CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 316

A Salusse a l’è andaita an sena sto weekend l’Uvernada

UVERNADA: LA COLTURA OSSITAN-A A SALUSSE
A Salusse a l’è andaita an sena sto weekend l’Uvernada, na sòrta ‘d rit ëd passage a la stagion frèida.

Un senari vreman sugestiv, antrà drapò e simboj con la cros ëd Tolosa ch’a armando a la coltura doc, ij prodot tipich ëd nòste bande, j’antich mësté (muleta, stroplor….) ….e peui tanta musica ossitan-a, sempe angagianta e convivial.


L’edission dë st’ann-si a l’è dcò staita l’ocasion për festegé ij 40 agn ëd càriera musical ëd Sergio Berardo e dij Lou Dalfin.

Milian Giaco Racca

Cineclub delle Valli, i martedì d’essai

 

Villar Perosa, 27 ottobre 2022

Cinema delle Valli, Villar Perosa (To)

Ogni martedì alle 21.00

8 novembre 2022 ⁓ 2 maggio 2023

Dopo il successo delle proiezioni infrasettimanali proposte al pubblico durante la scorsa stagione, il Cinema delle Valli di Villar Perosa (viale G. Ferraris, 2 angolo viale S. Pertini) conferma e rilancia sul fronte del cinema d’autore: dall’8 novembre 2022 al 2 maggio 2023, ogni martedì alle 21.00 appuntamento con Cineclub delle Valli. I martedì d’essai, novità della stagione 2022/2023.

Il Cineclub delle Valli sarà suddiviso in 5 rassegne mensili, si apre a novembre con “Cinema senza frontiere – La famiglia”, 4 titoli che affrontano il tema della famiglia di ieri e di oggi; gennaiovedrà riproposti sul grande schermo 4 film che compiono 50 anni in un ciclo dal titolo “La leva cinematografica del 1973”, scelti dal pubblico in una rosa di 10 film preselezionati dallo staff del Cinema delle Valli; a febbraio protagonista il grande cinema nostrano con “La prima cosa bella, le più recenti opere prime dei registi italiani; si viaggia invece oltralpe a marzo con “Vive la France!” e 4 titoli di cinema francese collegati al Premio Cinematografico Fernandel; ad aprile e maggio torna “Working class hero”, rassegna sul tema del lavoro che proporrà 5 film, l’ultimo – il 2 maggio – chiuderà la stagione del cineforum.

Novità, sperimentata nelle scorse stagioni e apprezzata dal pubblico, l’apertura dei film in programma con una serie di cortometraggi “made in Piemonte” dall’archivio del Glocal Film Festival di Torino.

Il primo appuntamento sarà martedì 8 novembre con 200 metri, esordio nel lungometraggio del regista palestinese Ameen Nayfeh, presentato in anteprima nel 2020 alle Giornate degli autori della 77ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il film sarà anticipato dal corto En rang par deux, Incontro con Aliou e Afif di Elisabetta Bosco, Margherita Giusti, Viola Mancini.

«Abbiamo voluto proporre al pubblico cinque ‘variazioni sul tema’ che esplorano in lungo e in largo, su filoni dedicati, il meglio delle produzioni internazionali sottolineano Alessandro Gaido, direttore del Cinema delle Valli e Paolo Perrone, responsabile della programmazione “Cinema senza frontiere: la famiglia allo specchio” indaga l’universo relazionale famigliare, nelle sue tante sfumature, da prospettive geografiche e culturali assai distanti l’una dall’altra; “La leva cinematografica del ’73”, con l’aiuto del pubblico del Cinema delle Valli nelle vesti di selezionatore, recupera direttamente dalla storia del cinema, riportandoli sul grande schermo, capolavori usciti in sala 50 anni fa; “La prima cosa bella”, pescando nel vivacissimo serbatoio delle opere prime, riassume i migliori recenti esordi del cinema italiano; “Vive la France!”, attingendo al vasto e acclamato repertorio di pellicole francesi, rivela una volta di più tutta la magia del cinema d’Oltralpe; “Working class hero”, infine, posizionato in direzione della festività sul lavoro, consente di fare il punto sul rapporto, quanto mai attuale e necessario, tra la settima arte e il mondo occupazionale»

Per tutte le proiezioni di Cineclub il biglietto d’ingresso ha un costo di 7€, ridotto 5€ con Community card. Abbonamenti: 15€ (singola rassegna); 60€ intero cartellone Cineclub.

CINECLUB è realizzato da Associazione Piemonte Movie – Cinema delle Valli, in collaborazione con Cineforum Pinerolo e Arci Valle Susa Pinerolo.

Tra le conferme della programmazione al Cinema delle Valli segnaliamo il ritorno di La fabbrica di cioccolato (domenica alle 15.30), un ciclo di film d’animazione dedicato a grandi e piccini che torna a partire dal 6 novembre con Minions 2 – Come Gru diventa cattivissimo di Kyle Balda e Brad Ableson. Il programma de La fabbrica di cioccolato prosegue con Troppo cattivi di Pierre Perifel (13 novembre), Lightyear – La vera storia di Buzz di Angus MacLane (20 novembre), Lizzy e Red – Amici per sempre di Jan Bubenicek e Denisa Grimmová (27 novembre, inizio alle 18.00), La scuola degli animali magici di Gregor Schnitzler (4 dicembre) e, infine, Taddeo l’esploratore e la tavola di smeraldo di Enrique Gato (18 dicembre).

Durante le proiezioni de La fabbrica di cioccolato sarà disponibile un servizio bar gestito dalla Biscotteria La Belle Epoque di Perosa Argentina, che proporrà quest’anno il concorso “Colazione in Biscotteria”. Ogni domenica verrà estratto a sorte un biglietto tra il pubblico in sala, il vincitore potrà usufruire di una colazione per due (bevanda e cornetto) presso la Biscotteria. Il biglietto vincitore verrà pubblicato ogni lunedì mattina sul sito web del Cinema.

«Ci fa molto piacere riproporre al Cinema delle Valli questa rassegna sottolinea Paolo Perrone, responsabile della programmazionenon solo perché ormai è una delle nostre attività più consolidate e apprezzate sul territorio, ma anche perché il rapporto con gli spettatori più piccini si fonda sia sulla garanzia di svago e divertimento, sia sulla veicolazione di messaggi positivi che, attraverso cartoni animati e film per famiglie, possono costituire un elemento di crescita individuale e un ulteriore motivo di interesse per il grande pubblico»

Per informazioni FB @cinemavillarperosa | cinemavillarperosa@gmail.com | www.cinemadellevalli.it  

FB @piemontemovie | www.piemontemovie.com  

Ufficio Stampa Piemonte Movie – ufficiostampa@piemontemovie.com– Mariapaola Gillio – 347 6984425

CINECLUB – IL PROGRAMMA

Cinema senza frontiere: la famiglia allo specchio

I film in programma saranno anticipati dal cortometraggio En rang par deux, Incontro con Aliou e Afif di Elisabetta Bosco, Margherita Giusti, Viola Mancini.

