CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 348

La Piccina Commedia Dante e i ragazzi tra educazione e ricreazione

MUSLI – Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia. Palazzo Barolo – Via Corte d’Appello 20/C -29 aprile – 26 giugno 2022

(Inaugurazione venerdì 29 aprile alle 17.30)

Piccolina, ma pur sempre “Divina”, la Commedia dantesca continua a far parlare di sé nell’anno che segue il “Dante 700” che ha celebrato i sette secoli dalla sua scomparsa. Lo fa con la mostra “Piccina Commedia – Dante e i ragazzi tra educazione e ricreazione”, progetto di ricerca sviluppato nel corso del 2021 dalla Fondazione Tancredi di Barolo in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e visitabile presso il MUSLI, Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia di via Corte d’Appello 20/C a Torino dal 29 aprile al 26 giugno 2022.

L’esposizione si propone di documentare la presenza di Dante e della sua opera nella produzione editoriale italiana destinata ai giovani nel periodo tra il 1850 e il 1950, sia nei libri di letteratura per ragazzi che nei testi scolastici.

4 passi nell’universo dantesco

La prima sezione del percorso è riservata a “Dante e la Divina Commedia in 100 anni di libri e periodici illustrati per ragazzi in Italia”. Il visitatore vi potrà esplorare quella suggestiva zona di confine tra letteratura popolare e per l’infanzia in cui convivono approcci divulgativi, educativi, didascalici e di colto intrattenimento, consistenti in traduzioni, adattamenti, versioni parodiche o umoristiche, testimonieranno anche l’esistenza di opere più o meno note al grande pubblico ma sempre dotate di spiccata intelligenza e creatività.

Sarà proposta una vasta e variegata iconografia utilizzata per avvicinare i giovani lettori al fascino del personaggio e della sua opera, soprattutto in epoche più recenti.

“Dante in Classe” è il titolo della seconda sezione della mostra; allestita in un’aula storica del MUSLI, presenta un’ampia selezione di libri, quaderni e materiale didattico di ogni genere che intende documentare la presenza del sommo Poeta nella scuola italiana del secolo scorso, un ambito specifico ancora poco conosciuto e frequentato. In questa selezione, spiccano la splendida litografia a colori di un manifesto didattico stampato da Paravia negli anni ’40 che raffigura uno spaccato dell’Inferno e rari pennini e inchiostri dedicati a Dante raccolti dal collezionista ed esperto calamofilo Stefano Lenti. Un ulteriore approfondimento tematico è dedicato alla presenza nella scuola della “Società Dante Alighieri” detta “la Dante”.

 

Dante, tra classicismo e contemporaneità

Il percorso, sospeso tra la tradizione iconografica dell’800 e del primo Novecento fino alla realtà aumentata, porrà in evidenza un approccio a Dante originale e capace di dialogare tra culture classiche e postmoderne: dalle illustrazioni del passato alle tavole contemporanee, fino alle creazioni tridimensionali rappresentate dalle “fotosculture” di Umberto Mastroianni, i pop-up di Massimo Missiroli e le visioni fantasy di Alfredo Podestà. A questi, si aggiungeranno alcuni progetti di libri animati destinati a grandi e piccini, realizzati nell’anno scolastico 2020/2021 dagli studenti dell’indirizzo “Design del Libro” del Liceo Artistico Passoni di Torino.

Tra gli artisti più significativi, spesso influenzati dalle archetipiche illustrazioni che Gustave Doré realizzò per la Divina Commedia nel 1861, vi sono Enrico Mazzanti, Antonio Maria Nardi, Piero Bernardini, Giovanni Battista Galizzi, Gustavino (Gustavo Rosso), Mario Zampini, Manfredo Manfredini, Tancredi Scarpelli e Corrado Sarri. Riguardo all’interpretazione moderna e contemporanea dell’universo dantesco, saranno protagonisti “Topolino all’Inferno”, con le celebri tavole realizzate da Guido Martina e Angelo Bioletto, rispettivamente sceneggiatore e disegnatore della celebre parodia disneyana, e un inusuale “Pinocchio” in viaggio nei gironi infernali, frutto della vivace immaginazione di Marco Corona.

La mostra in sintesi

Il Progetto di ricerca, sviluppato nell’arco del 2021 nell’ambito di Dante 700 Unito è stato realizzato dalla Fondazione Tancredi di Barolo. La mostra, allestita al MUSLI come integrazione del Percorso libro e del Percorso scuola, è curata da Pompeo Vagliani ed è corredata da una pubblicazione che raccoglie l’intero progetto di ricerca con saggi del curatore e di Luciana Pasino.

La mostra sarà visitabile negli orari di apertura del MUSLI (sabato e domenica ore 14.00-19.00) ed è inclusa nel costo del biglietto: intero 8,00 euro (gratuito per abbonamento musei, minori di 11 anni e ridotto 5,00 euro per possessori di Piemonte card).

Nel corso della mostra sono previsti eventi e attività laboratoriali di cui sarà disponibile a breve un calendario dettagliato.

Il MUSLI

Il Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia, è la principale emanazione della Fondazione Tancredi di Barolo. L’ente museale si propone di coniugare l’attenzione alle radici storiche “locali” con la storia dell’educazione e dell’editoria per l’infanzia della nostra Regione, senza perdere di vista la dimensione internazionale.

Arte a 33 giri: la cultura pop in 150 vinili in un nuovo esclusivo spazio espositivo, Musa

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Dal 15 aprile all’11 settembre lo Spazio Musa a Torino ospita una mostra dedicata ai vinili d’autore, Arte a 33 giri

