CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 377

“Collisioni 2022” Ritorna ad Alba il Festival “Agrirock”

Tutto dedicato ai giovani. Inizio effervescente con l’attesissimo Blanco

Da sabato 9 a domenica 17 luglio

Alba (Cuneo)

Nei giorni scorsi la presentazione in Regione Piemonte, ancora capofila (insieme, fra gli altri, al Comune di Alba, alle Fondazioni CRC e CRT con Banca d’Alba) nella realizzazione del Festival, che fra meno di un mese, dal 9 al 17 luglio, tornerà ad accogliere il grande pubblico, in versione interamente made in Italy, in piazza Medford ad Alba. Edizione speciale speciale, “Collisioni 2022” sarà quest’anno interamente dedicata ai giovani. Ne sono attesi – dicono gli organizzatori – più di 50mila, provenienti da tutt’Italia. L’obiettivo è quello di realizzare per loro un grande happening musicale, per festeggiare finalmente la prima estate di “normalità” dopo due anni di chiusure di concerti, scuole, attività ricreative e sportive. “Verso i giovani– hanno sottolineato il presidente della Regione, Alberto Cirio, e l’assessore regionale alla Cultura e al Turismo, Vittoria Poggi – abbiamo un debito come comunità, essendo stati proprio loro i più frenati nel percorso più delicato della loro formazione durante la pandemia. E a loro diciamo grazie, così come agli organizzatori, agli sponsor e all’amministrazione per avere mantenuto alta l’asticella della qualità di questa edizione con ospiti che sapranno infiammare l’entusiasmo di un pubblico che arriverà da tutta Italia e non soltanto”. Partenza, dunque, sabato 9 luglio, allorché la line up del Festival ospiterà l’unica data estiva in Piemonte (il concerto è già sold out da giorni) dell’attesissimo Blanco, preceduto da un live di gIANMARIADomenica 10 si prosegue con i Pinguini Tattici Nucleari preceduti da La Rappresentante di Lista (ormai un tormentone la loro “Ciao ciao” presentata all’ultimo Sanremo). Mentre sabato 16 luglio, sarà la volta di “Tutto Normale”, la grande giornata del Festival, nata da un’idea degli studenti di Alba e organizzato da “Collisioni” in collaborazione con “Banca D’Alba”, per consentire a tutti i giovani presenti di assistere a 5 concerti con un solo biglietto5 ore non stop di live che vedranno susseguirsi ininterrottamente sul palco alcuni dei nomi attualmente più osannati dalle nuove generazioni, da Madame a Tananai a sangiovanni fino a Frah Quintale e Coez. In chiusura, domenica 17 luglio, il concerto-spettacolo del famoso Stand-up Comedian Valerio Lundini accompagnato ad Alba dalla band I Vazzanikki, anche loro amatissimi dai giovani. A corollario del Festival – e sempre in un’ottica di particolare attenzione ai giovani – da segnalare anche il progetto speciale “La generazione delle idee” che (con la collaborazione di Fondazione CRC, che quest’anno festeggia i suoi trent’anni) ha permesso di coinvolgere nell’ambito di “Collisioni” migliaia di studenti della provincia di Cuneo, con laboratori e incontri in presenza a partire dal mese di marzo per la preparazione di videointerviste, workshop di fotografia, Social e radioweb, per rendere protagonisti proprio gli under 30 all’interno delle giornate del Festival. “Collisioni”, infine, anche quest’anno non perderà il suo carattere di “Festival Agrirock”, ospitando le eccellenze del territorio, dal latte piemontese (“Latterie Inalpi”) distribuito in forma di Yogurt ai prodotti di filiera corta di “Confederazione Italiana Agricoltori Cuneo” fino ai vini del “Consorzio Asti Docg”, bollicina ufficiale di “Collisioni”.

I biglietti di “Collisioni” (tranne per il concerto di Blanco, ormai esauriti) sono disponibili online su “Ticketone” e sugli altri circuiti o presso i punti vendita autorizzati.

Per ulteriori infowww.collisioni.it o press@collisioni.it

g.m.

Nelle foto:

–       Blanco

–       La Rappresentante di Lista (Ph. Gabriele Giussani)

