CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 39

Melania Mazzucco a Biella per presentare il suo ultimo romanzo

La scrittrice “Premio Strega 2003” sarà alla biellese “Biblioteca Civica”, ospite di “Contemporanea365” p

Lunedì 17 febbraio, ore 18

Lunedì 24 febbraio, “Contemporanea” sarà al “Circolo dei Lettori” di Torino

Biella

Romana di nascita, scrittrice (tradotta in 29 Paesi), drammaturga e giornalista, Melania (Gaia) Mazzucco sarà ospite, lunedì 17 febbraioalle 18, presso la “Biblioteca Civica” di Biella, in piazza Eugenio Curiel 13, della Rassegna “Contemporanea365”, Progetto di “BI-BOx APS” (Associazione che si occupa di arte contemporanea e, in particolare, della promozione di giovani artisti) realizzato in collaborazione con la Libreria “Vittorio Giovannacci” e a cura del Festival biellese “Contemporanea. Parole e storie di donne”.

In dialogo con Irene Finiguerra, la Mazzucco (già “Premio Strega 2003” con il romanzo “Vita”, in cui racconta e reinventa la storia di emigrazione in America del nonno paterno Diamante e dei suoi amici) presenterà il suo ultimo romanzo “Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne” (Einaudi, 2024). Il libro racconta la figura di una donna straordinaria, una delle dive più affascinanti del “cinema muto” italiano del primo Novecento, Diana Karenne, che fu anche cantante e imprenditrice, tra le prime donne a diventare regista. Attrice caduta, piano piano, dopo la crisi del cinema italiano nel primo dopoguerra e il successivo passaggio dal “muto” al “sonoro”, Diana sembrava ormai destinata al più totale oblio, ma in questo romanzo, nato come i suoi precedenti successi da un’indagine durata lunghi anni, la Mazzucco riesce perfettamente a restituircela in tutta la “sua vitale contemporaneità”. Le letture scelte e tratte dal testo sono a cura dell’Associazione “Vocididonne”, con cui “Contemporanea”, in questa occasione, avvia una nuova collaborazione, “a conferma della volontà del Festival di creare una rete sempre più fitta tra realtà del territorio, e non solo”.

Lunedì 24 febbraio “Contemporanea” sarà poi a Torino, al “Circolo dei lettori” di via Bogino, in occasione della presentazione del nuovo libro di Giulia Muscatelli, già ospite del festival biellese. In dialogo con Pietro Turano, consigliere nazionale “Arcigay” e membro del cast “Skam Italia”, Muscatelli presenterà “Io di amore non so scrivere. I sentimenti secondo la Generazione Z”, edito da “add”. Il libro è il risultato di un viaggio, reale, alla ricerca delle parole che gli adolescenti usano per raccontare l’amore oggi e per dire “ti amo”“Quanto pesano? Vengono digitate o pronunciate a voce? E poi?

 

Sempre a febbraio, a Biella, si terranno ancora due incontri de “Le Scomposte”, il corso dedicato alle scrittrici del passato e curato da Maria Laura Colmegna, in cui la letteratura del Novecento viene raccontata attraverso le parole e le vite di scrittrici che con il loro talento hanno saputo intrecciare il loro tempo al nostro in maniera indissolubile.

Sabato 15 febbraio la lezione dal titolo “Susan Sontag: uno sguardo potente che arriva ai nostri giorni”, è a cura di Anna Trocchi, editor e traduttrice per “Nottetempo”.

Sabato 22 febbraio è il momento di “Tove Jansson: tanto scrivere per parlare a tutti”, con la giornalista Laura Pezzino.

Gli appuntamenti si svolgono alla Galleria “BI-BOx Art Space” di Biella (via Italia, 38) dalle 16,30 alle 18. Ogni lezione ha il costo di 15 Euro. Per info e prenotazioni, scrivere a segreteria.contemporanea@gmail.com

g.m.

Nelle foto: Melania Mazzucco e Cover “Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne” (Einaudi, 2024)

Con Kingsmen e Sonics si fa sul serio

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

Per onestà intellettuale e correttezza in relazione alla storia del garage rock americano degli anni Sessanta, non si può fare a meno di parlare dell’etichetta di Seattle “Jerden”.

Il presente articolo ha un immediato collegamento con l’altro mio articolo uscito in periodo natalizio, relativo alla sotto-etichetta “Panorama”. Si ribadisce che “Panorama” fu una delle etichette “figlie” derivate da “Jerden”, di proprietà di Jerry Dennon [Gerald Burdette Dennon]. Allo stampo strettamente “garage” di “Panorama” si contrapponeva ovviamente un carattere più eterogeneo e variegato della madre “Jerden”. Nonostante ciò, quest’ultima compare in decine e decine di “compilations” incentrate sul garage rock del biennio 1965-66, ma è ben noto che la “Jerden” avesse inciso già interessanti esordi pionieristici nel 1964, sulla scia magica del successo degli stranoti “The Kingsmen”; ricordiamo per inciso che l’etichetta risorgerà negli anni ‘90, sfornando proprie “compilations” a tema, sottoforma di CD.