> Martedì 8 novembre, ore 21.00

200 METRI di Ameen Nayfeh

(Palestina/Giordania/Qatar, 2022, 86’)

La famiglia di Mustafa e di sua moglie Salwa è divisa dal muro che separa palestinesi e israeliani in Cisgiordania. Lui si rifiuta di accettare il visto di lavoro israeliano per risiedere nella propria terra e così sceglie di vivere oltre la barriera, duecento metri che non può oltrepassare, separato dalle persone che ama. Un giorno Mustafa viene avvisato che il figlio ha avuto un incidente: l’uomo si precipita al checkpoint israeliano, ma a causa di un problema burocratico gli viene negato l’ingresso.

> Martedì 15 novembre, ore 21.00

TRUE MOTHERS di Naomi Kawase

(Giappone, 2022, 140’)

Satoko e Kiyozaku non possono avere figli. Dopo aver valutato diverse opzioni alternative per diventare genitori, scelgono di adottare un bambino e si rivolgono a Baby Baton, un luogo incantevole nella prefettura di Hiroshima dove vengono accolte ragazze incinte, spesso molto giovani, che non potranno tenere con sé la propria prole. Una di queste ragazze, Hikari, affida il figlio Asato a Satoko e Kiyozaku, ma cinque anni e molte vicissitudini dopo li rintraccerà per poter rivedere il proprio figlio.

> Martedì 22 novembre, ore 21.00

AFTER LOVE di Aleem Khan

(Gran Bretagna, 2022, 89’)

Nel sud dell’Inghilterra che si affaccia sul canale della Manica, a Dover, Mary vive una vita tranquilla con il marito Ahmed, per il quale si è convertita all’Islam prima di sposarsi. Quando Ahmed muore all’improvviso, Mary trova il documento di una donna sconosciuta nel suo portafoglio. La curiosità e la paura la spingono verso la sponda francese del canale, a Calais, per chiedere spiegazioni a Genevieve, che ha un figlio, del rapporto con suo marito.

> Martedì 29 novembre, ore 21.00

ALCARRÀS di Carla Simón

(Spagna, 2022, 120’)

Orso d’oro al Festival di Berlino 2022

Un piccolo villaggio della Catalogna. La famiglia Solé vive del frutto di una terra che non è la sua, ma a cui dedica tutti i propri sforzi. Il raccolto di quest’anno, però, potrebbe essere l’ultimo: il proprietario del terreno ha nuovi piani per il frutteto, i peschi devono far posto ai pannelli fotovoltaici. L’imminente abbattimento degli alberi di cui si sono presi cura per tutta la vita provoca una profonda spaccatura all’interno della grande famiglia.

La leva cinematografica del ’73: i capolavori di 50 anni fa

I film in programma saranno anticipati dal cortometraggio Sidereadi Elisa Bonandin, Fiorella Cecchini, Isabel Matta, Carlotta Vacchetti.

> Martedì 10 gennaio, ore 21.00

EFFETTO NOTTE di François Truffaut

(Francia, 1973, 115’)

Oscar per il miglior film straniero

A Nizza, il regista Ferrand è impegnato a girare un film intitolato ‘Vi presento Pamela’, ma nel corso delle riprese si trova a dover fronteggiare tutte le difficoltà tipiche del suo lavoro, compresi i problemi personali dei suoi attori, Alphonse, il protagonista, afflitto da mal d’amore, e Julie Baker, attrice inglese reduce da una crisi depressiva. Opera corale di matrice autobiografica, traboccante di amore per il cinema (che in Truffaut coincide con l’amore per la vita).

> Martedì 17 gennaio, ore 21.00

AMARCORD di Federico Fellini

(Italia, 1973, 127’)

Oscar per il miglior film straniero

Rivisitazione, tutta ricostruita in studio ma mai così efficace, della Rimini dei primi anni ’30, col fascismo trionfante, l’apparizione notturna del transatlantico Rex, il passaggio delle Mille Miglia, la visita allo zio matto e la bella Gradisca, Amarcord è un film della memoria e, soltanto parzialmente, della nostalgia. Un capolavoro senza tempo che rievoca gli anni dell’infanzia di Fellini, in cui si mescolano senza sosta umorismo, buffoneria, ritratto d’epoca, malinconia.

> Martedì 24 gennaio, ore 21.00

AMERICAN GRAFFITI di George Lucas

(Usa, 1973, 110’)

Cinque nomination agli Oscar

California, estate 1962. Una molteplicità di personaggi si incrocia nel corso di una serata alla ricerca di una felicità che sembra sempre sul punto di esser colta ma che sfugge continuamente di mano. Sul ritmo di Rock around the Clock , la notte brava di quattro adolescenti, mentre la guerra del Vietnam bussa alle porte. Uno dei migliori risultati dell’operazione nostalgia a Hollywood, pieno di simpatia, con qualche momento d’incanto malinconico.

> Martedì 31 gennaio, ore 21.00

JESUS CHRIST SUPERSTAR di Norman Jewison

(Usa, 1973, 103’)

Ispirato alla vita di Gesù di Nazareth, rievocata da giovani attori in Israele (l’ingresso a Gerusalemme, il processo, la condanna a morte, il calvario), tratto dal più famoso dei musical che Andrew Lloyd Webber abbia composto, su libretti di Tim Rice, in forma di opera rock, Jesus Christ Superstar negli anni è diventato un vero e proprio cult movie. Una lettura hippie della passione di Cristo, un Gesù meno divino e più umanizzato, voci mozzafiato e musiche che si incidono nell’anima.

La prima cosa bella: i migliori esordi del cinema italiano

I film in programma saranno anticipati dal cortometraggio Princessdi Lorenzo Bosi, Gabriele Scudiero, Alessandra Piras, Andrea Filippetti.

> Martedì 07 febbraio, ore 21.00

MATERNAL di Maura Delpero

(Italia, Argentina, 2021, 91’)

Una casa famiglia di Buenos Aires, gestita da religiose che si prendono cura di mamme adolescenti e dei loro piccoli figli. Fra loro, due diciassettenni, Lu e Fati, bambine trasformate bruscamente in madri, e una giovane suora, Paola, venuta dall’Italia per terminare il noviziato e prendere i voti perpetui. L’incontro fra le tre donne, in un luogo in cui la maternità precoce delle giovani madri convive con il voto di castità delle suore che le hanno accolte, tra regole rigide e amore cristiano, susciterà reazioni inaspettate.

> Martedì 14 febbraio, ore 21.00

RE GRANCHIO di Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis

(Italia/Francia/Argentina, 2021, 90’)

Luciano è il figlio del medico locale di un borgo della Tuscia tardo ottocentesca: un’anima persa, un ubriacone che si trascina attraverso il villaggio e le campagne con grande scandalo per la comunità. Ma Luciano ama una contadina promessa ad un principe: lo stesso che taglieggia la comunità, e contro cui Luciano intende ribellarsi. Le cose non andranno così, e l’uomo si troverà a vagare dall’altra parte del mondo in cerca di un tesoro leggendario inseguito da molti, convinti che l’oro nascosto cambierà la loro vita.

> Martedì 21 febbraio, ore 21.00

IO SONO VERA di Beniamino Catena

(Italia, 2022, 101’)

Vera, una bambina di undici anni che vive in Liguria, sulla costa di Ponente, scompare senza lasciare traccia. Due anni dopo ritorna, ma invece di essere adolescente è una giovane donna. Non ricorda niente. I genitori sono sconvolti, ma l’esame del Dna conferma che è davvero lei. Quando i ricordi riaffiorano alla memoria, Vera capisce di aver vissuto la vita di un uomo cileno, clinicamente morto, che, dall’altra parte del mondo, si era risvegliato nello stesso istante in cui lei era svanita nel nulla.