Maurizio Briatta. La luce dentro casa illumina il mondo

Quando gli “interni” diventano racconto di vita e scrigni di poetica intimità

Da sabato 18 a venerdì 24 giugno

Appoggiato a terra, il ritratto fotografico di un volto femminile. Delicato, sguardo intrigante. Di chi osserva per capire. Non solo per vedere. Definito nella perfetta linearità dell’immagine, in un gioco di ombre e luci che rendono appieno la magia di un racconto che invita a superare il reale per leggere “oltre”, per porre e porci domande, quelle che abitano un presente o un passato su cui ancora non si sono definitivamente chiusi i conti. Altrove un vaso di tulipani, un convulso ma armonico intreccio di rossi, gialli e verdi riflessi nella cornice di un quadro, anch’esso (pare) messo lì in un angolo a terra. Presenza provvisoria, in attesa forse d’altra collocazione. E anche qui è la formidabile intensità del chiaroscuro a plasmare le cose. La vita in un interno. La vita in più interni. In via Palmieri, a Torino. O in quel di Mondrone. Un’agenda a tema natalizio. Arredi, filo e pulsante di una lampada riflessi sul  legno di una porta, specchio di misteriose immagini. Particolari fermati all’istante. Prima di capirne il senso. Che pure hanno. In quanto oggetti che custodiscono la memoria del tempo. Mi piace leggere così la piccola mostra fotografica “La luce dentro casa illumina il mondo” con cui si ripresenta, dopo l’assenza di alcuni anni dalla scena artistica subalpina, il torinese Maurizio Briatta. Sono quindici le immagini a colori che Briatta (alle spalle numerose mostre in Italia e all’estero) presenta, da sabato 18 a venerdì 24 giugno, presso gli spazi “Eikon_Museo della Fotografia” in piazza Statuto 13 a Torino. Curata da Tiziana Bonomo, anima e mente di “ArtPhoto”, la rassegna permette di riprendere le fila (in uno spazio amico qual è per l’artista quello di Gianni Oliva) di un discorso artistico che s’è mantenuto nel tempo nella ricerca di un linguaggio estremamente singolare fondato essenzialmente sul tema della “creatività nel colore”. E, a tal proposito, di lui scriveva giustamente Antonella Russo, storica della fotografia: “Elemento centrale della fotografia di Maurizio Briatta è l’uso del colore che è insieme forma e testo principale di ogni suo lavoro. In tal senso le sue non sono fotografie colorate a posteriori, ma al contrario immagini dove il colore è carne e materia viva di ogni stampa fotografica”. Colore e luce. Luci e ombre, per una poesia dalle semplici, ma non banali, connotazioni. Poesia del quotidiano. Così profonda da “ illuminare il mondo”. E la vita. Come sentiero fatto di salite e discese, di cadute e riprese dell’anima. Senza complicati intrecci emozionali, con quella “leggerezza  – scrive Tiziana Bonomo – che lo accomuna ai grandi fotografi italiani, ma con una contemporaneità artistica che lo differenzia da fotografi come Ghirri o Cresci. Briatta accetta infatti le provocazioni artistiche del nostro mondo senza alcuna retorica, costruendo una rima affatto diversa”. Tutta sua. Inconfondibile. Per quei decisi tagli di luce – colore – ombra capaci di sfidare (ben certi di spuntarla) la più banale realtà delle cose.

Gianni Milani

“Maurizio Briatta. La luce dentro casa illumina il mondo”

“Eikon_Museo della Fotografia”, piazza Statuto 13, Torino; tel. 348/8605090 o gianniolivafoto@gmail.com

Da sabato 18 a venerdì 24 giugno. Dal 25 giugno, su appuntamento

Orari: dalle 15 alle 19

Nelle foto:

–       “Interni via Palmieri 54”/1

–       “Interni via Palmieri 54”/2

–       “Interni via Palmieri 54”/5

–       “Interni Mondrone”/3

Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto: “Smartphone Sovereignty”

Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto 


Secondo appuntamento:

“Smartphone Sovereignty” (2022)

dell’enfant terrible della scena artistica islandese Snorri Ásmundsson

 

Inaugurazione > Giovedì 16 giugno, alle ore 18.30

Torino, Barriera di Milano, Piazza Bottesini

 

 

Giovedì 16 giugno, alle ore 18.30 in piazza Bottesini a Torino, inaugura il secondo appuntamento di Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto, il progetto ideato da Alessandro Bulgini e curato, per questa edizione dedicata all’arte islandese, dall’artista Jòn Gnarr. 

 

A sollecitare i passanti di piazza Bottesini in Barriera di Milano sarà l’opera Smartphone Sovereignty (2022) dell’enfant terrible della scena artistica islandese Snorri Ásmundsson. Classe 1966, attivista dell’arte, l’artista tratta spesso argomenti che includono tabù sociali come politica, sesso e religione. Provocatore e indagatore dei propri e altrui limiti, Ásmundsson realizza l’opera in occasione del 100° anniversario dell’indipendenza del Regno d’Islanda. La fotografia è scattata a Los Angeles unicamente con soggetti islandesi che risiedono nella metropoli e che guardano il loro smartphone sullo sfondo della famosa scritta che richiama al grande cinema made in USA.
Smartphone Sovereignty, infatti, vuole essere una satira contro il consumismo partendo dal mezzo che ci accomuna tutti, lo smartphone. 

 

Quando ho realizzato questo scatto volevo riflettere sul senso di indipendenza – commenta l’artista . Non credo, infatti, che possiamo davvero definirci indipendenti perché siamo dipendenti, in primis, da questo strumento, che diventa quasi una nostra propaggine, un nostro altro organo. Da questo strumento veniamo manipolati come consumatori, riceviamo pubblicità in base alle ricerche che facciamo, siamo condizionati… Inoltre, ambientare la fotografia a Hollywood per me ha significato molto: quando l’Islanda si è resa indipendente, la cultura americana l’ha fatta da padrone e i consumi, le mode, il cinema di Hollywood hanno permeato velocemente la nostra cultura e le nostre abitudini. Un’americanizzazione globale. La mia vuole essere una riflessione, semplicemente.