Un viaggio nella storia della musica e nei capolavori dell’iconografia pop del Novecento che hanno rivoluzionato il concetto di disco come oggetto del desiderio. Miró, Warhol, Koons, Bausquiat, Haring, gli italiani Clemente, Paladino, Lodola, Pistoletto, Nereo Rotelli, D’Angelo, Zorio, e grandi fotografi come Araki, Mapplethorpe, Ghirri, illustratori quali Crepax, Manara e tanti altri uniti nel segno della musica. Curata da Vincenzo e Giorgia Sanfo, con la collaborazione di Alessandra Mammì, Red Ronnie, Sergio Secondiano Sacchi, l’esposizione raccoglie 156 vinili, sculture, dipinti, grafiche e documenti di un mondo ancora in buona parte sconosciuto al grande pubblico.
A fare da apri pista al filone delle Art cover spicca l’artista pop per eccellenza, Andy Warhol, che con l’iconica copertina realizzata per i Velvet Underground nel 1967 stravolse la concezione del contenitore del disco, regalandogli quell’allure totemica che ancora oggi cattura i collezionisti di vinili. Warhol iniziò fin dagli anni Quaranta il suo rapporto con la grafica dei dischi, per lo più di musica jazz e classica e nella mostra sono presenti quasi tutte le sue creazioni per la musica, per questo il percorso espositivo è godibile anche come viaggio nelle tappe evolutive della rivoluzione pop dell’artista. C’è anche la copertina di Loredana Berté “Made in Italy”, ritratto in bianco e nero della cantante, che viene accreditata a Warhol nel 1981, anche se si tratta del lavoro del fotografo Christopher Markos, che Andy accettò di firmare perché aveva conosciuto Loredana nel negozio Fiorucci di New York di cui era testimonial.
Alcune opere di Toulouse-Lautrec, antesignano degli artisti dediti alle illustrazioni musicali, aprono la mostra che si snoda in un percorso che dagli anni 30 arriva sino ai nostri giorni attraversando stili e movimenti dei più grandi protagonisti dell’arte, spaziando da Dalí a Saville, da Vasarely, ad Ai Wei Wei; George, Magritte, Schnabel. Tantissime le chicche, si passa dall’inconfondibile tratto di Banksy per “Think Tank” dei Blur al singolo “Without You” di David Bowie disegnato da Keith Haring, dalla Lady Gaga di “ArtPop” di Jeff Koons al ritratto di Elton John realizzato da Julian Schnabel per “The Big Picture”. Anche i grandi fumettisti si sono lasciati catturare ben volentieri dal mondo della musica: Andrea Pazienza per Roberto Vecchioni, Milo Manara per Lucio Dalla, Hugo Pratt per paolo Conte.
Diversi i documenti che ci trasportano nel cuore di progetti creativi che hanno stimolato gli artisti nel realizzare veri e propri capolavori come ad esempio la cover componibile pensata per l’album dei Talking Heads “Speaking in Tongues” realizzata da Robert Rauchenberg.
E ancora le importanti collaborazioni intercorse tra artisti e interpreti come ad esempio quella tra Rolling Stone e Andy Warhol o ancora tra Bruce Springsteen e Annie Leibovitz, gli incontri come quello tra Mario Schifano e Andy Warhol sino ad artisti come Ugo Nespolo, Enzo Cucchi o Joseph Beuys che hanno utilizzato il vinile come mezzo di divulgazione delle proprie riflessioni.
Una raccolta degna dei più grandi musei internazionali e con opere che raccontano, non solo l’aspetto figurativo, ma anche il lato creativo del mondo della musica con tutte le sue provocazioni e bizzarie in uno spazio espositivo unico. Lo Spazio Musa, situato in via della Consolata, a pochi passi dal Santuario della Consolata, è uno spazio culturale nato negli ultimi due anni, frutto di un’intelligente opera di restauro che ha consentito di rimettere in luce parti delle antiche vestigia della città. È una mostra che ha un doppio valore: non è solo un viaggio nell’arte pop musicale e figurativa, ma è anche un tuffo nelle architetture e nei segreti percorsi sotterranei di una città come Torino che non smette mai di sorprendere con le sue bellezze e i suoi tesori.

Giuliana Prestipino

 

 

Spazio Musa | Via della Consolata 11 / E

Orari mostra
dal martedì al venerdì e domenica 10:30-20:00
sabato 11:00- 21:00
chiusa il giorno di Pasqua
Ingresso € 10,00
Ridotto € 7,00
Ridotto Abbonamento Musei e AICS € 5,00
Per info/accoglienza/prenotazioni
spaziomusa.welcome@gmail.com

Armenia, terra senza pace, convegno e mostra al Polo del ‘900

Armenia, terra senza pace a est dell’alba” è il tema di un incontro organizzato dal Centro Federico Peirone di studi sull’islam che si terrà venerdì 22 aprile al Polo del Novecento in corso Valdocco 4/A alle 17,30.
L’Armenia è l’unica regione dell’area mediorientale-caucasica in cui il cristianesimo ha da millenni una presenza dominante. Una realtà che tuttavia l’ha sempre esposta a una difficile coesistenza con le aree confinanti a maggioranza musulmana. I conflitti che di tanto in tanto divampano con il vicino Azerbaigian ne sono un chiaro esempio. Ai problemi di convivenza religiosa e culturale si sono aggiunti quelli di natura geopolitica come nella recente guerra nel Nagorno Karabakh, piccola enclave armena cristiana, sostenuta dalla Repubblica armena, all’interno dell’Azerbaigian islamico. Il convegno intende evidenziare i problemi e le criticità ma anche indagare la storia, la cultura e le prospettive di una possibile convivenza pacifica con i vicini di quello che può essere considerato un avamposto europeo verso l’Asia caucasica. Ex Repubblica sovietica, l’Armenia è una nazione indipendente dal 1991, situata nel Caucaso meridionale, a cavallo tra Asia ed Europa. È una delle prime civiltà cristiane e ospita diversi luoghi di culto, tra i quali il tempio greco-romano di Garni, la cattedrale di Echmiadzin del IV secolo, sede della Chiesa armena e il monastero di Khor Virap, luogo di pellegrinaggio nei pressi del monte Ararat e vicino al confine con la Turchia. All’incontro interverranno docenti di storia, lingua e letteratura armena, turcologi, il console d’Armenia in Italia Pietro Kuciukian, il priore del monastero Mechitarista di San Lazzaro a Venezia, padre Hamazasp, e il responsabile per la chiesa armena d’Italia, archimandrita Tirayr Hakobyan. Introduce il dibattito Augusto Tino Negri, presidente del Centro Federico Peirone, che organizza il convegno insieme alla Fondazione Carlo Donat-Cattin. Al termine dell’evento verrà inaugurata la mostra fotografica “Armenia oggi, fra passato e futuro”, visitabile fino al 15 maggio con orario 10-18                                               fr

Io sono un jazzista ed altre storie

Si chiama ‘Io sono un jazzista ed altre storie’, edito per i tipi dei Melville di Siena ed è l’ultimo, ma soltanto per adesso, lavoro di Guido Michelone, ormai prossimo all’uscita in tutta Italia

E’ un romanzo, il sesto nato dalla penna di questo scrittore vercellese, laureato in Lettere a Torino, con una specializzazione in Scienze dello spettacolo all’Università Cattolica di Milano, dove è stato poi assistente volontario e docente a contratto. Attualmente insegna Storia della Musica Afroamericana al Master in Comunicazione Musicale sempre presso la Cattolica, che insieme ad altri ha fondato e Storia ed Estetica del Jazz al Conservatorio Vivaldi di Alessandria. Michelone non è però soltanto un autore di romanzi, anzi, oltre a numerosi saggi su jazz e cinema, vanta diversi testi tra cui monografie su Vasco Rossi, Fabrizio De Andrè, Zucchero, Enzo Jannacci, i Beatles, Miles Davis e una recente opera ‘Il Jazz e i Mondi’ di cui parleremo tra poco. Lo abbiamo incontrato recentemente a Vercelli per parlare della sua attività di scrittore, giornalista, saggista e romanziere.

Professore, partendo dalla fine, qual è la trama di ‘Io sono un jazzista’ ?

E’ un romanzo con sfumature comiche ambientato nella Milano dei primi anni Cinquanta, protagonista un giovane sassofonista, squattrinato, donnaiolo. Questo come gli altri non è rivolto ad una letteratura di consumo ma cerco di mettere nelle storie che raccolto qualcosa di nuovo a mio rischio e pericolo. Ci sono sovente dei ricordi del passato, dei ‘bei tempi andati’ come si dice, anche se qui non c’è niente di autobiografico.

 

Quanto c’è di Vercelli nei suoi romanzi ?