> Martedì 28 febbraio, ore 21.00

UNA FEMMINA di Francesco Costabile

(Italia, 2022, 102’)

Da bambina Rosa ha assistito ad un evento tragico che la sua intera famiglia l’ha spinta poi a rimuovere: un atto di violenza inaudita, come punizione per non aver mantenuto un silenzio omertoso. Da grande Rosa vive con la zia Rita, nonna Berta e il cugino Natale seguendo le regole dello zio Tore, che ha una gestione maschilista della famiglia. Ma Rosa sente che in quel regime c’è qualcosa di sbagliato e di ingiusto, e dentro di lei si agita quello spirito da “femmina ribelle” che apparteneva a sua madre.

Vive la France! Tutta la magia del cinema d’Oltralpe

I film in programma saranno anticipati dal cortometraggio Whatever happened to Darwin di Leonardo Altieri, Giulia Manna, Maria Nocerino.

> Martedì 07 marzo, ore 21.00

I PROFUMI DI MADAME WALBERG di Grégory Magne

(Francia, 2021, 100’)

Guillaume Favre è uno chauffeur separato dalla moglie e dal mondo. Il suo reddito, fluttuante come la sua vita, è appeso a un filo: ai tre punti che gli restano per non perdere la patente e la figlia, di cui la madre ha la custodia piena. Un giorno gli viene affidata Madame Walberg, cliente capricciosa e ‘naso’ reputato nel mondo dei profumi di lusso, capace di avvertire ogni genere di odore. Così, contro ogni logica, Anne e Guillaume finiscono per intendersi, producendo insieme una fragranza nuova.

> Martedì 14 marzo, ore 21.00

ONLY THE ANIMALS – STORIE DI SPIRITI AMANTI di Dominik Moll

(Francia, 2022, 113’)

Lozère, sud della Francia. Una donna sparisce misteriosamente durante una bufera di neve. La polizia trova la sua macchina sul ciglio di una strada e comincia ad indagare sui possibili colpevoli. Tra i sospetti ci sono Alice, assistente sociale, suo marito e il suo amante. Poco prima, a Sète, una cameriera si era innamorata della vittima. Infine, un ragazzo che tenta di uscire dalla miseria si ritroverà, anch’esso, coinvolto in questo caso. Tutti nascondono un grave segreto. Ma chi ha ucciso Evelyne Ducat?

> Martedì 21 marzo, ore 21.00

GAGARINE – PROTEGGI CIÒ CHE AMI di Fanny Liatard, Jérémy Trouilh

(Francia, 2022, 95’)

Alla periferia sud di Parigi l’enorme complesso residenziale Cité Gagarine sta per essere demolito dopo anni di degrado. Tra le 370 famiglie in attesa di essere assegnate ad altre abitazioni c’è chi non intende andarsene. Tra questi, il sedicenne Youri. Dall’alto del suo appartamento coltiva il sogno di diventare un astronauta. Così, quando sul posto arrivano gli operai, il ragazzo, che porta il nome del primo uomo nello spazio, intraprende con i suoi amici Diana e Houssam una missione impossibile.

> Martedì 28 marzo, ore 21.00

PETITE MAMAN di Céline Sciamma

(Francia, 2021, 72’)

La nonna di Nelly, che ha otto anni, muore in una casa di riposo. Lei e i genitori raggiungono quella che era la sua abitazione per sistemarla per una probabile vendita. La mamma, Marion, ritrova ciò che possedeva quando era bambina e racconta di una capanna costruita nel bosco che si trova nei pressi dell’abitazione. D’improvviso poi parte lasciandola sola con il padre. Girovagando nel bosco Nelly trova una bambina che sta costruendo una capanna. Quella bambina si chiama Marion.

Working class hero: il cinema e il mondo del lavoro

I film in programma saranno anticipati dal cortometraggio The King Dom di Giacomo Bianchi, Melania Campanaro, Marco Raffaelli, Elena Sorrentino.

> Martedì 04 aprile, ore 21.00

I TUTTOFARE di Neus Ballús

(Spagna, 2022, 85’)

Barcellona. Valero e Pep sono i due operai di una piccola impresa di riparazioni idrauliche ed elettriche di cui la moglie di uno dei due è la contabile. Nel momento in cui Pep deve andare in pensione diventa necessario trovare un sostituto, che viene individuato in Moha, un giovane marocchino. Valero, però, non riesce a nascondere la diffidenza nei confronti di questo immigrato con cui dovrebbe invece collaborare. Così, gli concede sei giorni per dimostrare ciò che vale.

> Martedì 11 aprile, ore 21.00

LAS LEONAS di Chiara Bondi’, Isabel Achaval

(Italia, Argentina, 2022, 80’)

Un gruppo di donne immigrate. Lavorano tutte a Roma, come badanti, come tate per bambini piccoli o come donne delle pulizie, ma sono accomunate da un’unica, grande passione: il calcio. Ogni domenica, infatti, si ritrovano sul campo e danno inizio a un vero e proprio torneo di football. E insieme alla passione per il pallone, il documentario ci racconta anche la vita privata, le speranze e lo sguardo sul mondo di queste giovani donne.

> Martedì 18 aprile, ore 21.00

LE VOCI SOLE di Andrea Brusa, Marco Scotuzzi

(Italia, 2022, 80’)

Giovanni, senza lavoro a causa della pandemia, è costretto a emigrare in Polonia per cercare una nuova occupazione. Resta però in contatto con la moglie e il figlio grazie a lunghe video chiamate quotidiane in cui la donna, da remoto, gli insegna a cucinare. Quando una di queste telefonate diventa inaspettatamente virale in rete, la coppia raggiunge una popolarità che pare la soluzione di tutti i loro problemi economici. Presto, però, questa botta di fortuna si trasformerà in una trappola.

> Martedì 25 aprile, ore 21.00

TOILET di Gabriele Pignotta

(Italia, 2022, 90’)

Flavio si ritrova tra le mani una grossa occasione: un colloquio per il posto di lavoro più desiderato della sua vita. Mentre è alla guida della sua auto, diretto verso l’appuntamento, riceve diverse chiamate al telefono. A causa di queste distrazioni continue, non si rende conto di aver sbagliato strada. Si ferma, così, in una stazione di servizio, va in bagno ma distrattamente non si rende conto che la porta è bloccata, rimanendo così chiuso all’interno. E nei paraggi non c’è nessuno che possa aiutarlo.

> Martedì 02 maggio, ore 21.00

GENERAZIONE LOW COST di Julie Lecoustre, Emmanuel Marre

(Belgio/Francia, 2021, 110’)

Cassandre lavora come assistente di volo per una compagnia aerea low-cost. La sua vita è fatta di spostamenti continui, estenuanti esercizi di vendita di profumi e bevande a bordo degli aerei e feste con i colleghi. Tra la passione per Instagram e il vago sogno di lavorare per una compagnia di alto livello, Cassandre continua a vivere la sua routine finché, un giorno, un imprevisto non la mette di fronte alle sue origini e a un trauma che cercava di dimenticare.