Dato il carattere variegato dell’etichetta “Jerden” (in genere col tipico blu chiaro di fondo, senza loghi particolari, se non la scritta ripetuta in linea diagonale nella parte alta su campo chiaro), qui di seguito si elencano i soli 45 giri surf rock e garage/psych rock degli anni’60, tralasciando album ed altri possibili generi compresenti:

– THE KINGSMEN “Louie Louie / Haunted Castle” (712) [1963];

– THE KINGSMEN “Louie Louie / Haunted Castle” [Monarch Record Mfg. Co.] (712) [1963];

– VINCE GERBER, BOBBY WAYNE & DENNIS ROBERTS “Torquila / Cyclone” (726) [1964];

– RON PETERSON and THE ACCENTS “Linda Lou / Sticky” (728) [1964];

– DOUG ROBERTSON & THE GOOD GUYS “Sweets For My Sweet / Greenfields” (729) [1964];

– THE HI-FIVES “Goin Away / Tort” (730) [1964];

– THE BEACHCOMBERS “Tossin & Turnin / The Wheeley” (734) [1964];

– IAN WHITCOMB “Boney Maronie / Soho” (735) [1964];

– THE JESTERS “Amazon / Alki Point” (741) [1964];

– THE CLASSICS “Till I Met You / It Didn’t Take Much” (742) [1964];

– BELLINGHAM ACCENTS “Bacon Fat / Sampan” (746) [1964];

– THE CHESSMEN “Mustang / Mr. Meadowlands” (743) [1965];

– VINCE and THE VICTORS “The Village ‘65 / Some Kind Of Drums” (744) [1965];

– HAROLD HORN “Dew B. Dewey / Miss Ann” (750) [1965];

– BOBBY WAYNE “Wheels / Moonshine” (751) [1965];

– THE [R]AYMARKS “Louise / Dollar Bill” (752) [1965];

– JAMES HENRY & THE OLYMPICS “My Girl Sloopy / Here I Stand” (753) [1965];

– SIR RALEIGH & THE CUPONS “Tomorrow’s Gonna Be Another Day / Whitcomb Street” (760) [1965];

– DON & THE GOODTIMES “Little Sally Tease / You’ll Never Walk Alone” (762) [1965];

– THE BAG “Incubatin’ Middle Of The Night Gyratin’ Blues / Face It” (769) [1965];

– THE JUVENILES “Bo Diddley / Yes I Believe” (770) [1965];

– THE BANDITS “Little Sally Walker / Tell Me (You’re Coming Back)” (773) [1965];

– THE RAYMARKS “I Believed / Dr. Feelgood” (774) [1965];

– LITTLE JOHN & THE MONKS “Black Winds / Needles & Pins” (775) [1965];

– BLUESVILLE “As Tears Go By / Don’t Think Twice, It’s Alright” (788) [1965];

– THE BREAKERS “All My Nights, All My Days / Better For The Both Of Us” (789) [1965];

– THE OTHER TWO “Look Around / Don’t Lock Me In” (777) [1966];

– THE DYNASTYS “It’s Been A Long, Long Time / Forever And A Day” (783) [1966];

– SECRET AGENTS OF THE VICE SQUAD “I Saw Sloopy / Things Happen” (784) [1966];

– THE LIBERTY PARTY “Weep On / Get Yourself Home” (787) [1966];

– THE PURPLE GANG “Answer The Phone / I Know What I Am” (794) [1966];

– THE JUVENILES “I’ve Searched / Baby, Baby” (795) [1966];

– THE LANCASTRIANS “The World Keeps Going Round / Not The Same Anymore” (798) [1966];

– WOODY CARR & THE ENTERTAINERS “Hey, Little One / Just Another Fool” (799) [1966];

– THE DYNAMICS “I’ll Be Standing There / All She Said” (800) [1966];

– DON & THE GOODTIMES “Blue Turns To Grey / I’m Real” (805) [1966];

– PAUL REVERE & THE RAIDERS “So Fine / Blues Stay Away” (807) [1966];

– DON & THE GOODTIMES “You Were A Child / I Hate To Hate You” (808) [1966];

– THE SONICS “Love Lights / You Got Your Head On Backwards” (809) [1966];

– THE SONICS “The Witch / Like No Other Man” (810) [1966];

– THE MAGIC FERN “Maggie / I Wonder Why” (813) [1966];

– THE SONICS “Psycho / Maintaining My Cool” (811) [1967];

– THE SPRINGFIELD RIFLE “100 Or Two / Stop And Take A Look Around” (812) [1967];

– JIM VALLEY “There Is Love / I’m Real” (814) [1967];

– THE SONICS feat. JIM BRADY “Love-Itis / You’re In Love” (909) [1967];

– THE FOUR BELOW ZERO “Happiness / Getting Thru To You” (903) [1968];

– THE FEELIES “Louie, Louie / Warm Woman” (904) [1968];

– THE NEW YORKERS “Adrianne / Ice Cream World” (906) [1968];

– THE FEELIES “Happy / Look At Me” (910) [1969];

– THE SPINDLE “That’s The Time / Because I Love You” (911) [1969];

– JIM BRADY and THE SONICS “Near My Soul / Goodbye” (913) [1969];

– STEFAN ARNGRIM “You Got Style / Cloudy Day” (915) [1969];

– THE CROME SYRCUS “Elevator Operator / Lord In Black” (921) [1969];

– THE TWIGGS “Flowers And Beads / Moon Maiden” (917) [1970].