 

Una riflessione dunque sul senso di indipendenza e sovranità, un pensiero che si dimostra struggente nella sua attualità e che ci interroga sulla nostra reale libertà di scelta e autodeterminazione.

 

Il progetto artistico di Opera Viva, il Manifesto ha portato, dal 2015, in Barriera di Milano a Torino più di 40 artisti, italiani e stranieri, interpreti dello spazio pubblico di 6×3 metri in piazza Bottesini. 

 

 
Biografia Snorri Ásmundsson

Snorri Ásmundsson (nato a Akureyri, Islanda, nel 1966) lavora come artista visivo da oltre vent’anni. Snorri è impegnato come critico e osservatore della situazione sociale e, nella sua espressione artistica di rottura, utilizza vari mezzi di comunicazione, come ad esempio la pittura e il disegno, la scultura e le installazioni, la fotografia e il cinema.

L’amore di Loredana per Torino nel segno di F&L

Loredana Cella, curatrice di numerosi libri dedicati alla nostra città
Solare ed intraprendente sono i due aggettivi che meglio descrivono Loredana Cella, scrittrice e curatrice di diversi libri su Torino.
Loredana è nata e cresciuta nel cuore della nostra città, ricevendo l’influenza letteraria di scrittori illustri quali Carlo Fruttero e Franco Lucentini.
Gli occhi di Loredana si illuminano quando condivide con me i suoi ricordi d’infanzia a casa Fruttero: aveva solo sei anni ed era rimasta affascinata da quell’immensa libreria che caratterizzava il salone della casa; finchè un bel giorno, all’età di quattordici anni, fu proprio il signor Carlo a darle in prestito la sua collezione di libri di Pirandello, per avvicinarla al meraviglioso mondo della letteratura e del teatro di cui ancora oggi non può più farne a meno.
Nel mentre, Loredana inizia a lavorare come contabile ma non perde la passione e la dedizione per la letteratura a tal punto da trasformarla nel tempo in una professione.
Oggi è sia curatrice che scrittrice. Il suo amore per la città di Torino la portano a scrivere, insieme a Giuliano Vergnasco, il libro “Piazza Statuto e Porta Susa: un nuovo borgo per una futura capitale”, alla ricerca dei dettagli e delle curiosità più recondite che ogni torinese vorrebbe sapere. Come curatrice ricordiamo i libri “Piemontesi per sempre”,”Torinesi per sempre” e il recente “A Torino centro: storie quotidiane del cuore metropolitano” editi da Edizioni della Sera.
In questo ultimo libro, diversi autori raccontano aneddoti sulla nostra bellissima città: si ricordano le emozioni provate alle giostre che negli anni settanta riempivano Piazza Vittorio, le vicissitudini e le trasformazioni che il Baloon ha subito nel corso del tempo, la nascita della Torino cinematografica e gli aspetti più cupi e oscuri dell’esoterismo che ha sempre caratterizzato la nostra città. I racconti si susseguono incalzanti e la varietà di stili e di temi lo rendono avvincente fino all’ultima pagina, facendo diventare il libro un
 “must have” che ogni Torinese dovrebbe tenere sul comodino fino a lettura ultimata perchè, d’altronde, il vero amore per la nostra città passa dalla curiosità e dal ritrovamento di ciò che Torino è stata e ha rappresentato.
Ma le sorprese di Loredana non finiscono qui. Mentre parliamo, mi racconta di molti dei suoi progetti, uno in particolare che trovo davvero affascinante: la creazione di un salotto letterario nel centro di Torino.
Ad oggi, quest’idea è ancora virtuale e viene trasmessa grazie alla sua pagina Facebook “Il caffè letterario di Lory”, ma il desiderio di Loredana di trasformarlo in un vero e proprio luogo di ritrovo sociale aleggia tra le sue parole ed io per prima mi auguro che questo progetto possa concretizzarsi, ricreando così quegli spazi di ispirazione che hanno caratterizzato la vita culturale dei torinesi intellettuali, i quali hanno perso l’abitudine di ritrovarsi vis a vis in seguito all’avvento delle community che si sono create con il rapido sviluppo tecnologico.
La passione che Loredana ha per la città è davvero nobile e sembra quasi una vocazione. Per chi volesse restare aggiornato sugli eventi dedicati alla città può seguire “Il caffè letterario di Lory”, mentre è possibile acquistare i libri su Torino inviando un messaggio alla pagina Facebook o recandosi alla Feltrinelli del centro.
Tra i testi di recente uscita ricordiamo, inoltre, il titolo “Blu come…”, un libro diverso dal solito e dall’aspetto curioso; un viaggio emozionale all’interno del colore e di tutte le sensazioni ed i ricordi che ad esso possiamo associare.
Irene Cane

Alle Vallere Crazy magic show con il mago più alto del mondo 

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Venerdì 17 giugno alle 21.30 presso la Cascina delle Vallere, Crazy Magic Show, un vero e proprio irreality show con il mago più alto del mondo.

