane. Artiste, entrambe, che attraverso tecniche assolutamente diverse, usano l’arte per esplorare “tra intrecci e trame, materia e segno, trasformazione e memoria”, il mondo della natura nelle sue forme più semplici e primigenie, nel suo continuo divenire e farsi “altro” in quell’innata capacità di rigenerarsi, nelle fratture e nelle connessioni che ne caratterizzano il ciclo vitale. Di qui il titolo della rassegna “Frammenti di natura” che vede esposte una ventina di opere messe lì in bella (davvero bella!) mostra per invitarci a ripensare il nostro rapporto con l’ambiente, per esortarci a pensare e, in certo senso, a condividere la fragilità, sì, ma anche la resilienza di un ambiente naturale che l’uomo ha ereditato per proteggerne e rispettarne i frutti e la bellezza, dimenticando invece troppo spesso di assolvere, se non di peggiorare, i principi cardine di tale compito. In tal senso “l’esposizione offre– si sottolinea – un’esperienza visiva e concettuale, ma anche un’opportunità di connessione emotiva e intellettuale, che spinge a una consapevolezza più profonda del nostro ruolo all’interno dell’ecosistema”.
Ed è proprio sotto questo aspetto che la mostra incontra anche idealmente il concorso “Be Natural/Be Wild”, promosso dalla “Fondazione Cassa di Risparmio di Biella” nell’ambito di “Selvatica – Arte e Natura in Festival”, rafforzando il tema della riscoperta della forza e della bellezza naturale attraverso l’arte.
Elemento caratterizzante la ricerca artistica della torinese Silvia Beccaria è il “filo” che si fa “metafora di scrittura, di narrazione, di tessitura di relazioni e significati”, intrecciando i classici metodi della cosiddetta “Fiber Art”, che la Beccaria ha fatto profondamente sua attraverso la guida dell’artista olandese Martha Nieuwenhuijs (Amsterdam, 1946 – Torino, 2017), con l’utilizzo di materiali inusuali, che vanno dalla “plastica” alla “gomma” fino alla “carta”, lavorati con abile manualità in trame di materia in cui riversare emozioni, memorie e generosi advertisements attraverso cui raccontare e raccontarsi agli altri. Con un “fare” artistico, al contempo, di alta concretezza e poetica visionarietà, specchio pur anche “di suggestioni letterarie e filosofiche, che dialogano con il processo creativo e ampliano il significato dell’intreccio come pratica simbolica, capace di tenere insieme storie, esperienze e visioni del mondo”.
Laureata in “Scienze Naturali”, Anna Roberti si autodefinisce “Botanica dei colori, dei ruderi e del selvatico”. Da sempre la sua ricerca, mossa fra pittura e grafica, nasce infatti dall’esigenza di realizzare “erbari su tessuto” con “piante ruderali”, ovvero con quelle umili “insignificanti” piante che crescono spontanee lungo i sentieri, sui ruderi o tra le fessure di antichi muri. Piante eluse dall’uomo o addirittura eliminate perché considerate infestanti. Erbacce. Di cui l’artista non cerca immagini accurate e precise, ma forme, movimenti e colori capaci di dare spazio all’immaginazione e alle antiche preziosità ben evidenti in quei millenari “erbari miniati” (uno su tutti il “De materia medica”, 60-78 d.C., di Dioscoride Pedanio) che accompagnano l’artista nella sua quotidiana ricerca. La tecnica utilizzata per stampare in modo stabile le piante su tessuti grezzi di seta “bourette”, lino e cotone avviene utilizzando “pigmenti naturali” come il “nero fumo”, seguendo l’antica tecnica di richiamo leonardesco per produrre il cosiddetto “nero di lampada”. Il suo è un raffinato e poetico mondo artistico, dove è piacevole immergersi, corpo e mente e anima, luogo sospeso fra antico e moderno, dove quei “frammenti di natura”, cui accenna il titolo della rassegna, si fanno piccolo grande “microcosmo”, “una finestra aperta su un universo fatto di equilibri delicati e di continue metamorfosi”.