Gian Marchisio

Quella ferocia che abbraccia ormai troppi di noi

Repliche sino a domani alle Fonderie Limone

 

S’incontrano in vecchio capannone, uno stanzone pressoché spoglio, un paio di vetrate che non rimandano le immagini dell’esterno, soltanto forti luci, la fabbrica la si immagina abbastanza lontana, immersa anch’essa a poco a poco nel greve silenzio di un fine settimana. Una fabbrica d’armi, la più grande e prolifica che si possa immaginare nella vecchia Europa. Paolo Veres – un cognome che pare forse uscito da Sciascia – è il proprietario senza scrupoli, capace nella serata di sfornare borsoni pieni di milioni di euro, è “l’uomo più crudele del mondo” nella fredda convinzione popolare. Seduto davanti al suo tavolo d’ufficio, un giovane quanto tranquillo giornalista, dal viso buono e dai modi educati, semplice con il suo pronto taccuino in mano, che inaspettatamente ha ricevuto l’incarico ad intervistarlo dal piccolo giornale locale: una serata che per pochi attimi d’inizio procede al riparo di frasi di cortesia, di innocue domande e risposte, poi pronta a rivoltarsi in un duello di parole e di gesti e di azioni, di inviti e di imposizioni del capo e della sorpresa dell’altro, richieste che lo lasciano ammutolito, un luogo di lavoro che è ormai “stanza della tortura”. Sessanta minuti per una trappola, con la richiesta di Veres ad essere ucciso da chi gli sta di fronte, per confondere presto chi è intervistato e chi intervistatore, mentre arrivano deboli sprazzi di vita trascorsa, una trappola di lacrime e di risate, dove s’ingaggiano approcci e lotte, di quesiti che nel mare magnum che prende a ingrossare esigono una spiegazione anche a che cosa sia “l’umanità”, “parola bella e strana”, non congresso di individui ma sentimento, di congegni precisi, lucida, dentro un percorso che esploderà soltanto negli ultimissimi istanti. Una sola certezza: “Lei crede che questa vita domani mattina sarà la stessa che viveva prima?”, mentre un colpo di pistola metterà fine a una tragedia.

Davide Sacco – di Torre del Greco, classe 1990 – è autore giovane di una moderna teatralità che fatica ancora a uscire con sicurezza e affermazione allo scoperto, e regista dell’”Uomo più crudele del mondo”, in una produzione che vede coinvolti la Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e anche quel teatro Minnini di Narni di cui, con Francesco Montanari, è direttore artistico. Tutta in crescendo, una scrittura crudele la sua, spinosa, degradata e fuor di ogni dubbio aspra nell’esporre la crudeltà di un genere umano che non distingue facce e confini, dove gli aguzzini mostrano alla fine un’indole sino a quel momento nascosta. Una scrittura di dolore, di incredibile durezza, di dialoghi immediati e destabilizzanti, che catturano lo spettatore e come in un thriller di tutto rispetto lo tengono in lenta cottura, al massimo dell’attenzione; dove coabitano l’istinto e la ragione, lo sberleffo e la disperazione, dove per Sacco sembrano aver più peso i pugni nello stomaco, platealmente dati, in spasmodica frequenza, che non certo maggiori, delicati approfondimenti, certe sfumature di caratteri e di parole di cui si vorrebbe più intriso il suo testo che comunque esce dalla penna convincente vincitore.

Dicevamo thriller, ma anche humour nero tra vittima e carnefice, in cui s’affrontano e si dibattono due attori di vena inesauribile. Lino Guanciale è un imprenditore corrosivo e aggressivo, ottimo reggitore e trastullatore di marionette pieno di estremo vitalismo, di esplosioni ininterrotte che nascondono un passato di dolore; Montanari cresce con il passare dei minuti, si prende con esattezza il proprio spazio senza mai sovrastare il compagno di scena, stupito e recalcitrante all’inizio, doloroso e feroce sul finale: campioni entrambi di quella violenza, di quella ferocia – pensavamo a guardarli alle pagine di Nicola Lagioia – che ha ormai purtroppo abbracciato troppi di noi. Sala delle Fonderie Limone di Moncalieri gremita, successo della stagione dello Stabile torinese ed entusiasmo più che tangibile. Si replica sino a domani 16 febbraio.

Elio Rabbione

Le foto dello spettacolo sono di Flavia Tartaglia

Fakta e Simone Lucchese a Casa Sanremo

L’esibizione della cantautrice torinese Fakta sarà impreziosita nella coreografia dal ballo di Simone Lucchese, campione mondiale di danza latino americana

La conosciuta cantautrice torinese, in occasione del 75⁰ Festival di Sanremo, si presenterà nelle vesti di FAKTA, il nuovo progetto seguito da Danilo Amerio e Antonio Tolo. In Casa Sanremo sarà ospite, in Sanremo Clonati, di Salvatore Stella, Alex Penna e Danilo Daita.