Primo appuntamento del Festival estivo Summerland Fest, curato da Santibriganti Teatro a Moncalieri.

Quando magia fa rima con Follia; Sereno Magic si destreggerà abilmente tra illusionismo e arti del varietà, il pubblico può essere sicuro di una cosa soltanto: tutto quel che accade sul palco è autenticamente falso! Prodigi improbabili e strampalate magie caleranno gli spettatori in un’atmosfera surreale, generando situazioni paradossali, da cui scaturiscono irrefrenabili risate. Lo spettacolo è scritto e realizzato da Marco Sereno, vero mattatore che si destreggia abilmente tra illusionismo e arti del varietà.

Serata ad ingresso libero, pensata per famiglie, adatta a bambini e in grado di divertire spettatori di ogni età.

Gli appuntamenti di Summerland Fest di Santibriganti Teatro proseguiranno fino al 2 settembre, al Giardino delle Rose e alla Cascina delle Vallere di Moncalieri. Spettacoli, concerti e matinée per i bambini allieteranno l’estate moncalierese. Inseriti nel grande palinsesto culturale Moncalieri Summer Experience della Città di Moncalieri. Gli eventi serali alterneranno teatro, musica, danze tradizioni, comicità e spettacoli di magia.

Nell’estate 2021 Santibriganti ci ha deliziato con Corte Palestro, quest’anno portiamo le loro produzioni al Giardino delle Rose e a Cascina Le Vallere, dove diventeranno con il cartellone Summerland Fest una parte significativa della proposta culturale complessiva che abbiamo organizzato per l’estate – sintetizza l’assessore alla Cultura Laura Pompeo – Lo spettacolo dal vivo rimane uno dei modi più belli per ritrovarsi e per passare del tempo insieme nei luoghi più belli di Moncalieri”.

Applausi per le musiche di Rolfini

Domenica scorsa, 12 giugno 2022 alle ore 16.30 presso l’auditorium del convento di “San Domenico” situato in via San Domenico n.1 a Chieri (Torino), si è tenuto il concerto per violoncello e pianoforte con le musiche composte da Antonio Rolfini. L’evento è stato organizzato dal Frate Priore Filippo Rubini in collaborazione con il gruppo artistico chierese Liber Art Life in occasione della giornata conclusiva della mostra di pittura intitolata “PERCORSI DI LUCE”. Gli esecutori (Simone Montanari al violoncello e Antonio Rolfini al pianoforte) hanno proposto un programma che ha rivelato una molteplicità di stili, (spaziando dal Tardo-Romantico al Blues, dal Newage alle sonorità contemporanee). Il numeroso pubblico presente e gli organizzatori sono rimasti molto soddisfatti: hanno dimostrato con lunghi applausi di avere ampiamente gradito l’esibizione proposta. Una giornata all’insegna dell’arte quindi, un connubio vincente tra musica e pittura che ha voluto rappresentare il germoglio di eventi futuri.

Volpiano, una serata in compagnia di Marco Malvaldi


Giovedì 16 giugno lo scrittore incontra il pubblico “in modo autentico e informale”

Giovedì 16 giugno alle 21 nella Sala Polivalente di Volpiano (via Trieste 1) è in programma «In viaggio con Marco Malvaldi», una serata per conoscere lo scrittore toscano «in modo autentico e informale»; voce fuori campo Davide Ruffinengo, ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria al numero 011.9882344 oppure 339.4673821.

Sottolinea la presentazione: «Dal suo esordio con “La briscola in cinque” all’ultimo romanzo “Chiusi fuori”, scritto con Samantha Bruzzone, Marco Malvaldi ha prodotto una bibliografia intrigante e geniale. Malvaldi si definisce un umorista ma con i suoi libri, oltre a un talentuoso intrattenimento, ha confezionato storie, rivitalizzato il giallo classico, divulgato scienza e riproposto personaggi come Ernesto Ragazzoni, Pellegrino Artusi e Leonardo Da Vinci».

Da New York a Torino, per la prima volta in Italia, la “Collezione Thomas Walther”

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Dal  “MoMA” a “CAMERA”

“Capolavori della fotografia moderna 1900-1940”

Fino al 26 giugno

Tecnicamente sublime. Capace di fermare al millesimo di secondo l’attimo che non poteva essere che quello. Così perfetta da fare a gara con la stessa realtà.  Fors’anche di superarla. La foto che vedete pubblicata a inizio articolo s’intitola “Class”, la firma è di John Gutmann (1905 – 1998), fotografo e pittore americano di origine tedesca, appartenente alla corrente del cosiddetto “realismo americano” della “Scuola di Ashcan”, quella rappresentata in primis, per  intenderci, da Edward Hopper fra i massimi nomi anticipanti la Pop Art.