Gianni Milani
“Frammenti di natura”
Galleria “BI-Box Art Space”, via Italia 38, Biella; tel. 349/7252121 o www.bi-boxartspace.com
Fino al 10 maggio
Orari: giov. e ven. 15/19,30; sab. 10/12,30 e15/19,30
Nelle foto: Silvia Beccaria; Anna Roberti “Capelvenere”, 2023 e “Erbario impresso”, Giardino della Minerva, 2018; Silvia Beccaria “La luce nelle crepe #8”
Sugli schermi, “Queer” di Luca Guadagnino
PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione
Nelle traduzioni che si sono susseguite da noi in una quindicina d’anni, “Queer” – il romanzo che William S. Borroughs scrisse tra il 1951 e il ’53 e che Luca Guadagnino ha portato sullo schermo, con il viatico della vetrina internazionale di Venezia – è stato etichettato come”Diverso” o più crudemente “Checca”, è tornato a possedere il proprio titolo originale nell’edizione di Adelphi del 2013 e il regista di “Chiamami col tuo nome” identicamente ce lo propone. Un romanzo che il regista lesse a diciassette anni e che è riuscito a realizzare a cinquantatré, “il suo film più desiderato”. Una discesa all’inferno, consapevole e continuata, il racconto dei bar malfamati ed estremi di Città del Messico visitati da parte del protagonista Lee – chiaramente, autobiograficamente negli abiti bianchi e venati di sporcizia di Borroughs, anche le unghie alonate di nero denunciano estrema trasandatezza – alla ricerca di birre e di bicchieri di tequila, di quantità non indifferenti di varie droghe da assumere e soprattutto di bei ragazzi da trascinarsi in casa, con tanto di pistola nella fondina, in mezzo a incontri occasionali e a relazioni che guardano soltanto al denaro lasciato sul tavolino accanto al letto come ad altre che farebbero sperare in qualcosa di più duraturo e coinvolgente. Come quando Lee fa gli occhi dolci (ma anche il compiacente giullare) al giovane Gene Allerton, ben pettinato ed elegantino, un passato di spia e di battaglie, un danno di guerra in quella costola rotta immediatamente denunciata, sfuggente e incontrollabile come i rapporti che mantiene con una donna, oggetto d’amore per un susseguirsi di pedinamenti attraverso le strade della città – ricostruite a Cinecittà nelle scenografie assai belle di Stefano Baisi e fotografate da un eccellente Sayomphu Mukdiphrom, capace di ricreare atmosfere e deliri con entusiasmante esattezza ma anche con una tristezza che non si dimentica mai di aleggiare attorno al protagonista -, in un alternarsi di ricerca del desiderio e del corpo e del sesso esplicito soddisfatta come di ribellioni calate all’improvviso tra loro da parte della “vittima”.
È questo inizio, decadente e intriso di ogni calura, la parte più bella e convincente – sarebbero sufficienti le immagini iniziali, sui titoli di testa, il silenzio e il letto sfatto zeppo di occhiali, pistole, cartine geografiche, emblematiche – che Guadagnino ricostruisce con le immagini allo spiegamento del romanzo, fatto di sguardi e di gesti, di passi che si susseguono, l’uno appresso all’altro, di sole e di ombre, del chiuso della camera e dell’insegna dell’hotel che si riflette nella finestra, dei commenti al veleno che gli appartenenti gay della comunità americana ospite scambia con Lee, delle particolarità dell’avventure vissute.