A seguire, nello storico locale Mameli, vi sarà la presentazione del CD 2024, compilation dei cantanti vincitori dello storico Il Cantagiro; sabato 15 febbraio l’artista sarà ospite della trasmissione Il Caffè degli Artisti nella track di Radio 104, condotta da Alfonso e trasmessa su Canale 88. La canzone che farà da protagonista è “Shen bah ahi”, scritta insieme a Danilo Amerio e remixata da Antonio Tolo in versione pop afro dance. Racconta di una sacerdotessa di Atlantide che cavalca le stelle insieme a Iside e Orione, portando nell’universo amore, luce, forza e coraggio. È stata tradotta dalla scrittrice Valentina Gasco nel linguaggio antico di Atlantide.

Un look gotico farà da cornice, e la coreografia sarà impreziosita da Simone Lucchese, giovane e virtuoso ballerino, campione mondiale di danza latino americana, con una passione coltivata fin dall’età di 5 anni quando ha mosso i primi passi nel mondo della danza.

Mara Martellotta

Un San Valentino speciale alle Gallerie d’Italia

 

Venerdì 14 febbraio alle Gallerie d’Italia di Torino, Milano, Vicenza e Napoli e alla Casa Museo Antiquariato Ivan Bruschi ad Arezzo, in occasione di San Valentino, vi sarà una speciale promozione di ingresso ridotto 2×1per visitare le collezioni permanenti e le mostre.

Alle Gallerie d’Italia di Torino è in corso la mostra dal titolo “Mitch Epstein. American nature”, la più importante retrospettiva del fotografo americano. L’esposizione, curata da Brian Wallis, presenta per la prima volta riunite le serie fotografiche più significative degli ultimi vent’anni, nelle quali il fotografo esplora i conflitti tra la società americana e la natura selvaggia nel contesto del cambiamento climatico globale.

Venerdì 14 febbraio, dalle 17 alle 18, si terrà la visita guidata San Valentino, una visita speciale tra le collezioni permanenti, attraverso le Sale del piano Nobile e dell’archivio Publifoto , dove pennello e obiettivo fotografico ritraggono le vicende amorose che hanno contraddistinto la storia dei loro protagonisti , celebrando l’universalità di un sentimento che sfida lo scorrere del tempo.

Il costo, escluso il biglietto, è di 5 euro a persona, prenotazione obbligatoria alla mail torino@gallerieditalia.com

 

Mara Martellotta

“Figure”… che si/ci raccontano

Fa scuola, anche nel Contemporaneo, la grande “Arte del Ritratto” ospitata a “Palazzo Bellini SPA – Spazio per Arte” di Oleggio

Fino al 5 luglio 2025

Oleggio (Novara)

“Die Zwei Schwestern (Kammend)”. Niente paura! Semplicemente e letteralmente, dal tedesco: “Le due sorelle (Avvicinandosi)”. Grande olio su tela del 1994, firmato dal pittore tedesco Herman Albert (Ansbach, 1937), in cui compaiono due graziose fanciulle, l’una di spalle all’altra. La prima scruta pensierosa in un piccolo specchio tenuto in alto dalla mano sinistra i suoi lunghi capelli biondi: meglio raccoglierli o sfoggiarli “nature” a coprir la spalle?, pare chiedersi. L’altra dai capelli neri (la sorella, come da titolo) pare assecondare la prima idea: vedi come stai meglio con i capelli sciolti e ben pettinati? Piccola scena di famiglia, sul muretto in primo piano anche un frutto sbocconcellato e un cofanetto nero, forse porta-gioie. Lascio a voi il giudizio “pilifero”. Quello artistico è sicuramente di grande effetto.

La fresca corposità delle due “sorelle” ci riporta a un “fare pittorico” profondamente attratto, pur se tradotto in cifre stilistiche di evidente attualità, dai crismi di una bellezza classica occhieggiante, pur anche, a certo vigoroso realismo formale e concettuale del miglior Picasso post-cubista. In tutti i casi, davvero un bel dipinto di “figure”! Uno fra i 20 “ritratti” selezionati dalla “Collezione Laura e Luigi Giordano” (circa 200 opere) e raccolti, proprio sotto il titolo di “Figure”, in quel prodigio espositivo che è lo “SPA / Spazio per Arte” (o “Centro per il benessere dell’arte contemporanea”) aperto, nel 2023, ai piani superiori del settecentesco (ma di origini medievali) “Palazzo Bellini” nel centro storico di Oleggio (Novara), dai coniugi collezionisti Laura e Luigi Giordano. Curatrice della mostra, in programma fino a sabato 5 luglio, è Federica Mingozzi, che spiega: “Si è imposta nel corso del tempo, una tendenza, che va al di là del realismo, ed è quella secondo la quale si intende per ritratto anche un’immagine distorta della persona, mediata e filtrata dall’occhio dell’artista che ne interpreta la psicologia attraverso un modello cognitivo del tutto personale … Per questa ragione, le distinzioni tra realismo e idealismo perdono molto del loro valore, dando maggiore rilievo al processo emotivo che ogni fruitore deve mettere in atto per decodificare un linguaggio artistico a volte complesso, ma sicuramente efficace nel rivelare anche il mondo intenzionale dell’autore in relazione al soggetto”.