Ebbene lo scatto di Guttman inquadra la campionessa olimpica di tuffi Majorie Gestring cristallizzata in una posizione assolutamente perfetta, tanto da apparire surreale: la giovane è sospesa in aria, in un cielo terso libero d’ogni intrusione fra l’obiettivo fotografico e lei, allineata al millimetro con il trampolino. Siamo nel 1935, Marjorie ha solo 12 anni e l’anno successivo  avrebbe conquistato il podio olimpico a Berlino, diventando all’epoca la più giovane medaglia d’oro al mondo. A questa seguiranno tante altre foto dell’atleta, ma nessuna mai riuscirà a raggiungere i “superbi” livelli di quella scattata da Guttman. La foto è sicuramente fra quelle  meritanti una prolungata sosta e un’attenta riflessione nel gruppone delle 230, datate inizi – prima metà del XX secolo, capolavori assoluti della storia della fotografia internazionale appartenenti alla prestigiosa “Collezione Thomas Walther”, acquisite dal “MoMA–Museum of Modern Art” di New York e, fino al 26 giugno, ospitate (per la prima volta in Italia) presso gli spazi di “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino. 121 i nomi degli artisti –molti leggendari – rappresentati nella mostra subalpina, alla sua terza ed ultima tappa europea , dopo aver soggiornato nei mesi scorsi al “Jeu de Pome” di Parigi e al “Masi” di Lugano. Mostra che ben rappresenta quel “fermento creativo che prende avvio in Europa subito dopo la Prima Guerra Mondiale – sottolineano gli organizzatori – per arrivare poi negli Stati Uniti, che accolgono in misura sempre maggiore gli intellettuali in fuga dall’Europa delle dittature, arrivando a diventare negli anni Quaranta il principale centro di produzione artistica mondiale”. Accanto ad immagini iconiche di fotografi americani come Alfred Stieglitz, Edward Steichen, Paul Strand, Walker Evans o Edward Weston e europei come Karl Blossfeldt, Brassaï, Henri Cartier-Bresson, André Kertész e August Sander, la Collezione valorizza il ruolo centrale delle donne nella prima fotografia moderna, con opere di Berenice Abbott, Marianne Breslauer, Claude Cahun, Lore Feininger, Florence Henri, Irene Hoffmann, Lotte Jocobi, Lee Miller, Tina Modotti, Germaine Krull, Lucia Moholy, Leni Riefenstahl e molte altre. Oltre ai capolavori della fotografia del Bauhaus (László Moholy-Nagy, Iwao Yamawaki), del costruttivismo (El Lissitzky, Aleksandr Rodčenko, Gustav Klutsis), del surrealismo (Man Ray, Maurice Tabard, Raoul Ubac) troviamo anche le sperimentazioni futuriste di Anton Giulio Bragaglia e le composizioni astratte di Luigi Veronesi, due fra gli italiani presenti in mostra insieme a Wanda Wulz e alla friulana Tina Modotti, cresciuta professionalmente in Messico accanto all’americano Edward Weston, suo  grande collega e compagno. L’articolato e ricco iter espositivo ci pone dinanzi ad una Collezione, quella di Thomas Walther (nato negli anni ’50 in Germania che, dal 1977 per vent’anni acquista fotografie, ovviamente tutte in biaco e nero, scattate fra le due guerre mondiali e acquistate dal “MoMA” nel 2001 e nel 2017), in cui si trovano immagini realizzate grazie alle nuove possibilità offerte dagli sviluppi tecnici della prima metà del Novecento, accanto ad una molteplicità di sperimentazioni linguistiche realizzate attraverso diverse tecniche: collages, doppie esposizioni, immagini cameraless e fotomontaggi che raccontano una nuova libertà di “intendere e usare la fotografia”.

Un vero e proprio tesoro acquisito in base ad una selezione del tutto personale; autori noti accanto a reporter assolutamente sconosciuti, tutti però accomunati “da un messaggio forte, convincente e capace di sposarsi bene con le altre opere”, come ricorda lo stesso Walther. Tutte  stampe originali, d’epoca. Nessuna maldestra ristampa. “Nel tempo mi sono convinto – ancora Walther – che il valore di una stampa ‘vintage’ superi l’importanza di una successiva perché ha una coerenza e una congruenza che la rende in un certo senso più convincente”. E la  mostra a “CAMERA” (che a pochi giorni dall’apertura ha già registrato oltre 3mila presenze) ne è chiara riprova.