 

L’isola del libro: speciale Sue Miller

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Perché una puntata dedicata interamente a questa scrittrice americana? Perché questa brillante 79enne (nata a Chicago il 29 novembre 1943) è una delle più acclamate autrici, amata dai lettori e apprezzata dalla critica per l’abilità con cui riesce a sviscerare temi profondi, anche dolenti, in modo avvolgente e coinvolgente. Capace di grande profondità emotiva che ammanta con uno stile di scrittura quasi cinematografico, particolarmente accattivante, Ha iniziato a scrivere e pubblicare tardi, il suo primo romanzo è del 1986, “La buona madre” dal quale è stato tratto il film “Diritto d’amare” con Diane Keaton e Liam Neeson. Da allora la scrittura è la sua vita e ha regalato ai suoi lettori molti romanzi, alcuni dei quali hanno ispirato altri film di successo.

 

“Monogamia” -Fazi Editore- euro 18,50
E’ il romanzo più recente: psicologico, introspettivo, profondo e narra di una coppia che vive a Cambridge, in Massachusetts, felicemente sposta da quasi 30 anni. Poi con la morte del marito si scoperchia non solo un pozzo di dolore, ma anche qualcosa che mina alle fondamenta tutte le certezze su cui era basato il matrimonio e la vita insieme.
Protagonista è Anne, alle spalle ha un precoce e fallimentare primo matrimonio dopo il college con l’odioso e snob Alan. Ora è giunta al traguardo della mezza età e si ritiene realizzata con il secondo marito, Graham; proprietario di una libreria che è punto di riferimento per tutta Cambridge, dove invita e presenta scrittori ed organizza feste memorabili.
Graham è esuberante, imponente, vulcanico, buongustaio dei piaceri della vita –Bacco, tabacco e Venere- e soprattutto ha sempre incoraggiato Anne a seguire le sue passioni, prima fra tutte la fotografia.
Quando si erano conosciuti -lei minuta, timida e riservata- non era stato subito amore. Poi la traboccante gioia di vivere di quell’omone barbuto e carico di entusiasmo l’aveva investita e avvolta in un matrimonio tutto sommato riuscito. Anche Graham ha alle spalle un precedente matrimonio, con Frieda che l’aveva lasciato dopo aver scoperto che la tradiva (ma continua a rimpiangerlo), e un figlio, Lucas, ormai adulto che vive a New York.
Anne e Graham hanno messo al mondo Sarah, anche lei ormai una donna con la sua carriera a San Francisco.

Tutto cambia e precipita quando una brutta mattina Anne si sveglia accanto a Graham e se lo ritrova morto nel sonno. Pagine memorabili si aprono sul dolore di un lutto così improvviso e inaspettato che stravolge completamente il mondo di Anne.
Poi, a poco a poco, verrà a galla una realtà spiacevole per Anne che scopre di aver vissuto per anni accanto a un uomo brillante, ma dotato di un doppio fondo che lei non aveva minimamente intuito.

La Miller è magistrale nell’affondare la penna nello smarrimento e nel disinganno di Anne; e lo fa intercalando sapienti e ben dosati flashback che aiutano a ricostruire il passato e a vederlo con occhi totalmente diversi.
Affascinante anche la carrellata dei comprimari, a partire dall’ex moglie di Graham, Frieda, un’insegnate che non ha mai smesso di amarlo e col tempo è diventata amica di Anne. Una complessità di vite, sentimenti e disillusioni.
La figlia Sarah che negli anni dell’adolescenza aveva dato qualche preoccupazione ai genitori, poi ha trovato la sua strada. Infine Lucas, figlio di primo letto di Graham che lavora come editor nella Grande Mela. Entrambi i figli adoravano il padre ed erano legati anche tra di loro.
Sullo sfondo aleggiano concetti complessi come libertà sessuale, fedeltà, fiducia, relazioni personali, dolore della perdita e, sotteso a ogni riga di questo bellissimo romanzo, c’è l’amore per i libri.

 

“La buona madre”

Anche in questo romanzo (del 1986) al centro della vicenda c’è una donna, Anna Dunlop, insegnante di pianoforte che sta divorziando dal marito Brian. Il loro matrimonio era in crisi da tempo, ad accelerare la separazione era stata la relazione di lui con Brenda (e il progetto di risposarsi con lei) e la decisione di trasferirsi per lavoro a Washington dove Anna non ha nessuna intenzione di seguirlo. La fine della loro unione era nell’aria da tempo e avviene quasi senza scossoni, perché entrambi sono impazienti di definire gli accordi e andare ognuno per la sua strada.

Anna ottiene la custodia della figlia Molly, un assegno mensile per il mantenimento della piccola e, poiché Brian è quello economicamente più stabile, si sarebbe addossato le spese principali per la sua crescita e la sua educazione.
Per la prima volta, invece, Molly dovrà mantenersi da sola, e su questo lei ha particolarmente insistito vedendolo come il primo passo necessario per ricostruirsi una vita indipendente.

Al centro della sua vita c’è la piccola di 4 anni alle prese con la lacerazione del suo mondo in due. Poi la strada di Anne interseca quella di Leo, affascinante artista dalla vita sregolata e sopra le righe.
Ed ecco profilarsi all’orizzonte la difficoltà di poter scegliere di vivere la passione da donna finalmente libera, e conciliare il nuovo sentimento con la responsabilità di una figlia piccola e una serie di complicazioni.
A scompigliare ulteriormente la vita di Anne si affacciano la sua famiglia di origine, fortemente patriarcale e tradizionalista, e l’ex marito che le metterà i bastoni tra le ruote convinto che la nuova relazione della donna metta a rischio la serenità di Molly.

 

“Un mondo nascosto”

Catherine Hubbard sta affrontando la deriva del suo secondo divorzio e per farlo si rintana nella vecchia casa dei nonni nel Vermont, dove aveva trascorso lunghi periodi dell’infanzia. La prima volta era stata quando aveva 7 anni e con il fratello poco più grande erano stati accolti da nonna Georgia e nonno John per proteggerli dal dolore per la malattia terminale della loro madre.

Ora Catherine si ritrova alle prese con un altro fallimento e nell’antica dimora, in piena solitudine, conta di ripensare anche ai suoi rapporti con i figli ormai lontani e presi dalle loro vite di adulti.
Girovagando nelle stanze e nella soffitta scopre vecchi bauli pieni di stoffe, raffinati corredi ingialliti dal tempo e soprattutto riporta alla luce i diari della nonna.

Inizia così la magia della ricostruzione di una vita. Quella della nonna Georgia che, quando era giovanissima nel 1919, aveva assistito la madre in fin di vita; poi si era ammalata a sua volta e la diagnosi del medico di famiglia, John Holbrooke, era stata Tbc, che all’epoca aveva epilogo spesso mortale. Il dottore l’aveva fatta ricoverare in un sanatorio dove avrebbe potuto essere curata e soprattutto avrebbe potuto riposare lontana dall’atmosfera faticosa e luttuosa della famiglia.

Georgia si era vista costretta al ricovero e non era per niente contenta, anche perché alla morte della madre si era sentita come abbandonata e metabolizzava il dolore del lutto prendendosi cura del padre, dei fratelli e della casa. E’ tra le mura del sanatorio che a poco a poco si adegua ai ritmi imposti dalle cure ed è lì che vive il suo primo grande amore. E’ l’emaciato Seward molto più malato di lei, eppure tenacemente attaccato alla speranza della guarigione in Colorado che sembra la terra promessa per i tubercolotici.