Ad aprire la rassegna “Masked Figure”, le celebri “Figure Mascherate” (opera permanente della “Collezione”) dell’americano David Finn, pittore scultore e storico della scultura, scomparso a cent’anni (New York, 2021) “vero nume tutelare di ‘SPA’”, seguito dai lavori di alcune artiste contemporanee (obbligatoria la sintesi di citazione), fra cui Zehra Dogan, pittrice e attivista curda (che fa dell’arte il suo strumento di comunicazione e denuncia dei limiti imposti da una società brutalmente “patriarcale” e “sessista”) e la meno inquietante Tania Roscic, con “Untitled, Don9t worry. I9m ûne series”, artista dal singolare e ironico linguaggio visuale caratterizzato dall’uso di materiali tratti dalla più semplice quotidianità. A seguire, sempre dagli States “Caffeine” di Georgia Gardner Gray“Shell” di Brandon Landers che usa la matericità del colore per narrare le difficoltà del vivere e tre fotografie anni ’70 di Cindy Sherman (artista, fotografa e regista), tratte da una serie di quindici “autoritratti concettuali”, in cui la Sherman impersona altrettanti passeggeri di un bus.

Decisamente sul chi va là ci fa stare il “Desmond” del tedesco Rainer Fetting con quel volto informe che ne fa uno dei più interessanti protagonisti dell’espressionismo tedesco, ma anche – è stato giustamente osservato – un attento lettore dell’opera di Velasquez e Van Gogh. Nel percorso espositivo, non mancano ovviamente le “opere permanenti” di “SPA”, da “Untitled #3” della giovane cortonese Giulia Cenci (scultura calco di una sagoma da “tassidermista” realizzato con materiali di recupero ed ispirato alla morte di Marat, immortalato come martire della “Rivoluzione francese” in un quadro del 1793 di Jacques-Louis David) al “Senza titolo – Stabat Mater” del beneventano di Paduli, Mimmo Paladino, fra i principali esponenti della “transavanguardia” italiana, magica creatura dell’Achille Bonito Oliva. E l’iter prosegue con altri interessanti nomi dell’arte internazionale (tutti da vedere, tutti da scoprire), in cui il “ritratto” e la “figura” sono sempre, o quasi, “occasione per” … per raccontare storie di anime, messaggi di dolore e di speranza. Di gioco e libere capovolte nell’aria. La vita negli occhi e nei volti di singoli o di intere generazioni. Di una donna, di un uomo, di un popolo. Volti in cui rifletterci e, forse – perché no? – ritrovarci. E leggere un po’ della nostra storia.

Gianni Milani

“Figure”

SPA/Spazio Per Arte – Palazzo Bellini, piazza Martiri della Libertà, Oleggio (Novara); www.spazioperarte.it

Fino al 5 luglio

Orari: ogni primo sabato del mese 9/13; su appuntamento info@spazioperarte.it

Nelle foto: Herman Albert “Die Zwei Schwestern”, olio su tela, 1994; Tania Roscic “Untitled, Don9t worry. I9m ûne series”; Rainer Fetting “Desmond”, tecnica mista su carta, 1993; Mimmo Paladino “Senza titolo – Stabat Mater”

Le bellezze di un paese, le grandi firme da Boccasile a Dudovich

Visitate l’Italia!”, sino al 25 agosto a Palazzo Madama

La definisce “mostra di primavera” Giovanni Villa, direttore di Palazzo Madama e cocuratore con Dario Cimorelli, quella ospitata nella sala del Senato, “Visitate l’Italia! – Promozione e pubblicità turistica 1900 /1950”, con tanto di punto esclamativo che somigliava parecchio a un ordine gettato in faccia a un intero paese, l’allestimento è di Emilio Alberti e Mauro Zocchetta: ma siamo pronti a scommettere che attraverserà con vivissimo successo, perché vivace e inusitata, con la curiosità che accompagna la nascita di quello che fu un importante mezzo di comunicazione, l’intera estate – sino al 25 agosto. Un significativo Grand Tour, fantasiosamente moderno, idealmente vicino a quello che intraprendevano i giovanotti inglesi o germanici del Sette e Ottocento – tappe d’obbligo lungo lo stivale, toccando quei punti di gioia e di bellezza che una vita non poteva non aver affrontato – per affacciarsi al cuore dell’Europa e a quelle sospirate – per arte e storia e costumi e popolo, tra aneddotica e sguardo sociale – “porte d’Italia” con cui Edmondo De Amicis, nel 1884, virava i propri orizzonti, dopo aver guardato a terre lontane, da Parigi al Marocco, da Londra alle Americhe, come già aveva fatto l’abate Stoppani otto anni prima, con “Il Bel Paese”, pronto a formare e preparare “giovani camminatori ammirati dalle varietà del paesaggio italiano”. Inviti ad assorbire, a riscaldare, tappa dopo tappa, lo straordinario patrimonio dell’Italia, nonché momenti per offrire tutta “l’importanza dello sviluppo turistico nell’economia generale del Paese”, come ancora sottolineava alla presentazione il presidente della Fondazione Torino Musei, Massimo Broccio.