Tre capitoli e un epilogo (la sceneggiatura è firmata da Justin Kuritzkes, già collaboratore di Guadagnino per il penultimo “Challengers”), che hanno una parte centrale capace si sprofondare nel viaggio che la coppia compie nella giungla, in un profondo sudamerica, alla ricerca della radice yagé, allucinogena, che porterebbe alla conquista maggiore della telepatia chiunque l’assuma, per arrivare all’unione di anime e di corpi soprattutto, di mani che vagano sotto la pelle, dove tutto pare una coreografia, di luci che abbagliano e di serpenti che fuggono davanti all’uomo terrorizzati, dietro lo sguardo di una fattucchiera locale: procedimenti sconosciuti a chi scrive, libero pure della lettura del romanzo, ma che paiono prendere forma, in una sorta di movie B degli anni Cinquanta con una scenografia, questa sì, falsificata e falsa, con un qualcosa anche di ridicolo, di cenni psichedelici non facilmente controllabili, di momenti che sfuggono al regista mentre cerca di concretizzarli. Un vero punto morto della trasposizione. Se non imbarazzante. Con il ritorno a casa, in solitaria, si torna ai livelli alti quando la storia di Lee/Borroughs si conclude, sulla china della più completa autodistruzione, al termine della scrittura e dei romanzi, degli articoli giornalistici, della droga che ha corrotto ogni cosa, di un’esistenza che ha anche visto lo scrittore nelle vesti di rapinatore e spacciatore, barista e operaio, di padre e madre che per una vita intera hanno sovvenzionato il figlio fuori da ogni regola, dell’incidente alla moglie Joan a cui lui, in vena d’imitazione di Guglielmo Tell, dopo averle posato un bicchiere colmo di cognac sulla testa, sparò un colpo di pistola, gesto per il quale fu condannato a soli due anni per omicidio colposo, mai scontati, giudizio su cui pesarono quattrini familiari e avvocati con un bel paio di baffi, gesto che Guadagnino ha la “bellezza” narrativa e cinematografica di riprendere qui sotto altra veste, come uccisione dell’oggetto desiderato, come fine di una passione che porta nelle scene finali alla morte. Sottolineò all’epoca lo scrittore: “Guardando “Queer” a metà, sentivo un blocco, mi sentivo impossibilitato a leggerlo, figuriamoci a scriverlo… il passato era un fiume velenoso, mi sentivo ‘fortunato’ a esserne uscito, quella forza che mi bloccava era ciò che aveva generato il libro stesso, un evento che non viene mai citato, né nominato, ed evitato con cura: l’incidente che uccise Jean nel 1951.” Momenti di difficile interpretazione, semmai, magari da memorizzare soltanto, che magari ci spingono a entrare e a guardare ancora una volta, con occhio curioso o riflessivo, allo scrittore del secolo scorso.
Film scandaloso se ci si fermasse alla “pelle” sbandierata e non ci si accorgesse di quella tristezza di cui sopra. Affatto, quindi. Con la bravura di Drew Starkey, silenzi ammiccamenti desideri di fuga e di passioni, grande interpretazione di un Daniel Craig tutto da scoprire, lasciate in un angolo della memoria il macho di 007 o l’ironico detective di “Cena con delitto” e guardatevi l’attore pronto a prendersi maledettamente sul serio, a rimettersi completamente in gioco, questo uomo stazzonato e sfatto, intristito e arrapato, solo e fragile, alla ricerca di una droga e di una passione che dovrebbero aiutarlo a vivere.
Il più longevo festival sui temi LGBTQI+ d’Europa e terzo nel mondo diretto da Vladimir Luxuria
I FILM PREMIATI | LE MOTIVAZIONI
ALL THE LOVERS/ OTTAVIO MAI AWARD FOR THE BEST FEATURE
Presidente di giuria: Giovanni Minerba
Queerpanorama di Jun Li
La poetica di ogni film ci ha portato ad accostarci a un’opera dalla forte importanza cinematografica e politica, un lavoro che usa la corporeità come strumento per infondere il desiderio di un’utopia. Per noi è stato un discorso sull’identità che ha la forma di un sogno ad occhi aperti.
REAL LOVERS / REAL LOVERS AWARD FOR BEST DOCUMENTARY
Presidente di giuria: Vera Gemma
Topli Film di Dragan Jovićević
Per l’impegno nella ricerca di materiale di repertorio e la capacità di creare una struttura narrativa coinvolgente, in grado di ibridare performance e realtà. In particolar modo per la capacità di mettere in discussione dei preconcetti radicati coinvolgendo registi e attori in un dialogo vivo e autentico.
MENZIONE SPECIALE
Eros di Rachel Daisy Ellis
Un quadro eterogeneo composto da corpi autentici che si autorappresentano mettendosi a nudo e aprendo attraverso lo schermo spazi intimi quali sono le stanze dei motel brasiliani.
FUTURE LOVERS / FUTURE LOVERS AWARD FOR BEST SHORT FILM
Presidente di giuria: Raffaele Cataldo
Next Door di Lukas März
Per il linguaggio – a metà tra il grottesco e l’horror – capace di travalicare i confini del genere, la giuria ha scelto di premiare un cortometraggio che intercetta e mette in scena paure e angosce che credevamo di esserci lasciati alle spalle, ma che invece continuano a vivere accanto a noi.