Catherine scopre così il passato che la nonna non le aveva mai raccontato e fa luce anche sui sottesi rapporti tra Georgia e il nonno, ovvero il dottor Holbroke che aveva finito per sposare una volta uscita dal sanatorio; lui all’epoca aveva 39 anni e lei appena 19.
Sue Miller ci regala una storia delicata, profonda e a tratti commovente, in cui Catherine immedesimandosi nel matrimonio solidissimo dei nonni, scopre anche gli anfratti più reconditi della sua anima.

 

“La moglie del senatore”

Sue Miller è eccezionale nel miscelare le vicende di due coppie diversissime tra loro – per età, classe sociale, esperienze passate e in divenire- eppure legate da una vicinanza abitativa, a Williston, che si trasforma in qualcosa di più del semplice rapporto tra vicini di casa.

I giovani novelli sposi Meri e Nathan si sono appena trasferiti nella villa bifamiliare e i loro muri confinano con quelli di una famiglia famosa, quella del senatore di lungo corso Tom Naughton e la moglie Delia.
Sono due coppie ai poli opposti della vita. Nathan è un brillante professore universitario agli inizi della carriera, Meri ha 36 anni e si occupa della parte culturale di un programma in radio.
Tom Naughton è stato un famoso leone del partito democratico ed ha trascorso la sua vita per lo più al centro del potere politico a Washington, mentre la moglie Delia ha scelto di ritirarsi a vita privata nella tranquilla cittadina lontana dai riflettori.

In un certo senso è un romanzo che si bilancia tra la gioventù e la vecchiaia, che hanno orizzonti parecchio differenti.
Delia accoglie i vicini con classe e in modo amichevole e questo apre le porte alla sua amicizia soprattutto con Meri che attraverso le pareti divisorie può sentire quanto accade ai vicini.

Sono rosee le aspettative di Nathan che si è appena trasferito perché ha ottenuto una cattedra a Willigton; mentre la moglie rimane incinta e si trova ad affrontare i cambiamenti del suo corpo e dell’intera esistenza.
D’altro canto invece l’elegante Delia ha superato la settantina, ha tre figli adulti avviati per le loro strade e un marito che l’ha sempre tradita, eppure lei è rimasta al suo fianco con una tenacia e un amore sconfinati. Attraverso flash back sapientemente orchestrati scopriamo, a poco a poco, i dettagli, gli alti e bassi, le dinamiche del suo complesso matrimonio, fino agli sviluppi finali.

Un romanzo che sa raccontare le meravigliose e spesso perigliose alchimie di una coppia e lo fa mettendo in campo la sensibilità di questa scrittrice sempre attenta alle dinamiche affettive che danno senso alla vita.

 

Rock Jazz e dintorni: James Taylor e Arto Lindsay

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Gli appuntamenti musicali della settimana

 

Lunedì. All’Audiodrome di Moncalieri si esibiscono i 999999999 mentre alle OGR suonano i Mind Against.

Martedì. Al Blah Blah è di scena  PM Warson. Al Teatro Colosseo la cover band Brit Floyd.  Al El Paso suona il quartetto francese Thee Gunlocks.

Mercoledì. Per “Moncalieri Jazz” nel Centro Commerciale, al mattino si esibisce la Dixie Five  mentre al pomeriggio alla Fondazione Frassati è di scena il chitarrista Lorenzo Favero.

Giovedi. Allo Ziggy si esibisce il violinista sperimentale Nicola Manzan. Al Teatro Colosseo arriva James Taylor. Alle OGR per “C2C” sono di scena Aya, Arca e lyra Pramuk. All’Hiroshima Mon Amour suonano i marchigiani Little Pieces of Marmalade.

Venerdì. Al Concordia di Venaria si esibisce Cristina D’Avena con i Gem Boy. Al Cap 10100 suonano i Deluxe. Per “C2C” al Lingotto sono di scena Kode9, Autechre, Jeff Mills, Jockstrap, Jamie xx, Caribou. All’Hiroshima si esibiscono Sick Budd e Silent Bob. Alle OGR per l’inaugurazione della mostra dedicata a Arthiur Jafa, nel Duomo suonano il bassista Melvin Gibbs, la violoncellista Okkyung Lee e il pianista Jason Moran.

Sabato. Al Circolo della Musica di Rivoli suona Arto Lindsay in duo con Melvin Gibbs. Al Lingotto per “C2C” si esibiscono Nu Genea, Bicep, Pa Salieu, Caterina Barbieri, Makaya McCraven, Yendri. Al Magazzino sul Po sono di scena i Addict Ameba. Al Teatro Colosseo arriva Gigi D’Alessio. Al Folk Club sono di scena Max Repetti e Annie Barbazza. All’Audiodrome di Moncalieri si esibisce il duo dance Shermanology. Al Blah Blah suona Dion Lunadon.

Domenica. Chiude “C2C2” alle OGR con il team Gang Of Ducks. Per “Moncalieri Jazz” all’Auditorium Rai con “110 Rascel” con l’Orchestra Rai diretta Steven Mercurio con settetto jazz e vari solisti e coro di voci bianche.

 

Pier Luigi Fuggetta 

“Fosco Corti”, la direttrice Erastus vince il concorso

CONCLUSA A TORINO LA SECONDA EDIZIONE DELL’EVENTO INTERNAZIONALE

 

Si è conclusa domenica nell’auditorium del conservatorio Giuseppe Verdi di Torino la seconda edizione del Concorso internazionale per direttori di coro Fosco Corti con la vittoria della direttrice estone Nele Erastus. I diciassette musicisti in gara nell’arena internazionale della direzione corale si sono messi alla prova nei giorni scorsi in sei fasi eliminatorie del concorso, corrispondenti a repertori e difficoltà tecniche progressive. Tra i cinque finalisti sono saliti sul podio anche Heesong Lee dalla Repubblica di Corea, che si è classificata al secondo posto, seguita dal direttore francese Pierre-Louis  de Laporte. La gara ha messo in luce talenti emergenti e già affermati provenienti da dodici paesi del mondo. Tra di loro hanno ottenuto premi speciali i lettoni Patriks Stepe e il ventiquattrenne Matīss Circenis, che hanno rispettivamente ottenuto la borsa di studio del Fondo Noel Minet assegnata dalla European Choral Association e il premio al direttore più giovane. Il premio per il miglior direttore italiano è andato a Tobia Tuveri, mentre la vincitrice assoluta Nele Erastus ha aggiunto al suo medagliere il premio del pubblico e il premio dello Slovenian Philharmonic Choir, insieme all’invito come direttore ospite di uno dei concerti in abbonamento nella sede della Filarmonica Slovena a Lubiana.

Il concorso è stato anche un palcoscenico per la valorizzazione della coralità italiana, grazie alla collaborazione di gruppi che hanno fatto da coro-laboratorio per i partecipanti: l’ensemble InContrà di Fontanafredda (Pordenone), il Coro Artemusica di Valperga, il Coro da camera di Torino, il Gruppo vocale Novecento di San Bonifacio (Verona).