Un lungo percorso, un cammino dove si sono avvicendate vedute artistiche e pubblicità che con bei visi e corpi pieni di fascino, con costumi che coprivano sino al collo, ahi ahi il moto censorio!, ma che prima o poi avrebbero esibito spavalde nudità di ninfe e più in là coloratissime tute con tanto di sci ai piedi: “Prima del documentario filmico, dei cinegiornali e della televisione – spiega ancora Villa – e molto prima della diffusione del fotogiornalismo, e però dopo la grande stagione ottocentesca dell’illustrazione incisa, il manifesto propone un’immagine del paese esplicitamente rivolta a suggerire e motivare l’avventura turistica, o più semplicemente una piacevole vacanza”. Facendo prendere una diversa strada all’arte, si consoliderà la necessità di raccontare delle storie o spunti velocissimi, il particolare per il tutto (sarà necessario mettere soltanto in primissimo piano il capitello dorico di un suo tempio per spingere il desideroso visitatore ad un viaggio a Paestum: di Virgilio Retrosi, allievo di Duilio Cambellotti, 1950) e di lasciar immaginare delle favole (una tra le tante signorine grandifirme in versione vacanze, toccherà il cuore di Gino Boccasile, nel 1948, dare vita alla “ragazza in verde” sulle nevi del “Sestrières”, con tanto di esse finale, intenta a levarsi, abbronzatissima, la giacca, mentre tra biancore e vette fanno da sfondo le architetture razionaliste delle torri di Bonadé Bottino (la località alpina è vista anche nel ’32 da Umberto Romano, con un trionfo di colori aranciati qua e là disseminati lungo tutto l’orizzonte).

Un lungo percorso, composto da più che 150 manifesti, tre le realtà di importanti prestatori, Wolfsoniana (Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Genova), la Civica Raccolta delle Stampe ”Achille Bertarelli” (Castello Sforzesco, Milano) e Museo nazionale Collezione Salce di Treviso. Materiale fragile di perenne tutela, prezioso, “un mondo di carta” lo si è definito che è anche “filtro d’eccezione attraverso cui leggere lo sviluppo di una intera società”, uno sguardo che abbraccia itinerari e città e ambienti, oggetti della quotidianità, panorami generali e il gusto per il particolare, scritte folgoranti che incamerano le migliori qualità di questa o quella località (per Recoaro, “stazione climatica di primo ordine, la più rinomata e frequentata d’Italia”, si infittiscono gli strilli con il megafono dell’idroterapia e dell’elettroterapia e della ginnastica medica con tanto di salutari svolgimenti, secondo un anonimo illustratore del 1910), la ricerca doverosa di mercati stranieri e il risveglio di nuovi interessi – “Connais-tu la douce terre?” si chiede ai futuri visitatori d’oltralpe, sfoggiando un’intera rete stradale che accomuna un antico tempio e un trio d’agrumi che restringono il pensiero alla sola Sicilia; “la plus belle plage du monde” viene reclamizzato il Lido veneziano – spazio di sole di allegria, affatto memore degli occhi languidi di Gustav von Aschenback davanti a Tadzio, con una struggente atmosfera creata dalle musiche mahleriane -, un’immagine affollata di mesdames in abiti candidi e larghi cappelli che nemmeno Silvana Mangano e di messieurs in calzoni bianchi e giacca blu più cravatta e paglietta a riparare, sberleffo antico all’influencer partenopea di oggi e schiaffo sonoro a noi che oggi ci amareggiamo per Roccaraso straffollata, un’opera firmata Elio Ettore Ximenes, in nove righe di testo d’oltralpe che sono il trionfo delle lampanti bellezze del luogo: “stazione climatica e balneare di primavera estate autunno, clima senza variazioni di temperatura né venti violenti, brezza di mare leggera e tonificante, massimo 28°” e via di questo passo.

Spiega Dario Cimorelli che non s’è mai avuto in precedenza un panorama che così appieno ritraesse il discorso pubblicitario immerso nei primi cinquant’anni dello scorso secolo, una visione parziale tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta soltanto. “Visitate l’Italia!” è pronta ad accompagnare chi vorrà visitare la mostra in un abbraccio unico, a iniziare dalla ragazza domatrice di un grande pesce vermiglio, capace d’ospitare nella sua forma ricurva i festeggiamenti e quanto di gradevole passasse nella stagione balneare del 1922 a Rimini, opera di Marcello Dudovich, della Collezione Salce, anticipando nelle forme e nei colori i sogni felliniani, tra le tabaccaie e la caduta della neve con la visione visionaria e fanciullesca del pavone e un “gradisca, prinzip”, quando la città romagnola veniva definita “l’Ostenda d’Italia” nel capolavoro di Mario Borgoni. Nella vicina Cesatico, con Franzoni, già ad inizio secolo (1905) si sfoggiavano “i bagni di mare le centinaia di ville sulla spiaggia aree fabbricabili gratuite”, chissà se con buona pace di ogni piano regolatore: e pensare che sta pure appeso, lui, in mostra, il quadretto da bucolica virgiliana che reclamizza (siamo all’ultimo anno dell’Ottocento), vero ritorno ad un tranquillo impressionismo, il “Monte Rosa da Macugnaga”, con tanto di verde incontaminato, di grange e mucche al pascolo, di chiesetta e cime immacolate, tutto tra una (invidiabile? invochiamo i differenti punti di vista, ieri e oggi) tranquillità che certo andava a braccetto con il quietissimo vivere.