Gianni Milani

“Capolavori della fotografia moderna 1900-1940”

“CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

Fino al 26 giugno

Orari: lun. e merc. 11/19, giov. 11/21, ven. – dom. 11/19

Nelle foto:

–         John Gutmann: “Class”, stampa alla gelatina ai sali d’argento, 1935, “MoMA New York”

–         Foto allestimento, “CAMERA”, Andrea Guemani

“Hot Club ed Turin” al Torino Jazz Festival

Soavi suonano ancora le note di quel tempo antico, quello capace di cullare le tradizioni, dove musica significa casa, unione, contenuto, valenza , libertà, essenza  di popoli davvero capaci di muoversi e vincere anche grazie al virtuosismo di chi, forse persino inconsapevolmente, fa dello stesso armonia, obbiettivo di vita e di virtù.
Un po’ come faceva il grande Django Reinhardt del clan Sinti Manouche. Un musicista gitano dall’estro innato, capace di far  scuotere il cuore del suo popolo e di far   vibrare una Parigi degli anni ’20,  ’30 e ’40, fino allo scioglimento del Quintette du Hot Club de France, lo storico gruppo capeggiato dalla chitarra di Django Reinhardt e dal violino di Stephane Grappelli.  Un gruppo che rese  celebri i  palchi del  gypsy jazz manouche contaminato con il jazz americano, il più eccellente e variegato. Uno stile musicale cadenzato, in cui trovano la massima espressione gli strumenti a corda come in primis la chitarra acustica, il violino, la fisarmonica, il contrabbasso e il clarinetto, tipiche formazioni delle band gitane.
Django rimane tutt’oggi il  capostipite di una storia antica che porta il tatoo di un genere musicale inconfondibile e inaffondabile. Tanti grandi artisti  contemporanei lo hanno emulato, continuando anche oggi a comporre sui loro pentagrammi contaminazioni davvero variopinte fra di loro.
La sonorità e la creatività espressiva dello swing degli anni trenta con il filone musicale del valse musette francese ed il virtuosismo eclettico gitano, danno davvero luogo ad armonie dal sapore altamente spettacolare, capaci però di rendersi magiche alle commistioni musicali anche di altri generi, facendo nascere nuove tendenze dal sapore decisamente interessante e travolgente, in grado di far battere il cuore.
Per questo che oggi, in occasione della  manifestazione musicale di prestigio del Torino Jazz Festival, che si protrae ormai dal 2012, famosa a livello internazionale, Diego Borotti, straordinario direttore artistico del TJF, sceglie un gruppo di giovani e talentuosi musicisti che decidono di  ricreare  il mitico gruppo “Hot Club de France”. Loro, per questo particolare evento, portano il nome di “HOT CLUB ED TURIN”. Punto di riferimento del gruppo è Giangiacomo Rosso, musicista emergente, punto di riferimento della chitarra manouche a Torino e protagonista di svariati altri progetti nel mondo del jazz, che riscontra , grazie anche alla riscoperta del più puro vocabolario stilistico e sonoro di Django Reinhardt,  un grande successo sul panorama musicale gypsy jazz manouche.
Le composizioni musicali di Giangiacomo Rosso si presentano assai virtuose, eclettiche e accattivanti. Questa musica, accarezzata dall’ispirazione di Django Reinhardt  è la “sua” musica,  come gli arrangiamenti  che lui sa far balzare all’orecchio non solo dei più esperti  in materia ma anche dei neofiti di questo genere musicale. Le sue melodie variegate rammentano le tradizioni del jazz manouche più verace, ma anche di quello  contemporaneo. Lui e i suoi compagni di viaggio,  hanno davvero la capacità di sussurrare al pubblico una preparazione musicale mirabile, ma anche accompagnata dalla sensibilità di un cuore capace di trasmettere ai suoi ascoltatori una passione musicale davvero unica  nella sua integrità.
Giangiacomo Rosso, con l’Hot Club ed Turin,  si accompagna quindi oggi con una formazione davvero affiatata con la quale è nata una sinergia complice e appassionante.
Insieme a lui troveremo quindi il fidato Michele Millesimo al contrabbasso, alla ritmica delle chitarre Manuel Baudino e Andrea Bottelli, quest’ultimo veterano del genere , dal tocco swing, cullato dalle sonorità vintage degli Harlem Swing Society. Infine Stefano Ivaldi, o dovremmo dire Stephane, figlio d’arte e solista d’eccezione, che in questo contesto parlerà con un delicatissimo linguaggio puramente jazz, applicato alla carezza del suo violino.
L’Hot Club ed Turin, ci regalerà nuovamente un salto alle origini, con un romanticismo davvero sorprendente, capace di esaltare con sonorità contemporanee il vero sapore dell’ascolto, affascinandoci con la sua originalità, nell’allegria incontenibile di un ritmo sofisticato ma al tempo stesso leggero e spensierato. Durante l’ascolto di questa musica, nell’incanto della sua magia,  balzeranno alla nostra mente panorami  verdi, gioiosi e incontaminati, dove chitarre uniche nel loro genere, sfilano su bateau mouche lungo la Senna,  tra le mani di grandi e piccini,  quasi inconsapevoli della loro virtuosità , ma capaci di tramandare  con allegria la vita in musica, nella cultura colorata di una storia che ha davvero tanto da raccontare per le sue gioie e i suoi dolori.
Grazie a questa manifestazione unica nel suo genere, organizzata dall’impeccabile organizzazione del TJF (Torino Jazz Festival ) e sostenuta dalle varie Associazioni Musicali, come in questo caso quella di Torino : Associazione Jazz Manouche Django Reinhard  Torino, che senza alcun scopo di lucro, con passione e tenacia, sostengono da anni questi meravigliosi e talentuosi artisti,  Torino riesce fortunatamente ancora a mantenere la sua storia più antica, nel rispetto di una città che da anni si batte per mantenere la sua tradizione musicale e il suo valore inconfondibile, fiore all’occhiello di una notorietà che negli anni ha  davvero saputo fare la differenza.
Sosteniamo quindi tutti loro con la nostra presenza, per formare un pubblico numeroso e davvero attivo, capace di acclamarne il più autentico significato della musica, nel rispetto di un valore  imprescindibile e non solo un optional….perché la musica non è solo cultura, ma è vita!
Monica Chiusano
Gli “Hot Club ed Turin” si esibiranno, come da programma evidenziato sul sito del TJF, nella data del 15.06.2022 nel locale “Rabezzana” situato in via San Francesco D’assisi 23/C,   alle h. 19.00.