Il concorso Fosco Corti ha confermato sia nei numeri che nell’alta qualità il suo ruolo di competizione di riferimento, avvalorato ulteriormente dalla giuria, formata da professionisti del settore: del livello di Frieder Bernius, Josep Vila i Casanas, Maria Goundorina, Filippo Maria Bressan e il torinese Carlo Pavese. La competizione si è svolta a porte aperte, ma la dimensione mondiale dell’evento è stata supportata dalla possibilità di seguire tutte le fasi in diretta streaming. Nel corso della cerimonia di premiazione sono saliti sul palco Ettore Galvani, presidente della Federazione nazionale italiana delle associazioni corali Feniarco, organizzatore dell’evento, il direttore del conservatorio Giuseppe Verdi Francesco Pennarola e il vicepresidente della European Choral Association, il turco Burak Onur Erdem. La soddisfazione espressa dai rappresentanti della rete di collaborazioni sviluppata a livello locale, nazionale e internazionale che sta alla base di questo concorso ha evidenziato la solidità di un evento giovane, ma rivolto strategicamente alla promozione dei giovani talenti, sia nel campo della direzione corale che nel settore della composizione, dato che il programma ha incluso anche due prime esecuzioni assolute di brani di autori italiani. La prossima edizione del concorso Fosco Corti si svolgerà nell’autunno del 2024.

 

 

Salvator Gotta a 135 anni dalla nascita

 

Dall’11 al 20 novembre prossimi Salvator Gotta, autore piemontese di fama nazionale ed internazionale verrà ricordato con una serie di eventi di arte e letteratura a 135 anni dalla sua nascita. L’iniziativa, a cura dell’associazione Luci, presieduta da Ennio Pedrini, si svolgerà tra Ivrea e Borgofranco di Ivrea, ma coinvolge anche le province di Vercelli e di Alessandria. Ed è significativo che la presentazione sia avvenuta venerdì mattina in Sala Giunta a Palazzo Ghilini, sede della Provincia di Alessandria che, insieme a diversi altri enti, la patrocina. Massimo Iaretti, consigliere delegato alla Cultura dell’Unione Valcerrina, e coordinatore dell’evento per Alessandria e Vercelli, ha ricordato che Salvator Gotta aveva un forte legame con il Monferrato, essendo il nonno  materno medico condotto a Valmacca (da questo derivava anche una parentela con un altro grande autore piemontese del Novecento, Cesare Pavese) e, in particolare il suo romanzo, ‘Addio Vecchio Piemonte’ è ambientato proprio tra Casale, Valenza, Valmacca, Pomaro, ai tempi della seconda guera d’Indpendenza. Il sindaco di Valmacca, Pierino Bovio si è detto lieto di ospitare un evento del Festival letterario nel Teatro Comunale, evidenziando che Gotta ricevette la cittadinanza onoraria con delibera del consiglio comunale il 18 agosto del 1971, evento richiamato anche dall’assessore Annamaria Broveglio Boselli che a scuola la maestra faceva leggere, all’epoca, il ‘Piccolo Alpino’ di Gotta. Gianpaolo Lumi, consigliere delegato al Turismo della Provincia ha sottolineato, dal canto suo, l’importanza di fare squadra per la promozione del territorio, anche attraverso eventi culturali che hanno comunque sempre una ricaduta anche sotto l’aspetto del turismo, ed evidenziato come al Provincia sia ‘la casa dei Comuni’.

Il festival incomincerà alle 10 dell’11 novembre a Crescentino con una incontro con gli studenti dell’Istituto Calamandrei di Luciana Banchelli autore del libro ‘Il Piemonte di Salvator Gotta’, moderato da Ilaria Rey docente di lettere nell’Istituto.  Il secondo evento, sempre l’11 novembre, ma alle ore 18, si svolgerà al Teatro Comunale di Valmacca, moderato da Masimo Iaretti, e sarà la conferenza ‘Salvator Gotta, cittadino onorario del Comune di Valmacca’, incentrato sull’Antologia Gotta e lettura tratte da ‘Addio Vecchio Piemonte’. Dal 13 al 20 novembre proseguirà con un fitto calendario di apputamenti a Ivrea e Borgofranco d’Ivrea

 

 

Il Barbarossa Re d’Italia nel Duomo di Torino?

Davvero Federico I Barbarossa è stato incoronato Re d’Italia nel Duomo di Torino e non in Lombardia?
Per molti storici l’imperatore ricevette la corona in terra lombarda nel 1155, a Pavia, forse a Monza o a Milano, ma non in Piemonte. Nella biografia di Federico I Hohenstaufen (A. Mondadori 1985) Franco Cardini scrive che l’imperatore cinse la corona regale d’Italia a Pavia nella basilica di San Michele Maggiore nell’aprile 1155 mentre l’Enciclopedia Treccani parla di incoronazione a Monza. Invece la Storia per fortuna ci riserva ancora qualche sorpresa e che sorpresa! Secondo le ricerche di due storici inglesi, Anthony Cardoza e Geoffrey Symcox, riportate nella loro “Storia di Torino” (Einaudi) e rilanciate dalla rivista “Torino Storia”, dopo aver distrutto la ribelle Milano, il Barbarossa arrivò a Torino e il 15 agosto fu incoronato Re d’Italia nel Duomo dell’epoca che si trovava nello stesso luogo dove oggi sorge la cattedrale rinascimentale ed era costituito da tre chiese paleocristiane i cui resti si possono vedere sotto l’attuale Duomo. Si tratta delle chiese di San Giovanni Battista, San Salvatore e Santa Maria de Dompno, erette in epoca longobarda e in seguito unite. “Torino Storia” ricorda che già a metà Ottocento lo studioso Giovanni Battista Semeria contestava “le frottole degli scrittori milanesi” che collocavano l’incoronazione del Barbarossa in Lombardia. E non è l’unico, il torinese Luigi Cibrario scrive che l’imperatore venne per la prima volta a Torino nel 1154 prima di recarsi a incendiare Chieri e Asti e lo storico Francesco Cognasso sostiene che Federico I arrivò a Torino nell’estate 1162 per farsi incoronare in cattedrale. Un dubbio resta però senza risposta, conclude la rivista: perché a Torino il Barbarossa non ha lasciato tracce?
Filippo Re

Cronaca postuma di un paese che non esiste più

“Di dove sei? Della Jugoslavia. È un paese che esiste? No, ma io vengo da lì”.