Le faccio un esempio. In un altro lavoro, ‘Parigi a Vercelli’ c’è la storia di una celebre regista francese che per poter lavorare tranquillo sceglie di arrivare in un posto dove non sia conosciuto ed approda a Vercelli. Qui, però, viene riconosciuto da una ragazza e nasce una storia d’amore … In questo ho citato ristoranti, caffè, locali cittadini per rendere omaggio alla mia città.

 

Dove lei vive …

Si vivo a Vercelli dove sono nato, ho studiato a Torino, lavoro da 40 anni a Milano.

 

Dove verrà presentato il suo libro ?

C’è un evento importante alla Casa Museo Alda Merini a Milano insieme ad una conferenza sulle canzoni della Merini il 12 maggio, poi ci saranno altre occasioni in Italia e in Piemonte, a Borgomanero, Santhià, in Valcerrina con LibrInValle.

 

Questo, però, non è l’unico suo libro uscito quest’anno ?

Due mesi fa, con Arcana, è uscito ‘Il Jazz e i Mondi’ legato alla diffusione del jazz in America, Africa, Asia e Oceania. E in autunno uscirà ‘Il Jazz e l’Europa’ dedicato al nostro continente. Dovevano essere un libro unico ma si è preferito sdoppiarlo perché è frutto, piuttosto voluminoso, di un lavoro di ricerca durato vent’anni i cui frutti sono pubblicati oggi.

Quindi un lavoro con un ampio spettro sulle nazioni del mondo intero …..

Ha toccato una sessantina di Paesi, in alcuni dei quali non si penserebbe mai che ci sia o ci sia stata una tradizione di jazz. Per fare alcuni esempi nell’Iran prima dell’avvento della rivoluzione khomeinista si suonava, nell’Afghanistan degli anni Sessanta vi suonò Duke Ellington, in Australia si suona jazz dalla notte dei tempi, in Africa dopo la decolonizzazione si è sviluppata una discografia autoctona più svincolata dalla tradizione afroamericana, il Giappone è un Paese di grandi collezionisti, il Festival più ricco è oggi in Cina a Shangai.

 

Anche il prossimo volume sul Jazz in Europa riserverà delle sorprese ?

Qui ho toccato quasi tutti gli Stati compresi Malta e città del Vaticano. La Chiesa Cattolica nel tempo ha aperto anche allo spiritual afro-americano.

 

Ha in cantiere altre pubblicazioni ?

Come romanzi per il momento no. Sotto l’aspetto della saggistica tornerò a scrivere un libro insieme al pianista jazz milanese Gaetano Liguori con il quale nel 1999 avevamo realizzato ‘Una storia del jazz’ che per la prima volta vedeva la collaborazione nella scrittura di un critico e di un musicista.

Adesso l’obiettivo è un libro che si occupi dei 200 dischi fondamentali di tutta la storia del jazz. Ci siamo divisi i compiti: Liguori si occuperà di quelli dalle origini sino al 1990, io di tutta la produzione contemporanea.

Da vercellese si è mai occupato delle bianche casacche della Pro Vercelli ?

Si in ‘La Mitica ProVercelli – Racconti di sport cultura bellezza’ un libro che ha una storia particolare, edito nel 2017 con la Banksville di Londra e realizzato a Charleston nel South Carolina, E’ un testo che parla in parte della Pro Vercelli e del calcio del Piemonte nell’epoca mitica, e in parte del calcio in generale e della storia delle maglie delle squadre.

 

Anche quest’ultimo argomento la vede piuttosto ferrato ….

E’ una passione. Qualche anno fa volevo partecipare proprio come esperto in maglie delle formazioni calcistiche al ‘Rischiatutto’, non a quello di Mike Buongiorno ma al remake condotto da Fabio Fazio nel 2016. Mandai la domanda, partecipai alle selezioni e non fu una passeggiata perché su 10mila aspiranti ne erano stati ammessi un 200 circa. Poi, però, la trasmissione che non aveva avuto un gradimento di pubblico come la serie originale degli anni Settanta, non proseguì e non se ne fece nulla.

 

Massimo Iaretti

Un quartetto per la Resistenza

Con Sara D’Amario Regia e musica dal vivo di François-Xavier Frantz

Teatro Silvio Pellico

Via Guglielmo Marconi, 1 – Bagnolo Piemonte (CN)

venerdì 22 aprile 2022, ore 21

Teatro Fonderie Limone

Via Pastrengo, 88 – Moncalieri

Domenica 24 aprile 2022, ore 18

Anfiteatro Beppe Fenoglio

Via Vinovo, 1 – La Loggia (TO)

venerdì 29 aprile 2022, ore 21

L’incasso della serata sarà devoluto alla Fondazione Piemontese per la ricerca sul cancro Onlus

Due donne, due uomini, una sola protagonista. Sara D’Amario è l’interprete di Un quartetto per la Resistenza, monologo per la regia di François-Xavier Frantz. La storia, ambientata negli anni della Resistenza, inizia tra le montagne tra Barge e Bagnolo, passa per Moncalieri, per arrivare a Torino nei giorni della Liberazione.

Mattatrice assoluta è la torinese Sara D’Amario che qui si cimenta in 4 ruoli diversi.

La storia

In Un quartetto per la Resistenza, Sara D’Amario veste i panni di Maria Rovano, nome di battaglia Camilla, e di Leletta Oreglia d’Isola, due donne apparentemente agli antipodi per cultura e formazione politica. La prima è comunista e incarna il pragmatismo di una donna del popolo, la seconda è di famiglia nobile ed è cattolica, poetica e luminosa. In comune hanno il fuoco della libertà, sono testimoni della Resistenza e le loro voci, diverse ma complementari, compongono l’asse portante principale della rappresentazione. Le altre due presenze evocate da Sara D’Amario sono due uomini, anche loro molto diversi: Pompeo Colajanni, il comandante Barbato, e Aimaro Isola.

Il primo adulto, siciliano, carismatico, trascinatore, preparato dal punto di vista militare e strategico. L’altro è un adolescente, fratello minore di Leletta, che osserva tutto con sensibilità, profondità e passione; qualità che lo porteranno a scrivere Paesaggi Partigiani, a dare voce alla natura in modo poetico, pensandola come un essere dotato di una memoria propria e concreta, oltre a farlo diventare uno degli architetti più celebri d’Italia.

Aimaro Isola ha letto e registrato, proprio per lo spettacolo, diversi passaggi, battute significative, poetiche, struggenti.

Lo spettacolo sarà preceduto dalla proiezione del video della durata di 5 minuti dal titolo “I Dormienti”, sull’opera di Hilario Isola dedicata a Maria Rovano, Camilla e al comandante Barbato.

La lettura

Il senso allegorico di Un quartetto per la Resistenza è ben chiaro. François-Xavier Frantz e Sara D’Amario mettono in risalto che, in una particolare condizione storica, persone con sensibilità, cultura, provenienza radicalmente diverse e posizionate ai poli opposti della società italiana di allora, hanno saputo unirsi in nome di una causa fondamentale, vitale per tutti, lasciando un messaggio di speranza univoco e potente.