Il 19 giugno a Macugnaga gli scrittori di montagna

Domenica 19 giugno la Chiesa Vecchia di Macugnaga ospiterà, nel piccolo cimitero a fianco, la cerimonia di inaugurazione della lapide che completa l’elenco dei soci del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna scomparsi a tutto il 2021.

L’evento prevede la benedizione alle 9,00 del mattino alla quale farà seguito una esecuzione di canti della montagna con il coro Monte Rosa e la Santa Messa nella chiesa dedicata a Santa Maria, uno dei simboli del paese ai piedi della parete Est del Rosa. Il Gruppo Italiano Scrittori di Montagna – Accademia di arte e di cultura alpina (G.I.S.M) nacque a Torino il 14 aprile 1929 per iniziativa di alcuni alpinisti e intellettuali appassionati di montagna come Agostino Ferrari e Adolfo Balliano. Una scelta compiuta in aperta polemica e in opposizione al trasferimento del Club Alpino Italiano a Roma e all’inquadramento dell’alpinismo nello “sport fascista”, aggregando al CONI il sodalizio fondato a Torino da Quintino Sella nel 1863. Ai fondatori del GISM risultava inaccettabile e riduttiva la definizione di alpinismo come semplice “sport”, omettendone i valori ideali, la creatività spirituale e artistica di un’ascensione dove non conta la competizione ma il senso dell’avventura, l’esempio virtuoso di un rapporto sostenibile tra l’uomo e l’ambiente montano. Dell’evento venne data notizia nel giugno del ’29 sulla rivista “Alpinismo” e una trentina di aderenti iniziarono a riunirsi almeno una volta all’anno per scambiare idee, proporre iniziative, progettare azioni sui temi legati alla montagna. Venne bandito un concorso per un opera di letteratura alpina con un premio in denaro di 2000 lire ( circa duemila euro di oggi). Fu creata una particolare categoria di soci onorari e tra i primi a potersi fregiare di questo titolo ci furono il torinese Guido Rey — alpinista, scrittore di montagna, fotografo artistico e nipote di Quintino Sella, ribattezzato il “poeta del Cervino” per il volume monumentale che dedicò alla terza montagna più alta d’Italia — e il francese Paul Guiton, uno dei pionieri della letteratura alpina, autore di numerosi libri sulla Savoia e le Alpi del Delfinato. Il 20 luglio 1929, in occasione della riunione al Colle del Lautaret della Giuria del Prix Littéraire des Alpes Françaises, fu proprio Paul Guiton a salutare la nascita del Gruppo con un telegramma di simpatia e fraternità inviato ad Adolfo Balliano, Segretario del GISM. Contribuirono alla prima fase costituente del GISM altri importanti scrittori dell’epoca come Giovanni Bobba (coautore con Luigi Vaccarone e Alessandro Martelli della prima guida della Alpi Occidentali), Franco Grottanelli, Attilio Viriglio (direttore del Museo della Montagna, autore di biografie e racconti di montagna), il Conte Carlo Toesca di Castellazzo (alpinista che per un quarto di secolo svolse l’incarico di presidente dell’Unione Escursionisti di Torino),Giuseppe Lampugnani (autore con i fratelli Giovanni Battista e Giuseppe Fortunato Gugliermina del volume “Vette”sulle ascensioni nei gruppi del Rosa, Cervino e Monte Bianco dal 1896 al 1921 ) e Ugo De Amicis, autore di racconti e alpinista il cui impegno letterario patì il confronto con la fama del padre Edmondo, celebre autore di Cuore. Tra i primi soci illustri che aderirono all’associazione non va dimenticato Luigi Amedeo di Savoia, il Duca degli Abruzzi. L’esponente della casa reale, notissimo esploratorein poco più di un decennio, tra il 1897 e il 1909, compì le celebri spedizioni in Alaska, al Polo Nord (a bordo della “Stella Polare”) e le ascensioni sulle vette delle Alpi e sulle più alte montagne d’Africa e Asia. L’attività del GISM, grazie agli autorevoli frequentatori delle montagne, pose in risalto gli ideali dei pionieri, da Quintino Sella in poi, inculcando nei giovani soprattutto l’amore per le vette e vallate alpine. Un impegno culturale svolto attraverso articoli sulle riviste specializzate, pubblicazione di volumi in apposite collane come “La picozza e la penna”, ideata e promossa da Adolfo Balliano, editando dal giugno del 1943 un proprio mensile intitolato