Un dialogo breve e asciutto, mirabilmente sintetizzato dalla scrittrice croata Dubravka Ugreši ne “La confisca della memoria” svela molto bene il dramma della dissoluzione di quello che era il paese degli slavi del sud. E Bruno Maran, fotoreporter di Stampa Alternativa che ha firmato importanti reportage dalle zone più calde del pianeta, con il libro “Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti. Cronaca postuma di un’utopia assassinata e delle guerre fratricide”, pubblicato da Infinito Edizioni, racconta con lucidità e passione la parabola della Jugoslavia. Un paese che dopo la prima guerra mondiale si chiamava Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi Regno di Jugoslavia e successivamente un’originalissima esperienza socialista e federale per oltre quarant’anni, dal 1945 al 1991. La Jugoslavia era il frutto unitario composto da sei repubbliche  e due  province autonome (nell’ordine: Croazia, Slovenia, Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia, Kosovo, Vojvodina ), formatosi dopo aver attraversato una tremenda guerra di liberazione dagli invasori nazi-fascisti, che provocò molti lutti e sparse rancori mai sopiti. Il paese venne così delineato da Josip Broz Tito e da Edvard Kardelj, il teorico e costituzionalista sloveno.  La “terra degli slavi del sud” si basava sulla politica della Fratellanza e Unità (Bratsvo i Jedinstvo) fra i diversi popoli jugoslavi, garantendo a ciascuno, comprese le minoranze nazionali, dignità, autonomia decisionale e rappresentatività istituzionale. Tito era infatti riuscito a bilanciare le rappresentanze etniche e a placare antichi odi in un equilibrio che appariva stabile, grazie probabilmente anche al collante dell’ideologia socialista rinnovata in chiave antistalinista e per alcuni versi filo-occidentale. L’originalità del progetto jugoslavo iniziò il suo declino nei primi anni ottanta, con la morte del maresciallo Tito. Nel 1991 scoppiò la guerra, che portò nell’Europa di fine Novecento i crimini contro l’umanità, lo stupro etnico, il genocidio, l’urbicidio di Sarajevo e di altre città, la fuga di milioni di profughi, per concludersi con una pace ingessata, cui fece seguito una guerra “umanitaria” in Kosovo e Serbia. Un modo drammaticamente coerente per chiudere un secolo segnato dalle guerre. Il libro di Maran è la storia di quel Paese, anno per anno, giorno per giorno. Un lavoro paziente, di ricerca, con il quale l’autore ha realizzato un testo per alcuni versi di fondamentale importanza per chi vuol conoscere questa parte della storia europea e un paese dove – secondo i più – è iniziato ed è finito  nel sangue quello che lo storico britannico Eric Hobsbawm definì il “secolo breve”. Un libro di storia, dunque. Da leggere, come meritano questi libri, con calma.  “Questo libro ci aiuta a comprendere il presente facendoci conoscere settant’anni e più di passato e ci consente di immaginare, o quanto meno, di auspicare, un futuro possibile”, ha scritto  Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Un futuro che, per quanto mi riguarda, deve comprendere, perché sia tale, due concetti fondamentali: giustizia e diritti”. Temi ricorrenti, spesso violati, a volte dimenticati che si accompagnano al bisogno di ricostruire storie e vicende partendo dai fatti. “La lettura del lavoro di Maran dimostra come gli eventi tragici verificatisi nei Balcani non affondino le loro ragioni in un atavismo tribale, bensì in “semplici” e fin troppo evidenti scontri tra gruppi di potere interni allo spazio jugoslavo e sostenuti da potenti alleati stranieri”, sottolinea Luca Leone, autore dei più importanti libri sulla Bosnia. Che aggiunge come “a restare stritolati, sfregiati, dilaniati, alla fine sono sempre i popoli, la giustizia e la verità”.  Soprattutto in questi paesi dove la storia è passata come un vento impetuoso nel corso dei secoli, tanto da far dire a Winston Churchill che “gli spazi balcanici contengono più storia di quanta ne possano consumare”.

Marco Travaglini

Il ritratto aureolato di “Margherita di Savoia. Regina d’Italia”

A palazzo Madama, nella sala del Senato, sino al 30 gennaio

Ricordate, dai banchi della scuola? “Onde venisti? quali a noi secoli / Sì mite e bella ti tramandarono? / Fra i canti de’ sacri poeti / Dove un giorno o regina, ti vidi?” Carducci, mangiapreti e tritura monarchi, la vide passare per le vie di Bologna e ne rimase folgorato, cancellando in un attimo il suo passato repubblicano e beccandosi ogni tipo di critica dai compagni di un tempo: caduto anche lui sulla strada di Damasco, il giorno dopo era al cospetto dei sovrani, avviando con lei un’amicizia (il gossip dell’epoca ci andò a nozze e i rumors sulle visite alle regali stanze invadevano salotti e mercati), una fitta corrispondenza e la sana abitudine delle camminate estive tra i sentieri della Val d’Aosta. Fino al 30 gennaio, nella Sala del Senato di Palazzo Madama, l’antico foglio originale, ripensato e corretto, de “Alla regina d’Italia”, è uno dei tanti oggetti che trovano spazio, nell’elegante quanto arioso allestimento dell’architetto Loredana Iacopino e per la cura di Maria Paola Ruffino, all’interno della mostra “Margherita di Savoia. Regina d’Italia”. Oltre settanta opere d’arte, tra ritratti, dipinti, sculture, abiti e gioielli, strumenti musicali e manoscritti, tappezzerie e mobili, un racconto prezioso attraverso i settantacinque anni di vita della sovrana (nacque a Torino, a palazzo Chiablese, nella notte del 20 novembre 1851 e morì a Bordighera all’inizio del 1926) raccolto dal Musée d’Orsay di Parigi, dalle Gallerie degli Uffizi – Palazzo Pitti, dal Palazzo del Quirinale e dal Museo di Palazzo Boncompagni-Ludovisi di Roma, dal Palazzo Reale di Napoli e dalla Reggia di Caserta, dai Musei Civici di Venezia, dai Musei Reali e dalla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, dal Polo Museale del Piemonte.

Il padre era Ferdinando di Savoia-Genova, fratello di Vittorio Emanuele II, e la madre Elisabetta di Sassonia, al suo battesimo parteciparono Massimo d’Azeglio, allora Presidente del Consiglio, Cavour con le differenti cariche di ministro della Marina e dell’Agricoltura e Commercio, Alfonso La Mormora. Rimasta orfana di padre a soli quattro anni, appena tredicenne fu adocchiata come futura sposa dell’erede Umberto, ma i tempi non erano ancora maturi. Maturarono in maniera definitiva il giorno del matrimonio, il 22 aprile 1868: matrimonio che risultò essere, anche questo, “troppo affollato”, dal momento che già da quattro anni circolava e aveva preso il cuore del futuro re una innamoratissima Camilla, questa davvero bella, la duchessa Eugenia Attendolo Bolognini Litta, di sette anni maggiore di lui, della miglior nobiltà milanese, un amore eterno e un figlio adulterino da crescere. Margherita all’inizio mal sopportò quel triangolo di cui tutti erano a conoscenza; ma poi seppe creare intorno a sé e all’immagine della coppia reale una perfetta cornice di finzione, di felicità e di salda unione che ebbe il proprio primo sfolgorante traguardo nei festeggiamenti delle nozze d’argento nell’aprile del 1893.

Era l’Italia di quel lungo periodo un paese che, nella propria diseguaglianza, guardava ai grandi sviluppi, all’espandersi a piccoli o grandi passi delle ferrovie, dell’industria, dell’istruzione, si poneva di fronte alle prime organizzazioni dei lavoratori, passava dalla carrozza all’automobile, dalla storia risorgimentale a quella coloniale: al centro, per lunghi decenni, Margherita, nella Storia – come nella mostra di Palazzo Madama – aureolata, posta al centro nelle vesti di icona di stile, di “eterno femminino regale”, di madre – quante volte sarà stata accanto alla culla del piccolo Vittorio Emanuele, disegnata da Domenico Morelli, uno dei pezzi più belli della mostra? -, di benefattrice, di musa, di illuminata sovrana, di colei che promuove la diffusione dell’istruzione e della formazione professionale, che accresce il consenso attorno a Casa Savoia, che crea salotti portando cultura e arte e li allieta con la sua voce e con il suono del pianoforte (era innamoratissima di Beethoven), che guarda alla modernità con occhio sempre attento e con cuore aperto al popolo (“La regina Margherita mangia il pollo con le dita”) e forgia frasi come “A che servirebbe essere principi se non si potesse fare il bene che si vuole?” o “Tutto quel che viene dal popolo deve ritornare al popolo”. Diremmo grandiosa. Ma è anche la sovrana che appoggiava l’operato di Bava Beccaris, nel maggio 1898, in occasione dei moti di Milano, che guardava con fiducia al fascismo e a Mussolini, unico argine ai disordini del biennio rosso, che forse non era di parere poi molto lontano da quello di Marco Minghetti, suo amato maestro di latino, che nel 1864 portò la capitale a Firenze e fu il responsabile dell’eccidio di piazza San Carlo, a Torino, che causò la morte di 47 persone, tra militari e civili.