Città – Torino “capitale”, con le immagini di Adalberto Campagnoli, piazza Carlo Felice con lo zampillo della sua fontana e via Roma illuminatissima di insegne che nessuno ricorda più (1939) o una cappelliera che snoda il nastro azzurro del fiume con tanto di Mole e Valentino, di Porte Palatine e di Torre Littoria, chiaramente con accompagnamento d’obbligo di auto e ciminiera; e poi Amalfi e la Salerno di Vincenzo Alicandri del ’26, Ercolano scoperta del grande macigno che la seppellisce (Dudovich, 1928) e Pompei con un invitante ante litteram “visitate Pompei di notte” (Giuseppe Riccobaldi, 1938), Firenze dove svetta il Brunelleschi e Padova con il Gattamelata (ancora Dudovich, 1928 circa), e Bologna e Ravenna, e Ferrara e Mantova, Palermo e la cattedrale e le Puglie con il castello di Federico. Mentre, con spirito turistico/patriottico Amos Scorzon rivolge la propria attenzione a spingere dieci anni dopo la fine del conflitto alla visita dei “campi di battaglia, Sabotino e Basso Isonzo”, si spingono i prossimi villeggianti verso le terme – Montecatini, Porretta, Chianciano, San Pellegrino, Acqui -, verso i laghi – la Punta di Balbianello e il lago Como, Bellagio con il suo Grand Hotel, il lago Maggiore e l’isola dei Pescatori, Gardone tra bellezze femminili e frutti e rosacei fiori -, verso la scoperta delle isole maggiori e del Tirreno – si guarda con futuro piacere alle perle di Alassio e Bordighera, con i colori di Carlo Pellegrini (1905, una coppia per noi antichissima, con calesse e cocchiere sullo sfondo di una via Aurelia del tutto solitaria) e di Filippo Romoli (ancora Bordighera, ma del 1948, un moderno paio d’occhiali da sole posati su di un libro e una sedia a sdraio a rigoni gialli e rossi), Finale Ligure vista da Aurelio Craffonara, nel ’29, attraverso il pertugio della Caprazoppa.

Ogni cosa apprezzata e ricercata considerando “il progresso economico, la forte e innovativa espansione dell’edilizia urbana e ancor più il grandioso sviluppo della rete ferroviaria”, un’epoca speciale, dove le persone – comuni – a poco prendono a muoversi e a scoprire laddove prima era appannaggio dell’aristocrazia e della grande borghesia”. Finita la guerra, c’è voglia di costruire (e di ricostruire), si inneggia come s’era inneggiato una trentina d’anni prima ai mezzi di comunicazione celebrati dal credo futurista, si viaggia, ci si sposta, si visita e s’apprende, “nasce un nuovo modo di rapportarsi con il territorio e il tempo libero”, si fanno vistosi passi in avanti come già s’era fatto nel 1905 quando le Ferrovie erano diventate ente pubblico e soprattutto nel 1919 con la nascita dell’ENIT, l’Ente Nazionale per l’incremento delle industrie turistiche, non soltanto viaggi e percorsi e passeggiate ma altresì aperture d’uffici e mostre, redazionali nei giornali, la stampa di opuscoli e cartine e guide, e immagini e parole accattivanti fortemente volute dal Touring Club Italiano. Piacere e sviluppo. Forse qualcuno dei nostri padri o nonni ancora come i villeggianti alla base delle Dolomiti, gli occhi strabuzzati, nel manifesto di Sandro Bidasio degli Imberti, del ‘49: ma anche qui la parola d’ordine suona “visitate”, all’insegna di una autentica rinascita dell’intero paese.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Marcello Dudovich, “Rimini. Stagione balneare 1922 (giugno – settembre), 1922, Milano prop. Art. Grafiche Baroni &C., Treviso, Museo Naz. Coll. Salce; Agostino Luigi Sacchi, “Portofino Kulm. Panorama verso Ponente”, 1905 circa, Treviso, Museo Naz. Coll. Salce; Mario Borgoni, “Amalfi”, 1927 circa, Napoli Richter&C., Milano, Castello Sforzesco, Civica Raccolta “Achille Bertarelli”; Gino Boccasile, “Val d’Aosta. Sport invernali”, 1940, Milano Stabilimento Pezzini, Treviso Museo Naz. Coll. Salce; Crea – Centro Grafico Pubblicitario, “Torino”, 1949, Torino Gros Monti&C., Treviso Museo Naz. Coll. Salce; Sandro Bidasio degli Imberti detto Sabi, “Dolomiti”, 1949, Castelfranco Veneto Grafiche Trevisan, Treviso Museo Naz. Coll. Salce.