semplicemente “Montagna”, utile e funzionale per dar voce ai soci dell’associazione. Lo scarno statuto originario venne modificato precisando le categorie dei soci fondatori ordinari e simpatizzanti (o aggregati) e la sigla GISM (Gloriae Itinera Super Montes) venne interpretata come associazione di persone che ai monti dedicano attività artistica e culturale (scrittori, pittori, architetti, fotografi, giornalisti) e cioè gruppo di letteratura arte e cultura alpina. L’attività del sodalizio si intensificò e la lista dei soci, a riprova dell’eco positiva che l’iniziativa stava riscuotendo nell’ambiente culturale alpino, si arricchì con le adesioni dell’Abate Henry ( come socio onorario), di Dino Buzzati (giornalista e autore di Barnabo delle montagne, Il segreto del bosco vecchio, Il deserto dei Tartari) e dell’alpinista Piero Ghiglione (scrisse Dalle Ande all’Himalaya e Le mie scalate nei cinque continenti), il saggista esperto in toponomastica Giovanni De Simoni, il poeta Giovanni Bertacchi, il giornalista e autore della Guida sciistica del Sestriere Guido Tonella. Il GISM annoverò tra i suoi aderenti anche le autorevoli firme di Camillo Giussani, Sandro Prada, Aurelio Garobbio, Gaspare Pasini, l’ingegner Giovanni Bertoglio (redattore della “Rivista mensile” del CAI dal 1953 al 1976 e presidente della Biblioteca Nazionale del Club alpino), Stefano Soardi (tra i fondatori dell’Unione Giovani Escursionisti Torinesi), lo scrittore canavesano di Montalto Dora Salvator Gotta, autore del celebre romanzo per ragazzi “Piccolo alpino” e, più tardi, lo scrittore e alpinista Cesare Maestri, il “ragno delle Dolomiti”. A Macugnaga, ai piedi della parete Est del Monte Rosa, la più alta delle Alpi, il piccolo cimitero degli alpinisti accanto alla Chiesa Vecchia ospita una grande lapide con gran parte dei nomi dei soci scomparsi del GISM. Decine e decine di nomi famosi tra scrittori e amanti della montagna come Giulio Bedeschi ( autore di “Centomila gavette di ghiaccio”),Carlo Passerin d’Entreves, il compositore torinese Leone Sinigaglia che fu vittima dell’Olocausto, Gianni Aimar (giornalista torinese, autore di varie opere sul celebre “re di pietra” e sulla gente del Monviso), alpinisti come Cesarino Fava e Riccardo Cassin, uno dei più forti scalatori del Novecento, l’etnologo e scrittore Fosco Maraini. Sotto il portichetto, in basso, riposano anche i resti di Ettore Zapparoli, scrittore e musicista che il grande scalatore Emilio Comici definì “l’unico vero alpinista solitario”. Zapparoli, anch’esso socio del GISM, scomparve durante un’ascensione sul Rosa nell’agosto del 1951. Il suo corpo non venne ritrovato fino all’estate del 2007 quando vennero alla luce un femore, alcune costole, un dito e dei brandelli di abiti che l’esame del Dna attribuì allo sfortunato rocciatore lombardo, amico di Dino Buzzati e Guido Rey. Dalla nascita del Gruppo Scrittori Italiani di Montagna sono trascorsi più di novant’anni, nelle sue file sono passati gran parte dei nomi più illustri dell’alpinismo e della cultura italiana, impegnati nel dar voce alla bellezza, ai silenzi e ai valori delle montagne. In conclusione è giusto ricordare, tra le figure più significative, Spiro Dalla Porta Xydias, scomparso nel 2017 a quasi cent’anni, per più di trenta presidente del GISM e Accademico del Club Alpino Italiano. Era nato a Losanna da genitori triestini e greci il 21 febbraio 1917, nello stesso giorno di Emilio Comici, anch’esso triestino. In qualche modo Spiro si sentiva l’erede spirituale del più grande talento alpinistico nel periodo compreso tra le due guerre. Affermava che “l’arte ha il difetto di innalzare solo lo spirito, l’alpinismo innalza tutto l’essere umano, compreso il suo corpo. La montagna ti offre il concetto dell’alto, dell’avvicinarsi al cielo. È una via e in questo senso è un dono”. Se il GISM continuerà a produrre cultura, a sostenere la conoscenza della montagna e dei valori che rappresenta, immaginandone un futuro possibile è anche grazie a tutto il lavoro e alle esperienze manifestatesi nell’arco dei decenni per far comprendere quanto le montagne hanno da offrire.

Marco Travaglini