MENZIONE SPECIALE
Solo Kim di Javier Prieto De Paula e Diego Herrero
Un cortometraggio che, unendo a doppio filo vita personale e posizione sociale, racconta una storia di marginalizzazione su più piani in grado di arrivare dritta al cuore.
PREMIO TORINO PRIDE
Outerlands di Elena Oxman
In questi giorni abbiamo avuto il piacere di vedere film e documentari di vario tipo che hanno messo in luce la pluralità dei temi che affrontiamo quotidianamente all’ interno delle nostre associazioni. Ogni lungometraggio ci ha aiutato a capire quanto la lotta sia ancora lunga e complessa, soprattutto in un momento storico in cui lo spazio dei diritti sociali e civili sta diminuendo. Il film che abbiamo scelto di premiare sottolinea la complessità delle nostre vite, della cura, delle famiglie allargate e della capacità di saper riconoscere il proprio passato per poter abbracciare il proprio futuro.
MENZIONE SPECIALE
The Secret of Me di Grace Hughes-Hallett
Per la capacità di trasmettere l’elaborazione della propria esperienza personale connettendola ad altre, per definire percorsi di una soggettività ancora relativamente riconosciuta come quello dell’intersessualità.
PREMIO GIO’ STAJANO
Quir di Nicola Bellucci
Per aver raccontato con magica umanità e una struggente fotografia una delle comunità Queer più sorprendenti d’Italia, che vive nel cuore pulsante di Palermo, dove Massimo e Gino accolgono e raccolgono da più di quarant’anni nella loro grande famiglia, persone la cui bellezza umana va ben oltre al personaggio. Un film vero, bello e utile, di grande qualità che racconta storie queer e non, in una Sicilia dove le testimonianze di giovani trans e gay danno la dimensione che tanto è stato fatto ma tanto rimane ancora da fare. O si è felici o si è complici: questo è il grande insegnamento di Massimo e Gino.
GIURIA YOUNG LOVERS – PREMIO MATTHEW SHEPARD
Lesbian Space Princess di Emma Hough Hobbs e Leela Varghese
Per aver utilizzato un linguaggio visivo e referenziale che guarda in modo diretto, ironico e non scontato all’attualità e alla contemporanea generazione teen, attraverso simboli, sintesi e significati importanti e urgenti, creando un film per tutti e per ciascuno.
RIFLESSI NEL BUIO
I Have to Run di Oleg Hristolübskiy
Perché il buio che vedevamo fuori dai nostri confini si sta diffondendo in modo sempre più allarmante intorno a noi, perché l’attenzione su chi nega i diritti della comunità LGBTQIA+ fuori e dentro dall’Europa sia alta e nulla sia dato come definitivamente acquisito.
I PREMI DEL PUBBLICO – AUDIENCE AWARDS
ALL THE LOVERS
A Night Like This di Liam Calvert
REAL LOVERS
Topli Film di Dragan Jovićević
FUTURE LOVERS
Next Door di Lukas März
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Il Lovers Film Festival è realizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e si svolge con il sostegno del MIC-DG Cinema, della Regione Piemonte, della Città di Torino, di Fondazione CRTe con un contributo straordinario di Fondazione Compagnia di San Paolo.
È stato presentato il nuovo progetto di Lunathica, la prima edizione di Fili Sottili, festival di arte, salute e inclusione che avrà luogo dall’8 al 10 maggio 2025 nei comuni di Cirié e Lanzo Torinese. Il festival offrirà spettacoli, convegni e dibattiti, workshop teatrali e laboratori creativi, tutti a ingresso libero. Si tratta di un progetto innovativo volto a raccontare e condividere le esperienze artistiche e teatrali in ambito sociale, ma anche un’occasione per riflettere e confrontarsi sui temi della malattia psichiatrica e della disabilità, e su quali attività e azioni possono rendere la nostra società più inclusiva. Si tratta di temi a cui Lunathica, che coordina i diversi appuntamenti che compongono il ricco cartellone di eventi, ha sempre prestato attenzione all’interno della sua programmazione.