Lopez e Solenghi al Teatro Colosseo

Giovedì 13 e venerdì 14 febbraio ore 20.30

MASSIMO LOPEZ E TULLIO SOLENGHI

Dove eravamo rimasti

Poltronissima € 39,50 / Poltrona € 33,50 / Galleria A € 33,50 / Galleria B € 29,00 / Ridotto under 16 € 31,00

Spettacolo di arti varie scritto da Massimo Lopez e Tullio Solenghi con la collaborazione di Giorgio Cappozzo

con la JAZZ COMPANY diretta dal M° Gabriele Comeglio

produzione International Music and Arts

 

“La sensazione più esaltante del nostro ultimo spettacolo, “Massimo Lopez e Tullio Solenghi Show” è stata quella di avere di fronte a noi ogni sera non soltanto un pubblico empatico e festoso, ma una sorta di famiglia allargata, dei veri e propri parenti che hanno condiviso alcuni momenti della nostra avventura scenica con frammenti della loro vita. Ecco perché abbiamo voluto ripartire proprio da qui, non a caso l’abbiamo battezzato “Dove eravamo rimasti”. Questo nostro nuovo spettacolo proporrà numeri/sketch/brani musicali/contributi video, con alcuni picchi di comicità come una lectio magistralis di Sgarbi/Lopez, un affettuoso omaggio all’avanspettacolo ed il confronto Mattarella/ Papa Bergoglio, inseriti nella nostra ormai collaudata dimensione dello Show. Il filo conduttore sarà quello di una chiacchierata tra amici, la famiglia allargata di cui sopra, che collegherà i vari momenti di spettacolo. La band del maestro Gabriele Comeglio sarà ancora una volta con noi sul palco, irrinunciabile “spalla” della cornice musicale. L’intento è quello di stupire ed emozionare ancora una volta quei meravigliosi “parenti” seduti giù in platea.”

Tutte le informazioni sul sito e sui profili social del Teatro www.teatrocolosseo.it

“Ho voglia di essere in balìa di una grande follia…”

Music Tales, la rubrica musicale 

“Che vita senza qualità

che miseria, che tormenti, che inquinamenti!

Ho voglia di essere in balìa di una grande follia,

non pensare più nè a me, nè all’io, addio [a Dio?]”

Brano iniziale di un disco davvero unico in Italia, “Incoerente jazz”, con il quale Rossana Casale si fece notare al grande pubblico, grazie anche all’esibizione a Sanremo nel 1989, proprio con questa canzone. Disco unico perché con una musicalità lontana dagli standard italiani dell’epoca e non solo. Straordinario l’uso del contrabbasso, che costruisce e struttura il brano dall’inizio alla fine in maniera molto marcata e non usuale. Straordinaria per me magari no   la voce sottile di Rossana, che però  dipinge una traccia onirica, che fa da cacio sui maccheroni alle armonie jazz suonate dagli strumenti. Un evergreen che ancora si ascolta benissimo, penso anche per i contenuti attualissimi.
Lei, Rossana Casale, figlia del fotografo statunitense Giac Casale, inizia la sua carriera negli anni Settanta con una lunga gavetta come corista per Vasco Rossi, Edoardo Bennato, Riccardo Cocciante, Mina, Donatello (nell’album del 1975 Il tempo degli dei), Al Bano e Romina Power (è presente all’Eurovision Song Contest 1976 come corista del duo) e, soprattutto, nei concerti dal vivo per Mia Martini e successivamente per la sorella Loredana Bertè.
Nel 1979 incide due singoli da solista: il primo, con lo pseudonimo Annette Hillmann, dal titolo Couldn’t you imagine, prodotto da Detto Mariano, sigla dell’inchiesta televisiva Mille non più mille di Leandro Castellani, il secondo, …A Uno, questa volta con lo pseudonimo Miss Mystery, scritto e prodotto da Franco Godi.
Nell’ 80 ha partecipato come corista con Marco Ferradini al tour di Umberto Tozzi con i musicisti americani. Tour che è riportato nel doppio “Tozzi in concerto” dello stesso anno.
In seguito compare come cantante in molte produzioni Italo disco in progetti quali Eva Eva Eva, Casanova, Bizzy & Co., Pink Project, Kano, N.O.I.A., e collabora con Mike Francis e con il gruppo Klein + M.B.O., con il quale incide il singolo Dirty Talk, pubblicato inizialmente soltanto a Milano nel 1982 che diventò una hit internazionale del circolo underground, oggetto di cover da parte della dj francese Miss Kittin e di sample da parte dei New Order e di Timbaland.
Il primo singolo a suo nome, Didin, scritto da lei con Alberto Fortis, esce nel 1983. Nello stesso anno recita nel film di Pupi Avati Una gita scolastica, come comparsa, e partecipa alla colonna sonora con i brani L’incanto e A tu per tu.
Nel 1984 esce il suo primo album Rossana Casale, prodotto dalla Premiata Forneria Marconi.
Nel 1986 ottiene un buon successo al Festival di Sanremo con Brividi, brano scritto da Maurizio Fabrizio, come pure la sua canzone di Sanremo dell’anno successivo, Destino. Del 1986 è l’album La via dei Misteri. Nell’autunno del 1986 partecipa a “Premiatissima 86” che vince con la canzone “Nuova vita”.
In seguito la sua produzione discografica si avvicina alle sonorità più sofisticate della musica jazz con ottiene i suoi primi riconoscimenti all’Umbria Jazz.
Partecipa a Sanremo altre tre volte: nel 1989 con A che servono gli dei (contenuto nell’album Incoerente Jazz), nel 1991 con Terra (contenuto nell’album Lo stato naturale, in cui vengono fuse sonorità etniche e jazz), e nel 1993, quando arriva terza cantando in coppia con Grazia Di Michele Gli amori diversi (poi seguito dall’album Alba Argentina).
“La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”.
Buon ascolto
CHIARA DE CARLO
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