Il Mirabilia International Circus & Perfoming Arts Festival approda mercoledì 3 settembre a Cuneo, per l’evento clou, che sarà in programma fino al 7 settembre.
La diciannovesima edizione di quest’anno è intitolata “People have the power” ed è ideata e organizzata dall’Associazione IdeAgorà, che ha riunito 56 compagnie provenienti da diverse parti del mondo, Italia, Francia, Svizzera, Spagna, Ucraina, e Cile, con un focus particolare rivolto al Cile. Saranno cinque giorni dedicati al circo, alla danza e al teatro urbano con 150 repliche programmate, di cui undici prime assolute o nazionali, 16 debutti regionali in cinquanta location.
“People have the power” rappresenta un inno alla libertà, alla collettività, alla potenza dei sogni condivisi. Un omaggio a tutti i popoli della Terra, dall’Asia alle Americhe, che lottano per la democrazia. Si tratta di una riflessione sul nostro tempo e sulle sue fragilità.
Il titolo della diciannovesima edizione vuole anche essere un tributo a Patti Smith, a una delle figure femminili più dirompenti della storia del rock, alla potenza suggestiva delle parole nelle sue canzoni. Questo titolo è visione, azione, dichiarazione e fiducia nella forza collettiva della cultura.
Il festival Mirabilia a Cuneo sarà un’edizione capace di rafforzare i legami con il territorio, con la natura, la collettività, in una mappa di luoghi trasformati in palcoscenici, cortili, giardini, piazze, musei, tendoni e boschi.
Il festival Mirabilia ha già attraversato sette località della Granda, Rittana, Savigliano, Alba, Busca Vernante, Chiusa Pesio. Dal 26 al 28 settembre sarà a Dogliani.
Il percorso che compirà a Cuneo sarà itinerante, da Via Roma a piazza Virgilio. A dare il via al Festival mercoledì 3 settembre, a partire dalle 17.30, sarà la compagnia La Huella Teatro e il suo “Ckuri Limpiadores de pueblos”. Alle 18 seguirà il taglio del nastro e alle 19.30, l’attesa prima nazionale di Cie Responso, che presenta “Hourvari”, unica tappa italiana della creazione di Marie Molliens. Si tratta di una creazione acrobatica monumentale sotto chapiteau, prima italiana e unica data in Italia. La prima si terrà nello Chapiteau della discesa del gas.
La contaminazione tra i vari linguaggi è fondamentale secondo il direttore artistico Felice Gavosto e rappresenta una delle forze generative più potenti nello spettacolo dal vivo. Molti i protagonisti di questa kermesse nella pausa cuneese. Nell’ambito del Circo la Cie de Chaussons Rouges, presente per la prima volta in Italia, proveniente da Francia e Belgio, con Epiphites, installazione acrobatica, Artemachia e la Compagnia Madame Rebiné. Per la danza si esibiranno i ballerini del Balletto Civile, della Compagnia Twain, della EgriBianco Danza tra gli altri. Dall’Ucraina saranno presenti i Dekru con Virtual Reality, mimo contemporaneo e visual comedy. Dall’Italia in arrIvo Matteo Galbusera, con ‘The white lord’, clown teatrale internazionale partecipato e sconvolgente. UpArte è in arrivo dalla Spagna con DESproVISTO, acrobatica pura e corale, sinfonia di corpi nell’aria.
Dalla Svizzera proviene il Théâtre Circulaire, con “Porte á faux”, poesia in sospensione, musica e clown. Torna il miglior spettacolo Mirabilia 2024, che nella precedente edizione ha entusiasmato molto il pubblico. Dall’Italia proviene Abbondanza/Bertoni, con la creazione della nuova Epifania, con i grandi maestri di danza in anteprima sul territorio.