Ecco perché le loro parole delineano differenti modi per lottare per la pace, ma riescono a intendersi in termini di consapevolezza e di impegno in un momento di confusione storica. In altre parole, le voci di Camilla, di Leletta, di Barbato e di Aimaro offrono un messaggio dal valore inestimabile, senza barriere, senza limiti, vitale per tutte e tutti, in modo duraturo, fino a noi, fino ad oggi.

Gli Interpreti

Sara D’Amario è nata a Moncalieri e nel 1993 si è diplomata presso la Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino, fondata e diretta da Luca Ronconi.

Si è perfezionata a New York con Susan Batson e Elizabeth Kemp; ha conseguito la laurea in Lettere Moderne, specializzandosi in drammaturgia presso l’Università degli Studi di Torino e a teatro è stata diretta, tra gli altri, da Luca Ronconi, Krzysztof Zanussi, Nanni Garella e Luca Zingaretti.

Per il cinema ha recitato in diversi film, tra cui Il ricco, il povero e il maggiordomo, La banda dei Babbi Natale, Il cosmo sul comò (con Aldo Giovanni e Giacomo), Caos calmo (con Nanni Moretti), Solo un padre (Luca Lucini), Colpo d’occhio (di Sergio Rubini), Assassini dei giorni di festa (di Damiano Damiani), La ragazza del lago (con Toni Servillo), Casomai (di Alessandro D’Alatri), Come diventare grandi nonostante i genitori (di Luca Lucini).

In televisione ha partecipato a molti sceneggiati, tra cui Le stagioni del cuore, Il commissario Nardone (nel ruolo di Rina Fort), Le tre rose di Eva (nel ruolo di Angela Corti), Non smettere di sognare, Distretto di polizia 8, Io ci sono (la storia vera di Lucia Annibali), L’onore e il rispetto, Sacrificio d’amore, I Topi, “Fratelli Caputo” di cui è la protagonista femminile accanto a Nino Frassica e Cesare Bocci, oltre alle soap opera Vivere e Centovetrine.

È in tournée con 4 One Woman Show: (XXn) SFUMATURE DI DONNE DI SCIENZA ( un monologo su 20 scienziate che hanno rivoluzionato il mondo), STORIE DI DONNE DI FUOCO E DI LUCE ( in cui racconta di alcune donne che hanno cambiato il loro destino e hanno acceso luci che non si sono mai spente nelle menti e nei cuori di tante persone), GREENMINDS (un viaggio intorno alla terra tentando di schivare le fake news), UN QUARTETTO PER LA RESISTENZA (la storia di 20 mesi di due donne e due uomini emblematici per la Storia del nostro Paese) e una commedia feroce NEGLI OCCHI DI MIA MADRE – IL MAMMONE sul trio più famoso del mondo: Mamma, Moglie e Mammone, tutti per la regia di François- Xavier Frantz.

È autrice di quattro romanzi: NITRO (Baldini Castoldi Dalai editore, 2009); UN CUORE XXL (Fanucci Editore, 2013) vincitore del Premio Sirmione per la Letteratura per Ragazzi; KIKKA (Fanucci Editore, 2014); MAGNETIC (Leggereditore, 2018) semifinalista Premio Bancarellino 2019.

 

François-Xavier Frantz è regista, attore e drammaturgo francese e vive in Italia da diversi anni.

Si è diplomato nel 1983 alla Scuola per Attori Le Cours Simon di Parigi e nel 1988 si è diplomato con lode in Arti Plastiche all’Accademia di Belle Arti di Metz (Francia). Nel 1993 ha partecipato a un seminario intensivo di regia condotto da Luca Ronconi, presso il Teatro Stabile di Torino.

Tra il 1983 e il 2004 ha lavorato come attore, regista teatrale, drammaturgo con alcuni grandi maestri, tra cui Anatoli Vassiliev (Russia), Jerzy Grotowski (Pontedera), Michelle Kokosowski – Académie Expérimentale des Théâtres (Francia).

Ha collaborato con Daisy Amias alla prima creazione mondiale di Phaedra (Seneca), Andromaca (Jean Racine) in lingua coreana a Seoul – Corea del Sud, e sull’adattamento di Nadja di André Breton; in seguito ha collaborato con Isabelle Janier sulla messinscena di diversi testi di Marivaux.

Tra le sue regie teatrali spiccano varie opere di Pasolini, Fassbinder, Georges Ribemont-Dessaignes, Tennessee Williams, Werner Schwab, Jean Genet, Edouard Dujardin.

Ha realizzato alcuni cortometraggi di fiction in lingua francese e italiana.

Tra il 2004 e il 2011 ha lavorato come produttore di lungometraggi per il cinema a livello internazionale presso Love Streams agnès b. Productions, Parigi. Dal 2011 lavora come attore, autore, regista e script doctor indipendente anche in Italia.

Partners e sponsor

Un quartetto per la Resistenza è una produzione dell’associazione Ancóra con il sostegno del Comune di Barge, del Comitato Resistenza e Costituzione, del Consiglio Regionale, della Fondazione CRT, in collaborazione con Constellation Factory, Polo del ‘900 e Istituto della Resistenza di Cuneo, l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, Comune di Moncalieri, Proloco di Moncalieri.

Vitali e Astore espongono da Mazzoleni

Le fotografie di Massimo Vitali e le sculture di Salvatore Astore in mostra alla galleria d’arte torinese

Si aprono al pubblico  martedì  12 aprile, dalle 17 alle 22.30, due personali presso la galleria d’arte torinese Mazzoleni, in piazza Solferino 2, dal titolo “Massimo Vitali. Ti ho visto” e “Salvatore Astore. Gli occhi della scultura”.

Nell’estate del ’94 Massimo Vitali scattò la sua prima fotografia in spiaggia a Marina di Pietrasanta; fu l’inizio di una fortunata serie che, nel corso dei decenni, lo avrebbe consacrato come uno dei maggiori fotografi nella scena internazionale. L’artista individua la spiaggia  come luogo privilegiato per compilare un manuale socio-antropologico dell’identità italiana, mosso da un intento sociologico e da spirito voyeuristico.

La visione frontale da lui scelta, la posizione sopraelevata, il cosiddetto “punto di vista del principe” gli avrebbero consentito di cogliere ampi scorci paesaggistici, riuscendo, nel contempo, a addentrarsi nell’intimità delle interazioni umane. Vitali, dopo ore di attenta osservazione, sceglie il momento in cui apparentemente non pare succedere nulla di decisivo, ma nel quale convergono molte microstorie. La luce fredda e biancastra riesce a fermare nel tempo e nello spazio cose, luoghi e persone. Ne emerge un ritratto impietoso della quotidianità, in cui sfera pubblica, dimensione privata e elemento naturale riescono a intrecciarsi in modo sapiente. Il punto di vista di Massimo Vitali è  sempre un po’ in alto, quasi a voler prendere le distanze, in modo da allontanarsi, ma non più  di tanto, dalla realtà che sta osservando, per poter vedere meglio, leggere in modo nitido i dettagli e le vite anonime dei soggetti che affollano l’obiettivo, in una sorta di indagine sociologica e antropologica di massa, intesa come gruppo eterogeneo di individui che si muovono nella stessa direzione.