“Questo festival rappresenta un naturale sviluppo di ciò che negli anni abbiamo creato a Lunathica con dedizione e entusiasmo – afferma Cristiano Falcomer, coordinatore del festival – Lunathica è sempre stata anche comunità e partecipazione, un’opportunità per costruire insieme qualcosa che abbia un valore e una rilevanza per la collettività. Ci fa piacere che questo senso di comunità (testimoniato non solo dalla grande partecipazione di pubblico, ma anche dal coinvolgimento spontaneo di un gruppo spontaneo di volontari), si è esteso anche al di fuori del festival e si manifesta anche al di fuori di questa nuova iniziativa, e questo senso di inclusione, questa capacità è volontà di stare davvero insieme che segna tutte le iniziative proposte da Lunathica e dona loro un significato”.
“per il Dipartimento di Salute Mentale ASL TO 4, il festival Fili Sottili rappresenta un’occasione per promuovere il benessere psichico, abbattere lo stigma e favorire l’integrazione sociale – sottolinea Silvana Lerda, direttrice di Dipartimento – attraverso workshop, conferenze e performance, il festival sarà un momento di riflessione e sensibilizzazione, volto alla depatologizzazione delle diversità. Una comunità inclusiva e solidale che valorizzare la disabilità è la base per generare salute mentale e favorire crescita e arricchimento per tutti”.
“la ragione per il quale il CIS di Cirié ha contribuito alla realizzazione di Fili Sottili – spiega Lorenzo Gregori, che ne è il direttore – scaturisce dal fatto che fin dalla loro nascita i centri diurni per persone con disabilità hanno avuto e hanno l’ambizione di essere una risorsa e un centro di attivazione di risorse, finalizzato a individuare contesti e luoghi per migliorare il benessere, il livello di autonomia e favorire l’inclusione sociale delle persone che lo frequentano. Da questo punto di vista, Fili Sottili rappresenta l’esempio concreto di un’iniziativa messa a disposizione dal territorio, generata anche dai luoghi, i centri diurni che, oltre ad attingere da quanto già presente sul territorio, si propongono come risorsa utile alla comunità”.
Con il patrocinio della Città di Cirié, della Città di Lanzo Torinese e della Città Metropolitana di Torino, con il sostegno di Iveco – Orecchia Spa, in collaborazione con il presidio ospedaliero Fatebenefratelli, la cooperativa sociale Ippogrifo, Associazione Volare alto e società cooperativa sociale La forma dell’acqua.
Il programma si può consultare sul sito www.lunathica.it
Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero.
Mara Martellotta
Inviato dall’app Tiscali Mail.
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
20-21 aprile 2025
La passione secondo Jaquerio
Visita guidata agli affreschi del più grande esponente piemontese del gotico internazionale
La Salita di Cristo al Calvario è il capolavoro del pittore torinese Giacomo Jaquerio, maggior esponente del gotico internazionale, realizzata nella cappella adibita a sacrestia della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso nel primo quarto del XV secolo.
Ciò che contraddistingue questa raffigurazione rispetto agli altri affreschi della cappella è la resa dei personaggi che appare più realistica all’interno di una scena drammatica. Per accrescere nei devoti la meditazione e la partecipazione alla sofferenza della Passione di Cristo, Jaquerio ha infatti accentuato i caratteri patetici e drammatici della scena. Lo spazio non è reso con una visione prospettica corretta, ma il senso di profondità è ottenuto disponendo i personaggi ad arco e collocando il volto dei soggetti più arretrati in una posizione più elevata rispetto a quella dei personaggi che sono in primo piano.
Nella folla è evidente la contrapposizione tra il Bene il Male nella scelta di colori e in un certo tipo di gestualità. I personaggi che trattengono la croce o quello che tira Gesù con una corda presentano lineamenti talmente alterati e deformati che sembra abbiano quasi connotazioni non umane. Tra la folla, si riconoscono il fabbro, a cui i giudei si rivolgono per fabbricare i chiodi della croce di Cristo, nell’uomo che tiene in mano tre chiodi e un martello (la sua partecipazione agli eventi della Passione si trova in alcune rappresentazione teatrali popolari diffuse in Francia e Inghilterra) e Giuda con la barba e i capelli rossi (colore che richiama la violenza e le fiamme dell’inferno) e il vestito giallo per evocare il tradimento.
INFO
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)
20-21 aprile, ore 15
La passione secondo Jaquerio
Costo attività: 5 euro, oltre il prezzo del biglietto
Biglietto di ingresso: intero 5 euro, ridotto 4 euro
Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone
Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito
Prenotazione obbligatoria
Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):
011 6200603 ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it