Frutto di un percorso biennale avviato con il programma “Circostrada- Global Crossing” nel 2023, già nel 2024 una delegazione del Ministerio de las Culturas del Cile ha visitato il festival Cuneese. Quest’anno uan delegazione del Ministero della Cultura del Cile accompagnerà tre spettacoli selezionati tramite bando nazionale, uno spettacolo di grande formato, con circa 15 artisti, uno di medio formato e uno di piccolo formato, partecipativo e site specific che prevederà prima un periodo di residenza a Cuneo con il coinvolgimento della cittadinanza.
Si consolida e si amplia la collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e, grazie all’accordo quadro stretto con l’Ateneo, la XIX edizione di Mirabilia accoglie il progetto UTPLay Università di Torino Performance & Digital Playground, con uno spazio dedicato in esclusiva all’Università, che offre agli Studenti del Dipartimento di Studi Umanistici l’opportunità di presentare al pubblico i progetti didattici elaborati durante i loro percorsi di studio. 1450 mq. del Festival, l’intera area della Tettoia in piazza Virgilio a Cuneo per cinque giorni diventano sede di 11 eventi progetti che spaziano dalle sperimentazioni audiovideo, agli incontri, alle esperienze immersive ai progetti cross disciplinari. Fra gli eventi proposti, uno è realizzato in collaborazione con il Conservatorio Ghedini di Cuneo.
Un’altra novità di Mirabilia 2025 è “Into the woods”, una sezione di spettacoli site specific realizzati in ambienti naturali. Si tratta di un modo per connettere l’arte al paesaggio, sperimentando nuovi formati e immaginando un festival sempre più sostenibile. Si tratta di un progetto di spettacoli nei boschi e nei parchi, con alimentazione e energia solare e batterie, mobilità dolce per artisti e spettatori, un format sostenibile che unisce tecnologia green, comunità e paesaggio, realizzato grazie al sostegno della Fondazione CRC.
Mirabilia, oltre ad essere un festival di diffusione, una vetrina in cui molti artisti e programmatori si incontrano, è attento alle novità, ai nuovi linguaggi, agli artisti emergenti, che sostiene tutto l’anno in residenze artistiche, in cui artisti da varie parti del mondo si incontrano e sviluppano nuovi progetti di spettacolo.
Mara Martellotta




“Quel giardino” dove si sentiva a casa erano i Giardini Botanici Hanbury che si distendono dal promontorio della Mortola verso il mare di Ventimiglia, a pochi chilometri dal confine francese. Diciotto ettari sull’estrema punta del Ponente ligure al quale dedicò la sua opera letteraria, ambientando racconti e poesie. Un gioiello naturalistico prezioso, uno dei giardini di acclimatazione più belli e preziosi d’Europa e dell’intero bacino mediterraneo. Orengo raccontava che sono blu le terre della Liguria quando fioriscono i carciofi, quando il mare “rimbalza il suo colore sotto i pini, quando si alza il fumo degli sterpi sulle fasce, quando la campanula buca i rovi e quando la bungavillea e il glicine sui muri incontrano il tramonto”. In questo modo il blu si imprime indelebilmente nella memoria, trasformandosi nel colore del ricordo e della terra. Quella terra “aspra e dolce della Liguria di Ponente che da Imperia a Ponte San Luigi corre anguillesca sul mare e su, verso l’interno di paesi d’incanto, umidi e solari”. Con Terre blu Nico Orengo raccontava una geografia sospesa tra la realtà e l’immaginazione come può essere solo quella di “un viaggiatore che ritorna sui suoi passi per constatare che c’è un albero in più e una pietra in meno, che il pollaio è una villetta, o che quel tal orto si è fatto casa”. Alla terra di confine dove ambientò quasi tutti i suoi romanzi Nico Orengo rimase sempre legatissimo. La sua Liguria non era solo uno spazio naturale pieno di odori e colori, suggestioni straordinarie sospese tra il blu del mare e i colori forti dell’entroterra ma anche