Il percorso espositivo si snoda attraverso tre decenni di attività, spaziando dalle fotografie storiche a quelle più recenti, risalenti al 2020, comprendendo paesaggi urbani, naturali, selvaggi e incontaminati.

Il progetto della mostra di Salvatore Astore si iscrive, invece, nella dialettica di continuità  con “Anatomia umana”, il monumentale gruppo site specific, realizzato in acciaio inox e donato lo scorso novembre dalla galleria alla Città di Torino.

La pratica artistica di Astore, fin dagli anni Ottanta, si potrebbe definire quale “minimalismo organico”. Al centro della sua ricerca è, infatti, presente lo studio di problematiche quali la materia, il peso, la forma, il vuoto e, di conseguenza, il pieno. Ne emerge un’atmosfera ancestrale, ricca di suggestioni che vanno dai reperti fossili ai megaliti preistorici, da forme organiche legate all’uomo o al mondo animale, fino all’universo connesso alla Torino industriale e preindustriale dei metalli, nel caso specifico di Astore del ferro, dell’acciaio e, per la prima volta in questa mostra, del bronzo.

I suoi lavori parlano profondamente della natura dell’Uomo nel senso più ampio e profondo del termine, comprendendo anche la relazione tra l’uomo e il mondo. Non a caso l’opera “Anatomia umana” rappresenta un omaggio a Leonardo da Vinci.  Quelle di Salvatore Astore sono presenze che germogliano e evolvono nella mente, forme latenti nnela nostra memoria genetica.

Questa esposizione rappresenta l’occasione per fare esperienza di nuove sculture prodotte appositamente per la mostra.

L’esposizione rimarrà aperta fino  al 30 giugno 2022.

Orari: martedì-sabato 10-13; 15.30-19.00.

MARA MARTELLOTTA

“Premio Gianmaria Testa” alle “Fonderie Teatrali Limone”

 Moncalieri, si premiano i cinque finalisti della III edizione

Mercoledì 20 aprile, ore 20,30

Moncalieri (Torino)

Dedicato alla memoria di Gianmaria Testa, il “cantautore ferroviere” di Cavallermaggiore (Cuneo) scomparso ad Alba nel 2016 a soli 57 anni, il “Premio Gianmaria Testa”, rivolto ai giovani cantautori italiani, compie tre anni e spegne le sue tre candeline mercoledì prossimo 20 aprile (ore 20,30) alle “Fonderie Teatrali Limone” di Moncalieri (via Eduardo de Filippo, tel. 011/5169655), dove saranno presentati i cinque cantautori finalisti e premiato il vincitore. La serata, assolutamente speciale, si inserisce nell’ambito del Festival “Moncalieri legge”, 42^ edizione del “Premio Letterario Città di Moncalieri”, curato dal “Circolo Culturale Saturnio” in collaborazione con “Produzioni Fuorivia”. Per l’occasione, accanto a libri, danza e cinema, saranno dunque le parole e le note di cantautori italiani (l’anno scorso, parteciparono circa 150 giovani talenti provenienti da tutt’Italia) a essere protagoniste dell’evento. Davanti ad una Giuria presieduta da Eugenio Bennato (e composta dalla giornalista de “La Stampa” Alessandra Comazzi , Paola Farinetti di “Produzioni Fuorivia” e moglie di Gianmaria Testa, Luigi Giachino compositore del “Conservatorio di Genova”, Paolo Lucà  di “FolkClub Torino”, Stefano Senardi discografico, Patrizio Trampetti cantautore ed Enzo Vizzone discografico) i cinque finalisti presenteranno il loro brano in concorso più un brano a scelta di Gianmaria Testa. I loro nomi: Assia Fiorillo  e Giovanni Block da Napoli, il torinese Giorgio AutieriPietro Verna da Adelfia (Bari) ed Alberto Mons da Montaione (Firenze).

Nel corso della serata sarà proclamato il vincitore assoluto scelto dalla Giuria e sarà dato un premio speciale per la migliore esibizione dal vivo.  Al vincitore del primo premio andranno 1.500 euroun diploma e l’occasione di esibirsi il 24 aprile a Cavallermaggiore, paese natale di Gianmaria Testa, presso la “Chiesa di San Bernardino” così come in apertura di un concerto programmato per il 2022 dal “Folk Club” di Torino. Verrà assegnato anche  un premio di 800 euro per la migliore “esibizione live”. Ma la serata promette altre piacevoli sorprese. Accanto alle nuove proposte cantautorali, si esibiranno infatti anche due grandi amici di Gianmaria: al piano Roberto Cipelli, insieme al padrino della serata, Paolo Fresu. Poeta della tromba e animatore culturale, Fresu ha avuto modo di collaborare con Testa in tante occasioni, e proprio insieme a Cipelli, nel progetto, prima live e poi discografico, finalista al “Premio Tenco 2008”, “F à Léo”, ovvero una rilettura jazz di alcune delle più significative opere di Léo Ferré (1916-1993), famoso cantautore, poeta e scrittore monegasco, di origini piemontesi. E, per finire davvero alla grande, la serata si concluderà con la musica di Eugenio Bennato, accompagnato alla chitarra da Ezio Lambiase. Ingresso libero previa prenotazione a saturnio@saturnio.it

Per info“Circolo Culturale Saturnio”, tel. 389/8303466 o www.saturnio.it

g.m.

Nelle foto:

–       Gianmaria Testa e Paolo Fresu

–       Eugenio Bennato

–       Roberto Cipelli 

Il Fringe Festival si trasforma in palcoscenico diffuso

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DAL 7 AL 29 MAGGIO 

 

In programma oltre 200 repliche di spettacoli teatrali di artisti e compagnie internazionali, 30 eventi speciali, talk, mostre d’arte, live performance, parate, momenti site-specific di danza, concerti, party e molto altro. 

 

 

Tutto pronto per il Torino Fringe, il festival multidisciplinare di arti performative che si svolgerà nel capoluogo piemontese dal 7 al 29 maggio 2022.
La decima edizione del festival, che ritorna dopo due anni nelle sue consuete date di maggio, è all’insegna dell’Extravaganza: il programma è ancora più poliforme e variegato, con più di 200 repliche di spettacoli teatrali di artisti e compagnie internazionali, 30 eventi speciali, talk, residenze, mostre d’arte, live performance, momenti site-specific di danza e in cui si mescolano linguaggi performativi e audio-visivi innovativi, concerti, party e molto altro, come la consueta Fringe Parade che attraverserà a suon di musica e divertimento tutta la città.