Margherita si circondò del bello, molto dell’arredamento di palazzo Reale trovò posto nelle sale del Quirinale, i mobili intarsiati del Piffetti e la ricchezza barocca di Valentino Besarel, bellunese, occuparono i grandi saloni come gli ambienti di Monza e le abitazioni private della sovrana, i servizi di Meissen e di Sèvres, oggi in mostra, ornarono le tavole dei grandi pranzi, gli abiti alla moda – quella moda che la regina seguiva, con gli abiti parigini di Worth, o per molte occasioni dettava – rivestirono le dame della aristocrazia in occasione di balli e feste a corte. Margherita è la sovrana che si mostra al popolo ed elargisce sussidi a congregazioni religiose e istituzione laiche, asili d’infanzia, scuole, associazioni caritative; promuove la moda del pizzo nelle toilette femminili, aiutando nello stesso tempo la scuola di merletto di Murano e le tante donne che con le loro famiglia da quel lavoro dipendono. Come riporta in auge la moda del corallo (le lavorazioni sono ambientate in una delle sale più belle della mostra), amante dei libri crea biblioteche, nel ’93 tiene a battesimo la Biennale di Venezia. Il regicidio a Monza, ad opera di Gaetano Bresci, decreterà la fine di un epoca forse dorata e la sovrana, lasciando il Quirinale al figlio e ad Elena di Montenegro andrà ad abitare il palazzo romano che da lei prenderà il nome, dedicandosi ancor più ai viaggi e al mondo dell’arte. L’ultima sala accoglie immagini dei Lumière, i viali torinesi con i tramvai, le piazze e le folle, gli antichi panorami, le precedenti e le teche che abbiamo attraversato ci hanno mostrato la sovrana nei tanti ritratti, uno per tutti quello di Pietro Paolo Michetti, le porcellane preziose e le tante componenti dell’arredamento, i mandolini e le chitarre, il ritratto di un giovane Vittorio Emanuele III ad opera di Giacomo Grosso, la pace di Gressoney La Trinité rappresentata da Demetrio Cosola e un altro capolavoro dell’arte di Andrea Tavernier, “Finita la messa”, due diversissime opere di Giacomo Balla, “Le risaiuole” di Angelo Morbelli, un abito nero con manto a striscio, in velluto di seta, ricamato con paillettes e jais e merletto lavorato a macchina, datato 1905-1915, appartenuto alla sovrana. In una teca, una piccola etichetta con il numero 239/B legata con un filo rosso, la Rivoltella Harrington & Richardson, modello “Massachusetts”, con cui in un nero 29 luglio, in tarda serata, venne assassinato il sovrano Umberto I. Tre coli l’avevano colpito al volto e alla gola, uno era andato a vuoto.

Elio Rabbione

Immagini dell’allestimento della mostra a Palazzo Madama (ph. Perottino)

Premi Internazionali Res Publica 2022

A Mondovì la consegna del riconoscimento. Sotto i riflettori giornalisti, sportivi e dirigenti della Finanza Etica e dell’assistenza ai rifugiati

Sabato 29 ottobre, ore 15

Mondovì (Cuneo)

La versione attualizzata dell’“Allegoria del Buono e del Cattivo Governo”, ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti (Scuola senese del Trecento) custodito nel Palazzo Pubblico di Siena, fa da immagine – guida all’evento. Mentre sarà una scultura bronzea di leggera informale geometria, appositamente realizzata dal grande Riccardo Cordero, artista di fama internazionale, origini albesi (allievo all’“Accademia Albertina” di Torino di Sandro Cherchi e Franco Garelli, e lui stesso docente di “Scultura” all’“Accademia” subalpina fino al 2000) ad essere consegnata ai vincitori dei “Premi Internazionali Res Pubblica 2022”, attribuiti a singoli e ad Associazioni che “si prodigano a favore del Bene Comune e del Senso Civico”.

 

La cerimonia di Premiazione si terrà il prossimo sabato 29 ottobre, dalle ore 15, presso la “Sala Ghislieri” (ex Oratorio di Santa Croce) di Mondovì Piazza. Quattro le sezioni scelte dalla “Giuria Internazionale” per il 2022: “Giornalismo investigativo”,“Assistenza ai rifugiati”, “Finanza etica” e“Sport come salute”. Il premio della prima sezione è stato assegnato al “Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (CIGI)”, con sede a Washington DC: ritirerà il Premio il direttore Gerard Ryle. Per la seconda sezione il riconoscimento è andato alla “Caritas polacca” di Varsavia, rappresentata a Mondovì dal direttore, padre Marcin Iżycki. Il terzo premio riconosciuto al “Fondo Etica SGR” di Milano, verrà ritirato dal direttore generale Luca Mattiazzi. Duplice riconoscimento per il comparto “Sport come salute”: un premio è stato assegnato alla “Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali (Fispes)”, e un altroalle campionesse paralimpiche Martina Caironi, Monica Contrafatto e Ambra Sabatini.  Per la “Fispes” ritirerà la scultura di Cordero il presidente Sandrino Porru.

È possibile assistere alla cerimonia liberamente di persona, oppure tramite web collegandosi al sito www.premiorespubblica.it

La cerimonia di consegna del “Premio” – presentata da Diego Fabbri e Giorgia Vicari– sarà introdotta da Aldo Mola, storico e saggista, a colloquio con l’artista Riccardo Cordero, autore della scultura – Premio, sul tema “L’arte come ispirazione al senso civico”. Alcuni video illustreranno poi l’attività portata avanti da ognuno dei premiati. Altro momento chiave dell’evento sarà il concerto tenuto dalla giovane arpista Maria José Borello.

“Ambrogio Lorenzetti, nell’affresco del 1338 che abbiamo attualizzato nell’identità del ‘Premio’ – sottolinea Antonio Maria Costa, fra gli ideatori del Concorso – mostra i benefici della buona gestione della ‘res pubblica’ e il vantaggio di proteggere il bene comune, una preoccupazione particolare oggi, a seguito soprattutto della pandemia. La storia insegna che tanto maggiore è l’impegno comune, tanto meglio la società si confronta con le dislocazioni che accompagnano drammi sociali. Per questo dobbiamo reagire. Insieme”.

Per ulteriori info: www.premiorespublica.it

g.m.

Nelle foto:

–       Immagine-guida “Premio Res Publica”

–       Scultura – Premio di Riccardo Cordero

–       Marcin Izycki, direttore “Caritas Polonia” e Gerard Ryle, direttore “CIGI”

–       Luca Mattiazzi, direttore generale “Etica SGR”, Sandrino Porru, presidente “Fispes” e le campionesse paralimpiche Martina Caironi, Monica Contrafatto ed Ambra Sabatini