un luogo della memoria, degli anni della giovinezza e dell’adolescenza. Un mondo intero dove si intrecciavano indimenticabili ricordi che rievocò nei suoi romanzi (Dogana d’amore, Il salto dell’acciuga, Le rose d’Evita, La guerra del basilico, Ribes, La curva del latte) con la sua scrittura lieve e ironica. Nel suo penultimo romanzo, Hotel Angleterre, accompagnò i lettori in un viaggio della memoria rimescolando ricordi, rievocando la figura della nonna paterna, la contessa Valentina Tallevitch, che, nelle fredde sere invernali, mentre gettava bucce di mandarino nel fuoco acceso nel camino, narrava ai nipoti vecchie storie della nobiltà russa in Costa Azzurra e nella Riviera di Ponente, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Nell’ultimo, Islabonita, ambientato a metà degli anni Venti, usa l’espediente narrativo del bestiario e di una figura antropomorfica di anguilla voyeur, per raccontare un epoca che stava per lasciare una traccia dolorosa e indelebile sulla pelle della nazione. Spesso nei suoi libri riecheggia l’amarezza per il tramonto della società contadina e il declino dei suoi umanissimi valori a scapito del rapido imporsi del modello industriale e urbano che il boom economico avrebbe poi codificato nell’avvento della società dei consumi. E la natura e l’ambiente, entrambi da difendere e tutelare, rappresentano desideri che emergono in molti racconti come Gli spiccioli di Montale dove, in un tratto di mare al confine con la Francia, un uliveto che rischia di scomparire, provocando uno strappo violento nella memoria, quasi come se un ricordo venisse rubato. Ci restano in eredità i suoi versi, le filastrocche ( A-ulì-ulè ) , i racconti, le battaglie contro la speculazione edilizia e per la salvaguardia dell’ambiente e delle tradizioni culturali, il bellissimo ritratto delle langhe fissato nelle pagine del romanzo Di viole e liquirizia. Nico Orengo morì a Torino, nella mattinata di sabato 30 maggio 2009, all’ospedale delle Molinette dove era stato ricoverato dopo una crisi cardiaca. Aveva 65 anni. Al capoluogo piemontese ( vi era nato il 24 febbraio del 1944) era legato per l’intensa collaborazione con Einaudi e la lunga direzione di Tuttolibri, il settimanale letterario de La Stampa, quotidiano per cui scriveva. Non casualmente scelse come ultima e definitiva dimora il piccolo cimitero dei Ciotti tra La Mortola e Grimaldi, aggrappato alla roccia e affacciato sul mare blu cobalto. Come scrisse lui stesso nell’agosto del 2000, lo scenario non poteva che essere quello di “ una Liguria favolosa di sapori, fico polveroso e gelsomino stordente, di buganvillea e cappero, di garofano, calendula e rose, mirto e rosmarino”. Un buon modo di ricordarlo è quello di leggere le sue opere magari accompagnandone il piacere con un buon bicchiere di vino, preferibilmente rossese o vermentino, secondo le antiche ricette della cucina ligure.

Dal “tropo” si sviluppa il dramma liturgico, che può svolgersi in una piccola parte della chiesa o investirla totalmente, avvalendosi in questa circostanza di allestimenti scenici ben determinati e con precisi valori simbolici. Nel dramma liturgico troviamo per la prima volta l’idea della scena “simultanea”, caratteristica prima dei “misteri”. Si tratta di particolari sacre rappresentazioni allestite fuori dalle mura delle chiese e prive di connessioni con il cerimoniale liturgico ma dirette da chierici o preti, la rappresentazione era solitamente accompagnata da didascalie in latino, vero e proprio elemento che fa da “trait d’union” con il recinto sacrale. Uno dei “misteri” più tipici e apprezzati è lo “Jeu d’Adam” – spettacolo composto da un autore normanno, e particolarmente diffuso nel XII – secolo in cui per la prima volta vengono allestiti dei “luoghi deputati”, atti a rappresentare la globalità dell’Universo, costituito da Terra, Paradiso e Inferno.