 

Il festival si apre ufficialmente il 7 maggio alle 21 con uno tra gli ospiti più attesi, Natalino Balasso, attore, comico e autore teatrale che porta sul palco del neo riaperto Cinema Teatro Maffei Recital, raccolta di brani comici tratti dai suoi ultimi spettacoli.
Attesissimo anche Davide Oliveri a cui è affidato l’evento speciale del 13 maggio presso ToolBox MAIA, a Live Cinematic and Interactive Performance: un’esperienza che attraverso immagini e suoni coinvolge i sensi della vista e dell’udito in un percorso che ha come meta finale una terza realtà, oltre a quella reale che già conosciamo e a quella mediata della sua versione riprodotta: il labile confine tra sogno e realtà.
Altro evento speciale è CALIFORNIA LOVE “Tiny Splendor Show”, una mostra di Risografie, Litografie, Serigrafie e Zines in collaborazione con Graphic Days e Print Club: la casa editrice indipendente di print-making californiana Tiny Splendor presenta per la prima volta in Italia una selezione di oltre 100 opere di oltre 40 artisti internazionali provenienti principalmente dalla California, dal Messico, da East e West Coast degli Stati Uniti.
Ma gli appuntamenti da non perdere quest’anno sono moltissimi, ce n’è davvero per tutti i gusti. Prime nazionali, spettacoli di prosa, musicali e interattivi, debutti, stand up comedy e performance adatte a tutta la famiglia: in dieci diverse location vanno in scena 28 spettacoli (per più di 160 repliche).
Gli appassionati di acrobazie, danza e marionette potranno assistere in prima nazionale a Wir Wollen Nie Nie Nie, performance di Raum 305 (Berlino) in scena il 17 e 18 maggio alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani.
Grande curiosità anche per la greca Eliza Soroga, vincitrice dell’International Arte Laguna Prize (Venezia, 2017) che porta per la prima volta in Italia My Job interviews, performance interattiva dedicata al mondo multiforme del mercato del lavoro (dal 20 al 22 maggio, sedi varie).
tedeschi di Amburgo F.ART Kollektiv il 19 e 20 maggio si esibiscono allo spazio Kairòs con Enter the Muuve, altra performance in prima nazionale: un tentativo di usare il linguaggio e il corpo per muovere se stessi e smuovere empaticamente il pubblico.
Un altro appello a smuovere le coscienze è XPand Danceforchange di Club Futuro che dal 27 al 29 maggio porta al Fringe un’esperienza di clubbing trasformativo per sensibilizzare i partecipanti sul tema del cambiamento climatico e promuovere la transizione ecologica nel settore della dance music industry.
Ancora l’ambiente è al centro del lavoro di T’es rien sans la terre – T’es rien sans la terre di Aurelie Dauphin (Francia), artista del Cirque du Soleil che usa l’arte come strumento d sensibilizzazione, con il desiderio che con la danza, la musica e l’immagine si possa innescare un cambiamento (29 maggio, Casa del Teatro Ragazzi e Giovani).

Il Torino Fringe si conferma così tra gli eventi più originali della città e di tutta Italia, in cui si mescolano espressioni artistiche differenti, anche grazie alla selezione tramite una call internazionale che ha portato quest’anno a candidarsi più di 500 artisti da tutto il mondo.
Per il pubblico è l’occasione di avere in un unico calendario lungo tre settimane un evento di spettacolo dal vivo eccezionale diffuso sul territorio, per gli artisti un appuntamento imperdibile, confermandosi una vetrina e un punto di riferimento a livello nazionale per il Teatro Off e per le Performing Arts.
Nato sulla scia e sul modello dei grandi Fringe europei, uno fra tutti l’Edimburgo Fringe Festival, il Torino Fringe si conferma sempre di più innovativo nei linguaggi e nelle modalità di fruizione degli spettacoli, con l’obiettivo di valorizzare la creatività emergente in dialogo con le esperienze di nomi affermati, l’innovazione e la commistione di esperienze artistiche.

 

A maggio sarà tutta Torino, dal centro alla periferia, tra luoghi considerati più ‘canonici’ e quelli off, anticonvenzionali e quasi sconosciuti, a trasformarsi in un palcoscenico d’eccezione per una grande festa diffusa delle arti performative, un’invasione pacifica di spettacoli dal vivo, tra luoghi già cari al festival e luoghi che per la prima volta ne fanno parte, come il Cinema Teatro Maffei di San Salvario, il Precollinear Park, il Museo Storico Reale Mutua e il Cx Turin Regina.

 

I biglietti sono già in vendita su www.tofringe.it, dove è consultabile il programma e a partire dal 19 aprile presso la biglietteria centrale in via Saluzzo 30. Il pubblico potrà scegliere tra diverse tipologie di ingressi e carnet, a seconda delle proprie esigenze e preferenze.

 

Il Torino Fringe è possibile grazie al contributo di  Mic – Ministero della Cultura, Regione Piemonte, Città di Torino, TAP Torino Arti Performative, Camera di Commercio Artigianato e Agricoltura di Torino, Fondazione CRT. Ha il patrocinio di Regione Piemonte, Città di Torino, Città Metropolitana di Torino, Circoscrizione 1 – Centro Crocetta. Il Torino Fringe ha ricevuto il contributo della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando “ART WAVES. Per la creatività, dall’idea alla scena” che guarda al consolidamento dell’identità creativa dei territori attraverso il sostegno alla programmazione nel campo delle performing arts e alla produzione creativa contemporanea, unendo ricerca, produzione, offerta e distribuzione in una logica di ecosistema per rafforzare le vocazioni artistiche del territorio. Sponsor: Iren, Reale Mutua, Peroni Nastro Azzurro, Crai. Accomodation Partner & Sponsor: CX Turin Student & Explorer HotelMedia Partner: Rai Radio 3, Zero. Technical Sponsor: Freecards, VanVerBurger. Mobility Partner: LeasysGo! Visual Identity: Graphic Days; Ticketing Partner: Mailticket. In collaborazione con: Ufficio Turismo Torino e Provincia, Salone OFF, Abbonamento Musei Piemonte, Arci Torino, FNAS Federazione Nazionale delle Arti di Strada, Torino Creativa.
Technical Partner: Richard Rizzo, Reve, Servizi Teatrali, Acid Rain. Partner: OFF TOPIC, TYC, Magazzino sul Po, Spazio Kairòs, L’Arteficio, Fondazione TRG Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, Teatro Giulia di Barolo, Casa Fools, Spazio Ferramenta, Siberiaki, San Pietro in Vincoli Zona Teatro, Unione Culturale Franco Antonicelli, Cinema Teatro MAFFEI, Precollinear Park, Museo Storico Reale Mutua, Via Baltea, Casa del Quartiere SanSalvario, Somewhere Tours&Events, World Fringe, AGIS Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, OPS Officine Per la Scena, Crab Teatro, Onda Larsen Teatro, Trame, Play with Food, C.AR.PE. Coordinamento Arti Performative Torino, Incanti Rassegna Internazionale di Teatro di Figura, Strabismi Festival, Orchestra Terra Madre di Slow Food.

 

 

Cos’è il Torino Fringe Festival

Il Torino Fringe è un festival di teatro off e di arti performative nato nel 2013 sulla scia delle esperienze dei più importanti festival off europei, incentrati sulla massima accessibilità e il coinvolgimento del tessuto sociale e urbano della città di riferimento. È un festival che è allargato a tutto il territorio piemontese, una vetrina e un punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale per il Teatro Off e le arti performative che intorno a questo gravitano. È al contempo un nuovo modo di fare cultura sul territorio, caratterizzato dalla trasversalità rispetto ai generi culturali e aperto alla possibilità di interagire e co-progettare con gli stakeholder.

In questi 10 anni Torino Fringe Festival ha sviluppato ogni genere di performance in teatri, ma anche e soprattutto in spazi diversi e diversamente “off” rispetto agli spazi consueti dell’offerta culturale e delle arti performative, arrivando in birrerie, sale da ballo, stazioni, dimore storiche, mercati, club, locali, musei, piazze, gallerie d’arte.

Ufficialmente riconosciuto da “World Fringe”, network mondiale che seleziona i Fringe Festival che rispettano le linee guida del format, negli anni è diventato punto di riferimento in Italia coinvolgendo oltre 274 compagnie nazionali e internazionali per un totale di 1770 repliche in più di 60 spazi di Torino al chiuso e 32 all’aperto per un totale di oltre 100.000 spettatori.

 

 

 

Contatti:

www.tofringe.it

Facebook: @TorinoFringeFestival  

Instagram: @torinofringefestival

Linkedin: @TorinoFringeFestival  

Il mecenatismo del cardinale Della Rovere, tra Torino e Vinovo

“Il Rinascimento in Piemonte” sino al 12 giugno nelle sale del Castello di Vinovo

È davvero “una perfetta occasione per aprire il nostro castello”, come sottolineano il Sindaco di Vinovo Gianfranco Guerrini e l’Assessore alla Cultura Maria Grazia Midollini, la mostra “Il Rinascimento in Piemonte”, patrocinata dalla Regione Piemonte, dalla Città di Torino e dalla Città Metropolitana, nonché dall’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento e curata dallo storico Ilario Manfredini. Mostra che considera con attenzione e con un suggestivo sguardo di nicchia i “Tesori d’arte al Castello di Vinovo”. A lungo rimandata per immancabili motivazioni pandemiche, sino al 12 giugno prossimo offrirà la possibilità al visitatore di aggirarsi nel giardino, nelle sale  – dal salone d’onore alla Sala del Fregio, dalla Sala degli Stucchi e dei Medaglioni all’ambiente di Carlo VIII – e nello splendido chiostro che, oltre alle grottesche messe in salvo, offre, con le colonne, in alternanza i medaglioni in cotto degli imperatori Nerone e Galba, per confluirli verso quelli della Giustizia Ritrovata. Fregi, pitture riscoperte, curiosi schizzi alle pareti, soffitti riportati alla luce, storia e tradizioni e personaggi, ampi ambienti dove, se non appieno, hanno trovato posto preziosi materiali, come miniature e volumi e documenti – come tre piccole tavole dovute a Gandolfino da Roreto: principali prestatori la Galleria Sabauda, l’Archivio di Stato, Palazzo Madama, Pinacoteche di Pavia e Faenza – che ricreano l’evoluzione di questo alto esempio d’architettura rinascimentale del nostro territorio, costruito su disegno di Baccio Pontelli, come gli ampliamenti che hanno ridisegnano in modo definitivo il “castrum novum”, con l’abbandono del “castrum vetus”. La mostra ha un’appendice anche nella chiesa parrocchiale, dove si può ammirare il complesso scultoreo tardo quattrocentesco del “Compianto”, opera realizzata per il perduto convento del Tivoletto da un ignoto artista forse di area lombarda.

Un doveroso rilancio, un tesoro ritrovato quindi che ben si propone come luogo “di visita, svago, promozione culturale e turismo”, un punto d’interesse che non dovrà essere esclusivamente passeggero ma che il Comune dovrà fare (più) gelosamente suo, affidandosi (ancora, ma non solo) all’esercizio encomiabile, davvero al non risparmio delle proprie forze, dell’”Associazione Amici del Castello” e di quei tanti volontari che non solo recentemente hanno dato vita alla esistenza e al mantenimento della costruzione. Collaborazioni non troppo felici del passato hanno certo rallentato quel processo di affermazione di questo luogo di alto interesse, ma nulla vieta che – come sta già succedendo – partecipazioni, o sponsorizzazioni, di differente genere portino ad un aiuto economico più solido che rinforzi gli interessi e le finalità che questo comune, di quindicimila abitanti, alle porte di Torino, non deve certo lasciarsi sfuggire.

Punto centrale della mostra è la figura di Domenico Della Rovere, promotore di una straordinaria stagione artistica. Era nato a Vinovo nel 1442 Domenico e già a soli ventitré anni si trasferiva sulle orme del fratello Cristoforo, protonotario apostolico, a Roma, sotto la protezione del cardinale Francesco Della Rovere che nel 1471 sarebbe salito al trono pontificio con il nome di Sisto IV. Alla morte del fratello, nel 1478, Domenico, nominato cardinale, grazie ai “prestigiosi, impegnativi e remunerativi incarichi” ottenuti all’interno della Curia romana, vide consolidata la sua posizione, sia a Roma come in Piemonte. Mecenate sì ma le fortune economiche e il progressivo consolidarsi della carriera gli dettero modo di concretizzare quei progetti che più gli stavano a cuore. Tra il 1485 e il 1490 affidò alla architettura di Baccio Pontelli e alla pittura narrativa del Pinturicchio il palazzo Della Rovere, in seguito chiamato Palazzo dei Penitenzieri, in quella che è oggi via della Conciliazione e che all’epoca inglobava piazza Scossacavalli, luogo famoso di Borgo e ricco anche della presenza dello studio di Raffaello. Il 19 luglio 1482 venne trasferito alla diocesi di Ginevra ma soli cinque giorni dopo la scambiava con il vescovo di Torino Giovanni III divenendo quindi vescovo della città, titolo che si andava ad aggiungere ai molti altri già acquisiti, non ultimi Ivrea e la Fruttuaria di San Benigno. Nel 1490 decise la costruzione del duomo di Torino su disegni di Meo del Caprina, addossandosene in gran parte le spese con l’invio da Roma di grandi casse colme di pezzi d’argento: le abbondanti maestranze e il denaro che certo non difettava gli dettero modo di pensare anche alla nuova costruzione di Vinovo. Moriva nel 1501 nominando suo erede il fratello Martino. La sua salma, prima inumata nella cappella del Presepio in Santa Maria del Popolo a Roma, venne in seguito portata a Torino: di recente, nelle cripte del nostro duomo, è venuta alla luce la sua lapide.

Info sulla Mostra: aperta sabato e domenica dalle 10 alle 19, aperture straordinarie lunedì 18 e lunedì 25 aprile; chiusure il pomeriggio di sabato 23 aprile e la mattina di domenica 24, la mattina di domenica 22 maggio, di sabato 4, domenica 5 e domenica 12 giugno. Sono possibili visite guidate la domenica alle 15 e alle 17, su prenotazione.

Intero Euro 10,00 – Ridotto Euro 6,00

Per rendere più comode le visite è stato creato, per tre giornate festive, un servizio gratuito di navetta. Il calendario completo è il seguente: lunedì 18 aprile partenza ore 14 da piazza Bengasi e ritorno da Vinovo alle ore 17; domenica 15 maggio da piazza Bengasi ore 9,30 e ritorno da Vinovo alle ore 12; domenica 5 giugno da piazza Bengasi ore 14 e ritorno da Vinovo alle ore 17.

Per usufruire del Servizio gratuito navetta: Associazione Amici del Castello di Vinovo 338 2313951; Comune di Vinovo 011 9620413; cultura@comune.vinovo.to.it

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, la facciata principale e il giardino del castello di Vinovo; un fregio del chiostro; una grottesca: “Lo sposalizio della Vergine”, opera di Gandolfino da Roreto.

Salvatore Zito scelto per il lancio della nuova galleria A.R.P. a Parigi

Dal 21 aprile: gli inediti “Stick Spinosi” su pandemia e guerra, 4 nuovi Nft, 40 quadri e 7 sculture

 

L’artista italiano Salvatore Zito è tra i primi a inaugurare le personali della nuova galleria parigina Art Research Paris (A.R.P.). Proprio di fronte all’Eliseo, il gallerista Jean-Jacques Wattel, già noto esperto d’arte della casa d’aste Tajan, ha infatti appena aperto con François Coudert un grande spazio innovativo per l’arte e ha scelto, tra le personali da ospitare, quella dedicata agli “stick” inconsumabili del torinese Zito, che il filosofo Gianni Vattimo ha definito “un pittore dell’ulteriorità, che nasconde e fa presenti gli orizzonti ulteriori”.

Non ci saranno soltanto le opere fisiche di Zito, ma anche gli Nft, le opere virtuali dell’artista, che è un pioniere tra i creatori di Non-fungible tokentra i primi al mondo ad effettuare la digitalizzazione di lavori reali e il primo artista di Torino ad aver intrapreso questa strada. Non arte che nasce e si concretizza dentro un Pc, quindi, ma un lavoro che parte dalla tela e poi rinasce in un’unica diversa opera, con la creazione di algoritmi che diventano figure in movimento, negoziabili in criptovaluta e ricercati dai nuovi collezionisti in linea con la filosofia del Metaverso.

L’esposizione si terrà dal 21 aprile fino al 3 maggio, salvo proroghe, al 174 di rue du Faubourg Saint-Honoré. Ci sono 40 quadri, 7 sculture policrome in legno e smalto e 4 Nft (Non-fungible token).

Le opere in mostra nella capitale francese appartengono alla collezione “Leggeri Stick Spinosi”: i celebri stick (il gelato con il bastoncino) o “Pinguini” di Zito, presenti in molte collezioni pubbliche e private. Gli inediti presentati a Parigi sono 4 e rimandano alla pandemia vissuta, al lockdown e agli odierni scenari di guerra.

Le singole opere non hanno titolo, perché come dice l’artista «il messaggio deve arrivare all’osservatore senza mediazione verbale». «Ci sono tanti significati in questo ciclo – aggiunge Zito – molti dei quali afferenti agli ultimi anni che abbiamo vissuto: il senso di costringimento e chiusura, ma anche quello di possibile liberazione, che offrono gli stick, fatti di filo spinato o emergenti, come forma incorporea dallo stesso. Inconsciamente o consciamente, l’artista traduce nell’opera quello che vede e vive. Nell’estetica dei miei ultimi lavori – aggiunge – ho trasferito il senso claustrofobico del periodo storico che stiamo attraversando».

 

LA GUERRA IN UCRAINA, LA PANDEMIA: L’OSSIMORO VISIVO DELLE NUOVE OPERE

Le quattro opere Nft corrispondono ai quadri inediti di Zito, che Wattel ha voluto per inaugurare la sua galleria parigina.

Potente è l’ossimoro visivo delle sue nuove creazioni, che è poi la cifra stilistica che percorre tutti gli “stick spinosi” della pittura di Salvatore Zito.

Due di queste nuove opere sono state realizzate durante la pandemia da Covid-19.
Cieli azzurri, luminosi, parlano di libertà e di spazi aperti, inarrivabili però per chi li guarda, che resta dietro a un filo spinato. Si assapora l’ebbrezza attraverso la breccia delineata dalla forma dello stick, ma non ci si può immergere, né raggiungerla. Oppure è il cielo stesso a essere rinchiuso, trattenuto da uno stick spinato che imprigiona i cirri, costretti vicini, ammassati ma pronti a esplodere per sganciarsi da un momento all’altro.

Altri due inediti dipinti, invece, sono nati a marzo 2022. Il mese della guerra in Ucraina, con la distruzione, le atrocità. La vitalità è sequestrata dalla paura, dalle bombe che uccidono o che mettono in fuga. Ed ecco che l’allegria di un aquilone colorato arresta la spensieratezza dell’infanzia, quell’emozione davanti alla semplicità, svanisce. Il vento soffia ancora e l’aquilone sembra voler tornare a esserne sospinto, ma più si muove più si dilania. Il filo spinato si spezza e cede al tentativo dell’aquilone di riprendere il suo volo.

 

IL PASSAGGIO ALL’INNOVAZIONE DIGITALE NFT

Salvatore Zito è pioniere dell’arte Nft in Italia. A Torino è stato il primo in assoluto ad applicare la tecnologia digitale alle opere d’arte. Tra i primissimi al mondo a trasferire in codice binario opere fisiche e reali. Attraverso la stretta collaborazione con la galleria d’arte digitale torinese Hesos Art le sue opere hanno preso vita nella terza dimensione.

Un passaggio all’arte digitale che Zito ritiene naturale: «Da sempre gli artisti cercano di sfondare il muro della seconda dimensione, giocando con le ombre, i chiaroscuri, in una ricerca perpetua di profondità e prospettive. L’arte ha sempre sfidato lo spazio, sperimentando forme e colori. L’intenzione è ricreare il movimento, la sua suggestione pur restando statica, dominante è l’esplorazione delle dimensioni, la volontà di andare oltre».

In un Nft, l’opera si muove e il suo racconto si espande. Nella terza dimensione si arricchisce di suoni e movimenti. Così i token “Ice cream” si animano: lo stecco ruota mentre gli aculei lo infilzano; le api ronzano e girano per proteggere il nettare del loro alveare che riveste sullo stick.

 

LO STICK È UN ‘RICOPERTO’ DI METAFORICO SIGNIFICATO

Nelle sue opere, Salvatore Zito mostra una raffinata capacità di sintesi semantica che conduce l’osservatore in una visione onirica neo-pop, densa di ironia. Sceglie lo stick, il gelato col bastoncino, il Pinguino nato nel secolo scorso a Torino, e lo trasforma in un’icona tributo alla città.
Con un sapiente uso cromatico, sulla tela di Zito quel piacere momentaneo, che si consuma velocemente e delizia il palato, si ribalta, diventa inconsumabile, il concetto di tempo si capovolge e muta in un’opera che dura. Una delle prime collezioni, infatti, si intitola “I love Torino”.

Del gelato da passeggio, solo lo stecco di legno rimane nudo, il resto è un “ricoperto” di metaforico significato. Così un oggetto ludico, infantile si riveste di verde acido, di aculei, di spine, di chiodi e api. Affiora una dimensione ibrida in cui l’originale morbidezza convive e si contrappone con una suggestione pungente.

Chi guarda si trova in una sospensione sensoriale: ne è attratto e respinto. Da una parte l’esplosione dei colori, la lucentezza, la freschezza lo richiamano, lo seducono; dall’altra elementi che graffiano, pungono lo allontano perché l’oggetto è inavvicinabile: un duello che cattura lo sguardo e restituisce ricordi amplificati e significati arricchiti.